Academic literature on the topic 'Partecipazioni statali'

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Journal articles on the topic "Partecipazioni statali"

1

Calza Bini, Paolo, Caterina Cortese, and Alberto Violante. "Interconnessioni tra sviluppo economico e demografico nel declino urbano: il caso di Genova." ARGOMENTI, no. 29 (October 2010): 105–31. http://dx.doi.org/10.3280/arg2010-029005.

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Abstract:
Il paper analizza gli effetti del de-popolamento urbano. La letteratura degli anni ottanta aveva giŕ chiarito alcuni punti rispetto al radicamento storico del decremento demografico nel pattern locale di riproduzione familiare. La deindustrializzazione precoce dovuta alla fine delle partecipazioni statali, provocň la fine delle migrazioni interne. Numerose politiche di rigenerazione hanno puntato a riorientare la crescita della cittŕ verso un'economia trainata dai servizi turistici e culturali. I risultati da un punto di vista socio-economico sembrano ambigui.
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2

Guarna Assanti,, Emanuele, and Giacomo Di Martino. "La Cassa depositi e prestiti quale asset strategico per lo sviluppo economico nazionale." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 2 (July 2022): 128–48. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-002008.

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Abstract:
L'articolo, dopo aver analizzato l'assetto organizzativo e le funzioni gradualmente assunte da Cassa depositi e prestiti, si sofferma sulle più recenti innovazioni legislative, delineando ruolo e funzioni di Cdp in relazione agli eventi che hanno caratterizzato l'ultimo decennio, dunque analizzando il crescente ruolo di centro istituzionale di gestione di numerose partecipazioni statali, di soggetto promotore dell'innovazione nell'ambito del circuito europeo delle National promotional banks e infine delineando il ruolo di Cdp in relazione agli obiettivi posti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza
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3

Doria, Marco. "La fabbrica tra economia, società e politica. Il controverso bilancio dell'Ilva di Taranto." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 295 (May 2021): 253–68. http://dx.doi.org/10.3280/ic295-oa3.

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Abstract:
Il centro siderurgico di Taranto ha avuto e ha una grande importanza nella storia industriale italiana. A esso sono stati dedicati studi approfonditi. In queste pagine, ripercorrendo quanto emerge da tali studi così come dalla più recente storiografia sull'impresa pubblica in Italia e sull'Iri, si proporranno alcune considerazioni sul ruolo della siderurgia nell'economia italiana, sulla parabola delle partecipazioni statali e il loro rapporto con la politica, sulle politiche perseguite nel secondo dopoguerra per ridurre i divari tra Nord e Sud. Si guarderà anche ai contenuti e ai toni del dibattito pubblico su tali questioni. Le scelte di volta in volta compiute e le diverse posizioni assunte saranno storicamente contestualizzate. Molti degli interrogativi che questa storia solleva hanno ancora oggi bisogno di risposte adeguate ai tempi.
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Stentella, Danilo. "Azienda pubblica e finanziamento pubblico dei partiti politici." ECONOMIA PUBBLICA, no. 2 (June 2022): 233–53. http://dx.doi.org/10.3280/ep2022-002002.

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Abstract:
La reintroduzione in Italia di un meccanismo di finanziamento pubblico dei partiti politici, la cui entità venisse collegata direttamente e in via almeno prevalente a una percentuale significativa degli utili generati dalle partecipazioni statali, potrebbe determinare da parte dei leader politici una maggiore propensione alla scelta di management capace e l'adozione di un efficace sistema di verifica delle procedure di gestione di questo patrimonio pubblico. Si potrebbe ridimensionare drasticamente per questa via la piaga apparentemente endemica e cronica del clientelismo dei colletti bianchi di alto livello e realizzare contestualmente una gestione della proprietà pubblica più efficiente, di tipo finalmente privatistico, se proprio vogliamo assegnare a questa categoria una valenza cogente. Le riforme di politica economica introdotte negli ultimi decenni dai governi dei paesi più industrializzati sono state fortemente condizionate dalla dottrina del New Public Management, un approccio radicale, capace di compromettere l'integrità strutturale ed etica del settore pubblico subordinando la giustizia sociale all'efficienza economica, una trasformazione caratterizzata dal taglio della spesa pubblica che ha travolto anche un fondamentale istituto del sistema democratico, i partiti politici. Purtroppo i trascorsi delle imprese pubbliche hanno fortemente agevolato quelle riforme, in quanto per un certo periodo storico queste hanno mostrato una tendenza cronica alla bassa produttività, rispetto alle imprese private, anche a causa delle politiche clientelari e dell'uso intensivo del fattore lavoro. Poiché elementi di servizio pubblico ed elementi di business convivono soprattutto nel settore delle public utilities, potenzialmente capace di generare reddito, le imprese pubbliche possono rappresentare un'utile e prudente forma di diversificazione dei ricavi per la finanza pubblica, in grado di ridurre sensibilmente i rischi di liquidità, ancor di più in un contesto storico di crisi finanziarie ed economiche internazionali ricorrenti. Il finanziamento pubblico dei partiti politici è stato introdotto nel 1974 con la L. 195/1974 per contrastare le collusioni con i grandi poteri economici, già sorte negli anni precedenti. È stato completamente abolito con D.L. 149/2013, convertito in L. 13/2014, lasciando spazio ad una crescente attività di lobbying e finanziamento indiretto ai partiti. La domanda a cui questo elaborato cerca di rispondere è: può l'azienda pubblica essere gestita in modo efficiente dallo Stato, produrre entrate e servizi per la comunità, senza dare luogo a risultati di gestione cronicamente negativi e contribuire a finanziare il diritto costituzionalmente garantito di organizzarsi in partiti politici, finanziando il loro meccanismo?
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Pedrabissi, Stefania. "L'intervento dello Stato e la nazionalizzazione nel trasporto aereo." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 30 (September 2020): 136–47. http://dx.doi.org/10.3280/dt2020-030010.

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Abstract:
Il segmento del trasporto aereo nazionale è un settore economico da sempre caratterizzato dalla pervasiva presenza dello Stato. Il processo di liberalizzazione voluto dall'Unione Europea e la conseguente privatizzazione che, nel nostro Paese ha coinvolto anche l'ex compagnia di bandiera, ha condotto a una progressiva ma consistente riduzione della partecipazione statale nell'esercizio dell'attività di impresa di trasporto aereo. La pandemia da Covid-19, preceduta dalla crisi economica, ha posto le premesse per un "ritorno" a significative forme di intervento pubblico. Lo scritto si pone l'obiettivo di riflettere sulle recenti evoluzioni in materia di trasporto aereo osservando la complessa vicenda dal filtro nazionale del ruolo statale.
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Landoni, Matteo. "Una multinazionale a partecipazione statale: trasformazione e internazionalizzazione dell'industria aerospaziale italiana (1969-2007)." IMPRESE E STORIA, no. 43 (October 2021): 80–103. http://dx.doi.org/10.3280/isto2021-043005.

