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Journal articles on the topic 'Multifattoriale'

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Biasi, Valeria. "Il counselling per l’orientamento universitario secondo un modello multifattoriale integrato." ECPS - The Series 9788879168922 (February 2019): 73–76. http://dx.doi.org/10.7359/892-2019-bia2.

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Acquaro, Johnny, and Emanuele Bignamini. "Addiction, cronicità e Servizi per le Dipendenze." MISSION, no. 52 (October 2019): 61–65. http://dx.doi.org/10.3280/mis52-2018oa6493.

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Abstract:
L'addiction, come altre condizioni croniche, è una malattia multifattoriale. E' correlata a fattori biologici, comportamentali e ambientali e interseca diverse dimensioni che possono dar luogo a vere e proprie distruzioni di identità. L'articolo prende in analisi questi elementi sia in termini medici, sia intermini di carriera e considera il ruolo dei Servizi per le dipendenze in ordine a questa tematica. 
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Minola, Valeria, and Anna Paschetta. "L'origine multifattoriale nei disturbi dell'apprendimento: un protocollo terapeutico con la famiglia." TERAPIA FAMILIARE, no. 126 (November 2021): 45–65. http://dx.doi.org/10.3280/tf2021-126004.

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Abstract:
In questo articolo presentiamo come la terapia sistemico familiare-individuale sia effi cace nella presa in carico di un nucleo familiare che vive dinamiche relazionali complesse, altrimenti messe in ombra da una diagnosi di disturbo dell'apprendimento a carico del fi glio e dalle ricadute del disagio prettamente in ambito scolastico. Presso il nostro studio, per i ragazzi e per le loro famiglie che ci consultano, lavoriamo adattando il modello proposto dalla scuola di Psicoterapia Mara Selvini Palazzoli. Dopo un'iniziale spiegazione sulle caratteristiche del disturbo specifi co dell'apprendimento, presenteremo la teoria della multifattorialità all'origine del DSA di Simonetta, che assumiamo come cornice teorica. Questo modello si basa sugli studi delle neuroscienze, delle teorie dell'attaccamento e della psicotraumatologia che permettono la lettura dell'eziopatogenesi del sintomo analizzando diversi livelli di complessità. Nel nostro metodo di intervento, rileviamo con particolare attenzione il signifi cato che il sintomo assume quando si esprime in un particolare contesto relazionale. Per questo dove compare un disturbo dell'apprendimento riteniamo utile indagare gli attaccamenti e lo sviluppo delle personalità dei componenti della famiglia. Inoltre aiutiamo il nucleo a rileggere le proprie dinamiche relazionali in un'ottica sistemica e approfondiamo le dinamiche passate secon do la prospettiva trigenerazionale che le sottende, stando attente a rilevare l'eventuale presenza di traumi non elaborati nelle storie di sviluppo dei componenti della famiglia. Inoltre evidenziamo l'importanza dello stile di conduzione che prevede l'utilizzo delle tecniche verbali, non verbali e i diversi formati di convocazione. Presentiamo il nostro metodo di lavoro attraverso la descrizione della presa in carico psicoterapeutica di un nucleo familiare.
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Mazzoni, Silvia, and Marisa Malogoli Togliatti. "Verso un modello multifattoriale per la comprensione dei legami intimi violenti." MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no. 1 (May 2009): 17–41. http://dx.doi.org/10.3280/mal2009-001002.

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Abstract:
- The article introduces the topic of violence between intimate partners (IPV) from a brief description of the different types of violence highlighted by the literature: psychological, physical, sexual and economic violence. While recognizing a wide cultural influence behind the increase in frequency of the Intimate Partners Violence (in which the perpetrator is mainly the man and the victim is a woman), the article presents an overview of the different psychological models in search of the risk factors on which different theories converge. In particular, the article outline the various risk factors reported by researchers and take into account the relational level where risk factors are focused and the role that violence plays in the individual and relational dynamic. Key words: intimate partner violence; risk factor; individual dynamic; relational dynamic.
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Olivieri, Chiara, Davide Pisati, Francesca Sironi, Tecla Roversi, and Paolo Magni. "Ipertrigliceridemia: fisiopatologia e significato clinico." L'Endocrinologo 23, no. 2 (March 9, 2022): 182–88. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-022-01059-8.

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Abstract:
SommarioL’ipertrigliceridemia è una condizione patologica identificata da una concentrazione plasmatica di trigliceridi superiore a 150 mg/dL. Le ipertrigliceridemie primarie hanno alla base mutazioni genetiche, mentre le forme secondarie hanno un’origine multifattoriale, spesso in un contesto poligenico predisponente. L’ipertrigliceridemia è un fattore di rischio per patologie cardiovascolari aterotrombotiche e pancreatite acuta. Le terapie volte a migliorare questa condizione comprendono sia l’adozione di un corretto stile di vita, sia trattamenti farmacologici per ridurre i livelli circolanti di trigliceridi.
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Bille-Brahe, Unni. "Some perspectives on suicidal behaviour." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 9, no. 2 (June 2000): 93–98. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008277.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo - Esaminare e precisare alcune domande di particolare rilevanza per la ricerca sul suicidio. Metodi - Discussione nel merito delle domande riguardanti l'epidemiologia e le varie teorie sul comportamento suicidario. Risultati - Sono state definiti quattro tipi di domande: come molte persone manifestano un comportamento suicidario? Chi sono? Perche' lo fanno? E che cosa possiamo fare riguardo a ciò? Le risposte alle prime tre domande sono indispensabili per afffrontare la quarta domanda: cosa possiamo fare. Conclusioni - I complessi modelli ed il retroterra che stanno alia base del comportamento suicidario richiedono interdisciplinarietà ed uno sviluppo sia dell'approccio multifattoriale sia di quello legato al processo, oltre uno sviluppo degli sforzi evidence-based e realizzabili.
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Matturri, L., D. Bauer, and A. M. Lavezzi. "Iii. Studio Multifattoriale per La Valutazione Prognostica Dei Carcinomi a Cellule Di Transizione Della Vescica." Urologia Journal 57, no. 2 (April 1990): 196–202. http://dx.doi.org/10.1177/039156039005700211.

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Cicognani, Camilla, Chiara Vezzadini, Stella Battaglia, Anna F. Marliani, and Roberto Zoni. "Un caso di encefalopatia posteriore reversibile (PRES), sindrome neurologica acuta da edema cerebrale reversibile su base multifattoriale." Italian Journal of Medicine 4, no. 1 (March 2010): 37–42. http://dx.doi.org/10.1016/j.itjm.2010.01.004.

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Radolovic, Doris. "La dipendenza da cocaina: verso un'integrazione delle cure." PNEI REVIEW, no. 1 (April 2021): 85–97. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2021-001004.

