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Journal articles on the topic 'Non trascrizionale'

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1

Muritano, Daniele. "La trascrizione del trasferimento di diritti reali immobiliari dal disponente al trustee di un trust liberale." gennaio-febbraio, no. 1 (February 3, 2022): 186–200. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.63.

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Abstract:
Tesi Il lavoro intende dimostrare, anche con l'ausilio di casi pratici, l'intercambiabilità tra diversi metodi di esecuzione della formalità di trascrizione nei registri immobiliari dell'intestazione di beni immobili o diritti reali immobiliari al trustee. La tesi è che poiché quello del trustee è un "ufficio", la trascrizione va intesa a favore dell'ufficio medesimo, indipendente dalle persone che lo compongono. In tale prospettiva, la trascrizione a favore del trust non implicherebbe la sua "soggettivizzazione", perché il "nome del trust" andrebbe inteso come elemento identificativo dell'ufficio e non di un soggetto di diritto.The author's view The paper discusses, also with the help of practical cases, the interchangeability between different methods of registration into the Italian Land Registry of transfers of immovables to a trustee. The thesis is that, as that of the trustee is an "office", the registration is intended to be for the benefit of the office itself, irrespective of its members. In this perspective, the registration of the transfer in the "name of the trust" should be regarded just as a method to identify the trustee's office and not a different legal entity.
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2

Wronka, Stanisław. "Transliteracja i transkrypcja alfabetu greckiego." Ruch Biblijny i Liturgiczny 57, no. 2 (June 30, 2004): 91. http://dx.doi.org/10.21906/rbl.490.

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Abstract:
Nell’articolo si propone un sistema della traslitterazione e della trascrizione dell ’al fa be to greco, che viene poi spiegato sullo sfondo delle altre soluzioni e mostrato sugli esempi presi dal Nuovo Testamento. L’autore vuole offrire un aiuto a chi deve traslitterare o trascrivere un testo greco, il che accade non di rado nelle pubblicazioni bibliche, teologiche e filosofiche, perché la conversione dei caratteri greci in quelli latini sia precisa e comprensibile. Forse questa proposta potrebbe contribuire in qualche misura all’elaborazione di un sistema della traslitterazione e della trascrizione accettata e usata comunemente fra gli esegeti e teologi.
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3

Mirabella, Nicolò. "Le donazioni. Alle origini del patrimonio monastico." ARCHIVIO STORICO PER LA SICILIA ORIENTALE, no. 2 (December 2021): 93–121. http://dx.doi.org/10.3280/asso2020-002007.

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Abstract:
Si presentano in trascrizione cinque documenti dell'inventario contenuto in questo catalogo ovvero cinque atti di donazione inter vivos o causa mortis inerenti alle origini, crescita e sviluppo del patrimonio immobiliare e non del "doppio monastero" ossia dei monasteri di San Nicolò l'Arena di Catania e di Santa Maria di Licodia in territorio di Paternò (secc. XIV -XV).
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4

Gruppuso, Maria Cristina. "L’azione revocatoria del vincolo di destinazione: prescrizione e legittimazione passiva (Trib. Frosinone, 16 giugno 2022)." Trusts, no. 6 (December 1, 2022): 1042–45. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.214.

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Abstract:
Massima La prescrizione quinquennale dell'azione revocatoria avverso il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ. decorre dalla trascrizione del vincolo nei registri immobiliari. Nel giudizio per la revocatoria del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ. i beneficiari (nipoti - ex filia - della costituente) degli effetti del vincolo che non acquistino diritti sui beni vincolati non sono litisconsorti necessari, ma hanno diritto di intervenire in giudizio e possono esservi convenuti affinché siano resi loro opponibili gli effetti della sentenza.
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5

Faggiano, Antongiulio, Valentina Di Vito, Roberta Centello, Franz Sesti, Giulia Puliani, Tiziana Feola, and Elisa Giannetta. "Ruolo diagnostico, prognostico e predittivo di risposta del NETest nelle neoplasie neuroendocrine." L'Endocrinologo 21, no. 6 (November 20, 2020): 432–40. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-020-00795-z.

