Academic literature on the topic 'Pensiero della differenza sessuale'

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Journal articles on the topic "Pensiero della differenza sessuale"

1

Del Bello, Sara. "donne di María Zambrano. L ’attualità del suo pensiero in una prospettiva filosofico-femminile." Bajo Palabra, no. 25 (June 14, 2021): 239–50. http://dx.doi.org/10.15366/bp2020.25.011.

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Abstract:
L’attenzione che María Zambrano presta all’universo femminile si concretizza sia attraverso pagine di intensa riflessione socio-politica, sia grazie ad una ricerca linguistico-concettuale della quale le sue donne sono viva espressione. Toccando, in particolare, il mondo di Eloisa e Antigone, in questo breve spazio abbiamo l’opportunità di sviluppare temi quali la responsabilità, l’etica e la coscienza, grazie ad un’analisi politica, caratteristica fondamentale del suo pensiero, anche quando non si manifesta esplicitamente. E ancora una volta la filosofa spagnola fa sì che emergano i suoi tratti distintivi, spesso precursori di molti temi posteriori, come il pensiero della differenza sessuale.
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Valdrè, Rossella. "Sulla sublimazione: il destino indiretto della pulsione. Rivisitazione di un concetto fondante nella teoria, la clinica, l'arte e la Civiltà." PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, no. 2 (November 2022): 59–87. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002004.

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Abstract:
Il lavoro presenta un'ampia revisione del concetto freudiano di su-blimazione, ripercorrendone la storia nel pensiero di Freud, l'evoluzione nel dopo-Freud, le controversie teoriche, e le vaste ricadu-te sull'arte, sulla Civiltà e sulla clinica. Autrice di un saggio sulla su-blimazione del 2014, l'autrice si domanda se si sia di fronte ad una scomparsa della sublimazione, apparentemente meno diffusa nel dibat-tito contemporaneo. In realtà, sotto mentite spoglie nelle diverse teoriz-zazioni, essa ha continuato ad operare nella clinica e nella collettività. Freud non vi dedicò mai un saggio specifico, per cui occorre ricavarla da tutto il suo pensiero, ma è considerato il Leonardo da Vinci l'opera dove meglio viene teorizzata. Sebbene Freud ponesse la sublimazione ad esito del percorso analitico e come necessità per la sopravvivenza dell'uomo e della Civiltà, negli scritti clinici si mostrò poco ottimista, data la difficoltà che l'uomo ha verso la rinuncia pulsionale. Per sublimazione si intende infatti un destino diverso della pulsione, un cambiamento di meta, che anziché dirigersi sull'oggetto sessuale, si sposta su altri oggetti, non più sessuali, ma in grado di dare ugualmente piacere. Gli investimenti sublimati alla meta comprendono l'amicizia, il lavoro, l'arte, il pensiero, fino alla fondazione della Cultura. Grazie al-la flessibilità pulsionale, l'uomo, a differenza dell'animale in cui gli istinti sono rigidi, può cambiare gli oggetti del desiderio, sostituirli con altri più adeguati, e avviarsi così al processo propriamente umano della simbolizzazione. La sublimazione implica una rinuncia all'oggetto, e questo ne fa un processo non facile per molti individui. Nel dopo Freud, la si è sostituita con la "riparazione", o ci si è spostati nell'area potenziale ma uscendo dalla metapsicologia non si può più, a rigore, parlare di sublimazione, sebbene l'esito pratico possa somigliarle. Ven-gono discusse le misteriose modalità dell'arte, il complesso rapporto con la pulsione di morte e il ruolo della contemporaneità.
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Weber, Carla. "Ambiguitŕ della differenza." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 18 (September 2012): 28–44. http://dx.doi.org/10.3280/eds2012-018005.

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Abstract:
Il contributo, avvalendosi di un approccio clinico, considera l'identitŕ di genere in relazione ai processi di individuazione psichica e sessuale. Mette in evidenza come tali processi siano simultaneamente interni ed esterni, cioč non riconducibili solo alla base endogena del dato biologico, ma co-generati nelle relazioni primarie fin dal concepimento, e co-evolutivamente appresi nell'esperienza. Accanto al costrutto culturale di genere e alla differenza genitale del sesso, viene proposta la rilevanza dei codici affettivi inconsci, nella loro funzione di significanti dell'esperienza di sé e dell'altro che si esprime nella risonanza della relazione. Viene posta l'attenzione, inoltre, alla dimensione creativa della differenza in un margine d'individuazione possibile che rinvia ad un femminile e maschile, che si perturbano e si ibridano conflittualmente.
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4

Lembo, Pietro. "Tra beatitudine ed im-potere: note sull’avvenire del biopolitico (Deleuze vs Derrida)." Veritas (Porto Alegre) 63, no. 2 (October 5, 2018): 473. http://dx.doi.org/10.15448/1984-6746.2018.2.30123.

