Academic literature on the topic 'Nel frattempo'

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Journal articles on the topic "Nel frattempo"

1

Angelucci, Marta. "Litisconsorzio necessario nel giudizio per l'annullamento dell'atto istitutivo e del relativo conferimento (App. Roma, 16 novembre 2021." marzo-aprile, no. 2 (April 7, 2022): 324–27. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.87.

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Abstract:
Massima Sono litisconsorti necessari nel giudizio di annullamento dell’atto istitutivo del trust, e del relativo atto di conferimento, il co-trustee e la beneficiaria finale, ancorché il primo sia stato successivamente revocato e la seconda rimossa, in quanto la sussistenza di diritti, facoltà e poteri riconosciuti in capo agli stessi dai predetti atti li rende soggetti passivamente legittimati, per la tutela della posizione giuridicamente rilevante loro attribuita, nel giudizio teso a privare di validità ed efficacia tali atti sin dalla loro stipula travolgendo, dunque, tutti gli effetti nel frattempo prodottisi.
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2

Oberman, B. S., V. A. Patel, S. Cureoglu, and H. Isildak. "The aetiopathologies of Ménière’s disease: a contemporary review." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 4 (August 2017): 250–63. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-793.

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Abstract:
La Sindrome di Ménière, una condizione descritta nel 1800, è stata un’area di grande interesse clinico e di ricerca scientifica negli ultimi decenni. Le linee guida pubblicate dall’ American Academy of Otolaryngology-Head and Neck Surgery sono rimaste pressoché invariate per quasi 20 anni, benché la ricerca scientifica sugli aspetti eziopatologici sia indubbiamente molto progredita nel frattempo. La presente revisione della letteratura evidenzia gli importanti progressi compiuti nella comprensione della fisiopatologia di questa malattia enigmatica. Le evidenze discusse sono inoltre accompagnate da una documentazione iconografica istopatologica. L’obiettivo della presente trattazione è fornire al lettore un quadro aggiornato ed accurato sulle teorie inerenti la Sindrome di Ménière.
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3

Roberto, Ruozi. "Rischi dell'attivitŕ bancaria e tutela dei creditori delle banche." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 2 (January 2012): 229–39. http://dx.doi.org/10.3280/ed2011-002002.

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Abstract:
Di fronte a nuove crisi bancarie si presume che gli Stati non dovrebbero piů intervenire a salvare le banche dal fallimento a meno che il costo del salvataggio non finisse per gravare sulle spalle dei contribuenti. Le dissestate finanze pubbliche non potrebbero del resto piů sopportare il costo dei salvataggi bancari, di cui peraltro potrebbe non esserci piů bisogno se, nel frattempo, fossero trovate soluzioni giuridiche diverse da quelle attualmente in vigore per gestire le crisi bancarie riducendone l'impatto sui risparmiatori. Le sorti di questi ultimi dovrebbero tuttavia essere affidate piů che altro alla buona gestione dell'attivo e del passivo delle banche nonché alle loro attitudini e alla loro politica nei riguardi dei rischi assunti o assumibili.
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4

Gedda, Luigi. "Come Nacque l'Istituto Mendel." Acta geneticae medicae et gemellologiae: twin research 46, no. 3 (July 1997): 129–33. http://dx.doi.org/10.1017/s0001566000000532.

