Academic literature on the topic 'Norme sulla produzione'

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Journal articles on the topic "Norme sulla produzione"

1

Di Viggiano, Pasquale Luigi. "DEMOCRAZIA DIGITALE COME DIFFERENZA:." Revista da Faculdade Mineira de Direito 24, no. 48 (March 18, 2022): 64–78. http://dx.doi.org/10.5752/p.2318-7999.2021v24n48p64-78.

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Abstract:
La partecipazione sociale e politica digitale contemporanea (e-Democracy) è un prodotto della digitalizzazione dello Stato e dei suoi apparati, caratterizzata dalla produzione di nuovi diritti resi possibili dalle tecnologie della comunicazione. La digitalizzazione degli apparati dello Stato attraverso le nuove tecnologie basate su algoritmi intelligenti e le norme sulla società dell’informazione e della comunicazione hanno innescato la produzione di cosiddetti “nuovi diritti” la cui esigibilità amplia il concetto di democrazia stabilendo una differenza tra il tradizionale governo della cosa pubblica e le crescenti pretese delle comunità sempre più legate al sistema della comunicazione digitale. I diritti di accedere a Internet e alla rete, all’e-voting, a comunicare con la PA attraverso le nuove tecnologie, a ricevere servizi pubblici digitali sono paralleli a doveri dello Stato caratterizzati dalla soddisfazione dei nuovi diritti. Contemporaneamente cresce il rischio che forme di partecipazione digitale producano livelli di esclusioni intollerabili che intaccano la democrazia. Osservare e descrivere, con gli strumenti concettuali del Centro di Studi sul Rischio, come il sistema del diritto, della politica e della società evolvono attraverso il rapporto con l’ecosistema digitale trainato dall’arcipelago delle intelligenze artificiali rappresenta l’obiettivo e la sfida sempre incerta negli esiti, sempre nuova nelle acquisizioni ma sempre stimolante e proficua sotto il profilo della ricerca sociale, politica e giuridica.
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Altiero, Salvatore. "Sulla recente normativa cinese in materia di sicurezza alimentare." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 1 (December 2010): 235–79. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001015.

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Abstract:
Il 1° giugno 2009, è entrato in vigore il nuovo testo di legge cinese in materia di sicurezza alimentare: è lecito domandarsi se tale normativa debba essere vista come un passo avanti verso la soluzione delle note problematiche legate alla scarsa attenzione tributata da questo Paese - almeno fino ad oggi - all'elaborazione di norme in grado di garantire prodotti alimentari sicuri secondo canoni condivisibili in sede comunitaria e Wto; tale questione investe insieme la sicurezza dei consumatori e il libero commercio. Da un lato, l'approccio del legislatore cinese può essere accostato, per alcuni limitati aspetti, a quello adottato dal regolamento 178/2002 e dall'accordo Sps in quanto, ad esempio, il testo fissa la normativa generale in materia di sicurezza alimentare applicabile a tutti i prodotti del settore. Nel precedente quadro normativo, invece, non solo mancava una netta distinzione trae, ma la disciplina della materia era affidata a norme disconnesse e poteva variare per ciascun tipo di alimento in virtù del fatto che, per ognuno di essi, una legge dettava l'apposita disciplina in materia di produzione e commercio stabilendo a quali procedure e parametri ci si dovesse attenere per assicurarne la sicurezza (ad esempio la legge sulla "agricultural product quality safety"). Ancora, il testo di legge cinese stabilisce ciò che gli standard di sicurezza alimentare dovranno includere e prevede la costituzione di organi centrali incaricati della gestione e del monitoraggio delle situazioni di rischio. D'altro canto, il legislatore cinese ha delegato a futuri e imprecisati atti normativi la definizione della normativa di dettaglio necessaria a rendere realmente efficaci gli standard e ad assicurare il funzionamento delle autorità incaricate delle fasi di monitoraggio e gestione del rischio. Senza una pronta attuazione, quindi, il testo di legge cinese sulla sicurezza alimentare rischia di essere solo una risposta inconcludente e senza incisività alle istanze che la comunità internazionale e, per ciò che più ci interessa, l'Europa rivolgono alla Cina in materia di sicurezza dei consumatori e per la maggiore apertura dei propri mercati ai prodotti cinesi.
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3

Bompiani, Adriano. "L’elaborazione di “regole” per le innovazioni biotecnologiche." Medicina e Morale 49, no. 4 (August 31, 2000): 713–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.765.

