Dissertations / Theses on the topic 'NAZIONALISTI'

To see the other types of publications on this topic, follow the link: NAZIONALISTI.

Create a spot-on reference in APA, MLA, Chicago, Harvard, and other styles

Select a source type:

Consult the top 50 dissertations / theses for your research on the topic 'NAZIONALISTI.'

Next to every source in the list of references, there is an 'Add to bibliography' button. Press on it, and we will generate automatically the bibliographic reference to the chosen work in the citation style you need: APA, MLA, Harvard, Chicago, Vancouver, etc.

You can also download the full text of the academic publication as pdf and read online its abstract whenever available in the metadata.

Browse dissertations / theses on a wide variety of disciplines and organise your bibliography correctly.

1

Gandolfi, Michele <1994&gt. "Nazionalismo e istruzione: Analisi della politica educazionale come mezzo di diffusione dell’ideologia nazionalistica, nel Giappone moderno e contemporaneo." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15702.

Full text
Abstract:
L'obiettivo di questo elaborato è comprendere se la politica dell’istruzione del Giappone contemporaneo possa essere parte di un progetto governativo, mirato alla ricostruzione di uno spirito nazionalista; si cercherà inoltre, di analizzare l’odierno tessuto sociale nipponico, per determinare se una politica di questo tipo possa essere verosimilmente efficace, come lo è stata quella imperialista, nell’esercitare una certa influenza sui cittadini giapponesi. Al fine di perseguire questo scopo, il processo di ricerca sarà suddiviso in due sezioni principali. La prima tratterà della politica dell’istruzione nel periodo imperialista/militarista, focalizzandosi sull’insegnamento della lingua nazionale, il kokugo. La politica linguistica è stata di fondamentale importanza per il governo nazionalista, in quanto da un lato è stata uno dei pilastri di sostegno della sua ideologia, dall’altro è stata una delle motivazioni alla base della sua politica colonialista. La politica linguistica si è legata progressivamente al nazionalismo ed ha dato origine ad effetti, soprattutto sui cittadini giapponesi, non soltanto sul piano linguistico ma anche su quello ideologico; ciò ci serve per comprendere il ruolo basilare che l’istruzione ha svolto negli anni dell’Impero e funge quindi da chiave di lettura per la sezione successiva dell’elaborato. Essa costituisce il fulcro di questo progetto di tesi. Si prosegue infatti con l’analisi della politica dell’istruzione, ma in particolare si focalizzano i provvedimenti, intrapresi dal Giappone contemporaneo, nell’ambito dei manuali di 社会歴史 (shakai rekishi, “storia della società”) impiegati nelle scuole secondarie di primo grado. Verrà condotto uno studio sulle modalità con cui il governo attuale, attraverso il Ministero dell’Istruzione, che delinea le linee guida per i libri di storia e ne approva la pubblicazione, espone la storia del Giappone moderno e in particolare gli avvenimenti relativi al periodo nazionalista e colonialista. A questo punto le due sezioni dell'elaborato si saldano: l'analisi storico-politica e socio-linguistica del nazionalismo giapponese, che ha costituito il punto di partenza, consente di esaminare, con un approccio critico, il rapporto attuale tra nazionalismo e istruzione. I manuali di "storia della società" possono costituire degli indicatori per capire meglio questa relazione? Dietro trattazioni poco dettagliate di fatti storici, oppure dietro la scelta di modificare la denominazione di eventi di rilevanza internazionale, si può nascondere ancora l'ideale nazionalistico? Forse esiste tuttora il tentativo, da parte delle autorità nipponiche, di omettere dai libri di testo, rivolti ai giovani studenti, la verità sul loro passato, o addirittura di trasmettere una visione alterata della storia, al fine di riportare in auge lo spirito nazionalista. A prescindere dall’esistenza di un effettivo interesse da parte dell’attuale governo di attuare una politica di revisionismo storico finalizzata alla rivitalizzazione di un sentimento nazionalista, e dalla predisposizione dei cittadini giapponesi ad assorbirla, attraverso questo elaborato si vuole comunque evidenziare la centralità che la politica dell’istruzione continua a rivestire nella trasmissione di ideali di stampo nazionalista.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Bosello, Lara <1993&gt. "Il Nazionalismo Ucraino." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17092.

Full text
Abstract:
Il tema centrale di questo elaborato è il nazionalismo ucraino. Movimento che, sebbene sia iniziato tra il Medioevo e l’Epoca Moderna, ha preso nel tempo connotazioni diverse, muovendosi da un piano culturale ad uno più politico. Oggi l’Ucraina si trova al centro dell’attenzione geopolitica mondiale, in particolar modo in seguito ai disordini sfociati nel paese tra il 2013 e il 2014. Ma cosa ha provocato questo conflitto? Nella mia indagine ho ricercato le origini di questo paese, l’importanza che esercita a livello internazionale e lo sviluppo del sentimento nazionalista ucraino.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Contin, Chiara <1996&gt. "Luci ed ombre nell'iconografia della Bharat Mata: la strumentalizzazione nazionalista." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20439.

Full text
Abstract:
La tesi in questione desidera osservare da vicino il protagonismo dell'immaginario nazionalista della Bharat Mata definitosi nel Subcontinente indiano durante il movimento swadeshi quale simbolo d'autoaffermazione identitaria. L'icona femminile del nazionalismo nasce ufficialmente con l'opera del pittore Abanindranath Tagore del 1905 "Bharat Mata" sviluppandosi in un apparato illustrativo alquanto vasto, utilizzato ai fini della promozione della lotta per la causa nazionale. La donna ritratta da Tagore legittima un’estetica androgina, sacrificante, ben lontana, perciò, dai canoni scultorei della classicità. La nota icona del nazionalismo presenta un vocabolario di sottomissione, dato il suo tratto di castità si apre, indubbio, la questione circa la legittimità della rappresentazione e si articola la critica riguardo il modello femminile promulgato, che ben si conforma alla tragica situazione domestica della donna in età moderna. L'ammirazione nei confronti del modello sociale costruito ad hoc si esaltò attraverso la personalità moralista di Sister Nivedita, oggetto di analisi nella trattazione in questione. L'ideale casto e puro creato dal laboratorio intellettuale swadeshi si dimostrò agli antipodi rispetto, ad esempio, alla produzione pittorica di Raja Ravi Varma. Quest'ultimo, durante la sua carriera, dimostrò una piena coscienza della sensualità del corpo femminile. La rappresentazione di Tagore, oltre a non presentare tratti di sinuosità, in tutta la sua spinta nazionalista esaltava esclusivamente l'identità hindu, riducendo l'immensa varietà culturale del Subcontinente ad un'immagine uniforme. Raja Ravi Varma, invece, attraverso la sua opera “Galaxy of Musicians”, testimoniò l'unità nella diversità proponendo un modello femminile più realistico poiché variegato e multiculturale. Nonostante l'opera di Varma fosse più rappresentativa per la sua realtà multiforme, l'artista fu oggetto di pesanti critiche da parte del movimento swadeshi; il pittore venne soprattutto disprezzato per la sua eccessiva voluttuosità, la quale si poneva in contrasto con il moralismo del tempo. All'immagine iconica del 1905 seguono una serie di rappresentazioni che presentano la protagonista del nazionalismo in vesti differenti. Essa, infatti, viene immortalata in una simbolica occupazione territoriale e si presenta in una forma strettamente divina e antropomorfa. La Madre India si articola principalmente in altre due dimensioni: sia in forma animale, Gau Mata, che in forma identitaria linguistica, Matri Bhasha. Nel corso della storia moderna la Bharat Mata si trasformò in un simbolo portante del nazionalismo Hindutva ideato da Vinayak Damodar Savarkar. La Destra strumentalizzerà strategicamente la figura femminile divina creando una concezione esclusivista che rimuoveva dal quadro nazionale la comunità islamica, ritratta come pericolosa minaccia. La Bharat Mata divenne lo strumento per fomentare l'odio verso il nemico invasore, per incoraggiare alla lotta attiva e alla formazione di un modello maschile hindu virile e combattivo. Guardando, perciò, al quadro complessivo della rappresentazione è possibile coglierne l'attitudine discriminatoria e lo stampo prettamente politico.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Penati, Beatrice. "L’emigrazione nazionalista musulmana dall’ex Impero russo in Europa occidentale, 1919-1939." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2008. http://hdl.handle.net/11384/86036.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Battafarano, Dalila. "La tipografia come identità visiva del Galles: un processo storico-culturale di natura nazionalista." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21332/.

Full text
Abstract:
Questo elaborato si propone di offrire una riflessione sulla doppia natura della comunicazione, da un lato verbale-testuale, dall’altro grafico-visiva, attraverso una valutazione sul ruolo e l’essenza della tipografia. Di conseguenza, si è scelto di prendere in esame il caso del Galles, il cui governo ha commissionato un progetto per rilanciare l’immagine del paese nel mondo, investendo dunque in comunicazione visiva per definire e divulgare l’identità nazionale. In un primo momento, l’elaborato espone la storia del Galles, mettendo in luce il sentimento nazionalista della popolazione; sviluppa poi la definizione attorno al concetto di comunicazione; si conclude infine presentando l’esempio gallese, per dimostrare come l’elemento visivo possa effettivamente comunicare tanto quanto l’elemento testuale.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Levis, Sullam Simon <1974&gt. "La religione della nazione: Mazzini e il nazionalismo come religione politica." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2005. http://hdl.handle.net/10579/737.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Rusconi, Roberta <1987&gt. "Invenzione della tradizione e nazionalismo giapponese: il caso del Kokka Shintō." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1555.

Full text
Abstract:
Il presente lavoro tratta dell'invenzione della tradizione come di un mezzo, in molti casi, utilizzato per coadiuvare e legittimare il processo di modernizzazione giapponese. La tesi si compone di una breve panoramica sul periodo Meiji in cui vengono analizzati i profondi mutamenti che avrebbero condotto all'ascesa del moderno nazionalismo. Segue un'analisi delle dinamiche in merito all'invenzione della tradizione contestualmente al caso nipponico; elementi del passato, pratiche culturali riadattate e reinterpretate danno vita a tradizioni le cui origini, tutt'altro che remote, risalgono al secolo scorso. Il lavoro da me svolto si concentra sulle tradizioni inventate per fini egemonici, create cioè per asservire la causa nazionale e gli interessi delle élites. In particolare si illustra il fenomeno dello Shinto di Stato, nato con la Restaurazione Meiji e smantellato con la fine della seconda guerra mondiale, un periodo storico caratterizzato dal sostegno senza precedenti di un culto da parte dello Stato. Lo studio delle relazioni tra Religione e Stato permette la comprensione del processo di invenzione della tradizione.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Pizzato, Fedra Alessandra <1984&gt. "Fossili della nazione : paleontologia, antropologia e nazionalismo in Italia (1871-1915)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8836.

Full text
Abstract:
L’obiettivo generale della tesi è analizzare i rapporti tra paletnologia e antropologia e il nation building process italiano tra 1871 e 1915. Per fare questo il lavoro si è svolto su due fronti, corrispondenti a due parti della tesi. Una prima parte dedicata alle strategie di autopromozione degli scienziati e alla costruzione di diverse teorie sulle origini nazionali e alle relazioni che intercorrevano tra queste e diverse anime del nazionalismo italiano. I casi di studio analizzati in questa sezione sono in particolare quelli delle figure e delle opere di Giuseppe Sergi e Luigi Pigorini. Una seconda parte della tesi è invece dedicata alla divulgazione di tali idee e ad alcune significative modalità di interazione tra mondo scientifico, società e politica. In questa prospettiva si affrontano alcune questioni relative alla nascita dei musei nazionali e locali; si riflette sul tema dell’associazionismo borghese; si discute il problema del Trentino e della definizione dei confini nazionali dal punto di vista degli scienziati.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Dotto, Anna <1989&gt. "Stalin, dall’origine georgiana all’incarico di Commissario del popolo per le nazionalità." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5412.

Full text
Abstract:
La presente tesi di laurea è improntata sulla figura di Iosif Vissarionovič Džugašvili, noto alla storia come Stalin, il leader indiscusso dell’URSS e del comunismo mondiale per quasi tre decenni, principale autore delle Grandi Purghe, dell’industrializzazione e della collettivizzazione dell’Unione Sovietica. Lo scopo dell’elaborato è quello di studiare gli anni giovanili di Iosif Vissarionovič in Georgia, una delle province dell’ex Impero russo, per cercare di individuare i fattori che contribuirono a formare una personalità così complessa, forte e, per certi versi, ambigua, e per capire come e se tali fattori abbiano influito sulla sua attività di Commissario del popolo per le nazionalità, incarico che lo portò a trionfare sui suoi avversari nella corsa al potere dopo la morte di Lenin, e a divenire l’indiscusso leader dell’Unione Sovietica. Mentre la maggior parte degli studiosi che si sono dedicati allo studio della personalità caleidoscopica di questa figura ha concentrato il proprio interesse sulla vita e l’attività di Stalin dopo la conquista del potere, l’obiettivo di questa tesi è analizzare ciò che ha preceduto la pienezza del suo potere, focalizzandosi sull’origine georgiana ̶ quindi l’appartenenza ad una delle minoranze linguistiche dell’impero multietnico per eccellenza ̶ e sull’essenzialità della questione nazionale nell’ascesa politica dell’uomo che riuscì a distinguersi come ribelle e rivoluzionario, emergere come maggiore esperto delle minoranze nazionali, e crearsi un’ampia schiera di seguaci fino a governare l’intera Unione Sovietica.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Schiavon, Irene <1996&gt. "La politica delle nazionalità russa e sovietica: uno sguardo alla Transcaucasia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19391.