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Greca, Rainer. "Strategie d'impiego neo-liberali - responsabilitŕ sociale d'impresa o getting more from less? Il caso della Germania." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 127 (September 2012): 223–42. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-127014.

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Abstract:
Uno dei principali argomenti del pensiero neo-liberale si basa sul fatto che il mercato č un'istituzione migliore, rispetto ad interventi o regolamentazioni statali, per aumentare il livello di benessere comune. Misure politiche europee - definite da questa ideologia - incoraggiano i governi a promuovere, e le imprese a favorire, iniziative di responsabilitŕ sociale d'impresa (Rsi) e cittadinanza aziendale (Ca), in quanto strumenti appropriati per migliorare il lavoro e le condizioni di vita. Nel saggio, attraverso risultati emersi da ricerche dell'autore e analisi di dati, si mostra che la conseguenza di queste politiche spesso č un'intensa partecipazione nella Rsi e nella Ca prevalentemente nel settore delle Pr o in attivitŕ di interesse pubblico, mentre le politiche neo-liberali e strategie di business provocano una crescita della disoccupazione, dei lavori precari, dell'intensificazione del lavoro ("getting more from less") e addirittura della tratta di persone.
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"Appendice di Osservatorio italiano. Leggi, regolamenti e decreti statali." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 3 (December 2011): 1–13. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-003022.

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Abstract:
Decreto legislativo 1.9.2011 n. 150 - Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'art. 54 della legge 18.6.2009 n. 69 9. Decreto Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11.7.2011 - Determinazione del contingente annuale 2011, relativo all'ingresso di cittadini stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale e tirocini formativi Circolari - Cittadini extracomunitari Minori Ministero interno novembre 2011 - attuazione delle previsioni contenute nell'art. 32 del d.lgs. 286/98 e successive modificazioni.
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Zurlo, Marco. "TESSERAMENTO SPORTIVO E CITTADINANZA." Diritto Dello Sport 1, no. 1 - 2020 (July 14, 2020). http://dx.doi.org/10.30682/disp0101c.

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Abstract:
Il lavoro ha ad oggetto l'analisi del rapporto tra cittadinanza e tesseramento, alla luce delle limitazioni al tesseramento di atleti stranieri contenute in numerosi regolamenti federali. Dette disposizioni, se da un lato sono finalizzate alla tutela del movimento sportivo nazionale, dall’altro rischiano di porsi in contrasto con alcuni dei valori cardine dello stesso ordinamento sportivo, primo fra tutti il principio di partecipazione all’attività sportiva da parte di chiunque in condizioni di parità, enunciato dall’art. 16 del d.lgs. n 242 1999. L’articolo mette in rassegna, in primo luogo, l’evoluzione giurisprudenziale che ha sancito l’operatività di un principio generale di non discriminazione in materia di tesseramento e, successivamente esamina due recenti interventi del legislatore statale che hanno interessato nello specifico la disciplina del tesseramento dei minori stranieri, per concludere, infine, con una serie di riflessioni circa l’esistenza di un diritto assoluto al tesseramento azionabile nei confronti delle Federazioni.
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Dissertations / Theses on the topic "Partecipazioni statali"

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Chemello, Lorenzo <1986&gt. "Sindacati e Partecipazioni statali. Il caso Lanerossi-ENI (1959-1973)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/2282.

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Abstract:
Tesi di ricerca sugli eventi e le lotte sindacali che si sono svolte alla Lanerossi di Schio in un lasso di tempo che ha visto l'azienda passare in mano pubblica, con l'Eni, ed affrontare gli anni della contestazione attraverso piani di ristrutturazione piuttosto pesanti.
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ROSOLEN, Giulia. "Giovani che non studiano e non lavorano in Europa e negli Stati Uniti : risposte attuali e proposte per una nuova politica della partecipazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2015. http://hdl.handle.net/10446/32809.

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Romeo, Salvatore. "La siderurgia pubblica italiana nel Mercato comune europeo (1956-1995)." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11562/718361.

