Academic literature on the topic 'Pittura metafisica'

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Journal articles on the topic "Pittura metafisica"

1

Messina, Maria Grazia. "Fenomenologia dell'oggetto nell'arte del Novecento." PARADIGMI, no. 2 (July 2010): 105–15. http://dx.doi.org/10.3280/para2010-002008.

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Abstract:
Nell'arte del Novecento opere e oggetti d'uso vengono a sovrapporsi in modi diversi. Un primo percorso muove dal collage cubista che non vuole piů rappresentare il reale, ma che si presenta come una realtŕ in sé compiuta. Questa ricerca prosegue con i ready-mades di Duchamp fino al Nouveau Réalisme, per approdare a una fusione di arte e vita. Un secondo percorso muove dal "Grande Realismo" di Kandinskij, dalla pittura metafisica di De Chirico, e dal Surrealismo per arrivare al New Dada. Qui gli oggetti manifestano un'alteritŕ che esorcizza l'anonimato dell'oggetto merce.
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2

Aguirre, Mariana. "Giorgio Morandi and the "Return to Order": from Pittura Metafisica to Regionalism, 1917-1928." Anales del Instituto de Investigaciones Estéticas 1, no. 1 (June 19, 2013): 93. http://dx.doi.org/10.22201/iie.18703062e.2013.1.2489.

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Abstract:
Este artículo analiza la obra y trayectoria de Giorgio Morandi con respecto a su participación tanto en la escuela metafísica italiana como en el grupo regional Strapaese. Sus autorretratos y bodegones demuestran que la expresión de Morandi de una estética metafísica engranaba con las estrategias de autorrepresentación del movimiento. Morandi imitó los autorretratos de De Chirico y el uso de maniquíes, promoviéndose como un artista metafísico y recalcando su propio intelecto. En 1920, en respuesta al nacionalismo italiano, Morandi se desplazó hacia el arte de Piero della Francesca, Cézanne y Soffici. Esto, finalmente, llevó al arista a crear imágenes de la Italia rural, lo cual le permitió ingresar al movimiento regionalista, cuyos críticos lo acogieron debido a su retorno a la tradición. Aunque este cambio en el estilo ha sido interpretado en términos formales, sostengo que, al abandonar la escuela metafísica, Morandi participó en el “regreso al orden” tanto político como cultural prevaleciente en Europa después de la primera guerra mundial.
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3

Rusconi, Paolo. "Ambienti per design. Note di lettura." L'uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità 19, no. 19-20 (December 13, 2022): 176–201. http://dx.doi.org/10.54103/2974-6620/uon.n19-20_2022_pp176-201.

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Abstract:
Ambienti per design un suono udito una cosa vista (EXIT) di Zeno Birolli uscì nel 1983, all’interno della raccolta Sorbi, tordi & nitidezze, un volume che radunava materiali vecchi e lavori nuovi con il sottotitolo di Arte in Italia dopo la Metafisica. Il libro, relativamente noto nella produzione storico artistica di Zeno Birolli, rappresenta il frutto di una stagione intensa di elaborazione intellettuale e progettuale: nell’idea dell’autore doveva presentarsi come una sorta di silloge di un decennio di riflessioni sulle arti nel periodo tra le due guerre. Tra i nuovi studi critici pubblicati nella raccolta, Ambienti per design risulta essere sia per numero di pagine sia per contenuti uno dei più autorevoli e impegnati. Il testo è la descrizione dettagliata di alcuni interni creati per le mostre dell’abitazione e dell’arredamento moderno della Triennale milanese del 1936, ma il tema dominante si raccoglie intorno all’idea che vi sia “un legame che procede dalla prima metafisica di De Chirico [...], si permuta nell’opera di alcuni pittori e scultori della postmetafisica e nel razionalismo architettonico degli anni trenta e quaranta, sino allo spazio scenico di Antonioni”.
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Dissertations / Theses on the topic "Pittura metafisica"

1

Milanko, Sandra. "Bontempelli, l'avanguardia, il pubblico: dal futurismo alla pittura metafisica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10152.

