Dissertations / Theses on the topic 'Medicina rigenerativ'

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GUIZZARDI, ROBERTO. "Design and Synthesis of Nanostructured Biomaterials for regenerative medicine." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241323.

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Abstract:
I tessuti biologici e gli organi, con l’avanzamento dell’età, traumi e difetti congeniti possono subire dei danneggiamenti e portare a differenti stati patologici. In queste circostanze, la medicina rigenerativa si propone di riparare e rimpiazzare i tessuti danneggiati. Differenti elementi chiave concorrono negli approcci della medicina rigenerativa; tra i quali, lo sviluppo e l’ingegnerizzazione dei biomateriali rappresenta un elemento cruciale; essi sono sviluppati per portare supporto meccanico e biochimico alle cellule circostanti al danno, contribuendo in questo modo la regolazione del comportamento cellulare promuovendo la rigenerazione dei tessuti danneggiati. Negli anni, differenti biomateriali innovativi sono stati sviluppati, evidenziando che, sia stimoli fisico-meccanici che biochimici sono in grado di guidare il comportamento delle cellule promuovendo specifiche risposte biologiche. Ad oggi i biomateriali vengono progettati mimando il più possibile le condizioni in vivo, replicando le naturali proprietà della matrice extracellulare. Durante il mio PhD differenti aree della chimica organica applicata hanno permesso lo sviluppo di nuovi biomateriali 2D o 3D, funzionalizzati e bioattivati, generando degli scaffold interessanti e con proprietà uniche per le applicazioni della medicina rigenerativa. In questa tesi sono raccolti i risultati ottenuti, con una speciale attenzione rivolta al mondo degli idrogel, materiali innovativi con un’architettura tridimensionale, in grado di mimare la matrice extracellulare e studiare i più profondi meccanismi del comportamento cellulare. Da un punto di vista biochimico, è ben noto come peptidi con sequenze specifiche potrebbero mimare alcuni epitopi funzionali di proteine strutturali quali il collagene, stimolando quindi una risposta analoga e promuovendo in alcuni casi l’espressione di fattori di crescita quali VEGF. Per questo motivo si è sviluppata una nuova matrice bidimensionale con questi peptidi coniugati e i risultati sono altrettanto riportati. Analogamente, anche il livello di ossigeno rappresenta un parametro cruciale per lo sviluppo dei tessuti, sia in vitro che in vivo, in quanto la sua assenza, e più in generale l’assenza di un’adeguata perfusione porta ad uno stato di sofferenza metabolica cellulare impedendo la crescita e lo sviluppo di nuovi tessuti. I Perfluorocarburi (PFCs) negli ultimi anni hanno guadagnato notevole interesse a causa della loro abilità di aumentare la concentrazione di ossigeno a livello della superficie, possibile grazie alle loro proprietà. Con queste premesse 5-(2,3,4,5,6-Pentafluorofenil)-3-undecil-1,2,4-ossadiazoli sono stati usati come modello “PFCs” per funzionalizzare matrici di collagene 2D; sviluppando in questo modo nuovi scaffold. A riguardo delle matrici 3D invece, due vie strategiche per il loro ottenimento sono state messe a punto, nella prima; linkers con estremità triazolinedioniche sono stati sfruttati per la reticolazione chemo-selettiva delle tirosine contenute nella gelatina; successivamente, in un secondo contesto il 4-Dietossi-ciclobutene-1,2-dione (SQ) è stato selezionato per il legame chemo-selettivo delle lisine. Entrambe le reticolazioni hanno portato a nuovi idrogel con proprietà uniche che sono state valutate sia da un punto di vista chimico-fisico, sia da un punto di vista biologico. In fine, data la complessità degli eventi responsabili del riconoscimento cellulare, nuovi dendrimeri funzionalizzati con epitopi saccaradici sono stati sviluppati, esplorando il mondo della chimica dei carboidrati. Qui, proponiamo la sintesi di nuove strutture dendrimeriche equipaggiate con estremita alcossi-amminiche in grado di portare ad una coniugazione multivalente di carboidrati, mediante la formazione di ossime.
Biological tissues and organs, with the age, diseases, trauma, or eventually congenital defects can breakdown and lead to different pathological states. In these circumstances, regenerative medicine has the goal to restore and replace damaged tissues. Different key elements can be involved into regenerative approaches; among them, bio-scaffolds engineering may be crucial, developed to afford mechanical and signalling support to surrounding cells, contributing to directing cell fate toward biological regeneration. Over the years, several innovative bio-materials have been developed, highlighting that both physical and biochemical signals are able to drive cell fate toward specific biological responses. Nowadays, bio-materials can be divided into natural or artificial scaffolds and can be efficiently projected in order to fine-modulate mechanical properties resembling natural tissues (i.e., hardness for bone, elasticity for blood vessels, or cartilage), or to mimic the native cell microenvironment, i.e. the extra-cellular matrix (ECM), , , including complex biochemical signals. In this PhD course several areas of applied organic chemistry allowed to synthesize new functionalized 2D or 3D scaffold and glycol-dendrimers, giving new interesting biomaterials for tissue engineering applications. In this thesis there are collected results, with a special attention on hydrogels synthesis, as a 3D scaffold, to mimic extra-cellular matrix and studying the deepest cell behaviours. From biochemical point of view, it is well known how short peptide with a specific sequence could mimic some functional epitopes of native proteins and then, stimulate in the same way the functional role of native proteins, ideally promoting fundamental biological processes. Among them β-Thymosin Peptide (Tβ4) and Human Vasonectin Peptide (HVP) exert a pro-angiogenic activity or adhesion activity through interaction with actin binding site, promoting Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) expression. Here, it has been presented a new collagen bio-conjugation with these peptides and outcomes. At the same time, also oxygen level is a crucial parameter for the tissue development both in vitro and in vivo because in the absence of tissue perfusion, or any adequate solution, starts to experience metabolic suffering. Perfluorocarbons (PFC), in the last decades, have been gained more interest due to their ability in oxygen storage or oxygen carriers. With these premises 5-(2,3,4,5,6-Pentafluorophenyl)-3-undecyl-1,2,4-oxadiazole was used to functionalize collagen based biomaterials. Developing in this way another type of bioinspired matrices. Regarding 3D matrices, two synthetic strategies have been proposed to develop hydrogels based biomaterials, in the first part, triazoledione chemistry has been proposed as a click-reaction for the chemoselective bioconjugation to tyrosine residues, meanwhile, in the second part, 3,4-Diethoxy-cyclobutene-1,2-dione (SQ) has been used for lysines chemoselective cross-linking. Finally, given the complexity behind recognition processes at cellular level, new glycol-functionalized dendrimers structures are described exploring carbohydrate chemistry. Here, we propose the synthesis of novel oxime-armed dendrimers structures which allow multivalent conjugation of carbohydrates through oxime coupling.
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Cauci, Silvia <1988&gt. ""Nuovi ricoprimenti di calcio fosfato magnetico in medicina rigenerativa"." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6980.

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Abstract:
"Il presente lavoro di tesi ha avuto come oggetto di studio la realizzazione di film magnetici a base di calcio fosfato per mezzo del sistema Pulsed Plasma Deposition (PPD), come potenziale piattaforma in grado di disincentivare l’adesione batterica ai comuni materiali utilizzati negli impianti ortopedici. I biomateriali magnetici infatti sono sempre più studiati come potenziali inibitori dell’adesione batterica grazie al fatto di poter essere attivati esternamente da un campo magnetico esterno ed esercitare uno stress meccanico sulla membrana dei batteri in grado di determinarne il distacco dalla superficie o la morte. I film sono stati depositati variando i parametri di deposizione, e successivamente caratterizzati da un punto di vista chimico (XPS e EDX), strutturale (XRD), morfologico (SEM, TEM e AFM), magnetico (SQUID) e meccanico (Nanoindentazione e MicroScratch). Infine, il potenziale effetto antibatterico dei film magnetici a base di calcio fosfato è stato valutato analizzando l’adesione di batteri di E. coli a diversi tempi sperimentali e confrontando i risultati con quelli ottenuti utilizzando film non magnetici."
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Chioato, Tatiana. "Studio delle capacità differenziative e della potenzialità terapeutica di cellule staminali mesenchimali umane isolate da cordone ombelicale e sangue cordonale nelle malattie epatiche acute." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427456.

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Abstract:
Liver transplantation remains the only therapeutic option for most of acute and chronic end-stage liver diseases, but its use is limited by a severe shortage of donor organs for transplantation. In this contest the use of stem cells in cell therapy can be considered a promising therapeutical approach instead of liver transplantation. In particular, mesenchymal stem cells (MSCs) can be obtained from several adult tissues and from fetal-derived tissues, such as umbilical cord (UC), umbilical cord blood (UCB) and placenta, and they can be induced to differentiate into several cell types. Nevertheless, proliferative and differentiative potential of these cells has not yet been explained; particularly differentiative potential of fetal-derived tissue cells remains to be investigated. In this study, umbilical cord blood (UCB) and umbilical cord (UC) have been evaluated as potential sources of MSCs. For this purpose, the proliferative potential and plasticity of MSC isolated from UC and UCB to differentiate into adipogenic and osteogenic lineages in vitro were been investigated. After establishing of MSCs plasticity, the cells were differentiated in vitro towards hepatocyte-like cells, evaluating different biological supports for cell growth and differentiation. Finally, in view of clinical applications, the engraftment of these cells in a model of acute CCl4-induced liver injury has been verified. MSCs were capable of differentiating into hepatocyte-like cells as demonstrated by progressive up-regulation of mature hepatocyte markers. In particular the MSCs isolated from UC seem to acquire the features of mature hepatocyte as demonstrated by glycogen storage and albumin secretion. All finding suggested that these cells can grow and differentiate into functional hepatocyte-like cells without any biological support, whereas mature hepatocytes need a three-dimensional scaffold in order to maintain their viability and functional features. Finally the MSCs from human UC seem to contribute to liver regeneration by enhancing the reparative activity of hepatocytes that spontaneously occurs after injury, even if the mechanism of their action is not known. The establishment in vitro of the plasticity of UCB and UC not only towards mesodermal lineage cells but also towards endodermal lineage cells and the in vivo contribution of these cells to regenerate liver tissue, support their future application for cell therapy in acute and chronic liver disease. Moreover, due to availability, safety in the collection and lack of ethical issues, UCB and UC may become elective sources of multipotent MSC
Il trapianto di fegato rappresenta l’unica opzione terapeutica per malattie croniche del fegato in fase terminale e in casi selezionati di insufficienza epatica acuta. Esiste ancora tuttavia un notevole divario fra le donazioni d’organo ed il numero di pazienti in lista d’attesa, divario che ha portato alla ricerca di terapie alternative. In questo contesto le cellule staminali potenzialmente potrebbero svolgere un ruolo di primaria importanza nella terapia cellulare. Tra i vari tipi di cellule staminali, le cellule mesenchimali risultano particolarmente interessanti, in quanto possono essere isolate non solo da vari tipi di tessuti adulti, ma anche da tessuti di derivazione fetale, quali cordone, sangue cordonale e placenta, e possono essere indotte a differenziarsi in numerosi tipi cellulari diversi. Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda le cellule isolate da tessuti di derivazione fetale, non è ancora completamente chiarito il reale potenziale proliferativo e differenziativo. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di isolare una popolazione di cellule con caratteristiche mesenchimali da cordone ombelicale (UC) e sangue cordonale umano (UCB). Una volta verificata in vitro la loro capacità di differenziare in cellule di origine mesodermica (adipociti e osteoblasti), è stata testata la loro capacità di differenziare verso la linea epatocitaria utilizzando un terreno contenente fattori di crescita epatogenici e come supporto per le colture due diverse matrici extracellulari o la plastica non trattata. Infine è stata valutata la capacità di engraftment in vivo delle MSC isolate da UC in un modello di danno acuto indotto da CCl4. Le cellule staminali mesenchimali isolate hanno mostrato la capacità di rispondere agli stimoli differenziativi epatogenici sovraregolando l’espressione di marcatori epatici. In particolare le cellule isolate da UC hanno evidenziato la capacità di differenziare in cellule simil-epatocitarie funzionali come dimostra la positività alla colorazione PAS per l’accumulo di glicogeno e il saggio ELISA per la produzione di albumina. I risultati ottenuti dimostrano che il differenziamento non necessita dell’utilizzo di nessuna matrice extra-cellulare come supporto per la crescita delle cellule e il mantenimento della loro funzionalità nel tempo come invece avviene per gli epatociti maturi messi in coltura. Inoltre le MSC da UC somministrate ad animali sottoposti a danno epatico acuto da CCl4, hanno dimostrato di contribuire alla rigenerazione completa dell’organo, anche se il meccanismo d’azione resta ancora da indagare. La dimostrazione in vitro della plasticità delle MSC da UC e UCB non solo verso la linea mesodermica ma anche verso la linea endodermica e la loro capacità in vivo di contribuire alla rigenerazione epatica, rappresenta un risultato utile sulla futura applicazione di tali cellule nella terapia delle malattie epatiche acute e croniche. Inoltre, essendo completamente accessibili, privi di qualsiasi implicazione etica e di rischio nella raccolta, il sangue cordonale e il cordone ombelicale potrebbero diventare due fonti di elezione per l’ottenimento di cellule staminali multipotenti
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Zaccara, Luciana. "Sviluppo e caratterizzazione di materiali bioibridi per la medicina rigenerativa." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4093/.

