Journal articles on the topic 'Ospedalizzazioni'

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Bosso, Giorgio, Mariarosaria De Luca, and Ugo Oliviero. "SGLT2 inibitori: dalla prevenzione al trattamento dello Scompenso Cardiaco." Cardiologia Ambulatoriale 29, no. 1 (May 30, 2021): 23–29. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-4.

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Abstract:
Gli inibitori del Costrasportatore Sodio-Glucosio 2 (SGLT2i) o gliflozine rappresentano i farmaci più innovativi nel trattamento del Diabete Mellito di tipo 2. Sono attualmente disponibili quattro molecole: Canagliflozin, Dapagliflozin, Empagliflozin and Ertugliflozin. La loro azione è basata sul blocco del Costrasportatore Sodio-Glucosio 2, che aumenta l’escrezione renale di glucosio, con conseguente natriuresi e diuresi, proporzionali ai livelli di glicemia plasmatica, ma indipendenti dall’azione insulinica. Il principale effetto collaterale è l’aumentata incidenza di infezioni del tratto urogenitale. Le gliflozine hanno mostrato straordinari benefici nei grandi trials di outcome cardiovascolare in pazienti con documentata malattia cardiovascolare o multipli fattori di rischio, con una riduzione significativa delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Questo effetto è stato confermato anche in pazienti affetti da scompenso cardiaco, con e senza diabete, collocando gli SGLT2i nell’armamentario terapeutico dei pazienti con insufficienza cardiaca. Diverse teorie sono state proposte per spiegare gli effetti benefici cardiovascolari degli SGLT2i eppure il preciso meccanismo d’azione non è ancora ben definito.
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2

Peri, Alessandro. "Differenze nell’associazione tra antidepressivi e ospedalizzazione dovuta a iponatremia." L'Endocrinologo 19, no. 1 (January 30, 2018): 59. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-018-0392-9.

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3

Albanese, M. C., P. Bernes, D. Caliandro, P. Goss, P. Udina, N. Salvatori, D. Gregori, A. Bulfone, P. Rossi, and P. M. Fioretti. "The SCOOP (SCOmpenso nella Ospedalizzazione Pubblica) trial in heart failure." European Journal of Heart Failure 2 (June 2000): 23. http://dx.doi.org/10.1016/s1388-9842(00)80081-1.

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4

Mearini, M., L. Demartini, M. Fontanella, M. Piccoli, F. Poggio, and C. Bonezzi. "Neurostimolazione spinale per il trattamento del dolore cronico: analisi dei costi di ospedalizzazione." Giornale Italiano di Health Technology Assessment 6, no. 1 (June 8, 2013): 23–33. http://dx.doi.org/10.1007/s40269-013-0002-4.

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5

Bonetti, Mirko, and Carla Melani. "La variazione geografica dei tassi di ospedalizzazione nelle piccole aree: il caso di Bolzano." MECOSAN, no. 110 (February 2020): 111–21. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2019-110006.

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Logias, F., M. J. Sequenza, A. Granata, and D. Soru. "Depressione e patologia renale: rassegna della letteratura e prospettive di intervento." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no. 4 (January 26, 2018): 8–13. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1166.

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Abstract:
La depressione nei pazienti affetti da patologia renale è un problema rilevante poiché essa è associata a un aumento del tasso di decesso e ospedalizzazione e a una riduzione della compliance. Il trattamento farmacologico si presenta come la terapia elettiva, tuttavia si riscontra una maggiore difficoltà nel trattare i sintomi depressivi che si presentano in comorbidità con la patologia renale rispetto a quando la depressione è l'unica patologia. Diverse ricerche mostrano che questo problema può essere affrontato attraverso un intervento integrato farmacologico e psicoterapeutico, il quale ha un effetto additivo nel trattamento di questa patologia. Per quanto riguarda la patologia renale diversi studi suggeriscono l'efficacia di un intervento psicoterapeutico nel trattamento dei sintomi depressivi, tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche che confrontino l'efficacia dei diversi approcci psicoterapeutici.
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Apicella, Matteo, Maria Cristina Campopiano, Michele Mantuano, Laura Mazoni, and Stefano Del Prato. "Guida pratica alla prevenzione e gestione dell’infezione da COVID-19 nelle persone con diabete." L'Endocrinologo 21, no. 4 (August 2020): 241–45. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-020-00767-3.

