Academic literature on the topic 'Ordini architettura'

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Journal articles on the topic "Ordini architettura"

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Clarke, Georgia. "Vitruvian Paradigms." Papers of the British School at Rome 70 (November 2002): 319–46. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200002191.

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Abstract:
PARADIGMI VITRUVIANIQuesto articolo esamina la diffusione e la conoscenza del De archittctura di Vitruvio in Italia nel quindicesimo secolo e dimostra come l'interesse verso di esso sia aumentato nel corso del secolo, come attestato dal numero di copie di manoscritti realizzato dalla metà del secolo in poi, dall'influenza vitruviana sulla scrittura e la traduzione di altri trattati di architettura, e dalla stampa del De architettura nel 1487/8. Questo tipo di attenzione va messo in relazione con il contemporaneo interesse nei confronti dell'architettura da parte di mecenati, studiosi ed architetti. Nei primi decenni del sedicesimo secolo, Vitruvio occupava di già una posizione centrale in rapporto alla teoria architettonica tanto che fu prodotta nel corso del secolo tutta una serie di edizioni del testo. In alcuni testi, ma sopratutto nella pubblicazione sull'architettura del 1537 di Sebastiano Serlio, gli ordini vennero enfatizzati come la parte più importante dell'architettura e a Vitruvio fu concessa la massima autorità. In seguito, riferimenti a Vitruvio furono usati per giustificare teorie che dipendevano sia dalle idee e formulazioni del sedicesimo secolo che dal De architettura stesso.
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Della Ferrera, Leonardo. "Le memorie di Nicola Paravicini De Lunghi fra "liber chronicus" parrocchiale e autobiografia." STORIA IN LOMBARDIA, no. 2 (December 2010): 5–46. http://dx.doi.org/10.3280/sil2010-002001.

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Abstract:
In un manoscritto ottocentesco dovuto al sacerdote di un villaggio valtellinese, Nicola Paravicini De Lunghi (1820-1900), si susseguono considerazioni sulla vicenda personale dell'autore, sulla sua attivitŕ come parroco di paese, sulle condizioni sociali della zona e sulle questioni politiche scottanti all'epoca nel rapporto Chiesa - Stato (Roma capitale, soppressione degli ordini religiosi). Il testo indagato fornisce un esempio della ricchezza delle fonti di scrittura primaria, in particolare attraverso l'analisi del ruolo e della preparazione culturale del clero curato dell'Ottocento. Note biografiche: Leonardo Della Ferrera (1965) si č laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1989 e in Storia presso l'Universitŕ degli Studi di Milano nel 2009; attualmente insegna disegno in un istituto tecnico. E-mail: leonardo.dellaferrera@fastwebnet.it
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Malagnini, Francesca, and Irene Fioravanti. "Tra testo, lessico e morfosintassi: analisi descrittiva di testi di italiano L2." Cuadernos de Filología Italiana 29 (June 24, 2022): 181–204. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.79546.

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Abstract:
La competenza testuale, lessicale e morfosintattica rappresentano tre competenze importanti per lo sviluppo e l’apprendimento di una seconda lingua (L2). Se da un lato, la competenza testuale si sviluppa linearmente fin dalle prime fasi dell’apprendimento della L2, altrettanto non si può affermare per la competenza lessicale e morfosintattica. Gli apprendenti L2, infatti, sembrano non individuare gli errori lessicali e a violare le regole di restrizione lessicale. Inoltre, alcuni aspetti morfosintattici, come la selezione delle forme verbali e l’uso di ordini sintattici complessi, sembrano essere problematici per gli apprendenti. Tenendo a mente ciò, il presente contributo indaga il livello testuale, lessicale e morfo-sintattico in testi di apprendenti di italiano di due livelli di competenza linguistica diversi: intermedio e avanzato. Lo scopo dell’analisi è stato quello di delineare i tratti più salienti in ciascuno dei tre piani di analisi sia nel livello intermedio che avanzato, e quanto i due livelli differiscano fra di loro. I risultati hanno mostrato che sia i testi intermedi che avanzati mostrano una buona architettura testuale. Dal punto di vista grammaticale, i due livelli sono caratterizzati dagli stessi errori (p.e., la selezione non corretta delle preposizioni e l’uso dei clitici). Tuttavia, i testi del livello intermedio mostrano una maggior correttezza grammaticale dei testi di livello avanzato. Al contrario, la competenza lessicale risulta superiore nei testi di livello avanzato rispetto ai testi di livello intermedio, suggerendo che gli apprendenti di livello avanzato tendono a dirigersi verso una struttura del testo più comunicativa che corretta grammaticalmente.
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Souza, Maria Luiza Zanatta de. "repercussão na arquitetura e nas artes do Tratado das Ordens de Iacomo Barozzi da Vignola (1562)." Risco Revista de Pesquisa em Arquitetura e Urbanismo (Online) 19 (July 28, 2021): 62–79. http://dx.doi.org/10.11606/1984-4506.risco.2021.166889.

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Abstract:
Após passar por uma etapa de estudo e levantamentos dos vetustos monumentos romanos, acompanhando leituras e discussões teórico-artísticas promovidas pela Accademia della Virtú (c.1542) em Roma, Iacomo Barozzi da Vignola redigiu duas obras que permitem situá-lo entre os importantes teóricos do período. A exemplo de Sebastiano Serlio (1475-1554) e Guillaume Philandrier (1505-1563) que partiram do estudo do De Architettura de Vitrúvio (I séc. a. C.) e da observação das ruinas para compor os seus tratados, Barozzi deu sua contribuição à Teoria das Ordens com seu Regole delli Cinque ordine d’ Architettura, 1562. Diferentes estudos sobre as raízes da Arte têm levado àcompreensão de o Brasil não esteve alheio à difusão do Livro de Figuras de Vignola.
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La Rocca, Eugenio. "Il tempio dei divi Traiano e Plotina, l’arco partico e l’ingresso settentrionale al foro di Traiano: un riesame critico delle scoperte archeologiche." Veleia, no. 35 (November 27, 2018): 57. http://dx.doi.org/10.1387/veleia.19540.

