Dissertations / Theses on the topic 'Oreficerie'
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Missagia, Andrea <1991>. "Oreficerie medievali a smalto traslucido in territorio veneto." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14621.
Full textMarangoni, Beatrice <1988>. "Catalogo di oreficerie istriane. Considerazioni partendo dalle fotografie della Fototeca Antonio Morassi a Ca' Foscari." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4571.
Full textTaufer, Michela <1988>. "Verona, oreficeria sacra nella chiesa parrocchiale dei Santi Fermo e Rustico dal Seicento al Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4928.
Full textMilan, Anna <1982>. "Dalla Fiera al museo dell'oro: oreficeria e gioielleria a Vicenza. Premesse storiche e prospettive di rilancio." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3525.
Full textFLAMINE, MARCO. "OPERE D¿ARTE BIZANTINA IN LOMBARDIA. LINEAMENTI PER UN CATALOGO (SECOLI IV-XV)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/266830.
Full textMarchiori, Giacomo. "Nuove tecnologie ed evoluzione di settori maturi: Il 3d printing nell'oreficeria." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8498/.
Full textTravagliante, Daniela (ORCID:0000-0002-2826-8506). "«Arditamente, con qualche poco di furore». Per un’analisi dei processi ecfrastici nella ‘Vita’ e nei ‘Trattati’ di Benvenuto Cellini." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2019. http://hdl.handle.net/10446/105297.
Full textMezzacasa, Manlio Leo. "Reliquaries and other liturgical vessels in late medieval and early modern Venice: circa 1320-1475." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424492.
Full textLa presente ricerca vuole presentare una visione aggiornata, rinnovata e quanto più completa possibile dell'oreficeria liturgica veneziana prodotta in uno spettro cronologico che comprende gran parte dei secoli XIV e XV: circa 1320-1475. Tale lasso temporale si potrebbe definire con espressione convenzionale - e pertanto discutibile, ma non priva di ragioni - l'epoca dell'oreficeria veneziana gotica e tardo gotica. Un periodo, dunque, ancora più esteso di quello della scultura veneziana gotica (nei termini di Wolfgang Wolters), per non parlare della pittura che - sul piano stilistico-formale - si emancipa con da decenni di anticipo rispetto all'oreficeria dai modi propri al linguaggio gotico internazionale. Per quanto riguarda l'arte orafa, invece, il secolo e mezzo preso in considerazione è caratterizzato da una propria omogeneità che, pur nella ricchezza delle variabili interne, si distingue da quanto realizzato prima e dopo. In occasione dello studio ho potuto esaminare direttamente e in maniera dettagliata la grande maggioranza degli oggetti di oreficeria sacra realizzati a Venezia o ivi conservati, prodotti nell'arco cronologico considerato. Lo studio ravvicinato dell'opera è premessa fondamentale e ineludibile a tale indagine. Non meno importante ai fini dell'indagine sono state le ricerche che ho condotto all'Archivio di Stato di Venezia e all'Archivio Storico del Patriarcato di Venezia, nonché negli archivi superstiti delle parrocchie proprietarie dei manufatti studiati. La tesi è articolata in una serie di saggi che hanno l'obiettivo non tanto di discutere ogni singolo aspetto dell'oreficeria veneziana del tardo medioevo, quanto di illuminare diversi momenti della sua storia, o aspetti di particolare rilievo, cercando comunque di delineare un quadro di fondo esaustivo che ne illustri l'evoluzione formale e tipologica. Nondimeno, ho adottato un metodo di ricerca che non fosse limitato allo strumento stilistico-formale, pur indispensabile nel momento in cui si tenta di definire l'evoluzione di un linguaggio figurativo e le relazioni tra le numerose opere prese in considerazione. Vengono così discussi problemi di carattere attributivo e cronologico, al fine di individuare e determinare di gruppi di opere, ma non ho tralasciato temi legati alla natura tecnica delle opere, come la produzione seriale, e non minore importanza hanno questioni di carattere storico e socio-culturale legate al culto e alla religiosità. A un primo capitolo introduttivo che ribadisce le ragioni dello studio e riflette sui temi affrontati, segue un capitolo basato su fonti documentarie e ricerca d'archivio , il cui scopo è di strappare i manufatti liturgici alla visione puramente storico artistica, e financo puro-visibilista, che spesso li ingabbia, per inserirli nel più ampio contesto storico-sociale. I testamenti dunque sono la prima fonte che permette di mettere in