Journal articles on the topic 'MALOCCLUSIONE DI II CLASSE'

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1

Pavoni, C., and P. Cozza. "Scelta ragionata dei dispositivi ortopedico-ortodontici nella malocclusione di Classe II." Mondo Ortodontico 36, no. 4 (September 2011): 146–58. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2011.06.001.

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2

Giannini, L., C. Esposito, R. A. Garramone, and C. Maspero. "Correlazione tra malocclusione di Classe II e problematiche articolari: revisione della letteratura." Dental Cadmos 80, no. 8 (October 2012): 435–43. http://dx.doi.org/10.1016/j.cadmos.2012.04.003.

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3

Tonelli, P., M. Bianchi, L. Barbato, F. Selvaggi, E. Biondi, E. Mascitelli, and M. Duvina. "Cisti radicolo-dentale in paziente con malocclusione di Classe II scheletrica. Caso clinico." Dental Cadmos 83, no. 10 (December 2015): 694–99. http://dx.doi.org/10.1016/s0011-8524(15)30108-2.

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4

Pavoni, C., E. Cretella Lombardo, R. Lione, P. Bollero, F. Ottaviani, and P. Cozza. "Orthopaedic treatment effects of functional therapy on the sagittal pharyngeal dimensions in subjects with sleep-disordered breathing and Class II malocclusion." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 6 (December 2017): 479–85. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1420.

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Abstract:
Con il termine Sleep disorder breathing (SDB) s’intendono tutte quelle difficoltà respiratorie che si verificano durante il sonno. Si può osservare una grande variabilità nella sintomatologia dei pazienti affetti da SDB, direttamente proporzionale alla resistenza che le vie aeree superiori offrono al passaggio dell’aria quando queste sono ostruite. L’SDB rappresenta un ampio ventaglio di disturbi che vanno dal russamento primario fino ad arrivare alle apnee ostruttive del sonno. I bambini con problemi respiratori tendono a compensare l’ostruzione delle vie aeree assumendo posizioni caratteristiche, tali da garantire il mantenimento della pervietà delle vie aeree durante il sonno. Un’anomalia di posizione nel sonno, durante la fase di crescita e sviluppo, si ripercuote in un’alterazione dello sviluppo occlusale e in una modifica del pattern di crescita. Le principali alterazioni sono a carico del mascellare superiore, dell’altezza facciale, del tono muscolare e della posizione mandibolare; nei bambini con SDB, infatti, è spesso presente un pattern scheletrico di Classe II, con lunghezza mandibolare ridotta ed overbite aumentato. Lo scopo del presente studio è stato quello di valutare i cambiamenti craniofacciali indotti dalla terapia funzionale di avanzamento mandibolare con particolare riferimento alla dimensione sagittale delle vie aeree, superiori ed inferiori, alla posizione dell’osso ioide e alla posizione della lingua in soggetti con SDB e malocclusione di Classe II, messi a confronto con un gruppo controllo in Classe II non trattato. 51 soggetti (24 femmine, 27 maschi; età media 9,9 ± 1,3 anni) con malocclusione dentoscheletrica di Classe II e SDB trattati con il dispositivo funzionale Monoblocco Modificato (MM) sono stati messi a confronto con un gruppo controllo non trattato di 31 soggetti (15 maschi, 16 femmine; età media 10,1 ± 1,1 anni) presentanti la stessa malocclusione senza SDB. Il gruppo di studio è stato valutato da uno specialista in otorinolaringoiatria per la definizione del tipo di respirazione ed è stato sottoposto ad un esame fisico completo. I genitori di tutti i pazienti hanno completato un questionario per valutare la presenza di sintomi notturni e diurni prima e dopo il test clinico (versione italiana in 22 punti del Pediatric sleep questionnaire, ideato da Ronald Chervin). Le teleradiografie in proiezione latero laterale sono state analizzate all’inizio e alla fine del trattamento con MM. Tutte le misurazioni cefalometriche dei due gruppi sono state analizzate attraverso dei test per la valutazione statistica dei cambiamenti avvenuti durante il trattamento. I risultati hanno evidenziato dei cambiamenti scheletrici favorevoli nel gruppo trattato a tempo T2. La terapia funzionale di avanzamento mandibolare ha indotto dei cambiamenti statisticamente significativi nella dimensione sagittale delle vie aeree, nella posizione dell’osso ioide e nella posizione della lingua in soggetti di Classe II affetti da SDB rispetto ai controlli non trattati. Dopo la terapia ortodontica in 45 pazienti del gruppo di studio è stata osservata una riduzione dei sintomi diurni di SDB. Il trattamento con apparecchiature funzionali, non solo migliora i rapporti tra mascellare superiore e mandibola, ma riduce anche il rischio del collasso delle vie aere superiori. La logica terapeutica si basa sul concetto che tutte le anomalie, legate ad un retroposizionamento mandibolare, beneficiano della terapia funzionale di avanzamento mandibolare, che è in grado di ampliare lo spazio posteriormente alla lingua ed allo stesso tempo promuovere l’avanzamento linguale. Lo spostamento anteriore della mandibola influenza la posizione dell’osso ioide e la posizione della lingua, aumentando lo spazio intermascellare in cui quest’ultima alloggia e migliorando la morfologia delle vie aeree superiori. Ne consegue sia la risoluzione della malocclusione scheletrica di Classe II che il miglioramento dei rapporti retrofaringei, eliminando quei fattori predisponenti per lo sviluppo di disturbi respiratori in età adulta.
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5

Battista, G., L. Guida, P. Avvanzo, M. Mastrovincenzo, C. Chimenti, L. Lo Muzio, and D. Ciavarella. "Valutazione strumentale delle malocclusioni di Classe II." Mondo Ortodontico 36, no. 4 (September 2011): 175–82. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2011.03.004.

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6

Scalzone, A., F. d’Apuzzo, P. P. Scalzone, V. Vitale, R. Cannavale, and L. Perillo. "Trattamento con Twin Block in pazienti in crescita con malocclusione di Classe II: effetti dento-scheletrici." Dental Cadmos 83, no. 10 (December 2015): 654–59. http://dx.doi.org/10.1016/s0011-8524(15)30103-3.

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7

Cozza, Paola. "La terapia funzionale delle malocclusioni di Classe II." Mondo Ortodontico 36, no. 4 (September 2011): 145. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2011.05.001.

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8

Galeotti, A., P. Festa, M. Pavone, and G. C. De Vincentiis. "Effetti di simultanei espansione palatale e avanzamento mandibolare in un paziente pediatrico con apnee ostruttive notturne." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 4 (August 2016): 328–32. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-548.

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Abstract:
Questo caso clinico illustra il trattamento di un bambino affetto da apnee ostruttive nel sonno (OSA) che presenta una malocclusione di classe II scheletrica da retrusione mandibolare con contrazione del mascellare superiore e morso aperto anteriore. Il paziente presenta apnee ostruttive del sonno di grado moderato con un alto impatto sulla qualità della vita del paziente e dei genitori. Il paziente è stato trattato utilizzando un dispositivo ortodontico innovativo (Sleep Apnea Twin Expander), al fine di realizzare l'espansione del palato e l'avanzamento mandibolare contemporaneamente. Dopo la terapia ortodontica, il questionario sulla qualità della vita ha evidenziato un miglioramento dei principali sintomi respiratori e lo studio cardiorespiratorio del sonno ha rivelato una riduzione degli eventi di apnee ostruttive. Al termine della terapia, la valutazione clinica e l'analisi cefalometrica hanno evidenziato una riduzione della discrepanza sagittale e verticale tra il mascellare superiore e la mandibola e un ampliamento dello spazio delle vie aeree superiori. In conclusione, questo case report suggerisce che il trattamento ortodontico può essere una valida terapia alternativa nei bambini con apnea ostruttiva del sonno associata ad anomalie cranio-facciali.
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9

Maspero, C., I. Pitto, S. Salvadori, A. G. Lucchina, and G. Farronato. "Malocclusioni di Classe II prima divisione: considerazioni sulla scelta di eseguire una o due fasi di trattamento." Mondo Ortodontico 36, no. 4 (September 2011): 166–74. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2011.06.004.

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10

Poletti, L., B. Monti, L. Esposito, and G. Farronato. "Efficacia degli apparecchi funzionali nel trattamento delle malocclusioni di II classe. Parte I." Mondo Ortodontico 37, no. 5 (November 2012): 142–51. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2012.02.001.

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Poletti, L., S. M. Tripodi, L. Esposito, and G. Farronato. "Efficacia degli apparecchi funzionali associati alla trazione extraorale nel trattamento delle malocclusioni di II classe. Parte II." Mondo Ortodontico 37, no. 5 (November 2012): 152–58. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2011.10.003.

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Mucedero, M., C. Pavoni, and P. Cozza. "Terapia ortopedica della malocclusione di III Classe." Mondo Ortodontico 35, no. 4 (September 2010): 167–86. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2009.11.003.