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Abstract:
Riassunto: Del templum divi Traiani abbiamo sicure attestazioni dalle fonti le quali, tuttavia, non chiariscono quale fosse la morfologia dell’edificio né quale fosse la sua effettiva ubicazione, che sappiamo, comunque, connessa con la colonna di Traiano. I recenti scavi eseguiti nelle fondazioni del palazzo Valentini non hanno risolto il problema. La riproposizione di un edificio templare di ordine gigantesco, con 8 × 10 (o 9) colonne di granito egiziano di 50 piedi di altezza, continua a basarsi sulla ricostruzione ipotetica dell’area a settentrione del foro di Traiano codificata da Guglielmo Gatti (sulla base di appunti del nonno Giuseppe) e da Italo Gismondi. In realtà, le indagini finora compiute non lo consentono. Inoltre, le soluzioni finora proposte non tengono conto dell’arco partico di Traiano, la cui collocazione all’ingresso meridionale del foro di Traiano, come suggerito da Rodolfo Lanciani e da Italo Gismondi, non può più essere sostenuta. È verosimile che l’arco, i cui lavori, avviati nel maggio del 116 d.C. erano ancora in corso al momento della morte di Traiano, il 7 agosto del 117 d.C., fosse invece all’ingresso principale del foro, il settentrionale, in un’area interessata da interventi edilizi di Adriano, di cui ci sfuggono, purtroppo, l’entità e le motivazioni. La presenza obbligatoria dell’arco partico nella zona parzialmente occupata dal templum divi Traiani, almeno secondo le più recenti proposte di ricostruzione, costringe a rivedere su basi differenti l’assetto adrianeo dell’area del foro di Traiano a nord della colonna coclide.Parole chiave: Traiano, topografia romana, architettura romana.
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Dissertations / Theses on the topic "Ordini architettura"

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LOMBARDO, VALENTINA. "La Regola di Vignola tra Cinquecento e Ottocento. Casi esemplari per la sua destinazione: da trattato a manuale." Doctoral thesis, Politecnico di Torino, 2012. http://hdl.handle.net/11583/2501599.

