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Dissertations / Theses on the topic 'Marcatori biologici'

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Sista, Maria Teresa <1979&gt. "Studio di marcatori biologici prognostici nel linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2950/1/Sista_MariaTeresa_Studio_di_marcatori_biologici_prognostici_nel_linfoma_di_Hodgkin.pdf.

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Abstract:
Recent reports showed that early-interim PET-scan is the only tool predicting treatment outcome in advanced-stage classical Hodgkin lymphoma (asCHL). We evaluated the prognostic impact of a series of immunohistochemical markers, mentioned in literature as prognostic factors, on tissue microarrays assembled from biopsies of 220 patients: STAT1, SAP, TOP2A, PCNA and CD20, both in neoplastic (HRSC) and microenvironment cells (MC); RRM2, MAD2, CDC2, BCL2, P53, BCL11A and EBER in HRSC; ALDH1A1, TIA-1, granzyme B, perforin, FOXP3, and PD-1 in MC. All patients had been treated with standard ABVD ± Rx therapy. Interim-PET after 2 ABVD courses was evaluated according to the criteria indicated by Gallamini in his study (Journal of Clinical Oncology, 2007). The survival analysis has been performed in a subset of 138 patients whose complete clinical information were available: the mean age was 33.3 years (14-79), the stage III-IVB in 98 and IIB in 40, and the mean follow-up 38.1 months (7.6-71.9). Histopathology review showed: NS-I 75, NS-II 22, MC 20, DL 3, and CHL/nos 18 cases. Interim-PET was positive in 30 patients, while treatment failure was recorded in 32. In univariate analysis the factors related to treatment outcome were BCL2 on HRSC (cut-off value 50%), STAT1/SAP on MC, and PET (Log-rank 6.9, 7.9 and 93.9 respectively). The combined expression of STAT1 and SAP was scored in three levels depending on the architectural pattern: score 0 for expression of both with a diffuse/rosetting pattern; score 1 for discordant combination of diffuse/rosetting and scattered patterns; score 2 for both markers with a scattered pattern; the 3y-PFS were 87.4%, 69.9% and 61.9% respectively. In multivariate analysis PET, BCL2 and STAT1/SAP remained significant (HR: 24.8, 4.6, 7.5 and 5.6, respectively; p<.01). The proposed model is able to predict treatment response in AsCHL, even if with a lower efficacy than PET. However, unlike PET, it can be applied upfront therapy.
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Sista, Maria Teresa <1979&gt. "Studio di marcatori biologici prognostici nel linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2950/.

Full text
Abstract:
Recent reports showed that early-interim PET-scan is the only tool predicting treatment outcome in advanced-stage classical Hodgkin lymphoma (asCHL). We evaluated the prognostic impact of a series of immunohistochemical markers, mentioned in literature as prognostic factors, on tissue microarrays assembled from biopsies of 220 patients: STAT1, SAP, TOP2A, PCNA and CD20, both in neoplastic (HRSC) and microenvironment cells (MC); RRM2, MAD2, CDC2, BCL2, P53, BCL11A and EBER in HRSC; ALDH1A1, TIA-1, granzyme B, perforin, FOXP3, and PD-1 in MC. All patients had been treated with standard ABVD ± Rx therapy. Interim-PET after 2 ABVD courses was evaluated according to the criteria indicated by Gallamini in his study (Journal of Clinical Oncology, 2007). The survival analysis has been performed in a subset of 138 patients whose complete clinical information were available: the mean age was 33.3 years (14-79), the stage III-IVB in 98 and IIB in 40, and the mean follow-up 38.1 months (7.6-71.9). Histopathology review showed: NS-I 75, NS-II 22, MC 20, DL 3, and CHL/nos 18 cases. Interim-PET was positive in 30 patients, while treatment failure was recorded in 32. In univariate analysis the factors related to treatment outcome were BCL2 on HRSC (cut-off value 50%), STAT1/SAP on MC, and PET (Log-rank 6.9, 7.9 and 93.9 respectively). The combined expression of STAT1 and SAP was scored in three levels depending on the architectural pattern: score 0 for expression of both with a diffuse/rosetting pattern; score 1 for discordant combination of diffuse/rosetting and scattered patterns; score 2 for both markers with a scattered pattern; the 3y-PFS were 87.4%, 69.9% and 61.9% respectively. In multivariate analysis PET, BCL2 and STAT1/SAP remained significant (HR: 24.8, 4.6, 7.5 and 5.6, respectively; p<.01). The proposed model is able to predict treatment response in AsCHL, even if with a lower efficacy than PET. However, unlike PET, it can be applied upfront therapy.
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DUGNANI, ERICA. "Identificazione e validazione di potenziali marcatori biologici nell’adenocarcinoma duttale del pancreas." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/76153.