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Abstract:
2012/2013
Lo scopo di questo lavoro è affrontare la produzione letteraria e pubblicistica di Massimo Bontempelli degli anni Venti illustrando le fasi del suo sviluppo artistico il cui risultato finale sono stati la tendenza artistica chiamata «novecentismo» e uno stile e una poetica letteraria denominati realismo magico. Siccome il processo delle sue teorizzazioni poetiche e della loro realizzazione in sede letteraria coincidono con il suo crescente successo in quanto scrittore e organizzatore culturale, l'analisi della gran maggioranza della sua narrativa degli anni Venti rivela i fattori specifici che hanno contribuito al suo successo presso diverse comunità di lettori degli anni Venti. Uno di questi fattori è lo stretto connubio tra letteratura e giornalismo segnato nei primi decenni del Novecento non solo dai romanzi d'appendice, ma dallo sviluppo della terza pagina che proprio in questi anni vive il suo periodo d'oro. Nel caso di Bontempelli queste tendenze si traducono non solo in continue collaborazioni strettamente editoriali e giornalistiche, ma anche nella pubblicazione di numerosi racconti degli anni Venti prima sui giornali e solo dopo in volume – un procedimento che Bontempelli chiama «prova d'appendice», poiché per lui il successo presso il pubblico largo ed eterogeneo dei quotidiani costituisce una specie di indicatore del potenziale successo dei racconti radunati e offerti ai lettori in volume. Infatti, una delle innovazioni del novecentismo letterario di Bontempelli è l'imperativo di creare una letteratura «popolare», cioè una letteratura rivolta ad un largo pubblico di non intenditori, godibile e divertente, ma altamente letteraria. Un altro fattore strettamente legato al nesso letteratura-giornalismo è la serialità della produzione letteraria, che Bontempelli raggiunge non solo attraverso la continua pubblicazione delle sue opere sui giornali e in volume (il che lo rende uno dei più prolifici scrittori italiani del Novecento), ma dalla presenza e dalla continua costruzione del narratore autodiegetico Massimo, che si presenta tra l'altro come autore fittizio dei racconti in cui compare. Ricco di elementi autobiografici al punto di essere considerato dalla critica un alter ego dello stesso scrittore, l'evoluzione dell'autore-narratore-protagonista Massimo riflette fedelmente quella della poetica letteraria di Bontempelli, specialmente nel suo rapportarsi con il fantastico. Questi e altri parametri della poetica bontempelliana discussi in questo lavoro sono frutto sia del suo netto rifiuto dei canoni letterari ottocenteschi e dei loro rimodellamenti nel primo Novecento che del suo distacco e del successivo rinnegamento delle avanguardie storiche, innanzitutto del futurismo. Quest'ultimo, insieme al neoclassicismo carducciano che lo precede e alle teorizzazioni metafisiche che lo succedono rappresenta correnti artistiche che hanno avuto la maggior influenza sulla produzione letteraria e teorica di Bontempelli, contribuendo in maniera significativa alla formulazione della sua poetica. Perciò ho ritenuto necessario ricostruire in modo più approfondito le dinamiche dei rapporti che Bontempelli ha stabilito con ognuna di esse cercando di evidenziare i numerosi aspetti che finora sono stati sottovalutati o del tutto ignorati dalla critica bontempelliana. Questo risulta più evidente proprio nel suo rapporto con il futurismo, fino a una decina di anni fa poco indagato e perciò spesso erroneamente definito come uno di netta adesione, senza distinguere i due momenti più significativi del movimento: quello strettamente marinettiano dei primi anni del lancio, e quello successivo, detto“fiorentino”, e organizzato intorno alla rivista fiorentina «L'Italia Futurista». Perciò i primi due capitoli sono dedicati a queste due espressioni del movimento futurista e indagano i modi in cui si colloca la produzione letteraria e giornalistica di Bontempelli del periodo. Quello che unisce lo scrittore con il futurismo strettamente marinettiano è il rifiuto della letteratura passatista e delle influenze straniere nonché la necessità di un totale rinnovamento artistico, ma nonostante ciò Bontempelli non adotta mai le idee principali del futurismo né sul piano formale e contenutistico, né quello ideologico. Questa posizione viene illustrata non solo dai suoi articoli interventisti inseriti nei volumi Dallo Stelvio al mare (1915) e Meditazioni intorno alla guerra d'Italia e d'Europa (1917), ma anche dalla sua prima rappresentazione di stampo avanguardista La guardia alla luna (1916) in cui vengono messi in questione sia gli stilemi del teatro borghese ottocentesco che la stessa ideologia futurista rappresentata dal motto Uccidiamo