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Abstract:
Sommario La pandemia di COVID-19 rappresenta un’enorme sfida per il sistema sanitario nazionale. Sulla base dei dati ad oggi disponibili è emerso che le persone con diabete mellito presentano un maggior rischio di complicanze e morte per COVID-19. Pertanto, adottare misure preventive di igiene e di distanziamento sociale è cruciale, a maggior ragione in questa categoria di soggetti. A sostegno dei pazienti con diabete sono state intraprese molteplici iniziative al fine di garantire la continuità assistenziale, tra cui la proroga della validità dei piani terapeutici per i farmaci ipoglicemizzanti, le procedure per il rinnovo della patente di guida e l’attivazione di servizi di telemedicina. In caso di infezione da COVID-19 e sintomi lievi è possibile una gestione domiciliare della persona con diabete, raccomandando un attento monitoraggio glicemico. Il paziente diabetico che necessita di ospedalizzazione richiede una gestione multidisciplinare che includa il diabetologo, con l’obiettivo di mantenere un adeguato controllo glicemico in assenza di ipoglicemie. Le persone con diabete rappresentano un gruppo vulnerabile per il quale devono essere poste in atto strategie specifiche sia in termini di prevenzione che di trattamento.
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Natali, G., M. Mancuso, and D. Pantoli. "Emostati nella pratica angiografica ed interventistica." Rivista di Neuroradiologia 8, no. 5 (October 1995): 721–25. http://dx.doi.org/10.1177/197140099500800513.

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Abstract:
Nella pratica angiografica ed interventistica, l'emostasi della ferita in sede femorale viene comunemente ottenuta mediante compressione manuale o meccanica, esercitata subito cranialmente alla sede di puntura. Tali metodiche non sono scevre da complicazioni emorragiche, soprattutto in pazienti in trattamento eparinico e comportano inoltre discreto disagio nei pazienti e un periodo di ospedalizzazione di almeno 12 ore, necessario alla osservazione clinica della ferita. Viene proposto un nuovo sistema di emostasi, il VasoSeal, che utilizza cartucce di collagene, opportu-namente introdotte lungo il tramite della ferita angiografica, dalla superficie del vaso leso a quella cutanea. Oltre alla funzione di tappo della cartuccia, il sistema sfrutta le proprietà emostatiche del collagene, che stimola la vasocostrizione locale, la formazione del trombo piastrinico iniziale e inoltre partecipa alla attiva-zione del processo di formazione del trombo di fibrina, senza essere influenzato dall'azione anticoagulante dell'eparina. Tale sistema, estremamente utile a prevenire le complicazioni emorragiche nei pazienti con disturbi della coagulazione, anche indotti da trattamento eparinico post-interventistico, appare ulteriormente interessante per la riduzione a 5–6 ore del tempo di emostasi, consentendo un regime ambulatoriale anche per le attività angiografiche ed interventistiche.
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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Come è cambiata la gestione dell'anemia per i pazienti in dialisi alla luce dello studio DOPPS." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no. 4 (January 31, 2018): 27–33. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1241.

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Abstract:
L'anemia è una frequente complicanza della malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, o più brevemente CKD) e rappresenta un importante fattore di rischio cardiovascolare che aggrava ulteriormente la prognosi dei pazienti nefropatici. Gli agenti stimolanti l'eritropoiesi (ESA) e la supplementazione marziale rappresentano i cardini su cui attualmente si basa la terapia di questa complicanza della CKD. Il Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study (DOPPS) - studio internazionale, prospettico, osservazionale - è stato avviato nel 1996 per raccogliere informazioni riguardanti le pratiche cliniche di gestione di molte problematiche attinenti l'emodialisi, tra cui anche il trattamento dell'anemia. Nel corso degli anni, il DOPPS ha evidenziato una crescente aderenza nei confronti di quanto raccomandato dalle linee guida internazionali, come dimostrato dall'aumento dei valori medi di emoglobina, dall'utilizzo di ESA in una percentuale crescente di pazienti e da una maggiore attenzione a garantire adeguate scorte marziali. Il DOPPS, inoltre, ha messo in risalto una rilevante associazione tra valori di emoglobina e rischio di ospedalizzazione e morte nei pazienti emodializzati. Oggigiorno il DOPPS rappresenta, anche nel campo della gestione dell'anemia secondaria alla CKD, un importante riferimento scientifico, che dimostra come uno studio osservazionale, eseguito in accordo ad adeguati criteri metodologici, possa diventare uno strumento informativo, credibile e capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Sabatino, Alice, Emanuele Trenti, and Enrico Fiaccadori. "Nutrizione parenterale intradialitica: indicazioni, aspetti pratici e limiti." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 2 (June 25, 2014): 112–18. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.876.

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Abstract:
La malnutrizione, o deplezione proteico-energetica (Protein Energy Wasting, PEW), è una condizione frequente nei pazienti con malattia renale cronica in stadio terminale (End Stage Renal Disease, ESRD) e si associa a un significativo aumento del rischio di mortalità e morbilità già caratteristicamente elevato in questa popolazione. Dal momento che uno dei meccanismi principali della PEW nell'ESRD è rappresentato dall'insufficiente assunzione di nutrienti, la supplementazione nutrizionale orale viene ampiamente utilizzata come efficace prima scelta nella prevenzione e nel trattamento della PEW. Tra gli altri approcci proposti come modalità di supporto nutrizionale per i pazienti con ESRD, la nutrizione parenterale intradialitica (IDPN) ha assunto di recente un ruolo importante in pazienti selezionati. Tuttavia, sebbene l'IDPN riesca a migliorare lo stato metabolico/nutrizionale nell'ESRD, le evidenze riguardo alla relazione tra questa modalità di supporto nutrizionale e una riduzione del tasso di ospedalizzazione e del rischio di mortalità sono ancora limitate. Questa rassegna si propone di fare il punto sulle pratiche più utilizzate nel trattamento della PEW nell'ESRD, concentrandosi in particolare sul ruolo dell'IDPN come modalità di integrazione nutrizionale per i pazienti in emodialisi. A tale scopo, verranno illustrati gli aspetti quantitativi e qualitativi dell'IDPN, i problemi pratici legati alla sua gestione, le indicazioni e i limiti della metodica.
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Barbera, V., L. Di Lullo, P. Felici, R. Mari, T. Viglianti, F. Logias, and A. Santoboni. "Peritonite da Aspergillus Niger in un paziente in dialisi peritoneale automatizzata: caso clinico." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no. 4 (January 26, 2018): 24–31. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1169.