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Abstract:
Introduzione. L’adenocarcinoma duttale (PDAC) rappresenta circa l’85% delle neoplasie maligne pancreatiche. È un tipo di neoplasia molto aggressiva e ha prognosi infausta. Il PDAC è una malattia con una elevata mortalità, spesso diagnosticata in uno stadio avanzato per il quale esistono poche e inefficaci terapie. L’alta incidenza di ricadute locali unita alla precoce metastatizzazione sono le caratteristiche cliniche più tipiche di questo tumore. Inoltre la nota resistenza del tumore alla chemio e alla radioterapia limita l’efficacia di questi approcci terapeutici. Scopo. Identificare e validare nuovi marcatori biologici associati a caratteristiche di aggressività dell’adenocarcinoma pancreatico al fine di utilizzarli per comprendere proprietà biologiche del tumore stesso o in clinica per una corretta valutazione prognostica. Metodi e risultati. Abbiamo studiato n=17 linee cellulari umane immortalizzate di PDAC per alcune caratteristiche di aggressività cellulare: per la clonogenicità e la chemioresistenza alla gemcitabina in vitro e, in vivo, per la capacità di crescita in topi immunocompromessi (CD1-nude). Tutte le 17 linee cellulari sono state caratterizzate per l’espressione di classi di marcatori molecolari: recettori delle chemochine (CCR1-CCR10; CXCR1-CXCR6; CX3CR1; XCR1) e putativi marcatori staminali tumorali (ESA+CD24+CD44+; CD133+, CXCR4+) mediante citometria a flusso, secrezione di fattori solubili (n=48) tramite la tecnologia luminex e l’espressione di geni (n=11) coinvolti nello sviluppo pancreatico con Real Time PCR. Usando l’analisi statistica inter-linea (regressione lineare o di cox) abbiamo cercato una correlazione tra i fenotipi biologici e le caratteristiche di malignità cellulare individuando nuovi marcatori. Questi marcatori sono stati validati su tessuti tumorali primari in casistiche di pazienti affetti da PDAC: l’espressione del marcatore identificato è stata correlata con l’esisto clinico della neoplasia. In una prima analisi inter-linea n=35 fattori sono risultati statisticamente associati ad una o più caratteristiche di aggressività. È seguita una classificazione per priorità che, avvalendosi della sola correlazione con la tumorigenicità in vivo, ha ridotto a n=20 i fattori di rischio da validare. Abbiamo quindi approfondito lo studio su 4 marcatori molecolari di sviluppo pancreatico (ISL1, PDX1, PAX6, KRT19), sui fenotipi staminali e su 2 recettori delle chemochine (CCR5, CXCR3). L’espressione genica dell’mRNA di ISL1, PDX1, PAX6 e KRT19 è stata valutata in sezioni criostatiche di n=42 resezioni chirurgiche di pazienti affetti da PDAC. Non sono emerse correlazioni significative tra l’espressione di questi fattori e la sopravvivenza globale. Tuttavia alti livelli dell’mRNA di KRT19 predicono una progressione più precoce e di tipo metastatico. Più elevati livelli di PDX1 e PAX6 sono associati con una più alta probabilità di recidiva locale. Inoltre combinando i marcatori è stato individuato un fenotipo più aggressivo correlato con una minor sopravvivenza: si tratta dei pazienti che esprimono ad elevati livelli sia PDX1 che KRT19. La nostra strategia di screening ha mostrato essere fattori di rischio per lo sviluppo tumorale nel topo, non i classici fenotipi staminali descritti in letteratura (ESA+/CD24+/CD44+, CD133+, CD133+/CXCR4+) ma la combinazione ESA+/CD24-/CD44+ e la sola espressione di CXCR4 ed ESA: tuttavia la validazione clinica, condotta su una coorte di 39 pazienti affetti da adenocarcinoma duttale, non ha confermato che questi marcatori, né i classici già descritti, correlino in maniera statisticamente significativa con la sopravvivenza o con la progressione nel tempo e nemmeno con il sito di recidiva. Il fenotipo ESA+/CD24+/CD44- è invece risultato un fattore di rischio prognostico indipendente sia per la sopravvivenza (HR=4,166 p=0,001) che per la progressione (HR=2,208 p=0,019). CCR5 e CXCR3 sono risultati espressi su tessuti tumorali processati a fresco (n=6) ed analizzati in citometria a flusso a fronte di una negatività del pancreas di donatori d’organo (n=10). Essi sono espressi rispettivamente nell’11,9% e nel 17,6% delle cellule CA19.9+ del tumore, mentre solo nello 0,4% e il 0,34% nel tessuto sano. L’aumentata espressione di CCR5 e CXCR3 sembra essere una caratteristica tipica del PDAC. Conclusioni. La nostra strategia ha identificato marcatori biologici capaci di distinguere differenti comportamenti clinici del tumore in termini di progressione e sede di recidiva. La differente espressione di questi predittori potrebbe essere la causa di differenze biologiche che hanno un effetto sui meccanismi di progressione e diffusione tumorale. Al fine di confermare i nostri risultati stiamo realizzando un tissue microarray di resezioni chirurgiche di pazienti affetti da adenocarcinoma duttale. Inoltre in futuro il modello statistico sviluppato potrà essere applicato per testare ogni nuovo potenziale marcatore; caratterizzata la sua espressione sulle linee cellulari, si procederà con l’analisi inter-linea per verificare se sia un potenziale indicatore di aggressività in vitro o in vivo nel modello murino; quindi si potrà confermare il suo reale ruolo diagnostico, prognostico o predittivo in ambito clinico.
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GIANNATEMPO, GIOVANNI. "Ricerca di marcatori molecolari del carcinoma del cavo orale nei fluidi biologici, quali sangue e saliva, a fini di diagnosi precoce e prognosi." Doctoral thesis, Università di Foggia, 2016. http://hdl.handle.net/11369/363213.

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Abstract:
Il carcinoma a cellule squamose è il più frequente tumore maligno del cavo orale (1, 2) ed è la sesta causa di mortalità legata a tumore nel mondo. Esso è caratterizzato da un basso tasso di sopravvivenza, dovuto principalmente alla diagnosi tardiva ed all’elevata frequenza di recidive e/o metastasi. Nel mio studio si è pertanto cercato di individuare dei marcatori a livello salivare che potessero facilitare la diagnosi precoce, utilizzando la metodica SELDI, e verificare le già note potenzialità della Survivina come marcatore biologico, al fine di rendere quindi possibile, in futuro, l’impiego della saliva come mezzo diagnostico, sia sfruttando i vantaggi che la caratterizzano, quali semplicità e rapidità di raccolta, assenza di rischi per l’operatore e minimo disagio per il paziente al momento del prelievo ,sia cercando di risolvere le problematiche legate al suo utilizzo in ambito clinico e non solo laboratoristico. Essendo riusciti nell’intento di evidenziare un nuovo marcatore, auspichiamo che nei prossimi anni si possano continuare le ricerche in modo tale da poterne evidenziare altri e standardizzarne le variazioni in condizioni patologiche.
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Gasparri, Roberto <1968&gt. "Tumori primitivi multipli del polmone. Profilo clinico e biologico in pazienti affetti da neoplasie polmonari multiple. Analisi di elementi clinici e marcatori biologici come possibili fattori di differenziazione dei tumori polmonari multipli." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3655/1/Gasparri-roberto-Tesi.pdf.