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Abstract:
Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che la dipendenza da sostanze è una patologia cronica recidivante ad eziologia multifattoriale, prodotta dall'interconnessione tra la dimensione biologica, psicologica e quella ambientale. La cocaina è la seconda droga illecita più comunemente utilizzata in Europa. Il suo consumo si impone ormai come uno tra i più gravi problemi sociali che gli operatori dei diversi settori si trovano ad affrontare. Comprendere come i diversi fattori coinvolti concorrono a determinare la vulnerabilità all'uso problematico di cocaina rappresenta l'aspetto fondamentale per i futuri progetti di prevenzione e di trattamento di tale patologia. L'integrazione delle cure in questo ambito sembra destinato non solo a modificare l'efficacia del trattamento, ma anche ad aprire nuovi orizzonti di ricerca per quanto riguarda la sua origine e la natura del rapporto che lega funzionalmente tra loro l'aspetto biologico, psicologico e socio-ambientale. Vengono infine esposti alcuni possibili approcci terapeutici nell'ambito della dipendenza da cocaina.
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Di Lullo, Luca, Fulvio Floccari, Rodolfo Rivera, Antonio De Pascalis, Vincenzo Barbera, Moreno Malaguti, and Alberto Santoboni. "L'ipertrofia ventricolare sinistra nei pazienti affetti da malattia renale cronica." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 3 (October 9, 2014): 281–89. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.921.

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Abstract:
La patologia cardiovascolare rappresenta la principale causa di mortalità e morbidità nei pazienti affetti da malattia renale cronica (CKD) e malattia renale cronica terminale (ESRD). La patogenesi della malattia cardiovascolare in corso di nefropatia è multifattoriale e coinvolge fattori di rischio tradizionali e fattori di rischio collegati alla malattia renale. Come ormai universalmente accettato, l'interessamento cardiaco in corso di malattia renale cronica rientra nella cosiddetta Sindrome cardio-renale di tipo 4, la cosiddetta cardiopatia uremica caratterizzata, in primo luogo, dalla presenza di ipertrofia ventricolare sinistra, disfunzione sistodiastolica del ventricolo sinistro e, negli stadi terminali, scompenso cardiaco congestizio e cardiomiopatia dilatativa. La diagnosi di ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) è affidata da un lato alle tecniche ecocardiografiche 2D e 3D e, dall'altra, a tecniche di imaging più sofisticate, come la risonanza magnetica cardiaca (CMRI). Scopo della review è quello di effettuare un excursus riguardante l'epidemiologia, la fisiopatologia e la diagnosi dell'ipertrofia ventricolare sinistra nei pazienti affetti da malattia renale cronica. (Cardionephrology)
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Penzo, Ilaria, Enrichetta Giannetti, Cristina Stefanile, and Saulo Sirigatti. "Stili umoristici e possibili relazioni con il benessere psicologico secondo una versione italiana dello Humor Styles Questionnaire (HSQ)." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 2 (July 2011): 33–50. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-002004.

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Abstract:
Sono state esaminate, nel contesto italiano, la struttura fattoriale e alcune caratteristiche psicometriche dello HSQ di Martin(2003), nonché le differenze di genere nei diversi stili umoristici e le loro relazioni con il benessere psicologico. Hanno partecipato 242 studenti di scuola media secondaria e di universitŕ. Sono state impiegate le versioni italiane dello HSQ e delle(RPWB). Partendo da correlazioni policoriche, č stata effettuata un'analisi fattoriale esplorativa utilizzando il metodo(ML) per l'estrazione dei fattori e ilper la loro rotazione obliqua. Analisi discriminanti e di regressione lineare multiple sono state condotte per esaminare le relazioni tra le variabili. Sono stati individuati i quattro fattori ipotizzati, anche se non tutti gli item risultano adeguatamente rappresentati; l'affidabilitŕ delle scale, fatta eccezione per una, č adeguata. I partecipanti maschili riferiscono un maggiore uso dello stile. Sono emerse relazioni positive tra gli stiliee negative traee il benessere psicologico. Ulteriori indagini sono richieste per approfondire la natura multifattoriale dello HSQ e le relazioni tra stili di umorismo e benessere psicologico.
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Cazzato, Luciano, Claudia Citarella, Margherita Casanova, Angela Tullo, Maria Luigia Iaculli, and Vincenza D’Onghia. "La granulocitoaferesi." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 4_suppl (July 23, 2013): S23—S26. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1085.

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Abstract:
Rettocolite Ulcerosa e Morbo di Crohn, note come Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, sono largamente diffuse nei paesi occidentali. L'eziologia è multifattoriale e comprende una predisposizione genetica e squilibri immunologici del tratto digerente che attivano il processo flogistico della parete intestinale. La terapia delle Malattie Infiammatorie Intestinali comprende amino salicilati, cortisonici, immunosoppressori, ciclosporina e agenti biologici, farmaci gravati da una grave tossicità a lungo termine e da fenomeni di resistenza. Dal momento che granulociti e monociti attivati, insieme a citochine proinflammatorie e alla deregolazione dell'attività dei linfociti T regolatori (T®), hanno un ruolo cruciale nell'infiammazione cronica intestinale, l'aferesi selettiva dei monociti e dei granulociti, una tecnica che rimuove i leucociti attivati dal sangue in regime di circolazione extracorporea, potrebbe rappresentare un presidio terapeutico sicuro ed efficace. Vari studi multicentrici sull'efficacia terapeutica della granulocitoaferesi hanno dimostrato che questa rappresenta un'opzione sicura per i pazienti resistenti alla terapia farmacologica oppure un trattamento ben tollerato in associazione con protocolli terapeutici tradizionali, capace di indurre periodi di remissione clinica prolungati e una significativa riduzione dell'assunzione di cortisonici. Ulteriori studi sono necessari per definire meglio la frequenza del trattamento, i volumi ematici da processare, la migliore terapia farmacologica da associare alla granulocitoaferesi e la sua efficacia in altre patologie autoimmuni.
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Calella, Margherita, Maria Grazia Porpora, Chiara Simonelli, and Filippo Maria Nimbi. "Vulvodinia e sessualità: uno studio comparativo sugli aspetti emotivi e psicologici." RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 2 (November 2020): 47–64. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2020-002003.

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Abstract:
La vulvodinia è una sindrome complessa e multifattoriale che colpisce circa il 16% della popolazione femminile (Harlow et al., 2014) caratterizzata da disagio vulvare spesso descritto come bruciore/dolore che si verifica in assenza di rilevanti cause osservabili. Anche se numerosi progressi sono stati fatti nello studio di que-sta sindrome, esistono ancora oggi delle problematiche relative all'eziologia, che possono ulteriormente ostacolare il processo diagnostico e terapeutico. L'obiettivo del presente studio è stato quello di esplorare il funzionamento sessuale, emotivo e psicopatologico di donne affette da vulvodinia, ponendole a confronto con donne prive di patologie genito-pelviche. Lo studio è stato condotto su 69 donne che hanno compilato un questionario socio-anagrafico, il Female Sexual Function In-dex (FSFI), il Symptom Checklist -90- Revised (SCL-90-R), il Positive and Negati-ve Affect Schedule (PANAS) e lo Short Form McGill Questionnaire (SF-MGQ). I risultati emersi suggeriscono nelle donne vulvodiniche la presenza di un ridotto funzionamento sessuale (maggior dolore e ridotta lubrificazione); un livello maggiore di disagio psichico (soprattutto nelle dimensioni: ossessività-compulsività, psicoticismo e depressione) ed un'affettività più negativa rispetto al gruppo di con-trollo. Approfondimenti futuri potrebbero contribuire ad una migliore comprensio-ne dell'impatto che tale sindrome produce sul benessere sessuale e sulla qualità della vita delle donne che ne sono affette, indirizzando gli specialisti verso forme d'intervento multidisciplinare, che secondo il modello bio-psico-sociale, potrebbero essere più appropriate ed efficaci.
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Orsini, Enrico, and Ettore Antonsecchi. "ARCA Registry. Nuove evidenze nella gestione delle sindromi coronariche croniche." Cardiologia Ambulatoriale 30, no. 3 (December 9, 2022): 137–45. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-3-1.