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Abstract:
SommarioIl NETest è una metodica di biologia molecolare e, in particolare, di biopsia liquida, applicata alle neoplasie neuroendocrine (NEN), che si propone come nuovo biomarcatore altamente sensibile e specifico. Il NETest consente una sorta di gene signature del tumore, definendone il profilo trascrizionale mRNA, estratto dal sangue periferico. L’applicazione pratica è nella diagnosi, dove il NETest sembra identificare anche piccoli tumori localizzati, nella definizione prognostica, con l’identificazione dei tumori con maggiore tendenza alla progressione e alla recidiva post-chirurgica, nella riposta ai trattamenti, con l’identificazione precoce di progressione nel corso di terapie anti-tumorali. A fronte di risultati iniziali estremamente promettenti, il NETest necessita di una conferma su larga scala, in ampie casistiche multicentriche.
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6

Patrone, Matteo. "Il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del trustee e la sua responsabilità patrimoniale (App. Milano, 13 dicembre 2021, n. 3558)." Trusts, no. 3 (June 1, 2022): 496–98. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.121.

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Abstract:
Massima Il trustee è tenuto, quale proprietario di un immobile sito in un condominio, al pagamento delle spese condominiali. Il trustee risponde con tutti i propri beni (diversi e ulteriori rispetto a quelli trasferitigli in qualità di trustee) delle obbligazioni nascenti dal trust. L’omessa indicazione della qualifica di trustee in capo al destinatario di decreto ingiuntivo è irrilevante e non incide sulla validità della costituzione del rapporto processuale, tanto più ove non sia dimostrata la trascrizione dell’atto istitutivo del trust. È parimenti irrilevante che il decreto ingiuntivo venga emesso nei confronti del trustee identificato tramite il suo codice fiscale anziché mediante quello del trust.
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Antonielli, Livio. "Per una storia delle polizie in Italia in età contemporanea." SOCIETÀ E STORIA, no. 173 (November 2021): 521–22. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173004.

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Abstract:
La formula adottata per discutere i volumi è stata in qualche misura inusuale: si è chiesto a quattro relatori (Andrea Azzarelli, Vittorio Coco, Roberto Cornelli, Simona Mori) di intervenire liberamente su tutti o solo su alcuni dei libri; nel contempo si è domandato ad autori e curatori (Raffaele Camposano, Laura Di Fabio, Michele Di Giorgio, Nicola Labanca) di delineare ragioni e domande alla base dei rispettivi lavori. Un ristretto pubblico di invitati ha infine partecipato al vivace dibattito conclusivo. Si riportano qui i testi di sette degli otto interventi, essendosi trovato Nicola Labanca nell'impossibilità di fornire il proprio. Nello stesso tempo non si è proceduto alla trascrizione e inserimento della pur interessantissima discussione conclusiva.
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Avirović, Ljiljana. "Petrarca e il petrarchismo: aspetti della traduzione del sonetto in croato." Acta Neophilologica 32 (December 1, 1999): 13–27. http://dx.doi.org/10.4312/an.32.0.13-27.

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Abstract:
II Canzoniere di Petrarca (1304-1374) ha ricevuto quasi sempre in croato il titolo con cui quest' opera e passata alia storia (e non gia quello originario di Rerum vulgarium fragmenta), seppure nella trascrizione ortografica della lingua di arrivo (Kanconijer). Non che ai traduttori croati mancasse l'opportunita di renderlo con il suo equivalente Pjesmarica (canzoniere)- che del resto e il titolo con cui spesso Ia storiografia letteraria croata designa il capolavoro di Petrarca -, ma nella loro scelta si ravvisa l'intento di indirizzare in qualche modo illettore, che sin dal titolo del testo viene informato circa l'opportunita della traduzione di alcuni termini dalla forte connotazione semantica. Cio vale anche per la traduzione di una delle forme metriche piti frequenti nel Canzoniere, qual e appunto il sonetto. La trasposizione del sonetto italiano racchiude Ia summa dei problemi della traduzione metrica, richiedendo nella lingua di arrivo il massimo della versatilita traduttiva. La trasposizione dell'endecasillabo giambico del sonetto costituisce da secoli un problema particolarmente sentito presso i traduttori croati.
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Avirović, Ljiljana. "Petrarca e il petrarchismo: aspetti della traduzione del sonetto in croato." Acta Neophilologica 32 (December 1, 1999): 13–27. http://dx.doi.org/10.4312/an.32.1.13-27.