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Abstract:
partendo dal pensiero foucaultiano, ed in particolare dalla tesi secondo cui la rottura epistemologica tra sovranità e biopolitica avrebbe svelato la consustanzialità tra potere e vita, il presente contributo intende rintracciare nelle filosofie francesi della differenza, ossia nel pensiero di Deleuze e di Derrida, due filosofie della vita che, nel pensare il nesso tra vita e potere in modo antitetico, risultano imprescindibili qualora si voglia riflettere circa l’avvenire della bipolitica.
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Ansermet, François. "Scegliere il proprio sesso: usi contemporanei della differenza sessuale." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 2 (July 2014): 11–22. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2014-002002.

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Paggi, Leonardo. "Gramsci, la mondializzazione e il pensiero della differenza." DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 2 (January 2018): 37–46. http://dx.doi.org/10.3280/ded2017-002003.

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7

Trębski, Krzysztof. "LA QUESTIONE “GENDER”: UNA SFIDA PER L’ANTROPOLOGIA CRISTIANA." Forum Teologiczne 20 (December 13, 2019): 97–108. http://dx.doi.org/10.31648/ft.4806.

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Abstract:
La teoria del “gender” si riferisce all’opinione che l’identità sessuale non è determinata dal sesso biologico di una persona, ma indica il genere in cui un individuo si identifica in base ai propri desideri soggettivi. Tale teoria tratta le differenze tra i sessi come elettive e socialmente costruite. Sostiene che una persona può nascere con un corpo che non corrisponde all’identità maschile o femminile “percepita”. Questo ha profonde implicazioni sociali: nega la differenza e la reciprocità nella natura di un uomo e una donna e immagina una società senza differenze sessuali, eliminando così la base antropologica della famiglia.La Chiesa cattolica respinge questa ideologia, insegnando che Dio crea le persone come maschio o femmina e che il corpo e l’anima sono così uniti da formare un essere completo; quindi la differenza sessuale non è un incidente o un difetto, ma è un dono di Dio che aiuta le persone ad avvicinarsi l’uno all’altra e a Dio stesso. La Chiesa afferma altresì che il proprio sesso biologico fa parte del piano divino e che ogni persona dovrebbe riconoscere e accettare la propria identità sessuale basata sulla complementarietà dei sessi. Ogni persona è chiamata a sviluppare la propria identità sessuale in un modo che integri la propria mascolinità o femminilità nell’ambito delle relazioni con gli altri.L’articolo presenta l’insegnamento del Magistero della Chiesa cattolica e spiega che la complementarità tra i sessi non è intesa come fonte di oppressione o disuguaglianza, ma testimonia la bellezza del piano di Dio per l’umanità.
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Ferraro, Giuseppe. "Differenza epistemologica e identità ontologica tra Saṃsāra e Nirvāṇa nel pensiero buddhista." Trans/Form/Ação 35, no. 1 (April 2012): 193–212. http://dx.doi.org/10.1590/s0101-31732012000100012.

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Abstract:
La differenza tra i concetti di saṃsāra e nirvāṇastabilita dal Buddha (VI-V sec. a.C.) nel suo primo sermone sembra essere messa in discussione dall'equiparazione dei due termini effettuata da Nāgārjuna (II sec. d.C.) in un passaggio-chiave delle sue MK. Questo articolo, in primo luogo, difende la tesi che la contraddizione sia soltanto apparente e che la relazione, di differenza o di identità, tra le due dimensioni dipende dal registro filosofico, rispettivamente epistemologico e ontologico, usato - in entrambi i casi per finalità soteriologiche - dal Buddha e da Nāgārjuna. In secondo luogo, cercheremo di provare che, in ogni caso, l'ontologia di Nāgārjuna, lungi dall'essere una novità filosofica o un'evoluzione rispetto al pensiero del fondatore del buddhismo è, al contrario, una delle possibili applicazioni della dottrina del non-sé (anātma-vāda) - probabilmente il contributo più importante e originale del pensiero buddhista alla storia della filosofia universale - esposta dal Buddha nel suo secondo sermone.
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Nunziante Cesarň, Adele, and Anna Zurolo. "Il paradigma della seduzione materna: note storiche sui destini di un concetto freudiano." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 2 (June 2010): 169–88. http://dx.doi.org/10.3280/pu2010-002002.