il chiaro di luna!, che nella rappresentazione di Bontempelli viene esasperato e portato all'assurdo. Ciò che risulta dalle mie ricerche è che l'avvicinamento di Bontempelli al futurismo è dovuto piuttosto al secondo momento del movimento segnato dalla formazione della pattuglia azzurra, ovvero da scrittori neofuturisti come Emilio Settimelli, Mario Carli, Bruno Corra e Arnaldo Ginna. Come viene evidenziato nel corso del lavoro i principali punti d'incontro tra la redazione de «L'Italia Futurista» e Bontempelli sono il versante magico-occultista (fino a quel punto presente nel movimento marinettiano soltanto marginalmente), la figura dell'uomo deificato basata sulle letture di Nietzsche e Weininger, la rivelazione di lati nascosti della realtà quotidiana e le innovazioni della scienza e cinematografia futurista esposte nei rispettivi manifesti. La sua vicinanza al momento fiorentino del movimento viene confermata non solo dalla pubblicazione della sua poesia Lussuria sul loro giornale, ma dagli stessi contatti personali che Bontempelli stabilisce con loro in quel periodo, come testimoniano le due lettere inedite scritte da Bontempelli a Settimelli nel 1917 la cui trascrizione si trova nell'appendice. Perciò sono più propensa a considerare l'esperienza futurista di Bontempelli non come una netta adesione, ma piuttosto come un avvicinamento che avrebbe tuttavia lasciato una profonda traccia nella sua produzione successiva. Nonostante il netto distacco ufficiale dal futurismo a partire dal 1919, Bontempelli continuerà a confrontarsi con il futurismo adottando alcuni suoi procedimenti e soluzioni formali con l'intento nello stesso tempo parodico e rinnovatore, come illustrato nei primi racconti del dopoguerra radunati nel volume La vita intensa. Esso insieme a La vita operosa costituisce un dittico che non solo segna il distacco dal futurismo e dai diversi generi narrativi della letteratura passatista, ma offre un'autentica e suggestiva immagine dell'Italia postbellica problematizzando la crisi dello scrittore-intellettuale. Nel terzo capitolo ho dedicato un ampio spazio all'analisi narratologica del narratore autodiegetico Massimo che compare per la prima volta proprio in questi racconti e che sarà una continua presenza nei racconti successivi analizzati in questo lavoro. È grazie anche a quest'analisi dettagliata del narratore-protagonista che si riesce a ricostruire la presenza di una terza vita, la vita «misteriosa», che prende molti spunti dalle mode esoterico-occultiste e dalla stessa pattuglia azzurra non solo per deriderli, ma anche per riproporre la possibilità di rivelare gli aspetti nascosti, strani e insoliti, ma sempre reali della vita quotidiana. Nel quarto capitolo viene esaminata quella che può essere considerata la fase «metafisica» di Bontempelli in quanto le tre opere prese in considerazione, Viaggi e scoperte. Ultime avventure, La scacchiera davanti allo specchio ed Eva ultima, rivelano l'applicazione, o meglio, il riciclaggio delle teorizzazioni metafisiche, parallelamente agli articoli del volume La donna del Nadir e del reportage di viaggio sotto il titolo Lettere da due mari e Visita ai vinti. Si tratta di quello stesso procedimento che Bontempelli aveva applicato alle teorizzazioni del movimento futurista, rifiutando da una parte le idee che non erano adatte ai tempi moderni né portatrici di un autentico rinnovamento artistico, e riproponendo, dall'altra, quelle che erano consone alle sue. Il suo rapporto con le teorizzazioni della pittura metafisica non è segnato solo dalla reinterpretazione della figura del manichino e delle marionette, ma soprattutto dalla figura dell'artista inteso come mago moderno e, di conseguenza, anche dall'immedesimazione dell'arte con la magia. Accanto all'ironia, il mezzo artistico principale diventa l'immaginazione che lo avvicina ancora di più al mondo fantastico. Infatti, quello che risulta dall'analisi di questi racconti che Bontempelli definiva «d'evasione», è una continua oscillazione (o esitazione, per dirla con Todorov,) tra il reale e l'immaginario. Nel suo rifiuto e riuso dell'immaginario della letteratura fantastica ottocentesca, Bontempelli si rifà spesso ad alcuni suoi parametri principali, per cui la terminologia todoroviana, basata sull'analisi dello stesso corpus, risulta la più adatta per analizzare questi e successivi racconti, che similmente riproducono in chiave parodica alcuni elementi del fantastico ottocentesco. L'avvicinamento al fantastico viene illustrato in modo esemplare proprio dalla ulteriore costruzione del narratore-protagonista Massimo che diventa sempre più complesso senza rinunciare alle sue caratteristiche principali. Egli rimane fedele alla sua funzione di autore fittizio e narratore degli