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Abstract:
Nelle aule delle Università di Pavia, Milano e Torino che ho frequentato a motivo dei continui spostamenti della mia famiglia ho trascorso e concluso il mio “curriculum” conseguendo la laurea in Medicina nel 1927 e poi la Libera Docenza in Patologia Speciale Medica nel 1931.Nel mio trasferimento a Roma ebbi l'intuizione della Genetica studiando i caratteri somatici di una coppia di gemelli identici osservandone la concordanza contemporanea caratteristica ed in particolare la concordanza anche quantitativa di polimorfismi ematici, in particolare delle frazioni del glutatione ematico. Le concordanze nei gemelli monozigotici mi aprirono la strada alla genetica. Questo avvenne nel 1933.Nel 1938, ebbi occasione di conoscere Madre Luisa Tincani che avendo fondato un Istituto Superiore parificato per religiose si trovava in difficoltà perché avrebbe dovuto rispettare il decreto del Governo fascista sull'insegnamento delle leggi razziali. Ritenni che avrei potuto aggirare l'ostacolo insegnando a quelle religiose le leggi di Mendel che sono il punto di partenza per lo studio di ogni carattere ereditario normale o patologico.Quel mio corso andò benissimo in quanto insegnai non solo le leggi di Mendel ma conobbi la figura di un grande personaggio sacerdote, confessore dei prigionieri nel carcere dello Spielberg e Abate che, nel giardino del convento conduceva le sue esperienze che ebbero come oggetto principale il pisum sativum. cioè il pisello.Mentre andavo approfondendo la mia conoscenza dell'Abate agostiniano Gregorio Mendel mi sorprendevo che a Roma non ci fosse nessuna traccia di lui. Di qui nacque l'idea di creare in Roma un Istituto dedicato alla Genetica che portasse il suo nome anche perché questa scienza aveva, nel frattempo, fatto dei passi giganteschi, per cui progettai di costruire nelle adiacenze della Università “La Sapienza” un Istituto che portasse il nome di Mendel (Fig. 1).
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5

Tenconi, Massimiliano. "Note sul campo per prigionieri di guerra n. 57 di Grupignano 1941-1943." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 266 (September 2012): 96–102. http://dx.doi.org/10.3280/ic2012-266005.

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Abstract:
Nel corso della seconda guerra mondiale sull'intero territorio italiano crebbe il numero dei campi di concentramento per i prigionieri catturati durante le operazioni belliche sui vari fronti. Da circa 60, con 26.000 prigionieri, nella primavera del 1942, essi diventarono 72 (molti dei quali articolatisi nel frattempo in svariati sottocampi di lavoro), con poco meno di 80.000 prigionieri, alla vigilia dell'armistizio. Se la storiografia ha alquanto trascurato il tema generale dei prigionieri di guerra in Italia, sia per quanto riguarda le condizioni in cui essi vissero sia per quanto riguarda le strutture e i meccanismi burocratici attraverso cui vennero gestiti, tuttavia una significativa attenzione č stata rivolta alla realtŕ di singoli campi. Questo breve studio illustra quella del campo di Grupignano (campo Pg 57), riservato in prevalenza a prigionieri australiani e neozelandesi, basandosi soprattutto su fonti primarie e secondarie straniere, e vuole dare un contributo alla costruzione dell'atlante concentrazionario della penisola nel periodo del secondo conflitto mondiale.
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6

Bragazzi, Nicola Luigi, and Cristina Tornali. "La medicina del rinascimento e la scoperta della circolazione minore." Acta medico-historica Adriatica 15, no. 2 (2017): 271–82. http://dx.doi.org/10.31952/amha.15.2.5.

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Abstract:
Michele Serveto (1511-1533) è stato un umanista, medico e teologo. Si dedicò allo studio della Bibbia e si interessò anche alle scienze, astrologia, meteorologia, filosofia scolastica, geografia, legge, anatomia e matematica. Michele Serveto sviluppò una solida conoscenza delle lingue classiche (latino, greco ed ebraico) che egli utilizzerà molto per i suoi studi. Dopo i primi studi in casa e poi nella scuola del convento di Monte-Aragón, nel 1524 Serveto prestò servizio per due anni presso Juan de Quintana di Majorca, dottore alla Sorbona di Parigi, francescano minorita e importante membro delle Cortes di Aragona. Inizialmente sembrava essere destinato al sacerdozio ma poi, all’età di diciassette anni, nel 1528, Serveto fu mandato dal padre a studiare legge all’università di Tolosa, prestigiosa università per gli studi di giurisprudenza, ma dopo appena un anno abbandonò richiamato nel 1529 da Quintana, diventato nel frattempo confessore personale dell’imperatore Carlo V. È stato tardivamente riconosciuto come il primo medico – almeno in Europa – ad aver descritto la circolazione polmonare o circolazione minore. Per le sue posizioni contro la Trinità, è stato arrestato, processato e mandato al rogo a Champel, nel sobborgo ginevrino. Serveto rappresenta un profondo innovatore, sia nell’ambito della teologia che della medicina, un martire e un gigante del libero pensiero.
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Masia, Mariantonietta. "Il tema di Lara. I disturbi dissociativi. Un percorso di integrazione tra psicoterapia individuale e gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare." INTERAZIONI, no. 1 (April 2022): 68–81. http://dx.doi.org/10.3280/int2022-001009.