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Abstract:
Il trattamento delle sindromi coronariche croniche (SCC) è ancora oggi influenzato dai risultati di vecchi trials di confronto fra bypass aortocoronarico e terapia medica, condotti negli anni ’70 e da studi osservazionali. Da questi studi era emersa la superiorità della rivascolarizzazione chirurgica o percutanea sulla mortalità, rispetto alla gestione conservativa, nei pazienti ad alto rischio anatomico o ischemico. Parallelamente alle nuove acquisizioni patogenetiche, che hanno accertato la natura multifattoriale delle SCC e contemporaneamente allo sviluppo dei moderni farmaci in grado di incidere positivamente sull’outcome delle malattie cardiovascolari, una serie di studi controllati ha confrontato in tempi più recenti la terapia medica ottimale (OMT) con la rivascolarizzazione, accertando l’assenza di benefici incrementali delle strategie invasive, rispetto alle strategie conservative, nei pazienti con SCC. Il trasferimento di queste nuove evidenze dalla teoria alla pratica è tuttavia lento ed insufficiente e la quasi totalità dei pazienti con SCC è ancora oggi trattato invasivamente, in deroga ai principi di appropriatezza e di rispetto delle raccomandazioni delle linee guida. ARCA Registry, uno studio osservazionale, prospettico, progettato e condotto dalla Società Scientifica A.R.C.A., ha accertato l’efficacia e la sicurezza di un modello di gestione dell’angina stabile, raccomandato dalle linee guida e consistente nella OMT quale trattamento inziale in tutti i pazienti ed il ricorso selettivo ed individualizzato alla coronarografia e alla rivascolarizzazione solo nei pazienti non responsivi o ad alto rischio. I risultati di ARCA Registry dovrebbero facilitare il trasferimento alla pratica clinica delle nuove evidenze, migliorando l’appropriatezza gestionale delle SCC.
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Quaglia, Marco, Guido Merlotti, Cristina Izzo, and Piero Stratta. "L'Acidosi Tubulare di tipo IV: una nefropatia emergente." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 4 (September 25, 2014): 329–37. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.933.

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Abstract:
L'acidosi tubulare tipo IV (RTA di tipo IV) è una forma di acidosi metabolica ipercloremica causata da un ipoaldosteronismo assoluto o funzionale, che determina un deficit dell'acidificazione distale attraverso un'inibizione dell'ammoniogenesi e dell'escrezione di H+ a livello del dotto collettore. L'eziologia è spesso multifattoriale e include disordini che determinano una riduzione dei livelli di aldosterone o della sensibilità del dotto collettore alle azioni dell'ormone. I farmaci che inibiscono il sistema renina-angiotensina (RAS) a qualunque livello aumentano il rischio di sviluppare una RTA di tipo IV, soprattutto quando sono impiegati in associazione in pazienti anziani affetti da diabete mellito, scompenso cardiaco e insufficienza renale cronica oppure portatori di trapianto renale. La diagnosi si basa sul riscontro di un'iperkaliemia sproporzionata alla funzione renale associata a un'acidosi metabolica con anion gap sierico normale e anion gap urinario positivo; il pH urinario può essere inferiore a 5.5. Vari elementi laboratoristici consentono la diagnosi differenziale con l'acidosi tubulare distale di tipo 1. L'impatto clinico della RTA di tipo IV sta diventando sempre più rilevante a causa della diffusione di farmaci bloccanti il RAS in pazienti anziani già affetti da condizioni a rischio per questa complicanza, contribuendo a una rivalutazione critica delle indicazioni ad alcune terapie di associazione. Lo sviluppo di iperkaliemia pone in questi contesti un dilemma terapeutico, in quanto proprio i pazienti a maggior rischio per RTA di tipo IV sono quelli che possono trarre il massimo vantaggio cardiovascolare dal blocco farmacologico del RAS. È, quindi, essenziale trovare un punto di equilibrio nel rapporto rischio/beneficio nel singolo paziente, prevenendo la RTA di tipo IV con opportune misure.
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Digilio, M. C., A. Giannotti, B. Marino, and B. Dallapiccola. "Le Cardiopatie Congenite nei Gemelli." Acta geneticae medicae et gemellologiae: twin research 43, no. 1-2 (1994): 123. http://dx.doi.org/10.1017/s0001566000003111.

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Abstract:
AbstractLe cardiopatie congenite (CC) isolate sono patologie malformative a prevalente eziologia multifattoriale. Studi epidemiologici su coppie di gemelli mono e dizigoti hanno contribuito a chiarire l'importanza relativa delle componenti genetica e ambientale nella patogenesi delle CC. Nel periodo gennaio 1992-dicembre 1993, sono state valutate presso il nostro centro 24 coppie di gemelli con almeno un componente affetto da CC. In 15 casi si trattava di gemelli dizigoti, in 9 di monozigoti. Sono stati esclusi pazienti con CC inclusa in sindrome cromosomica o mendeliana. Entrambi i componenti delle coppie sono stati sottoposti ad accertamenti cardiologici (valutazione clinica, elettrocardiogramma, ecocardiografia). Le CC osservate sono rappresentate da Tetralogia di Fallot, stenosi polmonare con difetto interatriale, difetto interventricolare, canale atrioventricolare, stenosi aortica, coartazione aortica, trasposizione delle grandi arterie, ritorno venoso anomalo polmonare. L'analisi dei risultati ha mostrato presenza di CC in entrambi i componenti della coppia in 1/15 (7%) dei gemelli dizigoti e in 3/9 (33%) dei gemelli monozigoti. Nel caso della coppia dizigote un gemello è affetto da Tetralogia di Fallot, l'altro da ventricolo unico con atresia della polmonare. Nelle coppie monozigoti con entrambi i componenti affetti da CC, la lesione è concordante in tutti i casi (Tetralogia di Fallot in due casi e stenosi polmonare con difetto interatriale in un caso). La maggiore percentuale di concordanza per presenza di CC nelle coppie di gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti dimostra l'importanza dei fattori genetici nell'eziologia delle CC. La componente genetica non è però esclusiva ed una signrficativa interazione genetico-ambientale giustifica il riscontro di concordanza per CC solo nel 30% dei gemelli monozigoti.
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Bianchini, C., M. Malagò, L. Crema, C. Aimoni, T. Matarazzo, S. Bortolazzi, A. Ciorba, S. Pelucchi, and A. Pastore. "Dolore post-operatorio nei pazienti affetti da neoplasia testa-collo: fattori predittivi ed efficacia della terapia." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 2 (April 2016): 91–96. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-499.

