Dissertations / Theses on the topic 'Nuove terapie'

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Panzetta, Sara. "Autismo: un'incognita da scoprire. Dalla definizione al trattamento attraverso le nuove frontiere tecnologiche." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016.

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Abstract:
L’autismo è un disordine neuropsichico infantile, che può comportare gravi problemi nella capacità di comunicare, di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente circostante. Per parlare di autismo è necessario tenere in considerazione molti fattori ed essere consapevoli della variabilità esistente da soggetto a soggetto e dato l’ampio spettro di fenomeni legati all’autismo, ho deciso di concentrare l’analisi, effettuata in questo elaborato, solo sullo spettro autistico nei bambini. La relazione presenta una breve introduzione ed esplicazione della sindrome di autismo: come si è evoluta nella storia, quali sono i sintomi maggiormente riconoscibili e caratteristici di tale sindrome e l’approccio per un’adeguata diagnosi; segue un capitolo di analisi delle teorie più diffuse oggi per spiegarne le cause e infine un capitolo esplicativo delle attuali terapie più efficaci per migliorare la vita sociale del bambino. Non esiste il metodo, ma un metodo valido per ogni bambino in quel particolare momento della sua crescita. Le situazioni cambiano, si evolvono e anche il modo di rapportarci deve mantenere la stessa elasticità. E’ importante quindi sensibilizzare le persone alla complessità e all’approccio verso gli individui autistici allo scopo di ricercare terapie personalizzate, per dedicarsi più approfonditamente alle peculiarità di ciascun bambino.
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BAZZINI, CHIARA. "STUDY OF MOLECULAR MECHANISMS AND NEW STRATEGIES AGAINST A CYTOTOXICITY AND NEUROINFLAMMATION IN EX VIVO CELLULAR MODELS FROM ALZHEIMER’S DISEASE PATIENTS." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/306480.

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Abstract:
La malattia di Alzheimer (AD) rappresenta una delle principali problematiche per la salute pubblica ed è stata identificata come una priorità per la ricerca. Le due caratteristiche patologiche fondamentali della malattia sono le placche amiloidi e i grovigli neuro fibrillari che sono alla base della neuroinfiammazione e del deterioramento cognitivo.Le forme solubili degli oligomeri sono la specie più tossica della β-amiloide (Aβ) e interagiscono con diverse chinasi proteiche coinvolte nella trasduzione del segnale intracellulare come Ras/MAPK e PI3K/AKT che regolano molti processi cellulari e funzioni cognitive, e alcuni meccanismi molecolari coinvolti nella degenerazione neuronale, come l'iperfosforilazione di tau e l'eccitotossicità del glutammato. Negli ultimi anni molta attenzione è stata focalizzata sull'utilizzo di composti naturali come agenti neuroprotettivi. Il luppolo (Humulus Lupulus) contiene flavonoidi, molecole aromatiche che hanno proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. È stato dimostrato che l'estratto di luppolo ha effetti antiaggreganti sull’Aβ e sembra impedire la sua produzione nelle cellule in coltura. L'accumulo di Aβ induce anche l'attivazione della proteina 3 del recettore Nod-like receptor 3 (NLRP3) dell’inflammosoma e il conseguente rilascio di citochine proinfiammatorie, il quale svolge un ruolo fondamentale nella neuroinfiammazione associata all'AD. NLRP3 attivato induce la produzione e il rilascio di mediatori infiammatori, tra cui i complessi proteici ASC (ASC specks), IL-1β e IL-18, che facilitano la deposizione di Aβ in un ciclo che si auto alimenta. Impedire l’assemblaggio e l'attivazione del complesso dell’inflammosoma potrebbe essere una possibile strategia per la terapia dell'AD. L'obiettivo generale di questo studio è quello di indagare i meccanismi molecolari coinvolti nelle malattie neurodegenerative e nella neuroinfiammazione utilizzando modelli cellulari periferici ex vivo di AD.Al fine di caratterizzare le interazioni Aβ e vie di trasduzione del segnale MAPK e AKT, abbiamo utilizzato fibroblasti di pazienti AD sporadici con diversa gravità della malattia. Per valutare i meccanismi molecolari che potrebbero prevenire o modulare la tossicità indotta da Aβ, sono stati studiati anche i potenziali effetti citoprotettivi dell'estratto di luppolo e il relativo signaling intracellulare. Inoltre, è stato dato particolare interesse alla via di attivazione del NLRP3-infiammasoma. Abbiamo studiato il coinvolgimento dell'attivazione di NLRP3 sulle vie MAPK e AKT e sui loro bersagli a valle, utilizzando una combinazione di studi in vitro e di campioni ottenuti dai pazienti. In particolare, abbiamo utilizzato monociti umani THP-1 di derivazione macrofagica e monociti derivati da cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) di soggetti sani (HC) e pazienti affetti da AD, per analizzare la modulazione autofagica e gli effetti della Stavudina (D4T), un inibitore nucleosidico della trascrittasi inversa, che riduce l'attivazione dell'inflammosoma bloccando il recettore purinergico P2X7R. Inoltre, abbiamo analizzato il pathway di attivazione dell'inflammosoma NLRP3 e il ruolo di CRID3 un inibitore selettivo, per confrontare gli effetti dell’inibizione dell’inflammosoma attraverso due pathway differenti. I monociti derivati da HC e AD sono stati differenziati in cellule microglia-like (MDMIs) e caratterizzati per l'espressione di proteine intracellulari e di superficie tipiche delle cellule mieloidi. Funzioni tipiche della microglia come il rilascio di citochine infiammatorie, la fagocitosi e la degradazione sono state valutate anche in seguito all'esposizione di attivatori dell'inflammosoma con o senza CRID3. MDMIs riflettono molte caratteristiche della microglia e sono un modello cellulare utile per comprendere la patogenesi dell'AD, identificare i target terapeutici e consentire lo screening farmacologico su larga scala dei nuovi composti per uso terapeutico.
Alzheimer's disease (AD) is a major public health concern and has been identified as a priority for research in Life Science. The two core pathological hallmarks of AD are extracellular amyloid plaques and intracellular neurofibrillary tangles which underlie microglial and neuronal damage, neuroinflammation and cognitive impairment. Soluble oligomers are the most toxic species of β-amyloid (Aβ) and interact with several protein kinases such as Ras/MAPK and PI3K/AKT pathways, which regulate many cellular processes and cognitive functions. These pathways mediate Aβ toxicity, regulating some molecular mechanisms involved in neuronal degeneration such as cytoskeletal impairment, glutamate excitotoxicity and neuroinflammation. In the last years much attention has been focused on the potential role of natural compounds as neuroprotective agents. Hop (Humulus Lupulus) contains flavonoids, aromatic molecules which have antioxidant, anti-inflammatory and anti-atherogenic properties. In fact, hop extract has anti-aggregating effects on Aβ, and it seems to prevent its production in cultured cells. Aβ induces also the activation of the pattern recognition receptor Nod-like receptor protein 3 (NLRP3) inflammasome complex in microglia and the consequent release of proinflammatory cytokines, playing a pivotal role in AD-associated neuroinflammation. NLRP3 activation results in the release of inflammatory mediators, including ASC protein complexes (ASC specks), IL-1β and IL-18, that facilitate Aβ deposition and neuroinflammation in a self-feeding pathogenic loop. Since specific therapeutical strategies are still lacking, the dampening of the inflammasome assembly and activation could be a new strategy for AD. The overall focus of this study is to investigate molecular mechanisms involved in neurodegenerative diseases and in neuroinflammation, using peripheral ex vivo cellular models from AD, to check new potential therapeutical targets. In order to characterize the complex interactions among Aβ, MAPK and AKT signaling, we used fibroblasts from sporadic AD patients with different disease severity. To evaluate any molecular mechanisms that could prevent or modulate Aβ-induced toxicity, the potential cytoprotective effects of Hop extract and related intracellular signaling were also investigated. Fibroblasts provide a useful cellular model for studying AD, since they could be differentiated into patient-specific neural cell lines, using iPSC technologies. Moreover, particular interest was given to NLRP3-inflammasome activation pathway. We investigated the involvement of NLRP3 inflammasome activation on intracellular pathways and their downstream targets, using a combination of in vitro studies and patient-derived samples. In particular, we used macrophage-derived THP-1 human monocytes and peripheral blood mononuclear cells (PBMC)-derived monocytes from healthy control (HC) subjects and AD patients, to analyse phagocytosis, autophagy and apoptosis modulation and the effects of the nucleoside reverse transcriptase inhibitor Stavudine (D4T), that reduces NLRP3 inflammasome activation blocking the purinergic receptor P2X7R. Furthermore, we analyzed the NLRP3 inflammasome pathway and the role of the selective NLRP3 inhibitor CRID3, to compare the effects of inflammasome inhibition through two different mechanisms. At this purpose, HC and AD-derived monocytes were differentiated into microglia-like cells (MDMIs) and characterized for myeloid surface and intracellular proteins expression. Key microglia functions such as inflammatory cytokines release, Aβ phagocytosis and degradation were evaluated upon exposure to NLRP3 inflammasome activators with or without CRID3. MDMIs reflected many features of microglia and, as fibroblasts-derived iPSCs, they are attractive cellular models helpful to understand AD pathogenesis, identify therapeutic targets and allow large-scale drug screening of the novel therapeutic candidates.
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SCATURRO, Anna Lisa. "Sintesi, caratterizzazione e nuove strategie formulative per la somministrazione di nuovi derivati dopaminici nella terapia della malattia di Parkinson." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91186.

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Naldi, Eleonora. "Nuove tecnologie per la diagnosi e la terapia oncologica." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16551/.

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Abstract:
Questa tesi fornisce un background storico e applicativo riguardo nuove tecnologie in ambito oncologico, sia per la diagnosi che per la terapia del tumore , con un focus sulla Risonanza magnetica ad alto campo e la tecnica HIFU(High Intensity Focused Ultrasound). Nell'elaborato si approfondisce inoltre lo sviluppo di una tecnica mini invasiva di ablazione tramite HIFU come terapia di trattamento di carcinoma prostatico per via transrettale.
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Selvestrel, Francesco. "Nuovi agenti per la terapia fotodinamica basati su nanosistemi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3423334.

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Abstract:
This PhD thesis describes the development of silica nanocarriers that will be potentially useful in photodynamic therapy. The research described in this thesis was conducted within the Nanophoto project, a EU-funded collaborative effort to address the current limitations of photodynamic therapy through nanotechnology. A new strategy for the one-step synthesis of highly PEGylated ORMOSIL silica nanoparticles doped with hydrophobic molecules for use as drug carriers is presented, in particular for PDT. Thanks to this procedure, size of prepared nanoparticles can be controlled in the range between 10 and 200 nm, and purification procedures are much simpler than those involved in current literature methods. The dense PEG layer makes the nanoparticles stable by aggregation in saline medium and in a biological environment and endows them at the same time with stealth properties (capture resistence from immunitary system cells) both in vitro and in vivo. As a consequence, the drug concentration in tumoral tissues is increased significantly by the EPR effect (Enhanced Permeability and Retention). The photosintetizer used in my thesis is meta-tetra(hydroxyphenyl)chlorin (mTHPC), anticancer and dermatological drug: its forniture was provided by Biolitec, one of the partner of the Nanophoto project. However, the PEG coating is not completely effective in preventing the release of the photosensitizer mTHPC in the presence of serum, a problem that hampered our previous attempts. The drug was then modified so that it could be covalently anchored to the nanoparticles, and the effects on its physical and chemical properties after derivatization and grafting to the silica matrix were investigated. The new procedure also enables the introduction of functional groups on the PEG layer at the same time of nanoparticle’s formation. These reactive moieties can be used for the subsequent conjugation of small organic molecules, such as folic acid or biotin, or the bioconjugation of antibodies and other biomolecules so as to obtain targeted nanoparticles. Encouraging resultswere demonstrated in active targeting experiments with monoclonal antibodies, such as those for D2B, specific for prostatic tumoral antigen, and EGF (Epidermial Growth Factor).
Questa tesi di dottorato si inserisce nel campo della nanomedicina e si occupa della realizzazione di nanovettori di silice per potenziali applicazioni nella terapia fotodinamica (PDT). Questo lavoro di tesi era inserito nel progetto Nanophoto, finanziato dalla comunità europea e a cui partecipano diversi gruppi di ricerca e imprese italiani ed europei. Più in particolare, la tesi discute di una nuova procedura sintetica che consente di realizzare in un unico step nanoparticelle di silice organicamente modificata (ORMOSIL) ricoperte con un denso strato di PEG e caricate con molecole idrofobiche, tra cui fluorescenti e foto sensibilizzatori per la PDT. Grazie a questa procedura è possibile controllare il diametro delle nanoparticelle preparate in un intervallo tra 10 e 200 nm e la purificazione delle preparazioni è stata molto semplificata. Lo strato di PEG dei carrier è estremamente denso, tanto da rendere le nanoparticelle stabili contro l’aggregazione anche in mezzi salini ed in ambiente biologico, e da conferire loro notevoli abilità stealth (resistenza alla cattura da parte di cellule del sistema immunitario) sia in vitro che in vivo e da incrementare notevolmente l’accumulo nei tessuti tumorali in virtù dell’effetto EPR (Enhanced Permeability and Retention). Il fotosensibilizzatore utilizzato in questo lavoro di tesi è la tetra(metaidrossifenil)clorina (mTHPC), già commercializzata come farmaco antitumorale e dermatologico e fornita dalla ditta Biolitec, che è coinvolta nel progetto Nanophoto. La speranza iniziale era quella di poter intrappolare fisicamente l’THPC nelle nanoparticelle senza necessità di modificarlo. Tuttavia studi effettuati nell’ambito del progetto e del mio lavoro di tesi hanno dimostrato che il fotosensibilizzatore viene rapidamente rimosso dalle nanoparticelle in presenza di proteine del siero. Neppure il coating di PEG, che sfavorisce l’interazione delle particelle con le proteine, è capace di arrestare la fuga dell’mTHPC. Il fotosensibilizzatore è stato quindi modificato chimicamente per consentirgli di ancorarsi covalentemente alla matrice dellananoparticella. L’elaborato discute gli effetti della funzionalizzazione e del legame con la matrice silicea sulle caratteristiche dell’ mTHPC. La nuova procedura di sintesi messa a punto permette inoltre di introdurre dei gruppi funzionali nello strato di PEG contemporaneamente alla formazione delle particelle. Questi gruppi funzionali possono essere utilizzati per una successiva coniugazione con piccole molecole organiche, come acido folico e biotina, oppure per la bioconiugazione di anticorpi e altre biomolecole e ottenere così nanoparticelle direzionanti. Risultati particolarmente incoraggianti sono stati ottenuti in queste strategie di targeting attivo con anticorpi monoclonali come il D2B, specifico per l’antigene deltumore prostatico, e con ligandi di recettori sovraespressi dai tumori come l’EGF (Epidermial Growth Factor).
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ARKEL, MARIA. "Sintesi e caratterizzazione di nuovi derivati della creatina per la terapia del deficit del trasportatore SLC6A8 e nuova procedura sintetica per l'ottenimento della fosfocreatina." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/929139.