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Mucedero, M., C. Pavoni, and P. Cozza. "Terapia ortopedico-funzionale della malocclusione di Classe III." Mondo Ortodontico 35, no. 1 (February 2010): 3–25. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2009.03.001.

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Lisarelli, Giulia, and Elisa Miragliotta. "Analisi del discorso di classe sul riconoscimento di altezze di un triangolo." Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche d’aula, no. 12 (November 21, 2022): 45–68. http://dx.doi.org/10.33683/ddm.22.12.3.

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Abstract:
L’articolo presenta l’analisi del discorso matematico degli studenti di una classe II di scuola secondaria di primo grado, intrapreso durante una lezione sul riconoscimento di altezze di un triangolo. La lezione si è svolta dopo un percorso didattico durante il quale il discorso sull’oggetto matematico altezza si è costruito a partire da diverse realizzazioni possibili. Obiettivo principale di questo studio è documentare quali tra queste realizzazioni del significante altezza compaiono nel discorso di classe, descriverne le caratteristiche e osservare quali continuità o discontinuità presentano rispetto alle realizzazioni più comuni descritte dalla letteratura in didattica della matematica. L’analisi del discorso, accompagnata dalla costruzione e confronto tra l’albero di realizzazione atteso e l’albero della classe, consentiranno di mettere in luce sia la ricchezza del discorso di classe sia le interazioni tra realizzazioni diverse. Infine, si discuteranno le implicazioni teoriche e didattiche dello studio.
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Merlo, Roberto. "“Stelele și lalelele”: saggio di micromonografia storico descrittiva di una classe flessiva della lingua romena (II)." Studia Universitatis Babeș-Bolyai Philologia 66, no. 4 (December 17, 2021): 271–98. http://dx.doi.org/10.24193/subbphilo.2021.4.18.

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Abstract:
“Stelele și lalelele”: Micromonography of an Inflectional Class in the Romanian Language (II). This article is part of a series aimed at reconstructing the history, and discussing the current state of what has been considered, from a Romance perspective, a peculiarity of Romanian language: the existence of an inflectional class of feminine nouns ending in tonic vowel (in short: F√V́ Ø), which form the plural with the addition of the le morpheme. The present paper, the second in the series, discusses some morphological traits of F√V́ Ø on the basis of a lexicographical corpus of contemporary standard Romanian: division in subclasses, internal morphological structure of its members (primitive and derivatives nouns, in particular diminutives, internal formations), and morphological variability. Keywords: nominal morphology, Romance plural, Romanian language, Turkish loanwords, inflectional morphology.
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Collomp, Catherine. "La Scuola di Francoforte in esilio: storia di un'inchiesta sull'antisemitismo nella classe operaia americana." MEMORIA E RICERCA, no. 31 (September 2009): 121–40. http://dx.doi.org/10.3280/mer2009-031008.

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Abstract:
- Between July and December 1944 the Institute for social research of Columbia University made known the results of a survey on anti-Semitism in the American working class carried out by the Jewish Labor Committee of New York. The results of the research confirmed the rooting of a few stereotypes and prejudices on Jews in some specific segments of the American working world: more widespread among "blue collars" rather than "white collars" and among the white population rather than the black. This form of anti-Semitism involved, paradoxically, also the workers of factories producing weapons to fight against the Third Reich. A form of anti-Semitism which did not stop with the end of World War II but turned, using the same mechanisms analyzed by migrant German sociologists, into a discrimination against communist militants.Parole chiave: Scuola di Francoforte, esilio, classe operaia, antisemitismo, razzismo, comunismo School of Frankfurt, exile, anti-Semitism, working class, racism, communism
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Bernstein, Henry. "Alcune dinamiche di classe del lavoro rurale nel Sud del mondo." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 128 (December 2012): 16–31. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-128002.

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Abstract:
Questo articolo delinea e illustra un quadro teorico per indagare le dinamiche di classe rurali del capitalismo. Idee chiave di analisi in questo contesto comprendono: (i) la mercificazione delle condizioni di riproduzione del lavoro; (ii) un cambiamento sistemico dalla coltivazione all'agricoltura nel capitalismo moderno consolidatosi a partire dagli anni settanta dell'ottocento; (iii) la piccola produzione di beni agricoli per il mercato e (iv) la differenziazione dei piccoli produttori. Queste idee sono combinate in cinque tesi sul destino molto dibattuto dei contadini nel mondo moderno che generano ulteriori concetti di "capitale agrario al di lŕ della campagna", "agricoltura al di lŕ della fattoria", e "‘lavoro rurale al di lŕ della fattoria". L'articolo conclude con l'argomento che molti di coloro definiti come "contadini" o "piccoli agricoltori", in particolare nel Sud, sono meglio compresi come una componente importante delle "classi del lavoro". Questo č illustrato con dati aggregati sull'occupazione in agricoltura e la quota di popolazione rurale adulta che svolge attivitŕ agricola per conto proprio quale attivitŕ economica primaria nelle principali regioni del Sud.
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Perillo, L., R. Cannavale, A. Laiola, and J. Giordanetto. "Trattamento di una II classe dento-scheletrica con l’ausilio delle miniviti in dentizione mista." Mondo Ortodontico 37, no. 5 (December 2012): 72–79. http://dx.doi.org/10.1016/j.mor.2011.05.002.

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Consoli, Tessa. "Secondo voi chi ha ucciso la signora Altieri?" Babylonia Journal of Language Education 3 (December 20, 2021): 36–40. http://dx.doi.org/10.55393/babylonia.v3i.130.

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Abstract:
L’articolo si apre con una panoramica su dati e fatti relativi ai femminicidi e alla violenza di genere in Svizzera che mostra come questi fenomeni siano purtroppo di estrema attualità. In seguito viene proposta una riflessione su come la scuola dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella lotta alla violenza contro le donne, sul ruolo particolare degli insegnanti di lingua straniera del livello secondario II e su come il tema della violenza di genere non venga purtroppo trattato adeguatamente né a scuola né nei manuali di italiano. Il contributo si conclude con un invito a trattare la tematica in classe e con alcune proposte didattiche per farlo.
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Miklič, Tjaša. "Il discorso indiretto libero nel romanzo di Giorgio Bassani Il Giardino dei Finzi-Contini: funzioni testuali e caratteristiche linguistiche." Linguistica 43, no. 1 (December 1, 2003): 93–108. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.43.1.93-108.

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Abstract:
Quando la sezione letteraria della commissione statale per l'italiano aveva scelto il romanzo II giardino dei Finzi Contini (GFC) come testo su cui preparare le cono­ scenze letterarie per l'esame di maturita in italiano lingua straniera nei licei sloveni non si aspettava particolari difficolta di comprensione da parte degli studenti. La fruizione pero si e rivelata meno soddisfacente del previsto. L'attenta analisi lin­guistica delle sue caratteristiche strutturali svolta in seguito allo scopo di offrire poi agli insegnanti suggerimenti concreti per la presentazione dei punti problematici in classe ha portato alla scoperta di una insospettata complessita, soprattutto di natu­ ra narrativa e sintattica. Questo compito apparentemente pratico ha spronato una ricerca di respiro piu ampio, che ha implicato analisi sistematiche della prima e del­ l'ultima versione del romanzo, 1 nonche di una serie di traduzioni in varie lingue.2
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Oteri, Annunziata Maria. "Messina l'italianissima. Il volto della cittŕ post-risorgimentale (1847-1880)." STORIA URBANA, no. 132 (February 2012): 323–65. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132012.

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Abstract:
Per il numero di vittime e i danni materiali subiti durante i moti rivoluzionari del 1848, Messina dopo l'Unitŕ d'Italia, si č meritata l'appellativo di "Italianissima" e il riconoscimento di "benemerita del Risorgimento nazionale". A una cosě appassionata partecipazione alla causa italiana non sono seguiti, perň, una volta entrata la cittŕ a far parte del nuovo regno, segni evidenti di tale adesione. A differenza che in molte altre cittŕ, anche emotivamente meno coinvolte, gli iniziali ambiziosi programmi di celebrazione, nel vivo dell'impianto urbano, di fatti e eroi del Risorgimento si esauriscono nel giro di pochi anni e sono assorbiti da un indolente processo di crescita urbana che, come altrove, nasce da esigenze di ampliamento e risanamento. Č altrettanto indicativo, che a Messina, né prima né dopo il terremoto del 1908, si siano celebrati nelle trame urbane, gli eroi del Risorgimento.Vittorio Emanuele II, Garibaldi, Cavour, Mazzini sono infatti ricordati soltanto nella toponomastica o in qualche busto di modeste dimensioni eretto in un angolo disperso di un giardino comunale o del cimitero. Il saggio analizza le ragioni di tali insolvenze in particolare i condizionamenti di una classe politica ancora agganciata ai vecchi sistemi e la scarsa incisivitŕ delle forze progressiste all'opposizione.
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Boldrini, Elena, and Luca Bausch. "Transizioni dopo la scuola dell’obbligo: le scelte dei giovani in Ticino." Swiss Journal of Educational Research 31, no. 2 (September 1, 2009): 287–316. http://dx.doi.org/10.24452/sjer.31.2.5096.