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Abstract:
Riflessioni sul percorso psicoterapeutico nei disturbi dissociativi, tra dimensione individuale e gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare. Nel corso della psicoterapia individuale, spesso per il terapeuta risulta chiaro che sono presenti parti dissociate importanti, così pure risulta chiara la percezione di quanto tali difese dissociative siano state necessarie, le uniche disponibili per proteggere il soggetto dalla paura dell'inondazione di sentimenti dolorosi e intollerabili, non pensabili; dalla paura di traumi vissuti e del loro riproporsi. Si tratta, come afferma Bromberg, di difese necessarie per mantenere la necessaria continuità e integrità del Sé. La simultanea partecipazione al gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare può essere molto importante per il soggetto per avere la possibilità di entrare in contatto con parti dissociate di sé, altrimenti tenute a distanza, anche se nel frattempo, ci si impegna in un lavoro psicoterapeutico individuale. L'ascolto in seduta del paziente ci può mostrare, anche con molta chiarezza, quanto la par-tecipazione al gruppo gli permetta di avvicinare la sofferenza, sostenuto anche da una rete di relazioni e significati condivisi. Il contributo delle due dimensioni terapeutiche può consentire, allargando e alternando i due campi di lavoro, di aprire spazi di elaborazione e consapevolezze nuove, utilizzabili per favorire un'integrazione tollerabile per il soggetto e per la stessa coppia terapeutica.
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8

Iacobucci, Gabriella. "Il lungo viaggio di Ricci: vicende di una traduzione." Italian Canadiana 35 (August 18, 2021): 183–89. http://dx.doi.org/10.33137/ic.v35i0.37226.

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Abstract:
Dopo trent'anni circa dall'uscita della versione italiana di Lives of the Saints, il primo romanzo dello scrittore canadese Nino Ricci, questo articolo intende fare un bilancio di quello che ha significato per l’Autrice tradurre la trilogia di uno scrittore di origine molisana diventato poi uno degli autori più importanti della letteratura italocanadese. In esso si ripercorrono i momenti salienti di questa sua avventura letteraria e umana, spiegando quello che ha compreso, nel frattempo, a proposito della traduzione e del “ritorno”. Lo studio sottolinea inoltre, citando alcuni passi della versione italiana, con quanta originalità di invenzione poetica Ricci sia riuscito a raccontare i sentimenti racchiusi nella voce Nostos.
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9

Bandini, S., M. Gallo, L. Caroti, N. Paudice, and L. Moscarelli. "Iperparatiroidismo ipercalcemico post-trapianto renale: un problema per il nefrologo." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 4 (January 24, 2018): 1–6. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1490.

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Abstract:
Descriviamo un caso di una paziente dializzata, sottoposta a paratiroidectomia pre-trapianto: la PTX non è stata risolutiva per mancato reperimento della IV ghiandola; a 6 mesi dall'intervento si è manifestata, infatti, una recidiva dell'iperparatiroidismo. Nel frattempo si è presentata la possibilità di eseguire un trapianto renale. Nonostante la “recidiva” dell'IPT, è stato deciso di optare per il trapianto renale che è stato effettuato con successo e con recupero precoce della funzione renale: si è manifestato, però, nel post-trapianto, un iperparatiroidismo residuale ipercalcemico. Di fronte al rischio di rendere aparatiroidea la paziente con una nuova PTX, si è optato per una terapia farmacologica. Per 6 anni la paziente trattata con calcitriolo (0,5–0,25 mcg a giorni alterni, con periodiche interruzioni dovute all'ipercalcemia) e difosfonati a cicli, ha mantenuto livelli di calcemia e di paratormone al di sopra dei valori di normalità senza raggiungere livelli di rischio, mentre il VFG si è mantenuto stabilmente nella norma. Nel dicembre 2008 a seguito di una frattura della branca ischio-pubica e per un progressivo incremento nell'ultimo anno dei livelli di calcemia e del PTH viene deciso di iniziare la somministrazione “off label” di Cinacalcet, di sospendere gradualmente lo steroide e di sostituire la ciclosporina con il Tacrolimus. Nei 3 anni di trattamento abbiamo notato, mantenendo costante la dose somministrata di Cinacalcet (30 mg/die), una riduzione significativa e persistente nel tempo dei livelli di calcemia e del PTH e un incremento della fosforemia. La funzione renale è persistita stabile senza episodi di rigetto. Indagini tomodensitometriche ripetute hanno rilevato un quadro di osteopenia sostanzialmente invariato. La nostra singola ma prolungata esperienza conferma in accordo con dati recenti della letteratura e in attesa dei risultati di uno studio RCT attualmente in corso, che questo farmaco può rappresentare una reale alternativa alla PTX mostrando grande efficacia e mancanza di effetti collaterali.
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Romano, Cesare. "La scrittura dell'Uomo dei topi (1909): Freud tra Jung e Adler." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 1 (March 2021): 77–118. http://dx.doi.org/10.3280/pu2021-001008.

