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Raffiotta, Edoardo Carlo <1979&gt. "Gli interventi sostitutivi nei confronti degli enti territoriali." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/748/1/Tesi_Raffiotta_Edoardo_Carlo.pdf.

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Abstract:
La ricerca ha perseguito l’obiettivo di individuare e definire il potere di un ente territoriale di sostituire, tramite i suoi organi o atti, quelli ordinari degli enti territoriali minori, per assumere ed esercitare compiutamente, in situazioni straordinarie, le funzioni proprie di questi. Dogmaticamente potremmo distinguere due generali categorie di sostituzione: quella amministrativa e quella legislativa, a seconda dell’attività giuridica nella quale il sostituto interviene. Nonostante tale distinzione riguardi in generale il rapporto tra organi o enti della stessa o di differenti amministrazioni, con eguale o diverso grado di autonomia; la ricerca ha mirato ad analizzare le due summenzionate categorie con stretto riferimento agli enti territoriali. I presupposti, l’oggetto e le modalità di esercizio avrebbero consentito ovviamente di sottocatalogare le due generali categorie di sostituzione, ma un’indagine volta a individuare e classificare ogni fattispecie di attività sostitutiva, più che un’attività complessa, è sembrata risultare di scarsa utilità. Più proficuo è parso il tentativo di ricostruire la storia e l’evoluzione del menzionato istituto, al fine di definire e comprendere i meccanismi che consentono l’attività sostitutiva. Nel corso della ricostruzione non si è potuto trascurare che, all’interno dell’ordinamento italiano, l’istituto della sostituzione è nato nel diritto amministrativo tra le fattispecie che regolavano l’esercizio della funzione amministrativa indiretta. La dottrina del tempo collocava la potestà sostitutiva nella generale categoria dei controlli. La sostituzione, infatti, non avrebbe avuto quel valore creativo e propulsivo, nel mondo dell’effettualità giuridica, quell’energia dinamica ed innovatrice delle potestà attive. La sostituzione rappresentava non solo la conseguenza, ma anche la continuazione del controllo. Le fattispecie, che la menzionata dottrina analizzava, rientravano principalmente all’interno di due categorie di sostituzione: quella disposta a favore dello Stato contro gli inadempimenti degli enti autarchici – principalmente il comune – nonché la sostituzione operata all’interno dell’organizzazione amministrativa dal superiore gerarchico nei confronti del subordinato. Già in epoca unitaria era possibile rinvenire poteri sostitutivi tra enti, la prima vera fattispecie di potestà sostitutiva, era presente nella disciplina disposta da diverse fattispecie dell'allegato A della legge 20 marzo 1856 n. 2248, sull'unificazione amministrativa del Regno. Tentativo del candidato è stato quello, quindi, di ricostruire l'evoluzione delle fattispecie sostitutive nella stratificazione normativa che seguì con il T.U. della legge Comunale e Provinciale R.D. 4 febbraio 1915 e le successive variazioni tra cui il R.D.L. 30 dicembre 1923. Gli istituti sostitutivi vennero meno (di fatto) con il consolidarsi del regime fascista. Il fascismo, che in un primo momento aveva agitato la bandiera delle autonomie locali, non tardò, come noto, una volta giunto al potere, a seguire la sua vera vocazione, dichiarandosi ostile a ogni proposito di decentramento e rafforzando, con la moltiplicazione dei controlli e la soppressione del principio elettivo, la già stretta dipendenza delle comunità locali dallo Stato. Vennero meno i consigli liberamente eletti e al loro posto furono insediati nel 1926 i Podestà e i Consultori per le Amministrazioni comunali; nel 1928 i Presidi e i Rettorati per le Amministrazioni Provinciali, tutti organi nominati direttamente o indirettamente dall’Amministrazione centrale. In uno scenario di questo tipo i termini autarchia e autonomia risultano palesemente dissonanti e gli istituti di coordinamento tra Stato ed enti locali furono ad esso adeguati; in tale ordinamento, infatti, la sostituzione (pur essendo ancora presenti istituti disciplinanti fattispecie surrogatorie) si presentò come un semplice rapporto interno tra organi diversi, di uno stesso unico potere e non come esso è in realtà, anello di collegamento tra soggetti differenti con fini comuni (Stato - Enti autarchici); per semplificare, potremmo chiederci, in un sistema totalitario come quello fascista, in cui tutti gli interessi sono affidati all’amministrazione centrale, chi dovrebbe essere il sostituito. Il potere sostitutivo (in senso proprio) ebbe una riviviscenza nella normativa post-bellica, come reazione alla triste parentesi aperta dal fascismo, che mise a nudo i mali e gli abusi dell’accentramento statale. La suddetta normativa iniziò una riforma in favore delle autonomie locali; infatti, come noto, tutti i partiti politici assunsero posizione in favore di una maggiore autonomia degli enti territoriali minori e ripresero le proposte dei primi anni dell’Unità di Italia avanzate dal Minghetti, il quale sentiva l’esigenza dell’istituzione di un ente intermedio tra Stato e Province, a cui affidare interessi territorialmente limitati: la Regione appunto. Emerge piuttosto chiaramente dalla ricerca che la storia politica e l’evoluzione del diritto pubblico documentano come ad una sempre minore autonomia locale nelle politiche accentratrici dello Stato unitario prima, e totalitario poi, corrisponda una proporzionale diminuzione di istituti di raccordo come i poteri sostitutivi; al contrario ad una sempre maggiore ed evoluta autonomia dello Stato regionalista della Costituzione del 1948 prima, e della riforma del titolo V oggi, una contestuale evoluzione e diffusione di potestà sostitutive. Pare insomma che le relazioni stato-regioni, regioni-enti locali che la sostituzione presuppone, sembrano rappresentare (ieri come oggi) uno dei modi migliori per comprendere il sistema delle autonomie nell’evoluzione della stato regionale e soprattutto dopo la riforma apportata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Dalla preliminare indagine storica un altro dato, che pare emergere, sembra essere la constatazione che l'istituto nato e giustificato da esigenze di coerenza e efficienza dell'azione amministrativa sia stato trasferito nell'ambio delle relazioni tra stato e autonomie territoriali. Tale considerazione sembra essere confermata dal proseguo dell’indagine, ed in particolare dai punti di contatto tra presupposti e procedure di sostituzione nell’analisi dell’istituto. Nonostante, infatti, il Costituente non disciplinò poteri sostitutivi dello Stato o delle regioni, al momento di trasferire le competenze amministrative alle regioni la Corte costituzionale rilevò il problema della mancanza di istituti posti a garantire gli interessi pubblici, volti ad ovviare alle eventuali inerzie del nuovo ente territoriale. La presente ricerca ha voluto infatti ricostruire l’ingresso dei poteri sostitutivi nel ordinamento costituzionale, riportando le sentenze del Giudice delle leggi, che a partire dalla sentenza n. 142 del 1972 e dalla connessa pronuncia n. 39 del 1971 sui poteri di indirizzo e coordinamento dello Stato, pur non senza incertezze e difficoltà, ha finito per stabilire un vero e proprio “statuto” della sostituzione con la sentenza n. 177 del 1988, individuando requisiti sostanziali e procedurali, stimolando prima e correggendo successivamente gli interventi del legislatore. Le prime fattispecie sostitutive furono disciplinate con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari, ed in particolare con l’art. 27 della legge 9 maggio 1975, n. 153, la quale disciplina, per il rispetto dell’autonomia regionale, venne legittimata dalla stessa Corte nella sentenza n. 182 del 1976. Sempre con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari intervenne l’art. 6 c. 3°, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. La stessa norma va segnalata per introdurre (all’art. 4 c. 3°) una disciplina generale di sostituzione in caso di inadempimento regionale nelle materie delegate dallo Stato. Per il particolare interesse si deve segnalare il D.M. 21 settembre 1984, sostanzialmente recepito dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), poi convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 c.d. legge Galasso. Tali disposizioni riaccesero il contenzioso sul potere sostitutivo innanzi la Corte Costituzionale, risolto nelle sentt. n. 151 e 153 del 1986. Tali esempi sembrano dimostrare quello che potremmo definire un dialogo tra legislatore e giudice della costituzionalità nella definizione dei poteri sostitutivi; il quale culminò nella già ricordata sent. n. 177 del 1988, nella quale la Corte rilevò che una legge per prevedere un potere sostitutivo costituzionalmente legittimo deve: essere esercitato da parte di un organo di governo; nei confronti di attività prive di discrezionalità nell’an e presentare idonee garanzie procedimentali in conformità al principio di leale collaborazione. Il modello definito dalla Corte costituzionale sembra poi essere stato recepito definitivamente dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, la quale per prima ha connesso la potestà sostitutiva con il principio di sussidiarietà. Detta legge sembra rappresentare un punto di svolta nell’indagine condotta perché consente di interpretare al meglio la funzione – che già antecedentemente emergeva dallo studio dei rapporti tra enti territoriali – dei poteri sostitutivi quale attuazione del principio di sussidiarietà. La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha disciplinato all’interno della Costituzione ben due fattispecie di poteri sostitutivi all’art. 117 comma 5 e all’art. 120 comma 2. La “lacuna” del 1948 necessitava di essere sanata – in tal senso erano andati anche i precedenti tentativi di riforma costituzionale, basti ricordare l’art. 58 del progetto di revisione costituzionale presentato dalla commissione D’Alema il 4 novembre 1997 – i disposti introdotti dal riformatore costituzionale, però, non possono certo essere apprezzati per la loro chiarezza e completezza. Le due richiamate disposizioni costituzionali, infatti, hanno prodotto numerose letture. Il dibattito ha riguardato principalmente la natura delle due fattispecie sostitutive. In particolare, si è discusso sulla natura legislativa o amministrativa delle potestà surrogatorie e sulla possibilità da parte del legislatore di introdurre o meno la disciplina di ulteriori fattispecie sostitutive rispetto a quelle previste dalla Costituzione. Con particolare riferimento all’art. 120 c. 2 Cost. sembra semplice capire che le difficoltà definitorie siano state dovute all’indeterminatezza della fattispecie, la quale attribuisce al Governo il potere sostitutivo nei confronti degli organi (tutti) delle regioni, province, comuni e città metropolitane. In particolare, la dottrina, che ha attribuito all’art. 120 capoverso la disciplina di un potere sostitutivo sulle potestà legislative delle Regioni, è partita dalla premessa secondo la quale detta norma ha una funzione fondamentale di limite e controllo statale sulle Regioni. La legge 18 ottobre 2001 n. 3 ha, infatti, variato sensibilmente il sistema dei controlli sulle leggi regionali, con la modificazione degli artt. 117 e 127 della Costituzione; pertanto, il sistema dei controlli dopo la riforma del 2001, troverebbe nel potere sostitutivo ex art. 120 la norma di chiusura. Sul tema è insistito un ampio dibattito, al di là di quello che il riformatore costituzionale avrebbe dovuto prevedere, un’obiezione (più delle altre) pare spingere verso l’accoglimento della tesi che propende per la natura amministrativa della fattispecie in oggetto, ovvero la constatazione che il Governo è il soggetto competente, ex art. 120 capoverso Cost., alla sostituzione; quindi, se si intendesse la sostituzione come avente natura legislativa, si dovrebbe ritenere che il Costituente abbia consentito all’Esecutivo, tosto che al Parlamento, l’adozione di leggi statali in sostituzione di quelle regionali. Suddetta conseguenza sembrerebbe comportare una palese violazione dell’assetto costituzionale vigente. Le difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. si sono riversate sulla normativa di attuazione della riforma costituzionale, legge 5 giugno 2003, n. 131. In particolare nell’art. 8, il quale ha mantenuto un dettato estremamente vago e non ha preso una chiara e netta opzione a favore di una della due interpretazione riportate circa la natura della fattispecie attuata, richiamando genericamente che il potere sostitutivo si adotta “Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120” Cost. Di particolare interesse pare essere, invece, il procedimento disciplinato dal menzionato art. 8, il quale ha riportato una procedura volta ad attuare quelle che sono state le indicazioni della Corte in materia. Analogamente agli anni settanta ed ottanta, le riportate difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. e, più in generale il tema dei poteri sostitutivi dopo la riforma del 2001, sono state risolte e definite dal giudice della costituzionalità. In particolare, la Corte sembra aver palesemente accolto (sent. n. 43 del 2004) la tesi sulla natura amministrativa del potere sostitutivo previsto dall’art. 120 c. 2 Cost. Il giudice delle leggi ha tra l’altro fugato i dubbi di chi, all’indomani della riforma costituzionale del 2001, aveva letto nel potere sostitutivo, attribuito dalla riformata Costituzione al Governo, l’illegittimità di tutte quelle previsioni legislative regionali, che disponevano ipotesi di surrogazione (da parte della regione) nei confronti degli enti locali. La Corte costituzionale, infatti, nella già citata sentenza ha definito “straordinario” il potere di surrogazione attribuito dall’art. 120 Cost. allo Stato, considerando “ordinare” tutte quelle fattispecie sostitutive previste dalla legge (statale e regionale). Particolarmente innovativa è la parte dell'indagine in cui la ricerca ha verificato in concreto la prassi di esercizio della sostituzione statale, da cui sono sembrate emergere numerose tendenze. In primo luogo significativo sembra essere il numero esiguo di sostituzioni amministrative statali nei confronti delle amministrazioni regionali; tale dato sembra dimostrare ed essere causa della scarsa “forza” degli esecutivi che avrebbero dovuto esercitare la sostituzione. Tale conclusione sembra trovare conferma nell'ulteriore dato che sembra emergere ovvero i casi in cui sono stati esercitati i poteri sostitutivi sono avvenuti tutti in materie omogenee (per lo più in materia di tutela ambientale) che rappresentano settori in cui vi sono rilevanti interessi pubblici di particolare risonanza nell'opinione pubblica. Con riferimento alla procedura va enfatizzato il rispetto da parte dell'amministrazione sostituente delle procedure e dei limiti fissati tanto dal legislatore quanto nella giurisprudenza costituzionale al fine di rispettare l'autonomia dell'ente sostituito. Dalla ricerca emerge che non è stato mai esercitato un potere sostitutivo direttamente ex art. 120 Cost., nonostante sia nella quattordicesima (Governo Berlusconi) che nella quindicesima legislatura (Governo Prodi) con decreto sia stata espressamente conferita al Ministro per gli affari regionali la competenza a promuovere l’“esercizio coordinato e coerente dei poteri e rimedi previsti in caso di inerzia o di inadempienza, anche ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo del Governo di cui all'art. 120 della Costituzione”. Tale conclusione, però, non lascia perplessi, bensì, piuttosto, sembra rappresentare la conferma della “straordinarietà” della fattispecie sostitutiva costituzionalizzata. Infatti, in via “ordinaria” lo Stato prevede sostituzioni per mezzo di specifiche disposizioni di legge o addirittura per mezzo di decreti legge, come di recente il D.L. 09 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania. Misure per la raccolta differenziata), che ha assegnato al Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri “le funzioni di Commissario delegato per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania per il periodo necessario al superamento di tale emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2007”. Spesso l’aspetto interessante che sembra emergere da tali sostituzioni, disposte per mezzo della decretazione d’urgenza, è rappresentato dalla mancata previsione di diffide o procedure di dialogo, perché giustificate da casi di estrema urgenza, che spesso spingono la regione stessa a richiedere l’intervento di surrogazione. Del resto è stata la stessa Corte costituzionale a legittimare, nei casi di particolare urgenza e necessità, sostituzioni prive di dialogo e strumenti di diffida nella sent. n. 304 del 1987. Particolare attenzione è stata data allo studio dei poteri sostitutivi regionali. Non solo perché meno approfonditi in letteratura, ma per l’ulteriore ragione che tali fattispecie, disciplinate da leggi regionali, descrivono i modelli più diversi e spingono ad analisi di carattere generale in ordine alla struttura ed alla funzione dei poteri sostitutivi. Esse sembrano rappresentare (in molti casi) modelli da seguire dallo stesso legislatore statale, si vedano ad esempio leggi come quella della regione Toscana 31 ottobre 2001, n. 53, artt. 2, 3, 4, 5, 7; legge regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 6, art. 30, le quali recepiscono i principi sviluppati dalla giurisprudenza costituzionale e scandiscono un puntuale procedimento ispirato alla collaborazione ed alla tutela delle attribuzioni degli enti locali. La ricerca di casi di esercizio di poter sostitutivi è stata effettuata anche con riferimento ai poteri sostitutivi regionali. I casi rilevati sono stati numerosi in particolare nella regione Sicilia, ma si segnalano anche casi nelle regioni Basilicata ed Emilia-Romagna. Il dato principale, che sembra emergere, pare essere che alle eterogenee discipline di sostituzione corrispondano eterogenee prassi di esercizio della sostituzione. Infatti, alle puntuali fattispecie di disciplina dei poteri sostitutivi dell’Emilia-Romagna corrispondono prassi volte ad effettuare la sostituzione con un delibera della giunta (organo di governo) motivata, nel rispetto di un ampio termine di diffida, nonché nella ricerca di intese volte ad evitare la sostituzione. Alla generale previsione della regione Sicilia, pare corrispondere un prassi sostitutiva caratterizzata da un provvedimento del dirigente generale all’assessorato per gli enti locali (organo di governo?), per nulla motivato, salvo il richiamo generico alle norme di legge, nonché brevi termini di diffida, che sembrano trovare la loro giustificazione in note o solleciti informati che avvisano l’ente locale della possibile sostituzione. In generale il fatto che in molti casi i poteri sostitutivi siano stimolati per mezzo dell’iniziativa dei privati, sembra dimostrare l’attitudine di tal istituto alla tutela degli interessi dei singoli. I differenti livelli nei quali operano i poteri sostitutivi, il ruolo che la Corte ha assegnato a tali strumenti nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, nonché i dati emersi dall’indagine dei casi concreti, spingono ad individuare nel potere sostitutivo uno dei principali strumenti di attuazione del principio di sussidiarietà, principio quest’ultimo che sembra rappresentare – assieme ai corollari di proporzionalità, adeguatezza e leale collaborazione – la chiave di lettura della potestà sostitutiva di funzioni amministrative. In tal senso, come detto, pare emergere dall’analisi di casi concreti come il principio di sussidiarietà per mezzo dei poteri sostitutivi concretizzi quel fine, a cui l’art. 118 cost. sembra mirare, di tutela degli interessi pubblici, consentendo all’ente sovraordinato di intervenire laddove l’ente più vicino ai cittadini non riesca. Il principio di sussidiarietà sembra essere la chiave di lettura anche dell’altra categoria della sostituzione legislativa statale. L’impossibilità di trascurare o eliminare l’interesse nazionale, all’interno di un ordinamento regionale fondato sull’art. 5 Cost., sembra aver spino la Corte costituzionale ad individuare una sorta di “potere sostitutivo legislativo”, attraverso il (seppur criticabile) meccanismo introdotto per mezzo della sent. 303 del 2003 e della cosiddetta “chiamata i sussidiarietà”. Del resto adattare i principi enucleati nella giurisprudenza costituzionale a partire dalla sent. n. 117 del 1988 alla chiamata in sussidiarietà e i limiti che dal principio di leale collaborazione derivano, sembra rappresentare un dei modi (a costituzione invariata) per limitare quello che potrebbe rappresentare un meccanismo di rilettura dell’art. 117 Cost. ed ingerenza dello stato nelle competenze della regioni. Nonostante le sensibili differenze non si può negare che lo strumento ideato dalla Corte abbia assunto le vesti della konkurrierende gesetzgebung e, quindi, di fatto, di un meccanismo che senza limiti e procedure potrebbe rappresentare uno strumento di interferenza e sostituzione della stato nelle competenze regionali. Tali limiti e procedure potrebbero essere rinvenuti come detto nelle procedure di sostituzione scandite nelle pronunce del giudice delle leggi. I risultati che si spera emergeranno dalla descritta riflessione intorno ai poteri sostitutivi e il conseguente risultato circa lo stato del regionalismo italiano, non sembrano, però, rappresentare un punto di arrivo, bensì solo di partenza. I poteri sostitutivi potrebbero infatti essere oggetto di futuri interventi di riforma costituzionale, così come lo sono stati in occasione del tentativo di riforma del 2005. Il legislatore costituzionale nel testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta (recante “Modifiche alla Parte II della Costituzione” e pubblicato in gazzetta ufficiale n. 269 del 18-11-2005) pareva aver fatto un scelta chiara sostituendo il disposto “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni” con “Lo Stato può sostituirsi alle Regioni, alle città metropolitane, alle Province e ai Comuni nell'esercizio delle funzioni loro attribuite dagli articoli 117 e 118”. Insomma si sarebbe introdotto quello strumento che in altri Paesi prende il nome di Supremacy clause o Konkurrierende Gesetzgebung, ma quali sarebbero state le procedure e limiti che lo Stato avrebbe dovuto rispettare? Il dettato che rigidamente fissa le competenze di stato e regioni, assieme alla reintroduzione espressa dell’interesse nazionale, non avrebbe ridotto eccessivamente l’autonomia regionale? Tali interrogativi mirano a riflettere non tanto intorno a quelli che potrebbero essere gli sviluppi dell’istituto dei poteri sostitutivi. Piuttosto essi sembrano rappresenterebbe l’ulteriore punto di vista per tentare di comprendere quale percorso avrebbe potuto (o potrebbe domani) prendere il regionalismo italiano.
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Raffiotta, Edoardo Carlo <1979&gt. "Gli interventi sostitutivi nei confronti degli enti territoriali." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/748/.

