Academic literature on the topic 'Piano Regolatore Generale'

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Journal articles on the topic "Piano Regolatore Generale"

1

Pertot, Gianfranco. "Alle origini della ricostruzione di Milano: l'attivitŕ edilizia negli anni successivi alla liberazione." STORIA URBANA, no. 135 (February 2013): 65–89. http://dx.doi.org/10.3280/su2012-135004.

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Abstract:
Il contributo presenta un bilancio dell'attivitŕ di esame delle richieste di autorizzazione per opere edilizie svolta dal Comune di Milano, tramite diverse commissioni a ciň preposte, nel periodo 1945-1947. Si tratta della fase iniziale della ricostruzione di una cittŕ colpita pesantemente dai bombardamenti, priva di piano regolatore (dopo la sospensione del piano Albertini del 1934 decretata dal Cln - Comitato di liberazione nazionale) ma con molte convenzioni ancora in vigore, soprattutto per le aree centrali e in regime di blocco dell'attivitŕ edilizia. All'analisi dei dati restituiti dai documenti si affianca una valutazione dell'operato delle diverse commissioni di fronte ai problemi di tutela posti dalla ricostruzione, nella fase di definizione di un nuovo Piano regolatore generale, la cui attuazione verrŕ frustrata da un lungo iter di approvazione e dal rilascio di un altissimo numero di autorizzazioni "in precario", consuetudine che ebbe inizio proprio nel periodo considerato e che divenne in seguito dilagante.
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2

Poli, Irene, and Chiara Ravagnan. "La rigenerazione urbana nel Piano Regolatore Generale di Roma. Tra attuazione e innovazione." Ciudades, no. 20 (September 28, 2017): 135–53. http://dx.doi.org/10.24197/ciudades.20.2017.19.

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Abstract:
Nell’ambito delle riflessioni sulla rigenerazione urbana, i fronti avanzati del dibattito disciplinare internazionale si fanno portatori di nuovi riferimenti significativi inerenti sia questioni endogene agli approcci disciplinari, sia tematiche collegate al cambiamento globale del contesto ambientale, socio-economico e culturale. Il PRG di Roma (2008) ha avviato la sperimentazione di una strategia complessiva di rigenerazione. Nel quadro di questa strategia, i «Programmi integrati» si distinguono per il carattere partenariale e l’approccio complesso alla costruzione della città pubblica. La limitata sperimentazione di questi strumenti apre tuttavia la strada anche ad altre pratiche per la rigenerazione resiliente dei “beni comuni” attraverso modalità innovative.
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3

Barioglio, Caterina, and Daniele Campobenedetto. "Coding Turn. Regole, forme e funzioni nella città contingente." TERRITORIO, no. 98 (March 2022): 18–19. http://dx.doi.org/10.3280/tr2021-098002.

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Abstract:
Questa introduzione presenta i contributi del servizio e descrive il contesto di ricerca nel quale gli studi qui presentati sono stati sviluppati. I contenuti sono elaborati da ricercatori del Future Urban Legacy Lab, centro interdipartimentale del Politecnico di Torino, coinvolto nella revisione al Piano regolatore generale della Città di Torino. Il servizio descrive alcuni esiti di questa ricerca, che si pone in relazione con soggetti pubblici e privati nel campo della trasformazione dello spazio fisico, includendo riflessioni sulla stratificazione di alcune regole urbane nella storia della città europea e sulla codifica della città ordinaria e delle sue modificazioni, ma anche esempi di applicazione delle azioni proposte per il miglioramento del sistema di regolazione.
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4

Salerno, Fabio. "Il consorzio per l'Area industriale di Siracusa e il Piano dell'Italconsult, 1949-1973." STORIA URBANA, no. 130 (October 2011): 105–36. http://dx.doi.org/10.3280/su20011-130005.