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Abstract:
Negli anni è aumentata l’attenzione verso i molteplici aspetti associati alla “sfera” dolore, anche nei pazienti oncologici sottoposti a chirurgia testa-collo. Il dolore, definito infatti da diverse caratteristiche, quali l’esperienza personale, gli aspetti qualitativi della percezione, l’intensità, l’impatto emotivo, riconosce un’eziologia “multifattoriale”. Scopo del presente lavoro è stato: (i) valutare l’efficacia della terapia analgesica in pazienti affetti da tumore testa-collo e sottoposti a trattamento chirurgico; (ii) studiare le possibili variabili ed i fattori predittivi che possano influenzare l’insorgenza di dolore. Sono stati studiati 164 pazienti, affetti da neoplasia maligna del distretto testa-collo, trattati chirurgicamente tra il dicembre 2009 ed il dicembre 2013. I dati raccolti comprendono l’età, il sesso, la valutazione del rischio anestesiologico, la sede del tumore, la stadiazione TNM, il tipo di intervento effettuato, la complessità e la durata dell’intervento, le eventuali complicanze post-operatorie, i giorni di degenza post-intervento, la valutazione del dolore nei giorni 0, 1, 3 e 5 post-chirurgia. L’adeguatezza della terapia analgesica è stata espressa in termini di incidenza e prevalenza del dolore post-operatorio, le variabili legate al paziente, alla malattia, al trattamento chirurgico e farmacologico, sono state poi associate all’insorgenza del dolore così da poter descrivere eventuali fattori predittivi. Dai dati ottenuti emerge che la popolazione studiata ha ricevuto un’adeguata terapia antalgica, sia nell’immediato post-operatorio che nei giorni successivi. Non sono risultate associazioni statisticamente significative tra sesso, età ed incidenza del dolore post-chirurgico, mentre lo stadio del tumore, la complessità dell’intervento chirurgico e la sede della neoplasia hanno presentano correlazione significativa con il rischio di insorgenza di dolore post-operatorio. L’elevata prevalenza del dolore in ambito oncologico testa-collo, fa sì che un’appropriata ed attenta gestione del dolore risulti fondamentale. Nel futuro pertanto si auspica una sempre migliore comprensione dei fattori biologici, sociali e psicologici che caratterizzano la percezione del dolore ai fini di migliorarne il controllo.
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Fortunato, S., F. Forli, V. Guglielmi, E. De Corso, G. Paludetti, S. Berrettini, and A. R. FetonI. "Ipoacusia e declino cognitivo: revisione della letteratura." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 3 (May 2016): 155–66. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-993.

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Abstract:
La perdita dell’udito legata all’età o presbiacusia è un deficit correlato al processo irreversibile di invecchiamento che riconosce una patogenesi multifattoriale. Crescenti osservazioni hanno collegato la presbiacusia a una rapida progressione del declino cognitivo e incidentalmente con la demenza. Molti aspetti della vita quotidiana degli anziani sono stati collegati alle loro capacità uditive, mostrando che la perdita uditiva incide sulla qualità della vita, i rapporti sociali, le capacità motorie, gli aspetti psicologici, la funzione e la morfologia di specifiche aree cerebrali. Studi epidemiologici e clinici confermano l’ipotesi di un legame tra queste condizioni e questo lavoro ha lo scopo di fare il punto sui meccanismi patogenetici che sostengono tale associazione. Lo sforzo di un lavoro congiunto tra otorinolaringoiatri, audiologi, neurologi e cognitivisti è quello di chiarire gli aspetti comuni, le possibilità di diagnosi e di intervento precoce al fine di ridurre gli effetti dell’uno sull’altro di questi processi degenerativi. Le osservazioni sperimentali e cliniche si concentrano su differenti aspetti: in primo luogo la deprivazione uditiva per lungo tempo può avere un impatto negativo sulle prestazioni cognitive diminuendo la qualità della comunicazione che porta all’isolamento sociale e la depressione e quindi facilitare la demenza. Al contrario, le capacità cognitive limitate possono ridurre le risorse cognitive disponibili per la percezione uditiva, aumentando così gli effetti della perdita dell’udito. Inoltre, questa associazione può rappresentare la conseguenza di una ‘causa comune’ nella patogenesi del deficit uditivo e del sistema nervoso centrale. Infatti, molti dei fattori eziopatogenetici sono comuni, quali le cause microvascolari della malattia (es. diabete, aterosclerosi, ipertensione). La sfida di questi anni è quella di aumentare le conoscenze sui rapporti tra invecchiamento cerebrale e cognitivo ed ipoacusia, grazie anche ai progressi del neuroimaging. Sorprendentemente pochi dati sono stati pubblicati sull’utilità delle protesi acustiche nel cambiare la storia naturale di declino cognitivo. La protesizzazione e gli impianti cocleari possono migliorare le attività sociali e la sfera emotiva, la comunicazione e quindi più in generale la funzione cognitiva, con un globale impatto positivo sulla qualità della vita. Lo scopo di questo lavoro è quello di fornire le informazioni attualmente disponibili in letteratura su rapporto tra declino cognitivo e deficit uditivo nell’anziano, fornendo nuovi spunti di ricerca per il futuro.
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Mancini, Elena, and Roberta Martina Zagarella. "Il concetto di “diagnosi fuzzy”: una applicazione alla malattia di Anderson-Fabry* / The concept of “fuzzy diagnosis”: an application to the Anderson-Fabry disease." Medicina e Morale 67, no. 5 (December 11, 2018): 507–24. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.554.