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Abstract:
Viene proposta una riflessione intorno alle problematiche che si incontrano nella definizione della teoria della seduzione all'interno del pensiero freudiano. A partire da un dialogo serrato con i testi, vengono ricostruiti i punti salienti della teoria alla ricerca delle sue molteplici sopravvivenze nel sapere psicoanalitico, nonché gli aspetti di deriva e di smembramento cui verrŕ sottoposta; sarŕ possibile cosě ricostruire, accanto a una storia ufficiale del concetto, l'insorgenza di un paradigma, quello del sessuale materno, destinato a passare sotto silenzio. Il riferimento al lavoro di Laplanche consente di riposizionare, infine, tutti i resti precipitati dall'abbandono della teoria della seduzione e di discutere ciň che risulta materia per il riconoscimento di movimenti di epurazione della scoperta freudiana della sessualitŕ inconscia, all'opera in certa parte del sapere psicoanalitico.
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Vallini, Cristina. "Freud, Jung e la prova etimologica." STUDI JUNGHIANI, no. 31 (July 2010): 69–91. http://dx.doi.org/10.3280/jun2010-031005.

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Abstract:
L'autrice esamina la diversa posizione di Freud e Jung riguardo all'utilizzo dei dati etimologici a disposizione all'inizio del ‘900. Dal confronto fra gli atteggiamenti dei due risulta per entrambi la convinzione che sia possibile riuscire a decifrare il geroglifico linguistico, interpretare il monosillabo aurorale, la "radice", deposito dei significati piů antichi. Freud utilizza i dati etimologici per confermare la propria idea sull'originario significato "opposto" delle parole primitive, e sul valore sessuale delle prime radici. Jung inquadra l'etimologia indeuropea nella sua teoria della creativitŕ della Libido, trovando riscontri con i momenti chiave del suo pensiero giŕ consapevolmente anti-freudiano.
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Dissertations / Theses on the topic "Pensiero della differenza sessuale"

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CHIZZOLA, FLAMINIA. "La relazione umana alla luce della differenza sessuale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2007. http://hdl.handle.net/2108/201875.

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2

Delcò, Alessandro. "Filosofia della differenza : la critica del pensiero rappresentativo in Deleuze /." Locarno : Pedrazzini ed, 1988. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb35181561q.

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DEGAN, CRISTINA. "Le parole delle donne. Modalità del discorso di genere e costituzione dell'identità femminile." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/23933.

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Abstract:
How women speak: Gender discourse and female identity construction. I would like to tackle some theoretical questions raised by feminist thought, particularly on the subject of gender discourse, in an effort to offer a wider re-thinking of the variables in play. We must not forget that life conditions for women everywhere are still marked by great disparities of treatment and opportunities. Gender difference is not totally biologically determined, but develops through unavoidable bio-cultural input. The “difference” question, then explores the meaning of this difference in its specificity, as it results from a complex biological and cultural process. This involves research in different fields, such as cultural anthropology and psychoanalysis, provided one does not forget to take into consideration, cautiously and determinedly, the material characteristics of each historical identity. The identity of women is historically unstable across cultures, which makes it necessary to give recognized legitimacy to individual identity, without invoking metaphysical categories but also without disembodying it. Individual, gendered, identity is the result of a long process of biological and cultural interactions buried in history. Now that neuroscience has given an important contribution to this debate, the principle of individuation has taken on dimension both scientific and cultural. A definition of difference can be based on this intersection between psychological and material cognition. This paper is aimed at identifying at least a descriptive outline of all the different issues raised by the question of gender, also through a review of the feminist positions of the 60’s, but keeping in mind the fact that the very tools of feminism have been “contaminated” by contributions from specialized fields , in particular the discovery of mirror neurons. It would be interesting to see if one could speak of “female” mirror neurons (for example, through breastfeeding) that would determine a “specialized” care-giving behavior . Women can generate a discourse no longer exclusively dependent on conceptual, asexual strictures, but open to metaphor and narrative . Along these lines we can start to build a common world, where a place is made for a“ feminine logic” that repudiates a generic neutrality of thought, and looks, instead, for the “sexed” character of each of all ideas.
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4

Verzini, Barbara. "BAck into Chaos. Swimming with Marcel.lí Antúnez Roca." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11562/979542.

