Academic literature on the topic 'Pensiero incarnato'

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Journal articles on the topic "Pensiero incarnato"

1

Riva, Franco, and Pietro Prini. "Gabriel Marcel." Trilhas Filosóficas 13, no. 3 (March 31, 2020): 159–68. http://dx.doi.org/10.25244/tf.v13i3.1230.

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Abstract:
La voce Gabriel Marcel per l’Enciclopedia filosofica di Gallarate (Bompiani. Milano 2006), redatta con ottiche complementari da Pietro Prini (1915-2008) e Franco Riva, è una sintesi efficace di pensiero e interpretazioni della filosofia di Marcel, anche per ulteriori percorsi. La classica interpretazione di Prini affronta tre temi centrali in Marcel dal punto di vista di una «metodologia dell’inverificabile»: 1. - La filosofia dell’esistenza, per rivendicare la piena dignità di un pensiero alternativo e incarnato nel clima esistenzialistico di reazione al razionalismo; 2. - Il mistero ontologico dentro l’esistenza, che vede nella tensione tra problema e mistero un potenziale superamento del conflitto tra sguardo epistemologico e partecipazione; 3. - Essere e avere, che riflette la lotta per una vita personale e sociale in viaggio tra atteggiamenti contrapposti, come disponibile/indisponibile, e approcci concreti al mistero ontologico (fedeltà, amore, speranza, ecc.). Al di là di ogni etichetta, Franco Riva privilegia invece un’ottica fenomenologica ed ermeneutica, attenta a intrecci e lettori dell’opera di Marcel. 4. - Fenomenologia ed esistenzialismo, una coppia da rivisitare sul lato sia dell’esistenzialismo, dati i rapporti con Heidegger e Sartre, che della fenomenologia di cui Marcel è, a suo modo, un raffinato interprete nonostante le polemiche [...]
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2

Kita, Marek. "„Niebiańska filozofia”, czyli chrześcijaństwo jako umiłowanie Mądrości." Analecta Cracoviensia 40 (January 4, 2023): 179–90. http://dx.doi.org/10.15633/acr.4012.

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Abstract:
L’idea antica del cristianesimo come „filosofia celeste di Cristo” può apparire al giorno d’oggi ambigua e anacronistica. Nella cultura occidentale dopo un lungo periodo di riflessione sul rapporto tra cristianesimo e filosofia si assiste alla nascita del fenomeno della „filosofia cristiana” – una cosa diversa dalla teologia – che reca in sé l’affermazione che il cristianesimo stesso non si riduce alla filosofia. Eppure in tutta la storia della Chiesa troviamo alcuni pensa- tori che parlano del cristianesimo come una filosofia in senso estensivo. Anche Benedetto XVI nella enciclica Spe salvi ci ha ricordato una visione di Cristo come Filosofo, cioè una persona che sa insegnare l’arte della vita. Infatti potremo dire anche di piú: se pensiamo a Cristo come Sapienza incarnata, allora la nostra filosofia – l’amore della sapienza – diventa l’amore per Lui.Il cristianesimo come filosofia per estensione ci offre una visione integrale della realtà, in conformità alla frase di Pascal: „Chi conosce Cristo, conosce la ragione di tutte le cose”. In Gesù è stato incarnato un progetto divino dell’uomo e del mondo. L’insegnamento della Sapienza crocifissa ci apre gli occhi del cuore al senso vero dell’essere e dell’esistenza. Il suo sacrificio ci rivela una nuova ontologia, in cui l’essere significa dono. Nella luce di Cristo contempliamo il senso della storia e della cultura umana.Il cristianesimo come „amore della Sapienza eterna” realizza il compito della filosofia (nel suo concetto antico) e lo completa. Esso si presenta come una saggezza del cuore ma questo non significa irrazionalismo – nella saggezza così s’incontrano la ragione discorsiva, l’intuizione e la fede. Inoltre „filosofia celeste” corregge ogni filosofia della terra insegnandoci che l’amore vale più del pensiero. Alla scuola del Vangelo il frutto dell’amore della sapienza diventa sapienza dell’amore.
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3

De Monticelli, Roberta. "Lo spauracchio dei valori. Riflessioni su alcuni fraintendimenti." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 42 (January 2012): 15–32. http://dx.doi.org/10.3280/las2011-042002.