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Abstract:
Come è noto, l'unione Europea ha fra i suoi scopi quello di favorire lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi aderenti, facilitando la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica, la produzione di beni e la circolazione degli stessi nell’ambito dell’Unione, eliminando per quanto è possibile differenze, normative e conflitti commerciali. Con questo spirito, dopo anni di difficile lavoro, è stata emanata la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (6luglio 1998) che riguarda la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ne presupposto che si tratti di genoma – sia esso di origine vegetale, animale o umano – in quanto risultati da “invenzioni” suscettibili di applicazioni industriali e non dal mero isolamento (“scoperta”). L’Autore, che già ha esaminato in un precedente contributo gli aspetti etici dell’impiego delle biotecnologie nel campo vegetale e animale (v. Medicina e Morale 2000, 3: 449-504), si sofferma a descrivere quanto prevede la Direttiva 98/44/CE stessa, assieme ad altre norme internazionali precedentemente emanat, per la tutela dell’ambiente, degli animali e degli organismi umani. L’Autore riconosce che la direttiva vieta, nel dispositivo, lo sfruttamento commerciale che sia contrario all’ordine pubblico e al buon costume, fornendo gli esempi concreti dei divieti applicabili ai processi di clonazione umana a scopo riproduttivo, di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano; di modificazione degli embrioni umani a fini commerciali e industriali; di modificazione dell’identità genetica animale di natura tale da provocare sofferenza negli stessi, senza utilità sostanziale per l’uomo o per l’animale. Tuttavia la Direttiva – sotto l’aspetto giuridico – consente l’utilizzazione di embrioni umani (sia pure non direttamente ed espressamente prodotti a scopo di ricerca in base all’art. 18 della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina) a scopo sperimentale e per applicazioni biotecnologiche riguardanti la produzione di cellule staminali od i medicamenti. L’Autore esamina anche il dibattito che è seguito alla emanazione della Direttiva soprattutto a livello di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Strasburgo) in merito alle preoccupazioni dell’opinione pubblica sui cosiddetti “cibi transgenici” (raccomandazione n. 1398 (1998) dal titolo “sicurezza del consumatore e qualità degli alimenti”), nella quale è stata espressa contrarietà alla brevettabilità degli organismi viventi, pur riconoscendo la necessità di assicurare un’adeguata protezione ai diritti dell’”invenzione” (proprietà intellettuale) [Raccomandazione 1417/1999]. Questi problemi sono stati affrontati ma non risolti nella conferenza internazionale di Oviedo (16-19 maggio 19999) organizzata dal Consiglio d’Europa. Il Comitato Direttivo di Bioetica del medesimo Consiglio d’Europa è stato indicato di esprimere “parere” sulla complessa materia; nel frattempo sono intervenute la conferenza di Seattle e Montreal, ove è stato firmato, nel gennaio 2000, un Protocollo sulla biosicurezza che regolamenta il commercio internazionale di sementi e sostanze geneticamente modificate ritenuti pericolosi per l’ambiente e la salute, escludendo però i prodotti finiti, e perciò il cibo transgenico. Nel momenti in cui – scadendo la moratoria –la Direttiva 98/44/CE entrerà in vigore (31 luglio 2000) essendo improbabile l’accettazione delle argomentazioni di invalidazione sollevate da Olanda e Italia, l’Autore insiste per l’adozione del “principio di precauzione”, esplicitamente incorporato nel diritto comunicato relativo alla protezione della salute, oltreché alla tutela dell’ambiente, che dovrà essere tuttavia meglio specificato nella sua estensione e nelle conseguenze attese. Un secondo principio, quello della “trasparenza”, richiede un’ulteriore affinamento delle informazioni rivolte al consumatore, tramite una più chiara etichettatura che consenta una scelta realmente libera e consapevole dei prodotti derivanti da organismi geneticamente modificati posti in commercio. Dovrà essere perseguita la ricerca, escludendo peraltro l’uso dell’embrione umano.
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Ferrante, Vincenzo. "Lavoro decente e responsabilità delle imprese multinazionali per le produzioni delocalizzate: Panorama della legislazione italiana." Lex Social: Revista de Derechos Sociales 10, no. 2 (July 8, 2020): 224–52. http://dx.doi.org/10.46661/lexsocial.5070.