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Abstract:
Il presente lavoro indaga l'evoluzione della siderurgia pubblica italiana - ossia del gruppo Finsider e delle sue successive evoluzioni - dall'entrata in vigore del Mercato comune europeo alla definitiva privatizzazione delle imprese a partecipazione statale. Fondata nel 1937 per gestire le attività siderurgiche acquisite da Iri a seguito dell'operazione di salvataggio delle grandi banche di interesse nazionale, nel secondo dopoguerra Finsider venne rilanciata con un ambizioso programma di investimenti, il cosiddetto "Piano Sinigaglia". Il quadro all'interno del quale il gruppo pubblico si trovava ad operare subì una modificazione sostanziale a partire dal 1951, quando anche l'Italia decise di partecipare alla costituzione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca). Da quel momento un'industria storicamente beneficiaria di politiche protezioniste si trovò a dover competere con le realtà ben più avanzate del nord Europa. Questo evento ha condizionato significativamente la successiva evoluzione della siderurgia italiana, in generale, e di quella pubblica, in particolare. L'adesione dell'Italia alla Ceca ha posto in essere una sorta di "vincolo esterno" col quale la dirigenza della siderurgia pubblica è stata costantemente tenuta a fare i conti nel corso dei successivi decenni. La considerazione data a questo elemento è ciò che maggiormente contraddistingue la lettura proposta in questo lavoro rispetto alla letteratura precedente sul tema. La creazione del mercato unico è avvenuta in presenza di un significativo divario di partenza fra le siderurgie comunitarie. In quanto late comer l'Italia ha mostrato a lungo uno squilibrio fra livelli relativamente arretrati di capacità produttiva e di efficienza e una dinamica della domanda più vivace rispetto al resto della Comunità; contestualmente, negli altri paesi dell'area il settore ha raggiunto presto un grado di relativa maturità, evidenziato da una latente situazione di sovracapacità, esplosa negli anni '70. Da queste differenze sono derivate le dinamiche strutturali che hanno caratterizzato il mercato siderurgico comunitario nel corso del trentennio successivo all'istituzione della Ceca: in particolare, l'Italia è stata sistematicamente costretta a fronteggiare importanti flussi di importazioni dal resto della Comunità, più intensi nelle fasi di flessione congiunturale. A questa sfida Finsider cercò di rispondere seguendo due direttrici non sempre convergenti: da una parte, adeguando la struttura produttiva esistente ai livelli di efficienza vigenti presso i concorrenti europei e, dall'altra, ampliando la capacità produttiva per soddisfare il crescente fabbisogno interno. Ne derivarono, fra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '70, almeno due imponenti cicli di investimenti (creazione e raddoppio dello stabilimento di Taranto, ampliamento degli altri siti). A fronte degli sforzi realizzati dalle aziende Finsider, non vi fu tuttavia un'adeguata copertura finanziaria da parte dell'azionista pubblico; oltretutto, le unità del gruppo furono interessate dalla lunga stagione di conflittualità operaia degli anni '70. L'ampio ricorso ad indebitamento per finanziare i piani di sviluppo, le difficoltà incontrate e gli errori commessi nella realizzazione degli stessi e nella successiva gestione degli impianti costituirono, in una situazione di mercato resa quanto mai tesa dalla crisi degli anni '70, i fattori da cui si originarono in buona parte le perdite che interessarono in misura crescente la siderurgia pubblica in quel frangente. Tale scenario subì un'accelerazione nel decennio successivo, a seguito di una recessione dei consumi ancora più intensa e di profonde mutazioni delle politiche monetarie a livello globale e dei rapporti di cambio (rivalutazione del dollaro e costituzione dello Sme - Sistema monetario europeo). Finsider si trovò così a scontare un progressivo degrado del rapporto costi/ricavi. Sul fronte dei costi, il nuovo corso della valuta statunitense determinò il rincaro delle materie prime, mentre il repentino incremento del costo del denaro - in Italia particolarmente significativo a causa della politica perseguita da Banca d'Italia - incise sulla voluminosa massa di debiti del gruppo generando una crescita esponenziale degli oneri finanziari. Sul piano dei ricavi, la sfavorevole situazione di mercato fu accentuata dalla rivalutazione reale che in quel frangente la Lira maturò rispetto alle altre valute comunitarie a causa dei meccanismi di funzionamento dello Sme. In queste circostanze gli unici piani su cui la dirigenza Finsider aveva margini di manovra erano, da una parte, l'efficientamento degli impianti e delle pratiche operative e, dall'altra, i rapporti con la manodopera. Nonostante i progressi maturati in queste direzioni, il gruppo subì perdite enormi, la cui copertura fu resa possibile solo dal massiccio intervento finanziario delle autorità pubbliche. Gli "aiuti di Stato" percepiti da Finsider furono oggetto della disciplina inaugurata nel frattempo dalla Commissione europea per fronteggiare la crisi dell'intera siderurgia comunitaria. Essi vennero così vincolati a robusti tagli di capacità produttiva e alla progressiva privatizzazione di parti del gruppo. La struttura della siderurgia pubblica subì in questo modo un significativo ridimensionamento, che tuttavia non ne scongiurò il fallimento. La Finsider venne messa in liquidazione nel 1987 e le sue attività principali furono trasferite a una nuova azienda pubblica, Ilva. Il definitivo smantellamento, allo scorcio degli anni '80, della complessa struttura di regolamentazione del mercato imposta dalle autorità europee all'inizio del decennio pose gli operatori del settore in una situazione di aperta concorrenza quando ancora la situazione di sovracapacità in cui si era dibattuta fino ad allora la siderurgia europea non era stata del tutto superata. In questo contesto si attivò un processo di selezione spontanea caratterizzato da due tendenze fondamentali: da una parte, le realtà più avanzate presero a praticare politiche commerciali aggressive per scalzare i concorrenti più deboli; dall'altra, andarono maturando processi di concentrazione di amplissima portata. La dirigenza di Ilva cercò di affrontare tali circostanze esprimendo un'azione non del tutto coerente: limitando le vendite per non esporsi ai ribassi di prezzo determinati dall'atteggiamento ostile dei concorrenti e, al contempo, acquisendo partecipazioni in società commerciali per ampliare le rispettive quote di mercato. Tale strategia fallì: gli investimenti sostenuti per acquisire un maggiore controllo a valle della produzione in assenza di coperture adeguate produssero un rilevante incremento dell'indebitamento proprio mentre i tassi di interesse vigenti nel nostro paese raggiungevano picchi storici. Contestualmente a Ilva non riuscì di concretizzare ipotesi di alleanze o acquisizioni con grandi gruppi esteri. La nuova crisi che colpì la siderurgia pubblica andò ad inscriversi in una delle fasi più turbolente della storia economica d'Italia. A partire dalla fuoriuscita dallo Sme, nel settembre 1992, il sistema economico italiano maturò modificazioni radicali. In particolare, prese le mosse un processo di privatizzazione di vastissima portata. La siderurgia ne fu pienamente coinvolta: su impulso delle autorità comunitarie il governo italiano procedette alla rapida dismissione delle partecipazioni statali nel settore. Fra 1992 e 1996 Ilva fu segmentata in quattro società (Acciaierie Piombino, Ilva laminati piani, Acciai speciali Terni e Dalmine), cedute a loro volta ad altrettanti gruppi privati (rispettivamente Lucchini, Riva, Krupp e Rocca). In questo modo la siderurgia italiana arrivava alle porte del nuovo millennio con una struttura di gran lunga più frammentaria rispetto a quella emersa nel frattempo presso gli altri paesi europei, dove imponenti processi di concentrazione avevano dato vita a società in grado di dominare il mercato comunitario.
This work analyzes the evolution of Italian public steel industry - namely, Finsider group and its subsequent evolutions - from the implementation of European Common Market (ECM) to the privatization of the public firms of the sector. Finsider was founded in 1937 in order to manage the line of business in steel sector acquired by IRI after the bailout of the biggest national banks; in the second post world war Finsider was restructured through an ambitious plan of investments, the "Piano Sinigaglia". The framework in which the public management had to operate was subject to a deep modification since 1951, when Italy decided to participate in the constitution of the European Community of Coal and Steel (ECCS). From then, the sector, usually benefited from protectionist policies, had to compete with more and more advanced competitors of Northern Europe. This event strongly affected the subsequent evolution of Italian steel industry, particularly for what concerns the public one. The participation of Italy to the ECCS became a "vincolo esterno", an element that public management constantly had to manage. The key role given to this factor differentiate this work from the previous literature on the topic. There were important gaps among ECCS steel industries when the common market was created. As a late comer, and compared to other ECCS countries, Italy had for a long time a limited productive capacity and efficiency, and a very dynamic demand. At the same time, in these countries, the steel industries became mature, with a latent problem of overcapacity, that exploded during the 70s. These differences explain the structural dynamics that characterized the ECCS steel market in the three decades after the creation of ECCS. In particular, Italy was constantly under the pressure of import from others ECCS countries, especially during downturns. Finsider handled this challenge with two strategies: on the one hand, it started a revamping of plants to adequate themselves at the efficiency level of other European countries; on the other hand, it augmented the productive capacity to respond to an increasing domestic consumption. This led to two important wave of investment, from the 50s to the beginning of 70s, (building and revamping of steel plant in Taranto, revamping of other plants). Despite this efforts, the State didn't provide adequate financial resources; moreover, the plants of the group was interested by the working class struggle that characterized the 70s in Italy. The debts contracted to finance development programs, the difficulties and the mistakes in their implementation and into the inadequate management of these plants, in addition to the market tensions of the 70s led to the important losses of public steel company in that period. In the successive decades, this scenario was exacerbated by a stronger reduction in consumption levels, together with important changes in monetary and exchange rate policies (revaluation of the dollar and creation of European Monetary System - EMS). Then, Finsider faced a constant deterioration of the ratio costs/revenues. For what concerns costs, it experimented an increase of the prices of raw materials due to the revaluation of the dollar, while the rapid increase of interest rate, due to the Banca d'Italia policies, generated a sharp increase of finance charge. For what concerns revenues, the negative trends were emphasized by the revaluation in real terms of Lira, caused by mechanisms that characterized the EMS. In this situation, the Finsider management had only few opportunities: first, the increase in the level of efficiency of plants and productive process; second, the changes in industrial relations. Despite achievements, the group faced important losses, that was granted by a massive public intervention. This intervention was under the scrutiny of European Commission, that regulated State aids to face the crises of the whole steel sector in ECCS. Important reduction of productive capacity and a progressive privatization in the steel industry were imposed. As a consequence, public steel sector was sensibly reduced; despite this, Finsider was liquidated in 1987 and its main lines of business were transferred to a new public firm, Ilva. At the end of the 80s, the deregulation of the steel market in Europe led to a situation of strong competition for players; meanwhile, the problems of overcapacity that characterized the European steel market until that moment were still unresolved. In this context a spontaneous selection process took place, described by two main trends: on the one hand, the most competitive companies implemented aggressive commercial policies to eliminate the weaker competitors; on the other hand, strong concentration processes began. The Ilva management tried to face this situation with a not completely coherent strategy: limiting the sales in order to reduce the impact of the fall in prices generated by the behaviour of competitors, and at the same time, acquiring shares in trading companies to increase its market shares. This strategy was unsuccessful: the investments oriented to increase vertical integration, without proper financial resources, generated an increase in indebtedness, exactly when a peak in interest rate was registered in Italy. At the same time, Ilva didn't realized any alliance or acquisition of foreign competitors. The new crisis hit the public steel industry in one of the most critical periods of Italian economic history. Since the exit from the EMS, in 1992, the Italian economic system carried out radical changes. In particular, an important process of privatization began. The steel industry was totally involved by this process: under the impulse of European Commission the Italian government rapidly dismissed the public shares in this sector. From 1992 to 1996 Ilva was divided into four parts (Acciaierie Piombino, Ilva laminati piani, Acciai speciali Terni e Dalmine), that were sell to as many private companies (respectively, Lucchini, Riva, Krupp e Rocca). In that way, the Italian steel industry at the beginning of the new millennium was characterized by a higher degree of fragmentation when compared to other European countries. In fact, in these countries, very important processes of concentration generated big companies, able to dominate the European market.
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CARDONE, PAOLO EMILIO. "Partecipazione al mercato del lavoro degli over 50: age management e strategie di formazione continua." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/1241298.