Full text
Abstract:
L’elaborato si compone di cinque capitoli, il primo, di carattere storico, analizza il processo che rese lo stato russo un Impero multietnico. Cominciando dalle conquiste russe dei Khanati di Kazan’ e Astrachan’ nel 1552 e 1556, e continuando con l’occupazione della Siberia e della Steppa, e con l’espansione verso ovest del XVIII-XIX secolo, il primo capitolo termina con il crollo dell’Impero nel 1917 e con il dibattito politico tra Lenin e Pjatakov nella politica delle nazionalità. Il secondo capitolo inizia con l’analisi della strategia adottata nei primi anni di vita dell’Unione Sovietica. Tale strategia corrisponde all’”Affirmative Action Empire” di Terry Martin, caratterizzata dall’opposizione allo sciovinismo russo tramite il riconoscimento delle forme di nazionalità locale. Il capitolo procede quindi con lo studio del Report del XII Congresso del Partito Comunista Russo (bolscevico) nel 1923 e termina con un’analisi degli anni stalinisti e della politica della “korenizacija”. I tre capitoli seguenti affrontano il caso della Transcaucasia, più precisamente, il primo è dedicato all’Armenia, il secondo all’Azerbaigian e il terzo alla Georgia. La trattazione dell’esperienza armena comincia con la sua annessione alla Federazione Transcaucasica, continuando con il risveglio nazionale e la guerra del Nagorno-Karabakh, per poi terminare con l’indipendenza armena nel 1991. Il quarto capitolo inizia con la nascita della prima repubblica islamica: la Repubblica Democratica di Azerbaigian (1918). Dopo l’analisi del periodo post-bellico , l’elaborato prosegue con l’annessione dell’Azerbaigian alla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Transcaucasica, con le prime proteste per l’indipendenza negli anni Ottanta e conclude con la prospettiva azera nella crisi del Nagorno-Karabakh. Infine, l’ultimo capitolo affronta la questione georgiana del 1922 e le minacce separatiste di Ossetia e Abkhazia.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
11

QUARANTA, Laura. "Gli studi sul nazionalismo di Benedict Anderson e la natura dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2019. http://hdl.handle.net/11695/91211.

Full text
Abstract:
«Devo essere l'unico a scrivere sul nazionalismo che non la pensa male… Penso davvero che il nazionalismo possa essere attraente. Mi piacciono i suoi elementi utopici». A pronunciare queste parole è stato un marxista “anomalo”, uno tra gli storici più autorevoli nel mondo della scienza politica e negli studi accademici sul nazionalismo: Benedict Anderson, meritevole di aver coniato il concetto di nazioni come "comunità immaginate” nel libro omonimo Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi (1983). La capacità di questo autore cosmopolita è stata l’aver indagato i meccanismi “segreti" del sentimento nazionale, quelli su cui nessuno studioso si era soffermato attentamente prima. Egli infatti, fornendo un contributo fondamentale alla ricerca sul nazionalismo moderno, è riuscito ad esplorare la "microfisica" del sentimento di appartenenza nazionale, i suoi linguaggi, la sua genesi e la sua diffusione in ambiti culturali anche diversissimi tra loro, individuando le radici del nazionalismo e delle attuali strutture nazionali non tanto nella teoria e nella prassi politica e parlamentare, quanto negli atteggiamenti e nelle pratiche condivise dagli abitanti di tale comunità. Vestendo i panni dell’antropologo, lo storico anglo-irlandese è riuscito a sviluppare una visione rivoluzionaria della questione: il rinnovamento stava nel vedere la nazione come un puro prodotto culturale, vale a dire come il frutto di una costruzione artificiosa, funzionale a precise esigenze politiche ed economiche. Il nazionalismo, pertanto, non deve essere considerato né una patologia né un’ideologia della storia moderna: Anderson lo analizzò come fenomeno paragonabile non al fascismo o al liberismo ma alle categorie antropologiche della religione e della parentela, cioè a quei complessi sistemi di credenze che danno un’impronta sostanziale alle azioni della vita quotidiana. Da qui, propose una definizione illuminante di Nazione: è una comunità politica immaginata e peraltro diversa da altre comunità immaginate che l’hanno preceduta – la comunità religiosa e lo stato dinastico. In particolare, è immaginata come intrinsecamente limitata e insieme sovrana: immaginata, in quanto gli abitanti della più piccola nazione non conosceranno mai la maggior parte dei loro compatrioti, eppure nella mente di ognuno vive l’immagine del loro essere comunità; limitata, perché è sempre immaginata con dei confini, al di là dei quali vi sono altre nazioni; sovrana, in quanto l’idea di nazione porta in sé gli ideali illuministi della autonomia e della libertà; infine è comunità poiché, malgrado le disuguaglianze e gli sfruttamenti che avvengono al suo interno, viene vissuta sempre in un clima affettivo informato da un "profondo e orizzontale cameratismo”. L’impostazione dello storico risulta stimolante di fronte ai problemi attuali e contribuisce ad un esito preciso, ovvero quello di spiazzare, scuotere l'orgogliosa sicurezza con cui spesso ingenuamente si discute di stato nazionale e di nazionalismo. Recuperando la connotazione più neutrale di questi termini, Anderson non solo mette in guardia dal consegnare il fenomeno nazionale alla pattumiera della storia, ma aiuta a comprendere la ragione d’esistere della nazione stessa. Gli studi da lui portati avanti rappresentano così uno spunto per tentare di rispondere ad un interrogativo finale: può un modello istituzionale come l’Unione Europea trovare una strada per creare un sentimento di appartenenza tra i suoi abitanti?
What is a nation? What is the main drive of a national state? Over the last two hundred years, millions of people have died but most of all have died for the name of their country. What has allowed this? And today, what position does nationalism have within the European Union? From the various answers on this subject, one of note is elaborated by the American historian, Benedict Anderson. In his most famous book “Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism”, Anderson investigates deeply one’s feelings regarding national belonging, their culture, their roots and their diffusion in different cultural settings, revealing the roots of nationalism and the actual national structure, not in their political and parliamentary practice, but more so within the shared practices of inhabitants and their communities. Therefore, similar to an anthropologist, he develops a revolutionary vision in his description: the renewal is in viewing the nation as a cultural product; that is an artificial construction. He proposes a new definition of the nation: “a political imagined community” and imagined as sovereign and limited. It is imagined in such that the inhabitants of the most smallest nation will never know all their compatriots, however each person feels part of a community; a nation is limited because it is seen surrounded by borders, beyond these limits there are other nations; sovereign for the fact that the idea of a nation is inspired by Enlightenment ideas of independence and liberty; finally, it is a community because it is lived within an affectionate environment, despite differences, inequalities and exploitation. On the last ten years Benedict Anderson has had a great influence within the study of individual relationships, societies and national organization. Following the birth of European Union , combined with globalization and the union of the European market, the national identities has gone into crisis. Considering the all above points, my research intends to develop a reflection on the national identity in the contemporary societies, evaluating the theoretical elements in general, and also the actual political and cultural debate within the European Union.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
12

Antonel, Veronica <1989&gt. "NAZIONALISMO E IDENTITÀ NEL GIAPPONE CONTEMPORANEO. Nihonjinron, Cool Japan e Tōkyō 2020." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6286.

Full text
Abstract:
In questa tesi intendo affrontare il tema del nazionalismo nel Giappone contemporaneo e della sua influenza nella costruzione e/o rigenerazione di un’identità nazionale in periodi di crisi. Inizierò trattando il nihonjinron (teorie sui giapponesi), un argomento sul quale sono stati pubblicati molti testi a partire dal dopoguerra, che negli anni Settanta e Ottanta hanno raggiunto il picco massimo. I testi sul nihonjinron intendono spiegare la rapida ripresa economica e l’enorme successo conseguito negli anni Cinquanta e Sessanta, attraverso un’unicità espressa in termini culturali, spesso facendo confronti con le culture “non-giapponesi”, riferendosi principalmente all’Europa e Stati Uniti. Le pubblicazioni considerate come nihonjinron hanno ricevuto molte critiche: Sugimoto Yoshio e Ross Mouer (1986) ne sottolineano l’ampio affidamento ad esempi di esperienze personali ed episodi quotidiani per giustificare alcune teorie sociali; mentre Peter Dale (1986) lo considera ‘un’espressione commerciale di un moderno nazionalismo’ e fa un ampio esame critico in ottica storica sulle caratteristiche uniche della cultura giapponese, così come descritta dal nihonjinron. In particolare Kosaku Yoshino (1992) definisce il nihonjinron come una forma di nazionalismo culturale, il cui scopo è quello di rigenerare la comunità nazionale creando, preservando o rafforzando l’identità culturale delle persone quando essa sembra mancare, essere inadeguata o minacciata. Tuttavia, negli anni Novanta il Giappone ha sperimentato la crisi economica dovuta allo scoppio della bolla speculativa, e la successiva recessione che ha portato pessimismo e sfiducia nell’unico paese non euro-americano che era riuscito a diventare una potenza economica mondiale. Inoltre alcuni eventi, come il terremoto di Kōbe e l’attentato alla metropolitana di Tōkyō da parte della setta religiosa Aum Shinrikyō, hanno contribuito ad accrescere la preoccupazione tra la popolazione e la perdita di fiducia verso il governo e le autorità. Come sono cambiati di conseguenza i discorsi sull’unicità dei giapponesi in epoca postmoderna? In che modo le idee nazionaliste tentano di ricostruire l’identità nazionale nei periodi dove essa è più debole? Svilupperò la mia tesi in quattro capitoli: nel primo esaminerò il nihonjinron e il contesto storico in cui si è sviluppato, le teorie a sostegno di esso e quelle che lo smentiscono, affrontando il periodo compreso tra il dopoguerra e gli anni Novanta. Nel secondo capitolo tratterò i cambiamenti che la recessione degli anni Novanta ha portato alla società giapponese, come il riconoscimento di essere kakusa shakai, una società ineguale, e del fenomeno del Cool Japan, e di come esso sia diventato uno strumento del governo per promuovere la cultura giapponese e un’immagine positiva del paese all’estero. Nel terzo capitolo analizzerò l’ultimo triennio del XXI secolo, dal 2011 al 2014, concentrandomi sulla triplice tragedia del Tohoku, evento che ha sconvolto e cambiato la società giapponese, le ripercussioni che esso ha portato a partire dall’11 Marzo 2011, e le politiche che il governo giapponese ha attuato e intende attuare per la ripresa del paese. Infine nel quarto capitolo introdurrò l’evento che si terrà a Tokyo nel 2020, le Olimpiadi, e di come questo abbia un influenza, attraverso la promozione pubblicitaria, nel sostenere una positiva immagine del Giappone nel paese e nel contesto internazionale.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
13

DE, POLI Barbara. "Cultura e nazionalismo nel Marocco coloniale: la formazione delle élite locali tra dipendenza e indipendenza (1912-1956)." Doctoral thesis, Istituto Univerrsitario Orientale, 2001. http://hdl.handle.net/10278/30910.

Full text
Abstract:
La tesi tratta dell'impatto dei percorsi educativi moderni e tradizionali nella costruzione del nazionalismo marocchino e delle ideologie politiche in Marocco dall'epoca del protettorato all'indipendenza, indagando i percorsi individuali dei maggiori leader politici e l’evoluzione dei partiti politici del paese.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
14

CARTA, ROSSELLA. "La riforma del sistema comune di asilo europeo tra principio di solidarietà e rinascita dei nazionalismi." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2021. http://hdl.handle.net/11584/313090.

Full text
Abstract:
Moving from the m the proposals for the reform of the current Common European Asylum System (CEAS) and in particular of the Dublin Regulation, the thesis analyses the concrete possibility of overcoming and modifying the current system, questioning in particular the role that Member States play and can play in this process. The focus of the research is on the difficult coexistence of two elements that seem to be fundamental at the European level: on the one hand, the principle of Art. 80 TFEU that imposes an obligation of solidarity and shared responsibility among Member States and, on the other hand, the resurgence of nationalist and restrictive policies in some European countries. Specifically, as far as the content of the thesis is concerned, chapter I analyses three general theories on asylum: the open borders thesis, which sees the right to migrate as a fundamental right; the restrictive thesis, which sees immigration control as a necessary tool to preserve national identity; and finally, a third thesis, summarised in the expression "controlled borders and open doors", which balances the regulation of flows with the protection of fundamental rights. This last thesis seems to be clearly expressed by the constitutional provisions in art. 10, paragraph 3. The second chapter, therefore, deals with the analysis of art. 10, par. 2, 3 of the Constitution, i.e. the legal condition of the foreigner in the Italian system and the constitutional right of asylum as a perfect subjective right. The third chapter deepens the analysis of the discipline of international protection by examining both the European and national contexts. The fourth chapter focuses on the crisis of the CEAS, and of the Dublin system in particular, which show their weakness and ineffectiveness especially during the refugee emergency of the 2015. In the light of the CEAS crisis, the fifth chapter analyses the projects of reform of this system, starting from the proposals of 2016 and ending with the European Pact on Immigration and Asylum of September 2020, which seem to highlight the tendency towards policies of control of the migratory phenomenon and external borders, with a compression of the fundamental rights of applicants for international protection. In conclusion, the work shows that despite the fact that there is, both at national and European level, a noble legal framework, aimed at balancing the need to manage flows and the protection of fundamental rights, in practice the policies implemented often seem to be marked by restrictive aims, aimed more at controlling flows than balancing their regulation and the right to asylum.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
15

Magno, Francesco. "Diritto e giustizia nella Grande Romania. Eredità imperiali, nazionalismo, state-building (1919-1927)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2021. http://hdl.handle.net/11572/305191.