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Abstract:
Il saggio ripercorre oltre un ventennio di storia dello sviluppo di uno dei maggiori poli industriali meridionali, attraverso lo studio del Piano regolatore dell'Area di sviluppo industriale di Siracusa e mediante la ricostruzione delle lunghe vicende legate alla sua approvazione. Del piano, elaborato dall'Italconsult agli inizi degli anni '60, si mette in evidenza la visione territoriale, che documenta la volontŕ di un approccio globale finalizzato allo sviluppo dell'area provinciale; allo stesso tempo, si sottolinea perň come il piano intervenga su un territorio giŕ profondamente trasformato dall'insediamento di numerose grandi imprese industriali. Nel decennio tra il 1950 e il 1960, l'industrializzazione dell'area lungo la costa che da Augusta giunge fino alla periferia Nord di Siracusa si svolge, infatti, in assenza di strumenti di pianificazione territoriale specifici e senza alcuna infrastrutturazione programmata del territorio. La prima parte del testo descrive i modi con cui l'industria si insedia, evidenziando i fattori di squilibrio che emergono dalla trasformazione del territorio. Il Piano Italconsult conosce in seguito un difficile iter attuativo, anche in relazione alla scelta governativa di istituire un'unica Area per lo sviluppo industriale della Sicilia orientale che include le province di Siracusa e Catania, con le conseguenti difficoltŕ di tipo amministrativo che questo determina. Dopo la redazione di una successiva versione e di una variante, il Piano regolatore per l'Area di sviluppo industriale della Sicilia orientale - zona Sud (Siracusa) viene approvato paradossalmente soltanto nel 1973, diventando operativo a ridosso della prima grave crisi petrolifera mondiale; con il risultato che da strumento di pianificazione che avrebbe dovuto guidare lo sviluppo di uno dei principali poli petrolchimici nazionali, risulterŕ giŕ superato al momento della sua approvazione.
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5

Dattomo, Nicla. "Il Piano Tekne per l'Area di sviluppo industriale di Taranto." STORIA URBANA, no. 130 (October 2011): 137–67. http://dx.doi.org/10.3280/su20011-130006.

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Abstract:
La circostanza peculiare che qualifica il caso di Taranto č l'avvio, all'inizio degli anni '60, della costruzione del IV Centro siderurgico nazionale Italsider. La decisione governativa di localizzare a Taranto tale impianto precede la costituzione del Consorzio per l'Area di sviluppo industriale (Asi) e rappresenta il principale tema con cui si confronta il piano per l'Area medesima. Il Piano regolatore territoriale dell'Asi di Taranto viene redatto tra il 1960 e il 1962 dalla societŕ Tekne, con la consulenza di Giovanni Astengo e Giorgio Fuŕ. Il saggio ne propone la rilettura, guardandovi come a un'esperienza paradigmatica da due punti di vista. Da un lato, per le riflessioni a cui esso dŕ luogo, circa il ruolo e gli strumenti del piano urbanistico rispetto al processo di sviluppo. Dall'altro lato, per i modi in cui, attraverso di esso, diventano palesi alcune difficoltŕ e incertezze del meccanismo stesso di attivazione delle Aree di sviluppo industriale del Mezzogiorno. L'analisi dei contenuti del Piano guarda, in particolare, alle seguenti questioni. La prima č la distinzione necessaria tra previsione e obiettivi di sviluppo, con ciň che determina sul piano delle scelte riguardanti gli investimenti da finanziare per attrezzare le aree per le industrie; questo punto č all'origine della discussione sul significato e la funzione del "piano di prospettiva". La seconda č la proposizione di un modello insediativo, attraverso il quale si esplicitano alcune idee riguardo alle relazioni fra struttura sociale, assetti spaziali, usi del territorio e modelli possibili di sviluppo industriale. Questi contenuti vengono osservati in prospettiva, nel paragrafo conclusivo, prendendo in esame i modi della attuazione del Piano.
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6

Mingardi, Lorenzo. "I torricini di Giancarlo De Carlo. Il quartiere Pineta e il Piano regolatore di Urbino." STORIA URBANA, no. 164 (May 2020): 95–119. http://dx.doi.org/10.3280/su2019-164006.

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7

Perrotta, Luigi Antonio. "Corpi in analisi." PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, no. 1 (June 2022): 64–83. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-001005.

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Abstract:
Il contributo inizia con una panoramica sul tema corpo-mente, sottolineandone l'importanza sul piano epistemologico, clinico e teorico nello scenario psicoanalitico. L'autore, attraverso rivisitazioni teoriche e casi clinici, si concentra sui differenti livelli in cui il corpo può entrare nello scenario della mente nel complesso svi-luppo psichico individuale, esplorando la possibilità di rappresentare a livello psi-chico il proprio corpo biologico e soffermandosi sul processo che porta la propria corporeità ad una "visibilità psichica". Quando i primitivi processi di integrazione falliscono o risultano compromessi, può stabilirsi una forma di dissociazione corpo-mente, aspetto che si può evidenziare in diverse forme di psicopatologia e condotte sintomatiche contemporanee. Il contributo, inoltre, attraverso uno specifico passaggio clinico, sottolinea la centralità delle reazioni corporee dell'analista in momenti delicati della cura, soffermandosi su un controtransfert corporeo particolarmente intenso. Il controtransfert corporeo può indicare elementi non ancora avvicinabili su un piano diverso da quello delle manifestazioni somatiche. Il corpo dà indicazioni importanti rispetto alla collocazione di elementi del mondo interno del paziente non pensabili, ed è anche "regolatore di stato" per la relazione terapeutica in corso e per le possibilità e disponibilità di investimento dell'analista stes-so.
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8

Carbonari, L., F. Galli, and L. Tazza. "Team dell'accesso vascolare: modelli organizzativi." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no. 1 (January 24, 2018): 2–8. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1105.