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Abstract:
Background: MPLC represents a diagnostic challenge. Topic of the discussion is how to distinguish these patients as a metastatic or a multifocal disease. While in case of the different histology there are less doubt on the opposite in case of same histology is mandatory to investigate on other clinical features to rule out this question. Matherials and Methods: A retrospective review identified all patients treated surgically for a presumed diagnosis of SPLC. Pre-operative staging was obtained with Total CT scan and fluoro-deoxy positron emission tomography and mediastinoscopy. Patients with nodes interest or extra-thoracic location were excluded from this study. Epidermal growth factor receptor (EGFR) expression with complete immunohistochemical analisis was evaluated. Survival was estimated using Kaplan-Meyer method, and clinical features were estimated using a long-rank test or Cox proportional hazards model for categorical and continuous variable, respectively. Results: According to American College Chest Physician, 18 patients underwent to surgical resection for a diagnosis of MPLC. Of these, 8 patients had 3 or more nodules while 10 patients had less than 3 nodules. Pathologic examination demonstrated that 13/18(70%) of patients with multiple histological types was Adenocarcinoma, 2/18(10%) Squamous carcinoma, 2/18(10%) large cell carcinoma and 1/18(5%) Adenosquamosu carcinoma. Expression of EGFR has been evaluated in all nodules: in 7 patients of 18 (38%) the percentage of expression of each nodule resulted different. Conclusions: MPLC represent a multifocal disease where interactions of clinical informations with biological studies reinforce the diagnosis. EGFR could contribute to differentiate the nodules. However, further researches are necessary to validate this hypothesis.
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Gasparri, Roberto <1968&gt. "Tumori primitivi multipli del polmone. Profilo clinico e biologico in pazienti affetti da neoplasie polmonari multiple. Analisi di elementi clinici e marcatori biologici come possibili fattori di differenziazione dei tumori polmonari multipli." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3655/.

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Abstract:
Background: MPLC represents a diagnostic challenge. Topic of the discussion is how to distinguish these patients as a metastatic or a multifocal disease. While in case of the different histology there are less doubt on the opposite in case of same histology is mandatory to investigate on other clinical features to rule out this question. Matherials and Methods: A retrospective review identified all patients treated surgically for a presumed diagnosis of SPLC. Pre-operative staging was obtained with Total CT scan and fluoro-deoxy positron emission tomography and mediastinoscopy. Patients with nodes interest or extra-thoracic location were excluded from this study. Epidermal growth factor receptor (EGFR) expression with complete immunohistochemical analisis was evaluated. Survival was estimated using Kaplan-Meyer method, and clinical features were estimated using a long-rank test or Cox proportional hazards model for categorical and continuous variable, respectively. Results: According to American College Chest Physician, 18 patients underwent to surgical resection for a diagnosis of MPLC. Of these, 8 patients had 3 or more nodules while 10 patients had less than 3 nodules. Pathologic examination demonstrated that 13/18(70%) of patients with multiple histological types was Adenocarcinoma, 2/18(10%) Squamous carcinoma, 2/18(10%) large cell carcinoma and 1/18(5%) Adenosquamosu carcinoma. Expression of EGFR has been evaluated in all nodules: in 7 patients of 18 (38%) the percentage of expression of each nodule resulted different. Conclusions: MPLC represent a multifocal disease where interactions of clinical informations with biological studies reinforce the diagnosis. EGFR could contribute to differentiate the nodules. However, further researches are necessary to validate this hypothesis.
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Germani, Giacomo. "Predicting acute cellular rejection after liver transplantation: form liver function test to immune monitoring." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426180.

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Abstract:
In recent years, the main end point of immunosuppressive therapy after liver transplantation has moved from the prevention of acute cellular rejection (ACR) toward the preservation of long-term graft function and prevention of immunosuppression-related side effects. This approach requires an optimal management of immunosuppressive therapy according to patient risk factors. However, the concentration of immunosuppressive drugs in the serum of patients, which is generally used as a surrogate for the level of immunosuppression, does not provide information about the magnitude of suppression of the immune system. Therefore a reliable marker for the development of ACR, or to predict patients who could tolerate reduced immunosuppression, would be crucial for improving post-transplant management of liver transplanted patients. The aims of the studies presented in this thesis were: 1) to assess the incidence of ACR after liver transplantation, to identify potential risk factors for ACR, and to evaluate the impact of ACR and its histological severity on outcomes; 2) to evaluate the role of liver function tests and blood eosinophil count as potential biomarkers for ACR after liver transplantation, with special attention on prediction of histologically proven moderate and severe ACR; 3) to evaluate the expression of specific immunological markers for ACR in patients before and after liver transplantation. The results of the studies showed that patient and graft survival at 1, 5 and 10 years after liver transplantation were not different with respect to presence or absence of ACR. Only untreated moderate/severe ACR was associated with increased death/graft loss using adjusted Cox regression analysis, whereas mild ACR, whether treated or not, had no effect. With regards to the evaluation of potential markers of ACR, despite peripheral eosinophilia was not sufficiently predictive of moderate/severe ACR, the delta in eosinophil count between the first and second biopsies was the only independent predictor of histological improvement, irrespective of whether bolus steroids were used. Lastly, we demonstrated that the increased expression of C28 and C38 on both CD4+ and CD8+ T cells and the increased levels of IL-17. These alterations of immune system could be used routinely in clinical practice to assess the immune status of liver transplanted patients and to properly manage immunosuppressive therapy
Lo scopo principale della terapia immunosoppressiva dopo trapianto di fegato è passato dalla prevenzione del rigetto acuto alla preservazione della funzionalità a lungo termine dell’organo trapiantato e alla prevenzione degli effetti collaterali dovuti alla terapia immunosoppressiva. Per perseguire tale scopo è necessaria una gestione ottimale della terapia immunosoppresiva stessa. Tuttavia, la misurazione dei livelli ematici dei farmaci immunosoppressori, generalmente utilizzati come surrogato dei livelli di immunosoppressione, non fornisce informazioni relative alla reale intensità della soppressione del sistema immunitario. Pertanto l’individuazione di marcatori biologici di rigetto acuto e/o di tolleranza risulta fondamentale per poter migliorare la gestione della terapia immunosoppressiva dopo-trapianto di fegato. Gli scopi degli studi riportati in questa tesi sono: 1) determinare l’incidenza e gli eventuali fattori di rischio di rigetto acuto dopo trapianto di fegato, valutare in che l’influenza del rigetto acuto e della sua severità istologica sulla sopravvivenza dell’organo e del paziente dopo trapianto di fegato; 2) valutare il ruolo degli indici di funzionalità epatica e della conta eosinofilica ematica come potenziali marcatori biologici di rigetto acuto dopo trapianto di fegato, in particolare di grado moderato/severo; 3) valutare, prima e dopo trapianto di fegato l’espressione di specifici marcatori immunologici di rigetto acuto. I risultati degli studi condotti hanno evidenziato come pazienti con diagnosi di rigetto acuto alla biopsia di protocollo presentino una sopravvivenza di organo e paziente, a 1, 5 e 10 anni dal trapianto di fegato, del tutto sovrapponibile a quella di pazienti senza evidenza istologica di rigetto acuto alla biopsia di protocollo. L’insorgenza di rigetto acuto di grado moderato/severo non sottoposto a trattamento farmacologico è tuttavia associata ad aumentata incidenza di decesso o perdita dell’organo post-trapianto. Nel valutare potenziali marcatori biologici di rigetto acuto, abbiamo dimostrato che nonostante la conta eosinofilica periferica non sia sufficientemente predittiva per lo sviluppo di rigetto acuto post-trapianto, la differenza nella conta eosinofilica tra la prima e la seconda biopsia epatica può essere considerato un fattore predittivo di miglioramento istologico, indipendentemente dall’utilizzo o meno di terapia con boli steroidei. Non è stata invece evidenziata alcuna associazione tra l’alterazione degli indici di funzionalità epatica e l’insorgenza di rigetto acuto. Infine, è stato dimostrato che l’insorgenza di rigetto acuto risulta associata ad aumentata espressione di CD28 e CD38 sia sui linfociti T CD4+ che CD8+ e ad un aumento dei livelli di IL-17. Tali alterazioni del sistema immunitario potrebbero essere utilizzate nella pratica clinica per valutare lo stato di soppressione del sistema immunitario in pazienti sottoposti a trapianto di fegato con il fine ultimo di una gestione ottimale e personalizzata della terapia immunooppressiva
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CAPUZZI, ENRICO. "RECENT SUICIDE ATTEMPTS AND SERUM LIPID PROFILE IN SUBJECTS WITH MENTAL DISORDERS: A CROSS-SECTIONAL STUDY." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241289.