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Abstract:
Il pensiero pratico dominante nel Novecento europeo fornisce risposte negative alla questione se sia possibile una fondazione razionale del pensiero pratico, configurando una posizione di scetticismo assiologico e morale ancora oggi maggioritaria. Ma il secolo xx, se da un lato ha rappresentato la bancarotta della ragione pratica, dall'altro ne ha prodotto una vera e propria incarnazione, nelle istituzioni e organizzazioni internazionali, nelle costituzioni rigide degli Stati europei del dopoguerra, nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'essere umano del 1948 ecc. Come puň la filosofia pratica portarsi all'altezza della ragione pratica incarnata, invece di minacciarla dall'interno con le sue neo-sofistiche, attraverso relativismi, soggettivismi, nichilismi, politeismi assiologici e simili?
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Tani, Ilaria. "Linguaggio e complessitŕ." PARADIGMI, no. 1 (April 2011): 145–62. http://dx.doi.org/10.3280/para2011-001009.

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Abstract:
La ricerca degli ultimi decenni ha progressivamente messo in discussione alcune dicotomie utilizzate nello studio del linguaggio, prima fra tutte quella fra conoscenza e comunicazione. Tanto le nuove prospettive - tutte, a diverso titolo, riconducibili al paradigma della complessitŕ e alla cosiddetta "rivoluzione cognitiva di seconda generazione" o "della mente incarnata" - quanto i modelli che esse mettono in discussione possono essere ricondotti ad una tradizione filosofica che estende le sue radici nel pensiero settecentesco. Muovendo da alcune recenti pubblicazioni, l'articolo fa il punto su tale genealogia filosofica, affrontando questioni come il nesso tra cognizione e comunicazione, il rapporto tra individuo e comunitŕ linguistica, la rilevanza della diversitŕ delle lingue di fronte alla globalizzazione.
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5

Scolari, Paolo. "Corpi e ragioni. Nietzsche e la complessità dell’umano / Bodies and reasons. Nietzsche and the human complexity." Medicina e Morale 66, no. 3 (July 3, 2017): 305–23. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.494.

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Abstract:
Le molteplici osservazioni di Nietzsche intorno al corpo rappresentano senza dubbio uno snodo ermeneutico fondamentale nell’ambito della riflessione morale sul tema della corporeità. Al tempo stesso, la ricostruzione del suo pensiero su questo delicato argomento va a costituire un banco di prova decisivo per ripensare criticamente la ragione, provando a rivedere la sua posizione all’interno del mondo dell’umano. Il leitmotiv del corpo lega ben salde fra loro le aspre critiche che Nietzsche rivolge alla civiltà occidentale, la quale, da Socrate in poi, ha visto il predominio di una razionalità astratta e calcolante ai danni di una ragione incarnata e più umana. Dagli scritti giovanili a quelli della maturità, dallo Zarathustra agli ultimi pamphlet polemici, passando per la miriade dei frammenti postumi. Disseminato in quasi tutte le sue opere e spalmato su un arco temporale di quasi vent’anni, il suo interesse per la dimensione corporea dell’umano non perde mai di tensione. ---------- Nietzsche’s various observations about the body represent without a doubt a fundamental hermeneutic crossroad in the area of the moral reflection on the topic of corporeity. At the same time, the reconstruction of his thought on this delicate subject constitutes a decisive test bed to critically re-think reason, seeking to review its position within the world of the humane. The leitmotif of the body firmly binds to one another the harsh critiques which Nietzsche moves to the Western civilisation, which, from Socrates onward, saw the dominance of an abstract and calculating form of rationality, to the detriment of an incarnated and more humane reason. From the early writings to the mature ones, from the Zarathustra to the late polemical pamphlets, through the myriad posthumous fragments. Scattered around almost all of his works and stretching over almost twenty years, Nietzsche’s interest in the corporeal dimension of the humane never drops tension.
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Gallese, Vittorio. "Le due facce della mimesi. La teoria mimetica di Girard, la simulazione incarnata e l'identificazione sociale." PSICOBIETTIVO, no. 2 (March 2010): 77–100. http://dx.doi.org/10.3280/psob2009-002005.