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Abstract:
Il nefrologo, che si confronta con tutti i problemi inerenti all'insufficienza renale, è anche da sempre principale gestore della terapia emodialitica. Per tale motivo tocca al nefrologo, in prima istanza, occuparsi dell'accesso vascolare disponendone l'allestimento, la sorveglianza e la manutenzione a garanzia della possibilità di effettuare il trattamento sostitutivo. Rispetto a quanto avviene in altri paesi, in Italia l'attività dell'accesso non è ad oggi standardizzata né strutturata; ciascun centro dialisi si organizza in funzione delle capacità dei nefrologi ivi operanti e delle collaborazioni di altri specialisti presenti nell'ospedale, spesso senza un percorso strutturato e con modalità di intervento per lo più fondate sulla disponibilità personale e sul volontarismo. Partendo dalla storia dell'accesso vascolare in Italia, abbiamo individuato tre tipologie organizzative che correlano, da un lato, con il contesto storico in cui sono sorte e, dall'altro, con il progresso, in termini di dispositivi medici e competenze specialistiche, che ha via via modificato i comportamenti. Il modello organizzativo “primordiale” vede il nefrologo confezionare e correggere personalmente gli accessi disponibili in quell'epoca. Nel modello polispecialistico, che nasce successivamente, il nefrologo inizia a delegare ad alti specialisti, più competenti sul versante tecnico, singole fasi del lavoro; resta colui che inizia il percorso e detta i tempi ma perde, talora, il controllo della gestione complessiva. Nel modello strutturale integrato, ideale ma non ancora integralmente realizzabile, il chirurgo dedicato all'accesso dialitico ed il radiologo interventista interagiscono da vicino con il nefrologo, che funge da regista, coordinatore e amministratore di tutto il processo di gestione dell'accesso vascolare. La formazione culturale specifica e necessaria e la conoscenza del programma terapeutico complessivo sono condivise dal team dell'accesso. In tale modello integrato dovrebbero essere trovate soluzioni perché anche la responsabilità professionale ed il rimborso amministrativo risultino bene “integrate” tra i vari specialisti ed operatori sanitari che partecipano all'attività. Il rimborso a D.R.G. com'è attualmente regolato presenta incongruenze e può produrre effetti contrari alla migliore cura del paziente. Le Aziende ospedaliere attualmente non riservano all'accesso vascolare, parte irrinunciabile della terapia dialitica, l'attenzione necessaria e non comprendono come una corretta gestione del problema, fondata su percorsi organizzati, migliori la qualità di vita del paziente e contenga il costo assistenziale della dialisi. La gestione complessiva dell'accesso vascolare dialitico non può più fondarsi, attualmente, solo sulla “buona volontà” del nefrologo dializzatore, ma richiede regole strutturali. Pertanto andrebbero definite le motivazioni professionali mediante l'attribuzione di precisi compiti, con lo scopo di meglio identificare e minimizzare il “rischio organizzativo”. L'individuazione di meccanismi economico-organizzativi-normativi che privilegino anzitutto l'ottenimento del risultato e, a seguire, che premino il lavoro di tutta la squadra che l'ha generato è la condizione prima per creare il modello integrato. è più che mai tempo che l'accesso vascolare entri a pieno titolo nel sistema qualità della dialisi e per farlo, a nostro avviso, il modello organizzativo integrato è l'unica soluzione possibile.
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Books on the topic "Piano Regolatore Generale"

1

Moraci, Francesca. Progettare per Messina: La variante generale al piano regolatore. Roma: Gangemi, 1997.

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2

Cuttitta, Francesco. Palermo: Non solo cemento - conoscere per ricordare : piano regolatore generale 1962, piano particolareggiato esecutivo 1993-2002. Palermo]: Edizioni Ex Libris, 2020.

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3

Giancarlo, Mattioli, ed. Bologna, una città per gli anni '90: Il progetto del nuovo piano regolatore generale. Venezia: Marsilio editori, 1985.

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Book chapters on the topic "Piano Regolatore Generale"

1

"PIANO REGOLATORE GENERALE DI ANCONA." In L’architettura civile di Paola Salmoni, edited by Monica Prencipe, 134–39. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv1p6hptf.24.

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