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Abstract:
Per garantire un’elevata affidabilità diagnostica, la classificazione tradizionale delle malattie si basa su due criteri fondamentali: la presenza di caratteristiche peculiari che identificano una malattia distinguendola dalle altre e l’individuazione delle cause o della correlazione multifattoriale. Questa concezione si basa su regole che rimandano ai principi della logica classica, la quale, tuttavia, non può considerarsi uno strumento adeguato in medicina. Essa potrebbe rivelarsi uno strumento utile di fronte a quelle manifestazioni della malattia “prototipiche”, ma non per molte patologie che si presentano come fenomeni complessi e incoerenti, ovvero caratterizzati, sul piano eziologico, da un insieme interrelato di possibili cause e fattori scatenanti e, sul piano clinico, da una elevata variabilità individuale. La diagnosi di tali malattie richiede una logica tramite la quale sia possibile categorizzare il mondo degli oggetti reali. L’articolo prende in esame la logica fuzzy come strumento per il ragionamento diagnostico, e in particolar modo i concetti di “fuzzy set” e “diagnosi fuzzy”, anche al fine di verificarne il possibile impiego nella diagnosi di una patologia rara ad eziologia complessa: la malattia di Anderson-Fabry. L’analisi svolta porta a soffermarsi sulla finalità pratica (e non conoscitiva) della diagnosi, che le conferisce una valenza etica. Muovendo da questa prospettiva, l’articolo propone, nell’ultima parte, alcuni criteri etici di orientamento nel complesso bilanciamento che il clinico effettua tra il rischio inerente alla formulazione di una ipotesi diagnostica di “tipo fuzzy” e i benefici per il paziente di una diagnosi precoce, soprattutto in considerazione della disponibilità di trattamenti farmacologici innovativi. ---------- To ensure high diagnostic reliability, the traditional classification of the diseases is based on two fundamental criteria: the presence of peculiar characteristics that identify a disease distinguishing it from the others; and the detection of causes or multifactorial correlation. This idea is based on rules that refer to the principles of classical logic, which however cannot be considered an appropriate tool in medicine. It may prove to be a useful tool in case of “prototypical” manifestations of a disease, but not for a lot of pathologies that appear as complex and inconsistent cases, or characterized (on the etiological plane) by an interrelation between possible causes and trigger factors, and (on the clinical plane) by an high individual variability. The diagnosis of such diseases requires a logic through which it is possible to categorize the world of real objects. The article examines the fuzzy logic as a tool for the diagnostic reasoning, and particularly the “fuzzy set” and “fuzzy diagnosis” concepts, in order to verify its possible use in the diagnosis of a rare disease with complex etiology: the Anderson-Fabry disease. Our analysis underlines the practical (and not theoretical) purpose of the diagnosis, which gives it an ethical value. From this point of view, the article suggests, in the last part, some ethical criteria in the balance carried out by the clinician between the risk concerning the formulation of a “fuzzy” diagnostic hypothesis and the advantages of an early diagnosis for the patients, especially considering the availability of innovative pharmacological treatments.
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Pario, Leslye, Luigia de Marinis, and Vincenzo Velio Degola. "Approccio multidisciplinare alle malattie infiammatorie croniche intestinali: la rettocolite ulcerosa." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2021): 98–116. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2021-002008.

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Abstract:
La significativa diffusione delle inflammatory bowel disease (IBD) o malattie autoimmuni dell'intestino nei paesi occidentali giustifica un'ipotesi clinica eziopatogenetica secondo cui l'urbanizzazione, insieme alla dieta occidentale, siano fattori stressanti, che in alcuni soggetti più suscettibili a causa di eventi avversi infantili (ACE) portino all'insorgere della IBD in età adulta. Negli studi sugli animali l'ipersensibilità viscerale è stata collegata a diversi eventi avversi della prima infanzia e nell'uomo le IBD possono manifestarsi in età adulta in seguito ad ACE, che riattivano l'asse ipotalamo-ipofisi-surreni (HPA) disregolato a causa degli stressor avvenuti in fase di sviluppo. In questo articolo è stato investigato il ruolo dell'asse HPA, l'importanza della trasmissione epigenetica dell'ipersensibilità viscerale alla generazione successiva non esposta al trauma, il ruolo della nutrizione e della respirazione yogica come fattori protettivi a livello epigenetico. Essendo malattie multifattoriali, viene esposto un caso clinico con approccio Pnei, con approccio nutrizionale ad personam, respirazione yogica per il controllo del perineo e terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) per elaborazione dei target relativi all'infanzia e alla malattia nel presente.
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Bellavite, P., M. Semizzi, P. Musso, R. Ortolani, and G. Andrioli. "Medicina ufficiale e terapie non convenzionali: dal conflitto all’integrazione?" Medicina e Morale 50, no. 5 (October 31, 2001): 877–904. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.735.

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Abstract:
La distinzione tra medicina ufficiale e medicine alternative (più propriamente denominate non-convenzionali o complementari) va inquadrata sul piano storico ed epistemologico, come parte di un continuo e mai concluso confronto tra diversi paradigmi scientifici e medici. Il ricorso a pratiche mediche di origine orientale o comunque di matrice extra-scientifica è in espansione in tutti i Paesi europei e negli Stati Uniti e ciò pone un’ampia serie di problemi sociosanitari, deontologici, etici, metodologici. La crisi attuale della medicina occidentale deriva sostanzialmente dalla difficoltà di conciliare il progressivo dominio dell’approccio scientifico-molecolare e tecnologico con la crescente necessità di riscoprire gli aspetti più personali ed individualizzati della cura, che sono particolarmente importanti nelle malattie croniche e multifattoriali. Le medicine non convenzionali possono probabilmente contribuire a colmare alcune lacune metodologiche e concettuali lasciate dalla super-specializzazione e dal prevalere del pensiero razionalista rispetto a quello empirico negli ultimi secoli e particolarmente negli ultimi decenni. Il modo più corretto di guardare al fenomeno è quello di esaminarne le ragioni d’essere, individuarne le molte possibili distorsioni, sfruttarne le potenziali positività in vista di una possibile integrazione di diversi approcci terapeutici. Tale eventuale integrazione di alcune pratiche non convenzionali richiede un maggiore impegno nella ricerca scientifica e nella qualifica delle varie figure professionali.
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Corsico, Alejandro, and Peter McGuffin. "Psychiatric genetics: recent advances and clinical implications." Epidemiology and Psychiatric Sciences 10, no. 4 (December 2001): 253–59. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000542x.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo – Presentare una rassegna sui progressi attuali e sulle prospettive future della psichiatria genetica. Metodi – Revisione degli studi che hanno dimostrato una influenza genetica su un'ampia gamma di disturbi psicopatologici, utilizzando ricerche sulle famiglie, sui gemelli e sulle adozioni, ed approfondimento dei metodi e dei limiti degli studi di genetica molecolare. Risultati – I disturbi relativi ad un singolo gene hanno costituito il settore più semplice per ottenere significativi progressi nelle conoscenze su disturbi quali la malattia di Huntington e la malattia familiare di Alzheimer in fase iniziale. Fenotipi complessi, quali la schizofrenia e il disturbo affettivo, hanno invece presentato maggiori difficolta, ma la malattia di Alzheimer e la dislessia sono esempi nei quali scoperte replicate di genetica molecolare suggeriscono ora che l'identificazione genetica e realizzabile anche per disturbi multifattoriali. Conclusioni – La combinazione della disponibilita di un maggior numero di informazioni sui genoma, insieme all'accessibilita ad esse attraverso Internet, fornisce gli strumenti essenziali per le ricerche sulla predisposizione genetica. Un altro requisito fondamentale per tentare di identificare i geni che provocano piccoli effetti e una ben caratterizzata raccolta, su larga scala, di casi. Cid richiede l'interazione tra epidemiologi e clinici. I progressi negli studi di genetica consentiranno anche di individualizzare la terapia farmacologica, tenendo conto della risposta terapeutica e degli effetti collaterali. Si spera che l'insieme di queste prospettive migliorera le nostre conoscenze sulla patogenesi neurobiologica di malattie come la schizofrenia, la depressione ed il disturbo bipolare, ‘legittimando’ queste malattie agli occhi del grande pubblico.
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Ríos Garit, Jesús, Yanet Pérez Surita, Aurelio Olmedilla Zafra, and Verónica Gómez-Espejo. "Psicología y lesiones deportivas: Un estudio en lanzadores de beisbol." Cuadernos de Psicología del Deporte 21, no. 1 (January 1, 2021): 102–18. http://dx.doi.org/10.6018/cpd.416351.