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Danesin, Roberta. "Cellule staminali e matrici biomimetiche nanostrutturate per la medicina rigenerativa." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427431.

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Abstract:
The aim of the first part of this research project was to improve the knowledge about the existence and location of adult stem cells in the adrenal gland. Although some experiments might suggest that undifferentiated cells derived from the external periphery of cortical zone, the origin of the regenerating cells remains ambiguous, and there are not currently known surface markers for defining these cells. Two distinct cellular populations, from the capsular zone and from the inner part of the adrenal gland, were isolated and investigated in vitro in order to study their phenotype, their proliferative potential and plasticity. The second research project aims to design scaffolds for bone tissue engineering. The development of novel scaffolds for bone tissue engineering is very complex, because ideal support for cellular colonization would possess the same structural and functional characteristics of ECM. In this work, the creation of hybrid scaffolds, mixing a very well known biocompatible synthetic polymer, poly(ε-caprolactones), with different self-assembling peptides, is presented. The microfibrous structure of the scaffold is assured by the electrospinning process, whereas the nanofibrous structure is produces by the self-assembling process of peptides. We prepared six different scaffolds adding six different peptides to poly(ε-caprolactones). These peptides were synthesized by solid phase strategy, and one sequence was prepared condensing a RGD motif to a self-assembling sequence. The characterization of the different scaffolds was carried out through SEM morphological analysis, FT-IR spectroscopy and contact angle measurements. All prepared scaffold exhibit interwoven nanofibers comparable to the ECM ones. FTIR investigations showed that self-assembling peptides incorporated in the PCL nanofibers retain the -sheet conformation, and that an incubation with saline buffered solution can increase the percentage of this structure in the RGD containing peptide. The enrichment with peptides improves the wettability of the polymer scaffold adding an important requirement for better cellular adhesion. The biological assay showed that the presence of self-assembling peptides into the scaffold increases cellular adhesion, the calcium amount and the gene expression of some proteins important for osteoblast.
Premessa Il lavoro di ricerca svolto nel triennio di dottorato si è focalizzato su due progetti. Il primo ha riguardato l’individuazione di cellule staminali nel surrene di ratto, al fine di poterle isolare e caratterizzare. Nel secondo progetto ci si è occupati della progettazione e realizzazione di matrici biomimetiche nanofibrose per la rigenerazione del tessuto osseo. RIASSUNTO Il primo progetto di ricerca ha cercato di chiarire le conoscenze attuali riguardo l’esistenza di cellule staminali adulte residenti nel tessuto surrenale. Sebbene alcune evidenze sperimentali suggeriscano l’esistenza di tali cellule nella parte esterna della corticale surrenale, al riguardo non c’è ancora una teoria riconosciuta in modo unanime: non è stata identificata la loro zona d’origine, né tantomeno sono stati individuati dei marker caratteristici che permettano di isolarle. L’individuazione di tali cellule potrebbe trovare applicazione nella cura di malattie surrenali, ad esempio nell’ipocorticosurrenalismo permetterebbe di evitare la terapia ormonale a vita e quindi, rappresenterebbe la terapia d’elezione. Il progetto si è quindi prefisso come obiettivi di identificare e isolare una popolazione di cellule staminali all’interno della ghiandola surrenale di ratto. Tramite analisi immunoistochimica e di immunofluorescenza sono state ricercate: a) zone cellulari BrdU+ (ratti trattati alla nascita con BrdU), a ciclo cellulare lento; b) marker di staminalità CD105, CD90 e c-kit. Dai surreni di ratto sono state estratte due sottopopolazioni di cellule, capsulari e della parte interna: queste sono state coltivate in vitro, osservate e immunoseparate per CD105 e CD90. Infine, è stata testata la capacità differenziativa delle colture sia in senso osteogenico che adipogenico. Nel secondo progetto sono stati ideati e prodotti scaffold da impiegare nell’ambito dell’ingegneria del tessuto osseo. La progettazione di uno scaffold per l’ingegneria tessutale risulta essere alquanto complessa visto che un supporto ideale per la colonizzazione cellulare dovrebbe possedere le caratteristiche, strutturali e funzionali, della matrice extracellulare. Lo scaffold ideato ha natura ibrida essendo composto di un polimero di sintesi biodegradabile quale il poli(ε-caprolattone) e di peptidi auto-assemblanti. La struttura fibrosa dello scaffold su scala micrometrica è stata assicurata mediante un processo di elettrofilatura. D’altro canto, è noto che i peptidi auto-assemblanti formano spontaneamente matrici tridimensionali con fibre nanometriche estremamente gradite a differenti tipi di cellule, incluse quelle del tessuto osseo. Sono stati ottenuti sei differenti tipi di scaffold utilizzando sei diversi peptidi, ottenuti per sintesi su fase solida, tra i quali una sequenza auto-assemblante coniugata ad un motivo adesivo RGD. Le matrici sono state estesamente caratterizzate mediante analisi di spettroscopia elettronica a scansione, spettroscopia all’infrarosso in trasformata di Fourier e valutazione dell’angolo di contatto. Le matrici risultano essere composte da un intreccio di fibre di dimensioni comparabili a quelle della matrice extracellulare; inoltre, è stato possibile confermare che la struttura β-sheet, che è alla base dell’auto-aggregazione, è presente nelle matrici e viene incrementata, nel caso del peptide auto-assemblante con motivo RGD, dal pre-trattamento con soluzione salina. E’ stato inoltre dimostrato come l’arricchimento con piccole percentuali (5%) di peptidi dello scaffold in poli(ε-caprolattone) produca un grado di bagnabilità notevolmente superiore e quindi crei i presupposti per una maggior colonizzazione della matrice da parte delle cellule. I saggi biologici, eseguiti su tutti gli scaffold, hanno permesso di dimostrare che la presenza di sequenze auto-assemblanti incrementa in modo significativo l’adesione cellulare, la produzione di calcio e l’espressione di geni che codificano per proteine importanti per gli osteoblasti.
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KYRIAKIDOU, KYRIAKI. "Medicina rigenerativa ossea: ipotesi di riparazioni ingegnerizzate di lesioni ossee neoplastiche." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2008. http://hdl.handle.net/11566/241866.

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Giraldi, Diego. "Sviluppo e caratterizzazione di impianti e membrane polimeriche per la medicina rigenerativa." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/2995/.

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Abstract:
Nell’ambito di questa Tesi sono state affrontate le fasi di progettazione, sviluppo e caratterizzazione di materiali biomimetici innovativi per la realizzazione di membrane e/o costrutti 3D polimerici, come supporti che mimano la matrice extracellulare, finalizzati alla rigenerazione dei tessuti. Partendo dall’esperienza di ISTEC-CNR e da un’approfondita conoscenza chimica su polimeri naturali quali il collagene, è stata affrontata la progettazione di miscele polimeriche (blends) a base di collagene, addizionato con altri biopolimeri al fine di ottimizzarne i parametri meccanici e la stabilità chimica in condizioni fisiologiche. I polimeri naturali chitosano ed alginato, di natura polisaccaridica, già noti per la loro biocompatibilità e selezionati come additivi rinforzanti per il collagene, si sono dimostrati idonei ad interagire con le catene proteiche di quest’ultimo formando blends omogenei e stabili. Al fine di ottimizzare l’interazione chimica tra i polimeri selezionati, sono stati investigati diversi processi di blending alla base dei quali è stato applicato un processo complesso di co-fibrazione-precipitazione: sono state valutate diverse concentrazioni dei due polimeri coinvolti e ottimizzato il pH dell’ambiente di reazione. A seguito dei processi di blending, non sono state registrate alterazioni sostanziali nelle caratteristiche chimiche e nella morfologia fibrosa del collagene, a riprova del fatto che non hanno avuto luogo fenomeni di denaturazione della sua struttura nativa. D’altro canto entrambe le tipologie di compositi realizzati, possiedano proprietà chimico-fisiche peculiari, simili ma non identiche a quelle dei polimeri di partenza, risultanti di una reale interazione chimica tra le due molecole costituenti il blending. Per entrambi i compositi, è stato osservato un incremento della resistenza all’attacco dell’enzima collagenasi ed elevato grado di swelling, quest’ultimo lievemente inferiore per il dispositivo contenente chitosano. Questo aspetto, negativo in generale per quanto concerne la progettazione di impianti per la rigenerazione dei tessuti, può avere aspetti positivi poiché la minore permeabilità nei confronti dei fluidi corporei implica una maggiore resistenza verso enzimi responsabili della degradazione in vivo. Studi morfologici al SEM hanno consentito di visualizzare le porosità e le caratteristiche topografiche delle superfici evidenziando in molti casi morfologie ibride che confermano il buon livello d’interazione tra le fasi; una più bassa omogeneità morfologica si è osservata nel caso dei composti collagene-alginato e solo dopo reidratazione dello scaffold. Per quanto riguarda le proprietà meccaniche, valutate in termini di elasticità e resistenza a trazione, sono state rilevate variazioni molto basse e spesso dentro l’errore sperimentale per quanto riguarda il modulo di Young; discorso diverso per la resistenza a trazione, che è risultata inferiore per i campione di collagene-alginato. Entrambi i composti hanno comunque mostrato un comportamento elastico con un minore pre-tensionamento iniziale, che li rendono promettenti nelle applicazioni come impianti per la rigenerazione di miocardio e tendini. I processi di blending messi a punto nel corso della ricerca hanno permesso di ottenere gel omogenei e stabili per mezzo dei quali è stato possibile realizzare dispositivi con diverse morfologie per diversi ambiti applicativi: dispositivi 2D compatti dall’aspetto di membrane semitrasparenti idonei per rigenerazione del miocardio e ligamenti/tendini e 3D porosi, ottenuti attraverso processi di liofilizzazione, con l’aspetto di spugne, idonei alla riparazione/rigenerazione osteo-cartilaginea. I test di compatibilità cellulare con cardiomioblasti, hanno dimostrato come entrambi i materiali compositi realizzati risultino idonei a processi di semina di cellule differenziate ed in grado di promuovere processi di proliferazione cellulare, analogamente a quanto avviene per il collagene puro.
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ALTOMARE, Roberta. "ISOLAMENTO E CARATTERIZZAZIONE DI CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI DA TESSUTO ADIPOSO DI RATTO PER IL LORO DIFFERENZIAMENTO IN SENSO ENDOTELIALE." Doctoral thesis, università degli studi di Palermo, 2015. http://hdl.handle.net/10447/107804.

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GIROLAMO, L. DE. "Il tessuto adiposo fonte di cellule progenitrici per medicina rigenerativa : studio in vitro del potenziale osteogenico e condrogenico e possibili applicazioni cliniche." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2008. http://hdl.handle.net/2434/50218.