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Abstract:
La prima edizione della "Regola delli cinque ordini di architettura", di Jacopo Barozzi da Vignola è del 1562 e si è imposta nel tempo come il più conciso, chiaro, semplice e influente trattato di architettura classica. Solamente grazie ad alcune lettere inviate da Vignola a Vasari e al duca di Parma e Piacenza, Ottavio Farnese, è possibile ipotizzare che l’opera sia in fase di elaborazione nel 1561, per essere poi pubblicata l’anno successivo, nel 1562. La Regola non è nata come un vero e proprio libro, ma come una serie di incisioni su rame che illustrano i cinque ordini architettonici. Su ogni tavola, in basso sono presenti alcune righe di testo che esplicitano meglio l’argomento. Anche le due pagine, interamente scritte, che ospitano la lettera dedicatoria al cardinale Alessandro Farnese e ai lettori e il privilegio di stampa, il cosiddetto motu proprio, sono incise su rame e non realizzate a caratteri mobili. Nel corso dei secoli la Regola risulta un punto di riferimento per architetti, disegnatori e progettisti, in un lento, ma efficace percorso che porterà l’opera a trasformarsi da trattato a manuale. Benché l’intento del Vignola sia quello di fornire strumenti maggiori a chi già conosce l’arte del costruire, agli “addetti ai lavori”,quest'opera gode di una popolarità immensa, già a partire dalla prima edizione, per diventare, nel corso degli anni, una delle opere di teoria architettonica più diffuse, conosciute e tradotte in Europa e nel mondo. Vignola presuppone nel lettore la conoscenza della materia: non descrive gli ordini architettonici e i loro riferimenti storici, ma insegna a proporzionarli e a costruirli, attraverso una misura standard e semplificata, che definisce modulo. Già dalla seconda edizione, di poco successiva alla prima, dato il grande successo riscontrato, anche tra chi non si intende di quest’arte, si rende necessaria l’aggiunta di una serie di accorgimenti che permettono anche a un pubblico meno esperto di studiare e utilizzare il trattato. Lo scopo del lavoro di Vignola viene completamente snaturato quando l’opera, nel corso del XVIII secolo, diventa un vero e proprio manuale, arricchito di aggiunte e integrazioni alle tavole e utilizzato da Accademie, scuole d’arte e istituti tecnici. La grande fortuna della Regola ha condotto alla pubblicazione di numerosissime edizioni, nel corso dei secoli XVII, XVIII e XIX. L’obiettivo dello studio è comprendere come il trattato sia diventato un vero e proprio manuale, attraverso una serie di passaggi dall’editio princeps alle edizioni di fine Ottocento, nel costante raffronto con la cultura architettonica coeva. Particolare attenzione è stata data ai cambiamenti che il testo ha subito nel tempo, dal punto di vista delle tavole (incremento, perdita o aggiunta di informazioni, tecnica di rappresentazione), della scrittura, della grafica, dei frontespizi. Inoltre è stato fondamentale, per uno studio completo, considerare anche le lettere dedicatorie, la committenza, l’utilizzo specifico del trattato nei diversi secoli. La ricerca delle differenti edizioni è avvenuta in modo sistematico, con la consultazione del materiale conservato in alcune biblioteche e archivi italiani. Lo studio di ciascuna edizione consente di formulare specifiche considerazioni a seconda del secolo in cui si colloca la ristampa. Si tratta di valutazioni riguardanti diversi aspetti: gli editori e le figure che a vario titolo intervengono nella stesura dell’opera, la forma grafica che viene data di volta in volta, la presenza o meno di particolari tavole e gli elementi architettonici e formali che vengono rappresentati nei disegni, l’importanza che veniva data al trattato dagli studiosi più o meno illustri del periodo, l’utilizzo delle ristampe e la loro fortuna editoriale, i riferimenti all’antico e al mondo classico, le aggiunte “scientifiche”, cioè parti che i curatori considerano fondamentali per lo studio dell’architettura e la formazione dei giovani (trattati di geometria, di meccanica, vocabolari di termini architettonici, …), i frontespizi, elementi fondamentali del trattato prima e del manuale poi, poiché introducono direttamente all’interno dell’opera. Fondamentale la ricerca di informazioni riguardanti gli editori o stampatori e dei personaggi che intervengono nelle edizioni successive della Regola, cioè dedicatari, committenti, incisori, disegnatori, curatori, ingegneri e professori. Importante per la comprensione del panorama culturale in cui si inserisce l’opera lo studio dell’utilizzo del trattato in alcune Accademie italiane (Brera a Milano, San Luca a Roma, Clementina a Bologna, Albertina a Torino, Accademia di Belle Arti di Firenze), in cui la Regola del Vignola viene riconosciuta come fondamentale per lo studio dell’architettura, anche se, affiancata ad altri testi. In particolare nel corso del XVIII secolo l’opera, adottata dai professori delle più importanti accademie italiane subisce modifiche e ampliamenti in base a differenti esigenze didattiche. Il trattato, infatti, diventa manuale circolando nelle accademie e scuole d’arte, diventando veicolo non solo dell’architettura classica, ma anche di norme tecniche e pratiche funzionali al contesto culturale in cui si inserisce. Nel corso dei secoli il trattato cambia notevolmente per adattarsi a nuove esigenze e fruitori, perdendo le caratteristiche peculiari che avevano contraddistinto la prima edizione del 1562. Infatti i nuovi curatori che ristampano l’opera si confrontano, in alcuni casi, con la princeps, in altri con le edizioni a loro immediatamente precedenti o contemporanee, cercando di migliorarle e adattarle alle nuove esigenze. Se questo da un lato permette uno sviluppo e un conseguente passaggio graduale da trattato a manuale, dall’altro provoca la perdita progressiva delle caratteristiche proprie dell’opera originale di Vignola. Se le prime edizioni di tardo Cinquecento e di inizio Seicento rispecchiano sostanzialmente i caratteri fondanti della "princeps", con la sola aggiunta della nomenclatura degli elementi architettonici e delle porte di invenzione vignolesca e michelangiolesca, con la fine del XVII secolo, i volumi si arricchiscono di sezioni aggiuntive, più tecniche e specifiche. Nella seconda metà del secolo si possono individuare aggiunte, anche consistenti, di commenti, tavole, spiegazioni dei nuovi editori/stampatori. Nel Settecento, per un migliore uso dell’opera, da parte di professionisti, ma anche di dilettanti o studenti, che la utilizzano all’interno delle Accademie, scuole d’arte e tecniche, le pagine della Regola sono integrate da trattati di meccanica, vocabolari di termini architettonici, piante, prospetti e sezioni di edifici rappresentativi e legati direttamente agli ordini, come applicazioni pratiche. Le nuove edizioni di questo periodo possono presentarsi in modi differenti, proponendo l’edizione originale oppure diventando il pretesto per la pubblicazione di un’opera più articolata e complessa, che fornisce maggiori informazioni e strumenti per l’apprendimento delle regole architettoniche riguardanti i cinque ordini. Questa tendenza è ancora più accentuata nella seconda metà del XVIII secolo, in cui aumentano le edizioni straniere e sono aggiunte un maggior numero di tavole e sezioni specifiche del volume, quali trattati di matematica e geometria, biografia di Vignola, vocabolari, indici dei volumi e lettere ai lettori. Tutto questo sempre più in funzione degli studenti a cui le opere sono indirizzate. È l’Ottocento che porta i cambiamenti maggiori e sostanziali al libro, anche se in alcuni casi, soprattutto a inizio secolo, si tratta di riproposizioni di edizioni tardo-settecentesche. Lo studio delle ombre e il sempre maggiore utilizzo all’interno delle Accademie e delle scuole tecniche, portano modifiche alla grafica delle tavole, arricchite di particolari costruttivi e misure e rappresentate molto spesso solo a semplici contorni. Nel XIX secolo, a partire dai primi decenni, con un processo iniziato a fine Settecento e consolidandosi fino a diventare la regola, le tavole iniziano ad essere separate dal testo. Non mancano, anche nell’Ottocento, le stampe estere. Nel corso di tutto il secolo, le nuove ristampe di quello che ormai non è più un trattato, ma è diventato un manuale a tutti gli effetti, comprendono al loro interno molte aggiunte sia a livello dei testi, sia a livello grafico, funzionali al nuovo utilizzo. Si tratta di interventi, in molti casi di professori delle Accademie o delle scuole tecniche e di professionisti. Le edizioni successive, di fine Ottocento sono per lo più riproposizioni di quelle precedenti, che non forniscono rilevanti informazioni aggiuntive rispetto alle altre. Con la fine del XIX secolo, tuttavia si apre un dibattito sull’effettivo beneficio dell’utilizzo del trattato, ormai divenuto, da quasi un secolo, manuale, per gli istituti tecnici, per le scuole di architettura e di ornato. Sono messe in discussione le accademie e di conseguenza anche la Regola è sottoposta al giudizio critico. Ciò che resta indubbio è che, utilizzando il libro nelle Accademie e nelle scuole tecniche e professionali, vi è un reciproco condizionamento. Per le edizioni del Novecento valgono essenzialmente le considerazioni fatte per quelle di fine Ottocento, con un miglioramento della tecnica e dell’organizzazione della stampa e un alleggerimento della parte decorativa a beneficio di una maggior chiarezza e linearità delle tavole, fino ad arrivare a commenti storico-critici della versione originale della Regola. È da sottolineare che negli ultimi decenni sono state stampate esclusivamente riproduzioni anastatiche, commentate, di edizioni antiche. Di alcuni esemplari consultati è possibile riconoscere il proprietario, grazie a firme e postille. Nella maggior parte dei casi, i nomi non sono riconducibili a personaggi di spicco del panorama culturale in cui si inseriscono. Tuttavia, nel corso della ricerca è stato possibile individuare quattro volumi appartenuti a Pelagio Palagi e facenti parte della ricca biblioteca donata al comune di Bologna, dopo la sua morte. I personaggi che a vario titolo intervengono nella stesura delle diverse edizioni sono curatori, dedicatari, editori, incisori, disegnatori molto attivi nel panorama culturale in cui di volta in volta si inseriscono le nuove ristampe. Questo dimostra che fin dalla prima edizione e per tutte le successive, la tendenza è quella di dare notevole importanza all’opera. Se da un lato i primi “curatori” delle nuove edizioni, soprattutto nel Seicento, sono artisti che intagliano nuovamente le tavole o aggiungono nuove incisioni e commenti per rendere più chiaro il trattato senza discostarsi dall’idea originale, con il passare degli anni i personaggi che intervengono nelle nuove edizioni si occupano interamente del volume, divenendone quasi “autori”, poiché soprattutto a fine Settecento e per tutto l’Ottocento utilizzano l’originale o le stampe subito successive, solamente per le regole che rappresentano, dando però origine a opere nuove, più funzionali ed articolate. Sono infatti architetti e professori di disegno nelle Accademie, che valutando utile utilizzare la "Regola" di Vignola, riconoscendone l’indubbio valore, ritengono tuttavia necessario adattarla alle esigenze culturali e didattiche del periodo in cui vivono ed operano.
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De, Angelis Alessandro. "Sulla distrutta chiesa delle Monache Agostiniane di Gesù e Maria a bologna. Strumenti e metodi per verifiche di una paternità incerta." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8077/.