Full text
Abstract:
Nel 1918, a seguito della vittoria nella prima guerra mondiale, la Romania inglobò all’interno dei suoi confini regioni abitate in prevalenza da popolazioni romenofone, ma precedentemente parte di grandi imperi multinazionali. Ad ovest acquisì la Transilvania, a nord la Bucovina, ex territori asburgici, e a nord-est la Bessarabia, dal 1812 appartenente all’impero russo. Nacque così la Grande Romania, uno Stato che si estendeva dall’Europa centrale fino al Mar Nero. Le regioni annesse, che contenevano al loro interno cospicue minoranze etnico-linguistiche, andavano integrate giuridicamente e istituzionalmente all’interno del Regno romeno, uniformando leggi e procedure eterogenee. La ricerca si è concentrata sul processo di unificazione giuridica e legislativa che ebbe luogo nella Grande Romania tra il 1918 e il 1927, mettendo in luce gli episodi di resistenza, da parte di esponenti delle professioni legali, ai progetti di nazionalizzazione portati avanti dal potere politico. Molti romeni formatisi nei contesti imperiali russo e austro-ungarico sperarono infatti di poter portare in Romania gli elementi positivi dei loro sistemi giuridici e legislativi, ma si scontrarono spesso con la reticenza di Bucarest. La tesi principale del presente studio è che per i professionisti della giustizia, nel periodo di transizione dagli imperi alla Grande Romania, la volontà di tutelare diritti acquisiti e posizione sociale da una parte, e il desiderio di difendere un ordine simbolico che trovava espressione nel diritto dall’altra, furono più importanti del nazionalismo nell’indirizzare la loro azione sociale e politica.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
16

Giavon, Fabio <1987&gt. "Nazionalismo e Integrazione Regionale in America Latina: un confronto tra MERCOSUR e UNASUR." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9666.

Full text
Abstract:
L’obbiettivo della tesi è quello di delineare e dare una spiegazione rispetto al ruolo ricoperto dal nazionalismo nel fallimento dei processi di integrazione regionale in America Latina. L’analisi seguirà gli approcci della teoria della dipendenza, elaborata dall’economista argentino Raul Prebisch e le concezioni di potere ed autorità, proprie delle élites politiche latinoamericane. Riguardo alla struttura dell’elaborato, sarà diviso in 4 capitoli. Il primo verterà sul concetto di “dipendenza”, analizzato nelle sue sfaccettature ed evoluzioni, nel contesto della storia economica dell’America Latina. Il secondo capitolo analizzerà dal punto di vista teorico il fenomeno dell’integrazione regionale, nell’ambito della Globalizzazione economica. Il terzo capitolo esaminerà il concetto di nazionalismo ed i processi di “nation building” nel continente latinoamericano. Il quarto capitolo, invece, partendo da una panoramica storica riguardante i fallimenti dei processi integrazionisti in America Latina, discuterà il ruolo avuto dal nazionalismo in tali insuccessi, attraverso la traiettoria e gli esiti del MERCOSUR e dell’UNASUR.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
17

Gallicchio, Alessandro [Verfasser]. "La critica d'arte al tempo dell'Ecole de Paris (1925-1933) : Oscillazioni nazionaliste e milieu ebraico / Alessandro Gallicchio." Bonn : Universitäts- und Landesbibliothek Bonn, 2017. http://d-nb.info/1138980943/34.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
18

Magno, Francesco. "Diritto e giustizia nella Grande Romania. Eredità imperiali, nazionalismo, state-building (1919-1927)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2005. http://hdl.handle.net/11572/305191.

Full text
Abstract:
Nel 1918, a seguito della vittoria nella prima guerra mondiale, la Romania inglobò all’interno dei suoi confini regioni abitate in prevalenza da popolazioni romenofone, ma precedentemente parte di grandi imperi multinazionali. Ad ovest acquisì la Transilvania, a nord la Bucovina, ex territori asburgici, e a nord-est la Bessarabia, dal 1812 appartenente all’impero russo. Nacque così la Grande Romania, uno Stato che si estendeva dall’Europa centrale fino al Mar Nero. Le regioni annesse, che contenevano al loro interno cospicue minoranze etnico-linguistiche, andavano integrate giuridicamente e istituzionalmente all’interno del Regno romeno, uniformando leggi e procedure eterogenee. La ricerca si è concentrata sul processo di unificazione giuridica e legislativa che ebbe luogo nella Grande Romania tra il 1918 e il 1927, mettendo in luce gli episodi di resistenza, da parte di esponenti delle professioni legali, ai progetti di nazionalizzazione portati avanti dal potere politico. Molti romeni formatisi nei contesti imperiali russo e austro-ungarico sperarono infatti di poter portare in Romania gli elementi positivi dei loro sistemi giuridici e legislativi, ma si scontrarono spesso con la reticenza di Bucarest. La tesi principale del presente studio è che per i professionisti della giustizia, nel periodo di transizione dagli imperi alla Grande Romania, la volontà di tutelare diritti acquisiti e posizione sociale da una parte, e il desiderio di difendere un ordine simbolico che trovava espressione nel diritto dall’altra, furono più importanti del nazionalismo nell’indirizzare la loro azione sociale e politica.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
19

Perez, Marco <1977&gt. "Luis Arana e i veterani di Euzkeldun Batzokija: la corrente ortodossa del nazionalismo basco." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4565/1/Tesi_Marco_Perez_Ams.pdf.

Full text
Abstract:
La tesi di Marco Perez intitolata “Luis Arana e i veterani di Euzkeldun Batzokija: la corrente ortodossa del nazionalismo basco”, può essere considerata come la biografia politica di uno dei personaggi più importanti del nazionalismo basco. Il lavoro di ricerca si centra fondamentalmente sull'ispiratore del nazionalismo euskaldun (e cofondatore del Partido Nacionalista Vasco) e della corrente che ne accompagnò e sostenne l'azione politica. Euzkeldun Batzokija fu il nome dato al primo circolo del PNV, fondato da Luis e Sabino Arana nel 1894. Successivamente, gli statuti del circolo e i suoi membri veterani furono presi come modello del nazionalismo primordiale (che si pretendeva definire sull'esempio dell'Ordine gesuita). Sul piano organizzativo la tesi si divide in sette capitoli che ricostruiscono il percorso politico di Luis Arana, dai primi documenti del 1879 fino alle ultime lettere inviate negli anni quaranta. Si tratta di un lungo periodo, che comprende momenti diversi della storia spagnola (dalle guerre carliste alla Guerra Civile spagnola) e del movimento aranista. In questo senso, sulla base di una generale e comparata riflessione sul nazionalismo, si analizza il movimento basco nei suoi rapporti con la modernità. Una realazione costruita attraverso concetti “diacronicamente” legati a un passato mitico e leggendario e comunque subalterna ai rapporti di forza tra le correnti del PNV. La corrente ortodossa fece sempre riferimento al nazionalismo “originario” (definito dai fratelli Arana nei primi anni del movimento) che fu un'espressione regionale del nazionalcattolicesimo spagnolo. Fu proprio Luis Arana a ricordare la finalità religiosa ed etnica del nazionalismo basco, respingendo qualsiasi aggiornamento teorico e organizzativo del PNV, intesi come una grave violazione dell'ortodossia aranista.
Marco Perez's thesis entitled “Luis Arana and the Veterans of Euzkeldun Batzokija: The Orthodoxy of the Basque Nationalism”, can be considered as a political biografy of one of the most important figure of basque nationalism. The research focuses primarily on the co-founder of the PNV (Basque National Party) and those people who accompanied and sustained his political action. Euzkeldun Batzokija was the name given to the first circle of the PNV, founded by Luis and Sabino Arana in 1894. Thereafter, the statutes of the association and its veteran members were taken as a model of primordial nationalism. In the organizational field the thesis is divided into seven chapters that reconstruct the political career of Luis Arana, from early 1879 until the final letters of 1951. This is a long period, which includes several moments in spanish history (from the Carlist Wars to the Spanish Civil War). In this sense, on the basis of a general and comparative reflection on nationalism, basque movement is analyzed in its relationship with modernity. A relationship constructed through concepts “diachronically” linked to a mythical past, however legendary, and subordinate to the power relations inside the PNV. The orthodox nationalism had always refer to the “original” nationalism (defined by Arana brothers in the early years of the movement), which was a regional expression of spanish nationalcatolicism. It was Luis Arana to remember the religious and ethnic purposes of basque nationalism, rejecting any different way to understand the theory and organization of PNV (as a serious violation of aaranist orthodoxy).
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
20

Perez, Marco <1977&gt. "Luis Arana e i veterani di Euzkeldun Batzokija: la corrente ortodossa del nazionalismo basco." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4565/.

Full text
Abstract:
La tesi di Marco Perez intitolata “Luis Arana e i veterani di Euzkeldun Batzokija: la corrente ortodossa del nazionalismo basco”, può essere considerata come la biografia politica di uno dei personaggi più importanti del nazionalismo basco. Il lavoro di ricerca si centra fondamentalmente sull'ispiratore del nazionalismo euskaldun (e cofondatore del Partido Nacionalista Vasco) e della corrente che ne accompagnò e sostenne l'azione politica. Euzkeldun Batzokija fu il nome dato al primo circolo del PNV, fondato da Luis e Sabino Arana nel 1894. Successivamente, gli statuti del circolo e i suoi membri veterani furono presi come modello del nazionalismo primordiale (che si pretendeva definire sull'esempio dell'Ordine gesuita). Sul piano organizzativo la tesi si divide in sette capitoli che ricostruiscono il percorso politico di Luis Arana, dai primi documenti del 1879 fino alle ultime lettere inviate negli anni quaranta. Si tratta di un lungo periodo, che comprende momenti diversi della storia spagnola (dalle guerre carliste alla Guerra Civile spagnola) e del movimento aranista. In questo senso, sulla base di una generale e comparata riflessione sul nazionalismo, si analizza il movimento basco nei suoi rapporti con la modernità. Una realazione costruita attraverso concetti “diacronicamente” legati a un passato mitico e leggendario e comunque subalterna ai rapporti di forza tra le correnti del PNV. La corrente ortodossa fece sempre riferimento al nazionalismo “originario” (definito dai fratelli Arana nei primi anni del movimento) che fu un'espressione regionale del nazionalcattolicesimo spagnolo. Fu proprio Luis Arana a ricordare la finalità religiosa ed etnica del nazionalismo basco, respingendo qualsiasi aggiornamento teorico e organizzativo del PNV, intesi come una grave violazione dell'ortodossia aranista.
Marco Perez's thesis entitled “Luis Arana and the Veterans of Euzkeldun Batzokija: The Orthodoxy of the Basque Nationalism”, can be considered as a political biografy of one of the most important figure of basque nationalism. The research focuses primarily on the co-founder of the PNV (Basque National Party) and those people who accompanied and sustained his political action. Euzkeldun Batzokija was the name given to the first circle of the PNV, founded by Luis and Sabino Arana in 1894. Thereafter, the statutes of the association and its veteran members were taken as a model of primordial nationalism. In the organizational field the thesis is divided into seven chapters that reconstruct the political career of Luis Arana, from early 1879 until the final letters of 1951. This is a long period, which includes several moments in spanish history (from the Carlist Wars to the Spanish Civil War). In this sense, on the basis of a general and comparative reflection on nationalism, basque movement is analyzed in its relationship with modernity. A relationship constructed through concepts “diachronically” linked to a mythical past, however legendary, and subordinate to the power relations inside the PNV. The orthodox nationalism had always refer to the “original” nationalism (defined by Arana brothers in the early years of the movement), which was a regional expression of spanish nationalcatolicism. It was Luis Arana to remember the religious and ethnic purposes of basque nationalism, rejecting any different way to understand the theory and organization of PNV (as a serious violation of aaranist orthodoxy).
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
21

Cacciatori, Mattia <1986&gt. "La Cambogia dei Khmer Rossi a processo: tra ingerenze straniere, nazionalismo e utopia rivoluzionaria." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1759.

Full text
Abstract:
La tesi vuole indagare il periodo che dal 1975 al 1979 ha segnato il destino di una nazione. Il genocidio perpetrato dai Khmer Rossi e le conseguenze internazionali, fino a portare ai processi internazionali dei nostri giorni, saranno oggetto di analisi nella dissertazione.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
22

Deidone', Mattia <1991&gt. "I movimenti giovanili nel nazionalismo catalano. Dalla fine del XIX secolo alla Seconda Repubblica spagnola." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20049.

Full text
Abstract:
La tesi ripercorre la storia del nazionalismo politico catalano dall'inizio della sua comparsa come attore principale sulla scena di Barcellona fino all'avvento della dittatura di Franco. Si considerano le principali aree politiche interessate, direttamente o indirettamente, dal fenomeno catalanista: regionalismo, repubblicanesimo progressista e radicale, separatismo (sia i piccoli gruppi di quartiere che i partiti maggiori con i rispettivi escamots) e anarchismo. Per ognuna di queste aree, si descrivono il modo in cui i più importanti movimenti politici si sono sviluppati e come sono nati i rispettivi gruppi giovanili, analizzando se questi rappresentavano semplicemente una sezione del partito per conquistare l'elettorato più giovane o se invece si trattava di organizzazioni dotate di una certa autonomia e di spirito critico verso l'azione politica dell'area di riferimento, arrivando al culmine della contrapposizione con gli scontri tra le JEREC e una buona fetta di ERC. L'intento è quello di dimostrare che questi gruppi giovanili non sono mai riusciti, anche per l'assenza di una classe dirigente in grado di capitalizzare l'attivismo e l'idealismo dei militanti e ideare un programma politico coerente, a dare vita autonomamente a un qualche progetto politico a lungo termine che andasse oltre la vaghezza ideologica di concetti astratti e condivisibili da tutti e il ribellismo fine a se stesso, senza una posizione comune su quale sarebbe dovuto essere il futuro della Catalogna.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
23

Bishaj, Arbora. "La dimensione internazionale del nazionalismo: le istituzioni internazionali nella formazione dello Stato albanese (1908-1918)." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2018. http://hdl.handle.net/11384/86061.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
24

Simone, Giulia <1982&gt. "Tutto nello Stato : l'itinerario politico e culturale di Alfredo Rocco." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2011. http://hdl.handle.net/10579/1078.

