Academic literature on the topic 'Operatori in formazione'

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Journal articles on the topic "Operatori in formazione"

1

Castorina, Maria Grazia. "Donne e violenza di genere. Apprendimenti da un'esperienza di teatro.. in formazione." MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no. 2 (June 2010): 87–95. http://dx.doi.org/10.3280/mal2010-002007.

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Abstract:
L'articolo riporta l'esperienza formativa di una rappresentazione teatrale utilizzata come strumento di apprendimento sulla violenza di genere e sugli esiti del trauma. La rappresentazione, creata ad hoc, viene proposta alla fine di un lungo e complesso percorso di formazione destinato a operatori sociali, psicologi, avvocati e a operatori della Giustizia Minorile. Il percorso di formazione fa parte di un piů ampio progetto, che mira a consolidare le realtŕ dei centri anti-violenza a supporto di minori e donne vittime di violenza e maltrattamento familiare.
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2

Cavicchioli, Giorgio, and Luciana Bianchera. "Introduzione a "La responsabilità in politica" di Bruno." GRUPPI, no. 1 (July 2022): 11–14. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa1-2021oa14018.

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Abstract:
Gli autori introducono il saggio di Bruno Vezzani, "La responsabilità in politica", per connetterlo alla formazione, tema del prossimo numero della Rivista. Evidenziano come i cambiamenti attuali influenzano inevitabilmente la formazione, rendendo necessario l'utilizzo di altre epistemologie e di nuovi modi di abitare la polis. Gli autori pongono infine l'accento su quanto il potere delle istituzioni determina e influenza la formazione stessa degli operatori della salute mentale.
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3

Mari, Massimo, Luca Di Maio, Paola Gremigni, Marinella Sommaruga, and Walter Grassi. "Comunicare con i pazienti: un Gruppo Operativo in Reumatologia." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 1 (May 2011): 135–47. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-001010.

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Abstract:
Un'efficace comunicazione č un importante indicatore della qualitŕ dei servizi ospedalieri. Questo contributo presenta i risultati di una ricerca-intervento sulle abilitŕ comunicative dei membri di un'équipe reumatologica ospedaliera dopo un corso di formazione sulla comunicazione. L'esperienza ha coinvolto ventitré operatori sanitari (78.3% femmine, etŕ media 38.3 ± 9.7 anni) della Clinica Reumatologica dell'Universitŕ Politecnica delle Marche (52.2% infermieri, 30.4% medici, 13% OSS, 4% biologi) in un corso di aggiornamento basato sulla tecnica del Gruppo Operativo di E. Pichon Rivičre. Gli operatori hanno valutato le proprie capacitŕ comunicative, prima e dopo il corso, con il Health Care Communication Questionnaire (HCCQ). Il HCCQ č stato inoltre compilato da trentatré pazienti della Clinica all'inizio del corso e da trentaquattro alla fine, per riportare l'esperienza comunicativa con gli operatori. I risultati mostrano una tendenza al miglioramento nella maggior parte delle dimensioni del HCCQ-P auto-valutate dagli operatori e un miglioramento significativo (p < 0.05) nella valutazione dei pazienti con il HCCQ. Tale risultato incoraggia la formazione degli operatori delle équipe ospedaliere nell'ambito della comunicazione con il paziente.
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4

Milani, Paola, and Gian Luigi Marseglia. "Integrazione dei servizi e formazione degli operatori per l’infanzia." Medico e Bambino 40, no. 4 (April 23, 2021): 245–46. http://dx.doi.org/10.53126/meb40245.

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Abstract:
L’articolo pubblicato su Medico e bambino (2021;40(4):237-244. doi: 10.53126/MEB40237) sollecita una riflessione che riguarda sia la formazione del pediatra e degli altri operatori dell’infanzia sia le modalità per un lavoro maggiormente integrato a supporto del bambino e della famiglia, in un’ottica sia preventiva che di sostegno in condizioni di vulnerabilità, esigenze oggi più che mai attuali. Medico e Bambino ha quindi chiesto un commento a due persone che, provenienti da settori disciplinari diversi, sono impegnate sia sul versante della formazione che su quello dell’intervento
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5

Parietti, Piero, Elisa Faretta, Antonio Minervino, and Fausto Agresta. "La relazione interpersonale: un problema di formazione. I gruppi Balint." PSICOBIETTIVO, no. 2 (July 2011): 81–94. http://dx.doi.org/10.3280/psob2011-002006.

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Abstract:
La formazione degli operatori inseriti nei diversi ambiti istituzionali, specialmente in quello sanitario, si č andato sempre piů imponendo con il progressivo incremento delle conoscenze e della evoluzione tecnica. La impostazione della medicina psicosomatica, sorta dalla psicoanalisi, si č posta da tempo il problema della formazione del medico alla relazione interpersonale con il paziente, soprattutto a partire dall'opera di Michael Balint. Nel presente lavoro tratteremo il problema della formazione del medico nella relazione con il suo paziente, in riferimento alla particolare modalitŕ formativa: quella proposta da Balint e seguendo il percorso compiuto dalla Societŕ Italiana di Medicina Psicosomatica (SIMP).
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6

Donatella, Donati. "Violenza sulle donne e intervento giudiziario." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 6 (February 2011): 179–87. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-006016.