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Abstract:
La peritonite fungina rappresenta una grave complicanza infettiva che si manifesta nei pazienti con insufficienza renale cronica in trattamento con dialisi peritoneale. Presenta una mortalità superiore al 25% dei casi (1, 2) ed è responsabile di ‘drop out’ dalla metodica, rimozione del catetere di Tenckhoff ed ospedalizzazione. La diagnosi eziologica viene, spesso, posta tardivamente a causa della aspecificità dei sintomi e segni clinici della FP rispetto alle più frequenti forme batteriche nonché della lenta crescita colturale delle specie fungine. La rimozione del catetere è immediatamente indicata dopo la identificazione microscopica o colturale dei funghi (International Society for Peritoneal Dialysis Guidelines/Recommendation: 2010 update) (4). Per quanto riguarda, invece, la chemioterapia antimicotica, le linee guida internazionali non forniscono chiare indicazioni riguardo la scelta, le dosi e le varie associazioni terapeutiche né per ciò che si riferisce alla durata del trattamento, che talora è necessario proseguire per diverse settimane o mesi. In questo report descriviamo il caso di una signora di 70 anni, in trattamento con APD, che sviluppò una FP da Aspergillus niger. La pronta rimozione del catetere peritoneale e la somministrazione di voriconazolo per via endovenosa portarono a un rapido miglioramento della sintomatologia clinica ed alla completa risoluzione di tale complicanza.
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Mantovani, Lorenzo G., Carla Fornari, Fabiana Madotto, Michele A. Riva, Luca Merlino, Virginio Chiodini, and Giancarlo Cesana. "Valutazione dei processi assistenziali e del carico economico dei soggetti con ospedalizzazione incidente di infarto acuto del miocardio mediante il Data Warehouse DENALI." Farmeconomia. Health economics and therapeutic pathways 12, no. 2S (May 15, 2011): 25–28. http://dx.doi.org/10.7175/fe.v12i2s.992.

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Abstract:
Aims: this study wants to estimate the economic burden of incident Acute Myocardial Infarction (AMI) registered in Lombardy (about 9.2 million residents). Method and results: a longitudinal study was conducted using a Data Warehouse (DENALI) that organised Healthcare Administrative databases of Lombardy related to eligibility criteria, hospital discharges (HDs), pharmaceutical and outpatient claims of citizens. All individuals with a HD for a first event of AMI during 2003 were identified and followed for 12 months. During 2003 12,049 individuals (64% males, mean age 70 +/-13 y.o.) had a HD for incident AMI. The total cost during the first year was € 163 million, corresponding to the 1% of the healthca re budget of Lombardy. The monthly cost in the first year was € 1,249 per person (77% attributable to HDs, 15% to pharmaceuticals and 8% to outpatient care). While most of the uptake of drugs used in secondary prevention was quick and happened in the first 3 months after the index event, the phenomenon of non persistence at 12 months was relevant. Conclusion: this large study on the burden of AMI shows the epidemiologic, economic and clinical impact of the disease. DENALI, with its large population followed over time, is a powerful and dynamic tool for epidemiologic and health economic research.
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Rivera, R., F. Floccari, L. Di Lullo, A. Granata, F. Logias, A. D’Amelio, F. Fiorini, et al. "La malattia renale cronica e il trattamento dello scompenso cardiaco congestizio: il ruolo del cardionefrologo." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no. 1 (January 24, 2018): 82–94. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1123.