relazione cittadini laici e manufatti liturgici illustrando il loro ruolo nel fornire la chiesa dei manufatti necessari al fine di averne un ritorno per la salvezza dell'anima. Altri documenti si riferiscono ad opere ancora esistenti rivelando aspetti inediti della loro storia o del modo in cui i manufatti erano percepiti. Infine una parte è dedicata alla dimensione domestica della devozione, dimostrando come anche i manufatti liturgici, che immaginiamo appannaggio esclusivo della chiesa, potessero trovarvi spazio. I saggi seguenti, organizzati in ordine diacronico in base ai temi in essi discussi, si presentano come singoli casi di studio, in loro compiuti ma tra loro in relazione. Vengono affrontati diversi gruppi coesi di opere, discutendo anche di numerosi manufatti conservati fuori Venezia. Indicativamente, i temi affrontati sono: La prima metà del Trecento, la produzione seriale e l'esordio dello smalto traslucido a Venezia; si tratta di un periodo cruciale per l'oreficeria veneziana, che muove da una produzione fortemente caratterizzata dall'uso della filigrana a oggetti marcatamente diversi, sia nell'ornamentazione che nelle forme. La ricerca affronta un ampio gruppo di opere i cui tratti caratterizzanti sono un ben riconoscibile e distinguibile motivo a racemi sbalzati, e l'impiego dello smalto traslucido. Lo studio di questo gruppo di opere è quindi anche l'occasione per un affondo sulla tecnica e lo stile figurativo dei primi smalti traslucidi prodotti a Venezia. Inoltre, in questo capitolo prendo in considerazione la serie di opere orafe coeve alle precedenti spesso definite con l'espressione opus duplex. La seconda metà del Trecento e il primo Quattrocento; questo capitolo indaga caratteristiche e peculiarità di questi decenni di svolta nella produzione orafa veneziana, prendendo in considerazione anche importanti opere conservate fuori dal contesto lagunare della tra le cui opere queste si segnalano in particolare il Reliquiario-ostensorio Malatesta della cattedrale di Rimini, il Reliquiario di San Lorenzo ora al Museo del Bargello ma proveniente da Ravenna, e l'inedito Reliquiario della Vera Croce nelle collezioni del Victoria & Albert Museum di Londra. Il capitolo affronta la nascita di quello che lo storico dell'arte Hans R. Hahnloser definì stile a castelletto, in altre parole la nascita e sviluppo di un linguaggio orafo fortemente basato sulla facies architetturale dei manufatti, spesso concepite come vere e propri edifici in miniatura abitati da micro-sculture. La prima metà del Quattrocento e l'opera dei da Sesto. Il capitolo si propone l'analisi di tutte le opere attribuite alla bottega dei Da Sesto, passando in rassegna anche le testimonianze documentarie su questa vasta famiglia di orefici. Vengono presentate non solo le loro opere, ma anche altri importanti manufatti, come il poco studiato Reliquiario della Sacra Spina di Offida, e la croce processionale del Museo Diocesano di Chioggia. Cerco così di mostrare in quale misura il lavoro dei Da Sesto è radicato nella tradizione veneziana e quale sia la loro portato di innovazione alla luce della ricchezza e della varietà del contesto artistico di quegli anni. La seconda metà del XV secolo, la bottega di Zuane Lion e il Reliquiario di Santa Marta. Quest'ultimo saggio è dedicato alla propaggine tardogotica più avanzata dell'veneziana, presentando oggetti talora poco noti come la una croce processionale recentemente donata alla Cattedrale di Bologna, o il reliquiario in smalto dipinto del Musée de Cluny, ma affrontando soprattutto gli oggetti legati all'orefice tedesco Zuane Lion a cui spetta anche il Reliquiario di Santa Marta ora a Louvre a cui è dedicato un approfondimento. La ricerca si articola inoltre in un catalogo ragionato che include tutti i reperti d'arte dell'arco cronologico indagato ancora conservati a Venezia che è stato possibile individuare e rinvenire, tra i quali diverse opere inedite. È suddiviso in quattro sottogruppi che raccolgono, in ordine cronologico, le diverse tipologie di oggetti: reliquiari e ostensori, croci astili e d'altare, calici, e altre suppellettili liturgiche e manufatti non appartenenti alle precedenti categorie. Infine, lo studio è corredato di un'appendice in cui si presentano importanti, talvolta perfino straordinarie quanto inedite testimonianze documentarie: la parte tardo trecentesca e quattrocentesca della Mariegola degli Oresi e Zogielieri che rappresenta una testimonianza diretta delle principali del lavoro di questa categoria, integrando i già pubblicati Capitoli. Il testamento di