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Abstract:
L'intervento che segue vuole indicare le ragioni che hanno fatto ritenere indispensabile promuovere incontri di formazione per magistrati, avvocati, forze dell'ordine in materia di violenza sulle donne nelle relazioni di intimitŕ. E vuole segnalare i motivi che fanno ritenere prezioso il contributo di esperti della materia (universitŕ, istituti di ricerca, agenzie specializzate di altri Paesi europei e anche servizi sociali, centri antiviolenza, Casa delle donne, associazioni) alla formazione degli operatori che esercitano la giurisdizione e affrontano il problema della repressione di reati
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7

Argentino, Paola. "7. Una esperienza di formazione per operatori di SR: il progetto siciliano." Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 13, S7 (September 2004): 85–86. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000113.

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Abstract:
Il progetto PROGRES prevedeva, laddove vi fossero state le condizioni, una fase successiva alla ricerca in senso stretto, volta a realizzare corsi di formazione per operatori di SR (fase 3), a partire proprio dalle informazioni raccolte nell'ambito della ricerca. Nella Regione Siciliana, grazie all'impegno dell'Assessorato alla Sanità, è stato possibile realizzare la fase 3 (Argentino, 2002, 2003). Il progetto di formazione si è sviluppato in due programmi, di base e avanzato. Il programma di base prevedeva l'addestramento degli operatori all'utilizzo dei principi e delle metodologie di valutazione e pianificazione descritti nel manuale per la ‘Valutazione di Abilità e Definizione di Obiettivi’ (VADO) (Morosini et al., 1998). Il programma avanzato prevedeva, invece, la possibilità per i partecipanti di scegliere tra vari modelli teorici e pratici; è stato quindi deciso, dopo una rilevazione tra gli stessi partecipanti, di orientare il programma di formazione avanzato sull'applicazione nelle SR della psicoterapia della Gestalt (Perls et al. 1951; Spagnuolo Lobb, 2001).I corsi di formazione PROGRES sono stati articolati su due moduli: il 1° modulo di quattro giorni (32 ore didattiche) ha approfondito gli aspetti teorici, clinici e valutativi, sviluppando inoltre gli strumenti di intervento terapeutico e riabilitativo. Il 2° modulo di tre giorni (24 ore didattiche) è stato indirizzato alla verifica dell'applicazione degli strumenti forniti e alla supervisione clinica. Tra il 1° e 2° modulo è stata favorita l'attuazione degli argomenti trattati nella realtà lavorativa dei partecipanti, con la realizzazione dei cosiddetti ‘Progetti Work’. Tutte le unità didattiche, compresi i progetti work, hanno ruotato attorno al nucleo portante costituito dal “Modello Gestaltico Comunitario” (Argentino, 1997, 2001; Spagnuolo Lobb, 1997).
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8

Luciano, Adriana, Roberto Di Monaco, and Monica Demartini. "I professionisti dei servizi sociali: competenze, fabbisogni formativi e domande di cambiamento organizzativo. Sperimentazione di un modello di analisi in provincia di Torino." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 3 (December 2012): 73–91. http://dx.doi.org/10.3280/sa2012-003005.

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Abstract:
Gli autori presentano i risultati dell'applicazione di una metodologia di analisi per competenze agli operatori dei servizi socio-assistenziali (coordinatori, assistenti sociali, educatori professionali, OSS), realizzata in provincia di Torino (circa 500 interviste). Il modello, se adattato e applicato in qualsiasi ambito dei servizi, consente di introdurre e sviluppare un sistema di analisi delle competenze degli operatori per rafforzare la gestione delle risorse umane. In particolare, puň sostenere lo sviluppo del sistema professionale, a partire dalla formazione dei dirigenti, fino all'uso sistematico dello strumento per tenere sotto osservazione i professionisti presenti nei servizi, in relazione ai bisogni del territorio, e per rendere esplicita la domanda di formazione legata ai cambiamenti socio-economici, all'innovazione dei servizi e alla riduzione delle risorse disponibili. Infine, nelle reti di servizi, puň consentire di rappresentare le differenze territoriali nell'assetto professionale e organizzativo dei servizi. Si tratta quindi di un lavoro sperimentale ed esemplificativo, ad elevata trasferibilitŕ.
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Tesauro, Tiziana, and Tiziana Tarsia. "Le pratiche teatrali nella formazione degli operatori sociali per costruire relazioni di ben-essere." WELFARE E ERGONOMIA, no. 2 (February 2022): 65–76. http://dx.doi.org/10.3280/we2021-002005.