Full text
Abstract:
La tesi ripercorre la biografia di Alfredo Rocco, mettendone in luce la versatilità intellettuale nello svolgimento delle sue molteplici attività: legislatore, pensatore politico e docente universitario. La ricerca è basata sullo studio di numerosissimi documenti inediti, della più diversa natura, rinvenuti sia in archivi nazionali che esteri. In mancanza del suo archivio privato, la figura del giurista emerge grazie all’indagine dei rapporti che legano Rocco alle persone che lo circondano: parenti, colleghi, studenti, politici, giornalisti. Largo spazio è dato al periodo in cui Rocco vive a Padova, dove opera nella triplice veste di docente presso la facoltà di Giurisprudenza, militante politico nazionalista e direttore del giornale «Il Dovere Nazionale». Nominato ministro, Rocco mette in pratica, attraverso la creazione della legislazione fascista, il proprio pensiero politico, strutturato attorno alla formulazione del principio organicistico già elaborato nel corso degli anni patavini, influenzando profondamente la stessa ideologia fascista. Il percorso politico di Rocco appare tortuoso, tuttavia la logica che ispira il suo pensiero è chiara: dalla militanza radicale, passando per l’attività legislativa, fino agli interventi presso la Società delle Nazioni, la preoccupazione di Rocco è sempre quella di tutelare l’autorità dello Stato, al di sopra di tutto, anche a costo di sacrificare le libertà del singolo cittadino.
The thesis traces Alfredo Rocco’s biography, emphasising his intellectual versatility in holding different offices, i. e. that of legislator, political scholar and university professor. The research draws on the analysis of several unedited documents, extremely variegated in their nature, collected in many national and foreign archives. Given the absence of his private archive, Rocco’s portray emerges from an enquiry into his relationships with his relatives, colleagues, students, politicians and journalists. Particular attention is devoted to those years passed in Padova, when he operates, at the same time, as a university professor at the Faculty of Law, nationalist political activist and director of the review «Il Dovere Nazionale». After being appointed as a minister, through the creation of the fascist legislation Rocco puts in practice his own political thought, which is structured around the organicistic principle that he elaborated ever since he was in Padova, managing to deeply influence the fascist ideology itself. Rocco’s political experience appears tortuous, but the logic inspiring his thought is clear: since his radical activism, passing through the legislative office, until his activity at the League of Nations, Rocco’s aim always consists in preserving the State authority above all, even if that means sacrificing citizens’ liberties.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
25

Fusaro, Mélanie. "Une identité problématique : cittadinanza, nazionalità et italianità parmi les Italo-descendants en Argentine et au Brésil." Thesis, Paris 3, 2014. http://www.theses.fr/2014PA030143/document.

Full text
Abstract:
Selon la législation italienne, est Italien le fils ou la fille d’un citoyen italien. Cette transmission de la cittadinanza par droit du sang remonte à l’aube de l’Unité italienne, dans les années 1860, et à un contexte d’émigration massive, en particulier vers l’Amérique Latine. En légiférant de la sorte, les parlementaires du tout jeune Royaume d’Italie souhaitaient maintenir un lien fort avec la population émigrée dans le monde entier, pour l’intégrer, sur le principe de la nazionalità, à la construction de la Nation italienne. Depuis, la loi n’a que très peu changé, tandis que l’Italie s’est transformée de pays d’émigration en pays d’immigration. Entre-temps, les émigrés italiens se sont intégrés à leurs pays d’accueil et leurs descendants, qui sont donc légalement aussi des citoyens italiens, sont encore considérés par les parlementaires italiens comme une véritable ressource pour l’Italie : ils joueraient ainsi le rôle d’ambassadeurs d’italianità, contribuant au prestige de l’Italie à travers la diffusion de la langue, de la culture, et des produits de consommation italiens. Mais est-ce bien le cas et la législation est-elle encore adaptée à la réalité contemporaine ? À partir d’un corpus inédit de données statistiques et d’entretiens enregistrés ou filmés avec des parlementaires italiens, des représentants d’institutions italiennes à l’étranger et des Italo-descendants lors d’une recherche de terrain réalisée en Italie, en Argentine et au Brésil, nous vérifions dans quelle mesure ces derniers constituent (ou non) une ressource pour l’Italie et maintiennent un lien avec le pays d’origine de leurs ancêtres. Pour cela, nous conjuguons méthode quantitative et méthode qualitative, et pour cette dernière, nous recourons à l’analyse de discours, traquant chez les Italo-descendants les indices d’italianità et la manière qu’ils ont de l’exprimer dans leur langage et leur gestuelle. Nous abordons différents thèmes (économiques, démographiques, linguistiques, culturels, civiques) qui nous permettent de montrer que ces Italo-descendants ne constituent pas des ambassadeurs d’italianità, mais des individus aux appartenances multiples et aux identités complexes, dont le lien avec l’Italie est, à quelques exceptions près, ténu. Plus qu’un élément fédérateur unissant les Italo-descendants à leurs prétendus compatriotes d’Italie, la cittadinanza est ainsi envisagée de manière tantôt pragmatique, comme un laisser-passer permettant de voyager librement ; tantôt de manière symbolique, comme un vecteur de distinction au sein des sociétés argentine et brésilienne. Loin de se confondre, la cittadinanza, la nazionalità et l’italianità tendent en réalité à se distinguer de plus en plus dans le nouveau contexte globalisé, et invitent à réfléchir à une autre manière de préserver, entretenir ou créer un lien entre les Italo-descendants et l'Italie
According to the Italian legislation, to be Italian one must be the son or daughter of an Italian citizen. The transmission of the cittadinanza by right of blood dates back to the dawn of the Italian Unity, in the 1860s, and to a context of massive emigration, especially towards Latin America. By legislating in such a way, the parliamentarians of the young Italian Kingdom expected to keep a strong link with their migrants across the world, in order to integrate them, under the principle of nazionalità, to the construction of the Italian Nation. Ever since, the law has seen only minor changes, in tandem with the transformation of Italy from a country of emigration to one of immigration. Meanwhile, Italian migrants have integrated to their host countries and their descendants–who are accordingly Italian citizens–are still considered by the Italian legislators as a true resource for Italy: they would thus play the role of ambassadors of italianità, contributing to the prestige of Italy by diffusing the Italian language, culture, and products. But is this actually the case and is the legislation adapted to today’s reality?Using a novel corpus of quantitative data and interviews audio or video-taped with members of the Italian parliament, representatives of Italian institutions in foreign countries and Italian descendants during fieldwork undertaken in Italy, Argentina and Brazil, I investigate to what extent Italian descendants do (or do not) constitute a resource for Italy and whether they maintain a link with the country of origin of their ancestors. To that end, I conjugate quantitative and qualitative methods. For the latter, I use discourse analysis to track down the clues of italianità among Italian descendants as well as the ways in which they express it both language and gesture-wise. I cover different domains (economic, demographic, linguistic, cultural, civic) that permit to show that Italian descendants do not constitute ambassadors of italianità, but rather individuals with multiple and complex identities for whom the link with Italy is, with rare exceptions, tenuous.More than a unifying element joining together Italian descendants and their pretended compatriots in Italy, the cittadinanza is thus at times conceived in a pragmatic manner, as a free-pass allowing for unimpeded travelling; and at times in a symbolic way, as a driver of distinction within the Argentinian and Brazilian societies. Far from being the same thing, cittadinanza, nazionalità and italianità tend in reality to become increasingly divergent in the new context of globalization, which calls for a reflection on different ways of preserving, maintaining or creating a link between Italian descendants and Italy
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
26

VITALI, ELISA. "LA RETORICA DEL PRIMORDIALISMO NEL DISCORSO NAZIONALISTA DI SUZUKI TAKAO E WATANABE SHŌICHI. ANALISI DI TRE SAGGI DI NIHONJINRON." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/816797.

Full text
Abstract:
After fifty years since the boom of the Theories on Japanese culture (Nihonbunkaron) and in conjunction with the rise of Japan as a cultural superpower in the world, the official ideology of the establishment still keeps alive the stereotypes, clichés and myths connected to the particularistic paradigm of ‘Japanese nation’ which was popular since the postwar period among Japanese intelligentsia especially in the form of the amatorial essay. Far from being weakened, the Nihonjinron nationalist discourse persists and proliferates through theories, opinions, discussions dealing with Japaneseness in the form of essays, articles, academic seminars, public discussions. Re-interpreting the primordialist perspective in the field of Nationalism Studies as a category of social practice (Coakley 2017), it is especially the belief in the primordiality of Japanese nation that is recently re-assessed with renewed strength by some ideologized and influential intellectuals as Suzuki Takao and Watanabe Shōichi. Echoing the philosophical ideas of German organicism on the nation embodied by Herder and Fichte, the textual and rhetorical analysis of Suzuki’s (2016, 2017) and Watanabe’s (2008) essays offers an interesting tool to bring on the surface the ideological mechanisms underlying Nihonjinron and its ideological core, primordialism.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
27

Piccin, Matteo <1979&gt. "La politica etno-confessionale zarista nel Regno di Polonia : la questione uniate di Cholm come esempio di nation-building russo (1831-1912)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2011. http://hdl.handle.net/10579/1076.

Full text
Abstract:
Цель настоящей работы – проанализировать на примере «Холмского вопроса» русский национализм и политику руссификации, проведенную царской властью на западных окраинах империи в 19-начале 20 вв. Под «Холмским вопросом» подразумевается политика русской власти в 1831-1912 гг., нацеленная на воссоединение с Православной Церковью паствы последней «греко-католической» или «униатской» епархии в Империи в восточных губерниях Царства Польского. «Холмский вопрос» представляет собой интересный пример сложностей и противоречий между центром и периферией империи, неопределенности понятия «русской национальности», ее места и роли в многонациональной империи, а также трудности баланса между светской и церковной (как православной, так католической и греко-католической) властями на протяжении всей имперской истории.
Lo studio intende fornire un contributo all'analisi del nazionalismo russo e delle politiche di russificazione promosse dall'autorità zarista nelle periferie occidentali dell'Impero nel corso del XIX-inizio XX secolo con riferimento ad un caso specifico, la russificazione "etno-confessionale" della regione di Chełm/Cholm. Questo territorio, situato nei governatorati orientali del Regno di Polonia e abitato prevalentemente da "piccoli russi" (ucraini) e bielorussi, fu sede dell'ultima diocesi greco-cattolica (uniate) dell'Impero russo. La "questione uniate" di Cholm costituisce un significativo esempio dell'estrema complessità e contraddittorietà delle dinamiche tra il centro e la periferia dell'Impero, dei diversi modi di intendere il ruolo all'interno della cornice imperiale della nazione russa e il suo rapporto con le altre nazionalità, nonché del problematico equilibrio tra il potere civile e le istituzioni religiose: le Chiese ortodossa, greco-cattolica e cattolica romana.
Celem niniejszej pracy jest analiza rosyjskiego nacjonalizmu i carskiej polityki rusyfikacyjnej w zachodnich kresach imperium, szczególnie na przykładzie „sprawy chełmskiej" w XIX i na początku XX wieku. Chełmszczyzna, znajdująca się w granicach Królestwa Polskiego i zamieszkana głównie przez Rusinów (Ukraińców i Białorusinów) była siedzibą ostatniej diecezji greckokatolickiej (unickiej) w imperium rosyjskim. Rosyjski rząd oraz władze kościelne dążyły do rusyfikacji mieszkańców i „ponownego zjednoczenia‖ unickiej eparchii z prawosławiem. ―Sprawa chełmska‖ stanowi interesujące case study, które umożliwia nam zarysowanie pewnych aspektów w skomplikowanych i wewnętrznie sprzecznych relacjach między centrum i peryferią imperium. Daje również zrozumieć jak niejednoznaczne było samo pojęcie „narodu rosyjskiego", jak widziano jego rolę wśród innych narodów imperium, a wreszcie jak próbowano zachować równowagę między władzą świecką i duchową zarówno Cerkwi prawosławnej jak i Kościołów greckokatolickiego i rzymskokatolickiego.
This study aims to provide an analysis of Russian nationalism and of the policies of Russification implemented by the tsarist authorities in the western periphery of Russian empire from the nineteenth century to the beginning of the twentieth. The primary focus will be the "Kholm question" in the Kingdom of Poland, in which Russian civil and ecclesiastical authorities became involved in the Russification of the population. In addition, the Russian state aimed to convert the resident Ukrainian (or, as they were officially called, "Little Russian") and Byelorussian adherents of the last Greek-Catholic eparchy of the empire to Orthodoxy. The Kholm question represents an interesting case study, which enables us to outline certain aspects of the complex and contradictory relationship between the centre and the periphery of the empire, as well as the different and contrasting understandings of the place of Russian nationality and its relationship with the other nationalities. Finally, this study sheds light on the difficult balance between the Russian State and the Orthodox Church, Catholic and Greek-Catholic Churches.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
28

MARTEGANI, FIAMMETTA. "Did david betray his soldiers? An ethnographic reading of the israeli defence forces'representation in israeli cinema." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/29780.