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Abstract:
Parte 1 Il Deficit del trasportatore della creatina è una rara malattia genetica dovuta al malfunzionamento della proteina denominata SLC6A8 e deputata al trasporto della creatina attraverso le barriere biologiche. Il mancato funzionamento del trasportatore della creatina comporta l’assenza di creatina a livello cerebrale con la conseguenza di gravissimi danni neurologici. La creatina infatti è una molecola polare che attraversa le barriere biologiche solo per mezzo del suo trasportatore. Ad oggi non esiste nessuna terapia per tale patologia. Una possibilità terapeutica potrebbe essere rappresentata da profarmaci della creatina in grado di attraversare le membrane cellulari e la barriera ematoencefalica (BEE) in modo indipendente dal trasportatore della creatina stessa. Questo potrebbe ripristinare il contenuto di creatina all'interno delle cellule nervose. Per raggiungere tale scopo, in questo progetto di tesi, si sono messe a punto due diverse strategie di sviluppo di derivati della creatina: 1. modificare la struttura della creatina in modo tale da ottenere una molecola maggiormente lipofila che possa attraversare le membrane biologiche per diffusione passiva. 2. realizzare derivati ottenuti dalla coniugazione della creatina con molecole che possano utilizzare un trasportatore diverso dall’SLC6A8. I derivati sintetizzati secondo tali strategie sono stati ottenuti in buona resa e caratterizzati mediante HPLC e spettrometria di massa; alcuni di loro sono stati anche valutati dal punto di vista della stabilità in mezzo fisiologico e degli effetti neurobiologici.
Parte 2 La fosfocreatina esogena viene prodotta con il nome di “Neoton” dalla casa farmaceutica Alfa Wasserman S.p.A. (Italia), e fa parte del gruppo di farmaci metabolici utilizzati nella protezione del miocardio in aggiunta alle soluzioni cardioplegiche. La fosfocreatina infatti esercita un duplice effetto che la rende un potenziale agente terapeutico cardioprotettivo: l’attività di conservazione dell’energia miocardica mediante il ripristino delle riserve di ATP e l’azione protettiva verso le membrane biologiche. Quasi tutti i metodi pubblicati finora per la sintesi della fosfocreatina portano nella maggior parte dei casi ad una molecola ottenuta in bassa resa e dopo molteplici step di purificazione.La bassa resa è dovuta ad una scarsa reattività dell’agente guanilante utilizzato, soprattutto quando esso è costituito da un derivato della cianoammide. Parte del lavoro svolto ha riguardato la messa a punto di una metodica alternativa ai metodi convenzionali che ha permesso di ottenere la fosfocreatina in buona resa e purezza.
Part 1 Creatine transporter deficiency is a rare hereditary disease due to the loss of function of the SLC6A8 (creatine transporter). Creatine is a polar molecule, able to cross the biological barriers exclusively using its own transporter and therefore this disease causes the lack of cerebral creatine and leads to dramatic neurological symptoms. To date there is no therapy available for this disorder. A therapeutic strategy could be represented by creatine prodrugs able to cross the cellular membranes and the blood brain barrier (BBB) in an independent way from using the creatine transporter and releasing creatine once inside the cells to exert its biological activities. Two different strategies have been developed to synthesized creatine derivatives: 1.The modification of the creatine molecular skeleton in order to obtain more lipophilic prodrugs that could cross the BBB and the biological membranes by passive diffusion. 2. The conjugation of creatine with a molecule able to exploit a different transporter than SLC6A8, i.e. the glucose transporters, creating a chimeric molecule able to use an alternative way The synthesized derivatives have been obtained in high yield and purity and characterized by means of HPLC and mass spectrometry. Some of them have been evaluated for their stability in physiological conditions and neurobiological effects.
Part 2 The exogenous phosphocreatine is currently marketed as “Neoton” by Alfa Wasserman Industry S.p.A. (Italy) and is part of the therapy in the myocardial protection in addition to the cardioplegic solutions. Phosphocreatine exerts a twofold effect as a cardioprotective agent: the regeneration of the ATP reserves and the protective effects of the biological membranes. Most of the methods published so far to synthesize phosphocreatine lead to a low-yielded molecule and involve several purification steps. Low yield is due to the poor reactivity of the guanilating agent used, especially when it is a cyanamide derivative. Part of this job was to develop an alternative method to conventional methods ,that allowed to obtain phosphocreatine with good yeld and purity.
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DI, NUZZO SILVIA. "Semaforine e cancro: nuovi orizzonti per la diagnosi e terapia sperimentale." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2011. http://hdl.handle.net/11566/241893.

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Abstract:
Le semaforine sono una grande famiglia di proteine, secrete o di membrana, inizialmente implicate nello sviluppo del sistema nervoso e nella guida assonica. E’ recente la scoperta che le semaforine sono coinvolte nel regolare la motilità cellulare a l’adesione, l’angiogenesi, la risposta immunitaria e la progressione tumorale. La sema 3A è una proteina secreta la cui espressione è stata documentata in doversi tipi di cellule tumorali ma della quale ancora non conosciamo l’attività autocrina e paracrina nel contato tumorale. Anche l’espressione dei suoi recettori, NP1 e NP2 è correlata con la progressione tumorale. Il carcinoma renale (RCC) è il terzo tumore urologico più comune che colpisce l’uomo, ed è costituito da diversi sottotipi istologici. In questo studio, abbiamo investigato se la SEMA terzo ed il suo recettore NP1 sono espressi nelle cellule e tessuti di RCC. Successivamente sono stati osservati gli effetti della proteina sulla capacità invasiva di linee cellulari aventi un diverso rapporto di espressione NP1/NP2. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il CC-RCC esprime bassi livelli di NP1 con conseguente perdita del segnale inibitorio della SEMA 3A nell’oncogenesi di tale neoplasia.
Semaphorine are a large family of secreted and membrane-bound molecules that were initially implicated in the development of the nervous system and in axon guidance. More recently they have been found to regulate cell adhesion and motility, angiogenesis immune responses, and tumor progression. The SEMA 3A is a soluble protein whose expression has been documented in several types of cancer cells, which do not yet now the autocrine activity and or paracrine tumor microenvironment. The expression of NP1 and NP2, is correlated with tumor progression in many cancers types. Renal Cells Carcinoma (RCC) in the third most common genitourinary malignancy composed of specific tumor subtypes. We investigated whether SEMA 3A and NP1 are expressed in RCC by examining cell lines and tissue of RCC. Were later observed the effects of protein on the invasive capacity of cell lines with a different ratio of expression NP1/NP2. Hence, These results confirmed the persisten low levels of NP1 expression in RCC, supporting a role of the loss of inhibitory SEMA 3A autocrine loops in RCC oncogenesis.
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FISCHETTI, COLOMBA. "Nuovi biomarcatori molecolari per la diagnosi e la terapia della sclerosi sistemica." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2021. http://hdl.handle.net/11566/287150.

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Abstract:
Background: La Sclerosi Sistemica (SSc) è una malattia rara del tessuto connettivo caratterizzata da danno microvascolare; attivazione dei fibroblasti con aumentata produzione di collageno nella cute, vasi sanguigni e organi interni; disregolazione dell’immunità con produzione di autoanticorpi. Importante è stata la scoperta di autoanticorpi che riconoscono e attivano il recettore del PDGF in pazienti SSc ma non nei controlli, inducendo stress ossidativo e deposizione di collagene, suggerendo un loro ruolo attivo nella patogenesi della SSc. Il nostro gruppo di ricerca ha messo a punto tecniche per clonare autoanticorpi monoclonali anti-PDGFR; identificato i diversi epitopi del PDGFR riconosciuti dai vari monoclonali; dimostrato che questi autoanticorpi causano fibrosi in vivo utilizzando un nuovo modello murino. Materiali e metodi: Utilizzando un saggio ELISA già ottimizzato, sono stati analizzati i sieri di pazienti SSc. 25 sieri SSc positivi al test ELISA insieme a 25 sieri controllo sono stati spediti a Pepscan Presto, Lelystat, Olanda, e testati con una Pepscan-based ELISA. Qui è stata generata una specifica library peptidica per valutare il legame tra gli epitopi conformazionali del PDGFr e gli autoanticorpi presenti nel siero SSc e identificare quali tra questi fossero il bersaglio di una maggiore reattività. Oltre ai 60 peptidi espressione dei primi tre domini della porzione extracellulare del PDGFr, la library contiene anche 60 peptidi rappresentanti la proteina NOX-2 appartenente alla famiglia delle NADPH ossidasi. Secondo la nostra ipotesi, sia la proteina NOX-2 che il PDGFr rappresentano il bersaglio della risposta autoimmunitaria da parte dei pazienti affetti da SSc. Risultati: esiste una differente reattività dei sieri dei pazienti SSc rispetto ai sieri controllo nei confronti di alcuni peptidi contenuti nella library. Ciò dimostra che i sieri SSc contengono autoanticorpi che riconoscono epitopi conformazionali specifici: 13 appartenenti a NOX2 e 21 al PDGFR. Tra i peptidi statisticamente significativi sono stati identificati alcuni che riescono a discriminare meglio i pazienti dai controlli e che potrebbero rappresentare i possibili bersagli di test diagnostici epitope-based. Abbiamo individuato valori di cut-off, mediante curve Roc. I peptidi migliori a discriminare i pazienti SSc dai controlli sono: PEP8 e PEP9 (espressione di NOX), PEP61 e PEP75 (espressione del PDGFr). Il valore cut-off di PEP61 = 435 è quello associato alla più alta sensibilità e specificità (se= 68%, sp= 80%). Nonostante una numerosità campionaria troppo esigua per conclusioni statisticamente significative, indipendentemente dal punteggio cut off considerato, cinque individui appartenenti al gruppo controlli si posizionino sempre al di sopra del livello soglia, risultando sempre positivi ad un ipotetico test diagnostico. Conclusioni: Con questo lavoro sono stati individuati specifici epitopi conformazionali che rappresentano il sito di legame tra anticorpi anti-PDGFr con i sieri di pazienti SSc. Esiste una diversa reattività dei sieri SSc al recettore del PDGF sulla base della quale è stato possibile fare una suddivisione dei pazienti in sottogruppi in parte diversi rispetto alla tradizionale classificazione (forma diffusa vs limitata). Indipendentemente dal punteggio cut-off considerato, cinque sieri controllo presentano una reattività estremamente elevata per tutti i peptidi della library, con un comportamento paragonabile ai pazienti SSc diffusa. Ci si interroga se questa polireattività sierica può essere espressione di una familiarità verso malattie autoimmuni o di una malattia non ancora manifesta. Se queste osservazioni verranno confermate da studi su una più ampia numerosità campionaria, questi peptidi potranno rappresentare il bersaglio di specifici test diagnostici epitope-based, e soprattutto di mirate terapie molecolari.
Background: Systemic Sclerosis (SSc) is a rare disorder of the connective tissue, characterized by fibrosis of the skin, blood vessels, and visceral organs; additional manifestations include alterations of the microvasculature and production of autoantibodies. An important step forward has been the demonstration in SSc patients but not in controls, the presence of agonistic autoantibodies targeting endogenous PDGF receptor in SSc patients. These data suggest that the anti-PDGFR autoantibodies play an active role in the pathogenesis of SSc. Our research group has developed techniques to clone anti-PDGFR monoclonal autoantibodies; identified the different PDGFR epitopes recognized by agonistic anti PDGFR autoantibody; demonstrated that they are pro fibrotic in vivo tested in the preclinical model of the transgenic mouse. Materials and methods: by a competitive ELISA, serums of SSc patients were analyzed. 25 SSc serums positive by ELISA with 25 control serums were shipped to Pepscan Presto, Lelystat, The Netherlands, and tested with a Pepscan-based ELISA. A specific peptide library was then generated to evaluate the binding between the conformational epitopes of PDGFr and the autoantibodies present in the SSc serum and identify which of these are the target of higher reactivity. In addition to the 60 peptides expression of the first three domains of the extracellular portion of PDGFr, the library also contains 60 peptides representing the NOX-2 protein belonging to the NADPH oxidase family. According to our hypothesis, both the NOX-2 protein and the PDGFr are the target of the autoimmune response in SSc patients. Results: a different reactivity of the serums of SSc patients compared to the control serums emerged against some peptides contained in the library. This shows that the serums of SSc patients contain autoantibodies that recognize specific conformational epitopes:13 belonging to NOX2 and 21 to PDGFR. Among the statistically significant peptides, we identified the peptides that are able to better discriminate patients from the controls and that could represent possible targets for epitope-based diagnostic tests in the future. Cut-off values were identified, using Roc curves. The better peptides able to discriminate SSc patients from controls are: PEP8 and PEP9 (NOX expression), PEP61 and PEP75 (PDGFr expression). The cut-off value of PEP61 equal to 435 is the one associated with the highest sensitivity and specificity (se= 68%, sp= 80%). Despite too small a sample size to statistically significant conclusions, regardless of the cut-off score considered, five individuals belonging to the control group always position themselves above the threshold level, always positive to a hypothetical diagnostic test. Conclusions: with this research work, specific conformational epitopes have been identified that represent the site of binding between anti-PDGFr antibodies with serums of SSc patients. There is a different reactivity of SSc serums to the PDGF receptor on the basis of which it has been possible to subdivide patients into sub-groups that are partly different from the traditional classification (diffuse vs limited form). Independently of the cut-off score considered, five control serums have an extremely high reactivity for all peptides in the library, with a behavior comparable to diffuse SSc patients. This data makes us question whether this serum polireactivity may be the expression of a familiarity with autoimmune diseases or a disease not yet manifest. If these observations are confirmed by studies on a larger sample number, these peptides could be the target of specific epitope-based diagnostic tests, and especially of targeted molecular therapies.
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Ferrara, Francesca <1985&gt. "Laser terapia nel lichen scleroso femminile e maschile: una nuova opportunita terapeutica?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9333/1/tesi%20abstract.pdf.

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Abstract:
INTRODUZIONE: Il Lichen Sclerosus è una dermatosi autoimmune, cronico-recidivante che coinvolge tipicamente i genitali. Questa patologia può avere un forte impatto sulla qualità della vita e sull’attività sessuale dei pazienti: molti di questi hanno sintomatologia pruriginosa, bruciore, dispareunia, disturbi della sfera sessuale, spesso persistenti anche dopo le terapie. Ad oggi, la terapia steroidea è la più efficace opzione terapeutica, sebbene non sia scevra da effetti collaterali, soprattutto nelle applicazioni a lungo termine. OBIETTIVI: Indagare l’efficacia e gli effetti a lungo termine della terapia con laser Co2 frazionato nel controllo della sintomatologia del lichen scleroso femminile e maschile, in pazienti che applichino lo steroide 1-2 volte alla settimana, per valutare se questo trattamento possa essere una valida alternativa alla terapia steroidea. METODI: Sono stati arruolati nello studio prospettico pazienti di entrambi i sessi affetti da lichen scleroso. I pazienti sono stati trattati con laser CO2 frazionato ogni 2 mesi, per un totale di 3 sessioni. Prima di ogni trattamento e al follow up (9 mesi dopo l’ultima seduta) sono stati somministrati ai pazienti dei questionari: DLQI,FSFI per le donne e MSHQ per gli uomini, e infine 2 questionari specifici creati per valutare la severità di segni e sintomi della patologia basati sullo score proposto da Günthert nel 2012. RISULTATI: 23 donne e 10 uomini, tutti maggiorenni, sono stati arruolati nello studio. La terapia con laser Co2 frazionato ha migliorato in maniera significatica I punteggi di tutti I questionari, dalla baseline fino al follow up. Nessuno ha mostrato effetti collaterali importanti. CONCLUSIONI: I nostri risultati suggeriscono che il laser Co2 frazionato sia un trattamento efficace e sicuro ed una valida alternativa alla terapia steroidea nei pazienti affetti da lichen scleroso genitale. Maggiori studi sono comunque necessari per confermare questi risultati.
BACKGROUND: Lichen Sclerosus is an autoimmune, chronic relapsing dermatosis that typically involves vulvar and penile area. This condition can strongly impact on the quality of life: many patients feel uncomfortable, some have persistent discomfort despite apparently successful treatment. To date, topical steroids are the most effective therapeutic option, although adverse effects are possible, especially in long-term application. OBJECTIVES: To investigate the efficacy and the long-term effect of fractional CO2 laser as a steroid sparing treatment to control the symptoms in women an men with lichen sclerosus who have tapered the application of topical steroids to twice weekly or less. METHODS: Patients with a clinical and histological diagnosis of vulvar and penile lichen sclerosus were prospectively enrolled in the study. The patients were treated with fractional CO2 laser every 2 months, for a total of 3 sessions. Before each treatment and at the 8-month follow up 4 questionnaires were administered to the patients: DLQI, FSFI for women, MSHQ for men, and 2 specific questionnaires created to assess the severity of signs and symptoms, based on the score proposed by Günthert in 2012. RESULTS: A total of 23 adult women and 10 adult men were enrolled in the study. The fractional CO2 laser treatment significantly improved the scores of all scales from baseline to the 8-month follow up. CONCLUSIONS: Our results suggest that fractional CO2 laser is an efficient and safe steroid sparing treatment in patients that have tapered topical steroids to twice weekly or less. However, further investigations are needed to safely generalized our findings.
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CUGUSI, LUCIA. "L'attività motoria acquatica come nuovo approccio terapico alla cardio-diabetologia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2013. http://hdl.handle.net/11584/266110.