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Abstract:
II Canzoniere di Petrarca (1304-1374) ha ricevuto quasi sempre in croato il titolo con cui quest' opera e passata alia storia (e non gia quello originario di Rerum vulgarium fragmenta), seppure nella trascrizione ortografica della lingua di arrivo (Kanconijer). Non che ai traduttori croati mancasse l'opportunita di renderlo con il suo equivalente Pjesmarica (canzoniere)- che del resto e il titolo con cui spesso Ia storiografia letteraria croata designa il capolavoro di Petrarca -, ma nella loro scelta si ravvisa l'intento di indirizzare in qualche modo illettore, che sin dal titolo del testo viene informato circa l'opportunita della traduzione di alcuni termini dalla forte connotazione semantica. Cio vale anche per la traduzione di una delle forme metriche piti frequenti nel Canzoniere, qual e appunto il sonetto. La trasposizione del sonetto italiano racchiude Ia summa dei problemi della traduzione metrica, richiedendo nella lingua di arrivo il massimo della versatilita traduttiva. La trasposizione dell'endecasillabo giambico del sonetto costituisce da secoli un problema particolarmente sentito presso i traduttori croati.
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Dolce, Alessandra. "Alba de Céspedes nell’immaginario di Ernesto Giménez Caballero." Cuadernos de Filología Italiana 28 (July 15, 2021): 291–306. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.72237.

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Abstract:
L’ interesse della critica letteraria in Spagna nei riguardi della scrittrice italiana di origini cubane Alba de Céspedes non è mai stato molto caloroso sia all’epoca dei suoi esordi che nei decenni successivi, nonostante la popolarità raggiunta da alcuni suoi romanzi nella penisola Iberica. L’unica importante eccezione sembra essere costituita dal professor Ernesto Giménez Caballero, collaboratore culturale e ideologo di Francisco Franco, che concepì nei confronti della scrittrice italiana un’ ammirazione, che ha oltrepassato la dimensione letteraria, Lo scopo di questo studio è focalizzare la natura e la qualità di quest’ammirazione, espressa nelle parole di Caballero nell’articolo «Alba Cubana» pubblicato nel 1942 e nel 1954 e i rapporti tra i due scrittori nella loro corrispondenza inedita, attualmente conservata presso la Biblioteca Nazionale di Madrid e qui riprodotta in trascrizione.
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Camilletti, Fabio. "“Dietro le porte”: “Lo spavento notturno” di Giacomo Leopardi, i terrori della notte e la morte in culla tra “errori popolari” e nosologia medica." Quaderni d'italianistica 43, no. 1 (January 26, 2023): 101–15. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v43i1.40181.

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Abstract:
Testo peculiarmente instabile, nella lunga storia editoriale della poesia leopardiana, l’idillio che per convenzione denominiamo “Odi, Melisso” porta anche, negli anni 1819–26, il titolo “Lo spavento notturno.” L’accostamento del sostantivo “spavento” e dell’aggettivo “notturno” non è privo di echi per un’analisi storico-culturale del pensiero leopardiano e dei modi in cui questo affronta temi che sono al cuore della riflessione post-illuminista: da un lato, la natura e l’origine della paura; e, dall’altro, la metamorfosi nel rapporto tra l’essere umano e la notte. In particolare, in questa sede, suggerirò la possibilità che il lessema possa obliquamente rimandare alla definizione clinica del disturbo infantile noto – ancora oggi – come pavor nocturnus; nella conclusione, indicherò come tale congettura possa ulteriormente confermare l’idea dell’idillio come trascrizione verbale e dialogica di un’esperienza quintessenzialmente pre-verbale.
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Thomae, Helmut, and Horst Kaechele. "La psicoanalisi comparata sulla base di una nuova forma di trascrizione del trattamento. Il caso Amalia X." SETTING, no. 30 (June 2012): 5–44. http://dx.doi.org/10.3280/set2010-030001.