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Abstract:
«Così una circoncisione del Guercino mi ha fatto una profonda impressione, perché già conosco ed amo questo maestro. Gli ho perdonato il soggetto antipatico e ho goduto dell’esecuzione», commentò Goethe nel suo Viaggio in Italia, quando passò per Bologna tra il 18 ed il 20 ottobre 1786. Lo scrittore tedesco fu una delle ultime personalità che poté ammirare l’opera che campeggiava sull' altare maggiore della chiesa di Gesù e Maria, autentico tempio del barocco bolognese, oggi scomparso. L’abbattimento del complesso intervenne infatti all’inizio del XIX secolo con la conseguente dispersione dell’intero corpo iconografico e del materiale mobiliare, a testimonianza della qualità e del pregio, non solo delle opere un tempo contenute all’interno, ma anche della struttura architettonica. L’interesse alla chiesa di Gesù e Maria è stato determinato dal forte impatto che l’edificio ed il suo apparato ebbe sui contemporanei, come dimostrano efficacemente i testi di letterati e cronisti bolognesi coevi, quali Carlo Cesare Malvasia e Antonio Masini. Per quanto riguarda invece la celebre pala d’altare del Guercino, oltre a Goethe, anche Stendhal ne valutò l’importanza riportandola come una tra le più belle di Bologna. La finalità di questa tesi di laurea, dunque, è quella di far luce sulla vita di questa opera, a partire dalle testimonianze dirette, ricavate dalla comparazione dei documenti dispersi in diversi fondi archivistici di Bologna, indagando soprattutto sulla possibile “paternità” del progetto.
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ISMAELLI, TOMMASO. "ARCHITETTURA DORICA A HIERAPOLIS DI FRIGIA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/245.

Full text
Abstract:
Obiettivo del lavoro è lo studio sistematico di tre complessi monumentali della città di Hierapolis di Frigia (Pamukkale, Denizli, Turchia) caratterizzati dall'adozione dell'ordine dorico, ossia il portico del terrazzo inferiore del Santuario di Apollo, la Stoà di Marmo e le facciate della Via di Frontino. La ricerca, fondata sull'osservazione analitica dei blocchi architettonici, ha mirato a restituire, in prima istanza, l'immagine complessiva dei singoli edifici, con ricostruzioni grafiche delle planimetrie e dei prospetti, ma anche a comprendere la “vita” del monumento, ossia la sua destinazione d'uso ed il suo significato pratico ed ideologico all'interno dell'ambito cittadino. Ampio spazio è riservato inoltre allo studio degli aspetti tecnici e formali, che permettono di fare luce sull'attività delle botteghe locali coinvolte nella lavorazione del marmo e del travertino, con attenzione alle loro relazioni con gli altri centri dell'alta valle del Meandro. L'esame degli edifici ierapolitani si accompagna all'analisi dei modelli architettonici sviluppati nel corso dell'età ellenistica in Asia Minore, al fine di valutare correttamente il ruolo del contesto locale nell'elaborazione di nuovi tipi architettonici. L'inquadramento cronologico dei vari complessi, condotto tramite l'esame dei caratteri formali, dei dati epigrafici e stratigrafici, consente di ampliare la conoscenza della storia urbanistica della città di Hierapolis nel corso del I sec. d.C.
Purpose of the present work is the systematic analysis of three monuments of the ancient city of Hierapolis in Phrygia (Pamukkale, Denizli, Turkey), which are distinguished by the Doric order: the porticus of the lower terrace of the Apollo Sanctuary, the Marble Stoà and the façades of the Frontinus Street. The research is based on the analytic examination of the architectonical blocks and, in the first place, aims at gaining the ancient image of the buildings developing graphic reconstructions of their plans and fronts, but also wants to define the “life” of the monuments, their practical and ideological meaning in the urban context. Special attention is given to the study of the technical and morphological aspects, to understand the relationships of the local workshops with those of the other cities of the Meander valley. The analysis of the Doric buildings of Hierapolis goes together with the study of the architectural patterns developed during the Hellenistic age in Asia Minor, to achieve the correct view of the local context in the creation of new architectonical types. The chronological definition of the buildings, by means of the analysis of stylistic features, epigraphical and stratigraphical data, allows us to define with more details the urbanistic history of Hierapolis during the Ist century A.D.
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ISMAELLI, TOMMASO. "ARCHITETTURA DORICA A HIERAPOLIS DI FRIGIA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/245.