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Abstract:
The role of general physical activity on improving cardiometabolic profile and quality of life in patients with type 2 diabetes is widely demonstrated. However, little is known about the effects of specific water exercise program in patients with type 2 diabetes. Therefore, the aims of this pilot study were to evaluated the effects of a supervised water training program in subjects affected by type 2 diabetes. Methods: eighteen men affected by type 2 diabetes (51,4±9,38 years), were enrolled in a program of 12 weeks of supervised water training. We assess Cardiometabolic Profile (echocardiography, glycemic, lipidemic and anthropometric profille, blood pressure levels and cardiopulmonary exercise test), and Quality of Life and Physical Activity Levels (Short-form Health Survey 36 with items (SF-36), Problem Areas in Diabetes Questionnaire (PAID) and International Physical Activity Questionnaire (IPAQ)) before and after 12-weeks of a supervised water exercise program. Results: The results showed a significant improvement of cardiovascular and metabolic assessments (aerobic capacity, work, blood pressure, glycemic, anthropometric and lipidemic profile, and diastolic function) and an increasing in quality of life and physical activity levels (Sf-36, PAID, energy expenditure in general physical activity). Discussion: Our findings showed that structured and supervised physical activity performed in water, produced benefits both in improving of the cardiometabolic profile and the HRQoL and also in increasing of the physical activity levels in subjects affected by type 2 diabetes.
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PASSARELLA, Daniela. "Tau nucleare: un possibile nuovo target per la terapia della malattia di Alzheimer." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2013. http://hdl.handle.net/11695/66242.

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Abstract:
Tau is a microtubule-stabilizing protein detected in both cytosolic/cytoskeletal and nuclear cellular compartments of neuronal and non-neuronal cells, with a tightly regulated phosphorylation, in physiology (mitosis for example) and pathology (neurofibrillary tangles). In Alzheimer’s disease (AD) it is not yet established whether entangled tau represents a cause or a consequence of neurodegeneration. The amyloid β-precursor protein (AβPP) is considered pivotal in the genesis of AD, and the “amyloid hypothesis” states that amyloid β-peptides (Aβ), derived from aberrant AβPP processing, cause neurodegeneration and tau hyperphosphorylation. Here we provide evidence that AβPP, when ectopically overexpressed or in cells bearing trisomy 21, modulates the phosphorylation of tau in mitotic and pathogenic phosphoepitopes during cell cycle and regulates the intracellular localization of phospho-tau, reducing the nuclear pool and the overall ratio nuclear/cytoskeletal. We show that the modulation of tau phosphorylation mediated by AβPP is strictly dependent on β-secretase activity as well. This specific phosphorylation of tau is required during mitosis in vitro and in vivo, likely via an ERK1/2 signaling cascade; the consequent phenotype is an upregulation of cell growth kinetic induced by AβPP in proliferating cell lines. Also in differentiated neuronal A1 cells, the overexpression of AβPP modulates tau phosphorylation, altering the ratio between cytoskeletal and nuclear pools, but in this case AβPP induces cell death. The nuclear localization of phospho-tau is significantly underrepresented in neurons of AD patients, in which predominate neurofibrillary tangles, in comparison to non-AD patients. Finally we investigate the potential protective effect of sodium selenate on tau phosphorylation and tau inclusions in a transgenic mouse model of human tauopathy. Treatment with sodium selenate in these transgenic mice reduces both phospho-tau and tau inclusions, likely by activating phosphatase activity (PP2A) and increasing the autophagic degradation of tau aggregates. In summary, in this work we provide evidence for a direct contribution of APP in a signaling activity targeted to the activation of specific kinases, with a role in the phosphorylation and homeostasis of the nuclear and the cytoskeletal pool of tau, with consequences in cell cycle dynamics that may lead to cell death in postmitotic neurons. The use of pharmacological tools that may reduce kinases’ activation and stimulate the autophagic degradation of tau inclusions, as shown here using Na Selenate in transgenic mice, may revert this pathological process. In our opinion a deeper comprehension of molecular mechanisms that cause the disequilibrium between nuclear vs cytoskeletal phosphorylation of tau is essential for the identification of novel targets for AD therapy.
Tau è una proteina stabilizzatrice i microtubuli identificata in entrambi i compartimenti cellulari, quello citosolico/citoscheltrico e quello nucleare, di cellule neuronali e non neuronali; si contraddistingue per la sua fosforilazione altamente regolata in eventi sia fisiologici (per esempio durante mitosi), che patologici (come negli aggregati neurofibrillari). Nella malattia dell’Alzheimer (AD) non è stato ancora stabilito se gli aggregati neurofibrillari rappresentano una causa o una conseguenza della neurodegenerazione; secondo l’ipotesi dell’amiloide, la proteina precursore dell’amiloide (AβPP) svolge un ruolo chiave nella neurodegenerazione, producendo i peptidi tossici Aβ che sono a loro volta responsabili dell’iperfosforilazione di tau. In questo lavoro di ricerca noi dimostriamo che AβPP, quando è overespressa ectopicamente o in cellule con trisomia 21, modula la fosforilazione di tau a livello di fosfo-epitopi patogenetici e mitotici durante il ciclo cellulare e regola la localizzazione intracellulare di fosfo-tau, riducendone la quota nucleare e il rapporto nucleo/citoscheletro; tale regolazione è risultata essere strettamente dipendente dall’attivitá di γ-secretasi. Questa specifica fosforilazione di tau è richiesta durante la mitosi sia in vivo che in vitro ed è modulata dal pathway segnale di ERK1,2; il conseguente fenotipo è una stimolazione della crescita cellulare indotta da AβPP in linee cellulari proliferanti. Anche in cellule neuronali differenziate A1, l’overespressione di AβPP modula la fosforilazione di tau, alterandone il rapporto nucleo/citoscheletro ed è, in questo caso, anche correlata con la morte cellulare. A differenza dei tessuti cerebrali di casi controllo, in quelli AD la localizzazione nucleare di tau è irrilevante e si osserva la predominanza di aggregati neurofibrillari. Abbiamo infine, investigato l’azione protettiva del selenato di sodio sulla fosforilazione e gli aggregati di tau in un modello murino di tauopatia transgenico per la tau umana recante la mutazione P301S. Il trattamento con tale droga mostra ridurre sia la fosforilazione di tau, sia le sue inclusioni, attivando l’attività fosfatasica (PP2A) e la degradazione autofagica degli aggregati di tau. Riassumendo, in questo lavoro noi dimostriamo un diretto contributo di AβPP nell’attivazione di un pathway segnale volto all’attivazione di specifiche chinasi, coinvolte nella fosforilazione e nell’omeostasi dei pools nucleare e citosolico/citoscheletrico di tau, con consegnenze nelle dinamiche del ciclo cellulare che potrebbero indurre la morte cellulare in neuroni post-mitotici. L’uso di tools farmacologici che potrebbero ridurre l’attivazione di chinasi e stimolare la degradazione di inclusioni di tau, come mostrato qui usando il selenato di sodio in topi transegenici, potrebbe revertire questo processo patologico. A nostro avviso, una comprensione piú profonda dei meccanismi molecolari che causano lo squilibrio tra la fosforilazione nucleare vs. quella citoscheletrica di tau è essenziale per l’identificazione di nuovi targets terapeutici per l’AD.
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CARUSO, Lorenzo. "Nuovi approcci basati su TRAIL ed MSC per la terapia delle malattie oncoematologiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2012. http://hdl.handle.net/11392/2389424.

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Abstract:
TNF-related apoptosis-inducing ligand (TRAIL) is a member of the TNF superfamily of cytokines, including 18 genes which code 19 transmembrane proteins, strictly correlated, and playing important roles in: cell death regulation, immune response and inflammation. In humans at least 5 different TRAIL receptors have been described belonging to the TNF-R family, each one expressed in different cellular lines. TRAIL-R1 (DR4) and TRAIL-R2 (DR5) transduce apoptotic signals, while TRAIL-R3 (DcR1), TRAIL-R4 (DcR2) and osteoprotegerina (OPG) are decoy receptors unable to induce cellular death. Significant levels of TRAIL have been detected in many human tissues, including spleen, prostate, lungs, thymus, kidney, intestine, ovary and, at lower levels, heart, skeletal muscle cells, pancreas, liver, brain and testicle. One of the primary functions of TRAIL is to induce apoptosis in numerous transformed cell lines and cancer cells in vivo, without significant cytotoxicity on normal cells or tissues. With the aim to identify antitumor agents, we have focused our attention on the therapeutic potential of TRAIL. During the last three years, we tested new strategies based on TRAIL in order to induce death selectively in neoplastic cells which have developed resistance to conventional treatment. For this purpose we conducted a set of studies in vitro and in vivo employing recombinant TRAIL. Furthermore our research has concentrated on the therapeutic efficacy of human bone marrow (BM) mesenchymal stem cells (MSC), which are considered the stromal progenitor stem cells within the bone marrow. Our objective was to explore the antitumor activity of these cells and to describe the mechanisms causing this effect. The development of an animal model in SCID (Severe Combined Immunodeficiency) mice of Non-Hodgkin lymphoma (NHL) was necessary in order to investigate the in vivo dissemination of cancer cells and to assess the therapeutic efficacy of recombinant TRAIL and BM-MSC. These models were established by intraperitoneal (i.p.) injection of EBV- Burkitt-type BJAB and EBV+ B lymphoblastoid SKW6.4 cell lines. Xenografts mice were then i.p. injected on the opposite site with either human recombinant TRAIL or BM-MSC at a lymphoma:MSC assessing mice survival after the treatment. The results reported in this paper demonstrate that both treatments reduce the growth of the tumoral masses, with a consequent significantly higher rate of mice survival. Furthermore, similar results were obtained when mesenchimal stem cells, previously embedded in hyaluronan scaffolds to avoid the integration of mesenchymal cells in the fibrovascular cancer network, were implanted in mice. Interestingly, this hyaluronan-embedded MSC exert anti-lymphoma activity by ameliorating hepatic functionality, as demonstrated by measurement of serum ALT/AST levels. In conclusion, our research suggests that both strategies, i.e. rTRAIL and mesenchymal stem cells can exert antitumoral activity and are good candidate for development of new therapies.
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Di, Paolo Veronica. "Caratterizzazione in vitro della biotrasformazione di nuovi potenziali farmaci per la terapia dei tumori." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3421853.

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Abstract:
La caratterizzazione della stabilità metabolica di un nuovo potenziale farmaco e l’identificazione del sistema enzimatico coinvolto nella sua biotrasformazione rivestono notevole importanza nello sviluppo di nuovi agenti terapeutici [Foti e Dalvie, Drug Metab Dispos, 44:1229, 2016]. Un primo obiettivo dell’attività svolta nell’ambito del Dottorato di Ricerca era rappresentato dalla valutazione della reattività nei confronti del tripeptide glutatione (GSH) di alcuni derivati del nitrobenzossadiazolo in fase di caratterizzazione preclinica, quali agenti antitumorali, rappresentati dall’inibitore di GSTP1-1 6-(7-nitro-2,1,3-benzossadiazol-4-iltio)esanolo (NBDHEX) e dai suoi analoghi MC3181, MC2753. I risultati ottenuti dimostrano come l’estere benzoico di NBDHEX (MC2753) presenti, a differenza di NBDHEX e MC3181, elevata stabilità in presenza di concentrazioni fisiologiche di GSH [Fulci et al., J Enzyme Inhib Med Chem, 32:240, 2017]. Successivi esperimenti, volti a valutare la stabilità di MC2753 all’azione di esterasi, hanno tuttavia dimostrato un’elevata suscettibilità del composto all’idrolisi mediata da carbossilesterasi (CES) microsomiali epatiche umane. La sostituzione della funzione esterea presente in MC2753 con una funzione ammidica ha permesso l’ottenimento di un composto (MC4351) molto promettente, in quanto dotato di stabilità all’azione di CES microsomiali e, a differenza di NBDHEX e MC3181, scarsamente reattivo vs. GSH. Alla luce di un possibile riposizionamento in ambito oncologico della pirimetamina (PYR) [Fang, Cancers (Basel), 6:494, 2014], sostanza nota per la sua attività antiprotozoaria, è stato inoltre intrapreso uno studio con l’obiettivo di ampliare le conoscenze sul suo destino metabolico. Studi di metabolismo epatico in vitro, condotti al fine di valutare la possibile glucuronidazione e/o ossidazione del farmaco in presenza di frazioni microsomiali umane e di ratto, hanno dimostrato come esso non vada incontro a glucuronidazione nelle due specie considerate. Per contro, l’incubazione di PYR con adenina dinucleotide fosfato ridotto (NADPH) e microsomi epatici di ratto, o microsomi epatici umani isolati da un soggetto trattato con fenobarbital, ha condotto alla formazione di almeno 3 prodotti di mono-ossigenazione, rilevati grazie ad analisi in cromatografia liquida accoppiata a rivelatore spettrofotometrico a serie di diodi e spettrometria di massa (LC-DAD-MS). È stato esaminato, inoltre, il metabolismo microsomiale epatico di una piccola batteria (n=6) di nuovi inibitori della polimerizzazione della tubulina, derivati del 7-fenilpirrolochinolinone (7-PPyQ). Particolarmente interessanti, in virtù della stabilità dimostrata in presenza di microsomi epatici umani sia in assenza (metabolismo idrolitico) sia in presenza di NADPH (metabolismo ossidativo), sono risultati gli N-benzoil derivati del 7-PPyQ denominati MG2718 e MG2854. Entrambi i composti sono attualmente in fase di screening per l’attività antineoplastica. Un ulteriore obiettivo dell’attività svolta nell’ambito del Dottorato di Ricerca riguardava la comparazione nelle specie uomo, ratto e topo della stabilità al metabolismo ossidativo citosolico epatico di una piccola batteria di aldeidi aromatiche, rappresentate dall’o-vanillina, un inibitore di NFkB dotato di significativa attività antitumorale [Marton et al., Anticancer Res, 36:5743, 2016] e alcuni suoi analoghi strutturali. Gli stessi composti sono in fase di screening per l’attività antineoplastica presso il Biological Research Centre (BRC) dell’Accademia delle Scienze Ungheresi di Szeged e il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova. Il progetto ha la finalità di identificare composti con attività biologica sovrapponibile o superiore all’o-vanillina e caratterizzati, al tempo stesso, da più elevata stabilità metabolica. I risultati sino ad ora ottenuti indicano un significativo coinvolgimento di aldeidi ossidasi (AOX) murine nel metabolismo citosolico di tutte le aldeidi aromatiche studiate e l’esistenza di profonde differenze interspecie tra l’uomo e il topo nel metabolismo di questi composti. Infine, in collaborazione con il Centro Ricerche Aptuit di Verona e la Molecular Modeling Section del DSF dell’Università di Padova è stato avviato un progetto con l’obiettivo di identificare inibitori selettivi di solfotrasferasi (SULT) umane che consentano l’esecuzione di studi di fenotipizzazione di reazione. Ad oggi, infatti non vi è la disponibilità di un panel completo di inibitori selettivi verso singole SULT. Gli studi sino ad ora condotti hanno portato all’identificazione di due potenti inibitori delle principali SULT epatiche coinvolte nel metabolismo degli xenobiotici ossia SULT1A1 e SULT1B1
Drug metabolism studies play an important role in drug discovery and development [Foti and Dalvie, Drug Metab Dispos, 44: 1229, 2016]. A first aim of this work was to evaluate the reactivity of some nitrobenzoxadiazole (NBD) derivatives, namely the experimental antitumor agent 6-(7-nitro-2,1,3-benzoxadiazol-4-ylthio)hexanol (NBDHEX) and its analogues MC3181 and MC2753, towards the tripeptide glutathione (GSH). The obtained results showed that, differently from NBDHEX and MC3181, the benzoic acid ester of NBDHEX (MC2753), was stable in the presence of a physiological concentration of GSH [Fulci et al., J Enzyme Inhib Med Chem, 32: 240, 2017]. Subsequent experiments, aimed at assessing the stability of MC2753 to esterases, demonstrated its high susceptibility to hydrolysis catalyzed by a human liver microsomal carboxylesterase(s). Substitution of the ester group of MC2753 with an amide group gave compound MC4351, which was stable in the presence of human liver microsomes (HLMs), and quite less reactive than NBDHEX and MC3181 towards GSH. In the perspective of a possible repositioning of the antiprotozoal drug pyrimethamine (PYR) in the oncological field [Fang, Cancers (Basel), 6:494, 2014], a study was undertaken to improve the knowledge on its metabolic fate. In vitro studies were therefore conducted to investigate the possible oxidation and/or glucuronidation of PYR by HLMs or rat liver microsomes (RLMs). PYR was found to be stable in the presence of uridine 5'-diphospho-glucuronic acid (UDPGA)-supplemented HLMs or RLMs. On the other hand, PYR underwent NADPH-dependent metabolism by phenobarbital-induced RLMs, as well as by HLMs from a subject receiving phenobarbital; liquid chromatograpy coupled to diode array detection and mass spectrometry (LC-DAD-MS) analysis indicated formation of at least three monoxygenated metabolites. In vitro microsomal stability experiments were also conducted on a small panel of derivatives of the experimental tubulin polymerization inhibitor 7-phenylpyrroloquinolinone (7-PPyQ). Among the studied compounds, the N-benzoyl derivatives of 7-PPyQ named MG2718 and MG2854 are of considerable interest, due to their stability in HLMs both in the absence (hydrolytic metabolism) and in the presence of NADPH (oxidative metabolism). Both compounds are currently being screened for antineoplastic activity. Further trials analyzed the liver cytosolic stability of a small panel of aromatic aldehydes including o-vanillin, an inhibitor of NFkB with significant antitumor activity [Marton et al., Anticancer Res, 36: 5743, 2016], and some of its structural analogues. The same compounds are currently being screened for antitumor activity at the Biological Research Center (BRC) of the Hungarian Academy of Sciences (Szeged), and at the Department of Pharmaceutical Sciences (DSF) of Padua University. The aim of the project is to identify o-vanillin analogues endowed with a better pharmacological profile, in terms of both anticancer efficacy and metabolic stability. The results obtained indicate a significant involvement of a murine aldehyde oxidase(s) (AOX) in the metabolism of all the studied aldehydes, and the existence of remarkable differences between human and mouse in the rate of liver cytosolic metabolism of these compounds. Finally, a collaborative project has been recently established with the Aptuit Research Center in Verona and the Molecular Modeling Section of the DSF of Padua University, to identify form-selective inhibitors of the main human sulfotransferases (SULTs) involved in drug metabolism. The studies have led to the identification of two potent inhibitors of two major hepatic SULTs, namely SULT1A1 and SULT1B1.
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NASSI, ALBERTO. "SINTESI E VALUTAZIONE BIOLOGICA DI NUOVI AGENTI POTENZIALMENTE UTILI NELLA TERAPIA DEL MELANOMA MALIGNO." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3421529.