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Abstract:
Il saggio, che prende spunto dal Convegno organizzato dall’Università di Alcalà nel dicembre del 2019 “Estándares laborales y responsabilidad de las empresas multinacionales. Desafíos en un mundo global”, esamina la legislazione italiana diretta a garantire che le imprese multinazionali aventi sede nello Stato realizzino scambi commerciali su una base equa, vigilando sulle società controllate estere, per assicurare che queste rispettino i core labour standards previsti dall’OIL e dalle altre organizzazioni internazionali. A differenza della legislazione di altri paesi europei, manca in Italia una norma che imponga un obiettivo siffatto, forse a ragione del fatto che la vasta diffusione del lavoro sommerso ha imposto al legislatore di concentrarsi sui fenomeni di sfruttamento che si manifestano nei confini nazionali (anche se si rileva come la trasposizione delle direttive che hanno riguardo a questo obiettivo non sempre è correttamente avvenuta). In attesa che venga a maturare una norma di diritto internazionale universalmente riconosciuta che faccia divieto di commerciare un qualunque bene, quando esso sia stato prodotto attraverso lo sfruttamento schiavistico di altri uomini, l’A. si concentra sulla legislazione relativa alle società commerciali, su quella che regola gli appalti privati e sulla disciplina europea del commercio alimentare, per verificare se le norme già esistenti in materia non consentano al giudice nazionale, opportunamente sollecitato, di reprimere lo sfruttamento che avvenga al di fuori dei confini nazionali, in virtù degli obblighi assunti dalle singole società nei confronti dei propri soci e dei consumatori.
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Szymecka, Agnieszka. "Produzioni di qualitĂ e sviluppo rurale: il caso polacco." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 3 (March 2010): 191–98. http://dx.doi.org/10.3280/aim2008-003008.

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Abstract:
L'oggetto del presente lavoro sono le condizioni giuridiche di sviluppo delle produzioni agroalimentari di qualità in Polonia. Questo tipo di produzioni è molto importante per l'agricoltura europea. Infatti, la Commissione europea considera tali produzioni l'arma più potente degli agricoltori europei in un mondo sempre più competitivo. Esse contribuiscono, inoltre, allo economico-sociale e ambientale sviluppo rurale sostenibile. Nella prima parte l'autrice prende in esame la definizione della "qualità ". Ne analizza varie nozioni adottate dal recente Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli e sottopone a critica alcune di loro. Vengono presentati anche gli "schemi di prodotti di qualità " europei e nazionali. La seconda parte del lavoro prensenta diverse iniziative avviate in Polonia e dirette alla promozione delle produzioni agroalimentari di qualità . Sono presentate le barriere normative in merito che riguardano: la definizione giuridica dell'attività di trasformazione dei prodotti agricoli, le norme fiscali e le regolazioni sulla vendita diretta. Viene fatta una comparazione con le rispettive norme e regolazioni italiane. In conclusione l'autrice constata che il legislatore polacco non è sufficientemente coinvolto nella creazione di un appropriato contesto normativo necessario per lo sviluppo delle produzioni di qualità in Polonia.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Abstract:
Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Perulli, Adalberto. "Per una disciplina del lavoro "in tutte le sue forme e applicazioni"." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 164 (December 2022): 70–90. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-164004.

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Abstract:
L'articolo intende indagare criticamente l'attuale assetto del Diritto del lavoro ancora focalizzato, da un punto di vista assiologico e regolativo, sulla predominanza della fattispecie del lavoro subordinato, laddove sarebbe il tempo di riconsiderare come tutto il lavoro rientri nel processo di produzione capitalistico. Superando la frattura esistente tra norma giuridica e realtà sociale, un'idea unitaria e al contempo pluralistica di lavoro può consentire una nuova politica del diritto e una diversa architettura regolativa, finalizzate alla costruzione di tutele sociali legate al lavoro personale a favore di altri, indipendentemente dal tipo negoziali e dalle forme con-trattuali impiegate, e a prescindere dalle categorie giuridiche della autonomia o subordinazione.
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Charrier, Guy. "Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Góralski, Wojciech. "Błąd spowodowany podstępem (kan. 1098 KPK) w świetle orzecznictwa Roty Rzymskiej." Prawo Kanoniczne 52, no. 1-2 (June 5, 2009): 155–74. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.1-2.06.