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Abstract:
Cruciale nella Teoria Mimetica di Girard č il concetto di desiderio mimetico, visto come mimesi di appropriazione, la fonte principale dell'aggressivitŕ e della violenza che caratterizza la nostra specie. Il valore intrinseco degli oggetti del nostro desiderio non č rilevante cosě come il fatto che gli oggetti stessi sono gli obiettivi del desiderio altrui. Si potrebbe obiettare in principio contro tale visione del genere umano cosě apparentemente negativa e unilaterale, in generale, e della mimesi, in particolare. Tuttavia, tale argomento traviserebbe il pensiero di Girard. Girard stesso ha riconosciuto che il desiderio mimetico č anche un bene in sé, perché č alla base dell'amore, e cosa ancora piů importante perché č il rivelarsi dell'individuo. Partendo dal concetto di desiderio come apertura agli altri discuterň, da un punto di vista neuroscientifico, le implicazioni per la cognizione sociale della mimesi sullo sfondo della Teoria Mimetica di Girard, un quadro di partenza ideale per favorire un approccio multidisciplinare allo studio dell'intersoggettivitŕ umana. Sarŕ postulato che una differente, non mutualmente esclusiva, lettura della mimesi conduce all'identificazione sociale e quindi alla socialitŕ. La mimesi non č intrinsecamente buona o cattiva, ma ha le potenzialitŕ per portare non solo alla violenza mimetica, ma anche agli aspetti piů creativi della cognizione umana. I risultati della ricerca empirica nel campo delle neuroscienze e della psicologia dell'etŕ evolutiva mostrano che questa spiegazione della mimesi trova solide prove a sostegno. Concluderemo che una spiegazione approfondita e biologicamente plausibile dell'intersoggettivitŕ umana richiede l'integrazione di entrambe le facce della mimesi.
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Worthy, Jay. "On the Place of Resistance in Ontology." Chiasmi International 21 (2019): 321–34. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192130.

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Abstract:
Beginning with Fanon’s challenge to the universality of the project of ontology, this paper considers whether and how Merleau-Ponty’s early and late thinking may yield a response. From the outset, Merleau-Ponty’s appeal to the materiality of the body is intended as a limit on the scope of ontology. As I argue, however, Merleau-Ponty’s early concept of ‘one’s own body’ (corps propre) suggests an “ontological equality” that would be shared among all embodied beings; implicitly, this early approach risks reinforcing Fanon’s concern that ontology is indifferent to embodied experiences of racial exclusion and oppression. Merleau-Ponty’s later ontology of the flesh, by contrast, entails a more radically differential structure of the body that troubles the notion of equality in principle, suggesting an ontology that could be more attentive to the fundamental grounds of systemic oppression.Cet article examine si, et de quelle manière, la réflexion de Merleau-Ponty peut répondre au défi lancé par Fanon à l’universalité du projet ontologique. La revendication initiale que fait Merleau-Ponty de la matérialité du corps est considérée comme une limite du champ de l’ontologie. Pourtant, comme je voudrais le montrer, la première conception merleau-pontienne du corps propre suggère une « égalité ontologique » qui devrait être commune pour tous les êtres incarnés ; implicitement, cette première approche risque de renforcer l’inquiétude de Fanon au sujet de l’indifférence de l’ontologie envers les expériences incarnées de l’exclusion raciale et de l’oppression. L’ontologie de la chair merleau-pontienne, au contraire, implique une structure du corps radicalement différentielle qui bouleverse la notion du principe d’égalité, en suggérant une ontologie qui pourrait être plus attentive aux fondements du système d’oppression.Questo articolo prende le mosse dalla sfida di Fanon all’universalità del progetto dell’ontologia ed esamina se e come il pensiero del primo e dell’ultimo Merleau-Ponty possa fornirvi una risposta. A prima vista, il richiamo di Merleau-Ponty alla materialità del corpo viene inteso come un limite all’orizzonte dell’ontologia. Tuttavia, come mi propongo di sostenere, il concetto di “corpo proprio” (corps propre) nel primo Merleau-Ponty suggerisce un’“uguaglianza ontologica” che sarebbe condivisa da tutti gli esseri incarnati. Implicitamente, questa posizione rischia di rinforzare la preoccupazione di Fanon rispetto al fatto che l’ontologia sia indifferente alle esperienze incarnate di esclusione e oppressione razziali. L’ontologia della carne dell’ultimo Merleau-Ponty, al contrario, implica una più radicale struttura differenziale del corpo, che complica la nozione di un’uguaglianza di principio e che suggerisce un’ontologia potenzialmente più attenta ai fondamenti dell’oppressione sistematica.
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Pasquale, Gianluigi. "Fede e ragione." Služba Božja 59, no. 3 (September 13, 2019): 233–51. http://dx.doi.org/10.34075/sb.59.3.1.