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Abstract:
Malignant melanoma is an extremely aggressive tumour, which originates from the neoplastic transformation of melanocytes. The therapy of metastatic melanoma, whose incidence is dramatically increasing, continues to be a challenge since, regardless of the treatment approach used (chemotherapy, immunotherapy or immuno-chemotherapy), a long-term survival is quite uncommon. In an attempt to improve the effectiveness of the anticancer drugs currently available and to decrease their systemic toxicity, in addition to exploit some biochemical characteristics rather specific of the melanoma cells, a useful approach might be also the use of prodrugs, targeted to the tumor cells, that would release the active drug directly into the tumor mass and/or their surrounding extracellular environment. Aim of my Ph.D. work was the synthesis and the biological evaluation of three types of new compounds, designed as possible agents useful in an anti-melanoma therapy. The first compound, which we synthesized and tested, was a peptide-paclitaxel conjugate containing three functional domains: a “targeting domain”, an “activation sequence” and the cytotoxic agent paclitaxel. The “targeting domain”, whose function was to direct the conjugate to the tumour mass, was represented by a cyclic peptide containing the RGD sequence that can bind selectively the αVβ3 integrin, a surface molecule overexpressed by both metastatic human melanoma cells and endothelial cells of tumour vessels. The “activation sequence”, which should allow a selective release of paclitaxel within the tumour mass, was represented by a short peptide, substrate of cathepsin B (a lysosomal and pericellular protease highly up-regulated in malignant tumours, including human melanomas). The third functional domain consisted of the anticancer drug paclitaxel. The second type of prodrug, which we designed and tested, was a 4-mercaptophenol derivative, containing a butenone moiety, the 4-[(4-hydroxyphenyl)sulfanyl]-3-buten-2-one, obtained in its E and Z geometric isomers. This compound has been designed considering that: a) the 4-mercaptophenol moiety would be a good substrate for tyrosinase, an enzyme expressed at high levels in melanoma cells, where it is involved in the biosynthesis of melanin, and able to oxidize a variety of natural and synthetic phenols, giving rise to alkylating and cytotoxic o-quinones; b) an α,β unsaturated side chain, reactive towards GSH (present in relatively high concentrations in melanoma cells) would decrease cellular antioxidant defense against the oxygen free radicals (ROS) generated as by-products during melanin synthesis, in normal as well in tumor cells. Therefore, our prodrug should act as a bifunctional agent, capable of generating cytotoxic o-quinone species (following its oxidation by tyrosinase) and reducing GSH levels. A third part of the present work has focused on the study of the naftoquinone alkannin and its two acetylated derivatives (1’-acetyl alkannin and 5,8,1’-triacetyl alkannin), as potential inhibitors of the human glutathione-S-transferase (GST) P1-1. This enzyme, which catalyzes the conjugation of GSH to a wide range of nucleophilic compounds, is expressed at high levels in many tumor cells, including melanoma cells, and is considered one of the factors responsible of tumor resistance towards anti-cancer agents. Therefore, a specific inhibitor of this enzyme could be useful in cancer therapy, making the tumor cells more sensitive to chemotherapeutic agents.
Il melanoma maligno è un tumore molto aggressivo, la cui incidenza è in costante aumento, che origina dalla trasformazione di cellule chiamate melanociti. La terapia del melanoma metastatico continua ad essere una difficile sfida, in quanto, indipendentemente dall’approccio terapeutico utilizzato (chemioterapia, immunoterapia o immuno-chemioterapia), i soggetti affetti raramente presentano una sopravvivenza a lungo termine. Per migliorare l'efficacia dei farmaci antitumorali attualmente disponibili e per diminuirne la tossicità sistemica, oltre a sfruttare alcune caratteristiche biochimiche relativamente specifiche delle cellule tumorali, e del melanoma in particolare, un approccio utile potrebbe anche essere quello di indirizzare verso le cellule tumorali dei profarmaci, che rilascino il farmaco attivo direttamente all’interno della massa tumorale e/o nel loro intorno extracellulare. I risultati riportati in questa tesi si riferiscono alla sintesi e alla valutazione biologica di tre nuovi tipi di composti progettati in questa ottica verso le cellule di melanoma. Il primo composto studiato è stato un coniugato peptidico del paclitaxel contenente tre domini funzionali: un dominio di "indirizzamento", una sequenza di "attivazione" e il paclitaxel, appunto, quale agente citotossico. Il dominio di “indirizzamento", la cui funzione era quella di dirigere il coniugato verso la massa tumorale, era rappresentato da un peptide ciclico contenente la sequenza RGD, in grado di legarsi selettivamente e con alta affinità all’integrina αVβ3, una molecola di superficie sovra-espressa sia dalle cellule di melanoma che dalle cellule endoteliali dei nuovi vasi tumorali. La sequenza di “attivazione ", che avrebbe dovuto consentire un rilascio selettivo del paclitaxel all’interno della massa tumorale, era rappresentata da una sequenza peptidica substrato della catepsina B, una proteasi a localizzazione lisosomiale e associata a membrana, altamente sovraespressa in molti tumori, compreso il melanoma. Il terzo dominio funzionale era costituito dal farmaco antitumorale vero e proprio, cioè dal paclitaxel, il cui legame con il peptide - nelle aspettative - avrebbe dovuto causarne la momentanea inattivazione fino al momento della sua effettiva liberazione in sede tumorale. Il secondo profarmaco testato è stato un derivato del 4-mercaptofenolo contenente una catena laterale butenonica, il 4-[(4-idrossifenil)sulfanil]-3-buten-2-one, ottenuto nei suoi due isomeri geometrici E e Z. Questo composto è stato progettato considerando che: a) la parte derivata dal 4-mercaptofenolo avrebbe dovuto essere un buon substrato per l’enzima tirosinasi (TYRase), un enzima espresso ad alti livelli nelle cellule di melanoma, perchè coinvolto nel processo di biosintesi della melanina, e in grado di ossidare una varietà di fenoli naturali e di sintesi, dando luogo a forme alchilanti e citotossiche come gli o-chinoni; b) la catena laterale butenonica (α,β insatura), essendo dotata di elevata reattività nei confronti del GSH, presente in concentrazioni relativamente elevate nelle cellule di melanoma, avrebbe dovuto sottrarre GSH alla cellula stessa, indebolendone di fatto le difese antiossidanti nei confronti dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS) che si generano, come sottoprodotti, durante la sintesi di melanina sia in cellule normali che tumorali. Nelle aspettative, il profarmaco così progettato si sarebbe dovuto comportare come un agente bifunzionale in grado di formare o-chinoni citotossici in seguito alla sua ossidazione da parte della tirosinasi e in grado di ridurre al tempo stesso i livelli di GSH. Infine, un terzo approccio ha riguardato lo studio dell’alcannina (colorante naturale a struttura naftochinonica) e di due suoi derivati acetilati, quali possibili inibitori dell’enzima umano glutatione-S-transferasi (GST) di tipo P1-1, enzima espresso ad alti livelli in molti tumori tra cui appunto il melanoma. GSTP1-1 è un enzima coinvolto nel metabolismo di fase II degli xenobiotici, in quanto catalizza la coniugazione del GSH ad una vasta gamma di composti nucleofili, ma esso è anche ritenuto uno dei fattori promuoventi la farmaco-resistenza del tumore. Un inibitore specifico di questo enzima potrebbe essere quindi estremamente utile in una terapia antitumorale, rendendo le cellule tumorali più sensibili agli agenti chemioterapici.
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Esposito, Lorena. "Studio e sviluppo di un nuovo approccio alla terapia di resincronizzazione cardiaca con cateteri multipolari." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/15702/.

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Un possibile trattamento per lo scompenso cardiaco è la stimolazione elettrica simultanea dei ventricoli (terapia di resincronizzazione cardiaca, CRT). Tuttavia, si riscontra una variabilità di risposta al trattamento: circa il 30% dei soggetti risulta non-responder. Elemento chiave della terapia è una corretta stimolazione del ventricolo sinistro tramite un catetere situato in un ramo tributario del seno coronarico. Il lavoro presentato in questo elaborato si inserisce nel progetto TRAJECTORIES, uno studio che cerca di predire la risposta al trattamento analizzando la traiettoria degli elettrodi stimolatori pre e post stimolazione biventricolare (BiV). Il lavoro descritto si concentra sullo sviluppo di metodi per l’estrazione delle coordinate degli elettrodi di cateteri quadripolari a partire da viste di fluoroscopia. Nello specifico vengono sviluppati due algoritmi: il primo di basa su una segmentazione tramite tecniche dell’elaborazione delle immagini, come sogliatura e modello Chan-Vese con conseguente post-processing dell’immagine binaria, mentre il secondo fa uso di una rete neurale addestrata per la segmentazione semantica dell’immagine in due classi predefinite, elettrodo e background. A partire dalle coordinate estratte in due viste fluoroscopiche vengono ricostruite le traiettorie 3D tramite analisi stereofotogrammetrica Roentgen. Infine vengono confrontate per ciascun elettrodo catodo analizzato le traiettorie pre e post stimolazione BiV e viene scelto come indice di una futura risposta o meno alla terapia di resincronizzazione cardiaca la variazione percentuale del rapporto tra i due valori singolari principali della traiettoria. Il metodo viene applicato a 13 soggetti e per 8 di questi viene effettuato un confronto con la risposta clinica valutata al follow-up a sei. In 6 soggetti su 8 si riscontra una corrispondenza tra la risposta predetta e quella effettiva.
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Simonetti, Giulia <1983&gt. "Lo sviluppo di disturbi psichiatrici in pazienti hcv+ sottoposti a terapia antivirale: L'impatto dei nuovi farmaci." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6755/1/SIMONETTI_GIULIA_TESI.pdf.