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Abstract:
Il rene è coinvolto, in prima battuta, nel mantenimento dell'omeostasi dei fluidi e dell'equilibrio idro-elettrolitico ed acido-base, nonché nell'eliminazione delle scorie tossiche. La funzione renale sembra essere strettamente collegata a quella cardiovascolare e, negli ultimi anni, il termine di ‘sindrome Cardio-Renale’ è stato utilizzato per spiegare le correlazioni cliniche tra patologia renale e cardiaca. Lo scompenso cardiaco congestizio (SCC) rappresenta la prima causa di ospedalizzazione nei Paesi occidentali e i pazienti affetti presentano spesso, in associazione, un quadro di malattia renale cronica (MRC) di grado variabile. Sono stati considerati diversi modelli fisiologici e fisiopatologici per spiegare come una condizione di malattia renale cronica possa influenzare lo stato di insufficienza cardiaca. Sicuramente la via metabolica del guanosin monofosfato ciclico (cGMP) e quello dell'ossido nitrico (NO) giocano un ruolo fondamentale di concerto con l'azione dei peptidi natriuretici atrial natriuretic peptide (ANP) e brain natriuretic peptide (BNP) sotto il controllo del sistema delle fosfodiesterasi sieriche. I pazienti con sovraccarico di circolo necessitano di terapie farmacologiche specifiche. La terapia diuretica, spesso in associazione (vedi tiazidici + diuretici d'ansa), rappresenta ancora quella di prima scelta ma, nei pazienti, refrattari alla terapia diuretica a dosi massimali, l'impiego di metodiche extracorporee, quali l'ultrafiltrazione (nelle sue diverse modalità d'impiego), può essere di grande aiuto per il paziente scompensato dal punto di vista cardiologico. (Cardionephrology)
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Cavalli, Andrea, and Giuseppe Pontoriero. "È Possibile Ridurre Le Complicanze Infettive Dei CVC per Dialisi? Se Sì, Come?" Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 1 (January 4, 2014): 83–87. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.869.

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Abstract:
Nonostante gli sforzi in atto, la percentuale di pazienti che utilizzano un catetere venoso centrale (CVC) per eseguire il trattamento emodialitico è attualmente troppo elevata e ben superiore al 10% anche in Italia. Le complicanze associate all’uso dei CVC sono numerose, ma le più temibili sono quelle infettive, responsabili di significative morbilità e mortalità. Una recente meta-analisi di Zhao ha riportato come, in termini di prevenzione delle infezioni correlate al CVC, il lock con citrato sia risultato migliore rispetto all’eparina, quando utilizzato in associazione a sostanze dotate di attività anti-microbica (gentamicina o taurolidina, per esempio) e a concentrazioni basse-moderate. Inoltre, l’utilizzo del citrato ridurrebbe gli episodi di sanguinamento, mentre non sono emerse differenze in termini di incidenza di infezioni dell’exit-site e di mantenimento della pervietà del CVC. I risultati emersi da un recente trial prospettico hanno sottolineato l’importanza di un’adeguata gestione dell’emergenza del CVC e del CVC stesso. Infatti, l’utilizzo di clorexidina al 2% per la disinfezione dell’exit-site e l’utilizzo di tamponi sterili con alcol al 70% per eseguire lo “sfregamento del CVC” permettevano di ridurre del 20% l’incidenza delle infezioni correlate al CVC, oltre a garantire una minore necessità di terapia antibiotica e una ridotta ospedalizzazione per sepsi e complicanze infettive CVC-correlate. Tuttavia, sono necessari nuovi studi e provvedimenti per poter migliorare ulteriormente la prognosi dei pazienti che utilizzano un CVC come accesso vascolare per emodialisi.
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Cavalli, A., and G. Pontoriero. "Qualità della vita dei pazienti emodializzati alla luce dello studio DOPPS." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 4 (January 24, 2018): 60–65. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1503.