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Abstract:
La ricerca ha perseguito l’obiettivo di individuare e definire il potere di un ente territoriale di sostituire, tramite i suoi organi o atti, quelli ordinari degli enti territoriali minori, per assumere ed esercitare compiutamente, in situazioni straordinarie, le funzioni proprie di questi. Dogmaticamente potremmo distinguere due generali categorie di sostituzione: quella amministrativa e quella legislativa, a seconda dell’attività giuridica nella quale il sostituto interviene. Nonostante tale distinzione riguardi in generale il rapporto tra organi o enti della stessa o di differenti amministrazioni, con eguale o diverso grado di autonomia; la ricerca ha mirato ad analizzare le due summenzionate categorie con stretto riferimento agli enti territoriali. I presupposti, l’oggetto e le modalità di esercizio avrebbero consentito ovviamente di sottocatalogare le due generali categorie di sostituzione, ma un’indagine volta a individuare e classificare ogni fattispecie di attività sostitutiva, più che un’attività complessa, è sembrata risultare di scarsa utilità. Più proficuo è parso il tentativo di ricostruire la storia e l’evoluzione del menzionato istituto, al fine di definire e comprendere i meccanismi che consentono l’attività sostitutiva. Nel corso della ricostruzione non si è potuto trascurare che, all’interno dell’ordinamento italiano, l’istituto della sostituzione è nato nel diritto amministrativo tra le fattispecie che regolavano l’esercizio della funzione amministrativa indiretta. La dottrina del tempo collocava la potestà sostitutiva nella generale categoria dei controlli. La sostituzione, infatti, non avrebbe avuto quel valore creativo e propulsivo, nel mondo dell’effettualità giuridica, quell’energia dinamica ed innovatrice delle potestà attive. La sostituzione rappresentava non solo la conseguenza, ma anche la continuazione del controllo. Le fattispecie, che la menzionata dottrina analizzava, rientravano principalmente all’interno di due categorie di sostituzione: quella disposta a favore dello Stato contro gli inadempimenti degli enti autarchici – principalmente il comune – nonché la sostituzione operata all’interno dell’organizzazione amministrativa dal superiore gerarchico nei confronti del subordinato. Già in epoca unitaria era possibile rinvenire poteri sostitutivi tra enti, la prima vera fattispecie di potestà sostitutiva, era presente nella disciplina disposta da diverse fattispecie dell'allegato A della legge 20 marzo 1856 n. 2248, sull'unificazione amministrativa del Regno. Tentativo del candidato è stato quello, quindi, di ricostruire l'evoluzione delle fattispecie sostitutive nella stratificazione normativa che seguì con il T.U. della legge Comunale e Provinciale R.D. 4 febbraio 1915 e le successive variazioni tra cui il R.D.L. 30 dicembre 1923. Gli istituti sostitutivi vennero meno (di fatto) con il consolidarsi del regime fascista. Il fascismo, che in un primo momento aveva agitato la bandiera delle autonomie locali, non tardò, come noto, una volta giunto al potere, a seguire la sua vera vocazione, dichiarandosi ostile a ogni proposito di decentramento e rafforzando, con la moltiplicazione dei controlli e la soppressione del principio elettivo, la già stretta dipendenza delle comunità locali dallo Stato. Vennero meno i consigli liberamente eletti e al loro posto furono insediati nel 1926 i Podestà e i Consultori per le Amministrazioni comunali; nel 1928 i Presidi e i Rettorati per le Amministrazioni Provinciali, tutti organi nominati direttamente o indirettamente dall’Amministrazione centrale. In uno scenario di questo tipo i termini autarchia e autonomia risultano palesemente dissonanti e gli istituti di coordinamento tra Stato ed enti locali furono ad esso adeguati; in tale ordinamento, infatti, la sostituzione (pur essendo ancora presenti istituti disciplinanti fattispecie surrogatorie) si presentò come un semplice rapporto interno tra organi diversi, di uno stesso unico potere e non come esso è in realtà, anello di collegamento tra soggetti differenti con fini comuni (Stato - Enti autarchici); per semplificare, potremmo chiederci, in un sistema totalitario come quello fascista, in cui tutti gli interessi sono affidati all’amministrazione centrale, chi dovrebbe essere il sostituito. Il potere sostitutivo (in senso proprio) ebbe una riviviscenza nella normativa post-bellica, come reazione alla triste parentesi aperta dal fascismo, che mise a nudo i mali e gli abusi dell’accentramento statale. La suddetta normativa iniziò una riforma in favore delle autonomie locali; infatti, come noto, tutti i partiti politici assunsero posizione in favore di una maggiore autonomia degli enti territoriali minori e ripresero le proposte dei primi anni dell’Unità di Italia avanzate dal Minghetti, il quale sentiva l’esigenza dell’istituzione di un ente intermedio tra Stato e Province, a cui affidare interessi territorialmente limitati: la Regione appunto. Emerge piuttosto chiaramente dalla ricerca che la storia politica e l’evoluzione del diritto pubblico documentano come ad una sempre minore autonomia locale nelle politiche accentratrici dello Stato unitario prima, e totalitario poi, corrisponda una proporzionale diminuzione di istituti di raccordo come i poteri sostitutivi; al contrario ad una sempre maggiore ed evoluta autonomia dello Stato regionalista della Costituzione del 1948 prima, e della riforma del titolo V oggi, una contestuale evoluzione e diffusione di potestà sostitutive. Pare insomma che le relazioni stato-regioni, regioni-enti locali che la sostituzione presuppone, sembrano rappresentare (ieri come oggi) uno dei modi migliori per comprendere il sistema delle autonomie nell’evoluzione della stato regionale e soprattutto dopo la riforma apportata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Dalla preliminare indagine storica un altro dato, che pare emergere, sembra essere la constatazione che l'istituto nato e giustificato da esigenze di coerenza e efficienza dell'azione amministrativa sia stato trasferito nell'ambio delle relazioni tra stato e autonomie territoriali. Tale considerazione sembra essere confermata dal proseguo dell’indagine, ed in particolare dai punti di contatto tra presupposti e procedure di sostituzione nell’analisi dell’istituto. Nonostante, infatti, il Costituente non disciplinò poteri sostitutivi dello Stato o delle regioni, al momento di trasferire le competenze amministrative alle regioni la Corte costituzionale rilevò il problema della mancanza di istituti posti a garantire gli interessi pubblici, volti ad ovviare alle eventuali inerzie del nuovo ente territoriale. La presente ricerca ha voluto infatti ricostruire l’ingresso dei poteri sostitutivi nel ordinamento costituzionale, riportando le sentenze del Giudice delle leggi, che a partire dalla sentenza n. 142 del 1972 e dalla connessa pronuncia n. 39 del 1971 sui poteri di indirizzo e coordinamento dello Stato, pur non senza incertezze e difficoltà, ha finito per stabilire un vero e proprio “statuto” della sostituzione con la sentenza n. 177 del 1988, individuando requisiti sostanziali e procedurali, stimolando prima e correggendo successivamente gli interventi del legislatore. Le prime fattispecie sostitutive furono disciplinate con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari, ed in particolare con l’art. 27 della legge 9 maggio 1975, n. 153, la quale disciplina, per il rispetto dell’autonomia regionale, venne legittimata dalla stessa Corte nella sentenza n. 182 del 1976. Sempre con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari intervenne l’art. 6 c. 3°, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. La stessa norma va segnalata per introdurre (all’art. 4 c. 3°) una disciplina generale di sostituzione in caso di inadempimento regionale nelle materie delegate dallo Stato. Per il particolare interesse si deve segnalare il D.M. 21 settembre 1984, sostanzialmente recepito dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), poi convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 c.d. legge Galasso. Tali disposizioni riaccesero il contenzioso sul potere sostitutivo innanzi la Corte Costituzionale, risolto nelle sentt. n. 151 e 153 del 1986. Tali esempi sembrano dimostrare quello che potremmo definire un dialogo tra legislatore e giudice della costituzionalità nella definizione dei poteri sostitutivi; il quale culminò nella già ricordata sent. n. 177 del 1988, nella quale la Corte rilevò che una legge per prevedere un potere sostitutivo costituzionalmente legittimo deve: essere esercitato da parte di un organo di governo; nei confronti di attività prive di discrezionalità nell’an e presentare idonee garanzie procedimentali in conformità al principio di leale collaborazione. Il modello definito dalla Corte costituzionale sembra poi essere stato recepito definitivamente dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, la quale per prima ha connesso la potestà sostitutiva con il principio di sussidiarietà. Detta legge sembra rappresentare un punto di svolta nell’indagine condotta perché consente di interpretare al meglio la funzione – che già antecedentemente emergeva dallo studio dei rapporti tra enti territoriali – dei poteri sostitutivi quale attuazione del principio di sussidiarietà. La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha disciplinato all’interno della Costituzione ben due fattispecie di poteri sostitutivi all’art. 117 comma 5 e all’art. 120 comma 2. La “lacuna” del 1948 necessitava di essere sanata – in tal senso erano andati anche i precedenti tentativi di riforma costituzionale, basti ricordare l’art. 58 del progetto di revisione costituzionale presentato dalla commissione D’Alema il 4 novembre 1997 – i disposti introdotti dal riformatore costituzionale, però, non possono certo essere apprezzati per la loro chiarezza e completezza. Le due richiamate disposizioni costituzionali, infatti, hanno prodotto numerose letture. Il dibattito ha riguardato principalmente la natura delle due fattispecie sostitutive. In particolare, si è discusso sulla natura legislativa o amministrativa delle potestà surrogatorie e sulla possibilità da parte del legislatore di introdurre o meno la disciplina di ulteriori fattispecie sostitutive rispetto a quelle previste dalla Costituzione. Con particolare riferimento all’art. 120 c. 2 Cost. sembra semplice capire che le difficoltà definitorie siano state dovute all’indeterminatezza della fattispecie, la quale attribuisce al Governo il potere sostitutivo nei confronti degli organi (tutti) delle regioni, province, comuni e città metropolitane. In particolare, la dottrina, che ha attribuito all’art. 120 capoverso la disciplina di un potere sostitutivo sulle potestà legislative delle Regioni, è partita dalla premessa secondo la quale detta norma ha una funzione fondamentale di limite e controllo statale sulle Regioni. La legge 18 ottobre 2001 n. 3 ha, infatti, variato sensibilmente il sistema dei controlli sulle leggi regionali, con la modificazione degli artt. 117 e 127 della Costituzione; pertanto, il sistema dei controlli dopo la riforma del 2001, troverebbe nel potere sostitutivo ex art. 120 la norma di chiusura. Sul tema è insistito un ampio dibattito, al di là di quello che il riformatore costituzionale avrebbe dovuto prevedere, un’obiezione (più delle altre) pare spingere verso l’accoglimento della tesi che propende per la natura amministrativa della fattispecie in oggetto, ovvero la constatazione che il Governo è il soggetto competente, ex art. 120 capoverso Cost., alla sostituzione; quindi, se si intendesse la sostituzione come avente natura legislativa, si dovrebbe ritenere che il Costituente abbia consentito all’Esecutivo, tosto che al Parlamento, l’adozione di leggi statali in sostituzione di quelle regionali. Suddetta conseguenza sembrerebbe comportare una palese violazione dell’assetto costituzionale vigente. Le difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. si sono riversate sulla normativa di attuazione della riforma costituzionale, legge 5 giugno 2003, n. 131. In particolare nell’art. 8, il quale ha mantenuto un dettato estremamente vago e non ha preso una chiara e netta opzione a favore di una della due interpretazione riportate circa la natura della fattispecie attuata, richiamando genericamente che il potere sostitutivo si adotta “Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120” Cost. Di particolare interesse pare essere, invece, il procedimento disciplinato dal menzionato art. 8, il quale ha riportato una procedura volta ad attuare quelle che sono state le indicazioni della Corte in materia. Analogamente agli anni settanta ed ottanta, le riportate difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. e, più in generale il tema dei poteri sostitutivi dopo la riforma del 2001, sono state risolte e definite dal giudice della costituzionalità. In particolare, la Corte sembra aver palesemente accolto (sent. n. 43 del 2004) la tesi sulla natura amministrativa del potere sostitutivo previsto dall’art. 120 c. 2 Cost. Il giudice delle leggi ha tra l’altro fugato i dubbi di chi, all’indomani della riforma costituzionale del 2001, aveva letto nel potere sostitutivo, attribuito dalla riformata Costituzione al Governo, l’illegittimità di tutte quelle previsioni legislative regionali, che disponevano ipotesi di surrogazione (da parte della regione) nei confronti degli enti locali. La Corte costituzionale, infatti, nella già citata sentenza ha definito “straordinario” il potere di surrogazione attribuito dall’art. 120 Cost. allo Stato, considerando “ordinare” tutte quelle fattispecie sostitutive previste dalla legge (statale e regionale). Particolarmente innovativa è la parte dell'indagine in cui la ricerca ha verificato in concreto la prassi di esercizio della sostituzione statale, da cui sono sembrate emergere numerose tendenze. In primo luogo significativo sembra essere il numero esiguo di sostituzioni amministrative statali nei confronti delle amministrazioni regionali; tale dato sembra dimostrare ed essere causa della scarsa “forza” degli esecutivi che avrebbero dovuto esercitare la sostituzione. Tale conclusione sembra trovare conferma nell'ulteriore dato che sembra emergere ovvero i casi in cui sono stati esercitati i poteri sostitutivi sono avvenuti tutti in materie omogenee (per lo più in materia di tutela ambientale) che rappresentano settori in cui vi sono rilevanti interessi pubblici di particolare risonanza nell'opinione pubblica. Con riferimento alla procedura va enfatizzato il rispetto da parte dell'amministrazione sostituente delle procedure e dei limiti fissati tanto dal legislatore quanto nella giurisprudenza costituzionale al fine di rispettare l'autonomia dell'ente sostituito. Dalla ricerca emerge che non è stato mai esercitato un potere sostitutivo direttamente ex art. 120 Cost., nonostante sia nella quattordicesima (Governo Berlusconi) che nella quindicesima legislatura (Governo Prodi) con decreto sia stata espressamente conferita al Ministro per gli affari regionali la competenza a promuovere l’“esercizio coordinato e coerente dei poteri e rimedi previsti in caso di inerzia o di inadempienza, anche ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo del Governo di cui all'art. 120 della Costituzione”. Tale conclusione, però, non lascia perplessi, bensì, piuttosto, sembra rappresentare la conferma della “straordinarietà” della fattispecie sostitutiva costituzionalizzata. Infatti, in via “ordinaria” lo Stato prevede sostituzioni per mezzo di specifiche disposizioni di legge o addirittura per mezzo di decreti legge, come di recente il D.L. 09 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania. Misure per la raccolta differenziata), che ha assegnato al Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri “le funzioni di Commissario delegato per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania per il periodo necessario al superamento di tale emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2007”. Spesso l’aspetto interessante che sembra emergere da tali sostituzioni, disposte per mezzo della decretazione d’urgenza, è rappresentato dalla mancata previsione di diffide o procedure di dialogo, perché giustificate da casi di estrema urgenza, che spesso spingono la regione stessa a richiedere l’intervento di surrogazione. Del resto è stata la stessa Corte costituzionale a legittimare, nei casi di particolare urgenza e necessità, sostituzioni prive di dialogo e strumenti di diffida nella sent. n. 304 del 1987. Particolare attenzione è stata data allo studio dei poteri sostitutivi regionali. Non solo perché meno approfonditi in letteratura, ma per l’ulteriore ragione che tali fattispecie, disciplinate da leggi regionali, descrivono i modelli più diversi e spingono ad analisi di carattere generale in ordine alla struttura ed alla funzione dei poteri sostitutivi. Esse sembrano rappresentare (in molti casi) modelli da seguire dallo stesso legislatore statale, si vedano ad esempio leggi come quella della regione Toscana 31 ottobre 2001, n. 53, artt. 2, 3, 4, 5, 7; legge regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 6, art. 30, le quali recepiscono i principi sviluppati dalla giurisprudenza costituzionale e scandiscono un puntuale procedimento ispirato alla collaborazione ed alla tutela delle attribuzioni degli enti locali. La ricerca di casi di esercizio di poter sostitutivi è stata effettuata anche con riferimento ai poteri sostitutivi regionali. I casi rilevati sono stati numerosi in particolare nella regione Sicilia, ma si segnalano anche casi nelle regioni Basilicata ed Emilia-Romagna. Il dato principale, che sembra emergere, pare essere che alle eterogenee discipline di sostituzione corrispondano eterogenee prassi di esercizio della sostituzione. Infatti, alle puntuali fattispecie di disciplina dei poteri sostitutivi dell’Emilia-Romagna corrispondono prassi volte ad effettuare la sostituzione con un delibera della giunta (organo di governo) motivata, nel rispetto di un ampio termine di diffida, nonché nella ricerca di intese volte ad evitare la sostituzione. Alla generale previsione della regione Sicilia, pare corrispondere un prassi sostitutiva caratterizzata da un provvedimento del dirigente generale all’assessorato per gli enti locali (organo di governo?), per nulla motivato, salvo il richiamo generico alle norme di legge, nonché brevi termini di diffida, che sembrano trovare la loro giustificazione in note o solleciti informati che avvisano l’ente locale della possibile sostituzione. In generale il fatto che in molti casi i poteri sostitutivi siano stimolati per mezzo dell’iniziativa dei privati, sembra dimostrare l’attitudine di tal istituto alla tutela degli interessi dei singoli. I differenti livelli nei quali operano i poteri sostitutivi, il ruolo che la Corte ha assegnato a tali strumenti nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, nonché i dati emersi dall’indagine dei casi concreti, spingono ad individuare nel potere sostitutivo uno dei principali strumenti di attuazione del principio di sussidiarietà, principio quest’ultimo che sembra rappresentare – assieme ai corollari di proporzionalità, adeguatezza e leale collaborazione – la chiave di lettura della potestà sostitutiva di funzioni amministrative. In tal senso, come detto, pare emergere dall’analisi di casi concreti come il principio di sussidiarietà per mezzo dei poteri sostitutivi concretizzi quel fine, a cui l’art. 118 cost. sembra mirare, di tutela degli interessi pubblici, consentendo all’ente sovraordinato di intervenire laddove l’ente più vicino ai cittadini non riesca. Il principio di sussidiarietà sembra essere la chiave di lettura anche dell’altra categoria della sostituzione legislativa statale. L’impossibilità di trascurare o eliminare l’interesse nazionale, all’interno di un ordinamento regionale fondato sull’art. 5 Cost., sembra aver spino la Corte costituzionale ad individuare una sorta di “potere sostitutivo legislativo”, attraverso il (seppur criticabile) meccanismo introdotto per mezzo della sent. 303 del 2003 e della cosiddetta “chiamata i sussidiarietà”. Del resto adattare i principi enucleati nella giurisprudenza costituzionale a partire dalla sent. n. 117 del 1988 alla chiamata in sussidiarietà e i limiti che dal principio di leale collaborazione derivano, sembra rappresentare un dei modi (a costituzione invariata) per limitare quello che potrebbe rappresentare un meccanismo di rilettura dell’art. 117 Cost. ed ingerenza dello stato nelle competenze della regioni. Nonostante le sensibili differenze non si può negare che lo strumento ideato dalla Corte abbia assunto le vesti della konkurrierende gesetzgebung e, quindi, di fatto, di un meccanismo che senza limiti e procedure potrebbe rappresentare uno strumento di interferenza e sostituzione della stato nelle competenze regionali. Tali limiti e procedure potrebbero essere rinvenuti come detto nelle procedure di sostituzione scandite nelle pronunce del giudice delle leggi. I risultati che si spera emergeranno dalla descritta riflessione intorno ai poteri sostitutivi e il conseguente risultato circa lo stato del regionalismo italiano, non sembrano, però, rappresentare un punto di arrivo, bensì solo di partenza. I poteri sostitutivi potrebbero infatti essere oggetto di futuri interventi di riforma costituzionale, così come lo sono stati in occasione del tentativo di riforma del 2005. Il legislatore costituzionale nel testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta (recante “Modifiche alla Parte II della Costituzione” e pubblicato in gazzetta ufficiale n. 269 del 18-11-2005) pareva aver fatto un scelta chiara sostituendo il disposto “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni” con “Lo Stato può sostituirsi alle Regioni, alle città metropolitane, alle Province e ai Comuni nell'esercizio delle funzioni loro attribuite dagli articoli 117 e 118”. Insomma si sarebbe introdotto quello strumento che in altri Paesi prende il nome di Supremacy clause o Konkurrierende Gesetzgebung, ma quali sarebbero state le procedure e limiti che lo Stato avrebbe dovuto rispettare? Il dettato che rigidamente fissa le competenze di stato e regioni, assieme alla reintroduzione espressa dell’interesse nazionale, non avrebbe ridotto eccessivamente l’autonomia regionale? Tali interrogativi mirano a riflettere non tanto intorno a quelli che potrebbero essere gli sviluppi dell’istituto dei poteri sostitutivi. Piuttosto essi sembrano rappresenterebbe l’ulteriore punto di vista per tentare di comprendere quale percorso avrebbe potuto (o potrebbe domani) prendere il regionalismo italiano.
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Orlandi, Elena <1983&gt. "L'interpretazione autentica nei suoi profili teorici ed applicativi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4597/1/Orlandi_Elena_Tesi.pdf.