Full text
Abstract:
Obiettivo del lavoro è lo studio sistematico di tre complessi monumentali della città di Hierapolis di Frigia (Pamukkale, Denizli, Turchia) caratterizzati dall'adozione dell'ordine dorico, ossia il portico del terrazzo inferiore del Santuario di Apollo, la Stoà di Marmo e le facciate della Via di Frontino. La ricerca, fondata sull'osservazione analitica dei blocchi architettonici, ha mirato a restituire, in prima istanza, l'immagine complessiva dei singoli edifici, con ricostruzioni grafiche delle planimetrie e dei prospetti, ma anche a comprendere la “vita” del monumento, ossia la sua destinazione d'uso ed il suo significato pratico ed ideologico all'interno dell'ambito cittadino. Ampio spazio è riservato inoltre allo studio degli aspetti tecnici e formali, che permettono di fare luce sull'attività delle botteghe locali coinvolte nella lavorazione del marmo e del travertino, con attenzione alle loro relazioni con gli altri centri dell'alta valle del Meandro. L'esame degli edifici ierapolitani si accompagna all'analisi dei modelli architettonici sviluppati nel corso dell'età ellenistica in Asia Minore, al fine di valutare correttamente il ruolo del contesto locale nell'elaborazione di nuovi tipi architettonici. L'inquadramento cronologico dei vari complessi, condotto tramite l'esame dei caratteri formali, dei dati epigrafici e stratigrafici, consente di ampliare la conoscenza della storia urbanistica della città di Hierapolis nel corso del I sec. d.C.
Purpose of the present work is the systematic analysis of three monuments of the ancient city of Hierapolis in Phrygia (Pamukkale, Denizli, Turkey), which are distinguished by the Doric order: the porticus of the lower terrace of the Apollo Sanctuary, the Marble Stoà and the façades of the Frontinus Street. The research is based on the analytic examination of the architectonical blocks and, in the first place, aims at gaining the ancient image of the buildings developing graphic reconstructions of their plans and fronts, but also wants to define the “life” of the monuments, their practical and ideological meaning in the urban context. Special attention is given to the study of the technical and morphological aspects, to understand the relationships of the local workshops with those of the other cities of the Meander valley. The analysis of the Doric buildings of Hierapolis goes together with the study of the architectural patterns developed during the Hellenistic age in Asia Minor, to achieve the correct view of the local context in the creation of new architectonical types. The chronological definition of the buildings, by means of the analysis of stylistic features, epigraphical and stratigraphical data, allows us to define with more details the urbanistic history of Hierapolis during the Ist century A.D.
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BOZZA, SARA. "ARCHITETTURA IONICA A HIERAPOLIS DI FRIGIA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10487.

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Abstract:
La ricerca di dottorato si inserisce nel quadro delle attività della MAIER – Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia (Pamukkale, Turchia) e nel filone degli studi di architettura antica relativi ai complessi edilizi dei centri microasiatici. Vengono analizzati, in particolare, alcuni edifici e materiali architettonici di ordine ionico emersi dalle recenti indagini di scavo, allo scopo di fornire una ricostruzione dei monumenti nella planimetria e negli alzati, ma anche delle loro funzioni e le destinazioni d’uso; parallelamente si è sviluppata l’analisi del linguaggio formale delle architetture, allo scopo sia di definire le cronologie degli edifici sia di inserirli nel più ampio fenomeno della decorazione architettonica microasiatica, rintracciandone gli eventuali modelli, anche in rapporto al complesso problema dell’attività delle maestranze, per fornire un quadro aggiornato delle modalità di impiego dell’ordine ionico a Hierapolis di Frigia nel corso dell’età imperiale. La ricerca ha affrontato i due complessi santuariali del centro cittadino: nel Santuario di Apollo vengono analizzati il Tempio C, una serie di eccezionali capitelli ionici con collarino decorato e un consistente gruppo di elementi architettonici riferibili ad un portico di temenos (di ordine corinzio); nel Ploutonion si sono indagati alcuni materiali riferibil invece ad un portico ionico, posto a coronamento del theatron rituale.
This doctoral research is part of the activities of MAIER – Italian Archaeological Mission in Hierapolis of Phrygia (Pamukkale, Turkey) and of the investigation field on the ancient architecture in Asia Minor. Some buildings and architectural blocks of Ionic order, recently discovered, are analyzed in order to achieve a reconstruction of the monuments, not only of the plan and elevation, but also of the ancient functions and use of the buildings. The stylistic analysis is also very important, to determine the chronology of the monuments and to relate the Ionic architecture of Hierapolis with the other urban centres in Asia Minor and their architectural tradition during the Imperial period. The dissertation is focused on both the sanctuaries of Hierapolis: in the Sanctuary of Apollo, the research analyzes the Temple C, a series of Ionic capitals with decorated hypotrachelion, and a group of architectural blocks from a (Corinthian) temenos portico; in the Ploutonion, the focus is on a series of blocks from an Ionic Stoa, related to the cultic theatre.
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BOZZA, SARA. "ARCHITETTURA IONICA A HIERAPOLIS DI FRIGIA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10487.