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Abstract:
L’ingegneria tissutale è un’emergente disciplina che raccoglie ed integra competenze mediche, biologiche e ingegneristiche. Uno dei suoi scopi è la rigenerazione o la sostituzione dei tessuti biologici danneggiati da patologie o traumi, che viene raggiunto creando dei dispositivi bioingegnerizzati, chirurgicamente impiantabili, integrando cellule, scaffold biocompatibili e fattori bioattivi (quali farmaci, citochine e fattori di crescita) in grado di promuovere la rigenerazione garantendo l’integrazione con i tessuti ospiti circostanti. Questa tecnologia trova grande applicazione in numerosi ambiti clinici come la dermatologia, la chirurgia plastica ricostruttiva, la chirurgia oro-maxillo-facciale e l’ortopedia. La cellula ideale richiesta per l’ingegneria tissutale deve mostrare un buon potenziale autorigenerativo, la capacità di sostituire funzionalmente il tessuto danneggiato e deve essere presente con una disponibilità piuttosto elevata, in quanto potrebbe essere necessario intervenire su difetti molto estesi. Le cellule staminali mesenchimali (MSC, Mesenchymal Stem Cells), oggi coinvolte in molte tecniche di medicina rigenerativa, sono presenti nel midollo osseo e in altri tessuti adulti. Esse sono in grado di differenziare, se stimolate opportunamente, in cellule appartenenti alla linea mesenchimale quali osso, cartilagine, tessuto adiposo e muscoli. Attualmente il midollo osseo è la fonte più comunemente utilizzata per l’isolamento delle MSC (BMSC, Bone Marrow Stromal Cells), ma presenta alcune limitazioni quali la necessità dell’anestesia generale durante il prelievo, la sensazione dolorosa avvertita dal paziente nel post-operatorio e la scarsa resa cellulare. Una fonte alternativa di MSC è stata individuata nel tessuto adiposo sottocutaneo, prelevabile mediante semplici interventi di liposuzione; i vantaggi dell’utilizzo di questo tessuto, normalmente considerato di scarto, sono il prelievo in anestesia locale, e la possibilità di ottenere grandi quantità di tessuto e, di conseguenza, un elevato numero di cellule. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’idoneità del tessuto adiposo umano come fonte di cellule staminali mesenchimali, analizzando dapprima le caratteristiche delle hASC (human Adipose-derived Stem Cells) allo stato indifferenziato e successivamente inducendo il differenziamento delle hASC verso la linea condrogenica, osteogenica ed adipogenica per una futura applicazione clinica. In questo studio in vitro sono state analizzate cellule hASC (human Adipose derived Stem Cells) isolate da tessuto adiposo sottocutaneo prelevato mediante liposuzione da 23 pazienti, di età compresa fra i 20 e i 60 anni (4 uomini e 19 donne, età media: 38 ± 11 anni), opportunamente informati e che hanno sottoscritto il consenso all’utilizzo di tale materiale biologico per sperimentazioni di base. I campioni di tessuto, in quantità variabile fra i 20 e i 250 ml per ciascun donatore, e provenienti da differenti distretti corporei (addome - glutei – coscia - ginocchio), sono stati processati mediante digestione enzimatica con collagenasi di tipo I ottenendo una “Stromal Vascular Fraction” (SVF) dalla quale le hASC sono state separate adesione per aderenza. La resa cellulare, dopo la digestione e prima della semina, è stata di 4,3X105 cellule/ml di tessuto adiposo digerito, con una variabilità piuttosto elevata, ma non correlata all’età del donatore. Dopo circa 10 giorni dall’isolamento le hASC appaiono una popolazione omogenea di tipica forma fibroblastoide, che viene mantenuta oltre il XIV passaggio in coltura. Dopo circa una settimana di “latenza” post isolamento, le hASC, seminate ad una densità di 104 cellule per cm2, hanno cominciato a duplicare rapidamente raggiungendo una confluenza dell’80-90% ogni 2 -3 giorni. La capacità clonogenica delle hASC è stata valutata utilizzando il saggio CFU-F (Fibroblast - Colony Forming Unit) dal quale emerge che il potenziale clonogenico si riduce gradualmente in relazione al periodo di mantenimento in coltura, con una percentuale di precursori clonogenici compresa fra il 10% e il 20% al I o II passaggio, e di circa il 3% al VII e VIII passaggio. Le cellule hASC sono state quindi caratterizzate immunofenotipicamente mediante analisi citofluorimetrica, valutando l’espressione di marcatori specifici delle cellule staminali mesenchimali; oltre il 95% delle hASC esprimono elevati livelli di CD13, CD90 (Thy-1) e CD105/SH2 (Endoglin), circa il 90% sono CD44+, l’80% sono CD29+ e circa il 75% delle hASC esprimono il CD54 (ICAM-1), mentre il CD49d è presente in una percentuale che varia fra l’85% e il 30%. E’ stata inoltre osservata una scarsa espressione di CD14 (1%-9%) e l’assenza di CD45, CD71 e CD106. La valutazione citofluorimetrica ha inoltre permesso di valutare le dimensioni e la granulosità delle varie popolazioni confermandone l’omogeneità. E’ stata anche valutata l’espressione di alcuni marcatori precoci di staminalità all’esordio e ai primi passaggi in coltura: sorprendentemente il CD34 è risultato significativamente espresso in cellule appena isolate (20-60%) come anche il CD271 (p75 NGF receptor, NGFR), anche se in percentuale inferiore (10%-20%); l’espressione di CD34 si riduce poi significativamente in cellule in coltura passando a una positività del 10-30%, mentre CD271 passa a un 5-7% di cellule positive al III passaggio e scompare del tutto dal XIII passaggio. Sulla base di queste osservazioni sono attualmente in corso ulteriori studi caratterizzazione delle sottopopolazioni CD34+ e NGFR+. Il passo successivo è stato quello di determinare la potenzialità differenziativa delle hASC: cellule al IV passaggio allo stato indifferenziato al sono state indotte a differenziare, in presenza di specifici medium, verso la linea adipogenica, condrogenica o osteogenica. Le hASC differenziate verso la linea adipogenica presentano già dopo 7 giorni numerosi vacuoli che risultano ricchi di trigliceridi apolari. Il differenziamento condrogenico è stato indotto con cellule cresciute in 3D in “pellet culture”; dopo 21 giorni di differenziamento le hASC sono state in grado di depositare una matrice simil-cartilaginea ricca di glicosamminoglicani, con aumento significativo di deposizione di circa il 23% rispetto alle cellule mantenute in terreno non induttivo. Cellule hASC differenziate verso la linea osteogenica in due diversi terreni differenziativi, OM1 e OM2, a diversi tempi di coltura (14-21-28 giorni), sono invece state analizzate valutando la deposizione di calcio, l’attività di fosfatasi alcalina (ALP) e l’espressione intracellulare di Osteopontina (OPN), proteina tessuto-specifica. Le hASC coltivate in medium osteogenico, in particolare OM2, differenziano efficientemente rispetto alle hASC non trattate e, infatti già dopo 14 giorni di coltura si osserva un significativo aumento dell’attività fosfatasica e la comparsa di OPN. Inoltre le hASC cresciute in OM2 depositano abbondante calcio extracellulare, che, dopo 21 giorni, risulta di circa 2.5 volte superiore rispetto a quello determinato su cellule non differenziate. Poiché gli scaffold rivestono un ruolo fondamentale in alcune applicazioni di medicina rigenerativa, soprattutto in ambito ortopedico, dove, almeno inizialmente, devono fornire anche un supporto meccanico, abbiamo analizzato il comportamento delle hASC, sia indifferenziate, che già differenziate verso la linea osteogenica, a contatto con alcuni biomateriali utilizzati in campo ortopedico ed odontoiatrico. Le hASC sono state quindi seminate su idrossiapatite, osso bovino deproteinizzato, frammenti di osso umano spongioso di banca, viti di titanio, schiume di poliuretano e fibre di alginato di calcio, per determinare se questi potessero essere dei validi supporti per la crescita e il differenziamento delle hASC. Al microscopio elettronico a scansione (SEM) è stato osservato che le hASC hanno aderito stabilmente a tutti i materiali testati, seppur con qualche differenza dovute alle proprietà di superficie del materiale, e in nessun caso si sono verificati effetti di citotossicità riconducibili ai biomateriali. Le hASC seminate sugli scaffold porosi sono state in grado di produrre livelli di calcio superiori rispetto a quelli prodotti dalle cellule in monostrato, avvalorando l’ipotesi dell’osteoconduttività degli scaffold testati. Infine, non avendo riscontrato differenze in termini di adesione o di potenziale differenziativo tra hASC indifferenziate seminate sugli scaffold e cellule hASC precedentemente differenziate e poi seminate in, si può considerare la possibilità di utilizzare nella pratica clinica in un unico step chirurgico alcuni costrutti hASC-scaffold subito dopo il prelievo e la purificazione. I nostri risultati confermano l’ipotesi che il tessuto adiposo sottocutaneo contiene cellule multipotenti in grado di differenziare verso la linea osteogenica, condrogenica o adipogenica, e che quindi potrebbero essere utilizzate in medicina rigenerativa in alternativa alle cellule mesenchimali isolate da midollo. Il nostro studio proseguirà incentrando le ricerche sull’analisi in vitro delle hASC e dei fenomeni che regolano il differenziamento, e sulle applicazioni delle hASC in vivo in modelli animali, studiando in particolare le modalità di integrazione dei costrutti hASC-scaffold, selezionati in vitro, in particolari lesioni critiche osteocondrali in roditori e ovini.
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Frisoni, Tommaso <1983&gt. "Trattamento della osteonecrosi della testa femorale con tecnica di medicina rigenerativa (concentrato midollare autologo, gel piastrinico e matrice ossea demineralizzata) in chirurgia mini invasiva." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7454/1/Tommaso_Frisoni_tesi.pdf.

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Abstract:
Background Scopo del progetto di ricerca è valutare se l'utilizzo della core decompression associata a medicina rigenerativa (gel piastrinico, concentrato midollare autologo e matrice ossea demineralizzata) è sicuro ed efficace nel trattamento dell'osteonecrosi della testa del femore, anche per gli stadi più avanzati Materiali e metodi Inclusi in due protocolli di ricerca (ON-08 e AVN-13) sono stati trattati più di 50 pazienti, dei quali 29 con adeguato follow up (29 anche trattate). Nella stessa procedura il midollo osseo viene aspirato e concentrato, poi si procede alla core decompression ed il materiale rigenerativo (demineralizzato, concentrato midollare e gel piastrinico) vengono introdotti all'interno della lesione con approccio mini invasivo. I pazienti vengono poi valutati clinicamente e con radiografie standard e risonanza magentica nucleare ogni 3 mesi. L'outcome primario è stato valutare la sopravvivenza al trattamento (intesa come non conversione in artroprotesi) mentre gli obiettivi secondari sono stati la valutazione dei sintomi (dolore), della clinica (funzione) e la valutazione degli esami strumentali. Results La progressione radiografica è stata riscontrata in 7 anche. Complicazioni in 2 pazienti (una frattura ed una infezione). 16 anche hanno invece riportato risultati buoni o eccellenti con HHS > 80 a 2 anni di follow up. La protesi è stata indicata in 8 casi (27%). Nei casi falliti, lo stadio di nerosi era IIB in 6 e IIA in uno, mentre stadio III in 2 pazienti. Conclusioni I risultati preliminari sono promettenti in quanto sovrapponibili a quelli disponibili in letteratura. In particolare ottimi risultati clinico-funzionali nei pazienti giovani, affetti da neoplasie ematologiche. Ad ogni modo, è necessario un follow up maggiore ed una corte più ampia di pazienti per confermare i buoni risultati ottenuti.
Background We aim to assess whether the use of core decompression and the application of autologous bone marrow concentrate (BMC) along with demineralized bone matrix (DBM) and Platelet Rich Fibrin (PRF) in the treatment of osteonecrosis of the femoral head (ONFH) is safe and effective and whether this technique is indicated in advanced stages. Methods Twenty-nine patients (30 hips) were enrolled in this clinical trial at the Rizzoli Orthopaedic Institute. In the same procedure bone marrow was aspirated and concentrated, then core decompression was performed and BMC mixed with DBM and PRF was introduced into the lesion. Patients were assessed postoperatively with X-Ray and MRI. Primary outcome was the survival rate of hips not converted to total hip arthroplasty (THA). The secondary outcomes were radiographic evolution and clinical symptoms evaluated with Harris Hip Score (HHS). Results Radiographic progression was found in 7 hips. There were complications in 2 hips (one fracture and one deep infection). Sixteen hips with successful treatment had good to excellent functional results at 2-year follow-up (HHS > 80). THA were indicated in 8 hips (27%). In failed cases, the Ficat stage was IIB in 6 and 1 IIA and III respectively in the other two patients. Conclusions The early outcomes of our procedure are similar compared to the literature with promising results in post collapse stages, particularly in young patients treated for haematological malignancies. However, a longer follow-up and more selective study criteria are needed to confirm the present data
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Frisoni, Tommaso <1983&gt. "Trattamento della osteonecrosi della testa femorale con tecnica di medicina rigenerativa (concentrato midollare autologo, gel piastrinico e matrice ossea demineralizzata) in chirurgia mini invasiva." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7454/.