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Abstract:
Introduzione:l’interferone (IFN) usato per l’eradicazione del virus dell’Epatite C, induce effetti collaterali anche riferibili alla sfera psichica. I dati sugli eventi avversi di tipo psichiatrico dei nuovi farmaci antivirali (DAA) sono limitati. Lo scopo di questo studio è di valutare lo sviluppo di effetti collaterali di tipo psichiatrico in corso di due distinti schemi di trattamento: IFN-peghilato e ribavirina [terapia duplice (standard o SOC)]; DAA in associazione a IFN-peghilato e ribavirina (terapia triplice). Metodi: pazienti HCV+ consecutivi seguiti presso l’Ambulatorio delle Epatiti Croniche della Semeiotica Medica del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna in procinto di intraprendere un trattamento antivirale a base di IFN, sottoposti ad esame psicodiagnostico composto da intervista clinica semistrutturata e test autosomministrati: BDI, STAXI-2, Hamilton Anxiety Scale, MMPI – 2. Risultati: Sono stati arruolati 84 pazienti, 57/84 (67.9%) nel gruppo in triplice e 27/84 nel gruppo SOC. Quasi tutti i pazienti arruolati hanno eseguito l’intervista clinica iniziale (82/84; 97.6%), mentre scarsa è stata l’aderenza ai test (valori missing>50%). Ad eccezione dell’ansia, la prevalenza di tutti gli altri disturbi (irritabilità, astenia, disfunzioni neurocognitive, dissonnia) aumentava in corso di trattamento. In corso di terapia antivirale 43/84 (51.2%) hanno avuto bisogno di usufruire del servizio di consulenza psichiatrica e 48/84 (57.1%) hanno ricevuto una psicofarmacoterapia di supporto, senza differenze significative fra i due gruppi di trattamento. Conclusioni : uno degli elementi più salienti dello studio è stata la scarsa aderenza ai test psicodiagnostici, nonostante l’elevata prevalenza di sintomi psichiatrici. I risultati di questo studio oltre ad evidenziare l’importanza dei sintomi psichiatrici in corso di trattamento e la rilevanza della consulenza psicologica e psichiatrica per consentire di portare a termine il ciclo terapeutico previsto (migliorandone l’efficacia), ha anche dimostrato che occorre ripensare gli strumenti diagnostici adattandoli probabilmente a questo specifico target.
Introduction : the interferon (IFN) used for the eradication of hepatitis C virus, causes psychiatric side effects. The data on adverse psychiatric events related to new antivirals (DAA) are limited. The aim of this study is to assess the development of psychiatric side effects during two distinct patterns of treatment: pegylated - IFN and ribavirin [dual therapy (standard or SOC ) ]; DAA in combination with pegylated - IFN and ribavirin (triple therapy). Methods: consecutive HCV+ patients treated at the Clinic of Chronic Hepatitis of the Medical Semiotics (Department of Medical and Surgical Sciences, University of Bologna) on the point of start an IFN-based treatment, underwent a psychodiagnostic exam composed of semi-structured clinical interview and self-administered tests : BDI , STAXI - 2 , Hamilton Anxiety Scale , MMPI - 2 . Results : We enrolled 84 patients, 57/84 ( 67.9 %) in the triple therapy group and 27/84 in the SOC . Almost all patients have performed the initial clinical interview ( 82/84 ; 97.6 % ) , while little has been adherence to the test ( missing values > 50 % ) . Generally , the prevalence of all psychiatric disorders increased during treatment. During the antiviral therapy 43/84 ( 51.2 % ) needed to use the service of psychiatric consultation and 48/84 ( 57.1 %) received a psychopharmacotherapy support, with no significant differences between the two treatment groups. Conclusion : One of the most important elements of the study was the lack of adherence to psychodiagnostic tests , despite the high prevalence of psychiatric symptoms . The results of this study as well as highlighting the importance of psychiatric symptoms during treatment and the importance of psychological and psychiatric counseling, has also shown the need to rethink the diagnostic tools probably adapting to this specific target
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Simonetti, Giulia <1983&gt. "Lo sviluppo di disturbi psichiatrici in pazienti hcv+ sottoposti a terapia antivirale: L'impatto dei nuovi farmaci." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6755/.

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Abstract:
Introduzione:l’interferone (IFN) usato per l’eradicazione del virus dell’Epatite C, induce effetti collaterali anche riferibili alla sfera psichica. I dati sugli eventi avversi di tipo psichiatrico dei nuovi farmaci antivirali (DAA) sono limitati. Lo scopo di questo studio è di valutare lo sviluppo di effetti collaterali di tipo psichiatrico in corso di due distinti schemi di trattamento: IFN-peghilato e ribavirina [terapia duplice (standard o SOC)]; DAA in associazione a IFN-peghilato e ribavirina (terapia triplice). Metodi: pazienti HCV+ consecutivi seguiti presso l’Ambulatorio delle Epatiti Croniche della Semeiotica Medica del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna in procinto di intraprendere un trattamento antivirale a base di IFN, sottoposti ad esame psicodiagnostico composto da intervista clinica semistrutturata e test autosomministrati: BDI, STAXI-2, Hamilton Anxiety Scale, MMPI – 2. Risultati: Sono stati arruolati 84 pazienti, 57/84 (67.9%) nel gruppo in triplice e 27/84 nel gruppo SOC. Quasi tutti i pazienti arruolati hanno eseguito l’intervista clinica iniziale (82/84; 97.6%), mentre scarsa è stata l’aderenza ai test (valori missing>50%). Ad eccezione dell’ansia, la prevalenza di tutti gli altri disturbi (irritabilità, astenia, disfunzioni neurocognitive, dissonnia) aumentava in corso di trattamento. In corso di terapia antivirale 43/84 (51.2%) hanno avuto bisogno di usufruire del servizio di consulenza psichiatrica e 48/84 (57.1%) hanno ricevuto una psicofarmacoterapia di supporto, senza differenze significative fra i due gruppi di trattamento. Conclusioni : uno degli elementi più salienti dello studio è stata la scarsa aderenza ai test psicodiagnostici, nonostante l’elevata prevalenza di sintomi psichiatrici. I risultati di questo studio oltre ad evidenziare l’importanza dei sintomi psichiatrici in corso di trattamento e la rilevanza della consulenza psicologica e psichiatrica per consentire di portare a termine il ciclo terapeutico previsto (migliorandone l’efficacia), ha anche dimostrato che occorre ripensare gli strumenti diagnostici adattandoli probabilmente a questo specifico target.
Introduction : the interferon (IFN) used for the eradication of hepatitis C virus, causes psychiatric side effects. The data on adverse psychiatric events related to new antivirals (DAA) are limited. The aim of this study is to assess the development of psychiatric side effects during two distinct patterns of treatment: pegylated - IFN and ribavirin [dual therapy (standard or SOC ) ]; DAA in combination with pegylated - IFN and ribavirin (triple therapy). Methods: consecutive HCV+ patients treated at the Clinic of Chronic Hepatitis of the Medical Semiotics (Department of Medical and Surgical Sciences, University of Bologna) on the point of start an IFN-based treatment, underwent a psychodiagnostic exam composed of semi-structured clinical interview and self-administered tests : BDI , STAXI - 2 , Hamilton Anxiety Scale , MMPI - 2 . Results : We enrolled 84 patients, 57/84 ( 67.9 %) in the triple therapy group and 27/84 in the SOC . Almost all patients have performed the initial clinical interview ( 82/84 ; 97.6 % ) , while little has been adherence to the test ( missing values > 50 % ) . Generally , the prevalence of all psychiatric disorders increased during treatment. During the antiviral therapy 43/84 ( 51.2 % ) needed to use the service of psychiatric consultation and 48/84 ( 57.1 %) received a psychopharmacotherapy support, with no significant differences between the two treatment groups. Conclusion : One of the most important elements of the study was the lack of adherence to psychodiagnostic tests , despite the high prevalence of psychiatric symptoms . The results of this study as well as highlighting the importance of psychiatric symptoms during treatment and the importance of psychological and psychiatric counseling, has also shown the need to rethink the diagnostic tools probably adapting to this specific target
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Nicolosi, Maria Luisa. "Identificazione di nuovi target molecolari per la terapia del carcinoma poco differenziato della tiroide: studi in vitro." Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1578.

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Abstract:
Premessa. I carcinomi poco differenziati della tiroide sono refrattari ai trattamenti convenzionali per cui negli ultimi anni si sono condotti diversi studi finalizzati ad identificare le alterazioni molecolari di più frequente riscontro e che potrebbero essere responsabili della scarsa efficacia delle terapie classiche. Bersagli molecolari interessanti sono: il recettore per l EGF e quello per l IGF-I poiché entrambi iperespressi nel carcinoma tiroideo. Di recente, le case farmaceutiche hanno sintetizzato vari inibitori molecolari rivolti verso entrambi i recettori, per esempio il Gefitinib inibitore di EGFR e l NVP in grado di bloccare IGF-IR. Tuttavia, gli studi preclinici condotti finora hanno dato risultati poco soddisfacenti, in termini di efficacia antitumorale, per la possibile insorgenza di meccanismi di resistenza. Oggetto dello studio. In questo studio, su una serie di linee cellulari di carcinoma tiroideo, abbiamo valutato i meccanismi molecolari di resistenza al blocco farmacologico di EGFR ed IGF-IR, usando come inibitori il Gefitinib e l NVP. Risultati 1 (Inibizione di EGFR): Valutando l espressione di EGFR, mediante western blot, è stato visto che le linee di carcinoma tiroideo analizzate iper-esprimevano tale recettore e che il Gefitinib era in grado di inibire la sua fosforilazione. Contrariamente, questo farmaco si è mostrato scarsamente efficace nella riduzione della proliferazione delle cellule neoplastiche e della fosforilazione di ERK, mediatore a valle di EGFR. Questo dato è stato ottenuto nella maggior parte delle linee cellulari testate, ad eccezione delle linee WRO e Hth-74 che sono risultate sensibili al farmaco. Il Gefitinib non è risultato efficace in tutte quelle linee cellulari recanti mutazioni dei geni che portano all attivazione costitutiva della via di ERK, tra cui BRAF (V600E), HRAS (G12A/Q61R) o riarrangiamento RET/PTC1. Alla luce di ciò, in questo studio abbiamo valutato gli effetti dell inibizione dell oncogene BRAF(V600E) e di RET sulla sensibilità delle cellule di carcinoma tiroideo al Gefitinib. Abbiamo trovato che l inibizione di BRAF, mediante l inibitore selettivo PLX4230, ripristina gli effetti del Gefitinib in tutte le cellule in possesso della mutazione del BRAF. Risultati simili sono stati ottenuti con inibitori di RET. Risultati 2 (Inibizione di IGF-IR): Dopo aver valutato gli effetti antiproliferativi dell NVP-AEW541 in un gruppo di linee cellulari tumorali tiroidee abbiamo selezionato linee sensibili e resistenti. In tutte le linee, sia sensibili che resistenti, l NVP ha inibito la fosforilazione di IGF-IR. Nelle cellule sensibili, l NVP ha esercitato effetti antiproliferativi ed è stato in grado di inibire la via di segnale dipendente da AKT (pAKT) in maniera più efficace rispetto alla via di ERK1/2. Viceversa, nelle linee resistenti si è osservato un aumento di attivazione di ERK1/2 dopo NVP e nessuna inibizione di pAKT. Nelle FF1 aventi un alto rapporto IR:IGF-IR, abbiamo trovato che EGFR viene attivato in seguito al trattamento con NVP. Questo dato non è stato riscontrato nelle C643, le quali esprimono alti livelli di IGF-IR e bassi livelli di IR. Pertanto, abbiamo valutato l efficacia di un trattamento combinato volto ad inibire sia IGF-IR che EGFR o le vie a valle di esso quali MAPK. Abbiamo trovato che l inibizione di IGFIR associata a quella di EGFR o di ERK, è in grado di superare i meccanismi di resistenza all inibizione singola di IGF-IR. Conclusioni. Questi risultati indicano che in alcune linee di carcinoma tiroideo la resistenza al Gefitinib è dovuta principalmente alla mutazione del BRAF(V600E) e che tale resistenza può essere superata utilizzando il Gefitinib in combinazione con inibitori del BRAF. Inoltre, l iperespressione di IR e di EGFR possono entrambi contribuire alla resistenza dell'inibizione di IGF-IR. Una terapia combinata con altri farmaci molecolari mirati, come inibitori di EGFR o MAPK potrebbero superare questi meccanismi di resistenza.
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Clò, Alberto <1984&gt. "Studio della patogenesi di HIV-1 nel compartimento osseo: effetti della terapia antiretrovirale convenzionale e nuovi approcci all'eradicazione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6206/1/Cl%C3%B2_Alberto_tesi.pdf.

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Abstract:
L’obiettivo della tesi è studiare il virus HIV-1 in relazione alle alterazioni sistemiche, riscontrate nel paziente HIV-infetto, in particolare alterazioni a carico del sistema scheletrico, indotte dal virus o dall’azione dei farmaci utilizzati nella terapia antiretrovirale (HAART). L’incidenza dell’osteoporosi nei pazienti HIV-positivi è drammaticamente elevata rispetto alla popolazione sana. Studi clinici hanno evidenziato come alcuni farmaci, ad esempio inibitori della proteasi virale, portino alla compromissione dell’omeostasi ossea, con aumento del rischio fratturativo. Il nostro studio prevede un follow-up di 12 mesi dall’inizio della HAART in una coorte di pazienti naïve, monitorando diversi markers ossei. I risultati ottenuti mostrano un incremento dei markers metabolici del turnover osseo, confermando l’impatto della HAART sull’omeostasi ossea. Successivamente abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli osteoblasti, il citotipo che regola la sintesi di nuova matrice ossea. Gli esperimenti condotti sulla linea HOBIT mettono in evidenza come il trattamento, in particolare con inibitori della proteasi, porti ad apoptosi nel caso in cui vi sia una concentrazione di farmaco maggiore di quella fisiologica. Tuttavia, anche concentrazioni fisiologiche di farmaci possono regolare negativamente alcuni marker ossei, come ALP e osteocalcina. Infine esiste la problematica dell’eradicazione di HIV-1 dai reservoirs virali. La HAART riesce a controllare i livelli viremici, ciononostante diversi studi propongono alcuni citotipi come potenziali reservoir di infezione, vanificando l’effetto della terapia. Abbiamo, perciò, sviluppato un nuovo approccio molecolare all’eradicazione: sfruttare l’enzima virale integrasi per riconoscere in modo selettivo le sequenze LTR virali per colpire il virus integrato. Fondendo integrasi e l’endonucleasi FokI, abbiamo generato diversi cloni. Questi sono stati transfettati stabilmente in cellule Jurkat, suscettibili all’infezione. Una volta infettate, abbiamo ottenuto una significativa riduzione dei markers di infezione. Successivamente la transfezione nella linea linfoblastica 8E5/LAV, che porta integrata nel genoma una copia di HIV, ha dato risultati molto incoraggianti, come la forte riduzione del DNA virale integrato.
The aim of this thesis is to study HIV-1 virus and its relation with systemic alterations observed in HIV-positive patients, in particular alterations of the skeletal system, induced by the virus or drugs, used in antiretroviral therapy (HAART). The osteoporosis frequency in HIV-positive patients is dramatically higher in respect to healthy people. Clinical studies showed how some drugs (e.g. viral protease’s inhibitors) lead to bone homeostasis impairment, increasing bone fractures’ risk. In our study, we followed up a cohort of naïve patients for 12 months, starting from the beginning of HAART, monitoring several bone markers. Our results evidenced an increase in bone turnover’s metabolic markers, confirming the impact of HAART on bone homeostasis. Later, we focused on osteoblasts, the cell type responsible of new bone matrix’s synthesis. The experiments directed on HOBIT cells revealed how the antiretroviral treatment, particularly protease inhibitors, causes apoptosis in case and higher than physiological drug concentration an had been used. However, even physiological drugs’ concentrations may downregulate bone markers, such as ALP and osteocalcin. Eventually, we have the question of HIV-1’s eradication from viral reservoirs. HAART can successfully control HIV’s viremia. Nevertheless, diverse cell types are thought to be potential reservoirs of infection, thwarting the effects of therapy. That is why we set up a new molecular approach to eradication: taking advantage of the integrase enzyme to specifically recognize the viral LTR sequences, toward hit the integrated provirus. Blending integrase and FokI endonuclease, we obtained various clones. These clones had been stably transfected into Jurkat cells, susceptible to infection. Once infected, we obtained a significant reduction in markers of infection. Thereafter the transfection of the lymphoblastoid cell line 8E5/LAV (which harbours an integrated copy of HIV into cell genome) returned very encouraging results, such as the strong reduction of integrated viral DNA.
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Clò, Alberto <1984&gt. "Studio della patogenesi di HIV-1 nel compartimento osseo: effetti della terapia antiretrovirale convenzionale e nuovi approcci all'eradicazione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6206/.

