BERNARDINELLO, STEFANO. "I capitanei e la città. Rapporti sociali e azione politica dell'aristocrazia a Milano nelle sperimentazioni del potere urbano (metà XI secolo - 1185)." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1154246.
Abstract:
L’obiettivo della tesi è quello di analizzare i cambiamenti politico-istituzionali e socio-economici che caratterizzarono la città di Milano dopo la dissoluzione della giurisdizione pubblica in Lombardia. Dal punto di vista politico lo scopo è stato quello di non fermarsi a un’analisi dei cambiamenti avvenuti in una singola istituzione ma approfondire le interazioni tra i vari soggetti attivi nella politica cittadina, sia quelli che agirono attraverso una magistratura sia quelli rimasti su un piano informale. L’attenzione si è focalizzata sulla complessa e composita rete di relazioni che legava le strutture politiche capaci di esprimere una qualche forma di autorità. Si sono cercate, quindi, le motivazioni dei cambi di regimi che si susseguirono tra l’XI e il XII secolo e che sono stati, fino a pochi decenni fa, inquadrati nella classica evoluzione da un sistema di stampo pubblico a una realtà comunale dominata dai consoli e dall’assemblea generale, passando per l’intermezzo del dominio del vescovo.
Si è cercato inoltre di analizzare se questi cambiamenti politici abbiano avuto delle ripercussioni sul piano sociale cittadino. In questo ambito si è deciso di focalizzare l’analisi sul gruppo maggiormente interessato dal dibattito accademico: i capitanei. La ragione di questa scelta è la maggiore evidenzia di questo gruppo nella complessa cittadinanza milanese, in cui spesso è difficile distinguere le varie componenti sociali. Inoltre, le conseguenze dei cambiamenti politici sono più facilmente riscontrabili nei capitanei rispetto ad altri raggruppamenti perché i suoi membri riuscirono a rimanere ai vertici della comunità cittadina per un lungo periodo. L’obiettivo è stato quello di cercare le differenze tra le varie casate capitaneali e, qual ora vi fossero, individuare quali siano stati i motivi di tali divergenze e se fossero da ricollegare alle dinamiche del conflitto politico e ai cambiamenti nel panorama governativo urbano. Per questo motivo si è deciso di seguire, per tutte e quattro le famiglie analizzate, una precisa struttura che valuti prima di tutto gli atteggiamenti politici tenuti dalla stirpe e poi consideri le conseguenze delle posizioni politiche sia sul lato economico, analizzando l’evoluzione delle proprietà e delle giurisdizioni nelle campagne o il favore verso attività legate al sistema produttivo urbano quali credito e commercio, sia su quello sociale, cercando di ricostruire la rete di legami delle famiglie. L’obiettivo è stato quello di creare alcuni profili specifici che possano evidenziare le differenze tra le casate capitaneali.
Gli estremi cronologici di questa ricerca racchiudono tutto il periodo che viene spesso oggi definito “laboratorio politico comunale”. Il 1056 segnò la conclusione della configurazione politica carolingia che aveva caratterizzato la città fin dal IX secolo. La morte di Enrico III fu l’inizio di uno dei periodi più convulsi nei rapporti politici interni alla città. Invece, la concessione delle prerogative sul proprio territorio del 1187 fu, insieme alla pace di Costanza del 1185, il segno più evidente del consolidamento delle istituzioni milanesi; infatti la configurazione affermatasi dopo lo scontro con il Barbarossa costituì il centro della vita politica milanese almeno fino alla metà del XIII secolo.
Lo studio è diviso in due parti: la prima ha un carattere più politico-istituzionale, ripercorrendo i mutamenti avvenuti nello spazio politico milanese tra la metà del XI secolo e l’arrivo del Barbarossa, mentre la seconda parte si incentra sulla ricostruzione della struttura familiare di alcune casate di capitanei.