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Abstract:
Background Scopo del progetto di ricerca è valutare se l'utilizzo della core decompression associata a medicina rigenerativa (gel piastrinico, concentrato midollare autologo e matrice ossea demineralizzata) è sicuro ed efficace nel trattamento dell'osteonecrosi della testa del femore, anche per gli stadi più avanzati Materiali e metodi Inclusi in due protocolli di ricerca (ON-08 e AVN-13) sono stati trattati più di 50 pazienti, dei quali 29 con adeguato follow up (29 anche trattate). Nella stessa procedura il midollo osseo viene aspirato e concentrato, poi si procede alla core decompression ed il materiale rigenerativo (demineralizzato, concentrato midollare e gel piastrinico) vengono introdotti all'interno della lesione con approccio mini invasivo. I pazienti vengono poi valutati clinicamente e con radiografie standard e risonanza magentica nucleare ogni 3 mesi. L'outcome primario è stato valutare la sopravvivenza al trattamento (intesa come non conversione in artroprotesi) mentre gli obiettivi secondari sono stati la valutazione dei sintomi (dolore), della clinica (funzione) e la valutazione degli esami strumentali. Results La progressione radiografica è stata riscontrata in 7 anche. Complicazioni in 2 pazienti (una frattura ed una infezione). 16 anche hanno invece riportato risultati buoni o eccellenti con HHS > 80 a 2 anni di follow up. La protesi è stata indicata in 8 casi (27%). Nei casi falliti, lo stadio di nerosi era IIB in 6 e IIA in uno, mentre stadio III in 2 pazienti. Conclusioni I risultati preliminari sono promettenti in quanto sovrapponibili a quelli disponibili in letteratura. In particolare ottimi risultati clinico-funzionali nei pazienti giovani, affetti da neoplasie ematologiche. Ad ogni modo, è necessario un follow up maggiore ed una corte più ampia di pazienti per confermare i buoni risultati ottenuti.
Background We aim to assess whether the use of core decompression and the application of autologous bone marrow concentrate (BMC) along with demineralized bone matrix (DBM) and Platelet Rich Fibrin (PRF) in the treatment of osteonecrosis of the femoral head (ONFH) is safe and effective and whether this technique is indicated in advanced stages. Methods Twenty-nine patients (30 hips) were enrolled in this clinical trial at the Rizzoli Orthopaedic Institute. In the same procedure bone marrow was aspirated and concentrated, then core decompression was performed and BMC mixed with DBM and PRF was introduced into the lesion. Patients were assessed postoperatively with X-Ray and MRI. Primary outcome was the survival rate of hips not converted to total hip arthroplasty (THA). The secondary outcomes were radiographic evolution and clinical symptoms evaluated with Harris Hip Score (HHS). Results Radiographic progression was found in 7 hips. There were complications in 2 hips (one fracture and one deep infection). Sixteen hips with successful treatment had good to excellent functional results at 2-year follow-up (HHS > 80). THA were indicated in 8 hips (27%). In failed cases, the Ficat stage was IIB in 6 and 1 IIA and III respectively in the other two patients. Conclusions The early outcomes of our procedure are similar compared to the literature with promising results in post collapse stages, particularly in young patients treated for haematological malignancies. However, a longer follow-up and more selective study criteria are needed to confirm the present data
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Mastromauro, Michela Pia. "La Bioelettronica Organica: approcci tecnologici per la registrazione, stimolazione e la modulazione di segnali elettrofisiologici di cellule neuronali per finalità terapeutiche nell'ambito della medicina neuro-rigenerativa." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
La Bioelettronica organica è una disciplina sviluppatosi a partire dal XVII secolo con l’esperimento di Luigi Galvani che, applicando uno stimolo elettrico ai muscoli di una rana dissezionata, ne osservò il movimento. La Bioelettronica organica è un’evoluzione della suddetta disciplina nel quale elementi di natura biologica vengono combinati con dispositivi elettronici avanzati, basati sull’utilizzo di materiali organici, con lo scopo di realizzare dispositivi in grado di interagire con la materia vivente per sviluppare nuove metodologie diagnostiche, di analisi e terapeutiche. L’accoppiamento tra dispositivi elettronici organici e il mondo biologico si sviluppa in due direzioni: da un lato una reazione o un processo biologico può trasferire un segnale ad un dispositivo elettronico organico, dall’altro un dispositivo elettronico organico può avviare un processo biologico. In particolare, il mio studio di tesi riguarda l’interazione tra dispositivi elettronici e cellule neuronali in grado sia di riconoscere e analizzare l’attività cerebrale, sia di intervenire sul funzionamento tramite micro-stimoli elettrici localizzati. I materiali elettronici organici, quali polimeri conduttivi e piccole molecole, hanno mostrato di poter consentire la fabbricazione di strumenti elettronici che offrono numerosi vantaggi rispetto a quelli tradizionali a base di silicio, in virtù delle loro proprietà elettroniche e meccaniche, della loro biocompatibilità, dei bassi costi di produzione, così da permettere di minimizzare l’invasività e sviluppare applicazioni sempre più innovative.
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Guerra, Giulia. "Interfacce neuronali a base di carbonio: nanotubi di carbonio e grafene." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14777/.

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Abstract:
La nanomedicina è un campo emergente che propone l'applicazione di precisi nanomateriali ingegnerizzati per la prevenzione, la diagnosi e la terapia di patologie neurologiche progressive, quali di malattia di Alzheimer e morbo Parkinson. I nanotubi di carbonio (CNT) ed il grafene sono una nuova classe di nanomateriali, che ha dimostrato di essere promettente in diverse aree della nanomedicina. In questo elaborato, verrà proposta una rassegna dei più recenti lavori riguardanti lo studio della sintesi, sviluppo, fabbricazione e validazione di substrati e dispositivi basati sull’utilizzo di CNT e del grafene. In particolare, la ricerca è stata focalizzata sui dati in letteratura riguardanti lo sviluppo di interfacce neuronali nanostrutturate e alla possibile applicazione di questi stessi sia come matrici a supporto della rigenerazione del tessuto neuronale, sia come sistemi di somministrazione per la terapia di patologie degenerative del sistema nervoso centrale. Particolare attenzione è stata rivolta anche alle possibili tecniche di modificazione superficiale (funzionalizzazione) ed ai profili di tossicità e di biocompatibilità dei diversi materiali. I risultati sperimentali sinora ottenuti e qui raccolti dimostrano come grafene e CNT siano materiali, versatili e con proprietà chimico-fisiche promettenti per la generazione di interfacce neurali innovative. Tuttavia, studi più approfonditi e a lungo termine in modelli sperimentali specifici, potranno chiarire le riserve e le controversie ancora esistenti ed emergenti dai dati di biocompatibilità e tossicità in vitro e definire il potenziale impiego clinico di questi materiali nella medicina neurorigenerativa.
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Zagni, Cristian. "Tecniche di 3D bioprinting per la produzione di costrutti cartilaginei ingegnerizzati." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
Il tessuto cartilagineo è privo di capacità intrinseche di auto-rigenerazione, quindi, un suo danneggiamento spesso progredisce in una condizione cronica riducendo la qualità di vita. Una grossa percentuale della popolazione mondiale è affetta da malattie osteocondrali e, per questo motivo, si è sempre in cerca di alternative più efficaci: le attuali tecniche chirurgiche sono approssimative e, nella maggior parte dei casi, non risolvono interamente il problema nella lunga durata. Negli ultimi anni, gli approcci di ingegneria tissutale mirano a fornire metodologie sempre più innovative. Tra queste, l’utilizzo della stampa 3D ricopre sempre maggiore interesse. In questa tesi compilativa sono presi in considerazione una serie di lavori pubblicati negli ultimi anni, inerenti alle diverse tipologie di 3D bioprinting per la rigenerazione cartilaginea. Verranno quindi descritti i principali meccanismi e fasi di stampa, i principali biomateriali e le principali tecniche di analisi e lavorazione per valutare affidabilità, maturazione in vitro, biocompatibilità dei costrutti ottenuti, al fine di evidenziare le possibili applicazioni in vivo. Notevoli passi in avanti sono stati ottenuti nell’ottimizzazione del 3D bioprinting e, seppure esistano ancora tanti limiti da superare (es.: la vascolarizzazione), gli ultimi studi, permettono di essere fiduciosi sul futuro utilizzo di questa tecnologia.
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D'Orsi, Giovanni. ""3D Bioprinting" nell'ingegneria tissutale: applicazioni attuali e prospettive future." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
L’argomento trattato in questo elaborato riguarda una nuova tecnologia che si sta sviluppando nel settore dell’ingegneria tissutale: il Bioprinting. Nel seguito verrà data una definizione del processo, verranno analizzate le varie fasi di elaborazione, le tecniche ed i materiali utilizzati. Verranno infine riportati studi riguardanti alcune applicazioni della tecnica.
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Casadei, Emanuele. "Induzione del differenziamento osteogenico di cellule staminali mesenchimali tramite microstiramento musicale a frequenza variabile." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Abstract:
Nel mondo ogni anno circa 2,2 milioni di pazienti si sottopongono a innesti ossei. Esiste inoltre un ramo dell’ingegneria dei tessuti che sviluppa e sperimenta biomateriali e bioreattori con la capacità di indurre un commissionamento osteogenico di cellule staminali in coltura, per realizzare in vitro tessuto osseo biomimetico. Tuttavia, al momento non esiste una tecnica accreditata come standard di coltura per stimolare le cellule nello stesso modo nel quale sono sollecitate nel tessuto in vivo. I meccanismi di generazione e riparazione del tessuto osseo sono, in gran parte, regolati da segnali meccanici che agiscono attraverso una deformazione che nell’osso si manifesta come non-uniforme, a frequenza variabile e a bassa intensità. Attualmente i dispositivi in grado di stimolare meccanicamente i sistemi cellulari producono una deformazione con una frequenza costante e con un’ampiezza che non rispecchia quella fisiologica. Tuttavia è stato recentemente progettato un con spettro analogo a quello di un segnale musicale (NUMS non uniform micro stretching) . I risultati del lavoro descritto in questo elaborato confermano che le cellule stimolate con NUMS presentano un miglior differenziamento osteogenico rispetto a cellule stimolate con un segnale uniforme (US uniform stretching). Questo dispositivo innovativo getta le basi per uno sviluppo di una tecnologia che promuova la sintesi in vitro di tessuto osseo bioibrido.
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Leonardelli, Luana. "La fotostimolazione come approccio biomedico per lo studio e la terapia di malattie neurologiche." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
Dall’inizio del XXI secolo, un’importante rivoluzione tecnologica è in corso nel campo delle neuroscienze: l’idea di base è quella di attivare/inibire con la luce un neurone che normalmente non è in grado di rispondere a tale stimolo. Si tratta di un approccio che integra metodi ottici e genetici per controllare l’attività di cellule eccitabili e di circuiti neuronali. La combinazione di metodi ottici con strumenti fotosensibili geneticamente codificati (optogenetica) offre l’opportunità di modulare e monitorare rapidamente un gran numero di eventi neuronali e la capacità di ricreare i modelli fisiologici, spaziali e temporali dell’attività cerebrale. Le tecniche di stimolazione ottica possono rispondere ad alcune delle problematiche legate alla stimolazione elettrica, fornendo una stimolazione più selettiva, una maggiore risoluzione spaziale e una minore invasività del dispositivo, evitando gli artefatti elettrici che complicano le registrazioni dell’attività neuronale elettricamente indotta. Quest’innovazione ha motivato lo sviluppo di nuovi metodi ottici per la fotostimolazione neuronale, tra cui la fotostimolazione neuronale nell’infrarosso, le tecniche di scansione del fascio e di fotostimolazione parallela, ciascuna con i suoi vantaggi e limiti. Questa tesi illustra i principi di funzionamento delle tecniche di fotostimolazione ed il loro utilizzo in optogenetica, presentandone i vantaggi e gli inconvenienti. Infine, nell’elaborato è presa in considerazione la possibilità di combinare i metodi di fotostimolazione con approcci di imaging ottico funzionale innovativi per un’indagine più ampia, mirata e completa del circuito neuronale. Sebbene siano necessari ulteriori studi, le tecniche di fotostimolazione in optogenetica sono quindi molto promettenti per la comprensione dei disturbi neuronali, svelando la codifica neurale e facilitando nuovi interventi per la diagnosi e terapia di malattie neurologiche.
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Sgrò, Alberto. "Tissue engineering for the surgical tratment of muscle defects: application on animal model of congenital diaphragmatic hernia and skeletal volume muscle loss." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426684.