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Abstract:
Nel contesto ticinese la propensione per la scelta di un percorso formativo con tirocinio in azienda è inferiore rispetto alla media nazionale, dove l’apprendistato duale risulta essere la via maggiormente praticata dai giovani in uscita dalle scuole dell’obbligo. Il presente contributo intende riferire di una ricerca pilota condotta nel Cantone Ticino in merito al passaggio dei giovani dal secondario I al secondario II, mirata alla comprensione delle modalità con cui questa transizione avviene e delle possibili problematicità insite in essa, relative soprattutto alla scelta di un percorso di formazione professionale con tirocinio in azienda.Sono state rilevate le scelte, le ragioni, i criteri e le difficoltà (per mezzo del Career Decision Difficulties Questionnaire) nel processo di scelta al termine della quarta media di circa 170 allievi del Cantone, allargando il rilevamento dei dati anche ai loro stessi genitori, agli orientatori scolastico-professionali, ai coordinatori di sede delle scuole coinvolte e ai docenti di classe. Dai due rilevamenti di dati condotti (a distanza di sei mesi) emergono alcune piste di intervento per quanto concerne l’educazione alla scelta dei giovani, sia nelle sue specificità di sistema (organizzativo-istituzionali), sia nelle sue declinazioni contenutistico-didattiche.
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Pozzuoli, Cesare. "La didattica della letteratura inglese nell’università italiana ai tempi della pandemia. Uno studio di caso in una classe del corso di laurea di base in “Lingue” dell’Università “Federico II”." Altre Modernità, no. 27 (May 30, 2022): 239–53. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/17892.

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Abstract:
L’articolo propone una riflessione sul profondo processo di mutazione avvenuto nella didattica universitaria della letteratura negli ultimi anni, interessata da un ricorso massiccio alla didattica digitale e da remoto (Giusti 2019). Si è osservato in particolare un’accelerazione marcata di tale processo di mutazione dovuta al diffondersi della pandemia da Covid-19. L’analisi, divisa in due sezioni, servendosi di una prospettiva sia psico-pedagogica, sia di uno sguardo didattico, vedrà nella prima parte una riflessione sulle nuove forme di insegnamento letterario universitario, con particolare riferimento al rapporto tra il mutato status culturale della letteratura, didattica da remoto e nativi digitali (Bertoni 2018); tenendo conto del contesto di una società post-moderna (Marone e Striano 2012). Nella seconda parte si analizzerà il case study di un corso universitario di letteratura inglese svolto attraverso lo strumento del questionario validato. L’efficacia della didattica da remoto verrà testata sulle risposte di un campione rappresentativo di studenti in età compresa tra i 20 e i 23 anni frequentanti il secondo anno di un corso di laurea di base in lingue. Sulla base dei dati raccolti si vaglieranno delle ipotesi di sviluppo per nuove prospettive epistemiche per la didattica delle discipline letterarie, con particolare riferimento alle letterature straniere e anglofone.
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Zhang, Z., Y. Nguyen, D. De Seta, F. Y. Russo, A. Rey, M. Kalamarides, O. Sterkers, and D. Bernardeschi. "ACTA OTORHINOLARYNGOLOGICA ITALICA." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 5 (October 2016): 408–14. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1176.

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Abstract:
La gestione dello schwannoma vestibolare (SV) sporadico si è gradualmente evoluta negli ultimi decenni. Lo scopo di questo studio è di analizzare l’evoluzione negli esiti chirurgici dell’exeresi di queste lesioni, realizzata da un team neurotologico tra il 1990 e il 2006, attraverso differenti approcci. È stata eseguita una revisione retrospettica monocentrica dei dati clinici di 1006 pazienti. Al fine di valutare eventuali modifiche e progressi, il periodo di 17 anni è stato diviso in tre periodi, ciascuno comprendente rispettivamente 268 SV (1990- 1996), 299 SV (1997-2001), e 439 SV (2002-2006). Il follow-up medio è stato di 5,9 ± 2,4 anni. Complessivamente l’asportazione totale è stata ottenuta nel 99,4% dei casi. Il tasso di mortalità è stato dello 0,3%, la meningite e la perdita di liquido cefalo rachidiano (LCR) sono stati osservati nel 1,2% e il 9% dei casi, rispettivamente. La frequenza della perdita di LCR è diminuita dal 11,6% al 7,1% tra il primo e dell’ultimo periodo (p < 0,01) e la revisione chirurgica dal 3,4% al 0,9% (p < 0,05). Il nervo facciale è stato anatomicamente conservato nel 97,7% dei casi. Ad un anno, una buona funzione del nervo facciale è stata osservata nel 85,1% dei pazienti (I e II grado House- Brackmann), con una variazione tra il primo e l’ultimo periodo che andava dal 78,4% al 87,6% (p < 0,05). Ad un anno post-operatorio la conservazione dell’udito è stata ottenuta nel 61,6% dei pazienti, passando dal 50,9% del primo periodo, al 69,0% del periodo piú recente (p < 0,05) (classe A + B + C dalla classificazione AAO-HNS). L’udito utile (classe A + B) è stato conservato nel 33,5% dei casi complessivamente, con percentuali comprese tra il 21,8% e 42% nel primo e nell’ultimo periodo rispettivamente (p < 0,01). Gli esiti chirurgici dell’asportazion dello schwannoma vestibolare sporadico sono migliorati negli anni per quanto riguarda i risultati funzionali del nervo facciale, la conservazione dell’udito, le perdite di liquido cefalorachidiano, principalmente grazie all’esperienza del team neurotologico. I risultati funzionali dopo la rimozione microchirurgica completa SV di grandi dimensioni dipendono dall’ esperienza maturata sulle lesioni di piccole dimensioni.
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Musso, Stefano Francesco. "Genova: echi e tracce del Risorgimento e dell'Unitŕ d'Italia." STORIA URBANA, no. 132 (February 2012): 83–109. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132004.

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Abstract:
Il saggio tenta di mettere in luce i legami profondi e meno evidenti che sembrano intercorrere tra la storia generale del Risorgimento italiano (che fece di Genova, grazie anche a protagonisti quali Nino Bixio, Goffredo Mameli e Giuseppe Mazzini, una delle "patrie ideali") e alcune delle molte tracce fisiche che essa ha lasciato nel tessuto costruito della cittŕ. L'Autore propone la rilettura di alcuni episodi di trasformazione e formazione della cittŕ negli anni delle vicende risorgimentali con riferimento al momento in cui queste conobbero una prima conclusione in coincidenza con la proclamazione del regno d'Italia: il caso di via Garibaldi, ad esempio, che fu aperta demolendo chirurgicamente parte dei circostanti quartieri medievali, per collegare al nuovo centro della cittŕ, organizzato intorno a piazza De Ferrari, la cinquecentesca via Aurea, sede dell'antica classe oligarchica, attraverso piazza Fontane Marose. Oppure con la costituzione di ambiti celebrativi, come nel caso emblematico del nuovo snodo urbano di piazza Corvetto con le statue raffiguranti Giuseppe Mazzini e Vittorio Emanuele II. La rilettura di alcuni episodi noti e ormai oggetto di numerose analisi, anche recenti, si estende poi agli anni e decenni successivi a quella data (almeno fino ai primi anni del Novecento) che ebbe certo un forte impatto simbolico ma non altrettanto evidenti e immediate ricadute sulla vita e sulla struttura della cittŕ. Tutto ciň determinň anche diffuse e dolorose demolizioni, mutilazioni o spostamenti di antichi monumenti.
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Davies, Malcolm. "The Authenticity of Prometheus Vinctus - Maria Pia Pattoni: L'autenticità del Prometeo Incatenato di Eschilo. (Pubblicazioni della Classe di Lettere e Filosofia, II.) Pp. 272. Pisa: Scuola Normale Superiore, 1987. Paper." Classical Review 39, no. 1 (April 1989): 11–13. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00270121.

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ΠΑΠΑΚΩΣΤΑ, ΧΡΙΣΤΙΝΑ Ε. "ΠΑΡΓΑ, ΠΡΕΒΕΖΑ, ΒΟΝΙΤΣΑ: ΑΣΤΙΚΕΣ ΣΥΣΣΩΜΑΤΩΣΕΙΣ ΣΤΑ ΒΕΝΕΤΙΚΑ ΗΠΕΙΡΩΤΙΚΑ ΕΞΑΡΤΗΜΑΤΑ." Eoa kai Esperia 7 (January 1, 2007): 213. http://dx.doi.org/10.12681/eoaesperia.91.