eventi che sono successi a lui in quanto protagonista o che gli sono stati raccontati da altri (come in Eva ultima) e quindi li riferisce a sua volta in quanto scrittore e giornalista. Nella prima parte dell'ultimo capitolo, in cui si riassumono anche le conclusioni di questo lavoro, vengono esposte le teorizzazioni di Bontempelli sulla figura dello scrittore e sul suo rapporto con il pubblico nonché le nozioni principali della poetica bontempelliana come il novecentismo e il realismo magico. Anche se la loro elaborazione e le ulteriori spiegazioni si protraggono fino agli articoli degli anni Trenta, la loro prima realizzazione compiuta si trova innanzitutto in un altro dittico del periodo: La donna dei miei sogni e altre storie d'oggi (1926) e Donna nel sole e altri idilli (1928). Dopo la trasformazione soggettiva della realtà quotidiana delle due Vite e l'esitazione tra il reale e l'immaginario delle opere d'evasione, con questi racconti Bontempelli finalmente raggiunge la sfera del fantastico; un evento soprannaturale, come prescritto dalla tradizione del fantastico ottocentesco, infrange le leggi naturali, ma nel caso di Bontempelli l'avvenimento soprannaturale, dopo l'iniziale stupore e la trasgressione, viene normalizzato e incorporato nel paradigma di realtà che di conseguenza viene modificato. Perciò l'irruzione e l'integrazione dell'evento sovrannaturale nel paradigma di realtà compongono quello che nel caso dei racconti magicorealisti di Bontempelli ho chiamato il «fantastico quotidiano». Questi racconti segnano infine la maturazione del narratore-protagonista Massimo che si rivela finalmente un mago moderno novecentista, dotato di poteri sovrannaturali con cui non solo sconvolge e domina le leggi naturali, ma scopre quello che Bontempelli chiama il senso magico della vita quotidiana. La sua indole magica viene confermata ulteriormente nell'ultima raccolta in cui egli compare da autore-narratore-protagonista, strutturata come la sua autobiografia fittizia, Mia vita morte e miracoli (1931). La raccolta è il risultato del montaggio dei racconti scritti tra il 1923 e il 1929, ma si tratta di un procedimento che Bontempelli applica a tutta la serie di volumi che egli pubblica nel corso degli anni Venti, costruendo un macrotesto o un insieme di sister-text, il cui unificatore principale è proprio la presenza di Massimo. Questo montaggio viene particolarmente intensificato negli anni Trenta in occasione del lancio della collezione «Racconti di Massimo Bontempelli» presso l'editore Mondadori che ripropone tutti i racconti in questione e introduce le modifiche più notevoli rispetto alle prime edizioni. Che il dialogo di Bontempelli con il futurismo continui anche nella seconda metà degli anni Venti lo confermano non solo la sua produzione teatrale del periodo (Nostra Dea e Minnie la candida), frequentazioni e collaborazioni con singoli esponenti del movimento e le stesse polemiche sull'arte, sulla figura dell'artista e sul valore delle avanguardie, ma lo stesso narratore-protagonista Massimo interpretabile alla fine della sua evoluzione come la versione novecentista dell'uomo deificato. Quello che lo accomuna con l'Uomo-Dio di Papini e Prezzolini, l'Uomo moltiplicato di Marinetti, l'Uomo occultista di Corra e il mago moderno di Ginna e di Savinio, è il continuo insistere sulla forza performativa della volontà e sul dominio del mondo inteso come sconvolgimento delle leggi naturali nonché la rivelazione dei nuovi aspetti misteriosi della realtà più banale. Quello che distingue l'uomo deificato di Bontempelli da quelli precedenti è una palese ironia e demistificazione di quei luoghi comuni legati al clima esoterico-occultista che nelle opere della pattuglia azzurra era ancora funzionante. Anche dietro l'applicazione della differenziazione weiningeriana tra il maschile e il femminile, della retorica della virilità e del gusto dell'avventura è ravvisabile un trattamento ironico e parodiante dell'immaginario futurista. A questo procedimento si potrebbe aggiungere anche il continuo insistere di Bontempelli sull'autobiografismo e sull'automitizzazione che erano tipici della maggior parte della produzione futurista, soprattutto di quella di Marinetti, Corra, Ginna o Carli. Se nelle loro opere questi due elementi tendono a cancellare il tradizionale limite tra la realtà e la finzione raggiungendo l'ideale futurista del connubio arte-vita, nelle opere narrative di Bontempelli lo stesso connubio viene tematizzato solo per rivelare la futilità di questi elementi nel loro impiego futurista e per ripristinare la distinzione tra la realtà e la finzione riconfermando la natura artificiale e fittizia dell'opera d'arte.
XXVI Ciclo
1986
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2