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Abstract:
In questo articolo sosteniamo che č fondamentale, per capire come l'analista applica le sue conoscenze nella situazione analitica, indagare il processo analitico e sviluppare modelli di ricerca per la valutazione delle ipotesi cliniche Partiamo dalla premessa che la teoria dell'analista influenza la tecnica e che l'esame di un'analisi implica un processo interattivo. Ci chiediamo: "Come comprendere il legame inscindibile tra terapia e ricerca?". Sosteniamo che la comprensione che si sviluppa nel corso di una psicoanalisi non č ricerca: perché abbia luogo la ricerca, č necessaria un'esplorazione delle connessioni causali che comprenda le osservazioni e il pensiero dell'analista nel corso dell'analisi, passibili di valutazione da parte di osservatori indipendenti. Viene descritto e dimostrato un modello di ricerca basato sulla trascrizione delle audio-registrazioni e dei commenti annotati dall'analista per fornire a osservatori indipendenti la possibilitŕ di valutare le sue osservazioni e il suo pensiero.
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Bianchi, Viola. "Un’edizione milanese della traduzione in latino dei 'Sepolcri' di Ippolito Pindemonte." Prassi Ecdotiche della Modernità Letteraria, no. 7 (December 7, 2022): 297–319. http://dx.doi.org/10.54103/2499-6637/19271.

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Abstract:
Presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana si conserva l’epistolario del letterato milanese Felice Bellotti (1786-1858), all’interno del quale si trova attestazione di un progetto editoriale attuato insieme a Camillo Ugoni per la pubblicazione della princeps, postuma, di una traduzione latina in esametri dei Sepolcri di Ippolito Pindemonte, realizzata da Gerolamo Federico Borgno negli anni Dieci dell’Ottocento ed edita da Resnati nel 1843. L’indagine presentata in questo scritto ha alla base una riflessione sulla possibilità di considerare realmente autoriale la traduzione stampata, alla luce del fatto che in tipografia non giunse l’autografo originale, bensì una trascrizione contenente numerose modifiche introdotte da Bellotti e Ugoni, i quali, tuttavia, pubblicarono il testo con il solo nome di Federico Borgno. I due curatori dell’edizione portarono in primo piano la propria lettura del testo, diversa a seconda della sensibilità testuale di ciascuno. Sono quindi formulate alcune considerazioni riguardanti la traduzione, e in particolare il difficile equilibrio fra la necessaria – ma non sempre rispettata – fedeltà al testo originale e le esigenze stilistiche e prosodiche, trattandosi di una versione poetica.
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Gallese, Vittorio, and Margherita Spagnuolo Lobb. "Il now-for-next tra neuroscienze e psicoterapia della Gestalt." QUADERNI DI GESTALT, no. 2 (May 2012): 11–26. http://dx.doi.org/10.3280/gest2011-002002.

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Abstract:
L'articolo riporta la trascrizione di un dialogo incalzante e vivace tra gli autori sul recente libro di M. Spagnuolo Lobb, Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella societŕ post-moderna. Ne viene fuori un confronto tra le recenti scoperte compiute dalle Neuroscienze da una parte e i temi cardine della psicoterapia della Gestalt dall'altra. Gli autori si ritrovano su argomenti quali l'intenzionalitŕ condivisa e l'attitudine umana a riconoscerla nell'altro, la genesi e lo sviluppo dell'atteggiamento accudente, la relazione terapeutica come spazio co-costruito, la practognosia di Merleau-Ponty, il rapporto tra motilitŕ e psicopatologia, l'autoregolazione del contatto terapeutico e la teoria della Simulazione Incarnata, l'intreccio tra aspetti genetici e strutturali dell'esperienza, la perdita di senso che avviene nell'esordio psicotico, la prospettiva somato-evolutiva dello sviluppo, l'evidenza non verbale dello sviluppo del paziente, la possibilitŕ di condizionare positivamente il comportamento umano e l'importanza per gli scienziati di rimanere aperti alla libertŕ umana.
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Romano, Augusto. "Peripezie del "caso clinico"." STUDI JUNGHIANI, no. 55 (August 2022): 31–53. http://dx.doi.org/10.3280/jun55-2022oa14070.