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Abstract:
L’obiettivo della tesi è studiare il virus HIV-1 in relazione alle alterazioni sistemiche, riscontrate nel paziente HIV-infetto, in particolare alterazioni a carico del sistema scheletrico, indotte dal virus o dall’azione dei farmaci utilizzati nella terapia antiretrovirale (HAART). L’incidenza dell’osteoporosi nei pazienti HIV-positivi è drammaticamente elevata rispetto alla popolazione sana. Studi clinici hanno evidenziato come alcuni farmaci, ad esempio inibitori della proteasi virale, portino alla compromissione dell’omeostasi ossea, con aumento del rischio fratturativo. Il nostro studio prevede un follow-up di 12 mesi dall’inizio della HAART in una coorte di pazienti naïve, monitorando diversi markers ossei. I risultati ottenuti mostrano un incremento dei markers metabolici del turnover osseo, confermando l’impatto della HAART sull’omeostasi ossea. Successivamente abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli osteoblasti, il citotipo che regola la sintesi di nuova matrice ossea. Gli esperimenti condotti sulla linea HOBIT mettono in evidenza come il trattamento, in particolare con inibitori della proteasi, porti ad apoptosi nel caso in cui vi sia una concentrazione di farmaco maggiore di quella fisiologica. Tuttavia, anche concentrazioni fisiologiche di farmaci possono regolare negativamente alcuni marker ossei, come ALP e osteocalcina. Infine esiste la problematica dell’eradicazione di HIV-1 dai reservoirs virali. La HAART riesce a controllare i livelli viremici, ciononostante diversi studi propongono alcuni citotipi come potenziali reservoir di infezione, vanificando l’effetto della terapia. Abbiamo, perciò, sviluppato un nuovo approccio molecolare all’eradicazione: sfruttare l’enzima virale integrasi per riconoscere in modo selettivo le sequenze LTR virali per colpire il virus integrato. Fondendo integrasi e l’endonucleasi FokI, abbiamo generato diversi cloni. Questi sono stati transfettati stabilmente in cellule Jurkat, suscettibili all’infezione. Una volta infettate, abbiamo ottenuto una significativa riduzione dei markers di infezione. Successivamente la transfezione nella linea linfoblastica 8E5/LAV, che porta integrata nel genoma una copia di HIV, ha dato risultati molto incoraggianti, come la forte riduzione del DNA virale integrato.
The aim of this thesis is to study HIV-1 virus and its relation with systemic alterations observed in HIV-positive patients, in particular alterations of the skeletal system, induced by the virus or drugs, used in antiretroviral therapy (HAART). The osteoporosis frequency in HIV-positive patients is dramatically higher in respect to healthy people. Clinical studies showed how some drugs (e.g. viral protease’s inhibitors) lead to bone homeostasis impairment, increasing bone fractures’ risk. In our study, we followed up a cohort of naïve patients for 12 months, starting from the beginning of HAART, monitoring several bone markers. Our results evidenced an increase in bone turnover’s metabolic markers, confirming the impact of HAART on bone homeostasis. Later, we focused on osteoblasts, the cell type responsible of new bone matrix’s synthesis. The experiments directed on HOBIT cells revealed how the antiretroviral treatment, particularly protease inhibitors, causes apoptosis in case and higher than physiological drug concentration an had been used. However, even physiological drugs’ concentrations may downregulate bone markers, such as ALP and osteocalcin. Eventually, we have the question of HIV-1’s eradication from viral reservoirs. HAART can successfully control HIV’s viremia. Nevertheless, diverse cell types are thought to be potential reservoirs of infection, thwarting the effects of therapy. That is why we set up a new molecular approach to eradication: taking advantage of the integrase enzyme to specifically recognize the viral LTR sequences, toward hit the integrated provirus. Blending integrase and FokI endonuclease, we obtained various clones. These clones had been stably transfected into Jurkat cells, susceptible to infection. Once infected, we obtained a significant reduction in markers of infection. Thereafter the transfection of the lymphoblastoid cell line 8E5/LAV (which harbours an integrated copy of HIV into cell genome) returned very encouraging results, such as the strong reduction of integrated viral DNA.
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Compostella, Alessia. "Analisi di nuove strategie terapeutiche per pazienti in età pediatrica affetti da tumori solidi refrattari alla chemioterapia standard." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423437.

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Abstract:
The PhD research work was performed at the Pediatric Hemato-Oncology Department of Padua University, one of the major AIEOP (Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica) Centres and the coordinating centre of the Soft Tissue Sarcoma Committee (STSC) protocol EpSSG 2005 for pediatric soft tissue sarcomas. The primary goal of the PhD was analyzing new therapeutic strategies for resistant solid tumors children. The work moved from data analysis on adolescents with rhabdomyosarcoma (RMS) and resistant RMS patients treated with a new second line topotecan (T)/carboplatin (C) based regimen, through a specific training in clinical trials management to obtain the necessary expertise to write down a phase II trial for resistant RMS patients. In the last decades in many types of cancer the survival rates are reported to be less favorable in adolescents compared with younger children. To investigate whether this is true for adolescents with RMS, the results obtained in patients enrolled in protocols run by the Italian STSC were analyzed. Our study concluded that the higher prevalence of unfavorable tumor characteristics among adolescents seems to explain their worse outcome, the limited number of adolescents enrolled in STSC studied is worrisome and cooperation with adult oncologists needs to be improved. Another bad result is about prognosis of children with metastatic or resistant RMS: there is a strong need to find new strategies to improve the outcome of these patients. T and C are known to have activity against a variety of pediatric tumors so a T/C based chemotherapy has been proposed as second line CT for children relapsed after being treated in the STSC protocols. Our study shows that the T/C combination is tolerable in heavily pretreated patients; the response rate (RR) is somewhat lower when compared to other combinations tested in phase II studies but it’s of interest for the population with alveolar subtype. Clinical trials are one of the most important tools to explore new therapeutic approaches; for this reason the PhD involved a specific training in clinical trials management through participation to courses ad hoc, creation of a team committed to new drugs environment, participation to international phase II and III trials. During the last part of PhD the efforts were coordinated to write a phase II trial on treatment of leptomeningeal dissemination by RMS. Neoplastic meningitis is a devasting complication of both solid and hematologic tumors and despite treatment the median survival duration is in the range of 8-16 weeks. Among available therapeutic approaches intrathecal (IT) chemotherapy is one of the most widely used even if no impact on survival has been demonstrated. Few anticancer agents are used in this setting, therefore it’s essential to develop new IT agents with novel mechanism of action. Topotecan showed interesting results, then we designed a phase II study with IT topotecan in patients with RMS and EPNET tumors and leptomeningeal spread.
L’attività di ricerca del dottorato si è svolta press il Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova; l’ unità di Oncoematologia pediatrica è uno dei maggiori centri AIEOP (Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica) ed è il centro coordinatore per il protocollo EpSSG 2005 del comitato sarcomi tessuti molli per la cura dei sarcomi. L’obiettivo del dottorato era analizzare nuove strategie terapeutiche in bambini con tumori solidi recidivi o resistenti. Il lavoro si è svolto passando per l’analisi di dati su una popolazione di pazienti adolescenti affetti da rabdomiosarcoma (RMS), l’analisi di dati su pazienti con RMS resistente trattati con un regime basato su topotecan/carboplatino, una formazione specifica sui trials clinici per giungere all’obiettivo della stesura di un protocollo di fase II su RMS resistenti. Negli ultimi anni è emerso come in molte neoplasie gli adolescenti vadano peggio rispetto ai bambini; per capire se ciò è vero anche per i pazienti adolescenti con RMS, sono stati analizzati i risultati ottenuti dai pazienti con RMS trattati con i protocolli del STSC. Lo studio concludeva che l’outcome peggiore è giustificato per gli adolescenti da una maggior incidenza di caratteristiche prognostiche sfavorevoli, che il tasso di arruolamento nei protocolli è insoddisfacente e pertanto urge una migliore collaborazione con gli oncologi dell’adulto. La prognosi dei pazienti con RMS metastatico o resistente resta negativa a tutt’oggi: cè una forte esigenza di identificare nuove strategie per migliorare la sopravvivenza di questi pazienti. Topotecan e Carboplatino sono farmaci con nota efficacia in vari tumori pediatrici pertanto la loro combinazione è stata proposta come terapia di seconda linea nei bambini che ricadono dopo trattamento secondo i protocolli del STSC. Il nostro studio ha dimostrato che la combinazione è ben tollerata, che i tassi di risposta sono leggermente inferiori rispetto ad altri regimi precedentemente studiati ma interessanti in particolare per l’istotipo alveolare. I trials clinici sono uno degli strumenti più validi per esplorare nuove strategie terapeutiche; per questo buona parte dell’attività di dottorato è stata dedicata a una formazione specifica nella gestione dei trials clinici, attraverso la partecipazione a corsi, la formazione di un gruppo dedicato ai nuovi farmaci, la partecipazione a trials nazionali e internazionali di fase II e III. Durante l’ultima parte del Dottorato gli sforzi sono stati coordinati alla stesura di un protocollo di fase II per il trattamento delle meningosi da RMS/PNET. La meningite neoplastica è una complicanza devastante di neoplasie sia solide che ematologiche; indipendentemente dal trattamento la sopravvivenza si aggira sulle 8-16 settimane. Tra i vari trattamenti la chemioterapia intratecale (CT IT) è molto usata nonostante non vi sia dimostrazione che impatti sulla sopravvivenza. Vi sono pochi chemioterapici ad uso IT disponibili, quindi è necessario trovarne altri. Topotecan sembra promettente in tal senso, pertanto abbiamo disegnato un protocollo di fase II sull’uso di topotecan IT in bambini e adolescenti affetti da RMS/PNET con disseminazione leptomeningea.
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Chiarini, Francesca <1978&gt. "Terapia mirata dell'asse di pi3k/akt/mtor come possibile nuova strategia terapeutica nel trattamento delle leucemie linfoblastiche acute T." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2273/1/CHIARINI_FRANCESCA_TESI.pdf.

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Chiarini, Francesca <1978&gt. "Terapia mirata dell'asse di pi3k/akt/mtor come possibile nuova strategia terapeutica nel trattamento delle leucemie linfoblastiche acute T." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2273/.

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PORQUEDDU, PATRIZIA. "FBS0701: un nuovo chelante orale nel trattamento del paziente con sovraccarico trasfusionale di ferro." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2014. http://hdl.handle.net/11584/266532.

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Abstract:
Background There is still a clinical need for a well-tolerated and safe iron chelator for the treatment of transfusional iron overload. The objective of this study was to assess the safety, tolerability and dose response of FBS0701, a novel oral iron chelator. Design and Methods This phase 2 study to assess the safety, tolerability, dose response of FBS0701, was conducted in 14 adult patients with iron overload consequent to transfusions.Two once-daily doses of 16 or 32 mg/Kg per day were randomly assigned to the study partecipants for 24 weeks. After then, higher doses up to 60 mg/Kg per day, were experimented in an extension phase for 72 weeks. Results There were no serious adverse events associated with FBS0701 and the drug was well tolerated at all dose levels. The difference in the mean LIC change at 24 weeks between treatment groups was statistically significant. Data concen the efficacy of higher doses experiemented in the second phase, cannot be well interpreted, because the different treatment duration and subjective patients response. Conclusions FBS0701 was well tolerated for 96 weeks in iron overloaded patients.A clear dose-response was observed for the first 24 week. The efficacy and safety of the drug should be investigated with a more extensive study.
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Rocchi, Serena <1987&gt. "L'immunoterapia in associazione alla terapia standard per i pazienti con Mieloma Multiplo di nuova diagnosi candidabili alla chemioterapia ad alte dosi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10201/1/elaborato%20finale_Rocchi.pdf.

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Abstract:
Lo scenario terapeutico del Mieloma Multiplo (MM) si è ampiamente evoluto nelle ultime decadi con l’introduzione di un numero sempre maggiore di combinazioni di nuovi farmaci molto efficaci. In tal contesto, spicca Daratumumab (dara), grazie ai suoi dati di efficacia e di sicurezza dimostrati sia nel setting del paziente ricaduto/refrattario che di nuova diagnosi. Lo scopo del presente studio è quello di aggiungere dati circa la combinazione di dara con la terapia standard nel contesto di un programma trapiantologico per pazienti di nuova diagnosi candidabili alla chemioterapia ad alte dosi, con un particolare focus sull’impatto dell’anticorpo monoclonale sulla raccolta delle cellule staminali (PBSC). Sono stati analizzati 41 pazienti trattati presso il nostro centro nell’ambito di due studi clinici (EMN17 e EMN18). Con un follow-up mediano pari a 19 mesi, dara aggiunto alla terapia standard ha dimostrato un’ottima efficacia, in termini di risposte profonde e sopravvivenza libera da malattia, ed un buon profilo di sicurezza, senza tossicità aggiuntive o inaspettate. Inoltre, nello studio registrativo CASSIOPEIA dara non ha avuto un impatto negativo sulla raccolta delle PBSC; infatti, nei pazienti sottoposti a dara il numero il numero mediano di PBSC raccolte è risultato inferiore e questi hanno necessitato più frequentemente di Plerixafor, senza, tuttavia, modifiche nell’iter trapiantologico rispetto al gruppo di controllo. Analogamente, nella nostra analisi i pazienti del gruppo dara hanno utilizzato maggiormente Plerixafor ed è emerso come questi possano beneficiare da un dosaggio maggiore di Ciclofosfamide mobilizzante (3 g/mq rispetto 2 g/mq). Durante lo svolgimento del presente progetto dara è stato approvato in pratica clinica prima in Europa (2020) e poi in Italia (2021). Il presente studio ha confermato come dara aggiunto ad un regime di induzione Bortezomib-based rappresenti un nuovo standard of care per i pazienti con MM di nuova diagnosi eleggibili alla chemioterapia ad alte dosi.
The therapeutic scenario of Multiple Myeloma (MM) patients has dramatically evolved in the last decades, due to the increasing availability of novel drug-based combinations. Particularly, Daratumumab (dara) showed great results in terms of efficacy and safety, that led to its approval in clinical practice. The purpose of this study is to add data about dara in combination with the standard of care (SOC) for newly diagnosed MM patients eligible to high-dose chemotherapy, with a particular focus on its impact on the collection of stem cells. We retrospectively analyzed 41 patients treated at our center into two clinical trials (EMN17 and EMN18). With a median follow-up of 19 months, the addition of dara to the SOC confirmed a clinical benefit in terms of deep responses (≥VGPR) and progression free survival (PFS), without additional or unexpected toxicities. Moreover, in the literature dara does not seem to have an impact on the collection of stem cells. Specifically, in the CASSIOPEIA pivotal trial, the median number of collected stem cells was lower for patients who were treated with dara than those in the control group, with a greater need to use Plerixafor. Despite this, no differences in terms of successful transplantation emerged between the two groups. Similarly, in our analysis, patients who were treated with dara required more frequently the use of Plerixafor and they could have a benefit in terms of number of collected stem cells from a higher dosage of mobilizing chemotherapy (2 vs 3 grams per square meter). During the development of this project, dara has been approved in clinical practice in Europe (2020) and, very recently, in Italy (2021). The present study confirmed that dara added to bortezomib-base induction regimens represents a new SOC for newly diagnosed MM patients eligible to high-dose chemotherapy.
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Morellato, Nicolò. "Sintesi e valutazione biologica di nuovi complessi di Cu2+ e Ga3+ con leganti ditiocarbammici per l'imaging diagnostico e la terapia antitumorale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3424597.