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Abstract:
Il DOPPS (Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study) - ampio studio internazionale, prospettico, osservazionale – è iniziato nel 1996 per raccogliere i dati di un vasto campione di pazienti emodializzati con l'obiettivo di migliorare la terapia, la pratica dialitica ed ovviamente la loro qualità di vita. Lo studio DOPPS ha mostrato come i pazienti emodializzati presentino una qualità di vita molto inferiore rispetto ai soggetti di pari età, in tutte le sue diverse componenti (fisica, mentale e legata alla malattia renale cronica), oltre che una maggior prevalenza di sintomatologia depressiva. È inoltre emerso come alcuni fattori socioeconomici (tra cui la disoccupazione, un ridotto livello di formazione, uno scarso supporto sociale familiare e di staff dialitico) e medici (quali l'utilizzo di un catetere venoso centrale, bassi livelli di emoglobina ed albumina, una scarsa qualità del sonno) siano associati a una più bassa qualità della vita. Il DOPPS ha messo in evidenza l'associazione tra più bassi indici di qualità della vita e peggiori outcome clinici, in termini di ospedalizzazione e mortalità, permettendo pertanto di individuare i soggetti “più fragili” dal punto di vista fisico, sociale e clinico su cui intervenire in maniera specifica. Oggigiorno il DOPPS rappresenta, anche nel campo della valutazione della qualità della vita, un importante riferimento scientifico, che dimostra come uno studio osservazionale, eseguito in accordo ad adeguati criteri metodologici, possa diventare uno strumento informativo, credibile e capace di suggerire nuove ipotesi da testare in successivi studi clinici controllati.
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Giampieri, Emanuela, Alessandra Ratti, Alessandra Beretta, Cinzia Mattavelli, Elena Ferrarini, Carlo Pruneri, and Italo Carta. "Determinants of hospitalization from psychiatric E.R. from S. Gerardo hospital in Monza: epidemiological cross-sectional study." Epidemiology and Psychiatric Sciences 11, no. 4 (December 2002): 266–76. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005844.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo – Individuare i fattori predittivi di ricovero in pazienti che giungono presso il Pronto Soccorso con problem psichiatrici. Disegno – Studio epidemiologico trasversale condotto presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale S. Gerardo di Monza, tra il 1 giugno 1995 ed il 31 maggio 1997. Sono stati inclusi tutti i soggetti di età maggiore di 18 anni per i quali sia stata richiesta una valutazione psichiatrica. E' stato sondato il peso di variabili socio-demografiche, di variabili cliniche e di variabili di servizio sulla decisione di ricovero. Principali misure utilizzate – I dati sono stati raccolti mediante una scheda appositamente costruita, compilata dal medico di guardia al momento della visita. I dati sono stati analizzati tramite analisi univariata e regressione logistica. Risultati – Sono stati raccolti dati inerenti 2076 casi. All'analisi univariata la probabilita di ricovero è risultata più elevata per soggetti tra i 39 ed i 48 anni, celibi o nubili, disoccupati, affetti da schizofrenia, da disturbi deH'umore o da disturbi di personalità. Il ricovero è più probabile in proporzione alia gravità, all'ideazione suicidiaria ed a precedenti ricoveri. Tra i sintomi troviamo che l'ansia protegge dal ricovero laddove allucinazioni, delirio, assenza di critica di malattia, blocco psicomotorio, agitazione psicomotoria, stato confusionale, crisi pantoclastiche, bizzarrie comportamentali, alterazioni dello stato di coscienza e precedenti ricoveri incrementano la probabilità di ospedalizzazione. Il lunedì ed il venerdì sono i giorni a più alta frequenza di ricoveri. La regressione logistica conferma il ruolo predittivo di età, sintomi, aggressività, gravità ed ideazione suicidiaria, e dei giorni della settimana tra le variabili di servizio. Conclusione – Tra i fattori predittivi di ricovero in SPDC le variabili cliniche mantengono un ruolo predominante, rispetto a fattori socio-demografici. Accanto a queste, tuttavia, si nota un peso rilevante deH'organizzazione del servizio con un aumento del tasso di ricoveri proprio nei giorni a cavallo del fine settimana, quando i servizi territoriali chiudono.
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Andreula, C., and I. Kambas. "Il dolore lombosacrale da ernie discali lombosacrali e patologia degenerativa correlata." Rivista di Neuroradiologia 15, no. 4 (August 2002): 421–30. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500411.

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Abstract:
La patogenesi del dolore lombo-sacrale è ancora motivo di discussione e potrebbe essere sostenuta non solo da fattori meccanici diretti di compressione del disco (protrusione o ernia) sul nervo con conseguente alterazione della guaina mielinica, ma anche da fattori meccanici indiretti generati da stasi venosa e conseguente ischemia delle radici particolarmente sensibili all'ipossia e da fattori infiammatori di tipo immunomediato e di tipo bioumorale legati al disco. La gestione del paziente lombosciatalgico affidata al chirurgo dopo il fallimento della terapia medica, conservativa e fisiatrica ha rivelato che nelle casistiche chirurgiche più equilibrate la percentuale di successo degli interventi per ernia del disco lombosacrale si aggira sul 95–98% a breve termine con un'incidenza di reale recidiva erniaria nel 2–6%, la percentuale di successo scende a distanza fino all' 80–85%, per la comparsa di sintomatologia legata al fallimento chirurgico (Failed Back Surgery Sindrome FBSS), caratterizzata da recidive e/o cicatrici ipertrofiche, con sintomi rilevanti nel 20%, e vera e propria FBSS nel 15%. Tali dati hanno indotto a ricercare sempre nuove tecniche microchirurgiche per ridurre tali risultati indesiderati e contemporaneamente sono state approntate tecniche di trattamento percutaneo secondo procedure intervenzionali (chemiodiscolisi con chimopapaina, con ossigeno-ozono, nucleoaspirazione secondo la tecnica di Onik …) per ridurre al minimo da un lato l' “invasività” chirurgica, e dall'altro le non rare complicazioni di natura infettiva correlate all'intervento. Tutte le tecniche percutanee sono atti medici poco invasivi, con tempi di ospedalizzazione brevi. Il loro approccio extra canale spinale elimina i rischi connessi all'atto chirurgico di cicatrice post-operatoria, spesso responsabile di recidiva di sintomatologia dolorosa. Hanno inoltre il vantaggio di essere ripetibili nello stesso paziente senza precludere in caso di insuccesso il ricorso alla chirurgia tradizionale. Le percentuali di successo riportate da numerose casistiche si aggirano sul 65–75% di risultati ottimi o buoni. Queste procedure interventistiche spinali agirebbero sulla genesi meccanica del dolore riducendo quantitativamente il materiale nucleare, ma non espleterebbero alcuna azione sulla componente infiammatoria di origine radicolare e/o gangliare, talvolta causa autonoma del dolore. Pertanto in corso di trattamento di chemiodiscolisi con miscela di ossigeno-ozono, si è proceduto all'aggiunta di infiltrazione periradicolare e periganglionare con ossigeno-ozono, steroidi e anestetici. Gli autori riportano la loro personale esperienza sull'utilizzo del trattamento di Chemiodiscolisi con nucleoptesi con ossigeno-ozono con infiltrazione periradicolare e periganglionare nelle ernie discali lombosacrali e patologia degenerativa correlata.
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Maioni, Melissa. "Il livello di speranza nei pazienti oncologici in cura chemioterapica. Un’indagine sperimentale / The level of hope in the cancer patients receiving chemotherapy. An experimental investigation." Medicina e Morale 67, no. 5 (December 11, 2018): 525–43. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.555.