Full text
Abstract:
Dal 1948 — anno di fondazione dello Stato di Israele — ad oggi, l’Esercito di Difesa Israeliano (Tzahal) ha rivestito un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità nazionale del Paese, non soltanto dal punto di vista strategico ma soprattutto simbolico. Se ogni nazione è infatti una “comunità immaginata”, nel caso di Israele l’immagine e l’immaginario del soldato come Davide disposto a sacrificare la propria vita pur di sconfiggere il colossale nemico, ha avuto un ruolo fondativo nella costruzione e (ri)produzione dell’identità nazionale. Per tanto il mio lavoro si propone di analizzare come tale rappresentazione iconografica sia mutata col variare dei successi (e insuccessi) bellici che hanno caratterizzato il conflitto arabo-israeliano, fino a determinare una metamorfosi nella rappresentazione del soldato, da Davide in Golia, e la conseguente crisi, tanto identitaria quanto nazionale, che oggi più che mai porta a fare i conti con il passato e con l’ambiguo rapporto fra memoria individuale e collettiva.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
29

BERTOLASI, ELISEO. "La questione dell’identità nazionale ucraina." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/77952.

Full text
Abstract:
L’Ucraina, da sempre rappresenta una “terra di mezzo” tra popoli, imperi, stati, religioni. Il suo vasto territorio prevalentemente pianeggiante, fertilissimo, attraversato da un fiume imponente il Dnepr, ha favorito questa sua condizione non solo di luogo d’incontro ma anche di scontro tra culture diverse. Il Paese ha sempre presentato profonde differenze interne non tanto etniche quanto storiche e culturali. Oggi, a poco più di 20 anni della sua nascita, l’Ucraina si trova ancora in una fase di costruzione della propria identità nazionale attraverso un processo di costruzione e di emancipazione dall’essere semplicemente considerata una variante regionale della nazione russa. Tuttavia, le due anime del Paese: una che guarda verso la Russia, l’altra che aspira all’Europa, ora hanno rotto il loro equilibrio e sono arrivate ad uno scontro i cui esiti rimangono ancora incerti.
Ukraine has always been a ""middle land"" among nations, empires, states, religions. Its vast territory, mostly flat and fertile, crossed by the magnificent river Dnepr favored its condition of cultural crossroad and clash field, at the same time. Today, a little more than 20 years after its birth, Ukraine is still building its national identity through a process of construction and of emancipation from being simply considered a regional variant of the Russian nation. The Country has always had deep internal historical and cultural differences, more than ethnic ones. However, the two souls of the country: the one that looks to Russia and the other that aspires to Europe now have broken their balance and have come to the clash, and its outcome remains uncertain.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
30

Cavagnini, Giovanni. "Il nazionalismo cattolico nella Grande Guerra (1914-1918) : un confronto tra protagonisti : i cardinali di Pisa e di Parigi." Paris, EPHE, 2012. http://www.theses.fr/2012EPHE4010.

Full text
Abstract:
Pendant la Grande Guerre (1914-1918), les évêques des Pays belligérants décidèrent de soutenir la cause nationale, en disant que la victoire de la patrie était nécessaire en vue du retour à la paix et à la vie chrétienne prêché par le souverain pontife. Ce travail vise à éclairer le discours et l'action de deux cardinaux devenus dans ces années-là des symboles de l'harmonie entre foi et patriotisme: Mgr Pietro Maffi, archevêque de Pise, et Mgr Léon-Adolphe Amette, archevêque de Paris. La thèse est divisée en quatre parties. La première est consacrée au rapport des prélats avec la modernité issue de 1789 et à leurs efforts pour faire redevenir chrétienne la société, en utilisant le culte des saints, la science, le mouvement politique et le nationalisme catholiques. La deuxième partie s'occupe des années 1914-1918, pendant lesquelles Maffi et Amette se conduisirent en alliés des autorités civiles, en dépit des graves tensions entre le Vatican et les gouvernements nationaux. La troisième et la quatrième partie expliquent comment la guerre fut commémoré par les cardinaux et, après leur mort, par les collaborateurs, les amis et les successeurs, qui soulignèrent toujours la loyauté des catholiques à l'État. Certes extrême (l'épiscopat européen ne fut pas toujours chauvin), le cas de Maffi et Amette permets d'étudier le mélange entre religion traditionnelle et religion patriotique qui fut parmi les causes de la résistance aux deuils et aux sacrifices typiques de la guerre totale
The bishops of the countries involved in World War I (1914-1918) chose to stand on their country's side, stating that military victory was necessary to end the conflict and to get back to a christian way of life, as the Pope wished. This work aims at explaining the behaviour of two cardinals who became in those years symbols of the harmony between religious faith and patriotism: the archbishop of Pisa Pietro Maffi and the archbishop of Paris Léon-Adolphe Amette. The thesis is divided in four sections. The first one is dedicated to the way the bishops dealt with the modernity arisen from 1789 and to their efforts to recreate a christian society through the saints' cult, catholic science, political organisation and nationalism. The second section focuses on 1914-1918, when Maffi and Amette openly supported the political authorities of their countries despite the tension between these ones and the Vatican. The third and the fourth section are dedicated to the war memory, celebrated by the bishops – and after their death by their assistants, friends and successors – to stress the catholics' loyal attitude towards the State. Although extreme (the european episcopate was not always chauvinist), Maffi and Amette's case sheds light on the mixture between catholicism and the patriotic religion that was among the causes of the resistance to the sufferings and sacrifices typical of the total war
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
31

Bacchin, Elena. "Italofilia. Politica e cultura nella Gran Bretagna dell'età del Risorgimento (1847-64)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3427044.

Full text
Abstract:
My doctoral dissertation analyses the British enthusiasm for the Italian Risorgimento and in particular the language and the structure of the English radical propaganda supporting the Italian cause. My research focuses on the period when the “myth of the Italian Risorgimento” - as Paul Ginsborg defined it - reached is top and particularly from the foundation of the People’s International League in 1847 until Garibaldi’s tour of Britain in 1864, the seal on the overwhelming British support for the Italian political cause.
La ricerca riguarda la propaganda radicale britannica a favore dell’unificazione italiana ed in particolare il linguaggio e le organizzazioni impegnate a tale scopo. La tesi tenta in sintesi di mettere in luce in primo luogo la dimensione popolare e diffusa del favore e dell’interesse dimostrato per la causa del Risorgimento italiano fuori dai suoi confini, attraverso l’analisi delle attività di alcune associazioni radicali filo-mazziniane britanniche e, in particolare, degli incontri e dei dibattiti dedicati alla questione italiana. Secondariamente si vuole evidenziare il trasferimento e la traduzione culturale del discorso nazional-patriottico italiano in ambito britannico, tramite l’analisi del linguaggio della propaganda che fu responsabile della diffusione dell’entusiasmo per la causa italiana. Un approccio transnazionale, l’analisi dei testi scritti e dei meeting ne sono i principali strumenti.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
32

Moreddu, Laura <1995&gt. "Il Nazionalismo Nipponico e le sue implicazioni nella politica dell’ex Premier Shinzo Abe e nelle relazioni con la vicina Corea." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19581.

Full text
Abstract:
Questo elaborato è volto a delineare il Nazionalismo Giapponese contemporaneo, partendo dalla definizione e storia dello stesso e descrivendo poi il suo ruolo nel quadro politico attuale. Nella prima parte si tratterà brevemente della nascita del nazionalismo moderno, tracciando le linee fondamentali dei movimenti e delle organizzazioni formatesi a partire dal Periodo Meiji (fine 1800) fino al dopoguerra (anni ’70, ‘80 circa). Successivamente verranno descritte le organizzazioni nazionaliste più recenti tra cui il Nippon Kaigi, il Channel Sakura, e le scelte effettuate dal Partito Liberal Democratico, al potere, e la politica conservatrice dell’(ex) presidente del partito nonché (ex) Primo Ministro Shinzo Abe, con i suoi tentativi di revisione della storia e della costituzione pacifista giapponese. Nell’ultima parte dell’elaborato, verranno analizzati, alla luce delle spinte nazionalistiche dei rispettivi leader, i rapporti complessi tra Giappone e Corea e il modo in cui vengono affrontati i nodi irrisolti della storia recente (come per esempio il problema delle Comfort Women).
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
33

AVALLI, ANDREA. "La questione etrusca nell'Italia fascista." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1006574.

Full text
Abstract:
Both classicists and historians of Fascism have discussed at length how, in Fascist Italy, the nationalist myth of ancient Rome was used as a totalitarian ideology in order to legitimise racist and imperialist politics. Integrating their analysis with the history of political uses of Etruscan identity under Fascism can prove useful to enlighten the history of Italian nationalism and racism. In fact, the Etruscans were historically associated with a regional identity, and memorialised as enemies of Rome. Since the modern age, uncertainties about their ethnic origins and the interpretation of their language prompted an international debate between different racial theories. In Fascist Italy, the Etruscans were widely considered as autochthonous people, ethnically and culturally similar to the Italic and Roman people. They were also depicted as the direct racial forefathers of modern Italians and Tuscans. The regionalist, nationalist and racist enhancement of the Etruscan civilisation under Fascism clearly emerged in modern art, literature, and certainly from historiography, archaeology and anthropology. Nonetheless, as the Fascist regime aligned itself with Nazi Germany, the representation of the Etruscans as the ancestors of the Italian and Tuscan race had to face new racial theories. A complex debate between Italian and German racists concerned the Etruscans as a potentially alien body within the Italian race. After the fall of the Fascist regime and the end of the war, Italian scholars avoided to admit their political responsibilities, and pursued their nationalist approach.
Les antiquisants et les historiens du fascisme ont étudié le mythe nationaliste de la romanité en tant qu’élément central du régime fasciste et de son idéologie impérialiste et raciste. On se sert ici de leur analyse pour faire l'histoire des utilisations politiques de l’identité étrusque sous le fascisme. Le cas des Étrusques, anciens ennemis de Rome et historiquement associés à une identité régionale, peut éclairer le fonctionnement du nationalisme et du racisme italien. Entre 19e et 20e siècles, les incertitudes sur les origines ethniques des Étrusques et sur l’interprétation de leur langue ont provoqué un débat entre théories raciales différentes. Dans l’Italie fasciste, en particulier, les Étrusques ont été généralement considérés comme un peuple autochtone, similaire aux Italiques et aux Romains, et ils ont été représentés comme les ancêtres ethniques des Italiens modernes et des Toscans. Cette valorisation régionaliste, nationaliste et raciste des Étrusques dans l’Italie fasciste est évidente dans l’art, la littérature, l’historiographie, l’archéologie et l’anthropologie. Cependant, alors que le régime italien s’aligna sur l’Allemagne nazie, cette représentation des Étrusques a dû se confronter avec des nouvelles théories raciales. Un débat complexe entre racistes italiens et allemands a fait des Étrusques un corps potentiellement étranger dans la race italienne. Après la fin du fascisme et de la guerre, cependant, les savants italiens ont réussi à éviter l’épuration et à poursuivre leurs études.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
34

Rigoni, Francesca. "Inseguire la Nazione. Ferdinando Martini e la parabola dell'Italia liberale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3427361.

Full text
Abstract:
The research is about Ferdinando Martini, an Italian politician and intellectual (1841-1928). The question that has justified this research has been the attempt to understand through which ways Martini - a man of the nineteenth century and of Risorgimento as well, son of idea of Nation, of liberals and constitutional ideas - reached fascism faith despite his political and cultural roots, such far from any authoritarian propensity. Was it a sudden conversion? Was it a long durée process? Was the biographical trajectory really contradictory or not? From this question, this research has carried on looking for evidence – far and near – that allow to approach the big break, the big transition in Martini identity. On the basis of this issue, the initial questions have been generalized to the context: was it possible to identify an overall process – underground or superficial – capable of explaining the evolution, or the involution, of the Italian liberal culture and politics?
La tesi tratta di Ferdinando Martini, politico e intellettuale italiano vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento (1841-1928). Il lavoro si concentra attorno alle svolte dell'identità culturale e politica del personaggio: depretisiano poi zanardelliano, giolittiano poi anti giolittiano, anti crispino poi crispino, anti colonialista poi colonialista, triplicista anti francese poi anti austriaco e filo francese, letterato che sostiene necessaria l'indipendenza degli ambiti e dei ruoli della politica e dell'intellettualità e al tempo stesso politico la cui attività affonda le radici in un terreno intriso di tendenze intellettuali e culturali, infine liberal democratico di tradizioni risorgimentali poi mussoliniano e fascista. La ricerca analizza ciascuno snodo e ricompone la traiettoria globale dell'identità di Martini inserendola all'interno della più ampia storia nazionale dell'Italia liberale, nel tentativo di cogliere i processi, sotterranei e di superficie, le lunghe durate, le sopravvivenze che collegano i due estremi della storia dell'Italia liberale, il Risorgimento e il fascismo.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
35

Vitzthum, Thomas Sebastian. "Nazionalismo e Internazionalismo : Ottorino Respighi, Alfredo Casella und Gian Francesco Malipiero und die kulturpolitischen Debatten zwischen 1912 und 1938 in Italien." kostenfrei, 2007. http://www.opus-bayern.de/uni-regensburg/volltexte/2008/1023/.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
36

Sogliano, Francesco <1995&gt. "“Il mio vicino Totoro”: tradizione e spiritualità per Hayao Miyazaki all’interno del discorso etnico e nazionalistico a seguito dell’esperienza bellica giapponese." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17464.