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Abstract:
Lo studio dell’autore ha come compito quello di presentare la giurisprudenza del Tribunale Apostolico della Rota Romana riguardo al can. 1098 CIC. Dopo 25 anni dalla promulgazione del nuovo Codice sembra utile proporre una breve sintesi (successiva – dopo gli studi di P. Bianchi e L. Ghisoni) delle decisioni rotali (sentenze e decreti) in cui si applica quella norma ai casi concreti. La ricerca sull’applicazione del suddetto canone nella giurisprudenza rotale si dirige verso gli elementi essenziali (costitutivi) per l’individuazione della figura giuridica della deceptio dolosa. Si prende dunque in esame: 1) l’azione dolosa che origina l’errore e la sua finalità; 2) l’errore; 3) la qualità qualificata. Si deve dire che molto importante ai fini dell’applicazione giudiziaria nella decisione delle cause di nullità del matrimonio ob deceptionem dolosam è la determinazione dei confini dei singoli elementi essenziali. L’analisi svolta sulla produzione giurisprudenziale della Rota Romana riguardo al can. 1098 CIC porta alla constatazione che una ricchezza di interpretazioni degli uditori di quel Tribunale ha dato luogo – nell’ambito di tante questioni – ad una giurisprudenza prevalente.
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Edwards, M. J. "Un falso letterario sotto il nome di Flavio Giuseppe: Ricerche sulla tradizione del " EPI TO ANTO " e sulla produzione letteraria cristiana a Roma nei primi decenni del III secolo. By EMANUELE CASTELLI." Journal of Theological Studies 63, no. 2 (June 17, 2012): 712–15. http://dx.doi.org/10.1093/jts/fls081.

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Dissertations / Theses on the topic "Norme sulla produzione"

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ANDRETTO, Luca. "Obblighi internazionali e vincoli comunitari. L'art. 117, I della Costituzione alla luce del principio di supremazia del Parlamento." Doctoral thesis, Università degli Studi di Verona, 2010. http://hdl.handle.net/11562/343538.

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Abstract:
La tesi, che ha ad oggetto l'art. 117, I Cost., si distingue per il particolare approccio ermeneutico, fondato sul principio di supremazia del Parlamento. L'analisi ha una doppia finalità: individuare possibili incoerenze o aporie nelle proposte interpretative del disposto costituzionale sino ad oggi avanzate; selezionare, tra quelle residue, le più rispondenti all'obiettivo di salvaguardare il principio di supremazia parlamentare. In questo modo, si vuole ottenere una lettura coerente e non frammentata della disposizione, teleologicamente orientata alla salvaguardia del pluralismo politico e alla continuità del processo democratrico rappresentativo. L'analisi si serve, tra l'altro, del metodo comparato di analisi giuridica.
The thesis, which concerns art. 117, I, of Italian Constitution, stands out for the particular hermeneutic approach, based on the principle of supremacy of Parliament. The analysis has a twofold purpose: to identify possible inconsistencies or fallacies in the interpretations of the constitutional provision so far proposed; to select, among the remaining interpretations, the most respondent to the aim of safeguarding the principle of parliamentary supremacy. In this way, the purpose is to get a consistent and not fragmented reading of the provision , ideologically oriented to the safeguard of political pluralism and the continuity of democratic representation. The analysis, moreover, uses the comparative method of legal analysis.
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VITALE, TOMMASO. "Conflitti e produzione normativa: un approccio pragmatico. Tre casi di conflitto sulla destinazione di aree pubbliche." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2003. http://hdl.handle.net/10281/10448.

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Abstract:
How to study local development when it seems that local societies are torn in a lot of "fragments", in different groups that do not communicate between them, do not understand them, do not accept them? What could be the contribution of political sociology to the study of development in polarised local societies? Considering different bodies of literature, the paper examines the reasons why it is necessary to examine conflicts and local development in relation to the forms of institutional mediation. To study the normative dimension involved in a conflict I studied some cases of allocative conflict at the urban level. Particularly, I tried to understand if, and how, in these cases the contentious process enacts a common normative tissue and social ties based on publics goods, recognized like commons. I consider normativity like a result, enacted in the dynamics of a conflict, and I develop my analysis within a public action theory that I elaborate from the pragmatic research program of the "political and moral sociology" (Boltanski, Thévenot 1991): I consider conflicts like "sequences of tests, submitted to a categorization more or less binding, that enact an arena of actors, which is composed of different stages, each one with its own temporality". So, I elaborate questions about the quality of mediations, about the public character of the conflict arena and about the normative competences of actors in conflict.
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BASILI, Silvia. "Gli attuali scenari del commercio internazionale dei prodotti agroalimentari, tra vecchie e nuove questioni di sicurezza alimentare: una riflessone comparatistica ta UE, USA e CINA." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251081.