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Abstract:
L'articolo si propone di illustrare: a) I nessi che intercorrono tra conduzione dell'analisi e caratteristiche del suo resoconto (il cosiddetto "caso clinico"). Vengono pertanto descritti e discussi il modello tradizionale della conduzione dell'analisi e quello corrispondente della redazione del caso clinico, entrambi ispirati a un metodo osservazionale, nel quale lo sguardo distaccato dell'osservatore ha un ruolo centrale. b) L'evoluzione della prassi analitica che, raccogliendo l'eredità dello spirito del Romanticismo, ha progressivamente ridotto l'importanza della interpretazione a favore di un sempre maggiore coinvolgimento personale dell'analista. c) Le difficoltà che si oppongono a una trascrizione efficace delle esperienze emotive e immaginali vissute nell'interazione di analista e paziente. Tali difficoltà rinviano alla indicibilità dei "vissuti", nei quali non è più possibile una netta distinzione tra significante e significato. d) Il parallelismo tra redazione del "caso clinico" e traduzione da una lingua a un'altra. In entrambi i casi, una possibile, seppur parziale, soluzione delle difficoltà sta nella applicazione della cosiddetta "costruzione dei comparabili" (Ricoeur), che significa tendere a una equivalenza ma non a una identità tra ciò che accade in analisi e ciò che noi scriviamo: dire la stessa cosa ma in altro modo, facendo uso dell'analogia.
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Cantoni, Paola. "DALLA CANTINA (DELLA SCUOLA) ALLA RETE: PROPOSTE PER UNA DIDATTICA DELLA VARIAZIONE." Italiano LinguaDue 14, no. 2 (January 17, 2023): 155–76. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19655.

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Abstract:
La ricca documentazione custodita dagli archivi scolastici ha elementi di grande interesse sotto diversi aspetti, sicuramente sotto il profilo linguistico e per la didattica perché, confrontandosi con un patrimonio storico-educativo disperso, gli studenti sviluppano la consapevolezza di lavorare per un bene comune. I “Giornali della classe” dei maestri elementari costituiscono un’occasione per una didattica della variazione e per la riflessione sulla lingua, fondate sulla diretta esperienza di fonti “dal basso” tratte dal proprio territorio e dal proprio ambiente quotidiano. Dopo aver illustrato i riferimenti teorici e alcune proposte relative all’utilizzo di fonti non letterarie e non istituzionali per la didattica dell’italiano e aver descritto struttura, contenuti e caratteri linguistici e stilistici dei Registri dei maestri nella prima metà del Novecento, si presentano alcune proposte operative che utilizzano la rete o prevedono la realizzazione (e condivisione) di prodotti multimediali e multimodali, con attività sul parlato, sullo scritto e sull’interazione tra differenti sistemi di codici e risorse modali. Laboratori di trascrizione dei Giornali (anche inseriti in progetti più articolati per la ricostruzione della memoria scolastica e locale e con altre scuole, sfruttando le potenzialità del crowdsourcing) possono essere rivolti a studenti dei diversi cicli e, come per l’esperienza realizzata in una scuola media di cui si commentano i risultati, condotti con esperienze di riflessione su tutti i livelli di analisi e con attività di scrittura. From the (school) basement to the web: proposals for teaching language variation The rich documentation preserved in the school archives has elements is very interesting for the history of italian language and for teaching italian. Through these texts students develop the awareness of working for a common good. The “Giornali della classe” of the elementary teachers constitute an opportunity for teaching variation and for reflection on the language, based on the direct experience of sources “dal basso” taken from one's own territory. This paper illustrates the theoretical references and some proposals relating to the use of non-literary sources for teaching Italian and described the structure, contents and linguistic and stylistic characteristics of the “Giornali” in the first half of the twentieth century. The article then presents some educational proposals that use the web, with multimedia and multimodal products, activities on speech, writing and the interaction between different systems. Texts can be transcribed (also for the reconstruction of scholastic and local memory and with other schools, trhough crowdsourcing) by students of various school cycles. Workshop, such as the one commented for a middle school, can be conducted with experiences of reflection on the different levels of analysis and with writing activities.
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Sindoni, Maria Grazia. "TRAIETTORIE DELLA MULTIMODALITÀ: GLI SNODI TEORICI E I MODELLI APPLICATIVI." Italiano LinguaDue 14, no. 2 (January 17, 2023): 19–46. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19647.