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Abstract:
Marcel.lì Antùnez Roca’s – founder member of the Fura dels Baus – last twenty years works, are the focus of my research project. To join together, in a sinuous circle, thought, art and life is one of the most important methodological bet of this project. In view of that, the greatest possible number of traces of the body, or rather, the bodies involved are intentionally preserved into my words. That means that words have skin, nails, hair and teeth. They breath, sweat, move around, chasing after images and drawings. Drawings - become signs and symbols, appearing into the text not in the form of attachments or guests, but rather as structural fundament, significant vowels at the base of the philosophical writing I propose. I took inspiration from the artist’s diaries, travel companions during this transforming marine journey, which reshuffles and blows up the distances between disciplines; up to the point of question the same concept of philosophy. What’s philosophy? As body remains at the core, so water blended with blood – while artist’s maternal family lived in a mill, the paternal one lived in a butcher shop – flows and draws the chapters, which arise contagiously by a wavy metonymic course. Catalan artist’s alphabet and bestiary weave together, in order to permit the immersion in his text and works. That fluid course draws the possible ways of interpretation, which is the possible constellations originated from a chaotic evolution. The continuous transition from outside to inside, and vice versa, transforms sheets in porous skin, which is at the same time an absorbent border and a dripping opening. The title “Back into Chaos” is intended to reecho and raise Marcel.lì Antùnez Roca’s vision, focused on an art able to create Cosmogonies. Chaos as the beginning – in its multiple mythological and etymological sense – evokes a universe made up of undivided elements, coexistent in a constant transformation generating and reabsorbing the unexpected. The present research project tends to this unstable shapeless nebula – where nothing is separated and everything is blended – crossing it and founding itself immersed in the Tiamat’s primordial aquatic stream –the Mother of all of Them.
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MECENERO, MARIA CRISTINA. "Passaggi: maestre tra scuola e università.L’esperienza delle supervisore dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria: due studi di caso." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11562/343929.