Francesco Gritti, pievano di San Pantalon - una delle chiese con il patrimonio di oreficeria medievale più rilevante - e vescovo di Corfù. Si tratta di una testimonianza dei beni di un importante prelato e aiuta a ricostruire il suo ruolo come committente di oreficerie liturgiche. Infine la raccolta degli inventari delle parrocchie dipendenti dalla diocesi di Castello stilati negli anni 1412-1413, misconosciuta ma importantissima fonte che permette di avere un quadro vasto e articolato del patrimonio di suppellettili delle parrocchie veneziane di inizio quattrocento; permette di tracciare confronti tra diverse sedi e fornisce indicazioni cronologiche nonché consente di ricostruire l'immagine di oggetti oramai scomparsi di cui altrimenti non avremmo idea, arricchendo così il dibattito sull'oreficeria Tardo-Medievale.
PASCA, V. DE. "SCAMBI CULTURALI E INTERAZIONI CON L'ORIENTE MEDITERRANEO NELLA PRODUZIONE ARTISTICA DI LUSSO LONGOBARDA IN ITALIA (SECOLI VI-VIII): IL CASO DELLE FIBULE A DISCO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/545753.
Full textThis study aims to investigate disc brooches brought to light in Italy (VIth-VIIIth) from an archaeological and historical artistic point of view. The will of this research must be identified in the need to fill a gap in the studies related to this specific document of material culture. To date disc brooches were investigated summarily and with the sole purpose of highlighting the reception of a costume related to the romanitas by a so-called "barbaric" population. The first step of this study has been the drafting of the Catalogo delle fibule a disco di età longobarda (secoli VI-VIII) portate alla luce sul territorio italiano. This document supports and completes the thesis work: it consists of the recording of all the disk brooches which meet the above parameters. Such artifacts have been combined for the first time and, moreover, I tried to provide their overall image (front and back plate) that was in almost all the cases unpublished. The deep analysis of the above mentioned Catalogo has allowed to identify two kind of artifacts, on whose distinct functions was founded the whole writing. The first type consists of the jewels attributable to the category of élite disc brooches (six in total): these, in the early medieval period, belonged to male individuals and were symbols of power. On the contrary, the second type of disc brooches belonged to female individuals: although made of valuable materials, they served as accessories to close the cloak according to a Mediterranean tradition. The analysis of the limited diffusion of such precious jewels in the Lombard context required that we confronted in principle with the creation of the prototype of this kind of artefact during the Late Roman Empire and in the Early Byzantine age. Then we have investigated the double function - symbolic and aesthetic - which would seem to have immediately characterized these precious artifacts, paying particular attention to the symbolic and cosmological significance highlighted by some documents referable to the artistic production of Roman Syria (funerary reliefs, tesserae). What emerged from the first part of this research constituted the basis on which to base the second part of the research, certainly the most relevant and original because it is completely focused on the exam of the Lombard objects. The dual type of disc brooches has inevitably required to model the research on two lines: the focus was therefore on the élite artifacts first and then move on the most common objects. In the first case it was highlighted that almost all the élite disc brooches have a provenance from the Langobardia Minor and, consequently, from a cultural milieu strongly influenced by Byzantine Italy. The duchy of Benevento indeed tried always to achieve a kind of autonomy from the northern part of the Regnum. The historical artistic analysis has also allowed to reach new conclusions both with respect to the spatial coordinates of the production (e.g. brooch from Capua) and with regard to the dating of most of them (e.g. the so-called Castellani brooch). About the most common artifacts, in addition to having resized what even in the most recent debates had been defined the "phenomenon of disc brooches", the merit of this work was the identification of the precious jewels that can be traced back to the Lombard artistic culture and of those that, instead, attest a moment of transition and are therefore ascribable to the Merovingian aesthetic sensibility and expressive language.