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Abstract:
Introduzione: I soggetti con disturbi mentali hanno un rischio più elevato di comportamenti suicidari rispetto alla popolazione generale. Pertanto, ad oggi, i ricercatori hanno studiato alcuni marcatori biologici potenzialmente correlati al suicidio. Nonostante molti studi abbiano riportato una possibile correlazione tra bassi livelli ematici di lipidi e tentativo di suicidio, sono emersi risultati contrastanti. Scopo del lavoro: Abbiamo studiato se il colesterolo totale , il colesterolo LDL e i trigliceridi ematici siano associati a recenti tentativi di suicidio in soggetti con diversi disturbi mentali. Metodi: Abbiamo condotto uno studio trasversale su 593 pazienti ricoverati di volta in volta, affetti da disturbo dello spettro di schizofrenico, disturbo bipolare, depressivo maggiore e di personalità. I livelli ematici dei lipidi sono stati confrontati tra soggetti ricoverati per un recente tentativo di suicidio e quelli senza tale storia recente. Inoltre, secondo l'ipotesi che collega impulsività e violenza con bassi livelli ematici di lipidi, è stata valutata l'associazione tra i livelli lipidici e il tentativo di suicidio con metodo violento. Risultati: Non abbiamo trovato alcuna associazione di colesterolo totale e LDL e trigliceridi con i tentativi di suicidio, analizzando anche per diagnosi e metodo di suicidio. Inoltre, un'analisi statistica post-hoc ha mostrato una tendenza verso la significatività (p = 0,06) nell'associazione tra un alto livello di colesterolo (≥160 mg / dL) e il recente tentativo di suicidio. Conclusioni: I nostri risultati non supportano l'ipotesi di associazione tra profili lipidici e tentativi di suicidio in soggetti con diversi disturbi mentali. Sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire il ruolo dei marcatori biologici nei comportamenti suicidari.
Background: Subjects with mental disorders have a higher risk of suicide behaviors than the general population. So, to date, researchers have investigated some biomarkers possibly related to suicidality. Despite many studies have reported a possible relationship between low lipid serum levels and suicide attempt, conflicting results have emerged. Aim We investigated whether serum total cholesterol, LDL cholesterol and triglycerides are associated with recent suicide attempts in subjects with different mental disorders. Methods We conducted a cross-sectional study, including 593 consecutively admitted inpatients with schizophrenia spectrum, bipolar, major depressive, and personality disorders. Serum lipid levels were compared between subjects admitted for a recent suicide attempt and those without such recent history. Moreover, according to hypothesis that links impulsivity and violence with low serum lipid levels, the association between lipid levels and violent suicide attempt was assessed. Results We did not find any association of total and LDL cholesterol and triglycerides with suicide attempts, also considering diagnosis and suicide methods. In addition, a post-hoc analysis showed a trend toward significance (p=0.06) in the association between high cholesterol level (≥160mg/dL) and recent suicide attempt. Conclusions Our results do not support the hypothesis of association between lipid profiles and suicide attempts in subjects with different mental disorders. Further research is needed to clarify the role of biomarkers in suicidal behaviors.
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Elmakky, Amira <1982&gt. "Identificazione e dosaggio di marcatori molecolari dell'endometriosi nel sangue periferico." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3889/1/ELMAKKY__AMIRA_tesi.pdf.

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Abstract:
Purpose: to quantify the mRNA levels of MMP-3, MMP-9, VEGF and Survivin in peripheral blood and the serum levels of CA-125, Ca19-9 in women with and without endometriosis and to investigate the performance of these markers to differentiate between deep and ovarian endometriosis. Methods: a case controls study enrolled a series of 60 patients. Twenty controls have been matched with 20 cases of ovarian and 20 cases of deep endometriosis. Univariable and multivariable performance of serum CA125 and CA19-9, mRNA for Survivin, MMP9, MMP3 and VEGF genes have been evaluated by means of ROC curves and logistic regression respectively. Results: No difference in markers concentration were detected between ovarian and deep endometriosis. In comparison with controls serum CA19 and CA125 yielded the better sensitivity followed by mRNA for Survivin gene (81.5%, 51.9% and 7.5% at 10% false positive rate respectively). Multivariable estimated odds of endometriosis yielded a sensitivity of 87% at the same false positive rate. Conclusions: A combination of serum and molecular markers could allow a better diagnosis of endometriosis.
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Elmakky, Amira <1982&gt. "Identificazione e dosaggio di marcatori molecolari dell'endometriosi nel sangue periferico." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3889/.