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Abstract:
La speranza è una caratteristica multidimensionale che coinvolge diverse dimensioni umane, il cui costrutto è stato più volte studiato in molteplici ambiti disciplinari. Il presente studio si propone di: valutare l’impatto della patologia in relazione al livello di speranza; comparare il livello di speranza con altre variabili cliniche e socio-demografiche, attraverso lo studio di 83 pazienti oncologici del Policlinico Campus Bio-Medico di Roma in cura chemioterapica, e di 83 soggetti sani, con caratteristiche socio-demografiche comparabili al campione clinico, a cui sono state sottoposte due scale: l’HHI (Herth Hope Scale) e la SF-12 (Questionario sullo stato di salute). L’analisi statistica utilizzata è finalizzata a valutare l’interdipendenza lineare tra le due variabili considerate (la speranza e lo stato di salute) sulla popolazione in generale e nelle sottopopolazioni considerate, tramite il calcolo dell’indice R2. I risultati mostrano che: a) il campione sperimentale composto per l’84,3% da pazienti affetti da cancro al IV stadio, ha mediamente un medio livello di speranza (media ± es = 35.47 ± 0.78); b) non emerge una correlazione significativa tra lo stato di salute e il livello di speranza; c) non emergono differenze significative riguardo il livello di speranza, mentre emergono delle differenze significative relativamente alla PCS (stato di salute fisica). I dati raccolti indicherebbero come la speranza sia una dimensione indipendente dalla diagnosi, dalla stadiazione della patologia, dal sesso, dal tipo di ospedalizzazione, dallo stato civile e non si modifichi nelle varie fasce d’età. Sembrerebbe un costrutto che si mantiene stabile nel tempo e che viene scarsamente influenzato da altre variabili. ---------- Hope is a multidimensional characteristic that involves different human dimensions, the construction of which has been studied several times in multiple disciplinary fields. The present study aims to: assess the impact of the pathology in relation to the level of hope; compare the level of hope with other clinical and socio-demographic variables, through the study of 83 cancer patients receiving chemotherapy at the Policlinico Campus Bio-Medico in Rome, and 83 healthy subjects, with socio-demographic characteristics comparable to the clinical sample, who were given two scales: the HHI (Herth Hope Index) and the SF-12 (SF-12 Health Survey). The statistical analysis used is aimed at assessing the linear interdependence between the two variables under consideration (hope and health) for the general population and the subpopulations under consideration, by calculating the R2 index. The results show that: a) the experimental sample, 84.3% of which was composed of stage IV cancer patients, had an average hope level (mean ± es = 35.47 ± 0.78); b) there was no significant correlation between health and hope; c) there were no significant differences in hope levels, while there were significant differences in physical health (PCS). The data collected would indicate that hope is a dimension independent of diagnosis, disease stage, sex, type of hospitalization, marital status and does not change in the various age groups. It would seem to be a construct that remains stable over time and is poorly influenced by other variables.
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Dentali, Francesco, Giuseppe Campagna, Maurizio Cavalleri, Fernando Gallucci, and Filippo Pieralli. "Considerazioni condivise alla luce delle recenti novità nell’ambito dello scompenso cardiaco: ottimizzazione della gestione del paziente con scompenso cardiaco in medicina interna - Dal ricovero al follow-up." Italian Journal of Medicine, January 14, 2022. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2021.5.

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Abstract:
Nuova classificazione dello scompenso cardiaco: ridenominazione di Heart failure with mid-range ejection fraction in Heart failure with mildly reduced ejection fraction (HFmrEF), con raccomandazioni terapeutiche più precise in questa fascia di pazienti Il nuovo algoritmo per il trattamento dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta: Simultaneous or Rapid Sequence Initiation of Quadruple Medical Therapy for Heart Failure Ottimizzazione della terapia: l’ospedalizzazione come opportunità. Impiego precoce di sacubitril/valsartan nel paziente ospedalizzato, stabilizzato. Effetti sulla riduzione della mortalità e delle re-ospedalizzazioni. Effetti sul rimodellamento cardiaco. Effetti sulla QoL Sicurezza dell’uso di sacubitril/valsartan anche in presenza di comorbidità e gestione dell’ipotensione Intervento di ottimizzazione della terapia anche nel paziente con scompenso cardiaco cronico ricoverato per altra patologia acuta Terapia delle comorbidità - non cardiovascolari: diabete, iperkaliemia, carenza di ferro e cancro Terapia non farmacologica ed educazione/formazione del paziente e del caregiver Gestione post-ricovero dello scompenso cardiaco: l’ambulatorio divisionale e la rete territoriale
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Pulignano, Giovanni, Maria Denitza Tinti, Donatella Del Sindaco, Stefano Tolone, Giovanni Minardi, Antonio Lax, and Massimo Uguccioni. "Barriers to cardiac rehabilitation access of older heart failure patients and strategies for better implementation." Monaldi Archives for Chest Disease 84, no. 1-2 (June 22, 2016). http://dx.doi.org/10.4081/monaldi.2015.732.