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Abstract:
La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.
The treatment delineates the theoretical and applicative boundaries of the institute of authentic interpretation, in the clear awareness that this issue lurks behind the most complex problem of a proper delimitation between the activities of legis-latio and legis-executio. The phenomenon of the interpretative laws constitutes in fact a nerve centre and a point of intersection of three distinct areas of law, that are the theory of interpretation, the theory of sources of law and the liberal doctrine of the separation of powers. Within our system, in the most recent period, there has been an exponential increase of interpretative legislative interventions that, in the actual state, are used mainly as instruments of ordinary legislation. Under this aspect, the more and more frequent appeal to the interpretative source can be framed in the more complex phenomenon of the “crisis of the law” whose traditional requirements of generality, abstractness and non-retroactivity have been gradually abandoned by the legislator in parallel with the establishment of the constitutional State. The abuse of the interpretative tool by the lawmaker, seriously injurious of the subjective juridical positions, has not yet been effectively thwarted in spite of the elaboration from the constitutional Court of a series of limits and requirements of legitimacy of the legislative exegesis. In this perspective, the research and examination of strategies and jurisdictional and institutional remedies, such as to embank the “omnipotence” of the lawmaker interpreter, become extremely relevant. As a result of the analysis, the investigation has reached the awareness of the potentialities inherent in the development of the jurisprudence of the Court Edu more inclined to punish the abuse of interpretative laws.
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Orlandi, Elena <1983&gt. "L'interpretazione autentica nei suoi profili teorici ed applicativi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4597/.