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Abstract:
Las lesiones constituyen uno de los principales problemas en el deporte debido a las repercusiones negativas sobre la salud y el rendimiento del deportista. Su etiología multifactorial requiere que sean abordadas también desde lo psicológico para comprender su comportamiento de manera integral y lograr mayores impactos en su prevención. La presente investigación se realizó con los lanzadores de béisbol de primera categoría de la provincia de Villa Clara, Cuba, con el propósito de determinar la relación entre las variables psicológicas asociadas al rendimiento del deportista y las lesiones. Se estudiaron un total de 48 lanzadores constituyendo una población heterogénea, integrada por deportistas noveles y de mayor experiencia competitiva. Se aplicó el Cuestionario de Aspectos Deportivos y Lesiones, el Inventario de Ansiedad Rasgo-Estado, el Inventario de Ansiedad Estado en Competición y el Inventario Psicológico de Ejecución Deportiva. Los resultados obtenidos muestran que los lanzadores estudiados presentan una baja percepción de la relación entre variables psicológicas y lesiones, constatando además que en la competición aparecen más lesiones que en los entrenamientos y que los deportistas con antecedentes de lesiones presentan diferencias significativas en el estado de determinadas variables psicológicas en comparación con los lanzadores que no se han lesionado. Estas diferencias se observan en la ansiedad estado en competición, la autoconfianza, el control del afrontamiento negativo, el control de la atención y el control visual e imaginativo. Injuries are one of the main problems in sport due to the negative impact on the health and performance of the athlete. Their multi-causal etiology requires that they also be approached from the psychological to understand their behavior in an integral way and achieve greater impacts in its prevention. The present investigation was carried out with the first category Baseball pitchers of the province of Villa Clara, Cuba, with the purpose of determining the relationship between the psychological variables associated with the athlete's performance and the injuries. A total of 48 pitchers were studied, constituting a heterogeneous population, made up of new athletes with greater competitive experience. The Sports Aspects and Injuries Questionnaire, the Trait-State Anxiety Inventory, the Competing State Anxiety Inventory and the Psychological Inventory of Sports Execution were applied. The results obtained show that the pitchers studied have a low perception of the relationship between psychological variables and injuries, also confirming that in the competition there are more injuries than in training. In addition, the results are displaying that athletes with a history of injuries and within these, the ones that most injuries have suffered, present significant differences in the status of certain psychological variables compared to pitchers who have not been injured. This difference can be observed in competition state anxiety, self-confidence, negative coping control, attention control, and visual and imaginative control. Le lesioni sono uno dei principali problemi negli sport a causa dell'impatto negativo sulla salute e sulle prestazioni dell'atleta. La loro eziologia multifattoriale richiede che vengano affrontati anche dal punto di vista psicologico per comprendere il loro comportamento in modo integrale e ottenere maggiori impatti nella sua prevenzione. La presente indagine è stata condotta con i lanciatori di baseball di prima categoria della provincia di Villa Clara con lo scopo di determinare la relazione tra le variabili psicologiche associate alla prestazione dell'atleta e le lesioni. Sono stati studiati un totale di 48 lanciatori, costituendo una popolazione eterogenea, composta da nuovi atleti con una maggiore esperienza competitiva. Sono stati applicati il ​​questionario sugli aspetti sportivi e sugli infortuni, l'inventario dell'ansia trait-state, l'inventario dell'ansia di stato in competizione e l'inventario psicologico dell'esecuzione sportiva. I risultati ottenuti mostrano che i lanciatori studiati hanno una bassa percezione del rapporto tra variabili psicologiche e infortuni, confermando anche che nella competizione ci sono più infortuni che in allenamento e che gli atleti con una storia di infortuni e al loro interno, quelli che più le lesioni hanno sofferto, presentano differenze significative nello stato di alcune variabili psicologiche rispetto ai lanciatori che non sono stati feriti. Questa differenza può essere osservata in variabili come; l'ansia era in competizione, la fiducia in se stessi, il controllo del coping negativo, il controllo dell'attenzione e il controllo visivo e immaginativo. As lesões são um dos principais problemas do esporte devido ao impacto negativo na saúde e no desempenho do atleta. Sua etiologia multifatorial exige que eles também sejam abordados do ponto de vista psicológico para entender seu comportamento de maneira integral e obter maiores impactos em sua prevenção. A presente investigação foi realizada com a primeira categoria de lançadores de basebol da província de Villa Clara, Cuba, com o objetivo de determinar a relação entre as variáveis ​​psicológicas associadas ao desempenho do atleta e as lesões. Foram estudados 48 lançadores, constituindo uma população heterogênea, composta por novos atletas com maior experiência competitiva. Foram aplicados o Questionário de Aspectos e Lesões Esportivas, o Inventário de Ansiedade Traço-Estado, o Inventário de Ansiedade Estado Competente e o Inventário Psicológico de Execução Esportiva. Os resultados obtidos mostram que os lançadores estudados têm uma baixa percepção da relação entre variáveis ​​psicológicas e lesões, confirmando também que na competição há mais lesões do que nos treinos e que atletas com histórico de lesões e dentro delas, as que mais lesões sofridas apresentam diferenças significativas no status de certas variáveis ​​psicológicas em comparação com lançadores que não foram feridos. Essa diferença pode ser observada na ansiedade do estado de competição, autoconfiança, controle negativo de enfrentamento, controle da atenção e controle visual e imaginativo.
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Lazzaro, Silvia, Giulia Chinellato, Pietro Pizzolitto, Federica Gesmundo, Anna Giordano, Annarita Brizzi, Rosa Ranieri, Giancarlo Zecchinato, and Guglielmo Cavallari. "Una proposta di follow-up come attività integrata nella presa in carico del paziente con disturbo da gioco d'azzardo. Analisi dei primi dati emersi dall'esperienza dell'Ambulatorio per la prevenzione e il trattamento del gioco d'azzardo patologico (DGA) del SerD di Padova - Ulss 6 Euganea." MISSION, no. 56 (January 2022): 47–59. http://dx.doi.org/10.3280/mis56-2020oa12328.