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Abstract:
<p>In heart failure (HF), cardiac rehabilitation (CR) may reduce decompensations, hospitalization, and ultimately mortality in long term. Many studies over the past decade have demonstrated that aerobic exercise training is effective and safe in stable patients with HF. Exercise CR resulted in a clinically important improvement in the QOL. Several clinical and psychosocial factors are associated with decreased participation in CR programs of elderly HF patients, such as perception of exercise as tiring or painful, comorbidities, lack of physician encouragement, and opinion that CR will not improve their health status. Besides low functional capacity, and chronic deconditioning may also deter patients from participating in CR programs. Recent data suggest that current smoking, a BMI ≥30 kg/m<sup>2</sup>, diabetes mellitus, and cognitive dysfunction are associated with failure to enroll in outpatient CR in older age group. Moreover the lack of availability of CR facilities or the absence of financial refunds for enrolment of CHF patients in cardiac rehabilitation programs can play a crucial role. Many of this factors are modifiable through patient education and self care strategy instruction, health providers sensibilization, and implementing economic measures in order to make CR affordable. </p><p><strong>Riassunto</strong></p><p>Numerosi studi hanno dimostrato come la riabilitazione cardiovascolare (RC) con esercizio aerobico sia risultato efficace e sicuro nei pazienti con scompenso cardiaco (SC), nel ridurre ospedalizzazioni, mortalità ed indurre un miglioramento della qualità di vita. Tuttavia numerosi fattori clinici e psicosociali, come la bassa capacità funzionale, le comorbidità, la percezione dell’esercizio fisico come noioso o doloroso, sono associati a ridotta partecipazione a RC da parte di pazienti anziani con SC. Inoltre dati recenti mostrano come l’abitudine tabagica, un BMI ≥30 kg/m<sup>2</sup>, il diabete mellito ed il deterioramento cognitivo siano associati con il mancato arruolamento di pazienti anziani in programmi di RC. In aggiunta la mancanza di disponibilità di strutture per la RC o l'assenza di rimborsi finanziari per l'iscrizione dei pazienti con SC in programmi di riabilitazione cardiaca possono svolgere un ruolo cruciale. Molti di questi fattori risultano modificabili attraverso programmi di educazione sanitaria del paziente, sensibilizzazione del personale sanitario ed attraverso un’implementazione delle misure economiche al fine di rendere accessibile la RC.</p>
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Bartalucci et al., Claudia. "Nuova diagnosi di HIV con malattia avanzata: un’occasione mancata di diagnosi, una sfida multidisciplinare." JHA - Journal of HIV and Ageing, June 2022. http://dx.doi.org/10.19198/jha31535.

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Abstract:
Una donna di 41 anni proveniente dal Camerun, con nuova diagnosi di infezione da HIV è giunta alla nostra attenzione con un quadro di insufficienza respiratoria acuta con necessità di ospedalizzazione. <br />In seguito agli accertamenti diagnostici, è stata classificata nello stadio CDC C3 per la presenza, come eventi AIDS-definenti, di polmonite da Pneumocystis jirovecii, candidosi esofagea, sarcoma di Kaposi cutaneo e viscerale, infezione disseminata da Mycobacterium avium complex, e infezione genitale da HSV2 della durata superiore a un mese. Alla diagnosi è stato riscontrato un HIV RNA di 9.6x104 copie/ml e CD4+ 6/mm3 (0. 5%), con rapporto CD4/CD8 pari a 0.0, quindi con uno stadio di infezione avanzato.<br />Mentre l’incidenza delle nuove diagnosi di HIV in Italia è in continua riduzione dal 2012, si è assistito dal 2015 ad un aumento delle diagnosi di retrovirosi in fase avanzata di malattia, come il caso qui presentato. <br />Il ritardo nella diagnosi rappresenta una successione di "opportunità mancate" che ha condotto a una complessa gestione del quadro clinico in termini di interazioni tra farmaci, politerapia e necessità di frequenti controlli medici.<br />Inoltre, la presentazione di uno stadio avanzato di malattia ha reso più complesso, da un punto di vista psicologico e sociale, il percorso di accettazione della diagnosi e di presa in carico, con necessità di un approccio multidisciplinare.
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Valiquette, Johanna. "Medically assisted nutrition and hydration in end-stage dementia: burdens and benefits of surgically-placed gastrostomy tubes." Medicina e Morale 57, no. 3 (June 30, 2008). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2008.281.