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Abstract:
L’invecchiamento della popolazione è un processo irreversibile e un cambiamento globale senza precedenti che l’umanità intera deve affrontare e gestire. Secondo le previsioni delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050 le persone con oltre 60 anni saranno quasi 2 miliardi (World Health Organization 2012, 6). Le cause sono riconducibili a due importanti fattori: il calo delle nascite e il progressivo allungamento della vita, i quali stanno provocando una graduale ma inevitabile riduzione della quota di popolazione giovane a vantaggio di quella più adulta. Prenderne atto costituisce solamente il primo passo verso la consapevolezza che queste dinamiche demografiche stanno mutando non solo la struttura della popolazione, ma anche quella della società con tutti i rapporti e le relazioni che in essa avvengono. In una sorta di reazione a catena sociale, sono destinate a cambiare anche le strutture produttive, gli schemi culturali, il welfare, i consumi, il mercato del lavoro, i rapporti intergenerazionali: in sostanza va progressivamente ripensata l’intera società in vista delle sfide che si dovranno necessariamente affrontare. In particolare, l’aumento dell’età di una popolazione pone questioni importanti in relazione ai riassetti del mercato del lavoro e dei sistemi pensionistici (questi ultimi non sono oggetto di studio nella ricerca). Infatti, la combinazione tra i fattori demografici precedentemente descritti, le barriere all’ingresso delle giovani generazioni e gli interventi volti a ristabilire l’equilibrio finanziario del sistema pensionistico pubblico (la cosiddetta riforma Fornero del 2011), ha profondamente ridisegnato la struttura per età del mercato del lavoro italiano degli ultimi venti anni circa, contribuendo alla crescita dell’offerta di lavoro collocata nella seconda parte della carriera lavorativa. Il presente contributo concentra l’analisi sugli effetti che l’invecchiamento sta producendo sulla forza lavoro e nel mercato del lavoro, tentando di riflettere su alcuni aspetti intorno ai quali si sta declinando il discorso sul rapporto fra policy, invecchiamento e mercato del lavoro, nell’ottica di approfondire le trasformazioni in corso, sui problemi aperti di cui danno riscontro le statistiche inerenti il mercato del lavoro. In questo contesto, la ricerca è divisa in tre parti. Nella prima si approfondiscono le principali definizioni della tematica oggetto di studio cercando di fornire anche un breve quadro demografico dello scenario italiano con l’utilizzo dei dati dell’Indagine Istat “Rilevazione sulle Forze di Lavoro”; la seconda esplora le modalità con cui le aziende hanno affrontato i recenti mutamenti demografici ed economici nonché le scelte gestionali adottate specificamente in relazione al fattore età attraverso i dati dell’Indagine Inapp “ La gestione della forza lavoro matura da parte delle piccole e medie imprese private italiane”; infine la terza analizza i risultati dell’Indagine Istat riguardante “La partecipazione degli adulti alle attività formative”, in quanto proprio queste ultime possono svolgere un ruolo chiave, non solo per contrastare il declino delle competenze, ma anche per favorirne l’aggiornamento e l’ampliamento costante, specialmente per la popolazione in età avanzata. In particolare, dall’indagine con oggetto le piccole medie imprese realizzata dall’Inapp emerge, sostanzialmente, che la composizione demografica dell’impresa non rappresenta un ostacolo allo sviluppo. Le PMI non considerano l’età un fattore determinante per il rendimento professionale di un lavoratore, mentre in fase di reclutamento del proprio personale le imprese privilegiano sia l’esperienza che le competenze professionali. L’esperienza viene spesso vista come garanzia di qualità e ciò è sottolineato dall’importanza della trasmissione della conoscenza e del saper fare: spesso infatti i lavoratori anziani istruiscono, attraverso corsi, i lavoratori in entrata. Nonostante la considerazione prevalentemente di “svantaggio”, con la quale viene percepito l’invecchiamento, cresca con l’aumentare della numerosità aziendale, proprio le imprese più grandi sembrano adottare comportamenti virtuosi in una prospettiva di sviluppo a lungo termine, nell’ottica dell’intero ciclo di vita lavorativo di ciascun individuo e delle politiche di gestione delle differenze. Tali comportamenti sono anche in linea con quanto auspicato dall’Unione Europea che ha posto l’accento sull’opportunità di sviluppare politiche in un’ottica di ciclo di vita, piuttosto che di target group isolati, seguendo un approccio orientato alla gestione dell’età e della diversità lungo tutto l’arco dello sviluppo professionale, che tenga conto dell’evolversi del rapporto fra individui, mercato del lavoro e vita familiare. Pertanto, nelle medie aziende e ancor di più in quelle di grandi dimensioni, è più probabile rilevare politiche e interventi strutturati rivolti all’età nell’ambito delle gestione delle risorse umane, nonché esperienze ispirate a criteri di responsabilità sociale e sviluppate in un’ottica di lungo periodo che contribuiscono alla costruzione dell’identità aziendale all’interno del sistema territoriale. In generale, a prescindere dalla dimensione aziendale, le imprese non vivono l’invecchiamento delle proprie risorse umane particolarmente come un problema, ma piuttosto come una risorsa per la crescita dell’intero sistema produttivo, considerandolo sostanzialmente un vantaggio, un’opportunità, e nel contempo individuano nella formazione uno degli strumenti principe dei processi ri-organizzativi e per lo sviluppo dei percorsi di carriera, anche se declinato in modalità differenziate in relazione alla tipologia aziendale. Il percorso che dovrebbero intraprendere le piccole e medie imprese, e che le grandi hanno già intrapreso, nell’affrontare il problema dell’invecchiamento dei lavoratori sembra caratterizzato da alcuni passaggi obbligati che vanno da una prima fase di sensibilizzazione al tema dell’ageing, una seconda con l’implementazione di interventi specifici, passando attraverso una fase propedeutica di analisi della composizione demografica del personale (mirata a identificare l’incidenza e le caratteristiche dei lavoratori più anziani, rispetto alla popolazione aziendale complessiva o in relazione alle altre generazioni di lavoratori), fino a una terza fase, altrettanto importante, di progettazione, attuazione e valutazione di “progetti pilota” e politiche mirate. Complessivamente, gli interventi analizzati sono riconducibili a tre tematiche prioritarie - formazione, valorizzazione dell’esperienza e sostegno al dialogo intergenerazionale - la cui finalità generale è quella di sostenere la redditività complessiva dell’impresa attraverso il mantenimento e il miglioramento della produttività dei lavoratori, specialmente quelli più maturi che generalmente rappresentano un costo più elevato. Infatti, l’attuale economia, in rapida trasformazione e sempre più rivolta all'innovazione, sta rendendo le competenze dei lavoratori obsolete più rapidamente che mai. Oltre ad aggiornare le proprie competenze per adeguarsi alle mutevoli esigenze, sta emergendo anche la domanda di nuove tipologie di capacità professionali. Le attività formative sono comunque abbastanza diffuse in un’ottica del lifelong learning quale strumento principale per il sostegno all’occupabilità della forza lavoro e alla competitività delle imprese. Ma tali attività non sono rivolte a tutti i dipendenti in egual misura: emerge infatti, sin dalle prime analisi, che la partecipazione alla formazione differisce tra gli adulti, a dimostrazione che sono presenti alcuni gruppi che richiederebbero politiche specifiche e mirate. A parte i non occupati, che nel presente lavoro non sono stati oggetto di studio, coloro che hanno il minimo accesso all'apprendimento sono i lavoratori vicini al pensionamento (over 50) e quelli con scarse qualifiche professionali. Inoltre, la partecipazione alla formazione professionale continua è positivamente correlata al livello di istruzione. A tal riguardo, l'indagine AES (Adult Education Survey) ha evidenziato come le motivazioni chiave e le barriere relative alla formazione siano correlate al lavoro. Se si considera che oltre il 60% dei percorsi di formazione non formale è finanziato o sponsorizzato dal datore di lavoro, la partecipazione e il ruolo del datore di lavoro nel fornire nuove opportunità di apprendimento sono di fondamentale importanza. Incoraggiare quindi i datori di lavoro, in particolare le piccole e medie imprese, a sviluppare opportunità di apprendimento è fondamentale. Se a volte è la mancanza di consapevolezza della necessità di apprendimento una delle ragioni principali che ostacola la partecipazione formativa, anche altri motivi sono molto frequenti: la mancanza di tempo a causa di responsabilità familiari e di orari di lavoro, la mancanza di risorse finanziarie, la lontananza da casa o dal luogo di lavoro, ragioni di salute e di età. Esempi di buone pratiche mostrano comunque approcci su come aumentare il livello di competenza dei lavoratori più anziani. In alcuni casi infatti, gli interventi formativi sono dedicati specificamente ai lavoratori meno giovani: si tratta principalmente di iniziative mirate all’aggiornamento di competenze tecniche in ambiti particolari (es. competenze