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Abstract:
<p>Il tema della mia ricerca è la ricostruzione della storia delle comunità e deiloro consigli durante la venetocrazia nella costa occidentale dello Ionio e inparticolare nelle città di Parga, nel corso del Quattrocento, di Prevesa e diVonizza nel Settecento. I dati archivistici e bibliografici sono stati raccolti inseguito allo spoglio dei relativi fondi conservati presso l'Archivio di Stato diVenezia e le varie biblioteche della città.</p><p>I termini "comunità" ο "consiglio della comunità" descrivono un organocollettivo istituzionalmente riconosciuto dall'amministrazione centraleveneziana. Sede del consiglio era il centro cittadino e godevano del privilegiodi parteciparvi solo i membri maschi delle famiglie più influenti e facoltose edi provata appartenenza alla classe dei cittadini.</p><p>Nelle tre città in esame le famiglie aggregate al consiglio erano statescelte ancora prima che venisse costituita la comunità e in seguito non erapermessa alcuna ammissione se prima non si fosse estinta un'altra famiglia. Inquesto senso, le tre corporazioni civili possono essere definite come consiglicivili "serrati".</p><p>II consiglio, essendo il meccanismo centrale dell'organizzazione dellasocietà, assegnava annualmente le cariche locali, le quali affiancavano gliufficiali veneti (governatori, capitani, provveditori) all'esercizio del governodel paese.</p>
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Rossi, Franco, Roberto Blaco, Carla Castelli, Graziella Civenti, Angelo Cocchi, Agostino Contini, Arcadio Erlicher, et al. "Cost of psychiatric patients by disability groups." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 8, no. 3 (September 1999): 198–208. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008071.

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RIASSUNTOScopo – L'analisi del rapporto tra costi di trattamento e gravità dei pazienti psichiatrici, raggruppati in classi omogenee. Disegno – Rilevazione prospettica dei costi e della gravità di 1371 pazienti psichiatrici adulti, in carico presso 2 Unità Operative di Psichiatria, osservati per un periodo medio di circa 9 mesi. I dati raccolti riguardano tutti i servizi psichiatrici delle Unità Operative, che comprendono quelli ambulatoriali, quelli residenziali e semi-residenziali e i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura degli ospedali per acuti. Setting – Le Unità Operative Psichiatriche di Magenta (MI) e di Desio (MI). Metodo – La gravità di ogni paziente è stata misurata attraverso la scheda HoNOS. La compilazione di questa scheda è stata effettuata al momento del reclutamento e in seguito con una cadenza mediamente trimestrale. Oltre alle schede trimestrali sono state previste compilazioni al momento dell'ammissione e della dimissione dai reparti ospedalieri di psichiatria, dai Centri Residenziali di Terapie psichiatriche e di risocializzazione e dalle Comunità Protette. Tutti i pazienti osservati sono stati raggruppati in base alla diagnosi principale (ICD-10) e al livello massimo di gravità dei problemi presentati durante l'intero periodo di osservazione. I costi presi in considerazione sono i soli costi diretti sostenuti dai servizi psichiatrici pubblici. La loro attribuzione ai singoli pazienti è avvenuta sulla base di costi standard o di tariffe (procedure diagnostiche), applicati alle quantità rilevate prospetticamente attraverso il Registro regionale, integrato con apposite schede. Risultati – Il costo complessivo realizzato dai 1371 pazienti osservati è risultato pari a 9771.1 milioni di lire, con un costo medio per paziente di 7127000 lire (ds 19499400). Il costo totale per giornat'a di osservazione è risultato pari a 27172 lire (ds 68358) e non risulta correlato alia durata del periodo di osservazione. La gravità media dei pazienti risulta pari a 4.26 punti (ds 3.73) al momento dell'arruolamento e pari a 3.19 punti (ds 3.26) al termine dello studio. Quella media, misurata attraverso i valori massimi della HoNOS osservati sull'intero periodo, risulta pari a 6.00 punti (ds 4.64). Gravità e costo del trattamento per singolo caso risultano direttamente correlati (r = 0.626, p = 0.0001). II raggruppamento dei pazienti ha portato a definire delle classi che presentano un punteggio medio di gravità complessivamente diverso (p = 0.0001). Diversi nel loro insieme risultano anche i costi medi di trattamento per classe (p = 0.0001). Conclusioni Tutti i pazienti psichiatrici adulti possono essere raggruppati in classi relativamente omogenee rispetto alia gravità e con costi di trattamento almeno in parte diversi. Uno studio più ampio forse potrebbe migliorare i risultati ottenuti e fornire la base per una diversa modalità di finanziamento dei servizi psichiatrici.
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Mitchell, B. M. "Ath. Pol - L. Canfora: Studisull' Athenaion Politeia pseudosenofontea. (Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, II. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Serie V, Volume 4, Fascicolo I, Gennaio-Marzo, 1980.) Pp. 110. Turin: Accademia delle Scienze, 1980. Paper, L. 22,000." Classical Review 35, no. 1 (April 1985): 118–21. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00107607.

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Mello, Celso Antônio Bandeira de. "DESAPROPRIAÇÃO DE BEM PÚBLICO." Revista de Direito Administrativo e Infraestrutura - RDAI 4, no. 14 (January 8, 2020): 113–33. http://dx.doi.org/10.48143/rdai.14.cabmello.