L’inizio si data alla genesi dell’autogoverno cittadino (metà XI secolo – 1111), un’epoca caratterizzata da uno spazio politico informale e molto fluido nel quale prevalse un regime incentrato sulla struttura arcivescovile, a sua volta indebolito da un nuovo periodo di forte conflittualità che caratterizzò la città agli inizi del XII secolo. Inoltre, si sono analizzati i primi effetti sui capitanei della localizzazione dell’autorità politica e giurisdizionale a seguito della disgregazione del potere pubblico nel milanese. Dopo il 1056 i veri protagonisti dello spazio politico cittadino furono prima le coniurationes e, dopo l’inizio dello scontro tra Impero e Papato, le partes. Solo dagli anni Settanta si può constatare una prima formalizzazione degli assetti cittadini. Questa configurazione fu la base del primo vero regime di cui possiamo analizzare la struttura: il regime arcivescovile della pars ecclesiae. Tuttavia, la pluralità del sistema e le tensioni interne tra le coalizioni d’interesse resero fragile la sua amministrazione. L’ascesa di un presule “debole” favorì i mutamenti negli assetti di potere, spostando il baricentro del regime dalla figura dell’arcivescovo a una serie di soggetti dominati da una determinata coalizione d’interesse.
La fase successiva arriva fino all’arrivo del Barbarossa in Italia (1111-1154). In questo caso si può rilevare una tendenza di fondo verso una sostanziale istituzionalizzazione dei regimi cittadini. Ai vertici del sistema l’autorità arcivescovile venne affiancata da un’altra serie di realtà capaci di permeare durevolmente l’amministrazione milanese. Una nuova fase di conflitti interni tra fine anni Venti e inizio anni Trenta, portò all’affermazione di una configurazione fondata su due vertici istituzionali, l’arcivescovato e il consolato. Inoltre, si è ritenuto fondamentale allargare lo spazio di analisi a un quadro sovralocale utile a comprendere i riassestamenti della struttura politica urbana. Quindi, il regime di metà XII secolo si presenta come ormai istituzionalizzato; l’aumento, a inizio anni Cinquanta, della presenza dei capitanei nelle liste consolari testimonia il rafforzarsi della posizione della magistratura nella gerarchia politica cittadina; dall’altra parte le due strutture (consolato e arcivescovato) non furono in concorrenza ma collaborarono per governare il sistema cittadino, la civitas. Lo spazio politico, però, non si racchiuse nelle due istituzioni di vertice ma rimase il frutto delle interazioni di più soggetti, in particolare nelle decisioni considerate di rilevanza per l’intera cittadinanza.
Le guerre contro il Barbarossa testimoniano gli effetti della localizzazione dell’autorità e dei caratteri sempre più urbani del sistema cittadino. Infatti, si attesta una forte divisione tra capitanei urbani e rurali. I primi difesero strenuamente le prerogative della città, mentre i secondi utilizzarono le disgrazie milanesi durante la guerra contro l’imperatore per sciogliere il gioco cittadino sui loro territori e rendersi indipendenti dalle strutture cittadine, che avevano dominato i comitati nel territorio milanese fin dai primi anni del XII secolo. Le guerre contro il Barbarossa enfatizzarono le divisioni tra il sistema cittadino e la realtà rurale mostrando come lo scarto tra le due aristocrazie fosse più profondo dell’appartenenza a un medesimo gruppo sociale. I capitanei cittadini ne uscirono vincitori per il proprio appoggio alla civitas: la loro centralità nella lotta contro il Barbarossa li favorì negli anni successivi al trionfo milanese. I capitanei rurali, invece, non solo dovettero abbandonare ogni sogno di autonomia ma subirono il rafforzamento del controllo milanese sull’intera regione.
Per quanto riguarda gli aspetti sociali si è iniziato con lo studio della famiglia da Rho, una casata di capitanei urbani ancora poca studiata ma centrale nelle vicende milanesi dell’XI e del XII secolo. In particolare, si sono analizzati gli effetti della posizione politica dei membri della famiglia. Si sono così enfatizzate le chiare differenze rispetto a quel modello feudale che, fino ad oggi, ha delineato le casate capitaneali milanesi; la stirpe ebbe dei profondi legami con la comunità cittadina non solo dal punto di vista politico ma anche economico, rilevando una centralità del mercato urbano nella costruzione del patrimonio familiare. Questa attenzione al sistema cittadino è stata influenzata dai legami con le varie autorità che si alternarono nello spazio politico milanese: infatti, i de Raude riuscirono a rimanere al centro della realtà cittadina grazie alle loro posizioni in seno all’amministrazione urbana. L’appoggio a tutta una serie di coalizioni di successo (turba connexionis Nazarii, Coniuratio, pars Lotharii) permise alla famiglia di rimanere ai vertici del sistema politico dalla fine del XI secolo fino alle guerre contro il Barbarossa. La posizione di primato nella dialettica politica urbana spiegherebbe le caratteristiche univocabilmente urbane della stirpe
Un'altra ricostruzione si è incentrata su una famiglia ben più famosa dei da Rho, le cui origini, però, non sono ancora del tutto chiare: i Visconti. L’obiettivo è stato quello di presentare gli effetti di una posizione politica differente. La stirpe, tra le più fedeli al ruolo tradizionale della vassallità vescovile, fece parte di tutta una serie di coalizioni e partes risultate perdenti nella lotta politica milanese tra la metà dell’XI e la metà del XII secolo. L’atteggiamento politico riunì una casata divisa in due stirpi distinte: l’una, i “Visconti minori” assimilabile al paradigma dei de Raude per i loro riferimenti socio-economici strettamente legati al mondo urbano, mentre l’altra, i “Visconti maggiori” presenta un percorso che è una via di mezzo tra la città e il territorio, con gli eredi di Ariprando II con caratteristiche più urbane e gli eredi di Ottone I sempre più interessati alla realtà rurale.