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Abstract:
Il contributo descrive e analizza un'esperienza di teatro dell'oppresso organizzata in ambito universitario e la usa come pretesto per ragionare sullo stretto legame che esiste tra il benessere psico-sociale degli operatori sociali, la loro formazione come professionisti e le tecniche del teatro sociale. Nel testo viene valorizzata la circolarità tra il sapere dell'esperienza e quello teorico in un frame che promuove il teatro come spazio di potenzialità e di consapevolezza. In questo spazio i social workers possono sperimentare la possibilità di gestire il proprio potere ed esplorare i conflitti che emergono nella relazione di aiuto per restituire benessere a se stessi e alle persone accolte nei servizi. Le conclusioni, infine, sollecitano domande e riflessioni che mirano a sottolineare l'importanza della formazione degli operatori sociali nella costruzione di politiche sociali che partono dalle comunità e veicolano relazioni di interdipendenza e, allo stesso tempo, tendono all'emancipazione delle persone.
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Savarese, Giulia, Monica Romei, Luna Carpinelli, Daniela D’Elia, Rosa Angela Villani, Marianna Giordano, Annamaria Scapicchio, and Domenico Costantino. "Esperienze Sfavorevoli Infantili: un Progetto in Campania per la prevenzione e l'intervento." MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no. 3 (January 2021): 113–22. http://dx.doi.org/10.3280/mal2020-003009.

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Abstract:
Il brief report riporta l'impianto progettuale e i principali risultati di un Programma finanziato dalla Regione Campania e finalizzato alla prevenzione e all'intervento nei caso di abuso e maltrattamento di minori. Esso ha avuto luogo tra il 2016 e il 2018 con lo scopo di sensibilizzare e formare gli operatori regionali sul fenomeno; di creare équipe specialistiche e multidisciplinari per la presa in carico di minori e famiglie; di far emergere e condividere le buone pratiche sperimentate. I risultati sono stati molto incoraggianti, in quanto sono emersi diversi punti di forza: la condivisione del modello sperimentale con gli operatori; l'utilizzo di strumenti clinici e sociali specialistici; il continuo lavoro di integrazione tra gli interventi delle équipe specialistiche e gli enti territoriali; la formazione degli operatori coinvolti e la sensibilizzazione degli operatori non coinvolti.
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Dissertations / Theses on the topic "Operatori in formazione"

1

Galbusera, Barbara. "Pedagogia e autismo: per una formazione degli operatori alla didattica scolastica." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2018. http://hdl.handle.net/10446/102057.