Greeley, Anne Lindsey. "Being and theatricality : the staging of the metaphysical in Giorgio de Chirico's 'Pittura Metafisica'. 1910-1914." Thesis, University of Oxford, 2016. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.724965.

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3

Caldarola, Elisa. "Pictorial Representation and Abstract Pictures." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422042.

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Abstract:
This work is an investigation into the analytical debate on pictorial representation and the theory of pictorial art. My main concern are a critical exposition of the questions raised by the idea that it is resemblance to depicted objects that explains pictorial representation and the investigation of the phenomenon of abstract painting from an analytical point of view in relation to the debate on depiction. The first part is dedicated to a survey of the analytical debate on depiction, with special attention to the fortunes and misfortunes of the resemblance theory of depiction. In the first chapter I give an outline of the main contemporary theories on offer, contextualised within an historical background that stretches from Plato to Descartes. I have decided to focus on the theory of resemblance more than on other approaches on depiction, because much of my research is dedicated to an analysis and implementation of one of the theories that have recently sought to re-discover the resemblance paradigm, although with certain important modifications. Namely, the second chapter is dedicated to the exposition of John Hyman’s basic resemblance theory of depiction, to the elucidation of its presuppositions and to the discussion of some criticisms and objections that the theory has raised. The third and the fourth chapter are dedicated to the implementation of Hyman’s theory in relation to the phenomenon of abstract painting. There are two peculiarities about Hyman’s theory: first, it is in counter-tendency in comparison with all the other accounts of depiction on offer, in that it does not need to conceive of pictorial representation as of representation of particulars or kinds of objects that we can easily identify. Second, it is a theory that gives art a prominent role: Hyman illustrates his claims with many examples taken from the history of figurative art. The second part of my work is inspired by the idea that the basic resemblance theory can be applied to abstract paintings as well. Developing an analysis of abstract painting from an analytical point of view is a task that very few authors have tried to accomplish so far – as far as I am aware. However, it is evident that the task abstract painters have set themselves is interestingly akin to the task philosophers try to accomplish when arguing about depiction. It is widely agreed that one of the main topics of contemporary art is art itself and that one of the main topics of abstract painting is the art of painting itself, the art of producing pictures, the exploration of its limits and its conventions. With these considerations in mind, I have sought to sketch my proposal for a basic resemblance theory of abstract painting, critically engaging with philosophers such as Richard Wollheim, Kendall Walton, Lambert Wiesing and with art-critics and historians such as Clement Greenberg and Ernst Gombrich.
Il mio lavoro si inserisce nell’ambito del dibattito sul concetto di rappresentazione pittorica (RP) e sulla teoria dell’arte pittorica recentemente portato avanti in area analitica. I miei obiettivi principali sono un’esposizione critica dei problemi sollevati dalla tesi secondo cui è la somiglianza agli oggetti dipinti che spiega RP e un’analisi del fenomeno della pittura astratta da un punto di vista analitico. La prima parte è dedicata ad una ricognizione del dibattito analitico su RP, con particolare attenzione ai destini della “teoria della somiglianza”. Nel primo capitolo traccio i contorni delle principali teorie attualmente discusse, nel contesto di un’analisi della letteratura tradizionale sull’argomento, da Platone a Cartesio. La decisione di dare maggiore rilevanza alla teoria della somiglianza rispetto che ad altre teorie su RP è motivata dal fatto che il resto della mia ricerca è dedicato all’analisi e a una proposta di arricchimento di una delle proposte che recentemente hanno riproposto la teoria della somiglianza, benché con alcune importanti modifiche. Si tratta della teoria difesa da John Hyman, che espongo nel secondo capitolo, avendo cura di mostrarne i presupposti e di discutere alcune critiche e obiezioni che le sono state mosse. Il terzo e quarto capitolo sono dedicati all’arricchimento della teoria di Hyman in relazione al fenomeno della pittura astratta. Due sono le peculiarità della teoria di Hyman: primo, è in controtendenza rispetto a tutte le altre attuali proposte sulla RP, perché non ha bisogno di concepire RP come rappresentazione di particolari o di tipi di oggetti che possiamo facilmente identificare; secondo, è una teoria che porta l’arte al centro della discussione filosofica su RP. Hyman, infatti, illustra la sua proposta con numerosi riferimenti alla storia delle arti figurative. La seconda parte di questo lavoro è ispirata dall’idea che la teoria della somiglianza di base di Hyman si possa applicare anche ai dipinti astratti. Lo sviluppo di un’analisi della pittura astratta da un punto di vista analitico è un compito con cui finora si sono misurati pochissimi autori – per quanto ho potuto appurare. Tuttavia, è evidente che gli obiettivi che i pittori di immagini astratte si pongono sono vicini a quelli che si pongono i filosofi quando discutono sulla RP. È opinione diffusa che uno dei temi principali dell’arte contemporanea sia l’arte stessa, e che uno dei temi principali della pittura astratta sia l’arte stessa di dipingere, l’arte di produrre immagini, con i suoi limiti e le sue convenzioni. Motivata da queste considerazioni, ho cercato di dare una prima formulazione alla proposta di una teoria della somiglianza di base della RP applicata ai dipinti astratti. I miei principali riferenti critici sono filosofi come Richard Wollheim, Kendall Walton e Lambert Wiesing, e critici e storici dell’arte come Clement Greenberg ed Ernst Gombrich.
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Books on the topic "Pittura metafisica"