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Abstract:
. Attraverso una rilettura del caso clinico dell'Uomo dei topi di Freud del 1909, questo scritto si propone di dimostrare due tesi. La prima, che nella stesura del caso clinico Freud fu influenzato non solo da Jung, come ha sostenuto Mannoni (1969), ma anche dal pensiero che Adler aveva espresso in due relazioni alla Società Psicoanalitica di Vienna. In una di queste espose il caso di un paziente ereutofobico la cui infanzia aveva molti punti di contatto con quella del paziente di Freud, e nell'altra affrontò il tema del sadismo nella vita normale e nella nevrosi. Alcuni aspetti di queste relazioni sono rintracciabili nella scrittura di Freud. La seconda tesi sostiene che Freud non era in grado di mantenere la promessa, fatta all'inizio del suo scritto, di sviluppare le teorie del 1896 contenute in Nuove osservazioni sulle neuropsicosi di difesa perché nel frattempo aveva abbandonato la teoria del trauma sessuale che costituiva il perno di quelle teorie, e il trauma sessuale non svolgeva più alcun ruolo eziologico nel suo caso clinico, analogamente al caso clinico esposto da Adler.
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Dissertations / Theses on the topic "Nel frattempo"

1

RIMA, Matteo. "Il romanzo testamento." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11562/396537.