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Abstract:
Passaggi: maestre tra scuola e università è il titolo del mio lavoro che vuole essere un contributo alla conoscenza e alla comprensione dell’esperienza delle maestre chiamate supervisore o tutor di tirocinio per il loro nuovo ruolo assunto nelle università italiane nella formazione delle future insegnanti dei primi gradi di scuola, da quando, nel 1998, è stato istituito il corso di laurea in Scienze della formazione primaria. Passaggi sono quelli che nella storia delle maestre italiane stanno avvenendo proprio grazie al fatto di essere coinvolte nella trasmissione/innovazione del sapere dell’esperienza, nella forma istituzionalizzata a livello universitario: custodi e artefici attive di una cultura della scuola da rimettere nello scambio e nel circuito del sapere. Ho svolto la ricerca avvalendomi di un metodo misto tra l’ermeneutico, basato sulla continua e dialogica interpretazione dei dati raccolti a partire dallo scambio con le partecipanti alla ricerca, e l’approccio etnografico: ho scelto quindi di utilizzare diverse tecniche di indagine (osservazione partecipante, shadowing, intervista, analisi documentale) e di comporre una serie di differenti materiali empirici (taccuini, registrazioni, fotografie, testi redatti dalle partecipanti, materiale documentario). Le domande guida all’attività di ricerca – che cosa sta succedendo qui? come funziona la pratica formativa osservata? - rappresentano il fuoco del mio lavoro e hanno riguardato le esperienze delle maestre supervisore presenti sia nelle aule universitarie sia nelle classi scolastiche. Esse si sono articolate a partire da una questione di fondo: se e attraverso quali modalità le maestre supervisore contribuiscono nella relazione con altri soggetti – le studentesse, le insegnanti accoglienti, le/i docenti universitari, le/i dirigenti ecc. – a modificare la cultura scolastica e la cultura della formazione universitaria. Il processo della ricerca si è articolato in due studi di caso; i contesti scelti sono sati quelli dei gruppi di supervisione dell’università di Urbino e di Bologna. Lo studio delle due realtà si è sviluppato con modalità differenti, rispecchianti le differenti disponibilità date dai soggetti a coinvolgersi nella ricerca. Ho inoltre condotto alcune interviste in profondità a supervisore e studentesse delle città di Milano, Bologna e Urbino, per avere accesso a storie individuali relative all’esperienza di supervisione sia dal punto di vista delle maestre che da quello delle tirocinanti. Relazionalità, essere gruppo, pratica della convivialità, esperienza e mediazione sono le cinque dimensioni che definiscono le modalità proprie dell’interazione tra maestre supervisore, studentesse, università e scuola nel contesto di Urbino. Esse si inscenano in una dinamica istituzionale complicata e determinano un agire formativo che in parte prende le distanze da meccanismi di potere e di divisione interna, in parte li conferma. A Bologna, il gruppo di supervisore patisce un disconoscimento del valore aggiunto introdotto in università con l’esperienza del tirocinio e, tra identità professionali sperimentate, negate, rappresentate non univocamente, mostra quanto la dimensione interistituzionale venutasi a creare non sia sottoposta a elaborazione e venga anzi ostacolata da schemi e logiche vecchie che non è semplice superare, né nella cultura universitaria né in quella scolastica. Le maestre che sono all’università e vivono in una zona di intersezione organizzativa introducono un nuovo orizzonte: potrebbe essere questa un’occasione per ripensare anche profondamente le pratiche formative prevalenti nell’università. La ricerca si riprometteva di cogliere e interpretare eventuali segni di cambiamento rispettivamente della cultura della scuola e della cultura dell’università e, in definitiva, di valutare la significatività del dispositivo messo in atto a seguito dell’istituzione del corso di laurea in Scienze della formazione primaria. Un interesse non secondario dello studio era di mettere a disposizione delle interessate e di un pubblico più vasto la memoria del percorso dei due gruppi di supervisione coinvolti.
Passages: teachers between school and university is the title of my work, that aims to be a contribution to the awareness and understanding of the experience of teachers that are called supervisors or tutors of teachers training in their new role assumed within Italian universities in training future teachers for the first school grades, begun in 1998 when a course was started leading to a degree in Science of primary formation. Passages are those that are taking place in the history of Italian teachers thanks to the fact of being involved in the transmission/innovation of the knowledge of the experience, in the institutionalised form at university level: custodian and active artificer of school culture, to be placed once more in the exchange and circuit of knowledge. I developed my research using a mixed method from hermeneutic, based on the continuous and dialogical interpretation of the data gathered at the start of the exchange with the research participants and the ethnographic approach: I therefore chose to use various inquiry techniques (participant observation, shadowing, interviews, document analysis) and to put together a series of different empirical materials (notebooks, tapes, photos, texts written by the participants, documentary material). The key questions for the research - what is happening here? how does the formative practice observed function? - they represent the kernel of my work and dealt with the experience of the supervising teacher present both in the university lecture hall as well as school classes. Right from the start an articulated basic question: if and across which modality the supervising teachers contribute to the relationship with other subjects - students, tutor teachers, university professors, head teachers etc. - in modifying scholastic culture and the university formation culture. The research process was broken down into two case studies; the contexts chosen were those of the groups supervised by the universities of Urbino and Bologna. The study of the two realities in question developed with different methods, mirroring the varying availability on the part of the subjects in their involvement in the research. I have also conducted some in depth interviews to supervisors and students in the cities of Milan, Bologna and Urbino, to gain access to individual accounts in relation to the experience of supervision, both from the teacher’s point of view and that of the trainees. Relating, being part of the group, practising coexistence, experience and mediation, are the five dimensions that define the personal modality for interaction between supervising teachers, students, the university and school within the Urbino context. They are played out within a complicated institutional dynamic and determine a formative acting out that partly takes its distance from power mechanisms and internal division, in part it confirms them. In Bologna, the supervising group suffers from a disavowal of the added value introduced into the university with the experience of the trainees and by the experimented professional identities, negated, not represented unequivocally, it shows how much the inter-institutionalised dimension that was created, did not undergo an elaboration, on the contrary was impeded by old logic, not being a simple thing to overcome, neither in the university culture nor the scholastic one. Teachers that are at the university and live in an intersectional organising zone, introduce a fresh horizon: this could be the chance to re-think in depth the formative practice prevalent at the university. The research gave us the hope of gathering and interpreting any eventual signs of change, respective of the school culture and that of the university and to evaluate in a definite way, the significance of the device put into action following the creation of the Science degree in primary formation. A not secondary interest of the study was to make available to those interested and to an ever wider public the memory of the path undertaken by both groups involved in the supervision.
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Caterina, Diotto. "Mythos, o del rapporto tra romanzo e verità. Per una teoria del romanzo tra Bachtin, Benjamin e Lukács." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11562/1052197.