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Abstract:
La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.
The treatment delineates the theoretical and applicative boundaries of the institute of authentic interpretation, in the clear awareness that this issue lurks behind the most complex problem of a proper delimitation between the activities of legis-latio and legis-executio. The phenomenon of the interpretative laws constitutes in fact a nerve centre and a point of intersection of three distinct areas of law, that are the theory of interpretation, the theory of sources of law and the liberal doctrine of the separation of powers. Within our system, in the most recent period, there has been an exponential increase of interpretative legislative interventions that, in the actual state, are used mainly as instruments of ordinary legislation. Under this aspect, the more and more frequent appeal to the interpretative source can be framed in the more complex phenomenon of the “crisis of the law” whose traditional requirements of generality, abstractness and non-retroactivity have been gradually abandoned by the legislator in parallel with the establishment of the constitutional State. The abuse of the interpretative tool by the lawmaker, seriously injurious of the subjective juridical positions, has not yet been effectively thwarted in spite of the elaboration from the constitutional Court of a series of limits and requirements of legitimacy of the legislative exegesis. In this perspective, the research and examination of strategies and jurisdictional and institutional remedies, such as to embank the “omnipotence” of the lawmaker interpreter, become extremely relevant. As a result of the analysis, the investigation has reached the awareness of the potentialities inherent in the development of the jurisprudence of the Court Edu more inclined to punish the abuse of interpretative laws.
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Laginestra, Maria Antonella <1975&gt. "MicroRNA profiling nei linfomi a cellule T periferiche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5813/1/Tesi-Laginestra.pdf.

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Abstract:
I linfomi a cellule T periferiche rappresentano circa il 12% di tutte le neoplasie linfoidi.In questo studio, abbiamo effettuato un’analisi di miRNA profiling (TaqMan Array MicroRNA Cards A) su 60 campioni FFPE suddivisi in: PTCLs/NOS (N=25), AITLs (N=10), ALCLs (N=12) e cellule T normali (N=13). Abbiamo identificato 4 miRNA differenzialmente espressi tra PTCLs e cellule T normali. Inoltre, abbiamo identificato tre set di mirna che discriminano le tre entita di PTCLs nodali
AIMs: Here, we performed an extensive miRNA profiling of PTCLs in order to identify differentially expressed miRNA, either involved in their pathogenesis or potentially useful for their differential diagnosis. Methods: We studied by miRNA profiling (TaqMan Array MicroRNA Cards A) 60 samples including PTCLs/NOS (N=25), AITLs (N=10), ALCLs (N=12) and normal T cells (N=13); in addition, 40 independent PTCL cases were studied by qRT-PCR as validation. We assess a GEP and miRNA Profiling. Findings: we identified 256 miRNA differentiating the two groups. In conclusion, miRNA profiling allowed to identify miRNA possibly involved in PTCL pathogenesis and to develop a novel diagnostic tool for the differential diagnosis of the commonest subtypes.
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Laginestra, Maria Antonella <1975&gt. "MicroRNA profiling nei linfomi a cellule T periferiche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5813/.

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Abstract:
I linfomi a cellule T periferiche rappresentano circa il 12% di tutte le neoplasie linfoidi.In questo studio, abbiamo effettuato un’analisi di miRNA profiling (TaqMan Array MicroRNA Cards A) su 60 campioni FFPE suddivisi in: PTCLs/NOS (N=25), AITLs (N=10), ALCLs (N=12) e cellule T normali (N=13). Abbiamo identificato 4 miRNA differenzialmente espressi tra PTCLs e cellule T normali. Inoltre, abbiamo identificato tre set di mirna che discriminano le tre entita di PTCLs nodali
AIMs: Here, we performed an extensive miRNA profiling of PTCLs in order to identify differentially expressed miRNA, either involved in their pathogenesis or potentially useful for their differential diagnosis. Methods: We studied by miRNA profiling (TaqMan Array MicroRNA Cards A) 60 samples including PTCLs/NOS (N=25), AITLs (N=10), ALCLs (N=12) and normal T cells (N=13); in addition, 40 independent PTCL cases were studied by qRT-PCR as validation. We assess a GEP and miRNA Profiling. Findings: we identified 256 miRNA differentiating the two groups. In conclusion, miRNA profiling allowed to identify miRNA possibly involved in PTCL pathogenesis and to develop a novel diagnostic tool for the differential diagnosis of the commonest subtypes.
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Lancellotti, Alessandro <1982&gt. "Dio è nei dettagli. L'importanza del marchio d'abbigliamento nelle sottoculture giovanili." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18577.

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Abstract:
Mods, Skinhead, Paninari e Casual. Queste sono le quattro cosiddette sottoculture giovanili che ebbero la loro genesi nella metà del secolo scorso in Gran Bretagna e arrivarono in Italia alla fine degli anni settanta; tranne i Paninari che nacquero nella Milano degli anni ottanta denominata dai media dell’epoca “la Milano da bere”, al tempo del presidente del consiglio il socialista Bettino Craxi. La ricerca mira a individuare e codificare l’abbigliamento utilizzato dai giovani di allora che seguivano queste sottoculture, che trovavano il loro “altrove” anche nella moda (a volte in vestiti costosi, a volte in vestiario di origine umile e operaia). Abiti che inizialmente reperivano nei mercati e successivamente in negozi specializzati nel momento in cui la singola sottocultura era codificata e diffusa, tanto da diventare un affare per molti commercianti. In taluni casi nacquero anche dei marchi di pubblico consumo. Nella ricerca sono state intervistate persone che facevano parte delle citate sottoculture negli anni settanta e ottanta del ‘900: e alcuni di loro ancora oggi a quasi 60 anni di età, si rifanno e si definiscono appartenenti ad una determinata corrente. Nove le interviste: e tutti gli intervistati dai quarant’anni di età in su, con un filo di nostalgia per i tempi passati (in gioventù), hanno raccontato il loro approccio a quei mondi, a quelle mode, a quelle sottoculture. Si tratta comunque di testimonial significativi, particolarmente introdotti in quelle sottoculture. A loro sono state poste delle domande specifiche a volte anche apparentemente banali (perché quel marchio? Con quale finalità? vi sentivate importanti?), ma sempre profonde. La ricerca si divide in quattro capitoli: la storia dei Mods, degli Skinheads e dei Casual e poi dei Paninari. Tra l’altro un aspetto trasversale è il seguente: nel Belpaese quasi tutte queste sottoculture ebbero a che fare col movimento ultras delle tifoserie calcistiche. Da sottolineare che ho tralasciato (ma le ho citate) per ragioni di spazio alcune sottoculture meno diffuse in Italia, meno ricercate nell’abbigliamento, come Punk, Gabber, Rockers o PsycoBilly. L’ultimo capitolo è tutto dedicato alla storia dei “marchi” d’abbigliamento che ebbero i loro successi commerciali nel mondo dei giovani di quelle due decadi. Si parla di storia delle singole marche e del loro successivo apparire dei marchi nei film: un successo che andava di pari passo con le stesse sottoculture. Alla fine vi è un glossario con tutti i nomi ed i termini, anche particolarmente ricercati, usati dagli intervistati ed infine un’appendice fotografica con immagini (soprattutto foto) recuperate in “fanzine”, cataloghi, biblioteche e collezioni personali e album dei ricordi degli intervistati.
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Maiorana, Emanuele <1976&gt. "L'acciaio inossidabile austeno ferritico nei ponti a grande luce." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/199/1/EM_inossidabili_XIX_ciclo_2007.pdf.

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Maiorana, Emanuele <1976&gt. "L'acciaio inossidabile austeno ferritico nei ponti a grande luce." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/199/.

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Saleri, Roberto <1986&gt. "Pratiche di riappropriazione dell'agricoltura. Le esperienze nei comuni di Mazzano e Bedizzole (BS)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3325.

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Abstract:
Il lavoro di ricerca svolto in questo elaborato parte da un punto di vista critico nei confronti degli sviluppi di quella che viene comunemente definita come agro-industria e più in generale alle scelte politico – economiche che si celano dietro al concetto di sviluppo (Latouche 2005). In particolare l’attenzione è rivolta ad alcune esperienze di agricoltura biologica, di consumo critico e riuso di spazi abbandonati esistenti nei territori comunali di Mazzano e Bedizzole, dove il ricercatore vive ed abita. Si tratta di due comuni dell’hinterland a Est di Brescia, alle porte del lago di Garda, i cui territori sono fortemente inquinati per la presenza di diverse criticità ambientali causate dalle attività economiche ospitate sul territorio. Dalla forte concentrazione di impianti industriali a una forte attività estrattiva (cave), dalla concentrazione di discariche alla cementificazione del territorio dovuta all’espansione urbana, dall’inquinamento causato da allevamenti e agricolture intensivi al traffico pesante che congestiona le strade. Le esperienze analizzate, oltre a rappresentare modelli alternativi di agricoltura e ad essere espressione di una richiesta di consumo differente, palesano l’esigenza di una diversa relazione con il contesto territoriale circostante. Le pratiche messe in campo dai soggetti studiati mostrano un più complesso rapporto con il territorio volto alla ricerca di un utilizzo sostenibile delle sue risorse. A dimostrazione di ciò, i soggetti di questa ricerca hanno partecipato in forma più o meno attiva ad alcuni conflitti ambientali che si sono sviluppati nella zona (contro l’ampliamento di un cementificio, contro l’apertura di un impianto di smaltimento e trattamento di rifiuti speciali, contro l’apertura di un gassificatore di pollina, per la salvaguardia del fiume Chiese che scorre tra i due comuni, ecc.). La richiesta di un diversa maniera di vivere il territorio si traduce in un percorso soggettivo che, alla luce di saperi e tecniche moderni riguardanti l’agricoltura, ha portato a rivalutare, riscoprire, rielaborare i saperi locali, sedimentati nel lungo processo di co-evoluzione tra queste comunità e il loro contesto di vita e dotati quindi di una profonda sapienza ambientale (Magnaghi 2001). La metodologia utilizzata nello studio di questi fenomeni è quella della ricerca diretta sul campo mirata a produrre una descrizione “densa” delle attività portate avanti dai soggetti presi in esame. Questi saranno intervistati dopo un periodo di osservazione e raccolta dati riguardo la loro attività. In particolare si vuole indagare il rapporto che i soggetti intrattengono con il territorio, quale rappresentazione ne danno, le motivazioni che gli hanno spinti a compiere queste scelte di indirizzo produttivo e di consumo, quale ruolo essi hanno svolto nei conflitti ambientali presenti nel contesto locale. Si vuole inoltre valutare se queste attività possano rappresentare possibili scenari futuri per un settore fortemente in crisi. Crisi, come dimostrano alcuni studi utilizzati in questo lavoro, da considerare come elemento strutturale in un sistema economico che non “tiene conto della natura” (Martinez – Alier 2004).
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Pandolfi, Marisa. "La relazione terapeutica nei disturbi fobici e ossessivo-compulsivi." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2016. http://hdl.handle.net/10446/62391.

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Casarotto, Matteo <1987&gt. "L'innovazione strategica nei piccoli e medi studi professionali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/2143.

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Abstract:
I cambiamenti, che hanno coinvolto il mondo intero e che hanno fatto scatenare una delle più profonde crisi economiche, hanno portato a radicali trasformazioni sia nella società che nel mondo delle imprese, le quali, per poter restare nel mercato, hanno dovuto rivedere gran parte delle loro regole e routine. In questa situazione sia le PMI che le PMS si trovano nella condizione di dover adottare dei radicali cambiamenti nei loro modelli di business. Sono tre i capitoli affrontati in questa tesi, i primi due sono riflessioni, per lo più teorici e si basano su informazioni estrapolate da ricerche passate. Il terzo e ultimo capitolo va ad indagare, attraverso l’analisi di un questionario inviato a tutti gli studi professionali del Triveneto, il loro modello di business adottato e quello prospettico. Dalla cluster analysis su 1392 studi professionali basata su due quesiti uno che va ad identificare dei gruppi attraverso una visione market based view e l’altro con una visione resource based view, sono emersi rispettivamente tre gruppi: • Fonti vantaggio competitivo (Market based view): Product leadership; Efficienza operativa; Customer intimacy. • Risorse distintive (Resource based view): (Risorse) Intangibili; (Risorse) Umane; (Risorse) Tangibili. Infine i cluster emersi sono stati analizzati e incrociati tra loro per ricavare informazioni sia sulla situazione attuale che in quella prospettica.
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Artuso, Giorgio <1987&gt. "Il competitive balance nei modelli di sport business." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2460.

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Abstract:
La tesi si propone di analizzare il competitive balance, vale a dire il grado di equilibrio di una competizione, un elemento essenziale per determinare il grado di attrattività di un determinato sport, essendo esso direttamente in relazione con le aspettative del pubblico riguardo i vincitori di un dato evento o competizione. Se l’esito dell’evento o della competizione sportiva è facilmente prevedibile, la domanda da parte del pubblico e quindi l’attendance saranno - secondo molti studiosi - molto bassi. L’equilibrio competitivo è strettamente correlato dunque, alle aspettative che gli spettatori di un evento sportivo hanno riguardo a chi avrà la meglio nell’evento stesso: in un contesto di perfetto equilibrio, gli spettatori ritengono che tutti i risultati siano egualmente possibili, e quindi ci sia una completa incertezza del risultato finale. Maggiore è l’equilibrio della competizione, maggiore sarà anche l’interesse del pubblico. Maggiore è l’interesse del pubblico, maggiore saranno le conseguenze dal punto di vista mediatico e dagli introiti che possono ricevere le squadre; è dunque una variabile esplicativa fondamentale per la domanda di sport. Come vedremo nei primi due capitoli, le diverse posizioni sul modo di mettere in relazione l’incertezza del risultato con la domanda di sport possono derivare, in una certa misura, dal fatto che la struttura e l’organizzazione delle leghe professionistiche sono piuttosto differenti, specialmente tra USA e Europa. Esistono diversi tipi di meccanismi per far sì che si possa ottenere il miglior equilibrio possibile. La tesi si propone di ricercare questi diversi tipi di meccanismi, come sono applicati, le differenze che esistono tra i vari sport e/o nazioni e cerca di individuare, attraverso due analisi empiriche nei successivi due capitoli, quali sono i migliori strumenti per bilanciare il più possibile un evento.
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Menegon, Marco <1984&gt. "INTEGRAZIONE DEI SOCIAL NETWORK NEI SISTEMI INFORMATIVI AZIENDALI." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4023.

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Abstract:
La conoscenza e le informazioni sono risorse fondamentali per costruire e mantenere il vantaggio competitivo delle aziende. L'elaborato, partendo da questo assunto, analizza l'uso degli strumenti di social networking interni che sfruttano le potenzialità offerte dai tools del Web 2.0 per favorire la partecipazione, la condivisione e la collaborazione tra dipendenti, colleghi e collaboratori, all'interno dell'azienda. L'analisi viene quindi allargata in un'accezione più ampia per comprendere anche i nuovi approcci tecnologici e infrastrutturali che caratterizzano l'Enterprise 2.0. Per concludere viene esposto un caso aziendale significativo come esempio pratico di applicazione nella realtà.
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Zannoni, Serena <1994&gt. "Propensione e comunicazione del rischio nei bilanci integrati." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15323.