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Abstract:
La ricerca di dottorato si inserisce nel quadro delle attività della MAIER – Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia (Pamukkale, Turchia) e nel filone degli studi di architettura antica relativi ai complessi edilizi dei centri microasiatici. Vengono analizzati, in particolare, alcuni edifici e materiali architettonici di ordine ionico emersi dalle recenti indagini di scavo, allo scopo di fornire una ricostruzione dei monumenti nella planimetria e negli alzati, ma anche delle loro funzioni e le destinazioni d’uso; parallelamente si è sviluppata l’analisi del linguaggio formale delle architetture, allo scopo sia di definire le cronologie degli edifici sia di inserirli nel più ampio fenomeno della decorazione architettonica microasiatica, rintracciandone gli eventuali modelli, anche in rapporto al complesso problema dell’attività delle maestranze, per fornire un quadro aggiornato delle modalità di impiego dell’ordine ionico a Hierapolis di Frigia nel corso dell’età imperiale. La ricerca ha affrontato i due complessi santuariali del centro cittadino: nel Santuario di Apollo vengono analizzati il Tempio C, una serie di eccezionali capitelli ionici con collarino decorato e un consistente gruppo di elementi architettonici riferibili ad un portico di temenos (di ordine corinzio); nel Ploutonion si sono indagati alcuni materiali riferibil invece ad un portico ionico, posto a coronamento del theatron rituale.
This doctoral research is part of the activities of MAIER – Italian Archaeological Mission in Hierapolis of Phrygia (Pamukkale, Turkey) and of the investigation field on the ancient architecture in Asia Minor. Some buildings and architectural blocks of Ionic order, recently discovered, are analyzed in order to achieve a reconstruction of the monuments, not only of the plan and elevation, but also of the ancient functions and use of the buildings. The stylistic analysis is also very important, to determine the chronology of the monuments and to relate the Ionic architecture of Hierapolis with the other urban centres in Asia Minor and their architectural tradition during the Imperial period. The dissertation is focused on both the sanctuaries of Hierapolis: in the Sanctuary of Apollo, the research analyzes the Temple C, a series of Ionic capitals with decorated hypotrachelion, and a group of architectural blocks from a (Corinthian) temenos portico; in the Ploutonion, the focus is on a series of blocks from an Ionic Stoa, related to the cultic theatre.
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Gironi, Daniele. "Aspetti operativi ed evoluzione normativa della sicurezza in cantiere: indagini preliminari del sito e bonifica da ordigni bellici inesplosi." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2482/.

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Gallotta, Emanuele. "L'église Sainte-Marie-Majeure de Ferentino et la dimension cistercienne de l'architecture du Latium méridional au XIIIe siècle." Thesis, Sorbonne université, 2019. http://www.theses.fr/2019SORUL083.