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Abstract:
Copper is an essential metal for our organism and it belongs to the group 11 in the periodic table. Thanks to its chemical and physical features it is an effective candidate within diagnostic imaging and antitumor therapy as radioactive isotope and metal complex, respectively. 64Cu is a β+ emitter radioactive isotope, ideal to be used in PET (Positron Emission Tomography) imaging. This technology allows to obtain body images in order to identify and quantify biological and biochemical in vivo processes. Several copper compounds were synthesized and studied but only one complex with a thiosemicarbazone ligand entered in clinical trial and no copper-64 compound is still put in the market. Copper is a much studied metal even as therapeutic agent, since its concentration is very high in tumor tissues and it is involved in the angiogenetic process associated to cellular growth. These remarks, with the cisplatin success as anticancer agent and the relative interest created around the chance to develop new therapeutic agents, led to design and synthesize copper complexes able to act selectively into the tumor tissue, even against cisplatin resistant cells and without systemic toxic effects. With the aim to design new chelating systems able to be used as diagnostic agents in nuclear medicine with the radioactive isotope 64Cu and as potential anticancer agents, a neutral square-planar [Cu(DTC-Ln)2] complexes library was developed where DTC = dithiocarbamate. Dithiocarbamates are ligands, just widely studied inside our research group, able to coordinate the metal center by means of two sulfur atoms. They have the chance to be conjugated with bioactive molecules in order to obtain potential specific target systems. Moreover, recently some dithiocarbamates showed to form spontaneously stable Cu(II) complexes, able to inhibit the proteasoma chymotrypsinic-like activity inducing apoptosis in several cancer cells. Therefore use of a very wide range of structurally different dithiocarbamate ligands has the aim to evaluate possible relationship between the chemical structure and the cytotoxic activity. The complexes were prepared with the application of several synthetic procedures using CuCl2•2H2O as starting material. The complexes were completely characterized via elemental analysis, spectroscopic techniques (IR and UV-Vis) and ESI(+) mass spectrometry. In vitro citotoxicity against several human cancer cells, resistant and not to cisplatin, was tested for all copper complexes. Then, coordination chemistry was transferred to a radioactive tracer level with the radionuclide copper-64 and it was evaluated if this labeling system could be applied as radiopharmaceutical. In particular, the synthetic procedures were optimized and labeling efficiency and in vitro stability were tested. Finally, a series of uptake experiments were performed with human breast cancer cells (MCF-7) both with the cold complexes and the analogous radioactive complexes in order to learn more about the accumulation patterns whereby this class of compounds shown its citotoxic activity. Also gallium presents chemical and physical characteristics which make it a very interesting metal both in diagnostics and in therapy. In fact, gallium-68 is a β+-emitter isotope which can be easily produced by means of a portable generator and it allows to obtain high quality PET images, comparable with PET images made with fluorine-18, the most used radionuclide in diagnostic imaging, and so gallium-68 gained an increasing interest for nuclear medicine applications. Several gallium complexes were synthesized and studied and some of these were very effective and they entered in clinical trial. But, despite these promising results, no gallium compound is still put in the market. Gallium is a very employed metal just in therapy, thanks to its anticancer properties and for many decades ordinary gallium salts are used as antitumor agents. The excellent results obtained led to the design of metal based complexes able to act selectively against cancer cells, without without systemic toxic effects. With the aim to project new chelating systems for a radiopharmacetical application with gallium-68 and to develop new anticancer agents a neutral [Ga(DTC-Ln)3] complexes library was prepared with dithiocarbamate ligands, chosen for their interesting properties, just listed above. The complexes were prepared with the application of several synthetic procedures using Ga(NO3)3•6H2O as starting material. The compounds were characterized by means of elemental analysis, spectroscopic techniques (IR, NMR) and X-ray diffraction. In vitro citoxicity was tested against two human cancer cell lines for some of these complexes and, finally, it was evaluated the yield of these compounds in pH dependence in order to perform some considerations before transferring coordination chemistry to a radioactive tracer level with gallium-68 which is obtained from the generator by means of an acid solution.
Il rame è un metallo essenziale per il nostro organismo appartenente al gruppo 11 della tavola periodica. Grazie alle sue caratteristiche chimiche e fisiche è un valido candidato nell'ambito della diagnostica per immagini come isotopo radioattivo e nella terapia antitumorale come complesso metallico. Il 64Cu è un isotopo radioattivo β+ emittente ottimo per essere utilizzato nella diagnostica per immagini di tipo PET. Questa tecnica permette infatti l'ottenimento di immagini del corpo umano allo scopo di identificare e quantificare in vivo processi biologici e biochimici. Diversi composti di rame sono stati sintetizzati e studiati ma solo un complesso con un legante tiosemicarbazone è entrato in fase avanzata di sperimentazione clinica e nessun prodotto a base di 64Cu è ancora stato immesso in commercio. Il rame risulta essere un metallo molto studiato anche in ambito terapeutico, dal momento che la sua concentrazione è particolarmente elevata nei tessuti tumorali ed è coinvolto nel processo di angiogenesi associato alla crescita tumorale. Queste osservazioni, unite al successo ottenuto dal cisplatino come agente antitumorale e al conseguente interesse nato attorno alla possibilità di sviluppare nuovi composti metallici come agenti terapeutici, hanno portato alla progettazione e alla sintesi di complessi di rame in grado di agire selettivamente a livello del tumore, senza effetti tossici a livello sistemico e attivi anche nei confronti di linee cellulari resistenti al cisplatino. Con l'obiettivo di progettare dei nuovi sistemi chelanti in grado di essere utilizzati da un lato a scopo diagnostico in medicina nucleare con l'utilizzo del isotopo radioattivo 64Cu e dall'altro a scopo terapeutico come potenziali antitumorali, è stata sviluppata una libreria di complessi neutri a geometria quadrato planare di Cu2+ con leganti bidentati del tipo [Cu(DTC-Ln)2] dove DTC = ditiocarbammato. I ditiocarbammati sono dei leganti, ampiamente studiati all'interno del nostro gruppo di ricerca, in grado di legare il metallo attraverso due atomi di zolfo, con la possibilità di essere derivatizzati con molecole biologicamente attive per ottenere dei potenziali sistemi target specifici. Recentemente, inoltre, alcuni ditiocarbammati hanno dimostrato di formare spontaneamente complessi stabili di Cu(II)(10), in grado di inibire l’attività chimotripsinica del proteasoma inducendo apoptosi in differenti tipi di cellule tumorali. L'utilizzo di una serie molto ampia di leganti ditiocarbammici strutturalmente diversi ha, quindi, l'obiettivo di valutare possibili relazioni tra la struttura chimica e l’attività citotossica. I complessi sono stati preparati attraverso l'applicazione di diverse vie sintetiche che utilizzano come materiale di partenza CuCl2•2H2O. I complessi ottenuti sono stati caratterizzati mediante analisi elementare, tecniche spettroscopiche (IR e UV-Vis) e spettrometria di massa ESI(+). Di tutti i composti ottenuti è stata testata la citotossicità in vitro nei confronti di linee cellulari tumorali resistenti e non al cisplatino, composto a base metallica di riferimento. Successivamente la chimica di coordinazione è stata trasferita a livello di tracciante con il radionuclide 64Cu ed è stato valutato se questo sistema di marcatura può essere applicato in ambito radiofarmaceutico. In particolare, sono state ottimizzate le procedure sintetiche ed è stata testata l’efficienza di marcatura e il profilo di stabilità in vitro del sistema. Infine sono stati effettuati una serie di esperimenti di uptake in cellule di tumore alla mammella MCF-7 sia con i composti non radioattivi che con gli analoghi radiomarcati allo scopo di approfondire i meccanismi di accumulo cellulare attraverso i quali questa classe di composti esplica la sua attività citotossica. Anche il gallio ha caratteristiche chimiche e fisiche che lo rendono un metallo molto interessante sia a livello diagnostico che terapeutico. Infatti, il 68Ga è un isotopo radioattivo β+ emittente che può essere facilmente prodotto mediante generatore portatile e consente di ottenere immagini PET di ottima qualità, paragonabili a quelle ottenute con il 18F isotopo attualmente di elezione nella diagnostica, riscuotendo un interesse sempre più elevato. Diversi complessi di gallio sono stati sintetizzati e studiati, alcuni sono risultati molto efficaci potendo così entrare in fase avanzata di sperimentazione clinica. Ma nonostante i promettenti risultati nessun composto è ancora stato immesso in commercio. Il gallio risulta essere un metallo molto impiegato anche in terapia, grazie alle sue proprietà antineoplastiche e da diversi decenni semplici sali di gallio sono utilizzati come antitumorali. Gli ottimi risultati ottenuti hanno portato alla progettazione di complessi metal based in grado di agire selettivamente a livello del tumore, senza effetti tossici a livello sistemico e attivi anche nei confronti di linee cellulari resistenti al cisplatino. Con l'obiettivo di progettare dei nuovi sistemi chelanti per una applicazione radiofarmaceutica con l’isotopo 68Ga da un lato e lo sviluppo di nuovi agenti antitumorali dall’altro, è stata sviluppata una libreria di complessi neutri di Ga3+ con leganti bidentati del tipo [Ga(DTC-Ln)3] con leganti ditiocarbammici, selezionati per le loro caratteristiche già elencate in precedenza. I complessi sono stati preparati attraverso l'applicazione di diverse vie sintetiche che utilizzano come materiale di partenza Ga(NO3)3•6H2O. I composti ottenuti sono stati caratterizzati mediante analisi elementare, tecniche spettroscopiche (IR, NMR) e diffrattometria ai raggi X. Di alcuni complessi è stata testata la citotossicità in vitro nei confronti di due diverse linee cellulari tumorali ed, infine è stata testata la resa di formazione dei complessi in funzione del pH al fine di eseguire delle valutazioni preliminari prima di trasferire la chimica di coordinazione a livello di tracciante con l’isotopo radioattivo 68Ga che viene eluito da generatore per mezzo di soluzione acida.
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Santarelli, Giulia. "Predizione della risposta alla terapia di resincronizzazione cardiaca attraverso un nuovo metodo basato sulla ricostruzione della traiettoria 3D dell'elettrodo di stimolazione nel seno coronarico." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
Lo scompenso cardiaco è una condizione patologica caratterizzata dall’incapacità del cuore di pompare una quantità di sangue adeguata alle necessità metaboliche dell’organismo,p comunque, di farlo solo a spese di un aumento delle pressioni di riempimento in una o più camere cardiache e nel circolo venoso a monte. Attualmente la terapia di resincronizzazione cardiaca di è imposta come terapia per pazienti con severa compromissione contrattile del ventricolo sinistro, sintomatici malgrado terapia medica ottimale e segni di dissincronismo elettroneccanico. Nonostante sussistano forti evidenze sugli effetti benefici apportati dalla CRT, si riscontra una certa variabilità di risposta al trattamento e circa un terzo dei pazienti non risponde adeguatamente alla terapia. Lo studio TRajectories nel quale si inserisce questo progetto di tesi si fonda su algoritmi di elaborazione dei dati che dai risultati pubblicati in uno studio preliminare condotto su 22 pazienti hanno mostrato di avere indice di predittività massimo nel classificare i pazienti sottoposti a CRT in Responder e Non responder. L’obiettivo di questa tesi è stato quello di confermare considerando una popolazione più ampia e multicentrica (119 pazienti arruolati in 6 centri) che le variazioni indotte in acuto dalla stimolazione biventricolare sulla traiettoria del catodo di stimolazione nel seno coronarico, siano predittive della risposta clinica alla CRT, definita attraverso valutazioni ecocardiografiche del volume ventricolare sinistro,a 6 mesi dall’impianto.
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Ruggieri, Alessandra. "identificazione e caratterizzazione di una nuova miopatia vacuolare causata da una mutazione nel gene PLIN4 e possibili strategie per lo sviluppo di una terapia." Doctoral thesis, Università degli studi di Brescia, 2022. http://hdl.handle.net/11379/554978.

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Abstract:
In una famiglia affetta da miopatia vacuolare distale abbiamo effettuato esoma genoma e RNAseq non riuscendo ad individuare varianti codificanti verosimilmente patogeniche. Contemporaneamente, una paziente con una ricombinazione si è sottoposta a biopsia muscolare nella quale un’analisi immunistochimica ha mostrato un aumentato segnale a livello subsarcolemmale e all’interno dei vacuoli, di due proteine legate alla degradazione delle proteine misfolded e aggregate, p62/SQSTM1 e le proteine ubiqutinate (FK2). La stessa analisi su pazienti con severità del fenotipo media o grave, ha mostrato una correlazione con l’intensità di queste marcature. Pertanto abbiamo ipotizzato che la proteina che veniva marcata in maniera così specifica dovesse essere la nostra proteina mutata. Abbiamo quindi effettuato una microdissezione laser dei vacuoli con analisi di spettrometria di massa, evidenziando così che la proteina accumulata nei vacuoli e codificata dal gene PLIN4 presente sull’aplotipo comune, era perilipina 4. Dalla rianalisi dei dati di NGS abbiamo individuato un picco di coverage compatibile con una possibile ripetizione della sequenza. Un sequenziamento long-read usando la tecnologia Oxford Nanopore Technology, ha identificato una espansione di 9x99 nucleotidi nella regione dell’esone 3, codificante per il dominio anfipatico di perilipina-4, regione strutturalmente correlata alle eliche anfipatiche presenti in α-sinucleina e nelle apolipoproteine. L’analisi immunoistochimica focalizzata sul pathway dell’aggreafgia, ha confermato che l’accumulo di perilipina-4 nel muscolo è associato all’attivazione di questo pathway, mediato dall’ubiquitinazione degli aggregati e deputato all’eliminazione degli stessi tramite autofagia. Questa nuova patologia è quindi una malattia da accumulo di aggregati, causata da una espansione di una regione della proteina con apparente incapacità dell’aggrefagia stessa di controllarne l’accumulo. Lo studio del meccanismo molecolare a livello cellulare, non è stato possibile nei mioblasti derivati da biopsie dei pazienti, in quanto questa proteina non risulta essere espressa a questo livello. Pertanto, abbiamo deciso di generare un modello di overespressione nel quale la proteina mutata e quella wild-type verranno confrontate per validare la propensità della variante mutata a causare precipitazione di aggregati.
In a family affected by distal vacuolar myopathy we performed genome exome and RNAseq, failing to identify probably pathogenic coding variants. At the same time, a patient with a recombination underwent a muscle biopsy in which an immunohistochemical analysis showed an increased signal at the subsarcolemmal level and within the vacuoles, of two proteins linked to the degradation of the misfolded and aggregated proteins, p62 / SQSTM1 and ubiqutinated proteins (FK2). The same analysis on patients with increasing severity of the phenotype showed a correlation with the intensity of these proteins’ signals. Therefore, we hypothesized that the protein that was labeled so specifically must be our mutated protein. We then performed a laser microdissection of the vacuoles with mass spectrometry analysis, thus highlighting that the protein accumulated in the vacuoles and encoded by the PLIN4 gene present on the common haplotype, was perilipin 4. From the re-analysis of the NGS data we identified a coverage peak compatible with a possible repetition of the sequence. Long-read sequencing using Oxford Nanopore Technology identified an expansion of 9x99 nucleotides in the exon 3 region, encoding the amphipathic domain of perilipin-4, a region structurally related to the amphipathic helices present in α-synuclein and apolipoproteins. The immunohistochemical analysis focused on the aggreaphagy pathway confirmed that the accumulation of perilipin-4 in the muscle is associated with the activation of this pathway, mediated by the ubiquitination of the aggregates and responsible for eliminating them through autophagy. This new pathology is therefore an aggregate accumulation disease, caused by an expansion of a region of the protein with the apparent inability of the aggrephagy itself to control its accumulation. The study of the molecular mechanism at the cellular level was not possible in myoblasts derived from patient biopsies, as this protein does not appear to be expressed at this level. Therefore, we decided to generate an overexpression model in which the mutated and wild-type proteins will be compared to validate the propensity of the mutated variant to cause aggregate precipitation.
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Cocco, Luca. "Analisi di nuovi indici di dissincronia da mappe cardiache 3D: un approccio innovativo imaging-based al problema clinico." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
A seguito di diverse malattie, il cuore può perdere gran parte della sua efficacia manifestando, a causa di fibrillazione atriale e/o insufficienza cardiaca, una contrazione scoordinata detta dissincronia. I pazienti con fibrillazione atriale possono essere sottoposti ad ablazione transcatetere mentre quelli con insufficienza cardiaca, qualora soddisfino dei requisiti, possono essere idonei alla terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) mediante pacemaker o defibrillatore. Tuttavia, circa il 30-50% dei pazienti non risponde correttamente alla terapia. Uno degli aspetti più critici è la posizione dell'elettrodo del ventricolo sinistro. Ad oggi, si sono cercati, senza successo, indici di deformazione o di ritardo temporale derivati da dati di ecocardiografia o risonanza magnetica con l'obiettivo di migliorare la riuscita della terapia. In questo lavoro di tesi si è implementato un workflow per stimare, partendo da dati di risonanza magnetica preimpianto, un nuovo indice di spostamento che possa descrivere la dissincronia cardiaca. L'indice è stato calcolato in soggetti sani, in soggetti con contrattilità regionale compromessa, in pazienti con scompenso cardiaco e in pazienti con fibrillazione atriale. I risultati sono promettenti e sembrano confermare l'utilizzo di questa nuova metodologia nell'ambito della valutazione della dissincronia cardiaca, in particolare per valutare la presenza di tessuto fibroso, per predire la risposta alla CRT in uno scenario preimpianto e infine per valutare il miglior punto d'impianto dell'elettrodo del ventricolo sinistro di un dispositivo per CRT.
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CALCAGNO, ELISA. "Il ruolo del cGMP e di Aβ nei processi di formazione della memoria. Caratterizzazione di nuovi HAT attivatori per la terapia della malattia di Alzheimer." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2019. http://hdl.handle.net/11567/938046.