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Consulta. O Prefeito Municipal de Valinhos, expõe-nos o que segue, anexando documentos ilustrativos e formula-nos, empós consulta sobre a matéria. In verbis: a) este Município, desde longo tempo, vinha tentando adquirir a Adutora de Rocinha, imóvel de propriedade da Municipalidade de Campinas e situado no vizinho território de Vinhedo; b) depois de ingentes esforços junto à Prefeitura Municipal de Campinas, logrou êxito esta Municipalidade, terminando por adquirir o referido imóvel em 18.02.1974; c) com essa aquisição, a população de Valinhos viu tornar-se palpável a realidade seu antigo sonho, já que a Administração vinha se afligindo com o problema da falta d’água, resolvido com a citada aquisição; d) ocorre que o Munícipio de Vinhedo, inconformado com a transação em pauta, declarou de utilidade pública, para ser desapropriada, em caráter de urgência, a área da antiga Adutora Municipal João Antunes dos Santos; e) entretanto, o ato expropriatório, Lei 682, de 1974, conforme cópia inclusa, sequer mencionou a finalidade de declaração, uma vez que a Adutora, imprescindível para o nosso Munícipio, pelo que representa em termos de abastecimento d’água à população, não o é em relação a Vinhedo, que se abastece das águas do Rio Capivari, ligando suas bombas uma vez por semana. Em face do exposto, formulamos a V. Exa. a seguinte consulta: “É lícito a Vinhedo desapropriar a Adutora Municipal João Antunes dos Santos, bem essencial à população de Valinhos, de cujos serviços de ordem pública não pode prescindir?” Parecer: O total deslinde do problema supõe o correto equacionamento de três questões que se interligam, no caso em foco, a saber: 1. Fundamentos do poder expropriatório; 2. Os bens públicos e sua função; 3. Relacionamento das pessoas jurídicas de Direito Público. Um breve exame destas diversas questões propiciará, em abordagem final, focar o problema proposto com auxílio do instrumento arrecadado por ocasião da análise de cada um dos tópicos mencionados. É o que faremos em um título derradeiro. I – Fundamentos do poder expropriatório. Desapropriação é o procedimento administrativo pelo qual o Poder Público, fundado em utilidade pública, despoja, compulsória e unilateralmente, alguém de uma propriedade, adquirindo-a, em caráter originário, mediante prévia e justa indenização. Fundamenta a desapropriação, do ponto de vista teórico. A supremacia geral que o Poder Público exerce sobre os bens sitos no âmbito de validade espacial de sua ordem jurídica. No Direito Positivo brasileiro, o instituto se calça, como é notório, no art. 153, § 22, da Carta Constitucional (Emenda 1, de 1969), o qual reza: “É assegurado o direito de propriedade, salvo o caso de desapropriação por necessidade ou utilidade pública ou interesse social, mediante prévia e justa indenização em dinheiro, ressalvado o disposto no art. 16...” E o art. 8º da Lei Magna estatui em seu inciso XVII, f, competir à União: legislar sobre desapropriação. O Decreto-lei n. 3.365, de 21.06.1941, e a Lei n. 4.132, de 10.09.1962, enunciam as hipóteses de utilidade pública e interesse social que abrem ensanchas ao desencadear do poder expropriatório. É perceptível a todas as luzes que a justificação do instituto reside na prevalência do interesse público, o qual, bem por isso – uma vez consubstanciadas as hipóteses de necessidade, utilidade pública ou interesse social –, se afirma sobranceiramente sobre interesses menores, via de regra, privados, que devem, então, ceder passo à primazia do primeiro. É por tal razão – e só por ela – que o instituto se marca precisamente pela compulsoriedade, tão marcante que nulifica a propriedade privada, à revelia do titular, convertendo seu conteúdo na equivalente expressão patrimonial que possua. Com efeito: a prerrogativa expropriatória, como quaisquer outras que assistam ao Poder Público, não lhe são deferidas pela ordem jurídica como homenagem a uma condição soberana, mas como instrumento, como meio ou veículo de satisfação de interesses, estes, sim, qualificados na ordenação normativa como merecedores de especial proteção. De resto, todos os privilégios que adotam o Poder Público não são por ele adquiridos quia nominor leo; muito pelo contrário: assistem-lhe como condição para eficaz realização de interesses que, transcendendo o restrito âmbito da esfera particular, afetam relevantemente a coletividade. É o fato de o Estado personificar o interesse público o que lhe agrega tratamento jurídico diferenciado. Em suma: no Estado de Direito, os Poderes Públicos se justificam e se explicam na medida em que se encontram a serviço de uma função, predispostos à realização de interesses erigidos pelo sistema em valores prevalentes. Eis, pois, como conclusão do indicado, que somente a supremacia de um interesse sobre outro, isto é, o desequilíbrio entre duas ordens de interesses pode autorizar a deflagração da desapropriação, posto que esta se inspira, justamente, na necessidade de fazer preponderar um interesse maior sobre um interesse menor. Não é condição jurídica do sujeito, em si mesmo considerando, mas no nível de interesses a seu cargo que se buscará o aval legitimador do exercício expropriatório. Por mais razoáveis, sensatas, lógicas ou afinadas com os lineamentos do Estado de Direito que sejam as ponderações ora expendidas, não se pretende que a validade das assertivas feitas repouse apenas nesta ordem de razões. Em verdade, propõe-se que elas se encontram nitidamente transfundidas no sistema jurídico-positivo brasileiro e desde o nível constitucional até o plano legal, posto que o art. 153, § 22, retromencionado, expressamente indica como pressuposto inafastável do instituto a necessidade utilidade pública e o interesse social. De igual modo, os já invocados Decreto-lei 3.365 e Lei 4.132 enunciam hipóteses de necessidade, utilidade pública e interesse social, os quais representam as condições para desapropriar. É bem evidente, dispensando maiores digressões, que o artigo constitucional e os textos legais contemplam interesses públicos e utilidades públicas prevalecentes sobre interesses de menor realce, uma vez que se trata de fixar os termos de solução no caso de entrechoques de interesses e de decidir quais deles cederão passo, quais deles serão preteridos, assim, convertidos em expressão patrimonial 0 para que a utilidade preponderante extraia do bem almejado o proveito público maior que nele se encarna. O que pretende realçar é que a própria noção de supremacia geral, deferida pelo sistema normativo às pessoas de Direito Público de capacidade política (União, Estados e Municípios), é autoridade derivada da ordenação jurídica e se esforça na qualificação dos interesses que a eles incumbe prover, de tal sorte que os poderes, os privilégios e as prerrogativas que desfrutam se constituem em um arsenal autoritário fruível, na medida em que instrumenta a finalidade protegida pelo Direito, isto é, a legitimação de seu uso depende do ajustamento aos interesses prestigiados no sistema. É o afinamento da atividade da pessoa aos valores infrassistemáticos do quando normativo que garante a legitimidade de sua expressão e não o reverso, ou seja: a legitimidade do exercício do poder – no Estado de Direito – não resulta meramente de quem o exerce, donde não ser a autoridade do sujeito que qualifica o interesse; pelo contrário: é a idoneidade jurídica do interesse que escora e valida o comportamento da autoridade a que o ordenamento atribuiu o dever-poder de curá-lo. Sendo assim, ao se examinar o instituto da expropriação, cumpre ter presente que os poderes da alçada do expropriante emergem na medida em que estejam a serviço do interesse em vista do qual tais poderes lhe foram irrogados. Neste passo, calham à fiveleta as ponderações de Arturo Lentini: “...la causa di pubblica utilità è la vera energia che mete in moto il fato dell’espropriazione per mezzo del soggetto espropriante. Questa è la raggione per cui la causa de pubblica utilità deve considerarsi come inesistente, qualora per determinarla si sai guardato sotanto ala qualità del soggeto espropriante.” (Le Espropriazioni per Causa di Pubblica Utilità. Milão: Società Editrice Libraria, 1936. p. 54.) Ora, como o instituto expropriatório é figura jurídica destinada a assegurar a compulsória superação de interesses menores por interesses mais amplos, mais relevantes (e que, bem por isso, devem prevalecer), a ablação do direito de propriedade de alguém em proveito do expropriante depende fundamentalmente da supremacia do interesse, isto é, da supremacia da necessidade e da utilidade proclamados sobre interesse que a ordem jurídica haja categorizado em grau subalterno, por escaloná-lo em nível secundário em relação ao outro que pode se impor. Estas considerações óbvias e que parecem por isso mesmo despiciendas quando se tem em mira as hipóteses comuns de desapropriação, nas quais a necessidade ou a utilidade pública se contrapõe ao interesse particular, revelam-se, contudo, fundamentais em matéria de desapropriação de bens públicos. A limpidez cristalina deles e o amparo teórico que as abona em nada se minimizam, mas a excepcionalidade da hipótese pode surtir o risco de lhes embaçar a clareza e lhes enevoar a percepção se não forem, liminarmente, postas em evidência, ao se rememorar os fundamentos do instituto. Pode-se afirmar, pois, como conclusão deste tópico que: “A desapropriação supõe a invocação de interesses e uma pessoa pública (necessidade, utilidade pública ou interesse social) superior ao de outra pessoa, cujos interesses sejam qualificados pela ordem jurídica como de menor relevância ou abrangência e, por isso mesmo, sobrepujáveis pelo expropriante.” II – Bens públicos e sua função. Nem todos os bens pertencentes ao Poder Público acham-se direta e imediatamente afetados à realização de um interesse público, isto é, determinados bens encontram-se prepostos à realização de uma necessidade ou utilidade pública, servindo-a por si mesmos; outros estão afetados a ela de modo instrumental, de maneira que a Administração serve-se deles como um meio ambiente físico, no qual desenvolve atividade pública, ou seja: correspondem a um local onde o serviço desenvolvido não tem correlação indissociável com a natureza do bem, posto que este nada mais representa senão a base especial em que se instala a Administração. Finalmente, outros bens, ainda, embora sejam de propriedade pública, não estão afetados ao desempenho de um serviço ou atividade administrativa. Em virtude da diversa função dos bens em relação à utilidade pública, há variadas classificações deles, inexistindo