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Abstract:
Il presente studio prevede la valutazione in brevi intervalli di tempo di pazienti con Disturbo da Gioco d'Azzardo (DGA) in trattamento per rilevare indicazioni significative e minimizzare le ricadute post recovery. Da Gennaio 2018 a Dicembre 2019, 102 pazienti sono stati valutati a T0 (intervista e Gambling Follow-Up Scale GFS) e a 3 (T1), 6 (T2), 12 (T3) mesi da T0 (intervista breve, GFS). Alcuni primi dati emersi: 79,4% maschi (n=81), età media (±DS): 47,8±15,9 anni (21-82). A T0, sono mediamente presenti 6 criteri DSM-5; il 36,3% (n=37) presenta livello moderato di DGA. Il 91,2% (n=93) presenta criterio 7 (mentire); 88,2% (n=90) criterio 3 (sforzi per controllare problema). Il 26,6% (n=21) gioca a slot, il 10,8% (n=11) VLT. I giocatori di gratta e vinci hanno età media più alta vs. VLT (p=.009), slot (p=.005) e scommesse (p<.001). Da T0 a T1 si rileva diminuzione di tutti i criteri DSM-5 (p<.000). I primi mesi di trattamento costituiscono una fase temporale di astensione durante la quale attuare interventi supportati da una maggior aderenza e motivazione. I dati da T1 a T2, seppur non significativi, sembrano suggerire l'utilità di isolare "traiettorie" di evoluzione diverse per i singoli criteri DSM, alcuni dei quali potrebbero essere più resistenti e necessitare di un focus trattamentale specifico. Oggetto del trattamento potrebbero essere il contesto sistemico-relazionale e le componenti multifattoriali che spiegano l'attribuzione dei criteri 3 e 7. Il monitoraggio durante il trattamento potrebbe favorire una interpretazione maggiormente esaustiva dei dati raccolti post trattamento, evidenziando l'andamento e l'efficacia del percorso.
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Nava, Tiziana. "Terapia manuale del paziente fibromialgico." Journal of Advanced Health Care, August 23, 2019. http://dx.doi.org/10.36017/jahc1908-010.

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Abstract:
La fibromialgia (FM) è una sindrome complessa caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso cronico. Nonostante l’elevata incidenza, prevalentemente nella popolazione femminile, la diagnosi e la cura della fibromialgia risultano una sfida sia per il paziente che per l’operatore sanitario. Si tratta di una sindrome complessa e multifattoriale che necessita un approccio multidisciplinare. Questo lavoro esplora l’approccio bio-psico-sociale e comunicativo del fisioterapista esperto nel trattamento del dolore nei pazienti affetti da fibromialgia in accordo con le raccomandazioni ACR ed EULAR e la classificazione ICF. Il ruolo del fisioterapista è essenziale, in quanto - accanto alla terapia fisica e manuale – egli integra l’ascolto e la comprensione degli aspetti più profondi del dolore.
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Tafuri, Ranieri Maria. "Studio multifattoriale sulle strategie riabilitative per i disturbi dello spettro autistico a funzionamento limitato." Journal of Advanced Health Care, August 10, 2019. http://dx.doi.org/10.36017/jahc1908-002.

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Abstract:
Il presente studio intende fornire una brachilogica cornice comparativa riguardo alle più impiegate tecniche riabilitative per le sindromi autistiche, con particolare riferimento ai soggetti con funzionamento limitato. Si propone una visione multifattoriale in chiave prognostica, all’interno dell’orizzonte interpretativo tracciato dallo psicopatologo inglese Baron-Cohen della mente autistica intesa come extreme male brain. Il paradigma del continuum neurobiologico-psicopatologico consente, infatti, da una parte di abbracciare in guisa convergente molteplici macrostatistiche epidemiologiche concernenti i disturbi autistici, dall’altra di sviscerare pregi e criticità di ciascuno degli approcci terapeutici, i cui risultati vengono documentati nel corpo del presente articolo tramite riferimenti a pubblicazioni mediche e ricerche scaturite dall’analisi della letteratura clinica sull’argomento. Si giungerà, quindi, all’acquisizione di un paradigma riabilitativo polifunzionale e multi-prospettico, nel quale i punti di forza di ciascuna tecnica presuppongono un’integrazione che sia al contempo reciproca e flessibile, e che si ponga l’obiettivo di scorgere nella mente autistica una particolare configurazione neurologica degna di varcare l’inveterata e dicotomica demarcazione convenzionalmente professata in ambito psichiatrico tra le categorie del fisiologico e del patologico, nonché in grado di riconoscere alle terapie uno statuto dinamico-personalizzante ancorché semplicisticamente medicalizzante.
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Lai, Vincenzo, and et al. "Origine multifattoriale dell’aumento di peso in una persona con HIV ricevente cART: descrizione di un caso clinico." JHA - Journal of HIV and Ageing, no. 1 (April 2021). http://dx.doi.org/10.19198/jha31511.

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Abstract:
L'aumento di peso dopo l'inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (cART) è comune tra le persone con HIV (PWH), in particolare quelle con deplezione più pronunciata della conta delle cellule CD4+ o basso indice di massa corporea (BMI) pre-ART. All'inizio dell'era cART, l'aumento di peso durante il trattamento era spesso visto come miglioramento delle condizioni cliniche. Negli ultimi due decenni, tuttavia, il BMI dei PWH riceventi cART è costantemente aumentato, e ciò è associato a un aumentato rischio di sviluppare una sindrome metabolica e altre condizioni di comorbidità. Evitare l'aumento di peso nei pazienti in cART potrebbe ridurre tali rischi. A tal proposito vi presentiamo un caso clinico in cui viene analizzato l’andamento nel tempo dei parametri vitali e delle indagini ematochimiche, in relazione al cambiamento dei regimi terapeutici antiretrovirali. Il nostro caso clinico suggerisce come il ruolo dei farmaci antiretrovirali nel causare l’aumento di peso debba essere sempre inserito in un contesto più ampio includente la familiarità, la dieta e l’esercizio fisico praticato dal paziente.
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Dendasck, Carla Viana, Rogério Bongestab dos Santos, Vitor Maia Santos, Tadeu Uggere de Andrade, and Adriano Ribeiro Meyer Pflug. "L’importanza del follow-up psicologico e nutrizionale dopo la chirurgia bariatrica: revisione della letteratura." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, October 1, 2021, 20–44. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/psicologia-it/follow-up-psicologico.

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Abstract:
L’obesità è una malattia cronica multifattoriale. Il paziente può presentare diverse condizioni cliniche ad esso associate. Il quadro clinico è complesso, il che può ostacolare l’uso di trattamenti e metodi convenzionali. La chirurgia bariatrica è un trattamento efficace a lungo termine per questa condizione. Sulla base di una revisione della letteratura, l’articolo mira a discutere l’importanza del follow-up psicologico e nutrizionale post-bariatrico. La domanda fondamentale che sta alla base di questo studio è: in che modo le strategie tipiche nel periodo postoperatorio possono contribuire all’individuo sottoposto a intervento chirurgico per dare maggiore importanza alla sua dieta e alla sua salute mentale? La strategia di trattamento più efficace è stata la chirurgia bariatrica, tuttavia, la valutazione multidisciplinare che segna lo stato biologico, sociale e psicologico del paziente è fondamentale, poiché i cambiamenti psicopatologici sono comuni agli individui obesi. Sebbene la chirurgia bariatrica contribuisca al miglioramento della qualità della vita dei pazienti, è necessario prestare maggiore attenzione al trattamento postoperatorio. Questi individui dovrebbero essere incoraggiati a continuare con il follow-up nutrizionale e psicologico nel periodo postoperatorio, in modo che sia possibile prevenire possibili complicazioni a medio e lungo termine.
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Mirabelli, Maria, Eusebio Chiefari, Daniela Foti, and Antonio Brunetti. "Attività fisica e diabete mellito gestazionale: necessario muoversi verso una prevenzione di precisione." L'Endocrinologo, January 27, 2023. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-023-01206-9.