Infine, sono stati presi in esame due casi di famiglie rimaste escluse o, comunque, che ebbero un ruolo minore nello spazio politico cittadino. Entrambe le casate avrebbero risposto in modo non adeguato, o almeno non paragonabile alla fortuna delle due stirpi precedenti, alle trasformazioni politiche e all’accentramento del dominio in ambito urbano. I da Baggio per l’eccessiva vicinanza dei propri centri economici alla città in piena espansione, i da Castiglione per la loro distanza dai centri di potere, sia geografica che identitaria. Se il profilo dei da Castiglione rappresenta l’emblema della stirpe di capitanei rurali allontanati dalla comunità urbana dopo la metà dell’XI secolo, più singolare è il caso dei da Baggio che, nello stesso tempo, rappresentavano la casata di capitanei più potente a Milano. Una sciagurata serie di scelte nei conflitti cittadini li portò, in poco più di mezzo secolo, a indebolire il proprio prestigio urbano, così che già alla metà del XII secolo la loro potenza era ormai solo un ricordo.
Sul piano politico-istituzionale la realtà milanese tra l’XI e il XII secolo fu caratterizzata da un susseguirsi di regimi di natura urbana. Si ebbe una tendenza di fondo verso una progressiva formalizzazione del sistema che, però, non ebbe un andamento lineare ma fu caratterizzata da una serie di “salti di qualità” nelle capacità di alcuni gruppi di potere di agire nello spazio politico. Questi momenti usualmente coincisero con l’affermazione di un nuovo regime o di nuovi assetti costituzionali. Inoltre, le caratteristiche principali del sistema politico milanese furono tre: la prima è l’alto grado di sperimentazione negli assetti di potere per cui solo verso la metà del XII secolo si affermò una configurazione basata su due istituzioni (consolato e arcivescovato) dopo una lunga fase di instabilità. La seconda è il continuo condizionamento della componente imperiale, che rimase un punto di riferimento, molto spesso ideale, delle élite cittadine. La terza è la pluralità dello spazio politico; non solo come pluralità di soggetti attivi nelle dinamiche cittadine - anche nei regimi più istituzionali - ma anche di interazione tra spazi politici. Infatti, per ricostruire la storia politica milanese si deve considerare che i suoi attori furono inseriti in un intreccio di vari quadri di riferimento (città, diocesi, regione, Regnum Italiae). Si è infine considerata l’importanza nei cambiamenti di regime delle lotte politiche tra schieramenti che caratterizzarono la città per tutto il nostro secolo, mostrando la relazione strettissima tra il peso delle coalizioni e il cambiamento degli assetti di potere.
Sul piano sociale l’eterogeneità dei profili evidenzia le differenti possibilità aperte dai cambiamenti nella società milanese. La disgregazione del sistema pubblico non avrebbe indebolito il ruolo economico della città, come avvenne nella Toscana settentrionale, poiché la ricchezza di Milano non era legata ai funzionari del Regno. Le possibilità concesse dal rimanere in città furono sfruttate da alcune casate per potenziare la propria posizione nelle gerarchie di potere, legando così i propri destini ai cambiamenti politici ed economici urbani. La varietà di risposte alla disgregazione del dominio pubblico creò una realtà socio-economica complessa, accomunata da una cultura e da un honor familiare affine; le diverse risposte alle dinamiche politiche crearono profili diversi anche nei vertici sociali dell’aristocrazia non più quindi ascrivibili in toto a un modello feudale.