informatiche, quando è molto forte la propensione all’innovazione tecnologica) o alla riqualificazione dei lavoratori più anziani nel ruolo di formatori (quando la cultura aziendale è orientata alla valorizzazione dell’esperienza). Valorizzare l'esperienza è infatti un fattore chiave per garantire il trasferimento delle conoscenze tra le generazioni e per individuare le attività in cui i lavoratori più anziani sono produttivi: è quindi anche utile per la capacità di innovazione di tutta l'azienda. Ciò che però ancora manca in Italia è una strategia sistematica di aggiornamento e incremento delle competenze degli adulti, in particolare dei senior. Cofinanziamento pubblico alle azioni formative dirette ai senior, diverse modalità di apprendimento, distribuzione temporale dell’azione formativa potrebbero fare da contrappeso a propensioni e atteggiamenti negativi degli individui e delle imprese verso il lifelong learning. Altrettanto importante è promuovere forme di flessibilità e di organizzazione del lavoro, tecnologie e modelli di cultura manageriale che consentano di valorizzare le competenze dei lavoratori anziani. In questo ambito, in tutta Europa si stanno sviluppando esperienze aziendali di successo sulla promozione dell’apprendimento intergenerazionale e della condivisione delle conoscenze tra i lavoratori giovani e anziani. Si tratta di un’attività complessa e dagli esiti non scontati, che richiede una forte disponibilità da parte delle aziende nello sviluppo di un’adeguata cultura di gestione delle risorse umane e di un sistema in grado di capitalizzare gli esiti dell’applicazione di strumenti di apprendimento intergenerazionale. In generale, sarà comunque fondamentale aumentare il livello di formazione professionale continua per i lavoratori in futuro, sia in termini di numero di ore, sia allargando la partecipazione ai gruppi che tendono purtroppo a rimanerne fuori più facilmente, i cosiddetti non learners. Oltre al livello di partecipazione in questa doppia veste, è importante sviluppare anche una cultura dell'apprendimento all'interno del posto di lavoro, individuando particolari esigenze di formazione. Il buon funzionamento del mercato del lavoro si basa su una corrispondenza precisa tra le competenze e le qualifiche formali dei lavoratori e quelle che i datori di lavoro cercano e richiedono. Molto spesso però vi è una carenza significativa di fabbisogni professionali in quanto, le qualifiche formali, pur essendo uno strumento importante per segnalare i livelli di abilità, sono a volte molto diverse dalle reali competenze del lavoratore e, nelle diverse occupazioni, non sono sufficienti a colmare l’incontro tra il fabbisogno di competenze reali e l’offerta di queste ultime. Di conseguenza, a causa di questa sorta di disallineamento, i responsabili politici e gli attori del mercato del lavoro spesso si trovano a contare su segnali imperfetti in tema di esigenze di competenze. Fortunatamente, sulla base delle raccomandazioni della Commissione Europea, nel 2012 sono state promosse misure per la validazione delle competenze acquisite al di fuori del sistema di istruzione formale e per convalidare quindi i percorsi di formazione non formale e di apprendimento informale, quali ad esempio la formazione in azienda, le risorse digitali, il volontariato, l'esperienza di lavoro e l'esperienza di vita in generale. Dal 2018 gli Stati membri, con l’ausilio della EAEA (European Association for the Education of Adults), hanno accettato di mettere in atto tali misure per la convalida delle esperienze (VNFIL - Validation of Non Formal and Informal Learning) degli individui, permettendo loro di ottenere una qualifica. Tali esperienze sarebbero legate alle qualifiche e in linea con il quadro europeo delle qualifiche con norme equivalenti a quelle utilizzate per l’istruzione formale. A parte alcune problematiche (quali l'accettazione professionale di convalida che resta in molti paesi inferiore rispetto all'accettazione dell’istruzione formale, il livello di burocrazia e i costi di validazione), la convalida di queste competenze è particolarmente rilevante per le persone con qualifiche basse, i disoccupati, coloro che sono a rischio di disoccupazione, chi ha bisogno di cambiare i propri percorsi di carriera, in generale per identificare ulteriori esigenze di formazione ed eventuali opportunità di riqualificazione professionale. Infatti, un sistema di istruzione/formazione ben progettato, efficiente, accessibile e con forti legami con il mercato del lavoro, è di cruciale importanza per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di competenze richieste e per dedicare particolare attenzione a quei lavoratori particolarmente svantaggiati analizzati precedentemente. A tal proposito, l’Istat ha reso noto che l’intero sistema statistico sull'istruzione e formazione, nel quale è inserita l’indagine sulla partecipazione degli adulti alle attività formative (AES), è in continua evoluzione e in futuro sarà disponibile il nuovo regolamento comunitario. Le principali innovazioni metodologiche, concordate nell'ottica di raccordare maggiormente le informazioni che attengono all'istruzione e alla formazione provenienti dall'Indagine AES, dall'indagine sulle Forze di lavoro e dall'Indagine CVTS (la Rilevazione sulla formazione del personale nelle imprese) saranno l’adozione della classificazione ISCED 2011 e la realizzazione dell’indagine AES ogni quattro anni invece di cinque. Riassumendo, questa è una sfida che l’Unione Europea, governi, imprese e lavoratori devono affrontare e superare, in quanto, a causa dei recenti cambiamenti demografici, la futura evoluzione del mercato del lavoro può essere sostenuta solo attraverso una maggiore produttività che si ottiene con un elevato livello di competenze e di misure di sostegno e di gestione dell’età. I programmi di formazione dovrebbero essere considerati come una parte fondamentale delle politiche attive del mercato del lavoro e quindi di responsabilità dei governi. Di conseguenza, i datori di lavoro potrebbero essere incoraggiati a impegnarsi in un continuo miglioramento delle competenze del proprio personale e a modernizzare le proprie politiche di reclutamento in accordo con i responsabili delle risorse umane rimuovendo le barriere relative all’età in fase di assunzione. Inoltre, è necessaria una forte motivazione da parte dei lavoratori stessi ad aggiornare le proprie competenze e, infine, vi è un ruolo particolare per l'Europa per quanto riguarda il riconoscimento transnazionale delle abilità, in quanto sono necessari sforzi legali e amministrativi per assicurare una corretta comparabilità tra i professionisti in termini di qualifiche ottenute e validità di diplomi conseguiti. Di conseguenza sono necessari efficaci investimenti in materia di istruzione e formazione per le competenze e l'attuazione di strumenti che favoriscano il loro sviluppo. Ciò richiede una prospettiva di lungo periodo, poiché, sulla base delle previsioni della futura domanda di mercato e coerentemente all’esigenza di investire nel capitale umano, è necessario infatti evidenziare anche la redditività dell’investimento formativo e dimostrare la sua efficacia, efficienza, le conseguenze e gli impatti non solo di ordine economico ad esso collegati. In conclusione, tutte le imprese, non solo le grandi, dovrebbero sviluppare strategie di age management. Prima di tutto incrementando l’utilizzo di strumenti per un “demographic check” aziendale e per una corretta “age structure analysis” in modo da poter sviluppare strategie ad hoc per ogni specifica situazione aziendale e misure di age management per aumentare la produttività, l’occupabilità e le condizioni lavorative. Non è un compito facile, in quanto purtroppo, la maggioranza delle aziende italiane è di piccole dimensioni e di conseguenza con un numero limitato di risorse umane da dedicare alle problematiche relative all’invecchiamento della forza lavoro. Comunque, a tal proposito, manuali e guide sulle buone pratiche di gestione dell’età dovrebbero essere diffusi su più larga scala. In secondo luogo, è fondamentale sviluppare in futuro una maggiore cultura della formazione durante tutto l’arco della carriera professionale per tutti i lavoratori, in particolare dopo i 50 anni, dove assume un ruolo fondamentale come misura di contrasto al declino delle competenze, abbracciando il messaggio che “non è mai troppo tardi per imparare”. L’auspicio è che il presente lavoro di ricerca, visto il continuo prolungamento della vita lavorativa, non solo possa contribuire ad una migliore comprensione delle misure di sostegno di gestione dell’età e dei modelli di partecipazione formativa, ma anche ad un ulteriore sviluppo di politiche di formazione e di buone pratiche di age management in grado di promuovere un più equo e inclusivo accesso degli over 50 al mercato del lavoro, considerando questi ultimi non più solo un problema ma anche una risorsa e un’opportunità da saper cogliere. Questo sarebbe il vero cambiamento.
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FABRIZI, FABRIZIO. "“Il congresso di Ginevra del 1867 per gli Stati Uniti d’Europa: il contributo italiano. La partecipazione delle personalità e delle associazioni risorgimentali democratico-socialiste all’evento fondativo della Lega Internazionale della Pace e della Libertà”." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1366619.