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Abstract:
La tesi fa parte di un progetto di ricerca congiunto che mira a fornire un'analisi specifica (analisi di tipo quantitativo e qualitativo) della comunicazione del rischio per le aziende bancarie che adottano il report integrato come strumento di informazione per i propri stakeholder in rapporto ad aziende che invece realizzano solamente bilanci tradizionali. Si propone un confronto dei dati oltre che tra Integrated Report e bilanci anche con i documenti Pillar 3 (in quanto legati all'informativa sul rischio che le aziende del settore bancario devono fornire). Lo scopo è valutare se le banche ad oggi comunicano in maniera efficace il proprio profilo di rischio (c.d. Risk Appetite) verso i propri stakeholder di riferimento. La tesi si focalizzerà sul contesto extra europeo.
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Pinna, Marcella <1994&gt. "Innovazione e performance artistica nei teatri d'opera italiani." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17371.

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Abstract:
Il progetto di ricerca si propone di analizzare come i teatri d’opera italiani possono introdurre innovazioni nelle proprie strategie di programmazione e di esaminare come tali innovazioni vengono valutate da critici ed esperti. L’analisi si basa sullo studio delle programmazioni artistiche dei teatri d'opera in Italia e delle recensioni relative alle opere portate in scena dal 1989 e il 2012. La ricerca è stata possibile attraverso l'uso di fonti metodologiche quali gli Annuari EDT dell'opera lirica italiana e testate giornalistiche presenti online specializzate nel settore dell’opera lirica. Lo studio contribuisce alla letteratura sul tema dell'innovazione artistica e della sua valutazione da parte di audience eterogenee che rivestono un ruolo significativo nei processi di legittimazione del nuovo e che contribuiscono al successo e alla sopravvivenza delle organizzazioni culturali nel tempo.
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Linguanotto, Marco <1996&gt. "La fidelizzazione del cliente nei concessionari di motoveicoli." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20815.

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Abstract:
All'interno dell'elaborato si è analizzata l'importanza della fidelizzazione del cliente nei concessionari di motoveicoli. Il settore dei motoveicoli risulta essere in crescita, tralasciando il crollo dovuto al periodo di lock-down che ha però di fatto rallentato tutti i settori. La necessità di una mobilità urbana individuale e la maggior voglia di libertà rappresentano una spinta non indifferente al mercato, di conseguenza il momento risulta essere particolarmente favorevole per l'elaborazione di una strategia che preveda la fidelizzazione del cliente come punto fondamentale. Fidelizzare il cliente risulta essere particolarmente vantaggioso sia perché permette di aumentarne il Customer lifetime value (CLV) sia perché stimolando il passaparola rappresenta un'ottimo strumento di marketing. Per riuscire a fidelizzare i propri clienti è necessario instaurare con loro delle relazioni basate sulla fiducia e sulla soddisfazione. La conoscenza dei processi mentali che guidano i consumatori all'interno del loro processo d'acquisto permette di riuscire ad individuare le soluzioni più adatte a soddisfarne i bisogni principali, permettendo la massima soddisfazione del cliente. Per fare ciò i diversi clienti devono essere seguiti lungo il processo d'acquisto che risulta essere particolarmente tortuoso a causa della tipologia di bene in esame. Proprio per la tipologia di bene, la fase del post- acquisto risulta essere molto critica. Il cliente soddisfatto si rivolgerà al concessionario per eseguire interventi di manutenzione e per acquistare accessori o abbigliamento tecnico. Il cliente soddisfatto potrebbe poi rivolgersi al concessionario nel caso in cui voglia sostituire il proprio motoveicolo con uno più recente. E' stato sottoposto un questionario ad un campione di 630 individui con l'obiettivo di individuare gli aspetti più critici nella relazione con il concessionario. E' emerso che gli elementi più importanti per soddisfare il cliente sono: la possibilità di test ride, la possibilità di permutare il proprio veicolo, il finanziamento dell'importo e la preparazione del personale. Mentre dal punto di vista della relazione con il personale il campione analizzato si dichiara soddisfatto, dal punto di vista della possibilità del test ride è necessario un cambio di passo dei concessionari. La possibilità di permutare il proprio veicolo e il finanziamento dell'importo sono entrambi aspetti che pur non risultando insoddisfacenti ma hanno bisogno di una maggiore attenzione. Per arrivare alla fidelizzazione è necessario poi mantenere le relazioni con i clienti tramite una corretta strategia di Customer Relationship Management (CRM).
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Losardo, Martina <1983&gt. "Un tramite tra i mondi: MITI, contraddizioni e pratiche identitarie nei discorsi sulla coca in Bolivia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1527.

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Revilla, Izquierdo Milagros Aurora <1970&gt. "Il principio di laicità nei testi costituzionali con riferimento all'ordinamento americano, europeo ed internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8030/1/Revilla%20Izquierdo%20Milagros%20Tesi.pdf.

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Abstract:
Il principio di laicità dello Stato, proclamato expressis verbis nelle Costituzioni o dichiarato dalle Corti Costituzionali, è una realtà diffusa negli ordinamenti costituzionali che riconoscono e garantiscono i diritti umani, innanzitutto in virtù del principio d’uguaglianza e divieto di non discriminazione per motivi di religione e di convinzioni e della libertà di pensiero, coscienza e religione. Considerando la nozione di «ordinamento costituzionale», così come proposta da Barbera, è possibile identificare il nucleo dell’ordinamento giuridico attraverso tre elementi fra loro collegati: il testo costituzionale; le altre disposizioni, anche non costituzionali, che anch’esse danno forma e identità all’intero ordinamento giuridico come le norme di importanti Dichiarazioni di diritti recepite nello stesso ordinamento; i fini e i valori della forze (politiche, sociali e culturali). Pertanto, l’ordinamento costituzionale non si identifica con le sole norme formalmente costituzionali e viceversa i testi costituzionali non esauriscono i contenuti dell’ordinamento costituzionale (2010, 330-334). Nel presente lavoro, attraverso il metodo positivista, si propone l’analisi del principio di laicità negli ordinamenti costituzionali degli stati europei ed americani che sono parti contraenti dei documenti e trattati in materia di diritti umani. Non si può, pertanto, non tener conto di ciò che Mortati ha riconosciuto nel positivismo normativo, ossia che: non è contestabile il merito di Kelsen di far valere l'esigenza di ancorare l'ordinamento positivo ad un punto fermo, inteso come criterio idoneo ad identificarlo, a farne conoscere la permanenza nel tempo, nonché correlativamente il momento della sua cessazione. (1962, n.9) tenendo conto che «the foundation of,constitutionalism, then, is the idea of free an equal persons governing themselves through law as part of an international community of equally sovereign states » (Kumm, 2016, 711).
The principle of the secular state, declared expressly in the Constitutions or declared by the Constitutional Courts is a widespread reality in the constitutional arrangements that recognize and guarantee human rights, first by virtue of the principle of equality and prohibition of discrimination on grounds of religion and belief and freedom of thought, conscience and religion. Considering the concept of 'constitutional order', as proposed by Barbera, it is possible to identify the legal order core through three elements connected to each other: the constitutional text; other provisions, not even constitutional, which also give form and identity to the entire legal system as the major standards Declarations of rights incorporated in the same system; the goals and the values ​​of the forces (political, social and cultural). Therefore, the constitutional order does not identify with the only formal constitutional rules and vice versa constitutional texts do not exhaust the content of the constitutional order (2010, 330-334). In this paper, through the positivist method An analysis of the principle of secularism in the constitutional systems of European and American states that are contracting parties of documents and treaties on human rights. One can not, therefore, does not take account of what has Mortati recognized in the regulatory positivism, namely that: it is not objectionable about Kelsen to assert the need to anchor the positive order to a fixed point, understood as a suitable criterion to identify, to make known the permanence over time, and correlatively the moment of its cessation. (1962, 9), taking into account that "the foundation of, constitutionalism, then, is the idea of ​​free an equal persons through law governing Themselves as part of an international community of equally sovereign states" (Kumm, 2016, 711).
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MARTINEZ-LABARGA, MARIA CRISTINA. "Variabilità genetica a livello del DNA mitocondriale nei Cayapa dell'Ecuador e confronto con altre popolazioni indiane americane." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 1996. http://hdl.handle.net/2108/66322.

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Salvador, Isabella. "Le architetture ecclesiali nei siti d'altura alpini." Doctoral thesis, University of Trento, 2011. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/536/1/Le_architetture_ecclesiali_nei_siti_d'altura_alpini_Isabella_Salvador.pdf.

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Abstract:
La ricerca punta a definire una metodologia operativa ad ampia scala territoriale che possa catalogare, studiare e valutare lo stato di conservazione dei manufatti architettonici emergenti caratterizzanti il territorio trentino d’altura. La conoscenza e lo studio dell’ingente patrimonio architettonico del passato, soprattutto quello ecclesiastico, è finalizzato alla concreta definizione di modus operandi specifici per il recupero di materiali e tecnologie costruttive in architetture che presentano una notevole stratificazione storica artistica – materica – statica, onde evitare le omogeneizzazioni e le semplificazioni negli interventi di recupero che si sono verificati negli ultimi decenni, per la mancanza di conoscenze approfondite soprattutto in particolari ambiti montani. Lo studio è strettamente connesso ad uno dei grandi progetti 2006 della Provincia Autonoma di Trento, il progetto APSAT (Ambiente e Paesaggio dei Siti Altura Trentini), finalizzato alla rivalutazione dei siti d’altura alpini mediante l’analisi e la comprensione dei complessi sistemi antropici che si sono sviluppati e stratificati nel tempo fino ad arrivare all’attuale assetto socio - economico e culturale - territoriale. E' stato necessario assumere un’area campione, la Val di Gresta (Vallagarina), che per le sue contenute dimensioni geografiche ben si presta ad una lettura approfondita e multiscala. Lo studio, articolato su più livelli e su più ambiti di ricerca, ha individuato le relazioni tra manufatti e ambiente naturale, tra diversi tipi edilizi nel loro rapporto con le infrastrutture e il paesaggio, determinando input di trasformazione comuni a tutti i sistemi antropici.
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Polacchini, Francesca <1982&gt. "Monismo e dualismo nei rapporti tra Cedu e ordinamento costituzionale interno. Fonti e processi interpretativi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6315/1/Polacchini_Francesca_tesi.pdf.

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Abstract:
La tesi analizza i rapporti tra l’ordinamento italiano e la Cedu, in particolare la collocazione della Cedu all’interno del sistema delle fonti alla luce della modifica dell’art. 117, comma 1 Cost. Si tratta di un tema molto dibattuto in dottrina, specialmente a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Questa tematica risulta strettamente connessa al profilo dell’interazione tra la Corte di Strasburgo e la Corte costituzionale e i giudici ordinari. L’analisi del profilo statico concernente lo status della Cedu nel sistema italiano deve quindi essere accompagnata dall’esame del profilo dinamico, relativo al ruolo della giurisprudenza della Corte di Strasburgo nell’esperienza dell’ordinamento nazionale. Entrambi i profili di indagine sono esaminati alla luce delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, della Corte di Cassazione e della Corte di Strasburgo. Prima di essere esaminate singolarmente, queste tematiche richiedono la preliminare ricognizione dei termini della dicotomia tra i due modelli concettuali di riferimento in tema di rapporti interordinamentali: il monismo e il dualismo. Trasferite nel peculiare contesto del sistema Cedu, tali categorie dogmatiche si arricchiscono di ulteriori profili, che esorbitano dalla sistemazione del rapporto tra fonti. La tenuta dei due paradigmi concettuali, che sono nati ed operano nel contesto della teorica delle fonti, deve essere verificata anche rispetto all’attuale fenomeno della produzione europea di diritto giurisprudenziale ed alla capacità paradigmatica assunta dalla giurisprudenza di Strasburgo. Il diritto e le istituzioni giuridiche tendono ad assumere sempre più sembianze giurisdizionali, generando un’osmosi che porta a trasferire il focus dai rapporti interordinamentali ai rapporti tra giurisprudenze.
The research topic relates to the relationship between the Italian legal system and the ECHR, in particular the formal position of the ECHR in the national hierarchy of legal norms, in light of the amendment of Article 117 Const. This issue is very debated among scholars, especially following the entry into force of the Lisbon Treaty. This matter is strictly linked to the problem of the interaction between the Strasbourg Court and the ICC and ordinary judges. In other words, the analysis of the ‘static’ profile concerning the status of the ECHR in the Italian legal order must be accompanied by the examination of the ‘dynamic’ profile, relating to the role of Strasbourg Court’s case-law in the experience of the domestic legal system. Both of these issues follow from the Constitutional case law. Therefore, they will be dealt with in light of the rulings of the ICC, Court of Cassation and Strasbourg Court. Before being examined individually, these topics require the preliminary examination of the terms of the dichotomy between the two theoretic models in matter of relationship between international and national law: the monism and the dualism. Transferred to the peculiar context of the ECHR, these categories are enriched by more dogmatic profiles, which go beyond the sole matter of the relationship between sources of law. The strength of the two theoretical paradigms - that have been born and work in the context of sources of law - must also be checked with reference to the current phenomenon of European production of case law. The law and the legal institutions tend to take more and more jurisdictional shape, generating osmosis leading to the transfer of the focus from relationships between sources of law to the relationships between jurisprudences.
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Polacchini, Francesca <1982&gt. "Monismo e dualismo nei rapporti tra Cedu e ordinamento costituzionale interno. Fonti e processi interpretativi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6315/.

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Abstract:
La tesi analizza i rapporti tra l’ordinamento italiano e la Cedu, in particolare la collocazione della Cedu all’interno del sistema delle fonti alla luce della modifica dell’art. 117, comma 1 Cost. Si tratta di un tema molto dibattuto in dottrina, specialmente a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Questa tematica risulta strettamente connessa al profilo dell’interazione tra la Corte di Strasburgo e la Corte costituzionale e i giudici ordinari. L’analisi del profilo statico concernente lo status della Cedu nel sistema italiano deve quindi essere accompagnata dall’esame del profilo dinamico, relativo al ruolo della giurisprudenza della Corte di Strasburgo nell’esperienza dell’ordinamento nazionale. Entrambi i profili di indagine sono esaminati alla luce delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, della Corte di Cassazione e della Corte di Strasburgo. Prima di essere esaminate singolarmente, queste tematiche richiedono la preliminare ricognizione dei termini della dicotomia tra i due modelli concettuali di riferimento in tema di rapporti interordinamentali: il monismo e il dualismo. Trasferite nel peculiare contesto del sistema Cedu, tali categorie dogmatiche si arricchiscono di ulteriori profili, che esorbitano dalla sistemazione del rapporto tra fonti. La tenuta dei due paradigmi concettuali, che sono nati ed operano nel contesto della teorica delle fonti, deve essere verificata anche rispetto all’attuale fenomeno della produzione europea di diritto giurisprudenziale ed alla capacità paradigmatica assunta dalla giurisprudenza di Strasburgo. Il diritto e le istituzioni giuridiche tendono ad assumere sempre più sembianze giurisdizionali, generando un’osmosi che porta a trasferire il focus dai rapporti interordinamentali ai rapporti tra giurisprudenze.
The research topic relates to the relationship between the Italian legal system and the ECHR, in particular the formal position of the ECHR in the national hierarchy of legal norms, in light of the amendment of Article 117 Const. This issue is very debated among scholars, especially following the entry into force of the Lisbon Treaty. This matter is strictly linked to the problem of the interaction between the Strasbourg Court and the ICC and ordinary judges. In other words, the analysis of the ‘static’ profile concerning the status of the ECHR in the Italian legal order must be accompanied by the examination of the ‘dynamic’ profile, relating to the role of Strasbourg Court’s case-law in the experience of the domestic legal system. Both of these issues follow from the Constitutional case law. Therefore, they will be dealt with in light of the rulings of the ICC, Court of Cassation and Strasbourg Court. Before being examined individually, these topics require the preliminary examination of the terms of the dichotomy between the two theoretic models in matter of relationship between international and national law: the monism and the dualism. Transferred to the peculiar context of the ECHR, these categories are enriched by more dogmatic profiles, which go beyond the sole matter of the relationship between sources of law. The strength of the two theoretical paradigms - that have been born and work in the context of sources of law - must also be checked with reference to the current phenomenon of European production of case law. The law and the legal institutions tend to take more and more jurisdictional shape, generating osmosis leading to the transfer of the focus from relationships between sources of law to the relationships between jurisprudences.
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Milani, Riccardo <1988&gt. "Efficacia della comunicazione 2.0 nei distretti veneti del vino." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/2214.