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Abstract:
L’obiettivo di questa tesi è discutere del tema “didattica ed autismo”, allo scopo di fornire un contributo teoretico e pratico per gli operatori che lavorano nella scuola primaria italiana con studenti diagnosticati all’interno del disturbo dello spettro autistico. Per questo motivo la trattazione è stata divisa in quattro parti. Nella prima vi è lo studio di come alcune scienze dell’educazione hanno analizzato l’autismo. Quindi, dopo aver effettuato un backgroud storico a partire dall’individuazione della diagnosi, si sono analizzati i contributi della psicologia (psicoanalitica, comportamentale e cognitiva), quelli della genetica e, infine, quelli nati dalla nosografia e dai Critical Autism Studies. La trattazione si è conclusa sostenendo che, ad oggi, le teorizzazioni sorte dalle scienze dell’educazione non sono riuscite a prendere in considerazione la persona con autismo come «intero» e che il loro utilizzo, non sussunto attraverso una prospettiva pedagogica, spesso non ha permesso la costruzione di esperienze di educazione per la persona, né ha favorito la didattica. Sono stati, inoltre, analizzati i contributi di autori che si stanno occupando di teorizzare l’educazione della persona con autismo attraverso la pedagogia speciale. Si è, infine, dimostrato come lo sguardo della pedagogia del personalismo permetterebbe di rimettere al centro la persona più che il suo autismo e consentirebbe maggiormente la costruzione di una didattica ad hoc. Nella seconda parte si è studiato come strutturare un colloquio pedagogico per raccogliere le esperienze degli insegnanti della scuola primaria che hanno lavorato con questi bambini. Lo scopo è stato quello di raccogliere le loro narrazioni al fine di scoprire il loro punto di vista sulla didattica. Analizzando le esperienze, è emerso che l’autismo del bambino creava all’insegnante difficoltà nel proprio lavoro. Quindi, per verificare se effettivamente fosse l’autismo del bambino ad impedire la didattica, si è ampliata la ricerca coinvolgendo anche gli insegnanti della scuola primaria che lavoravano nelle medesime scuole dei colleghi (precedentemente intervistati), ma non con studenti con autismo. Confrontando le esperienze, si è individuato che l’autismo del bambino permetteva agli insegnanti di interrogarsi maggiormente su di sé, come persone e come professionisti. Tuttavia c’era sempre la difficoltà di riuscire a trasformare le proprie “esperienze umane” in esperienze educative, limite che arrivava a minare il loro senso di autoefficacia. Per questo motivo si è teorizzato che occorreva investire sulla formazione degli insegnanti per permettere loro l’acquisizione di questa competenza. Durante le interviste, inoltre, è emerso che gli insegnanti ritenevano molto importante, per il loro lavoro e la loro formazione, sia il sostegno dei tecnici (compresi quelli del servizio sanitario che si occupavano del bambino), sia il contributo delle scienze dell’educazione, sia la prospettiva pedagogica. È nato quindi un ulteriore problema: poiché il contributo che potevano fornire le scienze dell’educazione era percepito dagli insegnanti come fondamentale, vi era ancora spazio per la pedagogia e per la didattica? Questo ha favorito la nascita della terza parte della tesi. Si è, perciò, costruito un questionario inviato online agli insegnanti della scuola primaria pubblica italiana per verificare i loro bisogni e desideri formativi, nonché per individuare il loro punto di vista sulle metodologie didattiche. L’analisi dei dati ha permesso di rilevare che vi è una cultura difforme sul territorio italiano e che, in generale, i docenti mostrano la necessità di avvalersi dei contributi delle scienze dell’educazione e della pedagogia per costruire una didattica sempre più personalizzata. Alla luce del lavoro effettuato nelle prime tre parti della trattazione, si è ideato un corso di formazione. Successivamente, grazie alla collaborazione di un servizio di neuropsichiatria infantile, si è fatta esperienza di tale formazione indirizzandola a operatori che già stavano lavorando con studenti con autismo, al fine di verificare se tale formazione potesse aiutare i professionisti nel loro lavoro con il bambino. I risultati positivi dell’esperienza hanno dimostrato che questa proposta aiuta gli operatori nel proprio lavoro e ne migliora anche il proprio senso di autoefficacia. Alla luce di ciò, si ritiene che favorire il punto di vista della pedagogia del personalismo possa migliorare l’azione didattica del professionista con tutti gli studenti (non solo quelli con diagnosi di autismo) contribuendo a ridefinire il senso della didattica stesso.
The objective of this thesis is to address the theme of “didactics and autism”, with the aim to making a theoretical and practical contribution for those working within the Italian schooling system with students diagnosed within the autism spectrum. The argument is divided into four sections.  In the first section it discusses how the education sciences have analyzed autism. After a historical construction that begins from diagnosis, contributions from psychology (psychoanalytic, behavioral and cognitive), genetics and Critical Autism Studies are analyzed. The section concludes arguing that until today science of education theories have not been able to consider the autistic person as a whole. Therefore these theoretical constructions and practices do not include the pedagogical perspective, which has not allowed the creation of a tested education for the individual of favored learning.  Contributions from those authors who have theorized education for autistic subjects through special pedagogy has also been analyzed, demonstrating how pedagogy of personalism approaches would allow the the person rather than their autism to be placed at the centre, making an ad hoc construction more feasible.  A pedagogical study is analyzed in section two, whose aim was to collect teaching experiences with autistic children in Italian primary education. The aim was to collect their individual narratives in order to discover their points of view on didactics. The analysis reveals that the child’s autism creates significant problems for the teacher. In order to determine if the autism was the major cause, further teachers within similar structures but without autistic children were interviewed.  Comparing results finds that the child’s autism allows the teacher to ask more questions of themselves, both as a person and as an individual. However there is the remaining problem of the difficulty found in transforming human experience into educational experience, a factor that undermines their sense of effectiveness. The argument is therefor made for the need to invest in training teachers to help them acquire these skills.  It emerged from the interviews that the teachers felt that the technical support (including those of the health services) as well as science of education and the pedagogic perspective contributions were extremely important.  This leads to another problem: if the contribution of the educational sciences is perceived as fundamental, how much space is left for pedagogy and didactics?  This question led to the formation of the third part of the thesis.  A questionnaire was prepared and sent online to the teachers working in the Italian primary school system to discover their educational needs and wishes, as well as their points of view on the didactic methodologies.  The analysis reveals that teachers across Italy use various methodologies, but in general feel the need for more contributions from the education sciences and pedagogy in order to construct a more personalized education approach. In light of the findings from these first three sections a course of training was proposed. Thanks to a child neuropsychiatric collaboration this training was trialled with a view of testing if such training would benefit the professionals in relation to their work with autistic children. This question has been presented in the fourth part. The positive experiences demonstrate that the proposal helps operators within their work and improved their sense of efficiency. Therefor I argue that a pedagogy of personalism could improve the didactic performance of professionals for all students and not only those autistic, contributing to redefining the sense of education itself.
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Zanon, Ombretta. "Le rappresentazioni degli operatori dei servizi per la tutela nei confronti delle famiglie negligenti e formazione riflessiva." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424199.