uniformidade na doutrina e no Direito Positivo dos vários países, quer quanto à categorização das espécies tipológicas que comportam quer no que respeita à inclusão de determinados bens em uma ou outra das diferentes espécies previstas nos esquemas de classificação. O Direito Positivo brasileiro dividiu-os em três tipos, catalogados no art. 66 do CC (LGL\2002\400), a saber: “I – os de uso comum do povo, tais como mares, rios, estradas, ruas e praças; II – os de uso especial, tais como os edifícios ou terrenos aplicados a serviço ou estabelecimento federal, estadual ou municipal; III – os dominicais, isto é, os que constituem o patrimônio da União, dos Estados ou dos Municípios como objeto de direito pessoal ou real de casa uma dessas entidades.” A quaisquer deles, foi outorgada a especial proteção da impenhorabilidade prevista no art. 117 da Carta Constitucional, a inalienabilidade (ou alienabilidade, nos termos que a lei dispuser) contemplada no art. 67 do CC (LGL\2002\400) e a imprescritibilidade, que resulta de serem havidos como res extra commercium, por força do art. 69 do mesmo diploma, além de outros textos especiais que dissiparam dúvidas sobre a imprescritibilidade dos bens dominicais. Certamente existe – partindo-se dos bens dominicais para os de uso comum, tomados como pontos extremos – uma progressiva, crescente, identificação com o interesse público. Os dominicais apenas muito indiretamente beneficiam ou podem beneficiar a utilidade pública; os de uso especial já se apresentam como instrumento para sua efetivação; e os de uso comum se identificam com a própria utilidade por meio deles expressada. Demais disso, como já observaram doutores da maior suposição, se já bens acomodáveis com inquestionável propriedade em uma ou outra categoria, outros existem que parecem tangenciar a fronteira de mais de uma espécie, não se podendo afirmar, de plano, em qual dos lados da fronteira se encontra. Isto se deve ao fato de que sua adscrição ao interesse público é especialmente vinculada, no que parecerem se encontrar no limiar de transposição da categoria dos bens de uso especial para a classe dos de uso comum, tendendo a se agregar a esta, em que é mais sensível o comprometimento do bem com o interesse público. Daí a ponderação do insigne Cirne Lima: “Entre essas duas classes de bens – o autor refere-se aos de uso comum e de uso especial – existem, no entanto, tipos intermediários; forma o conjunto uma gradação quase insensível de tons e matizes. Assim, entre as estradas e as construções ocupadas pelas repartições públicas, figuram as fortalezas que, a rigor, pode dizer-se, participam dos caracteres de umas e outras: são o serviço de defesa nacional, porque são concretização desta em seu setor de ação, e, ao mesmo tempo, estão meramente aplicadas a esse serviço, porque o público não se utiliza deles diretamente.” (Princípios de Direito Administrativo. 4. ed. Porto Alegre: Sulina, 1964. p. 78.) A profunda identificação de certos bens com a satisfação de necessidades públicas levou o eminente Otto Mayer a incluir certas edificações e construções na categoria de bens do domínio público, submetidos, na Alemanha, ao regime de Direito Público em oposição aos demais bens estatais regidos pelo Direito Privado. Por isso, incluiu nesta classe outros bens não arroláveis entre os exemplos mais típicos de coisas públicas. Então, depois de observar que as “estradas, praças, pontes, rios, canais de navegação, portos e a beira-mar constituem os exemplos principais de coisas subordinadas ao Direito Público”, aditou-lhes outras, algumas das quais até mesmo excludentes do uso comum. São suas as seguintes considerações: “Mais il y a des choses publiques donc la particularité consiste dans une exclusion rigoureuse du public. Ce sont les fortifications. Elles représentent donc un troisième groupe. Elles ont le caractère distinctif de représenter directement par elles-mêmes l’ utilité publique. Cette utilité consiste ici dans la défense du territoire nationale.” (Le Droit Administratif Allemand. Paris: V Giard et E. Brière, 1905. t. 3, p. 124.) Finalmente, o autor citado arrola, ainda, entre as coisas de domínio público: “...les grandes digues destinés a contenir les eaux des fleuves ou de la mer; elles participent, en quelque manière, à la nature des fortifications. Nous citerons encore les égouts publics; quad ils font corps avec les rues, ils sont compris dans la dominialitè de ces dernières; mais ils devront être considérés comme choses publiques em eux-mêmes quand ils se separent des rues et suivent leur cours distinctement.” (Op. cit., p. 125-126.) Em suma, o que o autor pretendia demonstrar é que nem sempre o uso comum de todos, ocorrente sobretudo no caso das coisas naturalmente predispostas a tal destinação, revela-se traço bastante discriminar o conjunto de bens mais intimamente vinculado às necessidades públicas e, por isso mesmo, merecedor de um tratamento jurídico peculiar, em nome do resguardo dos interesses coletivos. Compreende-se, então, sua crítica a Wappaus e Ihering, expressada em nota de rodapé, onde afirma: “comme la qualité de chose publique ne peut pas être conteste aux fortifications, ceux de nos auteurs qui maintiennent l’usage de tous comme condition indispensable de l’existence d’ une chose publique se voient obligés de faire des èfforts pour sauver, em ce qui concerne les fortifications toutes au moins, quelques apparences d’un usage de tous. Ainsi Ihering, dans ‘Verm. Schriften’, p. 152, fait allusion à une destination de ce genre em les appelants ‘établissements protecteurs qui profitent non pas à l’État, mais aux individus’. Cela tout d’abord, n’est pas exact; et même si c’était vrai, cela ne donnera pas encore un usage de tous” (Op. cit., p. 125, nota 31.). Efetivamente, também no Direito brasileiro, há certos bens que, tendo em vista a sistematização do Código Civil (LGL\2002\400), se alojariam muito imprópria e desacomodadamente entre os bens de uso especial porque, em rigor, não são apenas edifícios ou terrenos aplicados a um serviço ou estabelecimento em que se desenvolvem atividades públicas. Deveras, há uma profunda e perceptível diferença entre um prédio onde funciona uma repartição burocrática qualquer, ou ainda uma escola, um hospital, uma delegacia de polícia e o complexo de coisas que constituem uma usina geradora de energia elétrica, ou uma estação transformadora de energia elétrica, ou uma estação transformadora de energia, ou de tratamento de água, ou uma rede de esgotos, ou o conjunto de captação de água e adutoras. Estes últimos não são apenas sedes, locais de prestação de serviço, porém, muito mais que isto, são bens funcionalmente integrados no próprio serviço, o qual consiste precisamente naquele complexo que o identifica e que proporciona a utilidade pública. Os agentes públicos atuam como operadores ou manipuladores de tais bens. O serviço proporcionado a todos é menos um produto do desempenho pessoal dos funcionários do que uma resultante da utilização inerente ao próprio bem, isto é, os bens em questão fornecem, em razão de seu próprio modo de ser, uma utilidade pública possuída em si mesma, uma vez realizada a obra em que se consubstanciam. Via de regra, são justamente bens que satisfazem não apenas uma utilidade, mas uma autêntica necessidade coletiva. Em nosso Direito, contudo, quer se classifiquem como de uso especial quer se categorizem como de uso comum de todos – na medida em que sua destinação é a utilidade coletiva, fruída por todos –, estão de qualquer modo protegidos pela inalienabilidade, impenhorabilidade e imprescritibilidade. O que se deseja ressaltar, entretanto, é que agora estes efeitos protetores dos bens públicos em geral – inclusive dominicais – outros poderão eventualmente ter suscitados e, em tal caso, dever-se-á atentar para o grau de interligação que o bem possua com a necessidade e a utilidade pública. Com efeito: o só fato do Código Civil (LGL\2002\400) ter procedido a uma classificação dos bens públicos, categorizados em uma escala descrente de interligação com a utilidade pública, obriga a reconhecer que existe em nosso sistema uma ponderação do valor com a utilidade pública, obriga a reconhecer que existe em nosso sistema uma ponderação do valor público deles e, consequentemente, que o grau de proteção que lhes deve assistir juridicamente está na relação direta do comprometimento de tais bens com a satisfação de necessidades públicas, isto é: se há um regime próprio para os bens públicos, a razão de tal fato procede de neles se encarnar um interesse agraciado com um tratamento peculiar. A defesa de tais bens assume maior relevância em função do grau em que coparticipam do interesse em questão, donde assistir-lhes uma proteção jurídica correspondente; portanto, tanto mais acentuada quanto maior for a adscrição deles à satisfação de necessidades públicas. Isto posto, cabe indicar como conclusão deste tópico: “Nas relações controvertidas incidentes sobre bens públicos, se as partes conflitantes perseguem interesses jurídicos do mesmo nível, prepondera a proteção incidente sobre o bem público, quando o grau de adscrição dele à satisfação de um interesse coletivo atual se sedia nas escalas em que é mais elevado seu comprometimento com a realização imediata de uma necessidade pública.” III – Relacionamento das pessoas públicas de capacidade política. Ao prever tríplice ordem de pessoas jurídicas de capacidade política – União, Estados e Municípios –, o sistema constitucional brasileiro previu, como é natural, uma discriminação de competências, expressada fundamentalmente nos arts. 8º, 13 e 15. Cada qual deve, em convívio harmônico – condição de sua coexistência e, portanto, de atendimento ao modelo constitucionalmente previsto –, prosseguir os objetivos de sua alçada sem penetração, interferência ou sacrifício dos interesses atinentes a outra pessoa de capacidade política. Com efeito: a realização dos objetivos globais resulta da satisfação e do entrosamento dos objetivos parciais de cada qual, circunstância esta que decorre diretamente da própria distribuição de competências. É bem de ver que correspondendo-lhes interesses de diversa amplitude, posto que os dos Municípios são de menor abrangência e os da União os de abrangência maior situando-se os estaduais em escala intermediária, podem ocorrer não apenas zonas tangenciais, mas, inclusive, de fricção e até mesmo de eventual confrontação de interesses. Em casos que tais, a regra a ser extraída do conjunto do sistema, por força, haverá de ser o da prevalência dos interesses de abrangência mais compreensiva, efetivada, contudo, na