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Abstract:
I rapidi mutamenti della società hanno portato i consumatori del nuovo millennio ad essere sempre più critici e consapevoli delle loro scelte. È proprio il marketing classico ad insegnarci come dal cambiamento dei mercati nascano le maggiori opportunità per il business. Il tempo del monologo unidirezionale da marca a consumatore non funziona più, il pubblico ha bisogno di un legame più forte con l’azienda. Conversazione e cooperazione diventano i pilastri di questo nuovo marketing. Il presente elaborato esamina gli effettivi benefici e ritorni economici che stanno ottenendo quelle imprese che hanno deciso di investire nella comunicazione 2.0. In particolare si cerca di ricostruire, grazie ai bilanci e alle interviste aziendali condotte all’interno dei distretti veneti del vino, il concreto valore che la comunicazione integrata apporta all’azienda. Dall’introduzione del concetto di distretto industriale si passa ad illustrare la situazione del mercato vinicolo in veneto . In seguito si analizza un campione di aziende vitivinicole attraverso interviste, studio dei bilanci e questionari che permettono di comprenderne l’ evoluzione. Dopo aver esposto i recenti mutamenti avvenuti a livello globale nel rapporto col consumatore e aver illustrato le principali tecniche di comunicazione a disposizione delle imprese si commentano i risultati ottenuti dal campione esaminato. Infine sulla base dei dati raccolti si dimostra quale ritorno economico possano ottenere le aziende che decidono di investire in marketing 2.0.
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Pace, Matteo <1987&gt. "Gli aspetti della sicurezza nei contratti di cloud computing." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4108.

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Abstract:
Focalizzazione sul fenomeno in continua crescita del cloud computing, ormai divenuto requisito fondamentale di operatività della maggior parte delle imprese (specialmente per quanto riguarda le start-up e le imprese medio-piccole), dei contratti di sottoscrizione del servizio con il "cloud provider" e dei relativi aspetti concernenti la sicurezza.
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Danieli, Giorgia <1989&gt. "Web e performing arts: la comunicazione digitale nei teatri." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4582.

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Abstract:
Il tema della web communication per le organizzazioni che si occupano di performing arts rappresenta un’interessante opportunità di studio in quanto, nonostante i numerosi vantaggi e benefici ampiamente descritti in letteratura, l’evidenza empirica ne mostra un utilizzo limitato, soprattutto nel caso di organizzazioni di piccola dimensione. Alla luce di queste considerazioni, la tesi si propone quindi di indagare le ragioni delle scelte in materia di comunicazione web dei teatri e spazi teatrali di piccola e media dimensione ubicati in Veneto e di evidenziare best practice utilizzabili anche da altre organizzazioni per rendere più efficace la promozione sul web della propria offerta.
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Spinoso, Simona <1989&gt. "Comportamento d'acquisto e strategia delle imprese nei cosmetici sostenibili." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5301.

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Abstract:
Il presente lavoro ha l’obiettivo di esaminare il comportamento dei consumatori italiani di cosmetici, la percezione sull’importanza degli attributi di prodotto e il loro atteggiamento e acquisto verso i prodotti di bellezza sostenibili. Questo studio esamina, inoltre, se gli atteggiamenti e i comportamenti di acquisto sono influenzati dalla coscienza per la salute e per l’ambiente. L'obiettivo è di dare un contributo teorico per l'area di ricerca del comportamento dei consumatori nel contesto dei prodotti biologici e naturali, in particolare in quello poco studiato del settore cosmetico. Lo studio è stato condotto utilizzando un metodo di ricerca quantitativa e i dati sono stati raccolti da un campione di convenienza di consumatori italiani sia femminili che maschili. È stato pubblicato online un questionario e hanno risposto 355 persone. Inoltre, per studiare l’approccio delle aziende cosmetiche alla sostenibilità e le strategie comunicative messe in atto da quest’ultime, è stata condotta con metodo qualitativo un’intervista strutturata a delle aziende italiane che si occupano di cosmetici naturali e biologici. Al fine di rendere logica e organica l’analisi svolta, il lavoro si divide in quattro capitoli, ognuno dei quali esplora un tema ben preciso. Nel primo capitolo dopo una breve introduzione in cui viene definita la cosmesi in senso stretto, si ripercorre l’evoluzione storica, dalla sua nascita in epoca preistorica fino ad oggi. Inoltre, viene fornita una panoramica generale sull’andamento del mercato cosmetico italiano ed europeo con particolare attenzione ai mutamenti dei canali distributivi. Il secondo capitolo analizza il concetto di sostenibilità e l’evoluzione in termini anche di strategia aziendale, per poi approfondire il trend dei cosmetici sostenibili in tutte le sue forme. Per poi terminare il capitolo con una breve sintesi del marketing etico e dell’uso dei social media da parte delle imprese di quest’epoca, al fine di comprendere come i nuovi mezzi di comunicazione abbiano portato ad un radicale cambiamento nel rapporto tra azienda e consumatore finale. Il terzo capitolo rappresenta una parte importante di questo elaborato in cui viene riportata un’analisi approfondita del consumatore, analizzando la letteratura e le ricerche antecedenti a questo lavoro, si vuole capire come e cosa ne influenza il comportamento. E in particolare si analizzano quali sono i fattori che determinano maggiormente l’acquisto di cosmetici tradizionali e sostenibili. Infine, il quarto capitolo è il lavoro di ricerca, sia quantitativo che qualitativo, in cui ne vengono discussi i metodi, ma soprattutto i risultati, che mirano ad aggiungersi agli studi sul comportamento d’acquisto dei consumatori dei prodotti cosmetici sostenibili.
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Genovese, Alessandro <1992&gt. "Produzione manifatturiera ed innovazione nei distretti industriali - Lo SportSystem." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11932.

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Abstract:
Nell’economia italiana i distretti industriali assumono un ruolo importante ricoprendo fin da subito la colonna portante del Made in Italy e dimostrando una forte capacità di adattamento ai vari contesti e sviluppi di mercato. Per riuscire a rimanere sempre in forza e non dissolversi a causa del fallimento delle aziende che li costituiscono, i distretti devono riuscire a creare delle strategie interne efficaci, puntare a gestire processi di produzione complessi e innovativi e creare prodotti nuovi servendosi d’idee e conoscenze sempre aggiornate e dinamiche. Il lavoro svolto ha lo scopo di analizzare la situazione dei distretti industriali ed in particolar modo il Distretto dello SportSystem di Montebelluna, uno tra i distretti manifatturieri più importanti del nostro territorio e famoso a livello globale per i numerosi marchi di alta qualità presenti al suo interno, il quale nella sua storia ha affrontato diversi ostacoli e compiuto diverse strategie di produzione, affrontando processi di delocalizzazione della produzione e strategie di ritorno in patria per riuscire a sfruttare al meglio le conoscenze nell’area.
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Renzo, Chiara <1988&gt. ""Aprite le porte". I profughi ebrei nei campi di transito del Salento (1944 -1947)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2440.

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Abstract:
La storia dei profughi ebrei transitati in Italia nel secondo dopoguerra è un argomento che è stato trascurato dalla storiografia italiana e internazionale e la memoria di quegli avvenimenti è stata perlopiù affidata ai diari e ai memoriali di coloro che li vissero in prima persona. Tra il maggio del 1945 e l’estate del 1948 si registrò in Italia una presenza media annua di profughi ebrei compresa tra i 15.000 e i 18.000, per un totale di circa 50.000 DPs che attraversarono il paese. A partire da questo dato numerico eccezionale, in questo lavoro verranno analizzate le conseguenze politiche, sociali e culturali causate da questo esodo di profughi che trovarono un rifugio temporaneo su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una ricerca basata in parte su fonti primarie d’archivio, reperite nell’archivio dell’American Jewish Joint Distribution Committee di Gerusalemme, Central Zionist Archives, Yad Vashem Archives e all’Archivio del Museo del campo di detenzione di Atlit, e in parte su fonti orali, interviste, diari e materiale fotografico inedito. Nella prima parte della ricerca verrà esaminata la reazione internazionale dinanzi alla questione dei profughi, con la creazione di una rete di organizzazioni di soccorso che cooperarono nell’assistenza ai DPs. Verrà ricostruito il percorso che portò alla costituzione nel 1944 della United Nation Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), la prima agenzia delle Nazioni Unite preposta alla tutela e al rimpatrio dei DPs e la sua missione in Italia tra il 1944 e il 1947. Verrà analizzato il ruolo delle numerose organizzazioni volontarie ebraiche, quali l’American Jewish Joint Distribution Committee (AJDC) e l’Organization for Rehabilitation through Training (ORT), che affiancarono l’UNRRA in queste operazioni di soccorso. Dopo anni di discriminazioni, per la prima volta si cercò di garantire ai profughi non solo un sostegno economico e un alloggio, ma anche un processo di riabilitazione morale, intellettuale e professionale. Nell’analizzare il caso dei profughi ebrei scampati alla Shoah, si terrà conto del loro rifiuto a tornare nei paesi che sino allo scoppio della guerra essi stessi avevano considerato “homeland” e del loro desiderio di rifarsi una nuova vita in Eretz Israel, dove di lì a poco sarebbe nato lo Stato di Israele. Dunque, è in questo clima che alle operazioni di soccorso dei profughi si intrecciò la ripresa delle operazioni del Mossad le-aliyah bet, l’organizzazione ebraica che, sfidando la politica del Libro Bianco, cercò di far sbarcare il maggior numero di profughi sulle coste della Palestina, all’epoca ancora sotto il mandato britannico. Sempre in questo contesto, si inserisce la mobilitazione dell’Agenzia Ebraica, che inviò nei campi profughi di tutta Europa i suoi delegati allo scopo di canalizzare l’immigrazione ebraica in Palestina e diffondere l’ideologia sionista tra i profughi. La ricerca si occuperà, quindi, della rinascita ebraica che ebbe luogo all’interno dei campi profughi, tramite l’insegnamento della lingua ebraica, la propaganda sionista e la costruzione di una nuova identità ebraica. La ricerca prosegue poi con l’analisi della vita dei profughi nei campi. Particolare attenzione verrà riservata ai quattro campi di transito del Salento, situati a Santa Maria al Bagno, Santa Maria di Leuca, Tricase Porto e Santa Cesarea Terme, e considerati tra i più ampi e attivi di tutta Italia. In questa sezione verrà descritta l’attività delle organizzazioni di soccorso nei campi e le condizioni di vita dei profughi. Verrà lasciato ampio spazio alla voce dei profughi, alle loro aspirazioni e le loro preoccupazioni così come traspaiono nelle interviste, nelle fotografie e nei loro diari. Questo lavoro si propone di dare risonanza a una vicenda che coinvolse tutta la popolazione italiana e che merita di essere inserita nella storia della rinascita del dopoguerra.
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Boccali, Margherita <1986&gt. "Life skills e rifugiati. Esigenze del quotidiano, interazioni e formazione nei centri di accoglienza per richiedenti asilo nelle Marche." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4406.

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Abstract:
Il problema di ricerca in questione trova la sua collocazione nel campo di studi dell’antropologia applicata, e richiama quel particolare dispositivo pedagogico (Life Skills-Based Education) attraverso cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità promuove la conoscenza delle Life Skills, cioè quelle abilità sociali e relazionali che permettono di affrontare in modo efficace le esigenze della vita quotidiana, rapportandosi con fiducia a sé stessi, agli altri e all’ambiente in cui si vive. Attraverso l’osservazione di come due contesti, quello del C.A.R.A. di Arcevia (AN) e del progetto P.A.R.I. della provincia di Ancona, istituzionalmente e localmente ben definiti, attuino i servizi volti all’accoglienza dei richiedenti asilo politico e/o rifugiati, ho posto le basi della mia ricerca sulle Life Skills e sulla loro “densità”, alla luce dell’ambito diversamente educativo in cui i dati sono stati raccolti.
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Campagnaro, Chiara <1987&gt. "La comunicazione pubblicitaria nei Fashion Magazine: content analysis di Vogue." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3301.

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Turato, Sara <1987&gt. "Strategie di presidio del mercato: le tendenze nei company store." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5249.

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Abstract:
In un panorama distributivo sempre più complesso, il margine di manovra del produttore viene limitato a favore degli intermediari che operano nel canale e l’importanza del fattore tempo nella trasmissione dei dati dal mercato di consumo alla produzione diventa critica. La necessità di un maggiore controllo sugli sbocchi finali della filiera, di un rapporto più diretto e coinvolgente con il cliente e di un ascolto più diretto del mercato, spingono le imprese ad adottare soluzioni di vendita diretta attraverso lo strumento strategico del company store. Emerge come le decisioni distributive assumano carattere strategico e si compiano in un’ottica multichannel, dove l’impresa si trova a valutare la dicotomia tra convenienza e coerenza strategica nella multicanalità. Il presente lavoro si propone di analizzare le valenze strategiche dei company stores dal punto di vista distributivo e di marketing, esaminando le tendenze in atto e le esperienze del mercato.
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PONISSI, VERONICA. "Binge Eating e Disregolazione Emozionale nei pazienti in dietoterapia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/77402.