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Abstract:
La tesi si propone di individuare e di definire una sorta di (sotto)genere letterario fin qui mai trattato, quello del romanzo-testamento. Con questa definizione mi riferisco a tutte le opere scritte all’interno della “dimensione della morte”, ovvero la fase della vita in cui il pensiero della morte diviene dominante. Questo accade solitamente per tre possibili motivi: per l’età avanzata, per una grave malattia o per una precisa volontà suicida; a queste tre motivazioni corrispondono altrettanti capitoli, ognuno dei quali approfondisce quattro diversi testi (romanzi, racconti o fumetti che siano). La situazione nelle quali gli autori realizzano le rispettive opere è estremamente differente: chi affronta la morte in tarda età può permettersi di scrivere con una certa serenità, nella consapevolezza di avere completato naturalmente il proprio percorso; chi muore anzitempo, per malattia, rimpiange gli anni che non potrà vivere e realizza opere animate da una notevole tensione narrativa; chi sceglie di darsi volontariamente la morte si rivolge al mondo con atteggiamento di sfida, per quanto il suo sguardo si dimostri freddo e distaccato. Segue quindi un’appendice nella quale si analizzano altri tre romanzi: originariamente contenuti nei tre capitoli iniziali, essi sono stati successivamente stralciati in quanto sfuggivano a una precisa categorizzazione e male si amalgamavano agli altri; peraltro, tali romanzi erano troppo pertinenti per ignorarli, per cui sono stati trattati in un’apposita sezione. Capitolo 1. Il vecchio scrittore e la morte. I romanzi analizzati sono Deux anglaises et le continent (Henri-Pierre Roché, 1956), Mercy of a Rude Stream (Henry Roth, 1994-1998), The Captain Is Out to Lunch and the Sailors Have Taken Over the Ship (Charles Bukowski, 1998) e Ravelstein (Saul Bellow, 2000). Quattro opere realizzate da autori piuttosto avanti con l’età (si va dai 72 anni di Bukowski agli 89 di Roth) che si rivelano interamente o parzialmente autobiografiche: Roché rivive una fase della propria giovinezza, romanzandola; Roth ripercorre i tredici anni vissuti ad Harlem tra il 1914 e il 1927 dedicandovi ben quattro volumi (per un totale di circa 1500 pagine); Bukowski tiene un vero e proprio diario in cui racconta le proprie esperienze quotidiane; Bellow narra la propria amicizia con Abe Ravelstein, intellettuale ebreo morto qualche anno prima. L’unico dei quattro a usare il proprio vero nome è Bukowski; gli altri tre ricorrono ad altrettanti alter-ego che peraltro nascondono poco o nulla della reale identità dei personaggi. Capitolo 2. Lo scrittore e la malattia. Il capitolo si apre con l’analisi degli ultimi romanzi di Leonardo Sciascia, Il cavaliere e la morte (1988) e Una storia semplice (1989). Si prosegue con il testo più breve esaminato nella presente ricerca: “Nel frattempo”, racconto a fumetti di sei pagine realizzato da Magnus (nome d’arte di Roberto Raviola) nel 1996; si termina quindi con Le soleil des mourants, scritto da Jean-Claude Izzo nel 1999. Si tratta di opere realizzate nell’imminenza della morte (Una storia semplice, “Nel frattempo”) o comunque nella piena consapevolezza che la vita sta per giungere al termine (Il cavaliere e la morte, Le soleil des mourants). Nonostante ognuno dei quattro scritti contenga elementi autobiografici, nessuno di essi è puramente autobiografico: Sciascia scrive due polizieschi, Magnus una commedia, Izzo un dramma on the road. I quattro protagonisti sono accomnati da un fatto: tutti loro si confrontano con la malattia, reale (Il cavaliere e la morte, Le soleil des mourants) o metaforica (Una storia semplice, “Nel frattempo”) che sia. L’unico a uscire vincitore da questo confronto è il personaggio di Magnus; gli altri risultano tutti sconfitti, seppure in misura diversa (la sconfitta è totale per Izzo e lo Sciascia del Cavaliere e la morte, mentre è solo parziale in Una storia semplice). Capitolo 3. Lo scrittore e il suicidio. I testi analizzati nel terzo capitolo sono Le feu follet (Pierre Drieu la Rochelle, 1931), Dissipatio H.G. (Guido Morselli, 1973), “Good Old Neon” (David Foster Wallace, 2004) e Suicide (Édouard Levé, 2008). Realizzate da autori poi suicidatisi, queste quattro opere narrano le storie di altrettanti suicidi: tre sono biografie che ricostruiscono l’esistenza di persone realmente vissute (Feu follet racconta, romanzandola, la fine di Jacques Rigaut; “Good Old Neon” e Suicide si ispirano alla scomparsa di due conoscenti dei rispettivi autori), mentre la quarta (Dissipatio H.G.) è una vicenda di pura invenzione. Nonostante la presenza dei suddetti rimandi biografici, i quattro protagonisti sono caratterizzati in modo tale da divenire dei parziali alter-ego degli scrittori: la fedeltà biografica non è mai una priorità. Due di queste opere (Feu follet e Suicide) hanno uno sfondo estremamente realistico, mentre le altre due (Dissipatio H.G. e “Good Old Neon”) si svolgono in suggestivi scenari fantastico/fantascientifici, come a suggerire la volontà di abbandonare questo mondo che contraddistingue gli