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Abstract:
Questo saggio ripercorre le principali linee di sviluppo degli studi della multimodalità intesa come semiosi della comunicazione nell’ambito di derivazione angloamericana. La multimodalità è definita come una disciplina a sé e discussa nella sua epistemologia attraverso un excursus della sua storia ed evoluzione dalla fine degli anni Novanta ad oggi. Si passano in rassegna alcune scuole di pensiero della multimodalità, a partire dagli sviluppi socio-semiotici di matrice linguistica sistemico-funzionale elaborata da Michael A. K. Halliday in Inghilterra negli anni Settanta. Le principali teorie e prassi di analisi multimodale sono illustrate attraverso alcuni principi cardine per delineare l’ambito di applicazione e le aree privilegiate di indagine. Il saggio inoltre illustra le differenze teoriche e pratiche fra multimodalità e multimedialità, termini spesso utilizzati in modo interscambiabile e dunque improprio. Successivamente, si presenta un’analisi multimodale del video TikTok più popolare di un creator italiano, Khaby Lame, che ha raggiunto livelli di viralità tali da guadagnargli fama e successo a livello globale. L’analisi, di natura qualitativa classica, consiste in una trascrizione e annotazione integrale del breve video più visualizzato al momento della scrittura del saggio, per inquadrare i fenomeni della semiosi della comunicazione digitale in un ambito disciplinare più vasto rispetto alla linguistica pura. Questa apertura ad aspetti non verbali include nell’analisi delle risorse semiotiche elementi quali lo sguardo, il montaggio, la distanza fra partecipanti, la musica, i rumori ambientali, la distribuzione degli elementi nel tempo e nello spazio, e così via. Coerentemente con questo presupposto di base, le conclusioni invitano a un ripensamento della definizione stessa di “lingua della rete”, indicando nella multimodalità, sia come teoria sia come metodo, una prospettiva utile alla lettura consapevole, etica e inclusiva della complessa testualità digitale contemporanea. Trajectories of multimodality: theoretical foundations and application model This paper discusses the main theories that map out the development of multimodality as semiosis of communication within the Anglo-American tradition. An overview of the history and evolution of multimodality starting in the late Nineties will motivate the claim that this is a discipline in its own, with its specific epistemology. Some major theories within sociosemiotics approaches are outlined, as resulting from the developments of systemic-functional linguistics as theorized by Michael A. K. Halliday in the Seventies in the UK. Theories and methods will be presented by means of an illustration of some key concepts and principles, with a view to explore some potential applications and preferential objects of studies. The paper also sets out to explain the differences between the concepts of multimodality and multimediality, which are often used interchangeably, thus bringing about theoretical and empirical issues. As a case study, I have selected the most viewed TikTok video produced by an Italian creator, Khaby Lame, who has gained global recognition and immense popularity, to the point of allowing him to obtain Italian citizenship after almost twenty years of Italian residency. The qualitative analysis makes use the typical heuristic tools used by multimodal analysts, namely an integral transcription and annotation of the video, with the aim of showing the full range of the involved digital communicative phenomena that cannot be accounted for only on linguistic grounds. Broadening the domain of analysis beyond the tools provided by linguistics includes the analysis and description of non-verbal semiotic resources, such as gaze, editing, distance between participants, music, ambient sound, compositional strategies in time and space, among others. Consistent with this approach, the concluding remarks encourage further reflections of the very definition of the “language of the net”. It follows that theoretical and empirical research lines mapped out by multimodal studies may ultimately help promote awareness, ethics, and inclusion when engaging with contemporary digital textualities.
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Ruggieri, M., A. D. Praticò, A. Serra, L. Maiolino, S. Cocuzza, P. Di Mauro, L. Licciardello, et al. "ACTA OTORHINOLARYNGOLOGICA ITALICA." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 5 (October 2016): 345–67. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1093.