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Abstract:
Purpose: to quantify the mRNA levels of MMP-3, MMP-9, VEGF and Survivin in peripheral blood and the serum levels of CA-125, Ca19-9 in women with and without endometriosis and to investigate the performance of these markers to differentiate between deep and ovarian endometriosis. Methods: a case controls study enrolled a series of 60 patients. Twenty controls have been matched with 20 cases of ovarian and 20 cases of deep endometriosis. Univariable and multivariable performance of serum CA125 and CA19-9, mRNA for Survivin, MMP9, MMP3 and VEGF genes have been evaluated by means of ROC curves and logistic regression respectively. Results: No difference in markers concentration were detected between ovarian and deep endometriosis. In comparison with controls serum CA19 and CA125 yielded the better sensitivity followed by mRNA for Survivin gene (81.5%, 51.9% and 7.5% at 10% false positive rate respectively). Multivariable estimated odds of endometriosis yielded a sensitivity of 87% at the same false positive rate. Conclusions: A combination of serum and molecular markers could allow a better diagnosis of endometriosis.
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Grana, Jacopo. "Analisi di paternità sulla specie Anguilla anguilla con l'utilizzo di marcatori loci microsatelliti." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/10037/.

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Abstract:
L’anguilla europea, Anguilla anguilla, è una specie gravemente minacciata, sia da impatti diretti legati al sovrasfruttamento della specie a tutti gli stadi del ciclo vitale, che indiretti come l’urbanizzazione costiera e la perdita di habitat lagunari. Negli ultimi 45 anni è stata documentata una riduzione del tasso di reclutamento di anguilla europea del 90%. Lo scopo di questo studio è stato approfondire le modalità riproduttive di A. anguilla per via indiretta, attraverso un’analisi di paternità. Il Centro di ricerca universitario di Cesenatico (Laboratori di Acquacoltura ed Igiene delle Produzioni Ittiche – Università di Bologna) ha avviato le prime sperimentazioni su A. anguilla, al fine di mettere a punto un protocollo di riproduzione artificiale. Nell’estate 2015 i ricercatori hanno ottenuto sette riproduzioni spontanee in ambiente controllato, da queste sono state campionate casualmente e genotipizzate circa 40 larve per ogni mandata riproduttiva e i relativi riproduttori per condurre l’analisi di paternità. In ogni riproduzione è stata utilizzata sempre e soltanto una femmina e tre o quattro maschi; le analisi genetiche, condotte utilizzando 9 loci microsatelliti, si sono focalizzate sull’individuazione dei padri e l’assegnamento di paternità è avvenuto con un livello di confidenza medio dell’89%. Dalle analisi effettuate è emerso che: 1) i maschi di questa specie, precedentemente sottoposti a stimolazioni ormonali per indurne la riproduzione e la fertilità, sono in grado di partecipare con successo a più di una riproduzione; 2) più esemplari riescono a fecondare gli ovociti di una sola femmina e sembrano stabilirsi modelli gerarchici di dominanza in quanto si è osservato generalmente che un maschio prevale sugli altri, generando da solo più del 50% della prole. Questo studio pilota rappresenta, quindi, un punto di partenza per approfondimenti futuri sulle modalità riproduttive dell’anguilla europea.
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Sotgiu, Aurora. "Risposte agli stress termici e ricerca di marcatori molecolari nell'ottocorallo zooxantellato Maasella edwardsi (De Lacaze-Duthiers, 1888)." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3212/.

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PALUMBO, DIEGO. "Identificazione di marcatori imaging per caratterizzare l’aggressività biologica di neoplasie pancreatiche/esofagee e predire l’efficacia di trattamenti neoadiuvanti: un approccio radiomico traslazionale." Doctoral thesis, Università Vita-Salute San Raffaele, 2023. https://hdl.handle.net/20.500.11768/136957.