CAVENAGO, MARCO. "ARTE SACRA IN ITALIA: LA SCUOLA BEATO ANGELICO DI MILANO (1921-1950)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/829725.
Full textIn October 1921, the Beato Angelico Higher School of Christian Art was born in Milan. Responsible for the initiative: Don Giuseppe Polvara, the architect Angelo Banfi, the painter Vanni Rossi, flanked by the sculptor Franco Lombardi, by the priests Adriano and Domenico Bernareggi, by the engineer Giovanni Dedè, by professor Giovanni Mamone and by the lawyer Carlo Antonio Vianello . There were nine pupils in the first school year, two of whom (the architects Don Giacomo Bettoli and Fortunato De Angeli) destined to remain in the School for many years as teachers: this also happened with the painter Ernesto Bergagna, who enrolled the following year. Starting from that event, the Italian context of sacred art was able to count on an element of indisputable novelty, destined within a few years to a rapid, widespread and stubborn affirmation in the Peninsula. The foundation of the Beato Angelico School put a stop to the age-old debate on the general decline of sacred art that had been staged for a long time in Italy as well as in major European countries. The formula conceived by Don Polvara put his personal, artistic and professional experiences into a system with the knowledge of the international context, some exemplary models and the comparison with groups and individual figures (artists, critics, men of the Church) animated by the common desire to contribute to the rebirth of sacred art. One hundred years after its birth - and seventy after the death of its founder - the Beato Angelico School (with the workshops of Architecture, Cesello, Embroidery, Painting and Restoration) still continues in the task of serving the Church through the creation of distinctive sacred furnishings and vestments. from a particular care of the artistic and liturgical aspect, object of repeated attestations of merit and acknowledgments in the ecclesiastical sphere. What is missing from the appeal so far is an organic attempt to reconstruct the historical events that marked the genesis and developments of this singular artistic and religious reality. The purpose of this thesis is therefore the return of a profile as detailed and reasoned as possible of the history of the Beato Angelico School, such as to bring this story back to the center of a historical situation and a complex cultural context, through an original work perspective conducted on thread of clarifications and rediscoveries. Given the "pioneering" nature of this research, the vastness of the materials and sources available and the consequent need to assign a recognizable chronological cut to the work, it was decided to limit the survey to the decades between 1921 and 1950, or between the foundation of Beato Angelico and the death of Giuseppe Polvara. As will be seen, the initial term is in a certain sense anticipated by the need to better outline the background and context from which the School originates (between the end of the 19th and the first decades of the 20th century). The year assumed at the end of the research, on the other hand, seemed an almost obligatory choice, coinciding with the first change in the direction of Beato Angelico as well as the desire to exclude from the discussion what started in the 1950s and 1960s, that is a new and different season in the field of sacred art (destined, among other things, to pass through the junction represented by the Second Vatican Council and by the action of St. Paul VI), which is however much investigated by historical-artistic studies. What made the drafting of this thesis possible is the fact that it relies, in large part, on unpublished archival materials or, at least, never examined before in a structured way. Access to the most historicized archive materials and their consultation (thanks to the availability shown by the direction of the Beato Angelico School) have decisively conditioned the discussion of the topics, the reconstruction of which, in some cases, is supported exclusively by documents found. The birth of the Beato Angelico School was not an isolated event in the panorama of European artistic production of the time nor an episode unrelated to what was being debated in the ecclesiastical world at the same time. The Polvara School was born in an era marked by great ecclesial ferment: think of the Ateliers d'Art Sacré founded by Maurice Denis and George Desvallières in Paris in 1919, only two years before the Milanese School, whose adherents - all lay people - they professed an intense and devoted religiosity. But, above all, the decisive and best known model by Polvara was the Beuron School (Beuroner Kunstschule), born in the homonymous German Benedictine abbey in the last quarter of the nineteenth century by father Desiderius Lenz and on whose example workshops specialized in the production of sacred art (furnishings and vestments for liturgical use) in many Benedictine communities in central Europe. Polvara's affinity with Benedictine spirituality is a key element of the School he founded: in fact, the (analogous) concept of "represented prayer" (orando labora) derived from the rule of the ora et labora. The very organization of the School, set up as in an ideal medieval workshop where