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Abstract:
Nella presente ricerca il Congresso di Ginevra, del settembre 1867, viene considerato come una emanazione del movimento pacifista europeo di metà Ottocento; in esso, però, all’obiettivo della pace si legava con maggior forza la necessità di un cambiamento sostanziale, in senso repubblicano, degli stati europei, espresso nella formula degli "Stati Uniti d’Europa", posizione che lo rendeva alternativo a quel primo movimento e lo poneva in netto contrasto con Francia e Prussia, le due potenze in costante tensione per l’egemonia in Europa. Il lavoro è introdotto da una premessa sull'ideale dell'unita europea e i primi movimenti pacifisti, ed in particolare si sottolineano le adesioni al Congresso di Ginevra di alcuni personaggi di rilievo tra i quali ricordiamo: V. Hugo, L. Blanc, A. Herzen, M. Bakunin, A. Goegg, Ch. Lemonnier, E. Acollas, J. Barnie, E. Quinet, Nel lavoro di ricerca si è messa in evidenza e valorizzata la partecipazione italiana al Congresso della pace - evento fondativo della "Lega Internazionale della Pace e della Libertà" (LIPL) che opererà insieme al suo settimanale "Les Etats-Unis d’Europe"sino al 1939 - attraverso tre elementi principali che riassumiamo per convenienza: 1) il significato e la presenza di Garibaldi come presidente onorario e la portata del suo intervento in assemblea che nella ricerca è presentata – diversamente dalle tante critiche sollevate - come perfettamente coerente con i presupposti e gli scopi del Congresso; 2) il contributo delle due società democratiche bolognesi: Società Operaia e Unione Democratica rappresentanti del primo movimento operaio di tipo repubblicano-mazziniano; 3) la presenza a Ginevra del circolo Libertà e Giustizia, prima associazione socialista in Italia, largamente ispirata alle idee di Bakunin ma con evidenti riferimenti anche all’esperienza di Pisacane. In proposito, la ricerca ha compiuto approfondimenti sugli altri due relatori italiani: il prof. G. Ceneri per le società bolognesi e l’avv. C.Gambuzzi per il circolo Libertà e Giustizia. La scelta di questi tre elementi ha permesso di operare delle comparazioni e di svolgere delle considerazioni in merito al tema in oggetto. Inoltre, la ricerca ha illustrato i ruoli e le posizioni assunti da altri protagonisti italiani, fra cui Mauro Macchi, Ippolito Pederzolli, Giovanni Pantaleo,Quirico Filopanti, Vincenzo Caldesi, SebastianoTanari, Gaspare Stampa. Il lavoro di ricerca ha confermato la rilevanza e la vivacità delle due realtà contraddistinte dalle rispettive differenti impostazioni. Le società bolognesi rappresentavano una forma evoluta di organizzazione operaia in ambito mazziniano-repubblicano. L’Operaia, era principalmente legata ad una funzione mutualistica ma ambedue avevano uno spiccato carattere politico. La società napoletana rappresentava invece una novità nel panorama politico italiano. Era l’espressione di un nuovo modello organizzativo ispirato al socialismo libertario di Bakunin, presente a Napoli fin dal 1865, come al pensiero di Carlo Pisacane che di quel gruppo fu l’originario protagonista. Anche in questo caso ne sono state seguite le vicende, dalla formazione fino alla trasformazione in sezione dell’AIL, nel gennaio 1869, oltre, ovviamente, alla sua partecipazione a Ginevra e in particolare, all’intervento del loro delegato, avv. Carlo Gambuzzi. A differenza delle due società bolognesi si è potuto osservare più da vicino il rapporto che il gruppo napoletano di Libertà e Giustizia avviò, dopo il congresso di Ginevra, con la Lega della Pace e della Libertà entrando a far parte del comitato centrale permanente. Allo stesso tempo le sue vicende si intrecciarono con quelle dell’AIL in cui il circolo partenopeo confluì successivamente al congresso bernese della Ligue (1868) ove le posizioni dell’anarchico russo furono messe in minoranza. In riferimento a queste organizzazioni il lavoro di ricerca sulla fonti archivistiche dei registri del ministero degli Interni e degli organi di polizia di Questura e Prefettura di Bologna e Napoli ha permesso di ricostruire in modo sistematico le attività delle tre associazioni prima, durante e dopo la loro partecipazione al congresso di Ginevra, fornendo un ulteriore contributo alla loro storia rispetto alla precedente letteratura La tesi ha messo in evidenza questi iniziali rapporti tra l’AIL e il nascente movimento operaio italiano e i nessi tra questo e la LIPL, organismo internazionalista della democrazia europea, che nei decenni successivi esercitò, non soltanto in Italia, una certa attrazione nei confronti di quelle organizzazioni operaie che non aderirono all’Internazionale di Londra (1864-1876) e, successivamente, a quella parigina, sorta sul finire degli anni ’80.
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PETRINI, Maria Celeste. "IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE: ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