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Abstract:
Obiettivi: i) Stratificare in maniera non invasiva le neoplasie del pancreas sulla base di comportamento biologico e prognosi, e ii) identificare marcatori imaging in grado di garantire una valutazione precoce dell’efficacia di trattamenti neoadiuvanti per PDAC e tumori dell’esofago. Metodi: Preliminarmente, abbiamo implementato una workflow comune per l’estrazione di features radiomiche usando i) metodi per garantire robustezza nonostante possibili differenze tra osservatori e ii) un processo tipo machine learning basato sul bootstrap. #1 – Una coorte retrospettiva di pazienti (pz) PDAC sottoposti a chirurgia diretta, arruolata per sviluppare un modello preoperatorio in grado di predire il rischio di ripresa precoce di malattia (<11 mesi). #2 – Una coorte prospettica di pz IPMN candidati a chirurgia, arruolata per identificare marcatori radiologici in grado di distinguere tra IPMN a basso/alto rischio. #3 – Una coorte retrospettiva di pz panNEN resecati, arruolata per costruire e validare modelli radiomici in grado di predire caratteristiche di aggressività biologica. #4 – Una coorte retrospettiva di pz PDAC sottoposta a chirurgia dopo nCT, arruola per sviluppare tre set di modelli basati su radiomica a) pre-/ b) post-nCT e c) ∆ in grado di predire il rischio di ripresa di malattia, uno status linfonodale N2 e la risposta patologica a nCT. #5 – Una coorte prospettica di pz con tumore dell’esofago candidati a nCRT. Ciascun paziente ha eseguito PET/MR prima, durante e dopo nCRT, calcolando l’ERI. TRG=1 significa risposta completa. Risultati: Modelli composti da variabili radiomiche e clinicoradiologiche si sono dimostrati efficaci nello stratificare il rischio di ripresa precoce di malattia per PDAC e nell’identificare caratteristiche di aggressività biologica di panNEN. La radiomica ∆ stratifica bene il rischio di ripresa di malattia (PDAC) dopo nCT. Per quanto riguarda i risultati non radiomici, abbiamo osservato un contenuto adiposo del pancreas maggiore nei pz IPMN con displasia severa/carcinoma invasivo. In riferimento al gruppo #5, pz con TRG=1 avevano valori di ERI significativamente più bassi di quelli con TRG≥2; gli stessi pazienti avevano anche un precoce incremento dell’ADC (alla valutazione intermedia). Conclusioni: I nostri risultati potrebbero integrare l’attuale algoritmo diagnostico e migliorare di conseguenza l’iter terapeutico dei pz con neoplasia di pancreas/esofago.
Aims: i) To non-invasively stratify pancreatic neoplasms based on their biological behaviour and prognosis, and ii) to identify imaging markers for early assessment of neoadjuvant treatment response for PDAC and oesophageal cancers. Methods: Five observational studies were designed. Preliminarily, a common radiomic workflow was defined using i) minimum redundancy, ii) robustness against delineation uncertainty and iii) a machine learning bootstrap-based method. #1 – A retrospective set of PDAC patients (pts) who underwent upfront surgery was enrolled to develop a preoperative model to stratify the chance of early (<11 months) distant disease relapse. #2 – A prospective set of IPMN pts candidate for resection was enrolled to identify radiological marker(s) to distinguish low- vs. high-risk IPMN. Besides high-risk stigmata/worrisome features, pancreatic fat content was assessed. #3 – A retrospective set of resected panNEN pts was enrolled to train and validate radiomic models to predict pathological characteristics of aggressiveness. #4 – A retrospective set of PDAC pts who underwent surgery after nCT was enrolled to develop three clusters of models based on a) pre-/ b) post-nCT and c) ∆ radiomics to predict disease recurrence after surgery, N2 and pathological response to nCT. #5 – A prospective set of oesophageal cancer pts scheduled to nCRT was enrolled. PET/MR was performed prior to, during and after treatment; for each patient, ERI was computed. TRG=1 stands for complete response. Results: Models comprising radiomic features and clinicoradiological variables were effective in stratifying the risk of early distant relapse after upfront surgery for PDAC, as well as pathological characteristics of panNEN aggressiveness. ∆ radiomics well stratifies the risk of relapse after nCT for PDAC. Non-radiomic findings were also intriguing. Pancreatic fat content was higher in IPMN pts with high-grade dysplasia/invasive carcinoma than in low/moderate-grade dysplasia. When dealing with cohort#5, pts with TRG=1 had significantly lower ERI values than those with TRG≥2; they also had a significant higher median increase in tumour ADC from baseline to intermediate scans. Conclusions: Our findings could complement current diagnostic workflow and improve clinical decision-making for pts with pancreatic/esophageal neoplasms.
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Ancarani, Valentina <1978&gt. "Marcatura di molecole biologiche a funzione antigenica per lo studio e la caratterizzazione di protocolli di vaccinoterapia in oncologia medica." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/692/1/Tesi_Ancarani_Valentina.pdf.

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Abstract:
Dendritic Cells (DCs) derived from human blood monocytes that have been nurtured in GM-CSF and IL-4, followed by maturation in a monocyte-conditioned medium, are the most potent APCs known. These DCs have many features of primary DCs, including the expression of molecules that enhance antigen capture and selective receptors that guide DCs to and from several sites in the body, where they elicit the T cell mediated immune response. For these features, immature DCs (iDC) loaded with tumor antigen and matured (mDC) with a standard cytokine cocktail, are used for therapeutic vaccination in clinical trials of different cancers. However, the efficacy of DCs in the development of immunocompetence is critically influenced by the type (whole lysate, proteins, peptides, mRNA), the amount and the time of exposure of the tumor antigens used for loading in the presentation phase. The aim of the present study was to create instruments to acquire more information about DC antigen uptake and presentation mechanisms to improve the clinical efficacy of DCbased vaccine. In particular, two different tumor antigen were studied: the monoclonal immunoglobulin (IgG or IgA) produced in Myeloma Multiple, and the whole lysate obtained from melanoma tissues. These proteins were conjugated with fluorescent probe (FITC) to evaluate the kinetic of tumor antigen capturing process and its localization into DCs, by cytofluorimetric and fluorescence microscopy analysis, respectively. iDC pulsed with 100μg of IgG-FITC/106 cells were monitored from 2 to 22 hours after loading. By the cytofluorimetric analysis it was observed that the monoclonal antibody was completely captured after 2 hours from pulsing, and was decreased into mDC in 5 hours after maturation stimulus. To monitor the lysate uptake, iDC were pulsed with 80μg of tumor lysate/106 cells, then were monitored in the 2h to 22 hours interval time after loading. Then, to reveal difference between increasing lysate concentration, iDC were loaded with 20-40-80-100-200-400μg of tumor lysate/106 cells and monitored at 2-4-8-13h from pulsing. By the cytofluorimetric analysis, it was observed that, the 20-40-80-100μg uptake, after 8 hours loading was completed reaching a plateau phase. For 200 and 400μg the mean fluorescence of cells increased until 13h from pulsing. The lysate localization into iDC was evaluated with conventional and confocal fluorescence microscopy analysis. In the 2h to 8h time interval from loading an intensive and diffuse fluorescence was observed within the cytoplasmic compartment. Moreover, after 8h, the lysate fluorescence appeared to be organized in a restricted cloudy-shaded area with a typical polarized aspect. In addition, small fluorescent spots clearly appeared with an increment in the number and fluorescence intensity. The nature of these spot-like formations and cloudy area is now being investigated detecting the colocalization of the fluorescence lysate and specific markers for lysosomes, autophagosomes, endoplasmic reticulum and MHCII positive vesicles.
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Ancarani, Valentina <1978&gt. "Marcatura di molecole biologiche a funzione antigenica per lo studio e la caratterizzazione di protocolli di vaccinoterapia in oncologia medica." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/692/.