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Abstract:
La neurofibromatosi tipo 2 [NF2] è una malattia genetica a trasmissione autosomica dominante [MIM # 101000]. Clinicamente è caratterizzata da: (1) schwannomi bilaterali del (VIII) nervo acustico/vestibolare; (2) cataratta giovanile o amartomi retinici; (3) schwannomi a carico dei nervi periferici e dei nervi cranici; (4) tumori multipli del sistema nervoso centrale (es., meningiomi, astrocitomi, ependimomi); (5) lesioni cutanee: (a) placche NF2 (schwannomi cutanei); (b) (poche) macchie caffellatte; (6) “malformazioni dello sviluppo corticale cerebrale”. La prevalenza della (forma sintomatica di) NF2 nella popolazione generale è di 1 su 100.000-200.000 individui con un’incidenza di 1 su 33.000 nati. La forma classica a esordio nel giovane adulto è conosciuta come forma di Gardner, (esordio intorno ai 20-30 anni d’età) con manifestazioni legate agli schwannomi bilaterali del nervo acustico/vestibolare (diminuzione/perdita progressiva dell’udito, tinnito, vertigini) e/o più raramente con manifestazioni da (altri) tumori del sistema nervoso centrale e/o periferico. In età pediatrica il fenotipo è diverso (forma di Wishart): per primi compaiono abitualmente i tumori del sistema nervoso centrale in assenza di schwannomi vestibolari; si possono avere macchie caffellatte e placche NF2 e solo dopo anni i tumori del nervo cranico VIII e di altri nervi cranici. Il quadro è più grave. Esiste anche una forma “congenita” ad esordio nei primi giorni/mesi di vita, con schwannomi vestibolari di piccole dimensioni (stabili nel tempo: anche per anni/decenni ma con improvvisa e rapida progressione) e numerose placche NF2; in questa forma le altre manifestazioni (es. meningiomi, altri tumori, altri schwannomi) sono spesso più gravi e progressive delle altre forme. Il gene responsabile della NF2 è localizzato sul cromosoma 22q12.1. Il prodotto genico della NF2 è conosciuto con il nome di schwannomina o merlina [dalla famiglia di proteine 4.1 del tipo moesina-ezrina-radixina/ERM alla quale appartiene il gene della NF2) e ha funzioni di regolazione della crescita e del rimodellamento cellulare (soppressione della crescita cellulare e della tumorigenesi)]. Alcune persone possono presentare tutte le (o parte delle) manifestazioni della NF2 in un emilato o in segmenti corporei circoscritti [NF2 a mosaico]. Altre persone presentano schwannomi (confermati istologicamente) dei nervi periferici (non intradermici) e/o delle radici gangliari in assenza di tumori del nervo vestibolare (o di altri nervi cranici: anche se in alcuni casi vi possono essere anche tumori unilaterali o bilaterali del nervo acustico/vestibolare e/o dei nervi cranici misti) o di altri segni diagnostici per la NF2 [Schwannomatosi, SWNTS]. L’esordio in questa forma è intorno ai 30 anni d’età (sono conosciuti casi in età pediatrica) con tumori in svariate sedi (abitualmente tronco e arti). Si conoscono due forme principali: (1) SWNTS1 [MIM # 162091] causata da alterazioni del gene SMARCB1 [regolatore della cromatina actina-dipendente associato alla matrice e correlato alle proteina SWI/SBF, sub-famiglia B, membro di tipo 1; MIM # 601607], sul cromosoma 22q11.23 (posizione centromerica rispetto al gene della NF2); (2) SWNTS2 [MIM # 615670] causata da alterazioni del gene LZTR1 [regolatore della trascrizione di tipo 1 legato alla Leucina; MIM # 600574], cromosoma 22q11.21 (posizione centromerica rispetto al gene SMARCB1) che codifica per una proteina, membro della super-famiglia BTB-kelch. Il meccanismo molecolare della Schwannomatosi comprende: (1) mutazione germinale del gene SMARCB1 o del gene LZTR1; (2) ampia delezione all’interno del cromosoma 22 (con perdita del gene NF2 e dell’allele intatto SMARCB1 o LZTR1); e (3) mutazione somatica dell’allele intatto del gene NF2 [meccanismo conosciuto come “four hits”: “Quadrupla alterazione” (su entrambi gli alleli dei due geni SWNTS/NF2), con tre passaggi consecutivi]. Negli ultimi anni, accanto alle tradizionali terapie chirurgiche e/o radioterapiche sono stati anche impiegati diversi farmaci “biologici” (es., Lapatinib e Bevacizumab) con effetti di riduzione/arresto della crescita dei tipici tumori NF2.
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Aznar, Justo. "Could iPS cells be clinically useful?" Medicina e Morale 59, no. 2 (April 30, 2010). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2010.218.