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Abstract:
Lo studio prende avvio da una domanda: può il romanzo dire qualcosa di vero sull’esperienza umana? Il percorso sviluppato si divide in due parti. La prima parte si occupa di comprendere l’evoluzione storica ed estetica del romanzo fino al Novecento, per definirne i caratteri. Quindi è affrontata la questione del rapporto tra l’esperienza e la verità con la costruzione di una teoria della conoscenza che non separi soggetto-oggetto, io-mondo, interno-esterno, ma che si fondi sulla relazione dell’essere umano con la realtà che lo circonda. Questa teoria è modellata secondo una metafora astronomica: Saggittarius A*, il buco nero al centro della Via Lattea. Sono così sviluppate, anche attraverso il confronto con la tradizione della filosofia antica, due modalità di darsi della verità: Epistéme e Alètheia. La prima è la verità argomentativa, logica e stabile, della scienza. La seconda è la verità prima di ogni giudizio che funge da fondamento a ogni altra verità, ma che è allo stesso tempo sempre in divenire, mutevole e fondata sulle relazioni tra le cose. La forma estetica che più si avvicina al nucleo di verità dell’esperienza è la poesia, che accoglie la fluidificazione dei rapporti tra segno e significato. Il romanzo si attesta invece come demone intermedio, al pari dell’eros platonico, tra il linguaggio del logos e il sentire, attraverso il quale può tralucere l’Alètheia. Tre sono i caratteri del romanzo: la prosa, la fine e il Mythos da cui è generato. Il Mythos è l’intreccio relazionale tra essere umano e mondo, attraverso cui l’umano cerca di comprendere sé stesso e la realtà che lo circonda. Il Mythos ha la forma della narrazione e si cristallizza nel romanzo. Nella lettura di un romanzo si crea un incontro tra il Mythos cristallizzato dell’artista e quello della lettrice o del lettore, da cui può generarsi una trasformazione del modo di interpretare la realtà. È sulla trasformatività della parola romanzesca che sono coinvolte e criticate le riflessioni di Michail Bachtin. La seconda parte di questa trattazione è dedicata al confronto con due filosofi fra loro contemporanei che si posero la medesima domanda che ha aperto questa riflessione: Walter Benjamin e György Lukács. Le loro teorie sono analizzate attraverso la lente dei concetti sviluppati nella prima parte. Poiché Benjamin non scrisse mai, al contrario di Lukács, un’opera unica dedicata alla teoria del romanzo, è stato necessario ricostruire gli elementi di tale teoria percorrendo l’intero corpus dei suoi scritti. Attraverso tale ricostruzione è stato possibile mostrare che anche il filosofo berlinese fonda il proprio pensiero su un concetto relazionale di esperienza in armonia con il divenire del mondo e sul rifiuto dei dualismi. Per contro, l’analisi dei testi della giovinezza fino alla Teoria del romanzo di György Lukács mostra come il pensatore ungherese resti ancorato a quei dualismi, sviluppando una teoria dell’autentico idealistica, fissa e completamente slegata dal reale. Per questo nella sua teoria il romanzo non può rappresentare altro che un’artificiosa illusione, che inganna i lettori e le lettrici con una finta pretesa di totalità. È proprio grazie ai fondamenti relazionali e dinamici della propria concezione che Benjamin può, nel Narratore, rovesciare la teoria lukácsiana dall’interno, configurando il romanzo come la forma in grado di provocare un risveglio dalla fantasmagoria del moderno. Questo studio dimostra quindi che la costruzione di una teoria della conoscenza radicalmente relazionale, priva di scissioni idealistiche, e la teorizzazione di diverse forme di verità sono i fondamenti necessari allo sviluppo di una teoria del romanzo che voglia cogliere la reale portata e complessità del rapporto di questa forma estetica con la cultura, con la politica e con l’esperienza degli esseri umani nel mondo.
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DE, LORENZO ROSA. "Reti della memoria. Creazione, gestione e conservazione degli archivi femministi in Italia (1970-2005)." Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11573/1615158.