estrita medida em que a preponderância afirmada seja condição insuprimível da realização das competências prevalentes, previstas no sistema, isto é, sua preponderância só pode ser admitida quando se trate de implementar função que haja sido deferida constitucionalmente. Em rigor, nas hipóteses deste gênero, não há contração da esfera de competência da pessoa responsável por interesses públicos de menor amplitude. O que ocorre é que a própria esfera de competência desta, a priori, tem seu âmbito definido até os limites da compatibilização com os interesses de abrangência maior. O entrechoque ocorrido não é um conflito de interesses juridicamente equivalentes confrontados com igual ponderação no sistema. Um dos interesses – aquele que cede – verga-se precisamente por não mais se poder considerá-lo confinado ao âmbito de expressão própria e impetrável que lhe é pertinente. No entanto, cumpre atentar para o fato de que dita preponderância só é legítima enquanto adstrita aos limites do indispensável, isto é, de maneira a causar o menor ônus possível ao interesse que é subjugado. Toda demasia corresponde a um ultrapassar de fronteiras e, por isso mesmo, a um extravasamento da própria competência em detrimento de competência alheia. Em face do exposto, pretende-se que, do ponto de vista da lógica da ordenação jurídica, inexistem conflitos reais de direitos. Este são logicamente impossíveis. Podem ocorrer, isto sim, conflitos de interesses resolvidos sempre pelo declínio daquele que não estiver esforçado em proteção jurídica vigorante na hipótese conflitiva. Assim como o Direito é um todo harmônico, a harmonia das pessoas jurídicas de capacidade política é um princípio cardeal de nosso sistema constitucional. Tendo-se em conta que todas elas são, por força da Lei Maior, titulares de interesses públicos, seu equilibrado entrosamento e pacífico convívio é valor preservável por todos os títulos e condição insuprimível da realização do interesse público globalmente considerado. Os legisladores da Carta Magna brasileira, tal como vem sucedendo ao longo de nossa tradição jurídica, estiveram atentos para a reiteração deste princípio. Assim, o art. 9º do texto constitucional expressamente consagra um princípio de recíproco respeito e coexistência harmônica ao dispor: “À União, Estados e Municípios é verdade: I – criar distinções entre brasileiros ou preferências em favor de uma dessas pessoas de Direito Público interno contra outra;...” O art. 19 veda à União, aos Estados e aos Municípios, no inciso II, a: “instituir imposto sobre o patrimônio, a renda ou os serviços uns dos outros.” O art. 20 estabelece: “É vedado: I – à União instituir tributo que não seja uniforme em todo o território nacional ou implique distinção ou preferência em relação a qualquer Estado ou Município em prejuízo de outro; [...]; III – aos Estados, ao Distrito Federal e aos Municípios estabelecer diferença tributária entre bens de qualquer natureza, em razão de sua procedência ou destino.” Os dispositivos indicados ressaltam o propósito constitucional de prevenir conflito entre as pessoas de capacidade política e assegurar em suas recíprocas relações um convívio harmonioso e equilibrado. Mesmo à falta dos artigos em questão, é óbvio que o princípio da harmonia entre elas teria por força que ser considerado uma inerência do ordenamento constitucional, na medida em que todas são partes de um sistema e previstas na Lei Maior como segmentos de um conjunto total. O pacífico convívio recíproco é uma exigência racional para compatibilização de suas funções e conjugação de suas atividades parciais na unidade do Estado federal brasileiro. Contudo, os dispositivos invocados realçam e explicitam a consagração deste equilíbrio nas matérias versadas, sem prejuízo da aplicabilidade ampla e irrestrita do princípio em causa. Importa assinalar que, nos respectivos níveis, isto é, Estados perante Estados e Municípios reciprocamente considerados, estão juridicamente colocados em equilíbrio perfeito, em igualdade completa. Há, por força de todo o considerado, um integral nivelamento jurídico entre eles. De conseguinte, as prerrogativas públicas que lhes assistem em relação aos administrados não podem, em princípio, ser reciprocamente opostas, dado o absoluto em que o Direito os coloca. Para que proceda tal invocação, cumpre que o interesse afetado pela pretensão não se relacione diretamente com a atividade pública da pessoa contra a qual é invocada. Se assim não fora, ter-se-ia que admitir, ilogicamente, que um interesse público – como tal consagrado no sistema normativo – poderia ser perturbado ou sacrificado desde que o autor do dano ao valor prestigiado fosse outra pessoa pública de capacidade política. Tal conclusão sobre ser transparentemente sem sentido e desapoiada por qualquer regra de Direito implicaria, ainda, a implícita proclamação de efeitos ablatórios de dois princípios já encarecidos: o da convivência harmônica dos interesses públicos das diversas pessoas políticas, resultante da discriminação constitucional de competências, e a do equilíbrio dos interesses das pessoas públicas do mesmo nível (Estados perante Estado e Municípios perante Municípios). Em face dos enunciados anteriores, resulta como conclusão deste tópico: “Por inexistir desequilíbrio jurídico entre as pessoas políticas do mesmo nível constitucional uma não pode opor à outra suas prerrogativas de autoridade se tal proceder acarretar interferência em interesse público a cargo daquela contra a qual se pretenda invocar um poder de supremacia.” IV – Ao lume das considerações e conclusões dos tópicos anteriores, versemos, agora, o caso concreto sub consulta, conjugando os pontos já afirmados em exame teórico mais amplo com os dispositivos proximamente ligados ao tema, isto é, os previstos no Decreto-lei 3.365, de 21.06.3941, que mais diretamente estejam relacionados com o problema em causa. O art. 2º do referido diploma estatui: “Mediante declaração de utilidade pública, todos os bens poderão ser desapropriados, pela União, pelos Estado, Municípios, Distrito Federal e Territórios.” Já o § 2º do mesmo artigo cogita especificamente da desapropriação de bens públicos, ao estabelecer: “Os bens do domínio dos Estados, Municípios, Distrito Federal e Territórios poderão ser desapropriados pela União, e os dos Municípios pelos Estados, mas, em qualquer caso, ao ato deverá preceder autorização legislativa.” Como se vê, foi estabelecida uma gradação no exercício do poder expropriatório, donde se haverá de deduzir que, implicitamente, é vedado o exercício de poder expropriatório em sentido inverso ao previsto. Para solver a dúvida, hipoteticamente, são concebíveis, desde logo, duas soluções extremas e opostas, isto é, uma que admitisse irrestritamente o exercício de desapropriação, em casos que tais, e outra que o rejeitasse radicalmente. Em abono da primeira, poder-se-ia carrear a seguinte argumentação: Dispondo o art. 2º da lei expropriatória, em seu caput, que todos os bens são suscetíveis de desapropriação, ressalvado o óbice decorrente do § 2º do artigo – o qual obsta desapropriação em sentido contrário ao escalonamento previsto –, estaria genericamente franqueado às entidades públicas ali relacionadas o exercício do poder expropriatório. Em face disto, Estados poderiam desapropriar bens estaduais e Municípios bens municipais, sendo conatural a eles o exercício de todos os poderes dentro de seus territórios. A segunda interpretação, oposta à anterior, estribar-se-ia- em que o art. 2º, caput, enunciou a regra relativa aos bens em geral, havendo, contudo, regra específica no concernente aos bens públicos: exatamente a do § 2º do mesmo dispositivo. Donde, fora das hipóteses neste previstas, nenhuma desapropriação de bem público seria tolerável, isto é, havendo o citado § 2º do art. 2º indicado quem poderia desapropriar o que em matéria de bens públicos, não existiria arrimo jurídico para exercê-la além dos casos contemplados, donde constituir-se em infringência a ela o exercício da desapropriação à margem de sua enunciação. E, ainda mais: a primeira interpretação levaria a admitir posições definitivamente inconciliáveis com a própria racionalidade do sistema jurídico. Isto porque presumiria a existência de uma supremacia entre pessoas do mesmo nível constitucional quando, em rigor, faltaria qualquer calço para o exercício de poderes de autoridade de umas sobre outras, dado o nivelamento jurídico de ambos. Sobre mais – o que é especialmente grave –, dita interpretação desconheceria o princípio do entrosamento harmônico das pessoas em causa, estabelecendo conflitos entre elas, o que, justamente, é indesejado pelo próprio sistema constitucional, atento em prevenir desentendimentos e preordenado a fixar nivelamento e harmonia entre elas. Finalmente, incidiria no equívoco de desconhecer que conflitos desta ordem, só por si, deslocam o âmbito de interesses contrapostos; isto é, estes deixariam de ser problemas estritamente municipais ou estaduais para se converterem em problemas intermunicipais ou interestaduais, donde serem solúveis, apenas, em nível supra municipal e supra estadual, ou seja: por se haver transcendido o âmbito restrito de interesses de cada pessoa, na medida em que é gerado contraste de interesse de duas pessoas públicas diversas, coloca-se ipso facto em jogo problema que desborda os interesses puramente interiores de cada área. Diante disto, só Estados, onde se compõem e integram os interesses intermunicipais, e União, onde se integram interesses interestaduais, poderiam promover-lhes a integração, solvendo o contraste de interesses. Em suma, a primeira linha interpretativa incorreria nos seguintes equívocos: a) atribuir ao caput do art. 2º uma abrangência e significação totalmente estranha a seus propósitos, dado que sem objetivo manifesto teria sido o de indicar a possibilidade de expropriar bens móveis, imóveis, fungíveis, infungíveis e direitos, isto é, teria se preordenado a fixar a amplitude dos objetos expropriáveis pelas pessoas referidas. A distinção entre bens públicos e bens particulares não estaria em causa, por se tratar de discrímen estabelecido em função de seus proprietários e não do próprio objeto – este sim cogitado na cabeça do dispositivo; b) ignorar que o tratamento da expropriabilidade dos bens públicos foi objeto de regra específica (a do § 2º), donde ser inassimilável sua situação à dos demais bens cogitados no caput do artigo. Daí a impossibilidade de ser exercida fora da enunciação ali prevista; c) presumir a existência da possibilidade do exercício de poderes de supremacia por uma pessoa