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Abstract:
Background. Repair of skeletal muscle loss due to trauma, surgical resection or malformations represent a challenge for clinicians. Several attempts to create a bioscaffold to substitute skeletal muscle have been done but no satisfying results were obtained due to lack in regeneration process and functionality of repaired tissue. Some studies on tissue engineering investigated the application of decellularized extracellular matrix (ECM) derived from skeletal muscle observing positive effect towards regeneration. It is becoming relevant the role of tissue-specificity in the field of tissue engineering. This study aims to compare the regenerative effect of both tissue-specific and no tissue-specific scaffolds when applied in a volume of volume muscle loss. Muscle regeneration and macrophagic response are investigated. Material and Methods. Decellularized extracellular scaffold from murine skin, intestine and rhabdomyosarcoma (ARMS) were obtained using a detergent-enzymatic protocol. Scaffolds’ characteristics were investigated. Wild type mice were used as animal model for in vivo implantation on diaphragm and tibialis anterioris muscles. Samples were obtained at sequential timepoints and analysed with Histology, DNA quantification techniques, Immunofluorescence, Real-time PCR. Results. Decellularized ECM scaffold were obtained from each tissue. Moreover, their ECM maintained ultrastructure and composition. Implantation in vivo showed a regeneration of new, centre nucleated myofibers when muscle scaffold was used. No significant regeneration was observed with other scaffolds. With muscle implants, macrophagic response was present and characterized by organized distribution of cells. Conclusions. The decellularization protocol used in this study demonstrated to be effective in maintaining ECM properties even if in absence of cells. Pro-regenerative results obtained only with implantation of muscle-derived scaffolds underline the importance of tissue-specificity in order to obtain the ideal material to repair muscular defects.
Premesse. Il trattamento della perdita di sostanza muscolare dovuta a traumi, resezioni chirurgiche o malformazioni rappresenta ancora una sfida in ambito medico. In passato sono stati creati diversi bioscaffold che potessero sostituire il tessuto muscolare ma i risultati sono stati poco soddisfacenti a causa del mancato stimolo alla rigenerazione tissutale e del mancato recupero funzionale. Alcuni studi hanno hanno esaminato le potenzialità rigenerative di bioscaffold derivati da matrice extracellulare di muscolo scheletrico. In ambito di ingegneria tissutale risulta sempre più importante la specificità tissutale dello scaffold. Questo studio mette a confronto il potenziale rigenerativo di scaffold tessuto-specifici e non in un modello di perdita di sostanza muscolare. In particolare vengono studiati i meccanismi di rigenerazione muscolare e la risposta macrofagica. Materiali e Metodi. Utilizzando un protocollo di decellularizzazione detergente-enzimatico, sono stati ottenuti da modello murino scaffold di matrice extracellulare di cute, intestino, rabdomiosarcoma. Di tali scaffold sono state studiate le caratteristiche intrinseche. Come modello animale è stato utilizzato il topo wild type. Gli scaffold sono stati impiantati chirurgicamente a livello del diaframma e del muscolo tibiale anteriore. I campioni, prelevati a timepoints diversi, sono stati esaminati con istologia, quantificazione del DNA, Immunofluorescenza, Real-Time PCR. Risultati. E' stato possibile ottenere scaffold di matrice extracellulare decellularizzata da ciascun tessuto esaminato. La struttura e la composizione della matrice extracellulare è stata preservata nonostante il trattamento di decellularizzazione. L'applicazione in vivo di scaffold derivati da muscolo ha indotto la rigenerazione di nuove fibre muscolari centro-nucleate. L'applicazione in vivo degli scaffold derivati dagli atri tessuti non ha condotto a rigenerazione tissutale. Una volta applicato lo scaffold derivato dal muscolo la risposta macrofagica è stata significativa e caratterizzata da una distribuzione regolare delle cellule. Conclusioni- Il protocollo di decellularizzazione utilizzato in questo studio è risultato efficace nell'ottenere matrici extracellulari decellularizzate pur preservando le caratteristiche della matrice stessa. Lo stimolo rigenerativo ottenuto solamente mediante impianto di matrice muscolare sottolinea l'importanza della specificità tissutale nell'ottica di ottenere un valido sostituto in caso di danno con perdita di sostanza.
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Balducci, Cristian. "Tecniche di 3D bioprinting per la stampa di tessuto cutaneo." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21004/.

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Abstract:
Ogni anno 11 milioni di persone necessitano di cure legate alle ustioni il cui trattamento (in caso di lesioni estese) comporta l'asportazione chirurgica della pelle danneggiata e la ricostruzione della lesione con l'aiuto di sostituti della pelle. La creazione di un tessuto cutaneo 3D in vitro deve considerare la presenza delle diverse componenti del tessuto nativo (vasi sanguigni ecc.) e delle sue funzioni primarie biologiche e biomeccaniche. Attraverso un adeguato trattamento sarà possibile creare modelli di tessuto malato per studiare patologie come tumori o malattie cutanee. I costrutti potranno essere utilizzati anche per effettuare test in vitro di farmaci e cosmetici. Le tecniche tradizionali per realizzarli presentano limiti come l’impossibilità di avere un controllo preciso sulla porosità degli scaffold e sulla distribuzione cellulare in essi, o il rischio di incorrere in stress fisico/chimici sui biomateriali. Possono essere implementate solo in vitro. La 3D bioprinting ha le potenzialità per colmare tali limiti, portando ad ottenere un tessuto sempre più fisiologicamente simile a quello nativo e adatto ad essere impiantato. Questa tecnologia gode di altri benefici come la possibilità di stampare costrutti su misura, con struttura identica al sito della ferita e disposizione cellulare omogenea, che consente una maggiore vitalità cellulare in tutte le zone del costrutto. Consente anche una notevole riduzione dei tempi di generazione del costrutto. Vengono presentate le principali tecniche di 3D bioprinting attualmente utilizzate, i metodi di pre- e post-processing, pregi e difetti di ogni tecnica evidenziando i risultati migliori ottenuti con esse. Inoltre, ci si focalizzerà su alcuni lavori presenti in letteratura, che propongono varie modifiche apportate ai bioinchiostri o alle stampanti, per stampare un tessuto cutaneo strutturalmente completo. Si discutono infine le sfide future alle quali si andrà incontro e le innovazioni possibili in questo ambito.
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Cananzi, Mara. "Amniotic Fluid Stem Cells Improve Survival And Enhance Repair Of Damaged Intestine In Experimental Necrotizing Enterocolitis Via A Cox-2 Dependent Mechanism." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3423218.