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Abstract:
Dendritic Cells (DCs) derived from human blood monocytes that have been nurtured in GM-CSF and IL-4, followed by maturation in a monocyte-conditioned medium, are the most potent APCs known. These DCs have many features of primary DCs, including the expression of molecules that enhance antigen capture and selective receptors that guide DCs to and from several sites in the body, where they elicit the T cell mediated immune response. For these features, immature DCs (iDC) loaded with tumor antigen and matured (mDC) with a standard cytokine cocktail, are used for therapeutic vaccination in clinical trials of different cancers. However, the efficacy of DCs in the development of immunocompetence is critically influenced by the type (whole lysate, proteins, peptides, mRNA), the amount and the time of exposure of the tumor antigens used for loading in the presentation phase. The aim of the present study was to create instruments to acquire more information about DC antigen uptake and presentation mechanisms to improve the clinical efficacy of DCbased vaccine. In particular, two different tumor antigen were studied: the monoclonal immunoglobulin (IgG or IgA) produced in Myeloma Multiple, and the whole lysate obtained from melanoma tissues. These proteins were conjugated with fluorescent probe (FITC) to evaluate the kinetic of tumor antigen capturing process and its localization into DCs, by cytofluorimetric and fluorescence microscopy analysis, respectively. iDC pulsed with 100μg of IgG-FITC/106 cells were monitored from 2 to 22 hours after loading. By the cytofluorimetric analysis it was observed that the monoclonal antibody was completely captured after 2 hours from pulsing, and was decreased into mDC in 5 hours after maturation stimulus. To monitor the lysate uptake, iDC were pulsed with 80μg of tumor lysate/106 cells, then were monitored in the 2h to 22 hours interval time after loading. Then, to reveal difference between increasing lysate concentration, iDC were loaded with 20-40-80-100-200-400μg of tumor lysate/106 cells and monitored at 2-4-8-13h from pulsing. By the cytofluorimetric analysis, it was observed that, the 20-40-80-100μg uptake, after 8 hours loading was completed reaching a plateau phase. For 200 and 400μg the mean fluorescence of cells increased until 13h from pulsing. The lysate localization into iDC was evaluated with conventional and confocal fluorescence microscopy analysis. In the 2h to 8h time interval from loading an intensive and diffuse fluorescence was observed within the cytoplasmic compartment. Moreover, after 8h, the lysate fluorescence appeared to be organized in a restricted cloudy-shaded area with a typical polarized aspect. In addition, small fluorescent spots clearly appeared with an increment in the number and fluorescence intensity. The nature of these spot-like formations and cloudy area is now being investigated detecting the colocalization of the fluorescence lysate and specific markers for lysosomes, autophagosomes, endoplasmic reticulum and MHCII positive vesicles.
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Marcato, Daniel [Verfasser], J. [Akademischer Betreuer] Ovtcharova, and C. [Akademischer Betreuer] Pylatiuk. "Design and Development of Imaging Platforms for Phenotypic Characterization of Early Zebrafish / Daniel Marcato ; J. Ovtcharova, C. Pylatiuk." Karlsruhe : KIT-Bibliothek, 2018. http://d-nb.info/1165143097/34.

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Ferraro, Silvia. "Studi di riprogrammazione su cellule estratte da tessuto adiposo." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426622.