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Abstract:
Il commercio dei prodotti agroalimentari ha assunto oggi una dimensione globale, che pone una serie di questioni su cui è necessario riflettere. Una di queste riguarda la sicurezza alimentare intesa nell'accezione di food safety, ossia come il diritto di ogni individuo a consumare cibo sano e sicuro. La sicurezza alimentare implica l'assenza di elementi estranei che sono riconducibili ai residui dei trattamenti antiparassitari, veterinari, contaminanti ambientali o ancora l'assenza di adulterazioni nel processo di produzione, che possono comportare un rischio per la salute dei consumatori. La tesi analizza le principali dinamiche internazionali relative all'attuale commercio dei prodotti agroalimentari, focalizzando l'attenzione sulla questione della sicurezza alimentare, che da un lato deve garantire senza compromessi la tutela di tutti i consumatori, e dall'altro però, le misure adottate non devono costituire inutili ostacoli commerciali per le imprese alimentari esportatrici. L'analisi inizia dagli accordi nati nell'ambito della WTO, con la firma del Trattato di Marrakech nel 1994, con lo scopo di favorire gli scambi commerciali internazionali attraverso una maggiore armonizzazione delle differenti normative di riferimento. Per quanto riguarda specificamente la sicurezza alimentare si fa riferimento all'Accordo SPS sulle misure sanitarie e fitosanitarie e al Codex Alimentarius, che hanno lo scopo di creare un sistema di norme internazionali valido all'interno dei paesi membri della WTO per tutelare la salute dei consumatori e garantire pratiche eque nel commercio degli alimenti. Dal contesto multilaterale della WTO si procede ad analizzare il ruolo degli accordi bilaterali o regionali, nati in seguito alla crisi del multilateralismo, iniziata con il round di Doha nel 2001e dovuta principalmente all'eterogeneità delle posizioni dei Paesi membri. In particolare nell'ambito degli accordi bilaterali si fa riferimento al partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) recentemente negoziato tra UE e USA, e fermo per ora a tale fase. Si tratta di un accordo di libero scambio volto ad abbattere molte barriere commerciali esistenti tra le due sponde dell'Atlantico, con particolare riferimento a quelle non tariffarie consistenti in divergenze normative che ostacolano le esportazioni, tra cui vanno sicuramente ricomprese le misure sanitarie e fitosanitarie, che si sono rivelate le questioni maggiormente dibattute nel corso delle trattative del TTIP, offrendo lo spunto per analizzare in chiave comparatistica le due diverse tradizioni giuridiche di food safety, delineate attraverso la tematica degli OGM, dove emerge la distanza dell'approccio giuridico tra le due potenze transatlantiche. L'uso delle moderne tecniche di ingegneria genetica in campo alimentare è stato uno dei temi particolarmente discussi nell'ambito delle negoziazioni; gli OGM erano già stati oggetto di una controversia tra Europa e USA nell'ambito della WTO. In ogni caso il TTIP, nonostante il suo fallimento, segna comunque la volontà delle due potenze di trovare una base normativa comune. L'ultima parte della tesi riguarda invece l'evoluzione della sicurezza alimentare in Cina, che grazie alla rapida crescita economica degli ultimi anni, si attesta ad essere una delle potenze protagoniste degli scambi commerciali mondiali, completando in tal modo il quadro internazionale di riferimento. L'introduzione nel 2009 della prima legge sulla sicurezza alimentare, poi modifica nel 2015, rappresenta un primo avvicinamento ai sistemi normativi occidentali. L'analisi delle diverse normative di food safety nel contesto europeo, statunitense e cinese mostra come la globalizzazione economica abbia determinato anche una globalizzazione giuridica o meglio un progressivo allineamento dei diversi sistemi normativi. La necessità di facilitare gli scambi commerciali per competere a livello mondiale ha favorito l'avvicinamento dei vari ordinamenti giuridici. Pertanto si assiste a una sorta di "contaminazione legislativa" estranea alla politica commerciale comune della WTO, ferma da tempo ad una fase di completa stagnazione. In particolare per quanto riguarda il settore alimentare si auspica che il progressivo avvicinamento dei sistemi normativi sul tema della sicurezza alimentare possa favorire la nascita di una food law unitaria a livello globale, che sappia rispondere alle esigenze economiche - commerciali della libera circolazione dei prodotti, e contemporaneamente garantire la tutela di tutti i consumatori, assicurando un elevato livello di qualità e sicurezza.
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Books on the topic "Norme sulla produzione"

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Castelli, Emanuele. Un falso letterario sotto il nome di Flavio Giuseppe: Ricerche sulla tradizione del peri tou pantos e sulla produzione letteraria cristiana a Roma nei primi decenni del III secolo. Münster, Westfalen: Aschendorff Verlag, 2011.

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Book chapters on the topic "Norme sulla produzione"

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Bischetti, Sara. "Produzione e diffusione. Prime indagini codicologiche sulle artes dictandi italiane di successo del Duecento (Guido Faba, Giovanni di Bonandrea)." In Der mittelalterliche Brief zwischen Norm und Praxis, 57–68. Köln: Böhlau Verlag, 2020. http://dx.doi.org/10.7788/9783412519643.57.

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