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Abstract:
Background. Necrotizing enterocolitis (NEC) is a major cause of morbidity and death in neonates. No specific therapy is available and the treatment is only supportive. Amniotic Fluid Stem (AFS) cells represent a novel class of pluripotent stem cells with intermediate characteristics between embryonic and adult stem cells, as they are able to differentiate into lineages representative of all embryonic germ layers and do not form tumors after implantation in vivo. These characteristics, together with the absence of ethical issues concerning their obtainment, make AFS cells good candidates for cell therapy of human diseases. Aim. The aim of this study was to explore the therapeutic potential of Amniotic Fluid Stem (AFS) cells in a rat model of NEC. Methods. AFS cells were obtained from green fluorescent (GFP+) transgenic pregnant rats at 16 days p.c. by c-kit selection. NEC was induced in newborn rats by hyperosmolar milk formula, oral lipopolysaccharide and hypoxia. Rats were divided into 2 groups receiving at 24 and 48 hours of life an intraperitoneal injection of: (i) phosphate buffered saline (PBS; n=120) or (ii) 2x106 AFS cells (n= 121). Additional groups of animals, either injected with bone marrow-derived mesenchymal stem cells (i.e. rat BM-MSCs) or committed cells (i.e. rat myoblasts), or non subjected to NEC induction (i.e. healthy breast fed newborn rats), were used as additional controls. All groups were blindly compared regarding survival, clinical status, radiological features (abdominal MRI), gut motility (carmine red transit time) and intestinal permeability (plasma lactulose/mannitol ratio). Intestines were blindly analyzed for macro- and microscopic appearance, transcriptional profile (microarray-based expression analysis), neutrophil infiltration (myeloperoxidase activity), enterocyte proliferation (EdU assay) and apoptosis (cleaved caspase 3 immunohistochemistry). AFS cell integration in the gut was evaluated by GFP amplification and immunostaining. Cyclooxygenase 2 (COX2+) cells in the lamina propria were evaluated by immunofluorescence. COX2 activity was inhibited in vivo using selective (celecoxib) and non-selective (ibuprofen) inhibitors; the effects of COX2 pharmacological inhibition on rat survival and clinical status were evaluated. Results. Compared to animals injected with PBS, rats receiving AFS cells survived longer (p<0.0001), and showed: improved clinical conditions (p<0.001), better abdominal appearance at MRI, restored intestinal transit (p<0.01), decreased intestinal permeability (p<0.05), reduced macroscopical (p<0.001) and histological gut damage (p<0.001). These beneficial effects were specific to AFS cells as neither BM-MSCs nor myoblasts were able to improve animal morbidity/mortality in comparison to PBS (p=n.s.). AFS cells integrated in the intestine with various degrees of spreading in all the animals. cDNA arrays comparing the intestinal transcriptional profile of PBS vs. AFS cell rats showed differences in the expression of genes involved in inflammation, apoptosis and cell proliferation which were respectively down-regulated (inflammation and apoptosis) and up-regulated (proliferation) in the AFS cell group. At a protein level, AFS cell rats had lower gut neutrophil infiltration (p<0.05), reduced enterocyte apoptosis (p<0.05) and increased enterocyte proliferation (p<0.0001) compared to PBS rats. In rats treated with AFS cells vs. rats injected with PBS, COX2+ cells in the lamina propria were increased (p<0.001) and repositioned under crypts (p<0.001). Moreover, both the total number of COX-2+ cells per villus unit and the number of cryptal COX-2+ cells inversely correlated with the degree of intestinal damage (p=0.014). The pharmacological inhibition of COX2 activity did not exert any effect in PBS rats, whereas it completely abolished AFS cell beneficial effects on animal survival and clinical behavior. Conclusions. In experimental NEC, AFS cell administration via the intraperitoneal route is associated with reduced animal morbidity/mortality and decreased incidence of NEC. AFS cell beneficial effects seems to be related to decreased intestinal neutrophil infiltration, enhanced enterocyte proliferation and reduced epithelial apoptosis. We hypothesize that is achieved through activation of COX2+ cells in the lamina propria. Stem cell therapy may represent a new therapeutic option for infants with NEC.
Premesse. L’enterocolite necrotizzante (NEC) rappresenta la causa più frequente di insufficienza intestinale in età pediatrica. Non esistono tuttora terapie specifiche per la NEC ed il suo trattamento si basa unicamente sulla terapia medica di supporto e sulla rimozione chirurgica delle porzioni di intestino affetto. Le cellule staminali derivanti da liquido amniotico (AFSC) sono una popolazione di cellule staminali di origine fetale descritta per la prima volta nel 2007. Esse possiedono delle caratteristiche intermedie fra le cellule staminali embrionali (i.e. pluripotenza) e le cellule staminali adulte (i.e. mancata tumorigenicità dopo iniezione in vivo) che le rendono candidati ideali per la terapia cellulare. Scopo dello studio. Valutare il potenziale terapeutico delle cellule staminali derivanti da liquido amniotico (AFSC) in un modello animale di NEC. Materiali e metodi. AFSC sono state derivate da ratti Sprague-Dawley GFP+ (i.e. esprimenti in modo costitutivo la proteina reporter “Green Fluorescent Protein”) al 16^ giorno p.c. tramite immunoselezione per il loro caratterstico marcatore di superficie (i.e. c-kit/CD117). Le cellule ottenute sono state caratterizzate per morfologia e immunofenotipo. La NEC e’ stata indotta in ratti neonati tramite l’utilizzo di elementi simili ai fattori patogenetici implicati nell’insorgenza della NEC umana: alimentazione con latte formulato iperosmolare, eventi ipossici, somministrazione di lipopolisaccaride. I ratti, suddivisi in due gruppi principali, hanno ricevuto a 24 e 48 ore di vita, per via intraperitoneale: i. 50 ul di soluzione salina (PBS; n=120) o ii. 2x106 AFSC (n= 121). Altri gruppi di animali, trattati con cellule staminali mesenchimali di ratto derivanti da midollo osseo o con mioblasti, oppure non sottoposti all’induzione di NEC (i.e. neonati sani allattati al seno), sono stati utilizzati come gruppi aggiuntivi di controllo. I diversi gruppi di animali sono stati valutati in cieco per i seguenti parametri: sopravvivenza, stato clinico, aspetto radiologico intestinale (RM ad alta risoluzione), motilita’ intestinale (studio del tempo di transito con coloranti vitali), permeabilita’ intestinale (rapporto lattulosio/mannitolo plasmatici). L’intestino e’ stato valutato in cieco per: aspetto macroscopico ed istologico, profilo di espressione genica (tramite tecnologia cDNA-microarray), infiltrazione neutrofila (saggio di attivita’ della mieloperossidasi), proliferazione (EdU) e apoptosi degli enterociti (immunoistochimica per caspasi 3 attivata). L’integrazione di AFSC nell’intestino e’ stata analizzata sia tramite PCR (amplificazione del gene gfp) che tramite immunoistochimica (immunofluorescenza per GFP). Il numero e la localizzazione delle cellule stromali esprimenti COX2 nella mucosa sono stati valutati con immunofluorescenza. L’attivita’ di COX2, in vivo, e’ stata inibita farmacologicamente con inibitori selettivi (celecoxib) e non selettivi di COX2 (ibuprofene); gli effetti di tale inibizione sulla sopravvivenza e sulla morbidita’ degli animali trattai con AFSC o PBS sono stati analizzati in cieco. Risultati. La somministrazione di AFSC, per via intraperitoneale a ratti neonati affetti da NEC: migliora significativamente la sopravvivenza degli animali sia rispetto alla somministrazione di PBS (p<0.0001) che di linee cellulari di controllo (i.e. cellule staminali mesenchimali di ratto derivanti da midollo osseo [p=0.024] e mioblasti di ratto [p<0.0001]). Rispetto alla somministrazione di PBS, inoltre, il trattamento con AFSC: i. riduce la morbidita’ degli animali migliorandone l’aspetto clinico (p<0.001); ii. riduce significativamente il danno intestinale sia alla valutazione dell’addome con RM ad alta risoluzione che all’esame macroscopico (p<0.001) ed istologico dell’intestino (p<0.001); iii. migliora significativamente la funzionalità dell’intestino sia per quanto concerne la motilità (p<0.01) che l’assorbimento di nutrienti (p<0.05). AFSC somministrate per via intraperitoneale migrano preferenzialmente verso l’intestino dove, seppur con un basso tasso di integrazione tissutale, sono in grado di localizzarsi in tutti gli strati della parete e talora di differenziarsi in cellule con fenotipo mesenchimale (i.e. cellule muscolari lisce). La somministrazione di AFSC in ratti neonati affetti da NEC è in grado di modificare il profilo di espressione genica dell’intestino incrementando l’espressione di geni coinvolti nella proliferazione e riducendo l’espressione di geni coinvolti in apoptosi e infiammazione. Tali dati di espressione sono stati confermati a livello proteico dimostrando che nell’intestino dei ratti affetti da NEC trattati con AFSC v.s. PBS è maggiore la proliferazione delle cellule epiteliali (p<0.0001), minore l’apoptosi degli enterociti (p<0.05) e ridotta l’infiltrazione neutrofila tissutale (p<0.05). La somministrazione di AFSC, inoltre, determina l’attivazione di una popolazione di cellule stromali esprimenti la ciclossigenasi 2 (COX2) nella lamina propria della mucosa intestinale. Più in dettaglio la somministrazione di AFSC v.s. PBS causa un significativo aumento del numero delle cellule COX2+ nella lamina propria (p<0.001) e un loro spostamento dall’asse del villo alla niche delle cripte intestinali (p<0.001). Tale effetto costituisce il meccanismo d’azione di AFSC poiché la somministrazione in vivo di inibitori selettivi e non selettivi di COX2 (ma non di COX1) a ratti affetti da NEC abolisce gli effetti positivi di AFSC su morbidità e mortalità degli animali ma non ha alcun effetto sugli animali trattati con PBS. Conclusioni. In un modello animale di NEC, AFSC sono in grado di migliorare in modo significativo la mortalita’ e la morbidita’ degli animali e il danno intestinale. AFSC non determinano direttamente tali effetti rigenerando di per sé l’intestino ma indirettamente attivando le cellule stromali esprimenti COX2 presenti nella lamina propria le quali a loro volta stimolano la proliferazione e riducono l’apoptosi delle cellule epiteliali intestinali residenti. Sebbene ulteriori studi siano necessari (e.g. per identificare i fattori/meccanismi molecolari responsabili dell’attivazione delle cellule COX2+), riteniamo che la terapia con cellule staminali derivanti da liquido amniotico possa rappresentare una nuova prospettiva terapeutica per i pazienti affetti da NEC.
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Giallongo, T. "POST MORTEM NEURAL PRECURSORS CELLS THERAPEUTIC INTERVENTION PROMOTE NEURAL TISSUE SPARING AND RECOVERY OF FUNCTION IN CENTRAL NERVOUS SYSTEM NEURODEGENERATIVE MODELS." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/335144.

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Abstract:
Regenerative medicine is a branch of translational research focused on the discovery of new approaches for replacement of cells tissue and organs used to improve the recovery in neurodegenerative or traumatic disease. Spinal cord injury (SCI) is a debilitating clinical condition, characterized by a complex of neurological dysfunctions. ). SCI disabilities range from cognitive impairment to loss of sensation and partial to complete paralysis. We have isolated a subclass of neural progenitors, kept from SVZ 6 hours after animal death capable of surviving a powerful ischemia insult. These cells were named Post Mortem Neural Precursors Cells (PM-NPCs). Differentiation yield mostly neurons (about 30-40%) compared to regular NPCs (about 10-12%). Also the cholinergic yields is higher. Their EPO-dependent differentiation abilities produce a significantly higher percentage of neurons than regular NSCs. The potential of PM-NPCs in terms of replacement therapy was investigated in a mouse model of contusive spinal cord injury lesioned at T9 level with intensity equal to 70 kDyne, by means of Infinity Horizon Impactor device. 1x 106 PM-NPCs, were administered intravenously within two hours after the traumatic injury of the cord then the functional recovery and the fate of transplanted cells were studied. Animals transplanted with PM-NPCs showed a remarkable improved recovery of hind limb function evaluated by Basso Mouse Scale up to 90 days after lesion. This was accompanied by reduced myelin loss, counteraction of the invasion of the lesion site by the inflammatory cells, and an attenuation of secondary degeneration. PM-NPCs migrate mostly at the injury site, where they survive and differentiate predominantly into cholinergic neurons, reconstitute a rich axonal and dendritic network and favors preservation of myelin fibers and promotes tyrosine hydroxylase and serotonergic fiber formation at lesion site. Moreover, the molecular analysis of the lesion site show that PM-NPCs induce a modulation of inflammatory response and release of neurotrophic factors. Pro-inflammatory cytokines (IL-6, MIP-2 and TNF-alpha) levels significantly decrease after 48 hours from spinal cord injury and PM-NPCs transplantation. Moreover, our results show that transplantation of PM-NPCs facilitated significant axonal sparing/regeneration. This is associated with an increased amount of intact tissue at the lesion site. Anterograde tracing revealed statistically significant increased numbers for supraspinal tracts in PM- NPCs treated animals. Consequently, axons that regenerate across the lesion bridge and reach the caudal interface may mediate improvement in hindlimb movement Cell therapies has been proposed as a regenerative approach to compensate the loss of specific cell populations in neurodegenerative disorders, where symptoms can be ascribed to the degeneration of a specific cell type. Parkinson’s disease (PD) is the second most common neurodegenerative disease, caused by midbrain dopaminergic neurons degeneration in the Substantia Nigra (SN). Stem cell transplantation has emerged as a promising therapeutic approach. The other aim of this work was to evaluate the curative effects of PM-NPCs in a mouse model of PD. The degeneration ofdopaminergic neurons was obtained with 1-methyl-4-phenyl-1,2,3,6-tetrahydropyridine (MPTP) administration in C57BL/6 mice at the dosage of 36 mg/kg intraperiteoneally. Then the lesion was stabilized by a second injection (i.p.) of the drug at the dosage of 20 mg/kg. 1x 105 of PM-PCs-GFP were administered to C57/BL mice by stereotaxic injection unilaterally in the left striatum 3 days after the second MPTP administration. The effects of transplanted cells were determined by means of performance tests aimed at detecting behavioral improvements. Our results show that animals treated with GFP-PM-NPCs had a remarkable improvement of parameters measured by means of both horizontal, vertical grid and olfactory tests starting with the third day after transplantation. These improvements were very significant and the average values were close to control. This was maintained throughout two weeks of experimental observation. This was likely promoted by PM-NPCs-derived erythropoietin (EPO), since the co-injection of cells with anti-EPO or anti-EPOR antibodies had completely neutralized the positive outcome. At the end of observational period, most of the transplanted PM-NPCs were vital, and were able to migrate ventrally and caudally from the injection site, reaching the ipsilateral and contralateral Substantia Nigra. Transplanted cells were differentiated into dopaminergic, cholinergic, and gabaergic neurons. In conclusion, we purified a new class of neural precursors able to survive after a powerful ischemic insult (PM-NPCs). We found that treatment with PM-NPCs can limit the effects of degeneration of the injury both in the spinal cord and in Parkinson’s disease. For these reasons these cells represent a liable source for cellular therapy in neurodegenerative disorders, especially on spinal cord injury and Parkinson’s disease.
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Betti, Valentina. "Misure ottiche per l'analisi non distruttiva di matrici tridimensionali di alginato." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16614/.