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Spina, F. "STUDIO PROSPETTICO DI CONFRONTO TRA LA RISONANZA MAGNETICA DIFFUSION-WEIGHTED E LE TECNICHE STANDARD DI VALUTAZIONE DELLA MALATTIA OSSEA NEL MIELOMA MULTIPLO: VALORE PROGNOSTICO DELLA NUOVA METODICA, CORRELAZIONE CON LA RISPOSTA ALLA TERAPIA E CON LE CARATTERISTICHE BIOLOGICHE DI MALATTIA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/214348.

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Abstract:
Bone disease in multiple myeloma (MM) patients is usually assessed by skeletal X-ray (XR) and magnetic resonance imaging (MRI) of the spine (MRIS). Diffusion-weighted MRI (DW-MRI) is an innovative whole-body MRI that detects malignant lesions studying water diffusion in tissues. This prospective study compared DW-MRI with XR and MRIS for the assessment of lytic bone lesions in MM patients. Patients had symptomatic MM at diagnosis (stage I-III Durie and Salmon [D&S]) requiring the first treatment, or MM at relapse before the start of the salvage treatment. An exploratory substudy enrolled asymptomatic patients with D&S stage I MM. The primary objective of the study was to assess whether DW-MRI could detect a higher number of lytic bone lesions than XR and MRIS. The secondary objectives were: to assess whether there was a correlation between the number of lesions and response to therapy; to assess whether the number of lesions could be correlated with progression; and, to assess whether the DW-MRI could detect more lesions than standard whole-body MRI (WB-MRI). The explorative objective of the substudy was to evaluate whether DW-MRI could detect more lytic bone lesions than standard imaging in asymptomatic MM patients. Along with clinical objectives, the study was aimed at correlating the data coming from the experimental imaging technique with the biologic characteristics of disease. Patients performed XR, MRIS, WB-MRI, and DW-MRI at diagnosis or at relapse, after the treatment and 6 months thereafter (symptomatic MM) or every 6 months for 1 year (asymptomatic MM). MRIS and DW-MRI were done in a single 45-minutes session by a standard 1.5 Tesla MRI scanner. DW-MRI consisted of multiple stacked axial EPI sequences at 4 b-values, evaluated by PET-like MIP and MPR reconstructions at the highest b-value (1000). Along with the radiology exams, patients performed at the same timepoints serological and histological evaluations of disease, including cytogenetics with FISH before starting treatment. The study enrolled 50 patients between 2008 and 2010, 36 of them in the main study, 14 in the substudy. Patients in the main study evaluable for the results were 35. Their median age was 65 years (range, 33-81), D&S stage was I for 48.6% of them, II for 5.7%, and III for 45.7%; ISS staging was I for 71.4% of patients. The 57.4% of patients had IgG, 25.7% had IgA MM, 8.6% had non-secerning and micromolecolar MM. 42.9% of patients were at diagnosis, 57.1% at relapse. Median bone marrow infiltration was 30%. FISH on selected CD138+ plasma cells was normal in 28.6% of patients; 42.9% of them had a del(13), 22.9% of them had t(11;14); 8.6% had t(4;14) and 5.7% del(17). Between the 1st and the 2nd exam, patients received a treatment including lenalidomide (35.3%), thalidomide (23.5%), or bortezomib (47.0%). 97% of patients received steroids (dexametasone or metilprednisone). 26.5% of patients received an autologous transplant, and 5.9% an allogeneic transplant. Response was as following: sCR 10.3%, VGPR 24.1%, PR 37.9%, SD 10.3%, PD 17.2%. At the 3rd radiology exam, the response status was: 8% sCR, 36% VGPR, 28% PR, 20% SD and 8% PD. At the first radiology exam, XR showed a median of 1 bones with focal lesions (range, 0-10). MRIS showed a median of 0 lesions (range, 0.0-4.0). The association of XR and MRIS (XR+MRIS) showed a median of 2 lesions (range, 0-10), WB-MRI a median of 2 lesions (range, 0-18, p=0.03), and DW-MRI a median of 5.8 lesions (range, 0-18, p<0.001). After the treatment, XR showed 1 lesion (range, 0-8), MRIS a median of 0 lesion (range, 0-5), and XR+MRIS a median of 1 lesion (range, 0-10). WB-MRI showed 0 lesions (range, 0-4, p=0.22), DW-MRI showed a median of 0 lesions (range, 0-14, p=0.29). At the 3rd exam, XR showed 0 lesions (range, 0-7), MRIS a median of 0 lesions (range, 0-3), and XR+MRIS a median of 1 lesions (range, 0-9). WB-MRI showed a median of 0 lesions (range, 0-11, p=0.40). DW-MRI showed a median of 1 lesions (range, 0-7, p=0.21). The average lesions observed by DW-MRI were more than WB-MRI in all the 3 exams performed (p=0.006, p=0.001, and p=0.002, respectively). The overall survival (OS) was 88.4% at 1 year, 79.3% at 2 years and 75.4% at 3 years (median not reached). Progression free survival (PFS) was 76.7% at 1 year, 61.9% at 2 years and 39.0% at 3 years (median, 30.1 months). Median time to progression was 16.7 months. Relapse free survival (RFS) was 81.8% at 1 year, 66.1% at 2 years and 44.4% at 3 years (median, 31.9 months). Cumulative indicence of relapse (RI) was 14.6% at 1 year, 32.2% at 2 years and 51.3% at 3 years. Non-relapse mortality was 2.8% at 6 months, 5.8% at 1 and 2 years, and 9.7% at 3 years of follow-up. Patients were compared according to the presence of <5 and >=5 lesions/patient detected by DW-MRI. OS was similar in these 2 groups (p=0.48), whereas patients with >=5 lesions had a worse PFS (p=0.018) and RFS (p=0.009), and a higher RI (p=0.002). After the treatment, patients is CR had a median of 0 lesions, those in VGPR 2 lesions, those in PR 3 lesions, and those in SD in PD 2 and 3 lesions, respectively. The average of lesions progressively rose from 0.7 (patients in CR) to 4.8 lesions (patients in PD). Standard methods showed a median of 0-2 lesions less than DW-MRI consistently with response. This association between response and DW-MRI was observed also in patients at the 3rd exam (0 lesions for patients in CR, 5 in patients in PD), with an increasing difference in detecting lesions according to disease status compared to the standard methods. The DW-MRI showed less lesions in the 2nd timepoint compared to the 1st timepoint (p=0.04), consistently with the fact that most patients responded to therapy, and remained stable between the 2nd and 3rd exam (p=0.21). The XR and XR+MRI remained the same during all the longitudinal 3 evaluations (p=1.0, p=0.12, and p=0.27, p=0.10, respectively). There was a trend for patients with IgA MM to have more lesions in DW-MRI (87.5% vs 50% of IgG MM, p=0.15). Patients with positive Bence-Jones had more lesions than those with negative BJ (60% vs 21.4%, p=0.06), and similarly those with positive urinary immunofixation (63.3% vs 30%, p=0.15). Freelite ratio was weakly correlated with the bone with lesions in DW-MRI (p=0.11, corr=0.29), but correlation increased considering the microscopic lesions detected by DW-MRI (corr=0.33, p=0.06). Patients at diagnosis had a 45.4% of lesions >=5 compared to 75.0% of those relapsed (p=0.21), and patients with D&S stage III had frequently >=5 lesions compared to lower stages (52.6% vs 37.5%). Patients with FISH at higher cytogetic risk (Mayo stratification) had more lesions compared to those at standard risk (73.6 vs 45.4%, p=0.24). There was a high correlation between the number of lesions showed by DW-MRI and LDH value before treatment (corr=0.44, p=0.008). Patients with high level of ICTP (>4.5) had >=5 lesions in DW-MRI. The substudy including asymptomatic patients showed a median of 0 lesions (range, 0-2) at XR, 0 at MRIS (range, 0-3), 1 lesion at XR+MRIS (range, 0-3), 0.5 lesions at WB-MRI (range, 0-6, p=0.81) and 2.5 lesions at DW-MRI (range, 0-8, p=0.04). After 6 and 12 months of follow-up the lesions were in median 0 for XR, MRIS and XR+MRIS, 0 for WB-MRI (p=0.67 and p=0.62), and 1.0 for DW-MRI at both timepoints (p=0.17 and p=0.22). In conclusion, DW-MRI was superior than standard radiological methods in detecting lytic bone lesions for symptomatic MM patients at diagnosis requiring treatment or at relapse. The number of lesions were correlated with PFS, RFS and RI. The lesions detected by the new technique correlated with response as categorized by IMWG criteria. The number of lesions were also correlated with LDH, and less strongly with Freelite ratio, Bence-Jones proteinuria or urinary immunofixation, high risk FISH, IgA isotype, relapsed disease. DW-MRI showed to be superior also in detecting lytic bone lesions in asymptomatic patients. The exams were feasible and well tolerated. DW-MRI is a new radiological method that is very promising in an highly specialized setting for the evaluation of bone lesions in MM.
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PERSIANI, FRANCESCA. "Nuove frontiere per il trattamento dell’arteriopatia periferica nel paziente diabetico: il ruolo dalla terapia angiogenica." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1361750.

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Abstract:
Introduzione: Il presente progetto di ricerca si pone come obiettivo quello di valutare e quantificare, nel medio termine, il possibile effetto adiuvante della terapia rigenerativa con PBMNCs (Peripheral blood mononuclear cells), nei pazienti diabetici sottoposti a trattamento endovascolare confrontando i risultati con quelli ottenuti nei pazienti diabetici sottoposti alla sola procedura di rivascolarizzazione endovascolare. Materiali e Metodi: Sono stati raccolti ed analizzati i risultati ottenuti nel gruppo di pazienti diabetici affetti da ischemia critica degli arti inferiori, e sottoposti sia ad intervento di rivascolarizzazione endovascolare che ad impianto di PBMNCs (gruppo adiuvante). I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli raccolti nel gruppo di pazienti diabetici affetti da ischemia critica ma sottoposti alla sola rivascolarizzazione endovascolare (gruppo di controllo). Sono stati considerati come endpoint primari il tasso di salvataggio d’arto e le variazioni dei valori di TcPO2 nel tempo, mentre come endpoint secondario il grado di riduzione del dolore nel follow up. Risultati: Venti pazienti diabetici affetti da ischemia critica sono stati sottoposti a terapia adiuvante mentre 12 pazienti con le medesime caratteristiche sono stati sottoposti alla sola rivascolarizzazione endovascolare. Confrontando i valori di TcPO2 nel pre-operatorio e nel follow up in entrambi i gruppi si è osservato un incremento significativo dei valori di TcPO2, maggiore nel gruppo adiuvante (P<0.001 nel gruppo adiuvante e P=0.008 nel gruppo di controllo). Dall’analisi dei valori medi di VAS score registrati nel pre-operatorio e nel follow up, in entrambi i gruppi dopo il trattamento, si è evidenziata una riduzione significativa del dolore, maggiore nel gruppo adiuvante (P<0.001 nel gruppo adiuvante e P=0.003 nel gruppo di controllo). Nel gruppo adiuvante ed in quello di controllo, si è inoltre osservata una percentuale di salvataggio d’arto rispettivamente del 90% e del 91.7%. Conclusioni: Nei pazienti diabetici affetti da ischemia critica, l’associazione della rivascolarizzazione periferica con la terapia rigenerativa con PBMNCs sembra rappresentare una valida opzione terapeutica, determinando il miglioramento di quadri clinici resistenti alla guarigione con la sola rivascolarizzazione periferica.
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Marrelli, Mariangela, Filomena Conforti, and Cindio Bruno de. "Nuove tecniche estrattive di fitocomplessi e singoli principi attivi ottenuti da piante di particolari aree geografiche e valutazione delle loro potenziali applicazioni in puva terapia e terapia fotodinamica." Thesis, 2013. http://hdl.handle.net/10955/790.

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MOSILLO, PAOLA. "Recettori metabotropici del glutammato espressi sulle cellule staminali cancerose: nuovi target per l'ottimizzazione della terapia antiblastica." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11573/916826.

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PASTORE, ANTONIO LUIGI. "LA RESEZIONE PROSTATICA TRANSURETRALE (TURP) CON ANSA BIPOLARE GYRUS® VERSUS TURP MONOPOLARE: NUOVO GOLD STANDARD NELLA TERAPIA CHIRURGICA DELL’OSTRUZIONE CERVICO-URETRALE SECONDARIA AD IPERPLASIA PROSTATICA?" Doctoral thesis, 2008. http://hdl.handle.net/11573/425491.

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Abstract:
Il nostro studio ha dimostrato come la resezione transuretrale della prostata con resettore ad ansa bipolare plasma cinetico rappresenti un’opzione sicura ed efficace nel trattamento della ostruzione cervico-uretrale secondaria ad IPB. I risultati in termini di efficacia sul controllo dei LUTS sono sovrapponibili alla TURP monopolare a 9 mesi (come evidenziato dal nostro studio) ed a 12 mesi di follow-up, come riportato in Letteratura. La TURP bipolare elimina la possibilità di sviluppo della TUR sindrome ed è inoltre associata ad una ridotta percentuale di effetti collaterali, che permette di considerare tale procedura in pazienti ad elevato rischio o, come recentemente proposto, quale procedura di training durante la curva di apprendimento della resezione transuretrale. Studi costo-beneficio, e studi randomizzati più rappresentativi con un follow-up a lungo termine sono necessari per definire la TURP bipolare, quale nuovo gold standard nella terapia chirurgica endoscopica dell’ostruzione cervico-uretrale secondaria da iperplasia prostatica.
This study has shown that transurethral resection of the prostate with bipolar plasma kinetic device represents a safe option and effective in the treatment of cervico-urethral obstruction secondary to BPH. The results in terms of effectiveness on the control of LUTS are comparable to monopolar TURP at 9 months (as evidenced by our study) and 12-month follow-up, as reported in the literature. The bipolar TURP removes the possibility of development of TUR syndrome and is also associated with a reduced rate of side effects, which allows us to consider this procedure in patients at high risk or, as recently proposed, as a training procedure during the learning curve of prostate transurethral resection. Cost-benefit studies, and randomized studies with a more representative long-term follow-up are needed to define the bipolar TURP, as the new gold standard in surgical endoscopic urethral obstruction secondary to cervical prostatic hyperplasia.
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