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Abstract:
Nelle ultime decadi c’è stato un aumento eclatante del sovrappeso (OW) e dell’obesità (OB), tanto da portare l’OMS a definire il problema in termini di epidemia globale. In Italia 5.000.000 di persone sono obese e 15.000.000 sono sovrappeso (S.I.O., 2010) L’OB e l’OW sono, quindi, uno dei più gravi problemi di salute pubblica. La patogenesi dell’obesità è multifattoriale ed è legata a fattori predisponenti genetici, ambientali, abitudini alimentari scorrette (in parte inquadrabili in un quadro di DCA) ridotto dispendio energetico, patologie mediche, disturbi dell’umore e di personalità. L’intervento dietetico è il primo metodo non invasivo per il trattamento dell’OW e dell’OB. È stato, però, evidenziato che i suoi effetti a lungo termine sono spesso fallimentari. Uno dei fattori di rischio per il recupero del peso perso o per il drop-out è la presenza di comportamenti di Binge Eating – BE, che spesso si associa a sintomi di ansia e depressione; ulteriori fattori di rischio per il drop-out e il recupero del peso. Sempre maggiori evidenze empiriche danno sostanza alle ipotesi cliniche che vedono il ricorso al BE come strategia per gestire le emozioni negative legando il BE alla presenza di disregolazione emotiva. Scopo del lavoro di ricerca: valutare la prevalenza di BE in soggetti richiedenti trattamento dietoterapico; valutare se e quanto la presenza di disregolazione emotiva, di sintomi ansiosi e depressivi siano in grado di spiegare il BE, e quali aspetti della disregolazione emotiva siano maggiormente coinvolti. Campione: 5991 soggetti; età media: 44,74, DS=13,5; 72,7% F e 27,3% M afferenti presso il centro ICANS Materiali e Metodi: State-Trait Anxiety Inventory - forma STAI-X1 e STAI-X2 per la valutazione dell’ansia di stato e di tratto, Questionario D – QD per la valutazione dei sintomi depressivi, Binge Eating Scale – BES per la valutazione dei comportamenti di BE e Difficulties in Emotion Regulation Strategies – DERS per la valutazione della disregolazione emotiva. La prevalenza di BE è risultata pari al 15,4%. Sono state condotte due analisi di regressione lineare gerarchica; la prima al fine di valutare quanta varianza dei punteggi ottenuti alla BES fosse spiegata dall’ansia, dalla disregolazione emotiva e dai sintomi depressivi, escludendo gli effetti legati al sesso e all’età. Risultati: all’aumentare dell’età diminuisco i punteggi alla BES, i maschi tendono ad ottenere punteggi alla BES minori rispetto alle donne, l’ansia non contribuisce a spiegare in modo significativo i punteggi alla bes che sono, invece, spiegati in modo significativo dalla disregolazione emotiva(β=.196, p<.001) e dai sintomi depressivi(β=.238, p<.001). La seconda regressione ha mostrato che le componenti della disregolazione emotiva che spiegano in modo significativo i punteggi alla bes sono: la non accettazione delle emozioni(β=.090, p=.003), la difficoltà nel controllo degli impulsi (β=.139, p<.001), la mancanza di consapevolezza emotiva(β=.064, p<.05), la mancanza di chiarezza emotiva(β=.060, p<.05). Risulta, quindi, evidente che un intervento psicologico atto a ridurre il BE debba focalizzarsi principalmente sullo sviluppo delle capacità di regolazione delle emozioni partendo, innanzitutto, dall’accettazione delle emozioni. La capacità di accettare, come parte integrante della nostra vita, il fatto di provare emozioni negative è, infatti, la premessa per lo sviluppo della conseguente capacità di mantenere il controllo sui propri comportamenti anche in presenza di emozioni negative e solo attraverso essa è possibile mettere in atto una serie di strategie funzionali di regolazione emotiva.
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Baldissera, Antonella <1963&gt. "Focalità e clonalità nei carcinomi in situ ed invasivo mammari, studio genetico e nuove tecniche di radioterapia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2143/1/tesi_dottorato_antonella_baldissera.pdf.

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Baldissera, Antonella <1963&gt. "Focalità e clonalità nei carcinomi in situ ed invasivo mammari, studio genetico e nuove tecniche di radioterapia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2143/.

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Corazzol, Giacomo <1978&gt. "La vita culturale ebraica a Candia nei secoli XIV-XVI: l'impatto dell'immigrazione sulla cultura della comunità locale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7225/6/Corazzol_Giacomo_tesi.pdf.

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Abstract:
La tesi ha per oggetto la cultura ebraica cretese nei secoli XIV-XVI e, in particolare, l’influsso esercitato su di essa dalla cultura e dalle tradizioni degli ebrei sefarditi e ashkenaziti che cominciarono a stabilirsi sull’isola a partire dalla metà del Trecento. La tesi si basa da un lato su fonti amministrative e notarili e, dall’altro, sui manoscritti ebraici prodotti o portati a Candia nel periodo considerato. Il primo capitolo tratta della comunità ebraica nel primo Cinquecento e porta nuove notizie a proposito della geografia della zudeca, delle sue sinagoghe, della sua composizione sociale, dell’entità della sua popolazione e della biografia del principale leader spirituale e culturale attivo a Candia a quell’epoca: Elia Capsali. Il secondo capitolo offre una panoramica sull’immigrazione ebraica a Candia nei secoli XIV-XV. Il terzo capitolo esplora alcune particolarità della liturgia sinagogale elaborata dagli ebrei candioti sotto l’influsso della tradizione ashkenazita. Il quarto capitolo tratta di due liste di libri databili alla seconda metà del Quattrocento (Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 3574 B) e suggerisce di considerarle come indicative del peso che ebbero alcuni immigrati ebrei catalani nella diffusione della cultura medica sefardita a Candia. Il quinto capitolo è dedicato al medico, filosofo e astronomo Mosheh ben Yehudah Galiano, il quale visse a Candia tra la seconda metà degli anni Venti del Cinquecento e il 1543. L’ultimo capitolo tratta degli effetti provocati dall’epidemia di peste del 1592-95 all’interno della zudeca di Candia.
The thesis investigates the culture of the Cretan Jews in the XIV-XVI centuries and concentrates on how the Sephardi and Ashkenazi immigrants who began to settle on the island around mid-XIV century contributed in shaping a shared culture. The thesis is based both on the administrative and notarial documents preserved in the State Archive in Venice and on the Hebrew manuscripts produced by Candiote Jews or brought there by the new settlers. The first chapter offers a reconnaissance of the Jewish community of Candia in the early XVI century and brings new information on the geography of the zudeca, its administration, its social composition, the amount of its population, and the biography of its main leader at the time: Elijah Capsali (d. 1550). The third chapter illustrates some of the peculiarities that the Candiote synagogal liturgy developed under the influence of Ashkenazi settlers. The fourth chapter deals with two lists of books found in a manuscript preserved in the University Library of Bologna, and shows how they can be viewed as a testimony of the role played by Catalonian immigrants in the spread of Sephardi medical lore among Candiote Jews. The fifth chapter is dedicated to Mosheh ben Judah Galiano, a physician, philosopher and astronomer who settled in Candia in the late ’20s of the Sixteenth century and left the island on 1543. The sixth chapter offers an examination of the plague that struck Candia in 1592 and its impact on the Jewish community.
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Corazzol, Giacomo <1978&gt. "La vita culturale ebraica a Candia nei secoli XIV-XVI: l'impatto dell'immigrazione sulla cultura della comunità locale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7225/.

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Abstract:
La tesi ha per oggetto la cultura ebraica cretese nei secoli XIV-XVI e, in particolare, l’influsso esercitato su di essa dalla cultura e dalle tradizioni degli ebrei sefarditi e ashkenaziti che cominciarono a stabilirsi sull’isola a partire dalla metà del Trecento. La tesi si basa da un lato su fonti amministrative e notarili e, dall’altro, sui manoscritti ebraici prodotti o portati a Candia nel periodo considerato. Il primo capitolo tratta della comunità ebraica nel primo Cinquecento e porta nuove notizie a proposito della geografia della zudeca, delle sue sinagoghe, della sua composizione sociale, dell’entità della sua popolazione e della biografia del principale leader spirituale e culturale attivo a Candia a quell’epoca: Elia Capsali. Il secondo capitolo offre una panoramica sull’immigrazione ebraica a Candia nei secoli XIV-XV. Il terzo capitolo esplora alcune particolarità della liturgia sinagogale elaborata dagli ebrei candioti sotto l’influsso della tradizione ashkenazita. Il quarto capitolo tratta di due liste di libri databili alla seconda metà del Quattrocento (Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 3574 B) e suggerisce di considerarle come indicative del peso che ebbero alcuni immigrati ebrei catalani nella diffusione della cultura medica sefardita a Candia. Il quinto capitolo è dedicato al medico, filosofo e astronomo Mosheh ben Yehudah Galiano, il quale visse a Candia tra la seconda metà degli anni Venti del Cinquecento e il 1543. L’ultimo capitolo tratta degli effetti provocati dall’epidemia di peste del 1592-95 all’interno della zudeca di Candia.
The thesis investigates the culture of the Cretan Jews in the XIV-XVI centuries and concentrates on how the Sephardi and Ashkenazi immigrants who began to settle on the island around mid-XIV century contributed in shaping a shared culture. The thesis is based both on the administrative and notarial documents preserved in the State Archive in Venice and on the Hebrew manuscripts produced by Candiote Jews or brought there by the new settlers. The first chapter offers a reconnaissance of the Jewish community of Candia in the early XVI century and brings new information on the geography of the zudeca, its administration, its social composition, the amount of its population, and the biography of its main leader at the time: Elijah Capsali (d. 1550). The third chapter illustrates some of the peculiarities that the Candiote synagogal liturgy developed under the influence of Ashkenazi settlers. The fourth chapter deals with two lists of books found in a manuscript preserved in the University Library of Bologna, and shows how they can be viewed as a testimony of the role played by Catalonian immigrants in the spread of Sephardi medical lore among Candiote Jews. The fifth chapter is dedicated to Mosheh ben Judah Galiano, a physician, philosopher and astronomer who settled in Candia in the late ’20s of the Sixteenth century and left the island on 1543. The sixth chapter offers an examination of the plague that struck Candia in 1592 and its impact on the Jewish community.
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Rassega, Valter. "Cyber security risk management nei servizi pubblici strategici." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2017. http://hdl.handle.net/10556/2571.

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Abstract:
2015 - 2016
The global digital network, with its ability to communicate directly and in real time between people in every part of the planet, is a formidable tool to develop relationships and realize exchange of information and knowledge. In cyberspace they coexist people of all kinds, characterized by different interests, different cultures and different ways of relating to others. From an economic point of view, the global network has become a formidable transactional tool for the exchange of goods and services and there is the commercial and industrial sector that has not arrived in some way in cyberspace. The cybernetic revolution, induced by new and increasingly powerful electronic and computer technologies, it is not limited to connect the network, almost all of the planet's surface but is rapidly expanding to the direct control of myriad physical devices of the most varied , from Smartphone to wearable devices, from city traffic control to the electricity production and distribution infrastructure systems. And 'the SO-CALLED "Internet of Things" and the Internet of things, the network that interconnects all electronic devices capable of communicating with the outside world. A pervasive who did not spare the public sector which, first, is called on to provide answers on many fronts, not least regulatory, and as far as possible, ensure compliance with the rules in the real world even in cyberspace. In particular, the public sector must take responsibility to ensure the physical and cyber security of SO-CALLED National Critical Infrastructure, including all the essential services for national security, the proper functioning of the country and its economic growth and, not least, the well-being of the population. Are Critical Infrastructures electric and energy system, communication networks in general, networks and transport infrastructure of people and goods (ship, rail, air and road), the public health system, economics and financial channels, the national networks of government , regions, those for emergency management and civil protection. The challenge is complex and Public Administration alone seems unable to respond effectively to increasingly sophisticated cyber-attacks that day, affecting the civilian world, industrial and economic. NCI are not immune and, as a result, the Public Strategic Services are exposed to significant risks. On this issue, Western governments have long established close cooperation with the private sector, and highlighted the need to define a strategy and a shared modus operandi and quality between the various actors involved. This work aims to address systematically the "hot" topic of cyber security, an area that involves national governments, military, intelligence services, the economy and the business world as a whole and, gradually and in various capacities and degree of interest, every single citizen of the world. In this unprecedented scenario, strongly characterized by uncertainty and variability of the virus, the application sic et simpliciter of "traditional" evaluation techniques of the corporate risk derivation is inadequate for this purpose, despite a certain degree of adaptation to the new scenario is already underway. The analysis focuses on the relative adaptive-evolution that is affecting the risk management in the field of cyber security and state of the art in the academic and scientific world views in the introduction of new and more advanced tools for analysis the Cyber Risk. The work ends with a case study of a large Italian company which provides a strategic public service such as electricity. [edited by author]
La rete digitale globale, con la sua capacità di stabilire contatti diretti e in tempo reale tra persone in ogni parte del pianeta, rappresenta uno strumento formidabile per sviluppare relazioni e realizzare scambio di informazioni e di conoscenza. Nel cyberspazio convivono persone di ogni tipo, caratterizzate da interessi diversi, culture differenti e diversi modi di relazionarsi con il prossimo. Dal punto di vista economico, la rete globale è oggi un formidabile strumento transazionale per lo scambio di beni e di servizi e non vi è settore commerciale e industriale che non sia approdato in qualche modo nel cyberspazio. La rivoluzione cibernetica, indotta dalle nuove e sempre più potenti tecnologie elettroniche e informatiche, non si è limitata a connettere in rete la quasi totalità della superficie del pianeta ma si sta rapidamente espandendo verso il controllo diretto di una miriade di dispositivi fisici tra i più vari, dagli Smartphone ai dispositivi indossabili, dai sistemi di controllo del traffico cittadino alle infrastrutture di produzione e distribuzione di energia elettrica. E’ la c.d. “Internet of Things” o Internet delle cose, che interconnette in rete tutti i dispositivi elettronici in grado di comunicare con il mondo esterno. Una pervasività che non ha risparmiato il settore pubblico che, in primo luogo, è chiamato a fornire risposte su numerosi fronti, non ultimo quello normativo, e, per quanto possibile, garantire il rispetto delle regole presenti nel mondo reale anche nello spazio cibernetico. In particolare, il settore pubblico deve farsi carico di garantire la sicurezza fisica e informatica delle c.d. infrastrutture critiche nazionali, che includono tutti quei servizi essenziali per la sicurezza nazionale, il buon funzionamento del Paese e la sua crescita economica e, non ultimo, il benessere della popolazione. Sono Infrastrutture Critiche il sistema elettrico ed energetico, le reti di comunicazione in genere, le reti e le infrastrutture di trasporto di persone e merci (navale, ferroviario, aereo e stradale), il sistema sanitario pubblico, i circuiti economici e finanziari, le reti del Governo nazionale, delle Regioni, quelle per la gestione delle emergenze e della Protezione Civile. La sfida è complessa e la Pubblica Amministrazione da sola non sembra in grado di poter rispondere in modo efficace agli attacchi informatici sempre più sofisticati che, quotidianamente, colpiscono il mondo civile, industriale ed economico. Le infrastrutture critiche nazionali non ne sono immuni e, di conseguenza, i Servizi Pubblici Strategici sono esposti a significativi rischi. Su questo tema, i Governi occidentali hanno da tempo avviato una stretta collaborazione con il settore privato, ed è emersa la necessità di definire una strategia e un modus operandi condiviso e di qualità tra i vari attori coinvolti. Questo lavoro si propone di affrontare in maniera sistematica il tema “caldo” della Cyber Security, un ambito che coinvolge governi nazionali, settori militari, servizi di informazione, il sistema economico e il mondo delle imprese nel suo complesso e, via via e a vario titolo e grado di interesse, ogni singolo cittadino del mondo. In questo scenario inedito, fortemente connotato da incertezza e variabilità delle minacce, l’applicazione sic et simpliciter delle tecniche “tradizionali” di valutazione del rischio di derivazione aziendale risulta inadeguata allo scopo, nonostante un certo grado di adattamento al nuovo scenario sia già in corso. L’analisi si concentra sulla parte relativa all’’evoluzione adattativa’ che sta interessando il risk management nel campo della cyber security e dello stato dell’arte nel panorama accademico e scientifico mondiale nell’introduzione di nuovi e più evoluti strumenti per l’analisi del Cyber Risk. Il lavoro si conclude con un caso di studio effettuato su di una grande azienda italiana che fornisce un servizio pubblico strategico quale l’energia elettrica. [a cura dell'autore]
XV n.s.
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Dal, Vecchio Valentina <1986&gt. "I VANTAGGI DELLA PIANIFICAZIONE NEI PROCESSI OSPEDALIERI: IL CASO DAY SURGERY." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/2164.