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Introduction. In the late few years reprogramming studies were undergone on somatic cells to get insight into the epigenetic mechanisms of cell differentiation and developmental biology. DNA methylation was identified as having crucial role on the expression of tissue-specific proteins and in gene silencing of embryonic transcriptional factors. On the other hand, demethylation treatments exhibited to be successful in restoring hTERT and OCT4 in animal models and stabilized cell lines. The aim of this study was to investigate the effects of demethylation treatment on somatic cells isolated from human adipose tissue. Materials and methods. In this work, tissue samples from liposuction or abdominoplastic surgery were processed for cell isolation. Optical microscopy and immunofluorescence, together with cytofluorimetric analysis and further western blotting indages were performed to collect informations regarding morphological and hymmunophenotipical features. Preliminary studies were carried out on mitochondrial dehydrogenases activity and proliferative capacity to estimate the cytotoxicity of the demethylation treatment. Results. The out come of cytotoxic analysis was a reduction of mitochondrial activity in treated cells, compared to untreated cells. Furthermore, we obtained indications of working concentration of the demethylation agent. Cell suffering was observed during clonal expansion in populations treated with demethylation agent. Differences on the harvested cell number resulted between treated and control sample, since lower number was registerd for the demethylated population On the other hand, both treated end untreated samples showed comparable proliferative capacity, during and after the incubation time with demethylation agent. Taken together, the last two results give rise the hypothesis that the demethylation treatment may reduce cell adhesion in monolayer culture after clonal expansion, more than affecting the proliferative capacity. No differences between treated and untreated cell samples were observed with phase contrast optical microscopy regarding cell complexity and distribution and with electronic scansion microscopy concenring dimension and cell spreading. Cells isolated from adipose tissue are able of multipotency. Thus, adipogenic and osteogenic differentiation studies were carried out to evaluate wether 5-Azacytidine could affect the differentiation ability of adipose-derived cells, but no differences were observed between treated differentiated and untrated differentiated. The expression of the adipose tissue-specific transcriptional factor SREBP, was evaluated with fluorescence microscopy and western blotting. SREBP signals were registered in treated cells as well as in the papulation of origin. The research of the transcriptional factors NANOG and OCT4, responsible of stem cell self-renewing in pluripotent cells, didn’t get positive results, even in those populations long cultured and expanded after the treatment. Characterization studies with immunofluorescence techniques were undergone on freshly isolated from adipose tissue. Cytometric data revealed the presence of diverse cell linages that were lost during the cell expansion. By contrast an enrichment of the cell component, described elsewhere as bone marrow stem population, CD105+/CD90+/ CD29+, was observed in the III and IV generations. In long-cultured adipose tissue-derived cells was registered lost of adipose tissue-specific marker ADRP as well as the depletion of cytoplasmatic adipose vescicles. The investigation with confocal microscopy and western blotting revealed no modifications in the expression of ADRP and CD105 markers in 5-Azacytidine treated cells, while new signal of STRO1 related to the bone marrow-derived stem cells, was detected in long cultured adipose-derived cells, in treated as well untreated sample. Conclusions. No positive results were obtained through demethylation treatment of human adipose-derived cells with 5-Azacytidine, in contrast to the experiences with animal cell models. Would be extremely interesting to get insight into the methylation level of DNA for defined factors in the long-cultured adipose-derived cells CD105+/ CD90+/STRO1+/ADRP-. Moreover, new approach with association of a variety of demethylation agents in association with stem growth factors may give interesting results.
Introduzione. L’ottenimento di cellule dotate di caratteristiche differenziative di tipo pluripotente a partire da cellule somatiche adulte è reso possibile mediante manipolazione dello status epigenetico. Il processo di metilazione del DNA è responsabile dell’espressione di proteine tessuto-specifiche e del silenziamento genico di fattori di trascrizione tipici della cellula germinale o tumorale. Al contrario, è stato dimostrato che il trattamento con agenti demetilanti è in grado di indurre in cellule animali multipotenti e in cellule stabilizzate l’espressione di proteine e fattori di trascrizione presenti nella cellula germinale (hTERT, OCT4). In questo studio è stato valutato l’effetto di un trattamento demetilante in vitro su cellule umane isolate da tessuto adiposo adulto (PLA cells). Materiali e metodi. Lo studio ha richiesto l’estrazione di cellule da tessuto adiposo omentale ottenuto mediante addominoplastica o liposuzione e l’analisi delle caratteristiche morfologiche e fenotipiche delle PLA cells mediante tecniche di microscopia ottica e a fluorescenza, citofluorimetria e Western blotting a seguito del trattamento con l’agente demetilante 5-Azacitidina. Sono stati condotti studi preliminari sulla citotossicità del trattamento demetilante con saggi sull’attività delle deidrogenasi mitocondriali e sulla capacità proliferativa. Risultati. Negli studi di citotossicità dell’agente demetilante 5-Azacitidina, si è registrato una riduzione dell’attività metabolica mitocondriale nella popolazione trattata rispetto al controllo. Lo studio ha anche fornito le conoscenze per definire la concentrazione di agente demetilante rispetto al range riportato in letteratura. Le popolazioni trattate con l’agente demetilante hanno mostrato sofferenza durante l’espansione generazionale; la popolazione cellulare riseminata dopo distacco enzimatico presenta un numero di cellule significativamente inferiore rispetto al campione di controllo. D’altro lato, la popolazione presenta capacità proliferativa paragonabile a quella dei campioni non trattati, durante e dopo il trattamento demetilante. I due risultati potrebbero indicare che il trattamento demetilante non influisca sulla proprietà replicativa della cellula, ma ne riduca la capacità di adesione nella coltura in monostrato dopo il cambio generazionale. Poiché le PLA cells sono in grado di differenziare in altre tipologie cellulari, sono stati condotti studi di differenziamento in senso adipogenico, osteogenico e miogenico su popolazioni tratte in precedenza con l’agente demetilante. Il confronto con la risposta agli stimoli differenziativi di cellule non trattate ha dimostrato che l’agente demetilante non ha modificato la capacità differenziativa. Le indagini di microscopia a fluorescenza e Western blotting hanno mostrato che il fattore di trascrizione tessuto-specifico SREBP, presente nelle popolazioni di origine, è ugualmente espresso dopo il trattamento con 5-Azacitidina. La ricerca dei fattori di trascrizione NANOG e OCT4, responsabili della capacità di self-renewing nelle cellule pluripotenti non ha dato risultati positivi. Le cellule trattate con 5-Azacitidina sono state mantenute in coltura ed espanse, per valutare un eventuale rimodellamento proteomico nelle cellule replicate, ma non è stata registrata espressione dei due marcatori nucleari. Gli studi di caratterizzazione condotti con immunofluorescenza confocale e analisi citometriche hanno dimostrato che la popolazione cellulare isolata da tessuto adiposo è eterogenea. E’ stato osservato che, l’espansione generazionale determina un arricchimento nella componente cellulare CD90+/CD105+/CD29+, e cioè una popolazione con forti analogie fenotipiche con le cellule staminali stromali del midollo osseo, a scapito delle cellule endoteliali ed ematopoietiche presenti in origine. Inoltre, le cellule mantenute in coltura perdono il segnale dell’ADRP, proteina associata al commitment adipogenico, ed esibiscono una deplezione delle vescicole adipose citoplasmatiche, mentre è stato osservato nelle cellule di terza e quarta generazione la comparsa del marcatore di staminalità mesenchimale STRO1, espresso unicamente nella frazione stromale delle cellule staminali estratte da midollo osseo. Conclusioni. PLA cells di origine umana non si comportano in vitro dopo trattamento demetilante come le corrispondenti cellule di origine animale e cioè non sembrano essere in grado, nelle condizioni sperimentali usate in questo studio, di essere riprogrammate ad un fenotipo diverso da quello di origine. Questo risultato pone il problema dello stato di metilazione del DNA nelle cellule isolate da tessuto adiposo che mantenute a lungo in vitro assumono il fenotipo CD105+/ CD90+/STRO1+/ADRP-, e se un trattamento che preveda l’associazione di diversi agenti demetilanti/deacetilanti in combinazione con fattori di crescita possa realizzare in queste cellule una reale riprogrammazione funzionale in vitro.
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MONTERISI, CRISTINA. "Radiosintesi e preliminare valutazione biologica del [18F]VC701, antagonista del recettore PBR, potenzialmente applicabile allo studio di patologie neurodegenerative e strategie di marcatura di nanoparticelle polimeriche con preliminare valutazione del loro targeting in vivo." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/19793.

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Abstract:
The evaluation of N-benzyl-3-fluoromethyl-N-[11C]methyl-4-phenyl-2-quinolincarboxamide, a promising radioligand for in vivo TSPO imaging with Positron Emission Tomography (PET), led to the labelling of its chloromethyl precursor with the longer living positron emitter radioisotope Fluorine-18 (t1/2= 109.8 min) to perform long-time kinetic studies. N-benzyl-3-[18F]fluoromethyl-N-methyl-4-phenyl-2-quinolincarboxamide was obtained with a good chemical and radiochemical purity and a good specific activity. Initial pre-clinical data demonstrated that it is a promising tracer, showing a good signal-noise ratio in target organs of healthy rats. These results encourage further evaluation of this radioligand also in lesioned areas of CNS, characteristic of some important neuropathologies.
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Manoharan, Krishna. "Design and Analysis of High-Q, Amorphous Microring Resonator Sensors for Gaseous and Biological Species Detection." Ohio : Ohio University, 2009. http://www.ohiolink.edu/etd/view.cgi?ohiou1237489189.

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De, Vita Assunta, Aldo Musacchio, and Anna Maria Palermo. "Plantago brutia e Plantago media: uso di marcatori molecolari per indagare relazioni filogenetiche." Thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10955/448.

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Serra, Ilia Anna, and Anna Maria Innocenti. "Confronto fra marcatori molecolari (ISSR ed SSR) e pattern di distribuzione della variabilità genetica in posidonia oceanica (L) Delide." Thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10955/447.

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