teachers, apprentices and pupils collaborate and coexist, takes up the monastic lifestyle of the Benedictine monasteries. Precisely in order to preserve the character of the medieval workshop as much as possible, the number of students admitted to the School was never too high, so as to maintain an adequate and effective numerical ratio between disciples and masters. Again, from Beuron Fra Angelico drew the particular and unmistakable graphic form of the letter "e", recognizable in the numerous and long epigraphs present in many of his works. The last element in common between the Milanese and the German schools - but which can be attributed to the more general fascination for the medieval era - is the unity of purpose that must animate all the workers involved in creating a collective and anonymous work ad maiorem. Dei gloriam, where the contribution of the single author remains deliberately hidden in favor of the name of the School. What still differentiates the School from similar centers of production of sacred art is the fact that it rests its foundations on a religious congregation, the Beato Angelico Family, an idea long cultivated by Polvara and officially approved by the diocesan authority between the thirties and forties. From the common vocation to sacred artistic creation (the artist's "priestly mission") descend the practice of community life, the participation in the sacraments and the various daily moments of prayer by master priests, brothers and sisters artists, apprentices, pupils and pupils . The spiritual direction traced by the founder for his family still acts today as a guarantee of a strenuous fidelity in the continuity of a unique artistic and liturgical project, put into practice by a community of men and women linked together by the canonical vows of poverty, chastity. and obedience but above all from a common and higher intent. Precisely to ensure a prospect of survival and future development of his creature, Polvara always had a clear need to keep the training aspect (and therefore the teaching for students, adolescents and young people) united with that of production (due to the work of collaboration between teachers, apprentices and students). From an operational point of view, the artistic disciplines, practiced in the various laboratories in which the School is divided, contribute, without any exception and in the aforementioned anonymous and collective form, to create an organic and unitary artistic product, a "total work of art" which must respond to the address given by the master architect (Polvara himself), to whom devotion, respect and obedience are due. The architectural design is therefore assigned great importance and this means that the best representative works of the Beato Angelico School are those sacred buildings entirely made with the intervention of its laboratories for all or almost all the decorations, furnishings, furnishings and Milanese churches of S. Maria Beltrade, S. Vito al Giambellino, S. MM. Nabore and Felice, or the church of S. Eusebio in Agrate Brianza and the chapel of the religious institute of the daughters of S. Eusebio in Vercelli). As for the expressive languages used by the School (the so-called "style"), the preference for modern architectural rationalism is highlighted - a topic of stringent topicality, to which Polvara did not fail to give his personal theoretical and practical contribution - and that for Divisionism in painting, indebted to the ancient admiration for the work of Gaetano Previati. The interaction of these two forms gives rise to a recognizable language, modern and spiritual at the same time, verifiable in the buildings as in the individual works, the result of a profound sensitivity that combines the thoughtful recovery of some forms of the past (for example early Christian iconography reused in the decorative motifs of the vestments or in the shape of some artifacts, from the chalice to the tabernacle, to the chasuble-chasuble) with the impetus for a modern and functional style appropriate to the times but respectful of tradition.
Paolicchi, Anita. "Reliquiari e tabernacoli. Un'indagine comparativa delle oreficerie sacre del mondo bizantino-slavo." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1186197.
Full textSABATINI, IRENE. "L’Abruzzo prima di Nicola da Guardiagrele. Oreficeria e devozione attraverso lo studio della croce processionale." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/2158/594229.
Full textAHMAD, IBRAHIM. "L’oreficeria in Siria durante l’Età del Bronzo Antico e Medio, Tecniche e sviluppo storico." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1154703.
Full textMarzo, Alessia. "La miniatura sotto cristallo di rocca. Origine, diffusione e sviluppi (secoli XII-XV)." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2318/1854143.
Full textManca, Rosarosa. "Non-invasive, scientific analysis of 19th-century gold jewellery and maiolica. A contribution to technical art history and authenticity studies." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1238319.
Full textSPERANZA, FRANCESCO. "Camillo Marcolini Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Dresda e della Manifattura di Porcellana di Meißen." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1151843.
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