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Abstract:
La tesi ripercorre la nascita di un interesse storico-conservativo nel movimento femminista italiano degli anni Settanta, osservando contemporaneamente le modalità di organizzazione attorno a esso. Si concentra sulle vicende che hanno portato alla nascita dei luoghi della conservazione femminista, i Centri di documentazione donna, e di un progetto collettivo concretizzatosi negli anni Ottanta nel Coordinamento dei Centri donna e negli anni Novanta nella Rete informativa di genere femminile Lilith. Contestualmente, la ricerca si pone in maniera critica nei confronti delle scelte metodologiche effettuate per un trattamento politico delle fonti e dell'informazione femministe, tracciando le linee di quello che si è definito come un vero e proprio "paradigma informativo femminista":
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MURACA, Maria Teresa. "Pratiche pedagogiche popolari, femministe e decoloniali del Movimento delle Donne Contadine a Santa Catarina. Un'etnografia collaborativa." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11562/924649.

Full text
Abstract:
Attraverso quali dimensioni si esprime la rilevanza educativa dei movimenti sociali? Quali apprendimenti si co-costruiscono al loro interno? In che modo si realizza il processo di assunzione dell'impegno socio-politico? Quali conflitti apre e a quali livelli? Che tipo di trasformazioni genera nella vita delle persone e nelle comunità? Queste alcune delle domande da cui ha preso avvio l'etnografia collaborativa che ho condotto insieme al Movimento delle Donne Contadine nello Stato di Santa Catarina (Brasile) e che mi ha portato ad attraversare – anche grazie all'attivazione di un percorso di cotutela tra l'Università di Verona e l'Università Federale di Santa Catarina – due diversi contesti accademico-nazionali. L'attenzione per il Movimento delle Donne Contadine – che è sorto a Santa Catarina nel 1983 e si è affermato a livello nazionale nel 2004 – origina da un interesse per le pratiche e i pensieri politico-pedagogici che nascono dall'impegno di comunità di donne, spesso in luoghi marginali e misconosciuti. In questo senso, a partire da una prospettiva teorica che intreccia soprattutto i contributi della pedagogia popolare di ispirazione freiriana, del femminismo italiano della differenza e del pensiero decoloniale latinoamericano, propongo nella tesi un'ermeneutica delle pratiche politico-pedagogiche del Movimento delle Donne Contadine a Santa Catarina, situata nelle relazioni che ho costruito con le mie interlocutrici di ricerca. In particolare, la tesi si sviluppa in tre parti, a loro volta suddivise in capitoli. La prima parte è dedicata alle contestualizzazioni teoriche, metodologiche e storiche della ricerca, in un processo di graduale approssimazione all'oggetto di studio. Nella seconda parte, entro nel merito delle pratiche politico-pedagogiche del movimento, soffermandomi sull'interpretazione dei processi educativi formali e, specialmente, informali e non formali, alla luce di tre concetti pedagogicamente densi: impegno, conflitto, trasformazione. Nella terza parte, infine, argomento le implicazioni pedagogiche dell'agroecologia – che attualmente costituisce il nucleo centrale delle lotte del movimento – in chiave femminista e decoloniale. A partire da un processo intersoggettivo di elaborazione della conoscenza, che ha coinvolto me e alcune altre donne in contesti, luoghi e tempi specifici, ho inteso offrire un contributo alla costruzione di una pedagogia dei movimenti sociali, nascente in Brasile – dove affonda le radici nel pensiero di Freire – e quasi del tutto assente in Italia – nonostante alcuni fondamentali antecedenti siano rintracciabili nella tematizzazione del nesso tra pedagogia e politica ad opera delle esperienze storiche di pedagogia popolare (la scuola di Barbiana, il centro Mirto a Partinico, il movimento nonviolento) e delle pedagogie critiche (per citarne alcune, il pensiero gramsciano, il Problematicismo, la Pedagogia della Differenza Sessuale).
Through which dimensions does the educational significance of social movements find its own expression? What kind of learning can be built together in their inside? How can the process of the assumption of a socio-political commitment take place? What kind of conflicts does it open and at what levels? What kind of transformations does it generate in people's lives and communities? These are just some of the several starting questions of the collaborative ethnography-based study that I have carried out together with the Peasant Women's Movement in the State of Santa Catarina (Brazil) and that has allowed me to pass through two different national-academic contexts, thanks also to a joint supervision between the University of Verona (Italy) and the Federal University of Santa Catarina (Brazil). The focus on the Peasant Women's Movement ― which arose in Santa Catarina in 1983 and established itself in 2004 on a national level ― starts from an interest in the political-pedagogical practices and thoughts that arise from the commitment of women's communities in the most peripheral and unknown places. In this study, starting from a theoretical perspective, that interweaves the various contributions of the Freirean popular pedagogy, the Italian difference-feminism, and the Latin American decolonial thought, I propose a hermeneutics of the political-pedagogical practices of the Peasant Women's Movement in Santa Catarina, and this hermeneutics finds its location in the relationships between me and my interlocutresses. In particular, this study is made up of three main parts, each one subdivided into various chapters. The first part is dedicated to a theoretical, methodological, and historical contextualization in a process of a stepped approximation to the subject-matter of the study. In the second part, I go deep into the political-pedagogical practices of the Peasant Women's Movement, with a focus on the interpretation of formal, informal and non-formal educational processes in the light of three main pedagogical concepts: commitment, conflict, and transformation. In the third part, I argue about the pedagogical implications of agroecology ― which nowadays forms the core of the struggles of the Peasant Women's Movement ― in a feminist and decolonial point of view. Starting from an inter-subjective process of knowledge construction, which involved both me and some other women in specific contexts, places, and times, I tried to offer a contribution to the construction of an pedagogy of social movements. This pedagogy is emergent in Brazil, where has its roots in Freire's thought, and is almost absent in Italy – despite some fundamental precedents can be found in the theming process of the link between pedagogy and politics by some historical experiences of popular pedagogy (the school of Barbiana, the center Mirto in Partinico, the nonviolent movement) and by critical pedagogy (among them: the thought of Antonio Gramsci, the Problematicism, the Pedagogy of Sexual Difference).
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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Abstract:
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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Books on the topic "Pensiero della differenza sessuale"