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Abstract:
Le tube gastrostomiche posizionate chirurgicamente si sono rilevate essenziali nel trattamento di alcune patologie. Ciononostante, molti studi le ritengono di efficacia limitata, e significativamente gravose nei pazienti con demenza avanzata terminale. Gli studi dimenticano di mostrare i benefici attesi in termini di maggiore longevità, diminuzione delle possibilità di polmonite e miglioramento dell’integrità della pelle. Gli svantaggi comprendono il deterioramento nella percezione e nella funzione relativi alla ospedalizzazione, l’angoscia derivante dall’uso di limitazioni, la negazione di taluni comfort del paziente, bisogni sociali e spirituali, per lasciare il posto ai dispositivi relativi ai tubi che spesso mettono a rischio l’igiene. Nel seguito affrontiamo i seguenti punti: 1. una review della letteratura recente dei principali ricercatori statunitensi; 2. la distinzione da un punto di vista bioetico nell’uso delle tube gastrostomiche nel cosiddetto “stato vegetativo” e nella demenza terminale; 3. l’analisi dei vantaggi e degli svantaggi; 4. le raccomandazioni per le cure palliative e la nutrizione come vengono percepite da un punto di vista bioetico e le alternative incentrate sul paziente al posizionamento delle tube gastrostomiche per i pazienti con demenza avanzata terminale. ---------- Surgically-placed gastrostomy tubes are essential in managing some conditions. Yet, many studies indicate limited medical effectiveness, and significant burdens, in patients with advanced, end-stage dementia. Studies fail to show the expected benefits of greater longevity, decreased aspiration pneumonia or improved skin integrity. Burdens include deterioration in cognition and function related to hospitalization, distress from use of restraints, neglect of patient’s comfort, social and spiritual needs in favor of tube-related tasks and frequent, excoriating hygiene. Here we present 1. a review of recent literature by leading researchers in the U.S.; 2. distinction between the bioethics of gastrostomy tubes in the so-called “vegetative state” and endstage dementia; 3. analysis of benefits and burdens; 4. recommendations for palliative care and spoon-feeding as bioethically sound and patient-centered alternatives to gastrostomy tube placement for patients with advanced, endstage dementia.
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Gnerre, Guest Editors: Paola, and Giuseppe Di Pasquale. "Lo scompenso cardiaco a 360 gradi." Italian Journal of Medicine, August 24, 2021. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2021.2.

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Abstract:
M. Meschi, P. Gnerre, A. Casola G. Di Pasquale Il paziente con scompenso cardiaco come paradigma del paziente complesso: il corretto uso dei diuretici ed il blocco sequenziale del nefroneA. Cinque, C. Tarsia, A.G. Posteraro, S. Bianchi, A. Gaspardone Scompenso cardiaco: differenze di genere?R. Falzone, L. Lenzi, C. Politi Opportunità terapeutiche nel paziente con scompenso cardiaco cronico a frazione d’eiezione depressaA. Navazio, M. Piepoli, G.Q. Villani, G. Halasz, G. Tortorella Opportunità terapeutiche nel paziente con scompenso cardiaco diastolicoA. Cabassi, G. Regolisti Scompenso cardiaco: rivalutazione della terapia in fase di ospedalizzazioneF. Corradi, I. Lamberti, G. Gelati, S. Massini I peptidi natriuretici nella diagnosi e nella stratificazione del rischio nei pazienti con scompenso cardiacoA. Montagnani, L. Luschi, F. Pirrotta, A. Palazzuoli L’educazione terapeutica nel paziente scompensatoM.D. Corbo, E. Vitale, M. Correale, N.D. Brunetti, M. Iacoviello Il modello del disease management nella gestione dello scompenso cardiacoO. Para Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza dell’AO Ordine Mauriziano di TorinoC. Norbiato, L. Arnaldi, S. Marengo, M. Tricarico, M. Daddea, C. Garza, E. Irene, P. Paolì Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza dell’ASST RhodenseS.A. Berra Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza di PalmanovaC. Battello Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza dell’AUSL di BolognaS. Urbinati, M. Ongari Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza delle Aziende USL della ToscanaA. Fortini, G. Tintori, M. Alessandri Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza marchigianaN. Tarquinio Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza savonese. Il progetto PONTEP. Gnerre, M. Pivari, E. Monaco, M.C. Pistone, M. Basso, P. Bellone, A. Visconti, B. Sardo, B. Zanella, A.M. Saccone, A. Piras, A. Santo, F. Bernardi, S. Lapponia, E. Montanari, R. Rapetti, R. Tassara, L. Parodi Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza campanaF. Gallucci Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza puglieseF. Mastroianni, G. Larizza, F. D’Onofrio, A. Belfiore, M.V. Palma, S. Cataldi Modelli a confronto nei percorsi gestionali dello scompenso cardiaco: l’esperienza di Sassari. Il progetto LEAPC.A. Usai, F.L. Bandiera Il ruolo delle cure palliative nello scompenso cardiaco end-stageC. Santini, M.S. Fiore
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