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Abstract:
Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Abstract:
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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Books on the topic "Partecipazioni statali"

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Pennacchi, Laura. Razionalità e cultura: Pratiche manageriali nelle partecipazioni statali. Milano: Franco Angeli, 1990.

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Anselmi, Luca. Le partecipazioni statali oggi: Analisi delle condizioni di equilibrio aziendale. Torino: G. Giappichelli, 1994.

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3

Perrone, Nico. Il dissesto programmato: Le partecipazioni statali nel sistema di consenso democristiano. Bari: Dedalo, 1991.

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4

PCI, Convegno nazionale del. L' Intervento pubblico in economia: Il caso delle partecipazioni statali : Convegno nazionale del Pci, Commissione attività produttive. Milano, Italy: F. Angeli, 1987.

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5

Italy. Ministero delle partecipazioni statali., ed. Relazione programmatica delle partecipazioni statali per il 1984: Allegata, ai sensi dell'articolo 15 della legge 5 agosto 1978, n. 468, alla relazione previsionale e programmatica per l'anno 1984. Roma: Instituto poligrafico e Zecca dello Stato, 1985.

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Maria, Bergamin Barbato, ed. Il controllo economico finanziario nelle imprese a partecipazione statale. Padova: CEDAM, 1987.

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Cammelli, Marco. Le società a partecipazione pubblica: Comuni, province e regioni : legislazione statale e regionale, giurisprudenza, documentazione. Rimini: Maggioli, 1989.

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Pozzolini, Flavia, ed. Quando la giustizia incontra il minore. Florence: Firenze University Press, 2013. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-412-7.