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Adriana, Cavarero, and Diotima (Research group), eds. Il pensiero della differenza sessuale. Milano: La Tartaruga, 2003.

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2

Brisca, Lidia Menapace. Economia politica della differenza sessuale. 2nd ed. Roma: Ed. Felina, 1988.

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3

Roze, Etienne. Verità e splendore della differenza sessuale. Siena: Cantagalli, 2014.

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4

Chizzola, Flaminia. La relazione umana alla luce della differenza sessuale. Milano: Giuffrè, 2012.

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5

Materia luce forma nel pensiero della differenza. Milano: C|E Contemporary, 2017.

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6

Forcina, Marisa. Dalla ragione non totalitaria al pensiero della differenza. Cavallino di Lecce: Capone, 1990.

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7

Fedele, Maria Rita. L'indifferenziato: Nuova sfida della bioetica : profili di una filosofia della differenza sessuale. Roma: Aracne, 2012.

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8

Donne di passioni: Personagge della lirica tra differenza sessuale, classe e razza. Spoleto (PG) [i.e. Perugia, Italy]: Editoria & spettacolo, 2011.

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9

Tommasi, Wanda. I filosofi e le donne: La differenza sessuale nella storia della filosofia. Mantova: Tre lune, 2001.

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10

Marzano, Silvia. Lévinas, Jaspers e il pensiero della differenza: Confronti con Derrida, Vattimo, Lyotard. Torino: S. Zamorani, 1998.

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Book chapters on the topic "Pensiero della differenza sessuale"

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Kahlert, Heike. "Differenz, Genealogie, Affidamento: Das italienische ‚pensiero della differenza sessuale ‘in der internationalen Rezeption." In Handbuch Frauen- und Geschlechterforschung, 91–98. Wiesbaden: VS Verlag für Sozialwissenschaften, 2004. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-322-99461-5_12.

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2

Kahlert, Heike. "Differenz, Genealogie, Affidamento: Das italienische ‚pensiero della differenza sessuale‘ in der internationalen Rezeption." In Handbuch Frauen- und Geschlechterforschung, 94–102. Wiesbaden: VS Verlag für Sozialwissenschaften, 2008. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-531-91972-0_12.

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