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Abstract:
The “neglecting family” representation of professionals of child care and protection services and their reflexive training The research is part of the second edition of P.I.P.P.I. (Intervention Program for Prevention of Institutionalization), a research-training-intervention funded from 2010 by the Italian Ministry of Labour and Social Affairs in partnership with the Lab of Research and Intervention in Family Education (LabRIEF) of the Department of Philosophy, Sociology, Pedagogy and Applied Psychology (FISPPA) of the University of Padua. The 4th implementation is currently in progress (2015/2016) involving 1000 families and 3000 professional across the entire national territory. Inspired by practices for child care and protection already validated and recognized in the international context, the program P.I.P.P.I. aims at testing and disseminating innovative measures to support neglecting families with children 0 to 11 years old. The primary goal is to reduce the risks of placing children out of home (family preservation) or, if the placement is necessary, to "place with appropriateness" and to reduce the time of separation through accurate and timely care plan and evaluation by the services (family reunification). The P.I.P.P.I. method includes forms of intensive family support (home intensive care) and leverages on the integration between the different services, with the direct participation of children and parents in all the step of the care process: assessment, planning, intervention, and evaluation (Barudy, Dantagnan, 2007 Chamberland, Léveillé; Trocmé, 2007; Lacharité, Éthier, Nolin, 2006; Milani et al., 2015; Serbati, Milani, 2013). Within the focus on “processes” as one the main dimensions of the program implementation, this doctoral research explores the area of training processes and specifically the lifelong and interprofessional reflective training (Kolb, 2002; Fabbri, 2007; Knowles, 1990; Mezirow, 1991; Mortari, 2003, 2010; Pontecorvo, Ajello, Zucchermaglio, 1991, 1995, Reggio, 2010; Schön, 1983, 1987) run with professionals in regular meetings (called "tutoring") where professionals monitor the work with families. According to the role played by the "perspectives of meaning" in driving attitude and behavior (Bateson, 1972; Kelly, 1963; Kuhn, 1962) and in particular to the construct of social representations expressed through verbal language (Abric, 1994; Moscovici, 1961; Jodelet, 1989). The research aimed at answering the question whether the systematic and reflective training in P.I.P.P.I. fosters the change in the representations about families of professionals. Using a quali-quantitative methodology, representations of professionals were collected through the quantitative and qualitative tools and in particular, among the latter, discursive protocols collected during the meetings of tutoring were analyzed in order to identify, within the evolution of the semantic structure, the transformation in the representations. At the end of the experimental process, the research has used «the collected material to develop it in scientific knowledge» (Cadei, 2008, p. 48), reconnecting the data collected with the theoretical framework, with particular reference to the efficacy evaluation of the methods in training of professionals and to the integraton in social work and health field of the pedagogical paradigm of "theory in action" (Orlando Cian, 1997) that fosters and generates knowledge of the practice and for the practice.
La ricerca si inserisce all’interno della seconda edizione di un percorso di ricerca–intervento-formazione denominato P.I.P.P.I. (Programma di intervento per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione). Il programma, promosso a partire dal 2011 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in partenariato con il Laboratorio di Ricerca e Intervento in Educazione Familiare (LabRIEF) del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA) dell’Università di Padova, sta attuando nel biennio 2015/2016 la quarta implementazione, con il coinvolgimento di circa 1000 famiglie e 3000 operatori dei servizi per la tutela nell’intero territorio nazionale. Ispirandosi a pratiche per la protezione dell’infanzia già validate nel contesto internazionale, il programma P.I.P.P.I. si pone la finalità di sperimentare e diffondere delle azioni innovative per il sostegno delle famiglie negligenti con figli in età da 0 a 11 anni. L’obiettivo primario è di ridurre i rischi di allontanamento dei bambini dall’ambiente familiare (family preservation) o, nel caso il collocamento del bambino fuori della famiglia si renda necessario, di “allontanare con appropriatezza” e di ridurre i tempi della