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Abstract:
L’articolo sviluppa cinque tesi innestate nella più lunga Lettera Enciclica scritta da San Giovanni Paolo II (1920-2005) esattamente a vent’anni dalla sua promulgazione (1998-2018), «Fides et ratio» inerente i rapporti intercorrenti tra fede e ragione. Alcune vennero intercettate durante il ventennio trascorso, altre sono inedite. Con la prima si ribadisce la completa autonomia della filosofia rispetto alla teologia cristiana, quale scienza della fede che pensa se stessa, motivo per il quale il sapere teologico non sposa nessun tipo di filosofia, ovvero la utilizza «qua talis». Con la seconda si ribadisce che la fede senza la «recta ratio» – oggi intorbidita e indebolita dalla società della tecnica – non potrebbe nulla senza il logos di cui si è attrezzata fin dall’inizio. Così, con la terza tesi si (di)mostra che, onde evitare che il pensiero riproducente se stesso prosegua all’infinito, essi trovi nella forma incarnata del logos – Gesù Cristo – l’unica «saturazione» del proprio ricercare. La quarta tesi rivela qualcosa che era sfuggito fino a qualche mese fa, ossia l’insistenza di «Fides et ratio» ad aprirsi ad altre culture, oltre a quella cristiana piuttosto secolarizzatasi, tipo quella indiana o asiatica, essendovi una «ratio». Con la quinta tesi, ugualmente inedita, si ravvisa che solo una «ragione etica» ovvero amicale, responsabile, fiduciale, appunto, può permettere alla fede di raggiungere quel livello rivelativo cui anela: nella persona di Gesù Cristo.
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Кузнецова, К. Ю. "СЛАБКА ДУМКА («IL PENSIERO DEBOLE») ТА «СЛАБКА ТЕОЛОГІЯ» ЯК СИМПТОМИ ПОСТМЕТАФІЗИЧНОГО МИСЛЕННЯ." Humanities journal, no. 3 (October 3, 2019): 22–32. http://dx.doi.org/10.32620/gch.2019.3.03.