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Abstract:
La recherche porte sur l'étude historique et architecturale de l'église de Sainte-Marie-Majeure à Ferentino (province de Frosinone, Italie), l'un des plus importants édifices construits dans le Latium méridional au XIIIe siècle. Le contexte scientifique montre d'énormes désaccords relatifs à la période d'édification et, par conséquent, aux différentes références culturelles ayant inspiré l'architecture de l'église, à partir des abbayes de Fossanova (1208) et Casamari (1217). D'autre part, en raison de la rareté des sources médiévales qui nous sont parvenues, nous ne connaissons pas avec précision la chronologie relative et absolue du bâtiment. Le texte de synthèse, qui est supporté de deux volumes supplémentaires rassemblant les sources iconographiques et toute la documentation écrite (inédite ou non) sur Sainte-Marie-Majeure, se compose de trois parties. Après avoir retracé l'histoire de l'église, depuis ses origines jusqu'aux dernières restaurations, à partir de l'exposé critique de questions historiographiques, l'architecture de l'édifice et ses principales phases de construction sont analysées de manière exhaustive. Enfin, la dernière section contextualise notre étude de cas dans le cadre du renouvellement architectural du Latium méridional et, plus largement, dans l'histoire de l'architecture médiévale, sans se limiter à l'Italie. En sélectionnant tel édifice-clé, constituant un exemplum sous le point de vue architectural, la recherche a spécifié les modalités de réception et de transmission des modèles provenant de la Bourgogne et de l'Ile-de-France à l'architecture religieuse et civile dans la province ecclésiastique de Campagna et Marittima au XIIIe siècle
My research deals with the historical and architectural study of Santa Maria Maggiore in Ferentino (in the modern province of Frosinone), one of the most important buildings erected in southern Lazio during the thirteenth century. The existing scholarship on the church was out of date and suffered from large gaps that left the history of its construction unexplained. Neither the date of the site‟s foundation nor that of its completion are known because of the lack of medieval documentary sources. Consequently, the main disagreements about Santa Maria Maggiore had concerned the sources of inspiration for its architecture, as scholars generally compared it to the model of the Cistercian abbeys of Fossanova (1208) and Casamari (1217). My dissertation is accompanied by two additional volumes containing the images supporting the text and a catalogue of written sources including unpublished archival documents, and it is divided into three parts. The first traces the entire history of the building and begins with a critical exposition of related historiographical issues. The second section exhaustively analyses the architecture of the church and its building phases by reconciling documentary evidence and visual analysis of the church. The third section contextualizes the design of Santa Maria Maggiore within the territory of southern Lazio and the panorama of "Cistercian" architecture. By taking this exemplary monument as its subject, my research demonstrates the complex reception of architectural models from Burgundy and the Ile-de-France, analysing their subsequent reworkings in thirteenth-century religious and civil architecture in the ecclesiastical province of Campagna and Marittima
La ricerca affronta lo studio storico-critico della chiesa di Santa Maria Maggiore a Ferentino (FR), uno dei più importanti edifici costruiti nel Lazio meridionale durante il XIII secolo. Nonostante sia stata dichiarata Monumento Nazionale nel 1884, non era mai stata oggetto di uno studio sistematico ed è ancora oggi pressoché inedita. Il contesto scientifico, ormai desueto, soffre di grandi lacune sulle vicende costruttive della fabbrica, di cui non sono note né la data di fondazione né quella di completamento del cantiere a causa della scarsità di fonti documentarie medievali. Di conseguenza, i principali disaccordi hanno riguardato le influenze culturali fonte d‟ispirazione per l‟architettura di Santa Maria Maggiore, troppo genericamente ricondotte al modello delle abbaziali cistercensi di Fossanova (1208) e Casamari (1217). La dissertazione, accompagnata da due volumi supplementari che contengono le immagini di supporto al testo e il repertorio delle fonti documentarie, è suddivisa in tre parti: quella iniziale ripercorre l‟intera storia dell‟edificio a partire dall‟esposizione critica delle questioni storiografiche; la seconda sezione analizza in modo esaustivo l‟architettura della fabbrica e le fasi edilizie riconosciute; la terza parte, infine, contestualizza il caso studio nel quadro del Lazio meridionale e nel panorama dell‟architettura “cistercense”. Estendendo il campo di indagine, il lavoro ha acquisito un valore a scala territoriale poiché la ricostruzione delle vicende edilizie di Santa Maria Maggiore ha permesso l‟istituzione di raffronti con diverse altre architetture coeve sia italiane che francesi, al di là dei due magniloquenti monasteri di Fossanova e Casamari. A questi ultimi, infatti, la storiografia ha attribuito da sempre un ruolo privilegiato nell‟introduzione del linguaggio gotico ultramontano nel territorio a sud di Roma, di cui la chiesa ferentinese rappresenta una derivazione locale. Selezionando tale exemplum, la ricerca ha precisato le modalità di accoglienza dei modelli provenienti dalla Borgogna e dall‟Ilede-France, rintracciando le successive rielaborazioni nell‟edilizia duecentesca sia religiosa che civile nella Provincia ecclesiastica di Campagna e Marittima
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CELLINI, GIOVANNI ROCCO. "Lo spazio tra come interfaccia. Riflessioni sul tema della modificazione in architettura." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1053534.

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Abstract:
Il campo di indagine di questa ricerca è lo spazio tra nella modificazione del manufatto architettonico. La ricerca ipotizza la possibilità del nuovo intervento di interagire con il manufatto preesistente conformando uno spazio che -come un’interfaccia- sia un dispositivo tramite il quale si possano stabilire delle connessioni con l’intorno, ma anche con mondi lontani, irrazionali e invisibili. Come interfaccia, lo spazio tra risponde ai principi caratteristici del conglomerate ordering, tale per cui è capace di creare -nell’esperienza- associazioni di senso piuttosto che separazioni, mettendo in luce la natura esperienziale ed intenzionale della sua progettazione. Per questo la sua forma non corrisponde necessariamente all’interstizio -ovvero alla distanza residuale che separa i due corpi- quanto piuttosto allo spazio stesso del nuovo intervento e del manufatto preesistente.
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RENGHINI, Cristina. "Il sistema di tutela brevettuale nell'Unione Europea: il Brevetto Europeo con effetto unitario e il Tribunale Unificato dei Brevetti." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251086.