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Abstract:
L’ingegneria tissutale è un settore multidisciplinare che applica i principi dell’ingegneria per realizzare dei sostituti biologici capaci di ripristinare una determinata funzione dell’organismo. Si avvale dell'utilizzo di alcuni dispositivi, come bioreattori, e di scaffolds, ovvero strutture tridimensionali capaci di sostenere e promuovere la formazione e la crescita cellulare. I recenti progressi in questo campo e nella medicina rigenerativa hanno dimostrato l'importanza di comprendere le complesse interazioni delle cellule con il microambiente circostante, al fine di sviluppare sistemi terapeutici di successo. Pertanto, sono necessarie tecniche di valutazione efficaci fin dalle fasi iniziali di ricerca e sviluppo, in modo da selezionare o progettare scaffolds con proprietà adeguate. La valutazione dello stato e delle caratteristiche delle popolazioni cellulari all'interno di queste strutture, inoltre, risulta fondamentale per poter sfruttare al meglio le tecniche di coltura cellulare in 3D. Per questa ragione, una linea di ricerca attiva presso il laboratorio di Ingegneria Cellulare e Molecolare "Silvio Cavalcanti" DEI - UOS Cesena si propone di sviluppare metodi non invasivi al fine di caratterizzare le strutture tridimensionali e di studiare il comportamento di popolazioni cellulari cresciute al loro interno. Lo scopo principale di questa tesi è stato lo studio dell'efficacia di un metodo alternativo per la quantificazione dell'assorbanza di scaffolds polimerici vuoti a diverse concentrazioni di calcio, utilizzando uno strumento di dimensioni ridotte che possa essere integrato in un bioreattore. Tali misure sono state confrontate con quelle di uno strumento professionale, ovvero il lettore multipiastra Tecan, in modo da analizzarne la precisione e la validità. Dai risultati ottenuti, queste tecniche di indagine sembrano essere molto promettenti per la valutazione non distruttiva di scaffolds per colture cellulari 3D.
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Giatsidis, Giorgio. "Effetti biologici delle forze meccaniche esterne sui tessuti molli: ottimizzazione preclinica per l'applicazione translazionale in chirurgia rigenerativa. Biological effects of external mechanical forces on soft tissues: preclinical optimization for translational application in regenerative surgery." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3424960.

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Abstract:
In reconstructive surgery, tissues are routinely transferred to repair a defect caused by trauma, cancer, chronic diseases, or congenital malformations. Surgical transfer intrinsically impairs metabolic supply to tissues placing a risk for ischemic complications such as necrosis, impaired healing, or infection. Pre-surgical induction of angiogenesis in tissues (preconditioning) limits ischemic complications and improves outcomes but very few preconditioning strategies have successfully been translated to clinical practice. The first goal of our research was to improve current standard of care in reconstructive surgery by developing a translational technique that can effectively and safely increase the vascularization of soft tissues. To achieve this goal, we optimized, using preclinical animal models resembling clinical needs and scenarios in a controlled setting, a method that adopts non-invasive external suction (External Volume Expansion, EVE) to precondition tissues through the induction of hypoxia-mediated angiogenesis. Using a sequential approach in a rodent model we determined the parameters of application (frequency, suction levels, duration, and interfaces) that fine-tune the balance of enhanced angiogenesis, attenuation of hypoxic tissue damage, and length of treatment. The optimized parameters of application (short, cyclical stimulations at moderate suction) almost doubled tissue vascular density after only 5 days of treatment. Our outcomes also showed that the use of micro-deformational interfaces of treatment retain the biological effectiveness of EVE while further reducing the cutaneous damage by distributing forces across the stimulated tissue. Our model confirmed that the optimized technique significantly improves the survival of transferred soft tissues (+20-30%), such as adipose tissue grafts, and can achieve the same beneficial outcomes in animal models of pathologic cutaneous vascularization, such as the one occurring in the skin of patients affected type-2 diabetes. We assessed that EVE retains a beneficial effect on the vascularization and proliferation (adipogenesis) of soft tissues when used both as a pre-conditioning method (before surgeries) and as a post-conditioning method (after surgeries) As a second goal of our research we integrated the knowledge on the application of EVE on soft tissues, to the use of a shelf-ready, bio-mimetic, decellularized allograft adipose matrix (AAM) with the aim of developing an innovative and minimally-invasive strategy for in vivo regeneration of soft tissues. In an animal model we tested the potential of a human-derived, injectable AAM to regenerate soft tissues when used in combination with EVE. This strategy significantly improved long-term volume retention (50-80% higher) and histological quality of reconstructed tissues compared to current standard of care (adipose grafts). The AAM induced both adipogenesis and angiogenesis. Combined use of the AAM and adipose grafts mitigated efficacy. Our studies suggest that EVE can improve the outcomes of reconstructive surgeries by safely and promptly enhance vascularity of soft tissues, in addition to its edema-/mechanically-induced adipogenic effect (confirmed by our study). EVE's use with an AAM, instead, can synergistically and effectively induce in vivo soft tissue regeneration. These translational principles are ready to be translated to clinical trials and, if outcomes will be confirmed, they could establish the basis for a novel therapeutic paradigm in reconstructive and regenerative surgery for the benefit of a large number of patients.
La chirurgia ricostruttiva si basa sul trasferimento di tessuti da un distretto corporeo ad un altro al fine di riparare un difetto tissutale causato da un trauma, un tumore, una malattia cronica, o una malformaizoen congenita. Questo trasferimento chirurgico compromette la vascolarizzazione (e quindi il support metabolico) dei tessuti trasferiti, mettendoli a rischio per complicanze ischemiche quali la necrosi, laguarigione inefficace delle ferite, o la sovrainfezione batterica. L'induzione di fenomeni angiogenici nei tessuti prima della chirurgia (pre-condizionamento) limita le complicanze ischemiche e migliora I risultati chirurgici; tuttavia, pochissime strategie di pre-condizionamento sono oggi disponibili nella pratica clinica. Il primo obiettivo di questa ricerca era di migliorare gli attuali standard in chirurgia ricostruttiva attraverso lo sviluppo di tecniche traslazionali in grado di aumentare la vascolarizzazione dei tessuti in maniera efficace e sicura. Al fine di raggiungere tale obiettivo abbiamo ottimizzato, usando modelli preclinici animali rappresentativi di condizioni cliniche controllate, un metodo che adopera una stimolazione meccanica esterna non invasiva tramite pressione negativa (Espansione Volumetrica Esterna, EVE) per precondizionare I tessuti attraverso l'induzione di fenomeni angiogenici causati da una ischemia transitoria. Tramite questa strategia di ottimizzazione sequenziale in un modello murino abbiamo definite i parametri di trattamento ottimali di EVE (frequenza, livelli di pressione, durata, interfaccia di trattamento) in grado di bilanciare l'induzione di angiogenesis con l'attenuazione del danno ischemico causato ai tessuti, e con la durata di trattamento. L'ottimizzazione di EVE (brevi, cicliche stimulazioni a suzione moderata) ha dimostrato la capacità di raddoppiare la densità vascolare dei tessuti stimulati dopo solo 5 giorni di trattamento. I nostri risultati hanno anche dimostrato che l'uso di interfacce di trattamento a micro-deformazione garantisce il mantenitmento degli stessi effetti biologici di EVE ma allo stesso tempo reduce il danno cutaneo causato ai tessuti tramite la distribuzione delle forze meccaniche su tutto il tessuto stimulato. I nostri modelli sperimentali hanno confermato che l'ottimizzazione di EVE permette di aumentare significativamente (+20-30%) la sopravvivenza dei tessuti trasferiti (ad esempio il tessuto adiposo), e che gli stessi effetti possono essere osservati in modelli di vascolarizzazione cutanea patologica (ad esempio la cute di soggetti affetti da diabete di tipo 2). Inoltre, abbiamo confermato che EVE induce la vascolarizzazione e la proliferazione (adipogenesi) dei tessuti molli sia quando utilizzara come metodo di pre-condizionamento (prima della chirurgia) dei tessuti sia quando utilizzata come metodo di post-condizionamento (dopo la chirurgia). Come secondo obiettivo di questa ricerca abbiamo integrato le conoscenze acquisite sull'applicazione di EVE ai tessuto molli all'uso di una matrice adiposa allogenica (AAM) -ottenuta tramite decellularizzazione di tessuto adipose umano, caratterizzata da proprietà bio-mimetiche, e realizzata in una formulazione iniettiabile "pronta all'uso" - con lo scopo di sviluppare una strategia innovativa e mini-invasiva per la rigenerazione in vivo di tessuto molli. In un modello animale abbiamo testato il potenziale della AAM di rigenerare i tessuti molli quando utilizzata in combinazione con EVE. Questa strategia ha portato ad un significativo aumento volumetrico (+50-80% a 12 settimane) ed un miglioramento della struttura istologica dei tessuti molli ricostruiti in comparazione ai risultati ottenuti con le terapie standard attuali (innesti di tessuto adiposo). Abbiamo evidenziato come la AAM sia in grado di indurre sia fenomeni adipogenici che fenomeni angiogenici: l'applicazione combinate di AAM e innesti di tessuto adiposo, invece, mitigano I risultati ottenibili con l'uso esclusivo della AAM. In conclusion, i nostril studi suggeriscono che EVE è in grado di migliorare i risultati ottenibili in chirurgia ricostruttiva attraverso un incremento, sicuro e rapido, della vascolarizzazione dei tessuto molli, in aggiunta all'efftto adipogenico (mediato da stimolazione meccanica diretta ed edema dei tessuti) gia descritto nella precedente letteratura e qui confermato dai nostril risultati. L'utilizzo di EVE con l'AAM, invece, può, efficacemente e sinergisticamente, indurre fenomeni rigenerativi dei tessuto molli in vivo. Questi principi traslazionali sono pronti per essere validati in trial clinici e, qualora I loro risultati venissero confermati, potrebbero porre le basi per lo sviluppo di nuovi paradigm terapeutici in chirurgia ricostruttiva e in chirurgia rigenerativa, per il beneficio di un grande numero di pazienti
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Gomiero, Chiara. "Novel regenerative medicine approaches with the use of adult mesenchymal stem cells: in vitro and in vivo experimental procedures." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422897.