1

Paolo, Fossati. La " pittura metafisica". Torino: G. Einaudi, 1988.

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2

Nicola, Ubaldo. L' aura di Giorgio De Chirico: Arte emicranica e pittura metafisica. Milano: Mimesis, 2003.

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3

1888-, De Chirico Giorgio, Calarota Franco, Calarota Roberta, and Galleria maggiore (Bologna Italy), eds. Metafisico primo il grande: Giorgio De Chirico e qualche amico pittore : Soffici, De Pisis, Carrà, Morandi, Rosai. Bologna: G.A.M., Galleria d'arte maggiore, 2004.

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4

Dopo de Chirico: Metaphysische Malerei der Gegenwart in Italien - La pittura metafisica italiana contemporanea. Bad Frankenhausen: Panorama Museum, 2012.

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5

Favale, Ivan. NAKED - il corpo metafisico e la pittura Dissacrata. Lulu Press, Inc., 2010.

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6

JULIUS BISSIER: DER METAPHYSISCHE MALER / PITTORE DEL METAFISICO (Julius Bissier: Painter of the Metaphysical). Hatje Cantz Verlag, 2008.

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Book chapters on the topic "Pittura metafisica"

1

Hodge, Susie. "Pittura Metafisica." In 50 Schlüsselideen Kunst, 136–39. Berlin, Heidelberg: Springer Berlin Heidelberg, 2014. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-642-39328-0_35.

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2

Fischer, Ralf Michael. "Diskontinuierliche Bild- und Filmräume im Dialog. Joel Pizzinis Kurzfilm Enigma de um dia und Giorgio de Chiricos Pittura Metafisica." In Film als Raumkunst, 266–93. Schüren Verlag, 2012. http://dx.doi.org/10.5771/9783741000317-266.

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Conference papers on the topic "Pittura metafisica"

1

Belikova, Maria. "Pittura Metafisica and the "New Man" in Weimar Art of the Early 1920s." In Proceedings of the 3rd International Conference on Art Studies: Science, Experience, Education (ICASSEE 2019). Paris, France: Atlantis Press, 2019. http://dx.doi.org/10.2991/icassee-19.2019.103.

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