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Abstract:
The growing political influence of religious communities and beliefs, the growing presence of religious discourse in public sphere require a rethinking of the role of religion in modern society. A number of mutual accusations in a metaphysical way of thinking leads to the fact that the whole philosophy of the XX century turns out to be a philosophy thinking in a “post” situation. Formation of the “post“ states is entirely explained in the field of social philosophy, which tries to “keep pace with time”, but the intrigue lies in the fact that in the first place these transformations touched the most fundamental and “eternal” field of philosophy – ontology. After Heidegger's thesis on the ontoteological structure of metaphysics, the discourse at the end of metaphysics and post-metaphysical philosophical thinking not only inevitably affect the problem of theology, but connect the problems of updating philosophy and theology in the XX-XXI centuries as well.Along with the decline of metaphysics as a system philosophy that is able to propose a coherent, unified, well-grounded picture of immutable structures of existence, the very possibility of philosophical refutation of the existence of God is exhausted. It defends the possibility of religious experience. The pluralism of the post-metaphysical era eliminates the possibility of any theoretical distinction between metaphorical and non-metaphorical languages. On the other hand, the famous statement by F. Nietzsche about the death of God, which is inscribed in the context of the critique of metaphysics, symbolically means the final decay of the religious way of thinking and the flowering of secularization, which means the rejection of appeals to other levels of being, except in the focus of today and everyday life. The specificity of hermeneutics, which is practiced by Caputo and Vattimo, is directly related to the key moment in the constructs of both thinkers – the concept of weakening thinking. For Vattimo, a weak thought (pensiero debole) refers to the gradual weakening of being, which turned the modern philosophy from its "obsession" with the metaphysics of truth to the local rationality and awareness of the hermeneutic nature of any truth. There are two aspects of weakening opinion. The first process – the weakening of being – from the objective metaphysical structure to the interpretation (“events” in the Heideggerian sense). It is described in the Nietzschean language of nihilism, which means the historical process, within which objectivistic claims of metaphysics, absolute grounds have become false (or reduced to “nothing”), weakened, and replaced by “prospects” or interpretative schemes. The second process is the weakening of God in the world, described in the language of the apostle Paul in terms of subtlety – kenosis, which is a paradigmatic expression of the Christian doctrine of the incarnation, birth and death of Jesus. Kenosis is not a one-time event that took place in the life and death of Jesus, but the continuing history or tradition initiated by this event. This process is called “secularization” by Vattimo, which doesn’t mean a rejection of God, but a kind of “transcription” of God in time and history (saeculum). Thus, nihilism and kenosis are parallel processes. Nihilism is the devastation of being in an interpretative structure; kenosis is the ascension to nothing of God as transcendental deity. Kenosis is understood as transcription, translation or transfer of God into the world, a means to establish the Kingdom of God on earth. This idea, the political correlation of which is non-authoritarian democracy, and the epistemological correlate, is a Gadamer's understanding of dialogue.On the positive side Vattimo’s “weak thinking” and the ontology, seek to be hermeneutical and nihilistic in the spirit of the Heideggerian ontology. Vattimo's philosophy seeks to save ontological discourse without making it metaphysical in the traditional sense. To speak more specifically, this philosophy recognizes the world of symbolic forms, the world of action, recognizes different practices, perceiving them as different languages of the mind. Describing postmodernity as a “more enlightened Enlightenment”, where there is no longer a dream about pure objectivity, Caputo emphasizes that the modern rebirth of religion returns its original meaning – faith, not less form of knowledge. Therefore, religious truth is characterized as truth without knowledge, and modern religiousness as “religion without religion”.By reducing the ontological and theological thought there is a convergence of theology and philosophy, which now do not contradict each other, but are found in some new space, which we call post-secular philosophy.
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Pezzini, Rosinei Aparecido. "Il fenomeno della parola e del gesto in Merleau-Ponty. Per un “ritorno” al “soggetto parlante” nella Phénoménologie de la perception." Revista Opinião Filosófica 11 (July 17, 2020). http://dx.doi.org/10.36592/opiniaofilosofica.v11.949.

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Abstract:
Stiamo celebrando il 75mo anniversario della pubblicazione della Phénoménologie de la perception e in questa occasione vale la pena scavare ancor di più in profondità il fenomeno della parola e del gesto in Merleau-Ponty. Il suo movimento di pensiero è un incessante richiamo al “ritorno”. Potremo osservare, però, che tale “ritorno” indica un pensiero sempre incarnato e, pertanto, sempre situato. In questo articolo, ci proponiamo di gettare luce su due punti cruciali che riguardano il capitolo Le corps comme expression et la parole dell’opera di Merleau-Ponty. In un primo momento sottolineeremo il ruolo del soggetto parlante engagé nel linguaggio. Si cercherà inoltre di mostrare che, senza l’intreccio del fenomeno corpo/parola e parola/pensiero non può esistere una comunicazione vitale con il mondo. In secondo luogo verranno analizzati il fenomeno della parola in quanto vero gesto e il gesto come fenomeno d’“indicazione” nel mondo sensibile. Sulla scia di tali considerazioni, la nozione di chair del tardo Merleau-Ponty potrà essere un’éclatement di una futura teoria della chair del linguaggio.
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Books on the topic "Pensiero incarnato"

1

Il pensiero incarnato in Emmanuel Levinas. Brescia: Morcelliana, 2011.

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2

Mangiagalli, Maurizio. Concezione creazionista e incarnazione di Dio nel pensiero di F. W. J. Schelling. Roma: Aracne editrice S.r.l., 2013.

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3

Morrone, Fortunato. Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo: L'Incarnazione del Verbo nel pensiero cristologico di J.H. Newman. Milano: Jaca book, 1990.

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