separazione attraverso una valutazione e una progettazione accurate e tempestive da parte dei servizi (family re-unification). Il metodo proposto dal programma comprende forme di sostegno alle famiglie negligenti di tipo intensivo nel tempo (home intensive care) e in forma integrata tra i diversi servizi per la tutela, con la partecipazione diretta dei bambini e dei genitori alla valutazione e alla progettazione (Barudy, Dantagnan, 2007; Chamberland, Léveillé; Trocmé, 2007; Lacharité, Éthier, Nolin, 2006; Milani et al., 2015; Serbati, Milani, 2013). All’interno del modello logico di implementazione del programma, la presente ricerca dottorale ha esplorato l’area dei processi di formazione e nello specifico l’attività di formazione riflessiva (Kolb, 2002; Fabbri, 2007; Knowles, 1990; Mezirow, 1991; Mortari, 2003, 2010; Pontecorvo, Ajello, Zucchermaglio, 1991, 1995; Reggio, 2010; Schön, 1983, 1987), continua e interprofessionale realizzata con gli operatori in incontri periodici (denominati “tutoraggi”) per il monitoraggio del lavoro con le famiglie. A partire dalla premessa del ruolo esercitato dalle “prospettive di significato” nel guidare gli atteggiamenti e i comportamenti (Bateson, 1972; Kelly, 1963; Khun, 1962) e in particolare dal costrutto di rappresentazioni sociali (Abric, 1994, 1996, 2003; Moscovici, 1961; Jodelet, 1993) espresse attraverso il linguaggio verbale, la ricerca si è orientata a rispondere alla domanda relativa al grado di cambiamento delle rappresentazioni dei professionisti nei confronti delle famiglie, che una formazione sistematica e riflessiva, secondo la metodologia attuata nei tutoraggi con le équipe multidisciplinari, è in grado di apportare. Nella metodologia della ricerca le rappresentazioni dei professionisti sono state rilevate attraverso degli strumenti quantitativi e qualitativi e, tra i secondi, sono stati analizzati i protocolli discorsivi raccolti nel corso degli incontri di tutoraggio, per individuare attraverso l’evoluzione della struttura semantica del testo le eventuali trasformazioni delle rappresentazioni stesse. Al termine del percorso sperimentale, la ricerca ha impiegato «il materiale raccolto per svilupparlo in conoscenza scientifica» (Cadei, 2008, p. 48), connettendo ricorsivamente i dati raccolti con la cornice teorica, con particolare riferimento alla valutazione di efficacia dei metodi nella formazione dei professionisti dei servizi per la tutela e al trasferimento nell’ambito del lavoro sociale e sanitario del paradigma pedagogico dell’azione intesa come “teoria in atto” (Orlando Cian, 1997) e generatrice a sua volta di sapere della pratica e per la pratica.
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Romano, Fabiana. "Procedure operative standard per la revisione P-FMEA di reparto e a supporto della formazione degli operatori: il caso Siderit s.r.l." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Il presente elaborato di tesi si basa sull’esperienza lavorativa svolta presso l’azienda Siderit s.r.l e si pone l’obiettivo di fornire una presentazione sul contesto aziendale e sulla realtà di un’azienda di subfornitura, andando ad analizzare la situazione AS-IS tramite la P-FMEA (Process Failure Mode and Effect Analysis) di reparto e i KPI utilizzati dal reparto Qualità. In seguito, a valle dell’individuazione delle fasi critiche del processo legate alla generazione delle non conformità, si è implementato un action plan, articolato nel seguente modo: definizione ed elaborazione di Procedure Operative Standard per i codici dei clienti più rilevanti, designati a seguito di un’analisi Paretiana del portafoglio clienti, creazione tramite il software Access di schede operative digitali contenenti le procedure sopra citate, implementazione delle suddette schede nel sistema gestionale aziendale, test e raccolta feedback degli operatori dopo l’utilizzo delle schede in reparto, a supporto delle fasi del processo da essi svolte, miglioramento delle schede sulla base dei feedback ricevuti per renderle più facilmente comprensibili e diffonderne l’uso tra gli operatori. I risultati del progetto riguardano, quindi, la revisione degli indici della P-FMEA su cui si è agito introducendo le Procedure Operative Standard, la previsione di abbassamento dei KPI, l’aumento della formazione e della soddisfazione dei dipendenti e la possibilità di intraprendere la strada verso l’omologazione alla IATF 16949:2016, con conseguente crescita nel settore automotive, relativamente al reparto cementazione.
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Leon, Luca. "Le bevande alcoliche: dalla definizione dei bisogni le indicazioni per la realizzazione di un ospedale promotore di salute." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10851.