autori. Appendice. (In)consapevolezza di morire. I romanzi qui raccolti sono tre: Palomar (Italo Calvino, 1983), Gli ultimi giorni di Pompeo (Andrea Pazienza, 1987) e Camere separate (Pier Vittorio Tondelli, 1989). L’ultimo è stato scritto da un autore che sapeva di essere affetto da AIDS e che, pertanto, era consapevole che non sarebbe sopravvissuto molto (per quanto la natura della malattia lo autorizzasse a sperare che la fine fosse ancora lontana); gli altri due sono invece opera di scrittori che erano in buone condizioni di salute e non sospettavano che di lì a poco sarebbero morti; eppure, al termine dei rispettivi romanzi, essi uccidono i propri protagonisti (entrambi alter-ego). Il capitolo si occupa appunto di individuare la connessione, evidente o sotterranea che sia, tra il destino del personaggio e quello del suo autore. La condizione nella quale si giunge al termine della vita influenza inevitabilmente l’approccio alla scrittura. La relativa serenità che contraddistingue chi si avvia a morire in tarda età fa sì che il vecchio scrittore si dedichi principalmente a una narrativa apertamente autobiografica che ricorda il passato, in modo che egli lo possa rivivere ancora una volta prima di andarsene. Chi muore anzitempo e incolpevole, a causa di una malattia, guarda con rimpianto agli anni futuri che non avrà la possibilità di vivere: scrivere in questo stato d’animo conduce alla realizzazione di opere con una componente didattica, che mirano a trasmettere un messaggio universale. Il desiderio di raggiungere un ampio numero di lettori fa sì che l’autore ricorra alla narrativa di genere; alla base di tale atteggiamento c’è la volontà di esercitare una forma di controllo su un futuro a cui non si potrà assistere in prima persona. Lo scrittore suicida, infine, realizza con il proprio ultimo romanzo una lunga lettera d’addio: egli dimostra la propria volontà di evadere dal mondo dando vita a elaborati scenari di fantasia oppure descrivendo una realtà all’interno della quale si trova spaesato, fuori posto. In un caso come nell’altro, egli vuole fuggire da questo mondo per andare alla scoperta dell’altro. A prescindere dal tipo di morte che li attende, gli scrittori che hanno raggiunto l’ultima fase della propria vita non usano metafore o giri di parole: nelle proprie opere, essi presentano direttamente la propria situazione. Pertanto, i protagonisti dei loro romanzi-testamento sono anziani che riflettono sulla loro prossima morte, oppure persone mortalmente malate, oppure giovani uomini dalle chiare tendenza suicide: in poche parole, personaggi che sono alter-ego totali o parziali dei rispettivi creatori.
The aim of this doctoral thesis is to identify and to define a new and previously unseen literary sub-genre: the “testamentary novel”. By saying so, I embrace all the works of literature that have been written by an author who is living within the “dimension of death”, that is to say the stage of life in which the idea of death has become overwhelming. This may happen because of three main reasons: old age, severe illness or suicidal tendencies. Three different situations that originate three different kinds of narratives: a man who faces death in his old age writes relatively peacefully, knowing that he has naturally come to the end of his life; a man who dies prematurely, by illness, regrets all the future years that he won’t be able to live and writes works of literature that vibrate with narrative tension; a man who voluntarily gives an end to his own life addresses the whole world as if to defy it, and yet writes in a cold and detached style. After these three chapters there is an appendix in which I analyze three other novels: they were initially meant for the already existing chapters, but then I realized that they didn’t belong there, being quite eccentric and avoiding every clear classification, so I left them out. However, they were too pertinent to be totally ignored, so I put them in this separate section (that so became a sort of fourth chapter). Chapter 1. The old writer and death. In this first chapter I analyze the following novels: Deux anglaises et le continent (Henri-Pierre Roché, 1956), Mercy of a Rude Stream (Henry Roth, 1994-1998), The Captain Is Out to Lunch and the Sailors Have Taken Over the Ship (Charles Bukowski, 1998) and Ravelstein (Saul Bellow, 2000). Written by aged authors (spanning the age range 72 to 89, Bukowski being the “youngest” and Roth the oldest), these four narratives are either entirely or partially autobiographical: Roché tells a story about his long gone youth; Roth retraces (in a four-volumes and 1500 pages novel) the thirteen years he lived in Harlem as a kid, between 1914 and 1927; Bukowski keeps an actual diary in which he writes about his daily life; Bellow gives an accout of his friendship with the recently deceased Abe Ravelstein. The only writer who uses his real name in the narrative is Bukowski, whereas the other ones adopt three well recognizable alter-egos. Chapter 2. The writer and the illness. The second chapter begins with the last two novels written by Leonardo Sciascia, Il cavaliere