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Abstract:
Il presente lavoro è stato svolto in collaborazione con l'Agenzia Regionale Socio Sanitaria del Veneto - Unità sistemi di management, ed ha come obiettivo l'individuazione di un modello ottimale di unità operativa di Day Surgery all'interno di una struttura ospedaliera. Il progetto intende mettere in luce i vantaggi che derivano dalla riorganizzazione efficiente dei processi sanitari e dalla pianificazione e programmazione delle attività. Nella prima parte della tesi sono descritti i concetti di efficienza ed efficacia di processo in sanità, mentre nella seconda parte è descritto il progetto e i risultati ottenuti.
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Tres, Valentina <1986&gt. "La relazione fra stakeholder engagement e performance nei musei. Un'analisi internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4958.

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Abstract:
L'elaborato finale consiste nell'analizzare il coinvolgimento degli stakeholders in due contesti differenti: americano e italiano. Sottoponendo i musei ad un'intervista dettagliata per quanto riguarda il fundraising, l'innovazione, gli stakeholders e la sostenibilità.
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Meneghello, Anna <1990&gt. "La modularità e l'innovazione nei servizi knowledge-intensive: il caso Sics." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10732.

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Abstract:
L'elaborato ha l'obiettivo di analizzare un caso di successo per quanto riguarda la modularità e l'innovazione nei servizi ad alto contenuto di conoscenza (KIBS) appartenente alla realtà italiana, in particolare un'azienda veneta di Bassano del Grappa denominata Sics. L'azienda realizza software e servizi innovativi per lo sport e mira a sviluppare i suoi prodotti unendo le capacità e le conoscenze di personale specializzato all'interno dell'azienda (formato dai cosiddetti knowledge workers), motivato da una forte passione per lo sport in genere, ad una attenzione particolare per le esigenze dei propri clienti. Il cliente è un cliente-esperto ed è fondamentale la sua competenza ed esperienza per lo sviluppo e la realizzazione dei servizi che l'azienda propone. Verranno esaminati temi come l'organizzazione interna di Sics e il modo in cui l'azienda si interfaccia col cliente; si parlerà di modularità del servizio e di come viene fronteggiato il rapporto tra customizzazione e standardizzazione. Nell'elaborato verranno, inoltre, introdotti inizialmente dei temi riguardanti le imprese KIBS e l'innovazione, in modo da riuscire a comprendere meglio l'attività posta in essere dall'azienda e l'innovazione tecnologica di cui Sics si fa portavoce.
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Bigari, Stefano <1992&gt. "Innovazione nei servizi: il caso del post vendita nel settore auto." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12154.

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Abstract:
L'innovazione del prodotto automobile sta per ridisegnare dalle fondamenta l’idea stessa che abbiamo del settore; influenzando prioritariamente il Post Vendita che dovrà adattarsi alle nuove logiche modificandosi non solo operativamente, ma soprattutto a livello di servizi offerti. Da decenni l’impatto dei servizi sull’economia globale è cresciuto stabilmente, arrivando ad essere componente fondamentale non solo per le aziende di puri servizi, ma anche per tutte le aziende manifatturiere che intendano aumentare la redditività. Per questo motivo l’innovazione nei servizi offerti dal Post Vendita sarà la chiave di volta per il successo delle case produttrici di autoveicoli di domani. Intento della tesi è studiare e proporre un pool di framework in tema di innovazione nei servizi in grado di sostenere e guidare i cambiamenti imposti al settore come conseguenza di una netta modificazione delle variabili fondanti il servizio post vendita auto conosciuto fino ad oggi.
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Baldan, Claudio <1989&gt. ""I Sistemi di Misurazione e di Valutazione della Performance nei Comuni"." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15094.

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De, Bona Michele <1994&gt. "Il podcast come mezzo strategico digitale: comunicazione e divulgazione nei musei." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19489.

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Abstract:
In seguito all'esperienza di Tirocinio maturata presso la Direzione Regionale Musei Veneto, che mi ha portata alla realizzazione del Podcast MomentArte, per fornire un servizio in grado rispondere alla chiusura dei musei a causa dell'epidemia di COVID 19, ho potuto constatare come questo prodotto se inserito all'interno di una corretta strategia comunicativa possa avere delle altissime potenzialità. Nella tesi si cercherà di esplorare il mondo dei podcast, partendo dalle sue origini e caratteristiche che lo distinguono da un convenzionale prodotto comunicativo contemporaneo. Si analizzerà in particolare il ruolo dei branded podcast e delle piattaforme cross mediali nella diffusione di questo tipo di prodotti, per poi concentrarsi sulla loro applicazione nel processo di digitalizzazione e storytelling del patrimonio culturale. Infine si presenterà il caso studio MomentArte, podcast realizzato dal sottoscritto per la Direzione Regionale Musei del Veneto, sottolineandone pregi, difetti, potenzialità e limiti.
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Duronio, Francesco. "Iniezione diretta di combustibili liquidi e gassosi nei motori alternativi a combustione interna." Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2021. http://hdl.handle.net/11697/169677.

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Abstract:
The adoption of direct injection systems in internal combustion engines seems to be a proficient way to reduce tailpipe pollutant emissions, fuel consumption and enhance vehicles performances. Indeed, in the last decades the ever-increasing concerns about the environmental pollution and the green-house effect demonstrate the absolute necessity to achieve, among the many human activities, a sustainable mobility too. In this scenario many solutions have been developed to enhance the environmental performance of the vehicles. The hybrid or fully electric vehicles alone are not the solution of this issue, at least in the short period. Consequently, the author decides to investigate internal combustion engines and, in particular, injection processes performed directly in combustion chamber. Direct injection, established practice in compression ignition engines, is challenging to be implemented in spark ignition engines due to the intrinsic nature of the latter but allow meeting the latest rules about pollutant emissions. Latest advancement in the field of fluid dynamic simulations and of experimental non-invasive optical techniques allow to deeply analyze injection processes and effectively adopt them in commercial vehicle. Therefore, in this work the concept of direct injection was intensively studied and declined for liquid and gaseous fuels. At the first category belong Gasoline Direct Injection (GDI) engines which are a promising technology that is giving a new life to gasoline engines. Thermal efficiency enhancement and engine downsizing are the key improvement achievable. Special attention will be paid to flash boiling sprays in GDI engines that is a topic of great scientific interest in the last years and a phenomenon capable to improve GDI technology. Among the gaseous fuel Compressed Natural Gas (CNG) was chosen in this study. CNG compared with gasoline has higher-octane number, higher hydrogen to carbon ratio, and lower energy-specific CO2 emissions. Furthermore, it can be produced in renewable ways and is more widespread and cheaper than conventional liquid fossil fuels. In this regard, the direct injection of CNG engines can be considered a promising technology for highly efficient and low-emission future engines. The jets produced by a single hole and a multi hole device were studied detailing the characteristics of under-expanded structures present in supersonic gaseous jets. A proper Computational Fluid Dynamic (CFD) method, featuring high order scheme discretization, was developed and tested. The results of the simulations have been validated by means of the experimental data collected.
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Marchi, Aurora Maria <1988&gt. ""Il patrimonio archivistico nei conflitti armati. Il caso degli archivi dalmati (1943-1947)"." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21276.

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Abstract:
La seguente tesi, dopo avere analizzato nel primo capitolo, gli strumenti del diritto per la protezione dei beni culturali (con particolare riferimento ai beni documentari) a livello internazionale, nazionale e regionale, si prefigge, nel capitolo secondo, di approfondire, a titolo esemplare, alcuni episodi di distruzione e restituzione di beni archivistico - documentari, verificatisi nel corso del XX e del XXI secolo.
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Feller, Edoardo <1991&gt. "Analisi e monitoraggio dei metalli pesanti nel particolato atmosferico nei principali siti di monitoraggio della regione Veneto." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10532.

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Abstract:
Con questo lavoro di tesi si vuole indagare l'andamento dei principali metalli pesanti presenti nel particolato atmosferico (PM10) campionato nei principali siti di monitoraggio della regione Veneto. In particolare si cercherà di porre l'evidenza sulle eventuali omogeneità e differenze di concentrazione degli inquinanti fra i siti di campionamento, anche confrontando i dati ottenuti durante lo svolgimento delle analisi con i dati storici acquisiti da ARPAV negli anni precedenti. Nei mesi di gennaio e febbraio 2017 ci sarà un'estensione del pannello di analisi dei metalli, per poter avere una visione più complessiva, e non limitata ai soli metalli normati dal decreto legislativo 155 del 2010. Verranno poi studiate le eventuali interazioni fra le concentrazioni di particolato atmosferico e le condizioni meteo.
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Ciabatta, Annamaria. "La modernità nei tessuti storici: Gardella, Meier, Terragni." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1231.

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Abstract:
Di fronte alla, purtroppo sempre più comune, indifferenza che l architettura contemporanea dimostra nei confronti del contesto nel quale si inserisce, questa ricerca affronta lo studio del delicato rapporto tra il nuovo e l antico, che si instaura ogni qualvolta l inserimento di un architettura contemporanea in un tessuto consolidato sbilancia gli equilibri linguistici, morfologici e urbani secolari che si sono stratificati in un luogo durante la sua storia. Operare all interno della città antica, accostando alla Storia il linguaggio della Modernità, nato in opposizione a questa per la necessità di affermare la propria identità, scatena spesso perplessità, legate soprattutto alla legittimità di un nuovo intervento in un tessuto che, più che consolidato, è ormai considerato blindato . Nella speranza, quindi, che la testimonianza del presente continui a fare parte dei tempi lunghi della stratificazione storica delle nostre città, in cui da sempre l'architettura di ogni epoca ha trovato il proprio posto accanto all'antico, lo studio si pone l obiettivo di evidenziare, attraverso l analisi linguistica e contestuale di alcuni esempi, delle possibilità operative di intervento sulla città antica, in cui il dialogo contestuale è affrontato con sensibilità, ma senza rinunciare all identità del nuovo. Il quadro storiografico di riferimento è il 900, la cui disamina per coppie di opposizioni sottolinea l esistenza di un duplice atteggiamento che, da Asplund a Renzo Piano, affianca alla teoria corbusiana di affermazione della Modernità attraverso la cancellazione delle Storia, la ricerca, soprattutto italiana, di un assonanza con il tessuto storico nel quale l architettura contemporanea si insedia. Il confronto tra le posizioni teoriche elaborate dalla cultura italiana in merito all argomento, si focalizza su tre categorie di riferimento: le prime due relative alla scala dell oggetto architettonico, (l edificio come elemento del tessuto edilizio o come emergenza urbana), la terza alla scala urbana della città antica. Ad ognuna di queste categorie corrisponde l analisi di un caso studio specifico: la casa alle Zattere di Ignazio Gardella a Venezia, come elemento del tessuto edilizio, il Museo dell Ara Pacis di Richard Meier a Roma come emergenza urbana, il progetto per il quartiere Cortesella di Giuseppe Terragni a Como, come esempio di intervento su un intero brano del tessuto urbano. La scelta di questi tre esempi suggerisce quindi tre diverse possibilità di intervento sulla città antica, le prime due in opposizione tra loro e la terza che assume il ruolo di mediazione tra le due posizioni.
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Salmaso, Gabriele <1994&gt. "Il ruolo delle PMI nei nuovi scenari tecnologici. Il caso dell'industria dell'illuminazione." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13258.

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Abstract:
La presente tesi di laurea è rivolta all'approfondimento del tema relativo all'industria 4.0 nel settore dell'illuminazione. Dopo una prima introduzione e un'analisi generale riguardante il livello di sviluppo dei vari stati dal punto di vista della quarta rivoluzione industriale, verrà approfondito il ruolo che svolgono le piccole e medie imprese in questo processo di trasformazione tecnologica e l'impatto che esse hanno sull'economia. L'analisi successivamente si concentrerà sull'intero settore dell'illuminazione e la loro risposta alla digitalizzazione, con riferimento al caso pratico di una PMI.
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Di, Tillo Alice <1996&gt. "La frontiera dell’omnicanalità nei musei: i canali digitali e le tecnologie abilitanti." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18231.

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Abstract:
I retailer tradizionali negli ultimi anni si sono trovati di fronte ad un aumento delle vendite online e ad un consumatore “nuovo” il cosiddetto consumatore omnichannel. Secondo la letteratura lo sviluppo di una strategia omnicanale è uno dei principali driver di crescita per le imprese. Questo perché non solo permette di relazionarsi con i propri clienti e soddisfare le loro esigenze ma anche perché gli permette di vivere un’esperienza consistente e seamless attraverso tutti i canali. L’evoluzione del comportamento del consumatore finale e del punto vendita come uno dei diversi touchpoint con cui interagire pone questo argomento di ricerca essere ancora nuovo. Sebbene si parli molto di omnicanalità e che molte aziende stiano andando verso questa direzione è ancora difficile oggigiorno parlare di una strategia omnicanale pura. Se l’analisi della letteratura vede la presenza di diversi casi studio nel settore fashion dall’altro presenta pochi casi riguardanti quello culturale: la strategia omnicanale nei musei, e soprattutto in quelli italiani, è ancora poco diffusa. La scelta per questa tesi è quindi quella di approfondire la frontiera dell’omnicanalità nei musei e in particolare lo sviluppo dei canali digitali e delle tecnologie abilitanti per questo tipo di strategia, individuando i benefici e le eventuali problematiche che possono derivare da questa opportunità. La ricerca si soffermerà sul consumatore omnicanale nei servizi e in particolare nei musei, andrà poi ad approfondire i canali digitali, le tecnologie abilitanti e le loro funzioni all'interno dei musei. Infine si concentrerà su quattro musei italiani per analizzare la loro strategia omnicanale, i canali digitali/tecnologie abilitanti utilizzate, le sfide e le opportunità presenti e future.
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