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Questo volume raccoglie le relazioni del Convegno Quando la giustizia incontra il minore tenutosi a Pesaro l’11 maggio 2013. Il Convegno, che ha visto la partecipazione di giuriste e professioniste del settore, è stata un’importante occasione di dibattimento sui modi di una corretta audizione protetta dei minori, in tanti processi che li vedono coinvolti, e sulla conseguente necessità, nei tribunali, di locali adeguatamente attrezzati allo scopo. La realizzazione di aule di ascolto protetto nei tribunali italiani è stato il principale progetto nazionale del Soroptimist International d’Italia nel biennio 2011-2013; a oggi sono 40 le aule completate e ulteriori 10 sono in fase di realizzazione. Tale progetto è destinato a proseguire anche nel prossimo biennio. Il Soroptimist International è un’associazione femminile composta di donne con elevata qualificazione nell’ambito lavorativo che opera, attraverso progetti, per la promozione dei diritti umani, l’avanzamento della condizione femminile e l’accettazione delle diversità. Il termine deriva dalle parole latine soror e optima. Il primo Club Soroptimist è nato nel 1921 negli Stati Uniti; il primo club italiano è stato fondato nel 1928 a Milano. I Club italiani sono attualmente 143 con circa 6000 socie. Il SI d’Italia edita la rivista «La voce delle donne – Soroptimist news» e ha un sito istituzionale www.soroptimist.it. Con Prefazione del ministro Annamaria Cancellieri
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Baistrocchi, Elena, and Marco Zaccaroni, eds. 73° Congresso dell'Unione Zoologica Italiana. Florence: Firenze University Press, 2013. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-347-2.

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Abstract:
Il volume raccoglie i contributi al 73° Congresso dell’Unione Zoologica Italiana, svoltosi a Firenze nel settembre 2012 con il contributo organizzativo del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica “Leo Pardi”. Il Congresso, che ha visto un’ampia partecipazione di zoologi, anatomo comparati, biologi della riproduzione, etologi ed ecologi, si è aperto con la lettura plenaria di Marlene Zuk, dell’Università del Minnesota “Mate choice and thinkering with evolution” e si è articolato in quattro simposi: I “Dalle strategie sessuali al comportamento sociale (in onore di Tullia Zetto)”; II “Uso dello spazio, orientamento e migrazioni (in onore di Guido Tosi)”; III “Distruttori endocrini”; IV “Specie alloctone”. I Simposi sono stati arricchiti dalle relazioni invitate di Paolo Luschi, Gian Carlo Panzica e Piero Genovesi.
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Felici, Lucia, ed. Alterità. Florence: Firenze University Press, 2014. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-598-8.

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Abstract:
I contributi qui raccolti sono il frutto dei seminari organizzati dal Laboratorio di Storia moderna nel corso della sua decennale attività (2003-2013) nell’ambito del Dipartimento di Studi storici e geografici (ora SAGAS) dell’Università degli studi di Firenze. Il ciclo annuale dei seminari, dal titolo Temi e problemi di Storia moderna, mira a favorire il confronto e la riflessione critica nella comunità scientifica su argomenti di grande rilevanza storica grazie alla partecipazione di colleghi e giovani studiosi italiani e stranieri. Centrale nell’età moderna come nella contemporaneità, il tema dell’alterità è stato oggetto di diversi incontri. I saggi ricostruiscono momenti e aspetti significativi delle relazioni con l’‘altro’ nell’Europa moderna: modelli politici e paradigmi culturali, città di rifugio e istituti di conversione, atteggiamenti di integrazione e/o di esclusione verso ebrei, musulmani, musulmani, eretici, stranieri sono qui stati analizzati secondo lo ‘spirito pluralistico’ del Laboratorio.
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Book chapters on the topic "Partecipazioni statali"

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Luconi, Stefano. "Il voto degli italiani negli Stati Uniti: conservatorismo e bassa partecipazione." In Autopsia di un diritto politico, 127–44. Accademia University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.aaccademia.2690.

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Reports on the topic "Partecipazioni statali"

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Vallerani, Sara, Elizabeth Storer, and Costanza Torre. Considerazioni chiave: equità e partecipazione nella promozione della vaccinazione per il covid-19 tra le persone razzializzate e senza documenti. SSHAP, May 2022. http://dx.doi.org/10.19088/sshap.2022.025.

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Abstract:
Questo documento espone alcune considerazioni a proposito della promozione dei vaccini per il SARS-CoV-2 e delle strategie per garantirne un’equa distribuzione tra gli immigrati senza documenti residenti in Italia e, in particolare, a Roma. Quanto emerge dal caso italiano può essere in parte applicabile ad altri contesti in cui la somministrazione del vaccino è stata legata al dispositivo del “passaporto vaccinale”, ovvero il certificato COVID digitale dell'UE, in Italia Green Pass. Nell’organizzazione della campagna vaccinale alcune categorie sociali sono state identificate come “difficili da raggiungere” (hard to reach) e per cui è necessario immaginare interventi specifici.1 In questo testo si sceglie di parlare di persone razzializzate e illegalizzate poiché senza documenti per riferirsi a persone immigrate che non hanno cittadinanza, permesso di soggiorno e status di rifugiato. Questo documento esplora il contesto quotidiano delle vite delle persone illegalizzate e come l’esperienza della pandemia di COVID-19 abbia esacerbato le difficoltà che queste persone incontrano, 23 mettendo in luce il collegamento tra le vulnerabilità, consolidate ed emergenti, con la percezione dei vaccini. Si suggerisce come l’orientamento e la percezione dei vaccini si inseriscano all’interno dei contesti di vita delle persone, in cui molto spesso la priorità è data al sostentamento economico. In molti casi, l’accettazione della vaccinazione è motivata dalla necessità di continuare ad avere un lavoro retribuito piuttosto che a una preoccupazione connessa alla salute o a una fiducia nei confronti delle istituzioni sanitarie. Il seguente documento si pone l’obiettivo di esaminare come i vaccini possano essere distribuiti in modo equo e capace di aumentare la fiducia e i processi di inclusione nella società post-pandemica. Il testo si basa principalmente sulla ricerca etnografica e le testimonianze raccolte attraverso interviste e osservazioni con persone razzializzate e illegalizzate nella città di Roma, insieme a rappresentanti della società civile e operatori socio-sanitari tra dicembre 2021 e gennaio 2022. Questo documento è stato sviluppato per SSHAP da Sara Vallerani (Università di Roma Tre), Elizabeth Storer (LSE) e Costanza Torre (LSE). È stato revisionato da Santiago Ripoll (IDS, Università del Sussex), con ulteriori revisioni da parte di Paolo Ruspini (Università Roma Tre) ed Eloisa Franchi (Université Paris Saclay, Università di Pavia). La ricerca è stata finanziata dalla British Academy COVID-19 Recovery: G7 Fund (COVG7210058). La ricerca si è svolta presso il Firoz Lalji Institute for Africa, London School of Economics. La sintesi è di responsabilità di SSHAP.
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