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Abstract:
SommarioIl diabete mellito gestazionale (DMG), è il disordine endocrino-metabolico a maggiore prevalenza nelle donne in gravidanza e si associa a un alto rischio di complicanze materno-fetali. L’eziologia di tale condizione è complessa e multifattoriale, con fattori di rischio e meccanismi patogenetici in gran parte comuni a quelli del diabete mellito di tipo 2 (DMT2), il quale spesso compare nelle donne che hanno una storia di DMG anche a soli pochi anni di distanza dal parto. Tuttavia, mentre per la prevenzione del DMT2 gli interventi multimodali di modifica dello stile di vita, comprendenti programmi di attività fisica o esercizio fisico, uniti a cambiamenti nutrizionali e comportamentali, sono associati a benefici certi, lo stesso non vale per il DMG, per cui esistono evidenze scientifiche di natura osservazionale e sperimentale a volte contrastanti. Dall’analisi della letteratura più recente, riassunta in questa rassegna, emerge la necessità di spostare l’attenzione della ricerca sugli effetti di una prevenzione di precisione, che adatti il timing di inizio, la tipologia e l’intensità del programma di esercizio fisico per la prevenzione del DMG alle caratteristiche fisiologiche delle singole gestanti. Si ravvisa, inoltre, il bisogno di estendere la “finestra d’intervento” al periodo preconcezionale per massimizzare le possibilità di successo, soprattutto nelle donne ad alto rischio.
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Coelho, Taiane, and Raquel Kerpel. "Psicobiotici nel trattamento della depressione: un nuovo sguardo sulla salute mentale – una revisione sistematica della ricerca." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, May 7, 2022, 125–52. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/nutrizione/psicobiotici.

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Abstract:
Il Disturbo Depressivo Maggiore (DDM) è un disturbo psichico multifattoriale, convenzionalmente trattato con farmaci antidepressivi. I sintomi causati dalla stessa sintomatologia depressiva e gli effetti collaterali causati dai farmaci sono alcuni dei fattori che interferiscono negativamente nell’aderenza ai trattamenti farmacologici. Attualmente, dopo che i probiotici hanno mostrato effetti psicotropi, il campo scientifico ha intensificato gli sforzi per capire se l’integrazione di probiotici serve come trattamento per i disturbi psichiatrici. Pertanto, il presente studio ha formulato la seguente domanda: gli psicobiotici (probiotici) possono essere indicati come trattamento per il Disturbo Depressivo Maggiore? Obiettivo: rispondere alla domanda guida attraverso una rassegna di studi che integravano la psicobiotica con l’intento di trattare il Disturbo Depressivo Maggiore. Metodologia: per questa revisione è stata progettata una ricerca sistematica, dove, nel mese di settembre 2021, sono state effettuate le ricerche nelle banche dati; Pubmed, Google Scholar e Scielo, utilizzando i descrittori “probiotics AND depression AND dysbiosis” in inglese e portoghese, e filtri per la selezione degli studi pubblicati tra il 2005 e il 2021. Dopo aver selezionato i materiali, i duplicati sono stati gestiti in EndNote e il la qualità metodologica degli studi randomizzati è stata valutata utilizzando lo strumento Risk of Bias-2 (ROB 2). Risultati: c’è stata una preferenza per 10 studi; preclinico (n=4), randomizzato (n=5) e pilota aperto (n=1), che soddisfacevano i criteri di inclusione e mostravano risultati significativi sui punteggi della depressione su scale psichiatriche; dimostrando la diminuzione di anedonia, reattività cognitiva e insonnia nei pazienti con diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore, inoltre, sono stati osservati cambiamenti significativi su fattori che possono essere associati alla patogenesi della depressione, come la disbiosi, e lo stato infiammatorio a fronte di la diminuzione dei biomarcatori infiammatori. Considerazioni finali: secondo la revisione dei dati, alla domanda guida è stata ottenuta la seguente risposta: gli psicobiotici possono essere indicati come trattamento per il Disturbo Depressivo Maggiore. Tuttavia, a causa della necessità di una migliore comprensione dell’asse intestino-cervello e dei meccanismi d’azione degli psicobiotici, l’integrazione è raccomandata come terapia aggiuntiva ai farmaci antidepressivi. Pertanto, dovrebbero essere eseguiti studi con campioni più grandi e periodi di intervento più lunghi.
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Rega, Federico Giovanni. "Dal CAPM ai modelli multifattoriali: una verifica empirica (An Empirical Test to Single and Multifactor CAPM Models in the Italian Stock Market)." SSRN Electronic Journal, 2016. http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.2956044.

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Lima, Gabriela Elenor dos Santos, Carlos Henrique Lopes Martins, Carla Viana Dendasck, Ciane Martins de Oliveira, and Euzébio de Oliveira. "Profilo di pazienti visitati in un ambulatorio di genetica medica in un Centro Universitário De Belém, Pará, Amazzonia." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, March 19, 2021, 48–62. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/salute/ambulatorio-di-genetica.

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Abstract:
La Genetica Medica (GM) è diventata una specialità medica riconosciuta, con concetti e approcci importanti nella diagnosi e nel trattamento di molte malattie comuni e rare. Le malattie genetiche seguono i modelli ereditari e possono essere autosomi recessive, autosomiche dominanti, legate al cromosoma X o al cromosoma Y, o multifattoriali. Lo scopo di questo studio era determinare il profilo dei pazienti trattati in una clinica ambulatoriale GM in un centro universitario di Belém, nello stato di Pará. I dati sono stati raccolti dalle cartelle cliniche dei pazienti, visti tra il 2014 e il 2019, utilizzando il questionario dei ricercatori, con dati analizzati e tabulati attraverso il programma Microsoft Excel. Sono state analizzate in totale 101 cartelle cliniche, con predominanza di femmine (51 pazienti). Inoltre, la maggior parte delle cure è stata per i bambini (41,5%). Per quanto riguarda l’etnia, sono state osservate solo le variabili “bianco” e “marrone”, con una maggiore prevalenza di pazienti marroni (78 del totale). Inoltre, Belém era la città più diffusa nella naturalezza dei pazienti (61 record). Le specialità con il maggior numero di rinvii alla clinica ambulatoriale GM erano endocrinologia e neurologia, con il ritardo dello sviluppo neuropsicomotorio come diagnosi più frequente. In 42 cartelle cliniche, l’età alla diagnosi non era presente. Dei 101 pazienti, solo 16 avevano consulenza genetica e nei restanti 85 non c’era traccia di queste informazioni. Infine, l’età materna alla nascita non è stata riscontrata nella maggior parte delle cartelle cliniche (assente nel 61,38%). Pertanto, è importante sviluppare un profilo del paziente visto in una clinica ambulatoriale GM, poiché diventa possibile identificare eventuali guasti nel servizio fornito, oltre ad adattare la relazione medico-paziente.
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