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Abstract:
2013/2014
Diverse fonti autorevoli concordano che una parte rilevante dei decessi registrati nella popolazione generale e fra i giovani adulti siano riconducibili allo stile di vita agito - all’alimentazione, all’attività fisica, al fumo di tabacco ed alle bevande alcoliche - e da tempo le Istituzioni socio-sanitarie consapevoli del problema stanno promuovendo azioni di prevenzione e promozione della salute finalizzate alla riduzione del rischio ad essi correlato. Tuttavia, l’interpretazione di queste azioni di prevenzione e promozione della salute sono molteplici, frammentarie, poco verificate e verificabili ed a volte discordanti con la conseguenza che è difficoltoso riconoscere chiaramente le ricadute in termini di efficacia, efficienza e trasferibilità degli interventi proposti. Infatti, il più delle volte, contravvenendo alle indicazioni proposte dal Piano Nazionale della Prevenzione, risulta deficitaria, talvolta poco affidabile, l’analisi della situazione sulla quale si vuole intervenire con la conseguenza che: - la scelta degli interventi da mettere in atto viene lasciata all’interpretazione dei singoli operatori afferenti alle diverse istituzioni o strutture; - non viene resa possibile, qualora prevista, una corretta valutazione della efficacia degli interventi. Infine, le contraddizioni - culturali, professionali, di competenza…– condizionano la comunicazione e le relazioni tra gli operatori medici e non medici attori dell’intervento - medici, infermieri, assistenti sociali, educatori, insegnanti, psicologi…- ed i destinatari dell’azione - popolazione generale, in età pediatrica, adolescenti, gravide, genitori….- con il risultato che la mancata condivisione di saperi, comportamenti e atteggiamenti può, di fatto, limitare pesantemente l’efficacia dell’azione preventiva e di promozione della salute. Fra gli stili di vita l’uso delle bevande alcoliche viene riconosciuto da più parti15,16 come il più diffuso dei fattori di rischio evitabili per la salute, coinvolge la stragrande maggioranza della popolazione generale17 , una parte della quale consuma alcolici quotidianamente e il loro consumo “non eccessivo”, decisamente sottovalutato e confuso, è accettato e condiviso. A tal proposito questo studio si propone di descrivere, a partire dalla letteratura di riferimento, l’impatto delle bevande alcoliche sulla salute della popolazione italiana, le evidenze in merito ai modelli di consumo alcolico ed i rischi ad esso correlati, le politiche di contrasto e le buone pratiche messe in atto al fine di dar risposta a questo bisogno di salute. Così come consiglia il Piano Nazionale per la Prevenzione la ricerca sperimentale ha come obiettivo la definizione dei bisogni in merito alle abitudini alcoliche delle donne in gravidanza, della popolazione giovanile nell’arco di un ventennio (1989 -2013) e dei futuri operatori della salute in modo da definire le possibili linee di intervento attuabili nel contesto dell’ospedale promotore di salute. Vale la pena di puntualizzare che i programmi di prevenzione e promozione della salute si caratterizzano per un’iniziazione precoce, un’azione continua e monitorata nel tempo e supportata da conoscenze scientifiche aggiornate. Pertanto la scelta di coinvolgere nella ricerca le donne in gravidanza è motivata dal fatto che già dalla programmazione di una genitorialità responsabile genitori e famiglia devono rendersi conto, in maniera critica e responsabile, che il loro stile di vita condizionerà quello del nascituro e che uno stile di vita scorretto è un rischio sia per loro che per i figli. Per quanto riguarda gli adolescenti questi risentono dei comportamenti degli adulti significativi e sono i possibili utenti di un intervento di promozione della salute. Si può pertanto ipotizzare che la valutazione dei bisogni di questa popolazione consenta di definire l’eventualità di un intervento di prevenzione e promozione della salute mirato a correggere conoscenze comportamenti, abitudini ed atteggiamenti scorretti e/o mantenere e potenziare uno stile di vita più favorevole alla salute. In fine, avendo chiaro che i futuri operatori della salute, nell’ambito dell’esercizio della loro professione, saranno chiamati a programmare ed attuare interventi di prevenzione e promozione della salute è richiesto loro, per il fatto che ricoprono un ruolo educativo, di possedere competenze – sapere - coerenti con i loro comportamenti – saper fare e saper essere -. La ricerca su questa particolare popolazione - futuri operatori della salute - darà risposte in merito al loro back ground culturale, ai comportamenti ed agli atteggiamenti nei confronti delle bevande alcoliche e fornirà indicazioni sulle specifiche competenze e le eventuali criticità presenti al termine del percorso di formazione. Queste informazioni costituiranno il patrimonio culturale di base da spendere al fine di intervenire in maniera mirata sulla programmazione didattica dei Corsi di Laurea per rispondere ai bisogni culturali evidenziati. Lo studio vuole descrivere le caratteristiche delle popolazioni contattate - gravide, adolescenti, futuri promotori della salute -, i bisogni rilevati in merito alle bevande alcoliche e la correlazione tra le abitudini alcoliche delle popolazioni coinvolte e quelle del contesto famigliare di provenienza. Tutto ciò per comprendere le eventuali azioni di promozione della salute che si potrebbero proporre per rispondere in maniera efficace e verificabile nell’ambito di un ospedale promotore di salute.
XXVII Ciclo
1983
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5