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Abstract:
Nel 2006, Takahashi e Yamanaka hanno dimostrato, per la prima volta, che i fibroblasti di topo possono essere riprogrammati ad uno stato simile a quello di cellule staminali embrionali con l’introduzione di una combinazione di quattro fattori di trascrizione. Queste cellule sono state chiamate “cellule staminali pluripotenti indotte” o “cellule iPS”. A differenza delle cellule staminali embrionali, l’uso di cellule iPS non solleva questioni etiche. In questo articolo, si fa riferimento in particolare a: 1. esperimenti preclinici condotti fino ad oggi utilizzando cellule iPS, 2. la creazione di linee cellulari a partire da cellule iPS ottenute da cellule adulte di pazienti affetti da varie malattie e 3. l’ottenimento di animali clonati da cellule iPS. Esperimenti preclinici sono stati condotti con l’anemia falciforme e modelli di topi affetti da emofilia. Nel gennaio 2009, Nelson et al. hanno ampliato le indicazioni terapeutiche delle cellule umane iPS, fornendo la prima prova per la riparazione di disturbi cardiaci. Diverse linee di cellule sono state ottenute da cellule umane iPS. Fino ad ora sono stato ottenuto linee di cellule in pazienti con sclerosi laterale amiotrofica, l’immunodeficienza combinata grave da deficit di adenosina deaminasi, la sindrome di Shwachman-Bodian-Diamond, la malattia di Gaucher di tipo III, la distrofia muscolare di Duchenne e Becker, il morbo di Parkinson, la corea di Huntington, il diabete mellito di tipo 1, la sindrome di Down (trisomia 21) e la malattia di Lesch-Nyhan, il morbo di Parkinson idiopatica, l’atrofia muscolare spinale, l’anemia di Fanconi, le malattie mieloproliferative, il diabete di tipo 1. Ottenere animali vivi da cellule iPS. In base alle nostre conoscenze, Kang et al. sono stati i primi a dimostrare che le cellule iPS possono autonomamente generare topi a termine tramite la complementazione della blastocisti tetraploide. Dopo gli esperimenti di Kang anche Boland et al. hanno prodotto 31 topi vivi da 37 linee di cellule iPS generate dai fibroblasti della pelle. L’uso di cellule di IPS per impedire l’uso di cellule staminali embrionali non può avere altro che una valutazione positiva da un punto di vista etico. Tuttavia, il loro utilizzo per produrre esseri umani clonati, se questo diventasse tecnicamente realizzabile, non sarebbe eticamente ammissibile. ---------- In 2006, Takahashi and Yamanaka demonstrated, for the first time, that mouse fibroblasts can be reprogrammed into an embryonic stem cell-like state by introducing combinations of four transcription factors. These cells were termed “induced pluripotent stem cells” or “iPS cells”. Unlike embryonic stem cells, the use of iPS cells has no ethical difficulty. In this article, we are going to refer specifically to: 1. preclinical experiments conducted to date using iPS cells; 2. the creation of cell lines from iPS cells obtained from the adult cells of patients with different diseases; and 3. the obtaining of cloned animals from iPS cells. Preclinical experiments have been conducted with sickle cell anaemia and haemophilic mice models. In January 2009, Nelson et al. expanded the therapeutic indications of human iPS cells by providing the first evidence for repair of heart disorders. Different disease cell lines obtained from human iPS cells. Up until now it has been obtained cell lines in patients with amyotrophic lateral sclerosis, adenosine deaminase deficiency-related severe combined immunodeficiency, Shwachman-Bodian-Diamond syndrome, Gaucher disease type III, Duchenne and Becker muscular dystrophy, Parkinson’s disease, Huntington’s disease, juvenile onset, type 1 diabetes mellitus, Down’s syndrome (trisomy 21) and the carrier state of Lesch-Nyhan syndrome, idiopathic Parkinson’s disease, spinal muscular atrophy, Fanconi anaemia, myeloproliferative disorders, type 1 diabetes. Obtaining live animals from iPS cells. To our knowledge, Kang et al. were the first to demonstrate that iPS cells can autonomously generate fullterm mice via tetraploid blastocyst complementation. After Kang’s experiments also Boland et al. produced 31 live mice from 37 iPS cell lines generated from skin fibroblasts. The use of iPS cells to prevent the use of embryonic stem cells cannot have anything other than a positive ethical evaluation. However, using them to produce cloned human beings, if this becomes technically feasible, would not be ethically admissible.
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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek." Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (April 29, 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Abstract:
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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