e la morte (1988) and Una storia semplice (1989). These novels are followed by the shortest story analyzed in this thesis: “Nel frattempo”, a six-pages graphic novel that Magnus (Roberto Raviola’s nom de plume) wrote and drew in 1996; the second chapter is completed by Le soleil des mourants, a novel by Jean-Claude Izzo (1999). These narratives have been written by authors who were severely ill and were fully aware that they would die shortly. Each one of the four stories is partly autobiographical, but no one of them is completely autobiographical: Sciascia writes two detective novels, Magnus writes a sort of dark comedy and Izzo writes an extremely dramatic story which resembles a classic tragedy. The four protagonists have one thing in common: they all face illness, sometimes actual (Il cavaliere e la morte, Le soleil des mourants) and sometimes metaphorical (Una storia semplice, “Nel frattempo”). The only one of them who clearly wins this peculiar battle is Magnus’ character; the other ones all suffer a defeat (a total defeat in Le soleil des mourants and Il cavaliere e la morte, a partial defeat in Una storia semplice). Capitolo 3. The writer and suicide. The four works of literature analyzed in the third chapter are the following ones: Le feu follet (Pierre Drieu la Rochelle, 1931), Dissipatio H.G. (Guido Morselli, 1973), “Good Old Neon” (David Foster Wallace, 2004) and Suicide (Édouard Levé, 2008). Written by authors who have actually committed suicide, these narratives tell the stories of four suicidal men: three of them are biographical accounts (Feu follet tells about Jacques Rigaut’s suicide, while “Good Old Neon” and Suicide are inspired by the suicides committed some years before by two acquaintances of the authors), the fourth one is entirely fictional. However, these biographical accounts are deliberately inaccurate, so the characters portrayed by the writers become eventually their partial alter-egos. Two of the four narratives take place in a completely realistic setting; on the other hand, the background of the other two is imaginary and fantastic, as if to suggest the authors’ desire to leave the world he’s still living in. Appendix. (Un)aware to die. In this appendix, which is a sort of fourth chapter, three novels are analyzed: Palomar (Italo Calvino, 1983), Gli ultimi giorni di Pompeo (Andrea Pazienza, 1987) and Camere separate (Pier Vittorio Tondelli, 1989). The third one has been written by a man who was suffering from AIDS and was therefore aware that he wouldn’t survive much longer (even if he couldn’t foresee the specific moment of his future demise, of course); on the contrary, the two other novels have been written by two healthy men who couldn’t imagine that they would die a few months after having completed their works; nevertheless, at the end of their narratives they both kill their main character (who is clearly their alter-ego). There is indeed a connection between the death of the character and the death of the author, and this appendix aims to identify it. After having analyzed these fifteen narratives I realized that different kinds of death originate different kinds of writing. The man who dies in the relative peacefulness of his old age is naturally encouraged to write about his past life, so he can relive it one last time. When a man dies prematurely, because of an incurable disease, he regrets all the future years that he won’t be able to live: he writes a somehow educational work of literature, a novel containing a universal message that aims to teach something to the ones who will survive him; in order to reach the maximum amount of readers, he makes use of an “easy” genre, such as comedy or detective novel. He does so because he wants to use his narrative in order to exert a sort of influence over the future (even if, or just because, he knows that he won’t be there in person). The suicidal man writes his final novel as if it were a long suicide letter: he shows off his strong desire to leave this life by making up imaginary worlds or else describing a reality that doesn’t fit him, a world in which he just can’t find his proper place. Apart from the kind of death that awaits them, the writers who have reached the final stage of their life don’t use metaphors or circumlocution: in their novels, they plainly present their own situation. So, the main characters of their testamentary works of literature are old men who muse about dying, or persons severely ill, or young men with suicidal tendencies: in short, these characters are total or partial alter-egos who have the specific duty of standing in for their creators.
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Books on the topic "Nel frattempo"

1

1971-, Pietroni Barbara, ed. Viaggio nel viaggio: Anche per chi nel frattempo si fosse perso. Milano: La vita felice, 2012.

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2

Horns, Mark. Libro Da Colorare Di Babbo Natale con Soluzioni: Tieni Occupati I Tuoi Bambini Nel Frattempo Adempi I Tuoi Impegni. Independently Published, 2019.

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