Full text
Abstract:
In questa tesi si discuterà del produttore di film d’animazione Hayao Miyazaki e di come la sua personale visione della tradizione e della cultura giapponese, espressa da lui in diverse occasioni, si inserisce all'interno del discorso nazionalista e identitario emergente nel dopoguerra. Si affronterà il tema utilizzando come caso di studio il film Il mio vicino Totoro (1988). L'analisi inizierà con una panoramica sugli eventi politici, economici e sociali del Giappone del periodo bellico. Tali eventi, rapportati poi alla loro influenza sull'animazione giapponese, saranno alla base degli sviluppi socioculturali conosciuti dal dopoguerra, per i quali si considererà anche il ruolo dell’animazione di Hayao Miyazaki. Tali sviluppi verranno a loro volta esplorati analizzando la loro rappresentazione nel film in esame tramite l’utilizzo, da parte del maestro, di elementi tradizionali tipici della cultura giapponese, nonché localizzando produttore e pellicola nello scenario postbellico. Si farà anche ricorso alle dichiarazioni del maestro in merito ad esso. L’analisi terminerà con una riflessione sullo sviluppo del tema sull'identità nel contesto sociale giapponese che va dalle porte del XXI secolo in poi, alla luce dell’evoluzione del panorama degli anime e nello specifico del lavoro del maestro, nonché del film di riferimento. Il tutto verrà localizzato non solo nella sfera dell’Asia Orientale, ma anche nel panorama euro-statunitense.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
37

Sorbera, Lucia <1976&gt. "Tra nazionalismo, cosmopolitismo e internazionalismo: figure e idee femminili egiziane prima e dopo il congresso internazionale di Roma (12-19 maggio 1923)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2006. http://hdl.handle.net/10579/511.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
38

Pagano, Alice. "Il dominio degli anglicismi nel confronto tra spagnolo e italiano: come contrastare l'influenza inglese sull'esempio della versione italiana dei film di Harry Potter." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/13730/.

Full text
Abstract:
Lo spagnolo e l'italiano, le lingue romanze “sorelle”, hanno di fronte all’influsso della lingua inglese una ricezione degli anglicismi diametralmente opposta. Il contesto storico, geografico e culturale è ciò che fa la differenza, ma non solo: il comportamento di ogni cittadino è importante. Di fronte a un'influenza così potente, che ha portato l'inglese a occupare più ambiti della società (informatico, commerciale, pubblicitario ecc.) è il singolo a scegliere se adottare la propria lingua o gli anglicismi che si diffondono sempre più, a discapito della propria lingua madre. Lo spagnolo ha ovviato a questa influenza in vari modi, cercando di adottare il minor numero di prestiti possibile o per lo meno di adattarli alla lingua spagnola. L'italiano invece ha preso la strada opposta, per questioni di prestigio o di moda, permettendo che termini italiani più che adeguati vengano rimpiazzati dall'equivalente inglese, a volte erroneamente. Sempre più anglicismi entrano a fare parte del vocabolario italiano, tuttavia, c'è chi lotta per far "resuscitare" i termini italiani che usavamo prima del "dominio inglese" o offre perfino delle alternative, trasformando gli anglicismi in termini italiani sull'esempio della lingua spagnola. La situazione si ribalta quando si prende in analisi le versioni italiana e spagnola dei film di Harry Potter: invece di tradurre o adattare ogni termine inglese alla lingua spagnola, i traduttori hanno optato per lasciare la maggior parte dei termini in inglese. Così facendo molti nomi propri "parlanti" hanno perso la loro funzione di svelarci caratteristiche sul personaggio, dato che suonano estranei all'orecchio spagnolo. Oggetti e luoghi lasciati in inglese hanno innalzato una barriera per il pubblico spagnolo, che essendo poco familiare con la lingua si è sentito disorientato. Al contrario, le traduttrici italiane hanno saputo “addomesticare” il testo di partenza, pur tenendolo saldo alla cultura di origine.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
39

URAS, ALESSANDRO. "Il precario equilibrio regionale tra nazionalismo, egemonismo e nuove strategie geopolitiche in Asia Sudorientale. L’evoluzione del rapporto tra Cina e ASEAN nel Mar Cinese Meridionale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266741.

Full text
Abstract:
This study aims to outline the role of the Association of Southeast Asian Nation (ASEAN) regarding the resolution of the dispute in the South China Sea and we aim to clarify the reasons that prevented ASEAN to handle the dispute in a more effective way. We also want to analyze the reasons behind China’s foreign policy shift in the 1990’s, starting from inception of its multilateral relationship with ASEAN. The research considers especially the whole Southeast Asian region. Such geographic boundaries will essentially expand for a strategic purpose, in order to include some extra-regional actors involved in the question, such as People's Republic of China, the United States and Japan. This aspect underlines the dual dimension of the research, which starts from a regional standpoint and then undertakes a global reach. We decided to consider the period from 1992, year of the ASEAN Declaration on the South China Sea, to 2007, year of the ASEAN Charter. The methodology chosen for this work is framed in a humanistic and multidisciplinary (historical - economical - sociological) approach, specific of the area-studies, in which the linguistic and cultural knowledge is an essential element for the success of the research and the achievement of our purpose. Considering the goals that we set for the research, qualitative method looks the most appropriate choice and it allows us to focus on a few, well-defined cases, of which it is possible to detect the most meticulous details. A significant part of our data consists of primary sources such as official documents of the associations, official statements from governments, programmatic documents, declarations and memorandum of understanding, but also provoked data such as structured interviews, participation in conferences and think-tanks. The secondary sources consists of monograph and collective books, scientific journals and newspaper articles, and were collected in Cagliari, Hamburg and Tokyo.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
40

Suparaku, Sokol <1979&gt. "Albanità in ebollizione : studio delle dinamiche dell'identità e delle rappresentazioni sociali degli albanesi nella transizione tra epoca moderna e postmoderna." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3002.

Full text
Abstract:
Questa tesi studia le trasformazioni che l’identità culturale degli albanesi ha subìto durante il suo percorso di vita, dall’epoca moderna a quella postmoderna. Lo scopo di questa analisi è applicare il contributo degli studi antropologici alla comprensione delle logiche politiche che determinano gli sviluppi socio-culturali della società albanese nel periodo indicato. Ho voluto trattare l’argomento secondo un taglio comparatistico che parte dalla descrizione delle dinamiche dell’identità albanese postmoderna, così come compare nei discorsi dell’intellighenzia albanese, per poi scendere in un’analisi critica della nascita e dello sviluppo della modernità; un’analisi che si discosta dalla versione ufficiale della storia nazionale. Infine, ho voluto confrontare le varianti dell’albanità proposte dall’intellighenzia con quelle che si manifestano nella vita quotidiana degli albanesi; queste ultime rappresentano gli effetti che l’azione della globalizzazione, «deregolamentazione» e «de-territorializzazione», ha avuto nella formazione di spinte «localiste» e di versioni frammentate dell’identità culturale della nazione albanese.
This thesis analyzes the transformations of the Albanian cultural identity in the lapse of time, since modern age to the post-modern age. The aim of this analysis is to verify the contribution of the anthropological studies in understanding the political reasons that produce the socio-cultural deve-lopments in Albanese society. I decide to face the problem in a comparative way, that start by the description of the post-modern Albanian identity, such as it has given by the Albanese intellectual elite to continue in a critical analysis of the birth and the development of modernity. This analysis distances itself from the official version of national history. Finally, I chose to compare the variation of “albanity” submitted from the intellectual elite with those that display in the everyday life of Albanese people. These ones shows the effects that the globalization action (deregulations, deterritorialization), had in the construction of localistic motivations and of fragmented versions of the cultural identity on Albanian nation.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
41

APOSTOLI, CAPPELLO ELENA. "Ribelli, attivisti, militanti e viaggiatori. Politiche e miti nella relazione fra culture antagoniste italiane e movimento zapatista in Chiapas." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2009. http://hdl.handle.net/10281/7480.