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Abstract:
Tendon injuries are often associated with skeletal muscle lesions that can originate from a variety of events, including direct trauma, tendon and muscle lacerations and contusions, indirect insults and degenerative diseases as muscular dystrophies. Currently, a complete cure for musculoskeletal diseases is not present and the restitutio ad integrum is difficult to obtain. In the last decade, adult MSCs gained general attention in both human and veterinary medicine and the understanding of MSC function is improved promoting the application of cell therapy and the development of powerful cell-derived therapeutics for regenerative medicine. The first part of this research focused on the reprogramming of stromal cells derived from equine and sheep mesenchymal tissue towards tenogenic and myogenic fate in vitro using new non-viral transfection system. 1) Equine MSCs isolated from peripheral blood (PB-MSCs) can develop the tenogenic pathway using four specific growth factors such as TGFβ3 (transforming growth factor β3), EGF2 (epidermal growth factor 2), bFGF2 (fibroblast growth factor 2) and IGF1 (insulin-like growth factor 1) in presence or without Low Level Laser Technology (LLLT). 2) PB-MSCs were induced to differentiate towards myogenic fate using the complex TAT-MyoD in presence of a conditioned medium obtained from co-culturing PB-MSCs with C2C12 without a direct contact. 3) A novel surface-active maghemite nanoparticles (SAMNs) were tested as vectors for eukaryotic cell transfection of coding gene in PB-MSCs without the application of external magnetic fields. The full characterization of these three techniques was achieved using molecular and immunohistochemistry analysis. Real-time PCR (rt-PCR) was performed to study the expression level of the typical tenogenic genes markers Early Growth Response Protein-1 (EGR1), Tenascin C (TNC) and Decorin (DCN) to discover the best combination of GFs in presence or without LLLT. To evaluate the myoblasts differentiation, rt-PCR analysis was executed to study Myf5 and Myogenin gene expression while immunofluorescence experiments was performed to estimate MyoD, Myf5 and Myogenin protein expression. The cytotoxicity effects of SAMNs nanoparticles was observed with XTT cell proliferation assay and to evaluate SAMNs efficacy as vector for pDNA coding GFP, an immunofluorescence analysis was performed. The second topic of this research project was on skin regeneration studied in vivo. Skin is a soft tissue and covers the entire surface area of body. It is a self-repairing, self-renewing organ that forms an important barrier from the outer environment to the inner environment. Therefore, damage to the skin leads to debilitating wounds that is an impairment of the anatomical structure and function of the skin. In the two papers of the second section, the capability of adult equine and ovine MSCs to regenerate skin injuries has been studied. 1) Wounds were induced in the gluteus region of six horses and treated with autologous epithelial stem cells (EpSCs), allogeneic EpSCs, vehicle treatment or untreated control. 2) Sheep allogeneic PB-MSCs were utilized to treat experimental lesions on the back of six sheep. This project is part of a large scheme where conventional treatments (Manuka Honey, Connettivina and Acemannane) were compared to innovative cures (MSCs and gas-ionized plasma). In this thesis, only the data about skin regeneration with PB-MSCs was reported. In the first work of the second section, rt-PCR was performed on tissue biopsies collected after one and five weeks of treatment and IFN-y, IL-6, VEGF, EGF, IGF-1 and epidermal keratin (eKER) were analyzed to study cellular immune response, neovascularization and the epidermal keratinization. In the second paper, clinical analysis have been performed to analyze the healing time, the presence, the color and the nature of exudate, the aspect of gauze, the hydration of the wound, the percentage of re-epithelization and contraction of the lesions. Tissue biopsies were collected after 15 and 42 days of treatments to conduct molecular analysis, histological and immunohistochemical staining. Molecular analysis were performed to study the expression level of genes such as Collagen 1α1 (Col1α1) and Keratin of hair (hKER). Dermal and subcutaneous inflammation, granulation tissue and skin adnexa were evaluated using histological analysis while the expression of MHCII, von Willebrand factor (vWF) and a cellular proliferation marker (KI67) were estimated with immunohistochemical staining.
Nell’ultima decade, le cellule staminali mesenchimali adulte (CSM) sono state considerate una cura innovativa per la medicina umana e veterinaria. Questo progetto di ricerca supporta l’efficacia delle cellule staminali nella rigenerazione dei tessuti muscolo-scheletrici e cutanei. In particolare è stata analizzata la loro potenzialità in vitro nel differenziare in tenociti e mioblasti e la loro capacità, in vivo, nel riparare danni alla cute. Le lesioni tendinee e muscolari sono frequenti e altamente debilitanti, possono originare da diversi eventi come traumi, lacerazioni, contusioni e malattie degenerative (distrofie muscolari). Attualmente una cura efficace non è ancora nota per cui risulta molto difficile riacquisire la restitutio ad integrum del tessuto lesionato. La prima parte di questa tesi di dottorato si è focalizzata sulla riprogrammazione in vitro di cellule stromali isolate da tessuti mesenchimali di cavalli e pecore verso la via tenogenica e miogenica usando nuove metodologie di trasfezione senza l’uso di vettori virali. 1) CSM isolate da sangue periferico di cavallo sono state indotte a differenziare verso la via tenogenica in presenza di quattro fattori di crescita come il TGFβ3 (fattore di crescita trasformante-3), EGF2 (fattore di crescita dell’epidermide-2), bFGF2 (fattore di crescita dei fibroblasti-2) e IGF-1 (fattore di crescita insulino-1) combinati tra loro in presenza o in assenza della Tecnologia Low Level Laser (LLLT). 2) CSM isolate da sangue periferico di cavallo sono state indotte a differenziare verso la via miogenica usando il complesso TAT-MyoD in presenza di un terreno di crescita condizionato ottenuto dalla co-coltura tra CSM e le cellule C2C12 senza il loro diretto contatto. 3) Nanoparticelle di maghemite (SAMNs) sono state testate come vettori di trasfezione in CSM isolate da sangue periferico di cavallo senza l’impiego di campi magnetici esterni. La caratterizzazione di queste tre tecniche è stata effettuata usando analisi molecolari ed immunoistochimiche. Per individuare la miglior combinazione di fattori di crescita nel differenziamento verso la linea tenogenica, in presenza o assenza della tecnologia LLLT, sono state effettuate real-time PCR (rt-PCR) analizzando i livelli di espressione genica dei markers tenogenici Early Growth Response Protein-1 (EGR1), Tenascina C (TNC) e Decorina (DCN). Per valutare il differenziamento delle CSM verso la miogenesi, sono state effettuate analisi con rt-PCR valutando l’espressione genica di Myf5 e Miogenina, mentre saggi di immunofluorescenza sono stati eseguiti per stimare l’espressione delle proteine MyoD, Myf5 e Miogenina nelle cellule staminali mesenchimali adulte. Infine, saggi di immunofluorescenza sono stati effettuati per valutare l’efficienza di trasfezione delle SAMNs mentre gli effetti citotossici delle nanoparticelle sono stati osservati con il saggio di proliferazione cellulare XTT. La seconda sezione di questa tesi di dottorato si è focalizzata sulla rigenerazione della cute in vivo. La cute è un organo che ricopre l’intera superficie del corpo e possiede la capacità di auto-riparazione e di auto-rinnovo formando un’importante barriera tra l’ambiente esterno ed interno. Danni alla pelle possono creare ferite debilitanti che intaccano la struttura anatomica e la funzione della cute stessa. Nei due lavori presenti nella seconda parte di questa tesi, è stata studiata la capacità delle CSM isolate da sangue periferico di cavallo e di pecora di rigenerare lesioni cutanee sperimentali. 1) Lesioni cutanee sono state indotte in corrispondenza dei muscoli dei glutei di sei cavalli e trattate con CSM epiteliali autologhe (Ep-MSCs), allogeniche, soluzione salina o non trattate. 2) CSM allogeniche isolate da sangue periferico di pecora sono state utilizzate per trattare lesioni effettuate sul dorso di sei pecore. Questo progetto rientra in uno studio molto più ampio dove trattamenti convenzionali come Miele di Manuka, Connettivina e Acemannano, sono stati comparati a trattamenti innovativi come le CSM e il gas ionizzato plasma. In questa tesi di dottorato, è stato riportato solo l’articolo inerente la rigenerazione della cute utilizzando CSM allogeniche. Il primo lavoro di questa sezione riporta i risultati ottenuti con analisi molecolari (rt-PCR) su tessuto cutaneo bioptico equino dopo una e cinque settimane di trattamento con Ep-MSCs. I livelli di espressione dei geni Interferone-y (IFN-y), Interleuchina-6 (IL-6), fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), fattore di crescita dell’epidermide-2 (EGF2), fattore di crescita insulino-1 (IGF-1) e cheratina dell’epidermide (eKER) sono stati studiati per analizzare la risposta immunitaria, la neo vascolarizzazione e la cheratinizzazione epidermica. Nel secondo lavoro, sono state effettuate analisi cliniche per analizzare il tempo di guarigione, la presenza, il colore e la natura dell’essudato, l’aspetto della garza, l’idratazione della ferita, la percentuale di ri-epitelizzaione e di contrazione delle lesioni. Il tessuto bioptico prelevato dopo 15 e 42 giorni di trattamento è stato utilizzato per analisi molecolari, istologiche ed immunoistochimiche. Mediante le analisi molecolari sono stati valutati i livelli di espressione dei geni Collagene 1α1 (Col1α1) e cheratina del pelo (hKER). L’infiammazione dermica e sottocutanea, il tessuto di granulazione immaturo e maturo e gli annessi cutanei sono stati valutati mediante analisi istologiche mentre il complesso maggiore di istocompatibilità (MHCII), il fattore di von Willebrand e il marker di proliferazione cellulare KI67 sono stati studiati con saggi di immunoistochimica.
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Forlivesi, Claudio. "Biomateriali e 3D bioprinting nella rigenerazione neurale." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/17888/.

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Abstract:
Il sistema nervoso centrale svolge un ruolo chiave nella raccolta, integrazione ed elaborazione delle informazioni provenienti dagli organi di senso e dall’ambiente interno dell’organismo. La sua struttura, formata da una complessa rete neurale finemente organizzata può essere soggetta a danni di vario tipo, che ne minano le funzionalità. Per far fronte a tale evenienza, negli ultimi anni, sta emergendo una nuova scienza dal carattere fortemente multidisciplinare, ovvero la medicina neurorigenerativa. Essa comprende l’ingegneria tissutale, che mira all’ingegnerizzazione dei materiali per la produzione di supporti per la rigenerazione (scaffold), la neurologia, e l’ingegneria biomedica. Scopo di questa tesi è stato quello di passare in rassegna le ricerche più recenti sui materiali impiegati per la medicina neurorigenerativa, così come le tecniche e le tecnologie emergenti per il loro processo. In particolare, i polimeri naturali e di sintesi rappresentano una reale potenzialità per possibili interventi terapeutici. D’altra parte, tecnologie di processo quali l’electrospinning e la stampa tridimensionale (3D BIOPRINTING) hanno consentito di progredire notevolmente nella fabbricazione di supporti finalizzati allo sviluppo di impianti neurorigenerativi eterologhi o coadiuvanti l’impianto autologo. In particolare, il 3D Bioprinting è una tecnologia che ha la potenzialità di consentire, in un prossimo futuro, di riprodurre con precisione sempre maggiore la delicata organizzazione spaziale e strutturale gerarchica della matrice extracellulare neuronale. I vantaggi e le applicazioni del Bioprinting sono potenzialmente vastissimi e ancora in fase di esplorazione. L’impatto di nuove tecnologie, nuovi materiali e tecniche bioigegneristiche d’avanguardia potrebbero rappresentare non solo un passo avanti nel campo della rigenerazione neurale, ma anche per la comprensione di processi fisiologici ed ancor di più patofisiologici del Sistema Nervoso Centrale.
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DI, STEFANO Rosalia. "Biotecnologie applicate a studi pre-clinici di medicina rigenerativa e terapia genica." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/10447/100805.

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FIORICA, Calogero. "PREPARAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DI NUOVI SCAFFOLD BIOCOMPATIBILI PER APPLICAZIONI NELLA MEDICINA RIGENERATIVA." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/95245.

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FIORENTINI, Tiziana. "LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI IN MEDICINA RIGENERATIVA: Stato dell’arte e prospettive di applicazione sperimentale nelle malattie croniche intestinali." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10447/86063.

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CACCIABAUDO, Francesco. "STUDIO SPERIMENTALE SU PANCREAS DI MAIALE PER L’OTTENIMENTO DI CELLULE PRODUCENTI INSULINA." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10447/85546.

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Abstract:
L’obiettivo del mio studio è stato quello di standardizzare delle tecniche per prelevare, mantenere e transdifferenziare la componente sia esocriche sia endocrine del pancreas in cellule producenti insulina; per poter realizzare tale lavoro sono state seguite diverse fasi. Nella fase preliminare furono prelevate e trans-differenziate cellule provenienti dal dotto di Wirsung di maiale in cellule-ß producenti isulina. Nella seconda fase le ß-cellule furono ottenute dalla componente esocrina di pancreas in toto di maiale dopo exsaguinazio e con l’impiego di due diverse soluzioni di conservazione, al fine di valutare quale delle due potesse mantenere meglio l’organo e potesse dare una successivamente una migliore resa cellulare; inoltre l’altro obiettivo di questa seconda fase del mio studio fu quella di confrontare la vitalità e la capacità di produrre insulina delle cellule prima e dopo crioconservazione. Nella fase finale furono prelevate direttamente le cellule ß-pancreatiche da maiale a cuore non battente con l’impiego delle due soluzioni di conservazione prima citate, al fine di valutare ancora una volta le differenze nelle capacità conservative delle due soluzioni direttamente sulle cellule ß e di valutare la vitalità e la capacità di produrre insulina delle suddette ß-cellule direttamente prelevate dal maiale prima e dopo criopreservazione. Questo studio è stato condotto presso il laboratorio di Chirurgia Sperimentale e presso il reparto di Virologia Sperimentale dell’Istituto Zooprofilattico della Sicilia “A.Mirri”, in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario per i Trapianti d’Organo di Roma.
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SAMMARTANO, Antonino. "USO DI SCAFFOLD BIORIASSORBIBILE PER LA CREAZIONE DI NEOVASI. STUDIO SPERIMENTALE SU MODELLO SUINO." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10447/85263.

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