Borea, Anna Elisabetta. "il fenomeno dell'entanglement quantistico e suoi possibili riscontri in astrofisica." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/18768/.

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Abstract:
Il lavoro presentato si apre con una descrizione dei postulati della MQ al fine dell'introduzione delle particelle correlate o entangled.Sono messi in evidenza i tratti caratteristici del fenomeno ed i mezzi fisici per lo studio dello stesso.Si pone l'attenzione anche sul percorso storico che ha portato alla completa verifica teorica e sperimentale dell'entanglement.La tesi si chiude con l'introduzione di particolari regioni astrofisiche al fine di studiare un articolo presentato da J.Gomez che lega il fenomeno alle regioni presentate.
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Books on the topic "Operatori in formazione"

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Sartarelli, Giampiero. Pedagogia penitenziaria e della devianza: Scienze umane e formazione degli operatori. 3rd ed. Roma: Aracne, 2003.

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Forum internazionale sulla didattica in criminologia applicata e sulla formazione degli operatori della sicurezza e del controllo sociale (1999 Centro residenziale universitario di Bertinoro). Didattica in criminologia applicata: Formazione degli operatori della sicurezza e del controllo sociale. Bologna: CLUEB, 2000.

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3

Calicchia, Maria Cristina. La formazione di operatori sanitari: Veterinari e medici : esperienze di utilizzazione di metodi interattivi. Rome, Italy: WHO Collaborating Centre for Research and Training in Veterinary Public Health, 1989.

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4

Francesco, Susi, ed. Regioni, strategie culturali e formazione degli operatori: L'esperienza di una regione meridionale : il Molise. Roma: Formez, 1986.

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5

Federighi, Paolo, and Francesca Torlone, eds. La formazione al rispetto dei diritti umani nel sistema penale. Florence: Firenze University Press, 2015. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-854-5.

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Abstract:
I principi fondamentali di libertà, sicurezza, democrazia, i dispositivi normativi dell’Unione Europea e le pronunce della Convenzione Europea per la tutela dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) possono essere oggetto di pericolose violazioni nei sistemi di giustizia penale. Quando tali violazioni sono perpetrate dagli attori chiamati alla tutela dei medesimi diritti e libertà le istituzioni devono predisporre dispositivi anche formativi necessari per la loro prevenzione. Il volume intende indagare la complessità di azioni formative – in primis di tipo informale – che accompagnano la costruzione delle conoscenze degli operatori dei sistemi in esame e le modalità del loro accrescimento. I contenuti sono trattati partendo dalle ipotesi di ricerca e sulla base della sperimentazione dell’embedded learning nel carcere di Chieti (con la supervisione del Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Firenze).
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6

Cavagnaro, Paolo. Dalla centralità dell'ospedale alla centralità della persona: La cura in situazioni di terminalità e la formazione degli operatori. Milano: FrancoAngeli, 2005.

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7

Margherita, Di Virgilio, and Mussi Irven, eds. Manuale per OSS e ASA, operatori socio-sanitari e ausiliari socio-assistenziali: Formazione in campo assistenziale, sociale e sanitario. Milano: FrancoAngeli, 2008.

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8

Cipriani, Alberto, Alessio Gramolati, and Giovanni Mari, eds. Il lavoro 4.0. Florence: Firenze University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-649-1.

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Abstract:
Le ricerche del presente volume si fondano sul nesso tra lavoro e Quarta Rivoluzione industriale. Su questo piano le domande sono numerose. Qual è la natura del lavoro 4.0? Qual è il rapporto tra rivoluzione tecnologica e occupazione? Quali sono i diritti del lavoro nell’epoca dei nuovi modelli di business? L’innovazione può essere implementata senza il superamento della subalternità novecentesca e l’approdo a nuove forme di libertà e responsabilità del lavoro? La digitalizzazione e le nuove forme di organizzazione dell’impresa mutano i rapporti di lavoro e favoriscono nuove forme di collaborazione e di conflitto? La formazione, la qualità e la libertà nel lavoro sono più importanti del salario? La progettazione e il design dell’impresa come si pongono nei confronti della tecnologia e del lavoro? La digitalizzazione spinge l’economia della conoscenza a determinare nuove forme di lavoro? Quali progetti da parte dei soggetti coinvolti, a cominciare dai lavoratori, perché queste trasformazioni siano un passo avanti nelle condizioni di lavoro e nelle relazioni industriali? Queste e molte altre domande sono alla base dei saggi raccolti nel volume cui hanno collaborato autori di diversa formazione ed esperienza: accademici, giornalisti, imprenditori, manager, operatori, sindacalisti e rappresentanti sindacali.
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Il gruppo nella formazione degli operatori sociali. Milano: Franco Angeli, 1992.

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10

Handicap in agricoltura: La formazione professionale e la professionalità degli operatori. Bologna: Cappelli, 1985.

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Book chapters on the topic "Operatori in formazione"

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Balboni, Paolo E. "11 • Modelli operativi: tradurre la ricerca in materiali didattici." In Thesaurus di Linguistica Educativa: guida, testi, video. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-607-7/011.

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Abstract:
Ho sempre ritenuto che un glottodidatta dovesse rispondere alla natura teorico-pratica della linguistica educativa: fare ricerca a livello di approccio e metodo, e realizzare percorsi operativi a livello di metodo e di metodologia didattica.Per me ‘azione didattica’ ha significato due cose: formazione di futuri insegnanti e di insegnanti in servizio e realizzazione di materiali didattici. Creare materiali didattici è la verifica dell’impianto teorico, è il momento in cui le riflessioni devono diventare azione che coinvolge la vita di milioni di studenti consentendo loro di culturizzarsi, socializzare, autorealizzarsi.
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