Full text
Abstract:
Résumé des chapitres Dans le premier chapitre, j’ai traité les mouvements altermondialistes émergés à Seattle en 1999. J’en ai décrit le parcours historique, international et italien, en situant les cultures « antagonistes » italiennes dans le contexte plus large des mobilisations mondiales critiques envers la mondialisation. Je les ai mises en relief en les confrontant avec les antécédents italiens des années soixante-dix. Les principaux aspects sociologiques qui caractérisent ces mobilisations sont la structure de socialisation et la mobilisation par le biais des réseaux, basée sur des interrelations faibles mais élastiques, les modalités d’autogestion mêlées aux instances anti-hiérarchiques du mouvement féministe historique, et les affiliations locales comme base des luttes, avec le dépassement des affiliations par classe. J’ai décrit les modalités de gestion de la conflictualité sociale, pratiquée et symbolique, qui caractérise ces mouvements, en analysant surtout le cas italien des manifestations de rue, qui ont eu lieux à Gênes en 2001. La notion de démocratie par le bas, développée au sein du Forum Social, structure une nouvelle idée de citoyenneté et de participation sociale sur la base des autonomies locales que les activistes revendiquent de manière stratégique comme leur horizon principal. Dans l’articulation entre local et global, toujours présente dans le discours des activistes, j’ai montré comment le « global » constituait une dimension surtout narrative, émergente par rapport au tissu des interconnexions hétérogènes entre les différentes dimensions locales. Cette dimension narrative se concrétise surtout dans un complexe de productions éditoriales qui véhiculent des imaginaires cosmopolites. A l’intérieur de ces imaginaires partagés, les autochtonies sont un élément discursif de résistance aux logiques impersonnelles et immatérielles tels que « la globalisation », le « néolibéralisme » ou « l’Empire ». Dans le second chapitre, j’ai exploré le monde proprement « antagoniste » des Centre Sociaux Occupés, les fameux CSO italiens, en décrivant l’histoire des occupations et de l’antagonisme du conflit ouvert contre l’Etat et les partis politiques historiques (en particulier le Parti Communiste Italien), pour se différencier de ces mouvements des années soixante-dix qui s’étaient alors définis comme « marxistes hérétiques ». La généalogie des idéologies des occupants des CSO trouve ses racines dans le mouvement ouvrier et étudiant des années soixante-dix, dans les autogestions et dans les pratiques d’autonomie de classe. J’ai montré comment cette période historique, sur laquelle les interprétations de la société italienne connaissent, aujourd’hui encore, de profondes divisions, a généré des fractures sociales et émotives à l’intérieur des mouvements de cette époque, qu’une partie des gauches radicales ont recousues uniquement dans les années quatre-vingt-dix, lorsque de nombreux anciens militants se sont rencontrés sur la route du Chiapas insurgé. J’ai décrit, en particulier, le cas de l’association Ya Basta, formée au sein des CSO au milieu des années quatre-vingt-dix pour soutenir les Zapatistes. Je me suis surtout arrêtée sur la composante vénitienne des CSO et de Ya Basta, liée de manière particulière aux expressions plus théoriques du mouvement ouvrier des années soixante-dix. Ceci m’a permis de confronter, à travers une ethnographie rapproché de pratiques et de discours, la figure du militant organique de cette époque avec l’activiste d’aujourd’hui, dont la socialisation personnelle est moins totalisée dans la sphère de la participation politique et qui, à la différence du « vieux » militant, se mobilise en faveur de causes plus circonscrites et est doté d’une perspective historique plus faible et plus malléable pour situer le sens de ses actions. Dans le troisième chapitre, j’ai examiné la question de l’insurrection du mouvement zapatiste mexicain. J’ai montré comment la construction intellectuelle internationale du zapatisme constituait un cas d’« orientalisme ». J’ai décrit les secteurs de la société chiapanèque que le zapatisme a mobilisés, en montrant qu’il ne s’agissait pas de la partie la plus traditionaliste de cette société, mais plutôt de couches de la population détachées des communautés traditionnelles afin de rechercher des nouvelles voies d’accès aux ressources. Elles ont sélectionné, dans le rapport dialogique qu’elles entretiennent avec les activistes internationaux solidaires, certains aspects « ethniques » de leur culture, en renforçant d’un côté les projections essentialisantes des européens solidaires, mais en activant en même temps une stratégie efficace de résistance culturelle dans laquelle l’essentialisme a un statut pleinement stratégique. J’ai montré, donc, la manière dont se démêlent les politiques culturelles des Zapatistes qui, en essayant de parler au nom de toute la population paysanne et subalterne chiapanèque, ont développé des discours et des pratiques où les catégories de la marginalisation de l’« indigène » aspirent à devenir les catégories d’un rachat. La construction de l’« indigène », au Mexique, est un fondement politique du colonialisme interne propre au nationalisme mexicain, profondément raciste, qui fonde son statut de « culture » sur l’opposition narrative avec un état de « nature » ou la population autochtone est, de fait, reléguée, bien qu’elle soit encensée, dans les structures du discours muséologique d’Etat comme le fondement mythologique de la nation. La question du nationalisme mexicain touche de près les chiapanèques eux-mêmes, qui adhèrent au mouvement zapatiste. Ceux-ci, quoique pratiquant l’autonomie administrative vis-à-vis de l’Etat, se réapproprient cependant une partie de son apparat symbolique, en commençant par les drapeaux, en utilisant leurs revendications indigénistes comme moyen de revendiquer la citoyenneté mexicaine. Dans ce contexte de conflit latent se délient les profondes transformations du territoire et de la société chiapanèque dans sa complexité, impliquée dans un champ de forces qui génèrent des effets paradoxaux, portés par le tourisme et par le modèle de développement qu’il véhicule d’un côté, et par la guérilla et la solidarité politique internationale de l’autre. Dans le quatrième chapitre, j’ai suivi le zapatisme comme une trame, afin de mener mon ethnographie sur le terrain des CSO de Rome. A travers le récit de leur rapport avec le zapatisme, et de leurs différentes expériences, individuelles, et collectives, vécues en relation avec lui, les personnes qui peuplent le monde « antagoniste » de la ville ont montré les profondes transformations qu’ont subi les modes d’engagement politique au fil des années. Il en est ressorti une approche essentiellement réformiste, dans laquelle les antagonistes se mesurent au contexte local en collaborant activement avec les institutions municipales et en suivant parfois un parcours d’entrée en leur sein. Les antagonistes dialoguent, donc, avec l’Etat, à travers ses ramifications territoriales, avec lesquelles ils collaborent. Ils reconnaissent le potentiel démocratique des communautés de quartiers et, au maximum, citadines, en tant qu’institutions légitimes et utiles dans lesquelles il est possible « se constituer en société ». Parallèlement à ces pratiques, les antagonistes ont mûri, au cours des années, une idéologie dont le rapport avec l’Etat n’est plus révolutionnaire et subversif, mais est plutôt inséré dans un parcours progressif et ouvert de changement de regard sur la sphère politique dans son ensemble. Cette maturation est exprimée, par les activistes romains, avec un langage emprunté aux Zapatistes, auxquels ils attribuent également des changements dans les pratiques internes au CSO de gestion du pouvoir et du leadership. Ces mutations ont commencé avec la crise des mouvements italiens à la fin des années soixante-dix et avec son hybridation avec le mouvement féministe. La donnée essentielle qui émerge est le détachement des activistes par rapport à des idéologies structurées et à des formes organiques et classifiables d’appartenance politique. Les continuelles revendications d’indéfinition interrogent quant à la capacité de conceptualisation des instruments de l’anthropologie, me conduisant à envisager que l’apparat théorique le plus adapté pour comprendre les sujets émergents de la crise de la représentation des narrations politiques traditionnelles est celui proposé par la queer theory, qui fait de la résistance aux définitions organiques un rempart pour la déconstruction des systèmes de pouvoir et de vérité hégémoniques. Dans le cinquième chapitre, j’ai émis l’hypothèse de l’utilité d’une perspective mettant en relation non seulement les mondes « antagonistes » italiens entre eux, mais pouvant aussi mettre en évidence les contacts de ceux-ci avec la réalité d’un autre pays. J’ai donc présenté une ethnographie des processus mimétiques du zapatisme à Barcelone, en me concentrant sur un groupe, le plus important, qui coordonne la solidarité catalane avec le Chiapas. Des différences avec le contexte « antagoniste » italien sont apparues, dues surtout à la différente base historique des deux pays. Le mouvement « antagoniste » catalan se présente comme davantage inclusif et avec une base théorico-réflexive plus faible par rapport à son homologue italien, qui est au contraire plus différencié et au sein duquel coexistent des groupes qui présentent des éléments de compétitivité entre eux. Deux notables homologies entre les deux contextes ont aussi fait surface. La principale est la propension des activistes à choisir une perspective communautaires, qui est incarnée pour tous de manière exemplaire par les communautés zapatistes chiapanèques. Comme il était déjà apparu au cours de la recherche parmi les mouvements italiens, les Catalans aussi expriment une idée de citoyenneté qu’ils entendent comme pleinement démocratique, à la différence de celle proposée par les modèles politiques hégémoniques de participation aux institutions de l’Etat. Les « antagonistes » italiens et catalans ont en commun l’idée d’appartenir à une société civile qui est supérieure à la société politique, dont elle serait structurellement séparée. Cette société civile, pour eux, est une entité idéalement parallèle à l’Etat, opposée à celui-ci sur le plan rhétorique, mais non basée sur des pratiques d’affrontement ouvert, mis à part les éléments de « sortie » des lois, comme les occupations de maisons, en Italie comme à Barcelone. D’autre part, une des idées zapatistes qui connaît le plus de succès parmi la communauté solidaire internationale est celle de s’autogérer en se séparant de l’Etat central, sans néanmoins vouloir le combattre ouvertement. L’aspiration qui rassemble les Zapatistes et les philo-zapatistes des mouvements européens est donc celle de fonder une société civile parallèle à l’Etat. Les activistes barcelonais et italiens ont en commun la volonté de donner vie à des communautés, volonté qui consiste surtout en une tentative constante d’identifier des éléments, des thématiques, des intérêts, des dangers et des ennemis en mesure de fusionner ceux qu’ils perçoivent comme des individus faiblement interconnectés, des monades qui, à leurs yeux, sont aliénés par la société de consommation et, en dernière analyse, par les conséquences de l’ordre capitaliste. En harmonie avec l’ensemble des discours transversaux que l’on peut globalement indiquer comme constituant la pensée critique exprimée par les mouvements altermondialistes, les activistes retiennent que c’est la « société civile » qui se trouve être le « nouveau sujet politique », apparu avec les mouvements qui ont vu le jour à partir de Seattle. Dans le sixième chapitre, j’ai suivi les activistes italiens qui se rendent au Chiapas, de différentes façons, et avec différentes aspirations. J’ai montré comment ces voyages, individuels ou collectifs, constituaient une initiation politique et étaient en mesure de marquer profondément le parcours existentiel des personnes qui y participent. Suivre les activistes au Chiapas a permis de comprendre les différentes modalités de se rapporter à l’« autre » et à l’« ailleurs » chiapanèque. Il s’agit d’un ailleurs souvent idéalisé et objet d’exotisme de la part des activistes. Les différentes procédures de solidarité et d’apprentissage de styles de vie « communautaires, écologiques et démocratiques » auprès des Zapatistes présentent des traits d’ethnocentrisme inconscient de la part des activistes. Dans certains cas, est apparue la manière dont l’ordre « universaliste » du système de valeur européen se révèle, quoi qu’il en soit, être dominant par rapport à celui, local, des communautés zapatistes, et cela même dans des rapports qui se voudraient être de coopération paritaire. J’ai examiné les idéologies sous-tendues aux rhétoriques de coopération, et comment l’emploi de ces rhétoriques s’avère fondamental, en Italie, pour enraciner, sur son territoire spécifique, le discours politique « antagoniste », qui tend à construire des communautés locales à partir de narrations universalistes qui se réfèrent à un zapatisme idéal. Dans le rapport dialogique entre activistes italiens et chiapanèque, la manière dont les Zapatistes « mettent en scène » le zapatisme a émergé, ainsi que la manière dont cette image est, par la suite, véhiculée par les activistes une fois rentrés en Italie, selon des schémas qui construisent, entres autres choses, une différence impossible à combler entre « nous » et les « autres », même dans un partage idéal de la perspective politique et éthique de l’action des mouvements. Cette supposée distance ontologique est aussi fixée par un texte d’une certaine manière officiel, qui « explique » le Chiapas aux activistes. Les constructions opérées dans ce texte par les deux auteurs ont été examinées, tout comme les modalités de gestion du texte lui-même. Dans le septième chapitre, j’ai montré comment le zapatisme, au moins dans son utilisation internationale, était un discours unificateur et souple, qui permet aux activistes d’exprimer une mutation, existentielle et politique. Face à la perte de puissance des grandes narrations politiques, incarnées par les partis et les syndicats, ceux qui, aujourd’hui, se sentent impliqués en première ligne dans la promotion d’un changement social en direction d’un éco-socialisme ont recours au zapatisme pour affirmer la légitimité d’un expérimentalisme idéologique qui cherche des solutions et des adaptations progressives en réponses aux évolutions permanentes du monde contemporain. A Rome, au sein du « mouvement pour le droit au logement » (« movimento per il diritto alla casa »), qui dialogue avec les institutions municipales, comme à Bologne, où des écrivains militants tentent de véhiculer, à travers le monde de l’édition, l’idée d’un mouvement altermondialiste hétéroclite, les personnes utilisent un discours zapatiste pour évoquer des valeurs liées à la justice sociale comme un bien propre des communautés citoyennes, sujet principale du discours du mouvement. Il apparaît ainsi que le pouvoir évocateur du zapatisme, avec différentes déclinaisons, donne vie au discours « antagoniste » italien, de manière différente selon les lieux où il est produit. La modalité de construction de l’objet ethnographique a donc été celle « de suivre l’histoire » (Marcus, 2009). J’ai donc considéré le zapatisme comme une trame structurée et diffuse sur la résistance mondiale des indigènes du monde contre l’ordre néo-libéral, au nom de la défense de la Terre et de la justice sociale, confrontant cette trame à la réalité de l’analyse ethnographique de différents sites de construction et de diffusion de la narration elle-même. De cette manière, il est apparu que le zapatisme constituait un registre discursif qui permet à différents contextes locaux d’imaginer un « global » et de se mettre en relation avec lui, en fournissant un support narratif à la construction d’un écoumène global altermondialiste.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
42

Giust, Anna. "Towards Russian Opera: Growing National Consciousness in 18th - Century Operatic Repertoire." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422536.

Full text
Abstract:
The nationalistic music critics of the 19th century (V. V. Stasov, among others), searching in the past for the legitimacy of the emerging national school of The Five, built in music the 'myth' of Mikhail I. Glinka, the founder of the two major branches through which the Russian Opera was to produce its best successes: the historical epic set up with the opera A Life for the Tsar (1836) and the magical fairy-tale opera inaugurated with Ruslan and Lyudmila (1842). This myth was fueled by Soviet historiography in the 20th century, and survives today, at a time when, at least on an informative, the pattern is repeated in the same terms. One of the permanent aftermaths of the recalled traditional vision is that Mikhail Glinka in particular has come to be considered a watershed dividing the history of Russian opera into two main sections, either side of the year 1836: on the one hand the true history, and on the other a sort of prehistory, a partition that is reflected in handbooks in the distinction between do- (pre-) and ot- (post-) Glinkian opera, long time accepted by Western scholarship. As a consequence, for a long time the pre-Glinkian experiences were not acknowledged for their artistic value, and this resulted in these works being neglected, with little effort being made to identify or enhance single moments, authors, or works. Pre-Glinkian opera is precisely the object of the present research, which aims at highlighting elements of continuity since the 1730s (when the first opera troupes arrived in Russia), until the end of the century, through the reigns of the sovereigns Anna Ioannovna (1730-1740), Elizabeth Petrovna (1741-1762), Catherine II (1762-1796) and Paul I (1796-1801). The analysis of available sources indicates the need for clarification of the documentation and interpretation, regardless of subsequent aesthetic evaluations, and prescinding from considering the ‘Russianness’ of the studied work sas a criterion, yet not formulated by the time of their production. It emerges an image of the musical Russian not so peripheral to European musical life, but rather taking part in the processes that characterized it: the use of opera seria as a celebratory event of the sovereign and 'mirror' of the court, the growing taste for comic opera and its progressive becoming sentimental and serious, the search for 'broader' forms corresponding to more elevated themes. Up to the turn of the century (especially after the Napoleonic campaign in Russia, which remains outside the chosen span, though), the gradual development of a national consciousness can be noticed, which finds expression in music, and looks for proper means of expression: this is the beginning of a perspective that was to reach to the most exclusive nationalism, while remaining at the same time a European, and thus, paradoxically, cosmopolitan phenomenon. This phenomenon has not been highlighted enough in this stage (pre-Glinkian), partly due to the lack of attention paid (also by accredited historians such as R.-A. Mooser) to seemingly secondary factors, such as the language in which the works were represented, or the use of musical folklore. On the one hand, associated with an important debate on linguistic codification as a means of national identification, the practice of representing the foreign works in the Russian translation appears as a major means of appropriation and reinterpretation in a national sense, even political, of the European works. On the other hand, the reference to popular music, one of the cornerstones of the Russian school of The Five from the late 19th century onwards, appears abundant even before, in works that are not rare experiments, but form a large body, also cataloged in the ‘official’ collection Russian Theatre, issued by the Academy of Sciences in Catherine's time (1786-94), in what seems a conscious attempt at canonization of its own repertoire, to which the tsarina herself contributed significantly. These experiences of musical theatre are expressed in the forms of time that produced them, and they have been wrongly discredited in retrospect, unrecognized as credible manifestations of the culture that had produced them. Already studied in the parallel field of study of literature, in the musical one this phenomenon is still in need for revisionism, a reviewing today only incipient
La critica musicologica di stampo nazionalista-ottocenteso (V. V. Stasov tra altri), cercando nel passato la legittimazione dell’emergente scuola nazionale, ha edificato in ambito musicale il ‘mito’ di Michail I. Glinka, fondatore dei due tronconi principali attraverso i quali l’Opera russa avrebbe prodotto gli esiti maggiori: l’epopea storica nata con l’opera Una vita per lo zar (1836) e l’opera magico-fiabesca inaugurata dall’opera Ruslan e Ljudmila (1842). Tale mito fu alimentato nel XX secolo dalla storiografia sovietica, e sopravvive tutt’oggi quando, perlomeno a livello divulgativo, lo schema viene riproposto negli stessi termini Uno degli strascichi più duraturi di questa visione è la forte scissione che essa impone alla storia della musica in Russia tra quanto avvenuto prima e dopo l’avvento di Glinka, con relativa svalutazione di circa un secolo di attività, almeno per quanto concerne il teatro musicale. Proprio questo è il settore del quale la presente ricerca si occupa, proponendosi di evidenziare gli elementi di continuità a partire dagli anni ’30 del Settecento, e fino alla fine del secolo, attraverso i regni di Anna Ioannovna (1730-1740), Elizabetta Petrovna (1741-1762), Caterina II (1762-1796) e Paolo I (1796-1801). Dall’analisi delle fonti disponibili emerge la necessità di precisazioni circa la documentazione e la relativa interpretazione a prescindere da giudizi posteriori, essi stessi storicizzabili, quali, ancora una volta, la possibilità di considerare un’opera sufficientemente ‘russa’ o sufficientemente ‘opera’, in riferimento a una produzione che prescindeva da questi criteri, in quanto non ancora formulati. Ne deriva un’immagine dell’ambiente musicale russo non così marginale rispetto alla vita musicale europea, ma piuttosto partecipe dei processi che la caratterizzarono: il ricorso all’opera seria come evento celebrativo del sovrano e ‘specchio’ della corte; il crescente gusto per l’opera comica e il suo progressivo farsi sentimentale e seria; la ricerca di forme più ‘ampie’ corrispondenti a tematiche più elevate. A cavallo tra i secoli XVIII e XIX, e in particolare dopo la campagna napoleonica in Russia, emerge lo sviluppo progressivo di una coscienza nazionale, che trova espressione nell’opera in musica, e cerca nuovi mezzi espressivi in corrispondenza dell’evoluzione degli umori nel passaggio del secolo: l’inizio di un cammino che giungerà fino al nazionalismo più esclusivo, pur restando al tempo stesso fenomeno europeo, e quindi, paradossalmente, cosmopolita. Questo fenomeno non è stato evidenziato a sufficienza in questa sua fase (preglinkiana), in parte a causa della scarsa attenzione riservata (anche da uno storico accreditato quale R. - A. Mooser) a fattori apparentemente secondari, come la lingua in cui le opere venivano rappresentate, o il ricorso al folclore musicale. Associata a un importante dibattito sulla codificazione linguistica in quanto strumento di identificazione nazionale, la pratica di rappresentare le opere straniere in traduzione russa appare come uno dei mezzi principali di appropriazione e rivisitazione in senso nazionale, anche politico, dello spettacolo europeo dell’opera. Essa dà inoltre la misura in cui l’aspetto testuale fosse sin da subito essenziale nella ricezione dello spettacolo operistico. D’altra parte, il riferimento alla musica popolare, uno dei capisaldi della Scuola russa dal secondo Ottocento in avanti, si manifesta abbondante già in precedenza, in opere che non sono rari esperimenti, ma che formano un abbondante corpus, catalogato ad esempio nella raccolta Rossijskij featr emanata dall’Accademia delle Scienze al tempo di Caterina (1786-94), in quello che mi sembra un consapevole tentativo di canonizzazione di un repertorio proprio, cui la stessa sovrana contribuì in modo significativo. Tali esperienze, nel teatro musicale come in ambito esclusivamente letterario, si esprimono nelle forme del tempo che le ha prodotte, e sono state illegittimamente screditate a posteriori, misconosciute quali manifestazioni credibili della cultura che le ha prodotte. Già evidenziate in ambito letterario, richiedono, in quello musicale, una revisione oggi solo incipiente.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
43

CAPISANI, LORENZO MARCO. "La Cina da impero a Stato nazionale: la definizione di uno spazio politico negli anni Venti." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/20588.