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Abstract:
Dopo più di quarant’anni di tentativi tesi alla realizzazione di un titolo di protezione brevettuale “comunitario”, nel 2012 sono stati emanati due regolamenti, il n. 1257/2012 e il n. 1260/2012, attuativi di una cooperazione rafforzata tra ventisei Stati membri dell’Unione europea: essi creano un brevetto europeo con effetto unitario e ne disciplinano il regime di traduzione applicabile. L’anno successivo, venticinque Stati membri hanno firmato un accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti. I summenzionati strumenti normativi costituiscono il c.d. “pacchetto brevetti”, che entrerà in vigore una volta che almeno tredici Stati membri, tra cui Germania, Francia e Regno Unito, avranno ratificato l’Accordo. Rispetto al panorama attuale, caratterizzato da una frammentazione normativa e giurisdizionale, tale nuova architettura porterà indubbiamente notevoli vantaggi. Da un lato, infatti, i regolamenti europei introducono un “nuovo brevetto” che estende la sua efficacia oltre i confini nazionali; la portata della protezione e gli effetti saranno infatti uniformi in tutto il territorio degli Stati membri partecipanti. Dall’altro, il Tribunale unificato, competente a giudicare quasi tutte le controversie in materia brevettuale, si sostituirà ai giudici nazionali, garantendo l’uniformità della giurisdizione e delle decisioni. Tuttavia, il risultato ottenuto con il “pacchetto brevetti” non sembra essere adeguato agli obiettivi di unitarietà che le istituzioni europee e gli Stati membri si erano prefissati. Si tratta infatti di un quadro normativo complesso, che combina il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale (in particolare l’Accordo sul Tribunale unificato e la Convenzione sul brevetto europeo), e il diritto nazionale degli Stati membri, a cui gli atti citati rinviano in diverse occasioni, e che istituisce due strumenti, il brevetto europeo con effetto unitario e il Tribunale unificato dei brevetti, dalla natura assai controversa. Per tale ragione, la nuova normativa solleva molteplici questioni di natura costituzionale, in ordine alla compatibilità del nuovo sistema con l’ordinamento giuridico dell’Unione europea. Uno dei profili problematici di particolare interesse riguarda la cooperazione rafforzata in tema di tutela brevettuale unitaria, che sembra essere stata instaurata per eludere il dissenso di Italia e Spagna in relazione al regime linguistico applicabile. Inoltre, nei due regolamenti europei manca una vera e propria disciplina sostanziale, sollevando pertanto dei dubbi sull’effettiva “unitarietà” del nuovo brevetto. Infine, alcune caratteristiche del Tribunale unificato, quali la sua particolare struttura, il riparto interno delle competenze, il regime linguistico e la previsione di un periodo transitorio in cui è possibile ancora adire il giudice nazionale, si pongono in contrasto con il fine di unificazione giurisdizionale. A tali considerazioni si aggiunge che la decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea potrebbe compromettere l’entrata in vigore del “pacchetto brevetti”. Obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare in modo organico l’intera disciplina, nell’ottica di verificarne l’effettiva compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea. Solamente attraverso un approccio sistematico fondato sui principi e sugli strumenti dell’UE, si possono superare le attuali criticità che emergono dal “pacchetto brevetti”, nell’ottica di un effettivo miglioramento di tale nuova disciplina e del conseguente raggiungimento di una reale unitarietà nella tutela brevettuale.
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Books on the topic "Ordini architettura"

1

Arte nei monasteri, arte per i monasteri: Scrittura, arte e architettura presso i Benedettini e altri ordini religiosi. Modena: Franco Cosimo Panini, 2016.

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2

Birindelli, Massimo. Ordine apparente: Architettura e simmetrie irregolari. Roma: Kappa, 1987.

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3

Architetture degli ordini mendicanti in Calabria nei secoli XIII-XV. Cannitello, Reggio Calabria]: Biblioteca del Cenide, 2002.

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4

Fecchio, Lorenzo. Il "nuovo miglior ordine" per il Sacro Monte di Varallo Sesia: Architettura, costruzione e amministrazione, 1560-1584. Firenze: DIDA Press, 2019.

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5

Morolli, Gabriele. Leon Battista Alberti: I nomi e le figure : ordini, templi e fabbriche civili : immagini e architetture dai libri VII e VIII del De re aedificatoria. Firenze: Alinea, 1994.

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Conference papers on the topic "Ordini architettura"

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Silva, Madalena Pinto da. "Guardare oltre il tempo." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7958.

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Abstract:
È nostra convinzione che gli argomenti della dissoluzione del luogo contribuiscono a ideare una città che va aggiungendo architetture atopici, architetture dove si può manifestare più facilmente la spettacolarità delle sue forme, e dove la rottura spaziale della città diventa più evidente. D'altra parte, la difesa dell’anti-storicità del processo creativo architettonico, nel confronto con la città e la sua architettura in nome del progresso e del futuro, crea le forme di rottura e di disagio e dà forza ad una nuova visione puramente funzionalista. Oggi l'architettura appare come controllata d’altre aree del sapere, manifestandosi, tuttavia, esuberante nelle sue forme, in un’autonomia illusoria, e prigioniera di presupposti che le superano e svalutano. L'architettura contemporanea deve chiamare di nuovo a sé il concetto di continuità e permanenza, della prospettiva di creare nuove memorie e di contribuire alla definizione di riferimenti collettivi che possano edificare le forme della nostra storia attuale, e le forme di una città in crescita che oggi è già difficile da identificare. Siamo preoccupati, tuttavia, in un altro ordine, l'ordine che possiamo trovare attraverso esempi che mostrano una sequenza 'genomica', una struttura che stabilisca la continuità dei fatti che hanno determinato la città e che la hanno configurato in molti modi, nel corso della sua storia. In un processo dicotomico di causa ed effetto, la città contemporanea può anche vedere la sua forma descritta con la precisazione della forma dei suoi spazi pubblici (Il suo design e la sua posizione – una grammatica operativa), ma anche con il rapporto e i legami tra loro, (un ordine – una sintassi efficiente). We are convinced that the arguments surrounding the dissolution of place tend toward the materialization of a city which continues to amass atopic architectures, architectures that facilitate the spectacularism of their forms and where the spatial rupture of the city becomes more discernible. On the other hand, the vindication of the architectural creative process as anti-historical creates forms of rupture and discomfort, and empowers a new, merely functionalist, vision. Today architecture is seen as subsidiary to other branches of knowledge, and, despite its exuberant forms, it retains an illusory autonomy, confined by assumptions that surpass and depreciate it. Contemporary architecture must reclaim the notion of perpetuity and permanence, so as to create new memories and contribute to the maintenance of collective references that solidify our current history’s forms and the forms of a growing city increasingly difficult to identify. We are interested in the order that we can find by way of examples that feature a ‘genomic’ sequence, a structure capable of establishing the continuity of facts that throughout history have determined and configured the city in so many ways. By means of a dichotomous cause and effect process, we may also describe the contemporary city’s form by clarifying the form of public spaces (their design and position – an operative grammar) and the relation and articulation between public spaces (an order – an efficient syntax).
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