Full text
Abstract:
La tesi si concentra sul Partito Nazionalista Cinese negli anni Venti come punto privilegiato di osservazione del cambiamento politico della Cina dopo la Prima guerra mondiale. Questo decennio rappresentò un momento di definizione identitaria sia per i comunisti sia per i nazionalisti. La storiografia ne ha sottolineato numerosi aspetti, ma si è finora occupata del periodo 1919-1928 come una preistoria degli anni Trenta piuttosto che come un autonomo segmento di storia cinese. Studi recenti hanno superato implicitamente questo approccio criticando due date periodizzanti fondamentali per il Novecento cinese: la nascita della Repubblica nazionalista (1911) e la nascita della Repubblica Popolare (1949). A metà tra queste due date, gli anni Venti sono emersi come snodo decisivo nel passaggio da impero a Stato nazionale, durante cui si definì un nuovo spazio di discussione politica. Questo processo, pur interno, subì l’influsso delle strategie internazionali di sovietici e statunitensi dando vita a una nuova visione non soltanto della rivoluzione ma anche dello Stato post-rivoluzionario. Le classi dirigenti nazionalista e comunista, durante la collaborazione, si rivelarono dinamiche e tale “competizione” si trasferì anche all’interno di ciascun movimento diventando un fattore determinante per il successo o il fallimento del partito inteso come moderna formazione politica.
The thesis focuses on the Chinese Nationalist Party in the 1920s as a special standpoint to analyze the political changes in China after the World War I. That decade was crucial for shaping the identity of nationalists and communists. Many works have already examined some aspects, but they mostly considered the years 1919-1928 as a pre-history of the Thirties rather than an autonomous part of Chinese history. Recent studies have overcome this approach by criticizing two of the main periodization in the Chinese twentieth century: the birth of the nationalist Republic (1911) and the birth of the People’s Republic (1949). Halfway, the 1920s stood out as a critical juncture in the transition from empire to nation-state. A new space of political discussion was defined. The process, albeit internal, was under the influence of the USSR and US international strategies and gave birth not only to a new vision of the revolution, but also to a vision of the post-revolutionary state. Also, the nationalist and communist leaderships turned out to be dynamic. That "competition" may be seen also within the two political movements and became a shaping factor for the success or failure of the party as a modern political formation.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
44

CAPISANI, LORENZO MARCO. "La Cina da impero a Stato nazionale: la definizione di uno spazio politico negli anni Venti." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/20588.

Full text
Abstract:
La tesi si concentra sul Partito Nazionalista Cinese negli anni Venti come punto privilegiato di osservazione del cambiamento politico della Cina dopo la Prima guerra mondiale. Questo decennio rappresentò un momento di definizione identitaria sia per i comunisti sia per i nazionalisti. La storiografia ne ha sottolineato numerosi aspetti, ma si è finora occupata del periodo 1919-1928 come una preistoria degli anni Trenta piuttosto che come un autonomo segmento di storia cinese. Studi recenti hanno superato implicitamente questo approccio criticando due date periodizzanti fondamentali per il Novecento cinese: la nascita della Repubblica nazionalista (1911) e la nascita della Repubblica Popolare (1949). A metà tra queste due date, gli anni Venti sono emersi come snodo decisivo nel passaggio da impero a Stato nazionale, durante cui si definì un nuovo spazio di discussione politica. Questo processo, pur interno, subì l’influsso delle strategie internazionali di sovietici e statunitensi dando vita a una nuova visione non soltanto della rivoluzione ma anche dello Stato post-rivoluzionario. Le classi dirigenti nazionalista e comunista, durante la collaborazione, si rivelarono dinamiche e tale “competizione” si trasferì anche all’interno di ciascun movimento diventando un fattore determinante per il successo o il fallimento del partito inteso come moderna formazione politica.
The thesis focuses on the Chinese Nationalist Party in the 1920s as a special standpoint to analyze the political changes in China after the World War I. That decade was crucial for shaping the identity of nationalists and communists. Many works have already examined some aspects, but they mostly considered the years 1919-1928 as a pre-history of the Thirties rather than an autonomous part of Chinese history. Recent studies have overcome this approach by criticizing two of the main periodization in the Chinese twentieth century: the birth of the nationalist Republic (1911) and the birth of the People’s Republic (1949). Halfway, the 1920s stood out as a critical juncture in the transition from empire to nation-state. A new space of political discussion was defined. The process, albeit internal, was under the influence of the USSR and US international strategies and gave birth not only to a new vision of the revolution, but also to a vision of the post-revolutionary state. Also, the nationalist and communist leaderships turned out to be dynamic. That "competition" may be seen also within the two political movements and became a shaping factor for the success or failure of the party as a modern political formation.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
45

Tarditi, Valeria. "Partiti nazionalisti sub-statali e Unione Europea : i casi del Bloque Nacionalista Galego (BNG), della Lega Nord (LN) e dello Scottish National Party (SNP)." Thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10955/57.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
46

SUGAMELE, LAURA. "Guerra e nazionalismo: la reificazione del corpo femminile." Doctoral thesis, 2021. https://hdl.handle.net/11573/1474960.

Full text
Abstract:
La ricerca intende focalizzarsi sul tema della reificazione del corpo femminile e sulla connotazione politica che tale corpo tende ad assumere all’interno di un orizzonte patriarcale, i cui riflessi sono amplificati in determinati contesti nazionali. In questa ricerca, risulta perciò di rilievo la connessione tra corpo femminile, nell’identificazione della donna con l’aspetto procreativo-materno, nazionalismo e guerra. In quest’ottica, il corpo femminile è al centro di una “narrazione” che erige la donna a simbolo della nazione, laddove gli effetti di tale sovrapposizione sono, pienamente, visibili in guerra, nel momento in cui la donna viene reificata attraverso la costrizione sessuale attuata sul suo corpo. Nella dimensione della guerra, la riduzione della donna ad “oggetto” sessuale, dunque, ha lo scopo di distruggere un gruppo specifico, mediante il corpo femminile come “strumento” di una perdurante reificazione sociale. In tale condizione, che sottintende ad una immagine “femminilizzata” della guerra, la struttura patriarcale del nazionalismo sembra saldamente fondata, sia sulla gerarchizzazione dei rapporti uomo-donna che su una costruzione culturale della subalternità femminile, sedimentata nel tempo; ne consegue, che violare le donne diventa naturale e, specialmente, in guerra, la violenza sessuale emerge con un tratto intenzionale, come nel caso dello stupro di massa in Bosnia negli anni Novanta; cosicché dal corpo delle donne, la violenza viene quindi, attuata con l’obiettivo di determinare una disgregazione-reificazione sociale, traslata sul gruppo di appartenenza.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
47

SANTORO, STEFANO. "Nazionalismo romeno in Transilvania fra la fine dell'Ottocento e gli anni Trenta." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/799901.

Full text
Abstract:
La tesi si propone di studiare l’evoluzione del nazionalismo romeno di Transilvania fra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento, attraverso l’uso di fonti archivistiche, memorialistica, corrispondenza, dell’élite politica e culturale transilvana. Obiettivo della tesi in particolare è l’analisi del caso transilvano come "case study" delle dinamiche proprie del nazionalismo nel passaggio da una situazione non dominante, minoritaria e oppositiva a una situazione dominante e maggioritaria. Il contesto storico-geografico nella fattispecie è costituito dal Regno d’Ungheria nella sua fase di confronto/scontro con i movimenti nazionali romeno, slovacco e serbo, terminata con il suo dissolvimento e l’unificazione di intere porzioni del suo territorio con nuovi o allargati stati nazionali (Romania, Cecoslovacchia e Jugoslavia). L’ipotesi di lavoro è che i nazionalismi minoritari, dopo aver fatto uso di ideologie di ispirazione liberal-democratica per sostenere le proprie richieste in relazione ai diritti nazionali della rispettiva etnia di fronte al governo centrale, una volta raggiunto uno status dominante e maggioritario, in seguito alla costituzione di un proprio stato nazionale, abbiano abbandonato gli ideali liberali per abbracciare più o meno gradualmente ideologie di carattere etnocratico ed esclusivo.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
48

SIMONE, GIULIA. "Tutto nello Stato. L'itinerario politico e culturale di Alfredo Rocco." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11577/2686271.

Full text
Abstract:
La tesi ripercorre la biografia di Alfredo Rocco, mettendone in luce la versatilità intellettuale nello svolgimento delle sue molteplici attività: legislatore, pensatore politico e docente universitario. La ricerca è basata sullo studio di numerosissimi documenti inediti, della più diversa natura, rinvenuti sia in archivi nazionali che esteri. In mancanza del suo archivio privato, la figura del giurista emerge grazie all’indagine dei rapporti che legano Rocco alle persone che lo circondano: parenti, colleghi, studenti, politici, giornalisti. Largo spazio è dato al periodo in cui Rocco vive a Padova, dove opera nella triplice veste di docente presso la facoltà di Giurisprudenza, militante politico nazionalista e direttore del giornale «Il Dovere Nazionale». Nominato ministro, Rocco mette in pratica, attraverso la creazione della legislazione fascista, il proprio pensiero politico, strutturato attorno alla formulazione del principio organicistico già elaborato nel corso degli anni patavini, influenzando profondamente la stessa ideologia fascista. Il percorso politico di Rocco appare tortuoso, tuttavia la logica che ispira il suo pensiero è chiara: dalla militanza radicale, passando per l’attività legislativa, fino agli interventi presso la Società delle Nazioni, la preoccupazione di Rocco è sempre quella di tutelare l’autorità dello Stato, al di sopra di tutto, anche a costo di sacrificare le libertà del singolo cittadino.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
49

Albornoz, Celina Inés. "La derecha nacionalista argentina en perspectiva transnacional: historia y memoria del Movimiento Nacionalista Tacuara (1957-1973)." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11577/3371704.

Full text
Abstract:
Il Movimiento Nacionalista Tacuara nacque nel 1957, in un’Argentina contraddistinta da un clima di instabilità politica e di crescente conflittualità sociale. I suoi membri rivendicavano un nazionalismo radicale che si sosteneva sui valori e le tradizioni cattoliche e su alcuni principi condivisi coi fascismi europei. L’obiettivo dell’organizzazione era soppiantare la democrazia parlamentare attraverso una “rivoluzione nazionale” perseguita mediante il ricorso alla violenza col fine di istaurare un nuovo ordine ispirato al “nacionalsindicalismo”. L’obiettivo di questa ricerca è di ricostruire la storia dell’organizzazione e le autorappresentazioni degli ex militanti facendo attenzione alla sua articolazione nazionale e alle connessioni transnazionali che stabilì con alcuni movimenti europei di estrema destra. Tra le diverse metodologie adoperate si fa ricorso alla storia orale per far dialogare le memorie degli ex militanti ed integrare la dimensione soggettiva nella narrativa storica. Inoltre, si utilizza la prospettiva transnazionale con lo scopo di ricostruire i flussi di idee, oggetti e persone che circolarono nello spazio atlantico.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
50

MULLER, Johannes U. "Il partito che non c'era : il partito giovanile liberale Italiano e l'organizzazione della politica borghese in Italia tra liberalismo, nazionalismo e fascismo." Doctoral thesis, 2006. http://hdl.handle.net/1814/6905.

Full text
Abstract:
Defence date: 14 June 2006
Examining board: Prof. Raffaele Romanelli (Istituto Universitario Europeo)-supervisore ; Prof. Dr. Bo Stråth (Istituto Universitario Europeo) ; Prof. Fulvio Cammarano (Università di Bologna) ; Prof. Dr. Lutz Klinkhammer (Istituto Storico Germanico)
PDF of thesis uploaded from the Library digitised archive of EUI PhD theses completed between 2013 and 2017
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
We offer discounts on all premium plans for authors whose works are included in thematic literature selections. Contact us to get a unique promo code!

To the bibliography