pública sobre outra do mesmo nível constitucional, para o que inexistiria qualquer base jurídica, havendo, pelo contrário, princípio constitucional em sentido oposto; d) adotar critério interpretativo afrontoso ao princípio constitucional da harmonia das pessoas políticas, por propugnar solução que levaria à confrontação jurídica direta destas pessoas; e) desconhecer que o contraste de interesses entre Municípios é problema intermunicipal – e, por conseguinte, a ser solúvel em nível estadual – e que a oposição de interesses entre Estados é problema supra estadual e, por isso, resolúvel em nível federal, ou seja: só Estados e União, respectivamente, poderiam declarar a utilidade pública de tais bens quando conflitantes os interesses de pessoas que lhes sejam inferiores. Certamente, a primeira solução proposta defronta obstáculos jurídicos insuperáveis, pois os argumentos que lhe são opostos evidenciam a inadmissibilidade de um irrestrito poder expropriatório de Estados sobre bens de outro Estado e de Municípios sobre bens de outros Municípios, sitos nos territórios dos eventuais expropriantes. Com efeito, incorre em críticas irrespondíveis que infirmam sua frágil sustentação. Trata-se de solução simplista, baseada em interpretação literal até certo ponto ingênua e que, sem dúvida, afronta princípios constitucionais por ignorá-los, fazendo tabula rasa de sua existência e irrefragável supremacia, esquecida de que todo labor interpretativo deve ser comandado pela acomodação a normas superiores. A segunda solução, conquanto bem mais e com esteios fincados no Direito Constitucional – matriz do instituto da desapropriação – peca pelo radicalismo, indo mais além do que o necessário para preservar os valores que encontra insculpidos na ordenação constitucional, ao negar radicalmente qualquer possibilidade expropriatória nas hipóteses sub examine. A procedência de seus argumentos descansa em um pressuposto subjacente, dado como implícito em todos os casos, a saber: que os interesses suscetíveis de serem afetados pela eventual atividade expropriatória sejam sempre ligados diretamente à satisfação de uma necessidade pública da pessoa contra a qual se levantasse a espada da desapropriação, isto é, supõe que, em qualquer hipótese, a ameaça se propõe contra um interesse público pertinente ao eventual sujeito passivo. Entendemos que a correta resolução do problema só pode ser alcançada a partir das conclusões enunciadas ao cabo do exame dos tópicos anteriores. Ditas conclusões são, a nosso ver, as premissas, para o adequado equacionamento da questão. A partir delas, poder-se-á existir a conclusão final, o deslinde do problema em foco. Recordemo-las: “A desapropriação supõe a invocação de interesse uma pessoa pública (necessidade, utilidade pública ou interesse social) superior ao de outra pessoa, cujos interesses sejam qualificados pela ordem jurídica como de menor relevância ou abrangência e por isso mesmo sobrepujáveis pelo expropriante.” “Nas relações contravertidas, incidentes sobre bens públicos, quando as partes conflitantes perseguem interesses jurídicos do mesmo nível, prepondera a proteção incidente sobre o bem público sempre que o grau de adscrição dele à satisfação de um interesse coletivo atual se sedia nas escalas em que é mais elevado seu comprometimento com a realização imediata de uma necessidade pública.” “Por inexistir desequilíbrio jurídico entre as pessoas políticas do mesmo nível constitucional, uma não pode opor a outra suas prerrogativas de autoridade se tal proceder acarretar interferência em interesse público a cargo daquela contra a qual se pretenda invocar um poder de supremacia.” As conclusões em apreço foram devidamente justificadas nos tópicos anteriores. Façamos, pois, sua aplicação ao problema da desapropriação recíproca de bens, entre Estados e entre Municípios. Efetivamente, é intolerável o exercício da desapropriação de bem estadual por outro Estado ou bem Municipal por outro Município quando os interesses postos em entrechoque são ambos interesses públicos. Em razão do equilíbrio jurídico deles, o pretendido expropriante não tem em seu favor a maior abrangência ou relevância de interesse que o torne sobrepujante, para servir-lhe de causa do ato expropriatório. Como o instituto da desapropriação se calça precisamente na desigualdade dos interesses confrontados, à falta dela, falece o próprio suporte do instituto. Ora, se a satisfação de necessidades públicas de um Município (ou de um Estado) é juridicamente tão valiosa quanto a satisfação de necessidades públicas de outro Município (ou de outro Estado), nenhum pode invocar em seu favor utilidade ou necessidade com força preponderante, suscetível de sobrepujar coativamente, por via expropriatória, o interesse de outro. Reversamente, se o bem atingido não estiver preposto à satisfação de uma necessidade pública, por força não se põe em causa o nivelamento de interesses, pois, em tal hipótese, ocorrerá a confrontação de um interesse público primário com interesse meramente patrimonial de outra pessoa. Neste caso, não comparecerá o óbice mencionado, franqueando-se o exercício do poder expropriatório. Outrossim, se o bem público a ser atingido está adscrito à satisfação de uma necessidade pública atual, isto é, comprometido com a realização de um interesse relevante da coletividade, tal como sucede com os bens públicos prepostos aos níveis de mais intensa vinculação ao implemento de fins públicos – dentro do que sugere a classificação do Código Civil (LGL\2002\400) –, evidentemente a proteção que o resguardo haverá de prevalecer contra a pretensão expropriatória de pessoa que persegue interesses dos mesmo nível. Isto porque a proteção a tais bens significa, em última análise, conforme aliás se depreende da própria sistematização deles, proteção aos fins a que se destinam. O que a ordem jurídica consagra, por via do regime especial a que se submetem, é a rigorosa defesa dos interesses que por meio deles se viabilizam. Donde descaber elisão da disciplina que os ampara sempre que esta signifique comprometimento de mencionados interesses ou interferência neles. Prepondera o regime protetor se a contraposição de interesses se sedia no mesmo escalão jurídico. Diversamente, se a pretensão incide sobre bem público não afetado à satisfação direta de uma necessidade ou utilidade pública – como ocorre no caso extremo dos bens dominicais, possuídos à moda de qualquer prioritário, como simples patrimônio de uma pessoa pública –, não mais comparece razão para se obstar uma satisfação pública do eventual expropriante. Esta não teria por que paralisar-se em face de um interesse secundário (conforme terminologia de Carnelutti) de outra pessoa pública. Em tal caso, deixaria de existir o nivelamento jurídico de interesses, por causa do caráter meramente patrimonial ou puramente incidental da propriedade, por isso mesmo, conversível em outra sem dano ou prejuízo algum para os interesses específicos da pessoa pública atingida. Finalmente, é inadmissível, em face do equilíbrio e da harmonia das pessoas sediadas no mesmo nível constitucional, que uma invoque prerrogativa de autoridade, supremacia sobre outra, para afetar interesse da mesma qualidade, da mesma gradação de igual qualificação jurídica. Só há supremacia quando a esfera jurídica de alguém incorpore valores a que o Direito atribuiu qualificação prioritária. Em face disto, não há como irrogar-se o exercício de poder expropriatório em hipóteses deste jaez. Pelo contrário, se as pessoas se apresentam em plano desnivelado, isto é, uma, enquanto responsável pela condução de suas específicas finalidades públicas, e outra alheia à posição de realizadora de seus interesses próprios ou como titular de bem cujo sacrifício não envolve interferência naqueles interesses prioritários, desaparece o equilíbrio jurídico de ambas, liberando a força expropriatória de quem, então sim, contrapõe interesses prevalentes e, por isso mesmo, justificadores de uma supremacia. Efetivamente, o princípio da harmonia entre as pessoas do mesmo nível constitucional, o entrosamento pacífico delas, o equilíbrio de interesses recíprocos, estão ligados indissoluvelmente à posição destas pessoas no sistema. Existe, por certo. É inquestionavelmente correta sua afirmação. Cumpre, todavia, entendê-los em sua significação precisa. Justamente por estarem ligados à qualidade dos sujeitos, têm presença quando tais sujeitos se encontram se manifestando como tal, isto é, como titulares dos interesses públicos, portanto, na qualidade que lhes é própria. Daí que não se põe o problema de conflito indesejado, de desarmonia, de desnível, sempre que estas pessoas comparecem desligadas de sua missão natural. Em tais situações, por faltar o substrato dignificador de sua posição jurídica, desvanece a proteção jurídica peculiar que lhes é própria. Inversamente, sempre que estejam postos em causa interesses correspondentes à sua função, assiste-lhes o integral resguardo que o sistema constitucional e legal lhes defere. Por isso, só há, em rigor, problema interestadual ou intermunicipal conflitivo, quando interesses públicos de ambos se entrechoquem. Como indubitavelmente interesses desta natureza podem muitas vezes se projetar além do território de cada qual, ocorre que as soluções dos eventuais conflitos dependem da interferência das pessoas políticas em cujo âmbito se compõem os interesses respectivos das partes em oposição Firmados todos os pontos que nos parecem relevantes para a solução do caso sub consulta, seu deslinde apresenta-se simples e natural, como fruto espontâneo da aplicação dos princípios assinalados e critérios deles deduzidos. A Prefeitura Municipal de Vinhedo propõe-se a desapropriar um bem público municipal de Valinhos, antigamente denominado Adutora de Rocinha e atualmente nomeado Adutora João Antunes dos Santos, parcialmente situado no Município de Vinhedo. Trata-se de um complexo abrangente das instalações, dutos, edificações auxiliares e área circunjacente, compreensiva das matas protetoras dos mananciais contra contaminação, poluição e redução da vazão. Insere-se, pois, no sistema de captação e derivação de água para o Município de Valinhos, sistema este que, em seu conjunto, está parcialmente em outro, conforme a exposição que precede a consulta e os documentos a ela anexados. Pondo de parte outros vícios de que padece o ato em questão — e mais além referidos — a pretensão expropriatória ressente-se de defeito insanável. O Município de Vinhedo não pode desapropriar o bem em questão, visto se tratar de coisa pública imediatamente adscrita à satisfação de uma utilidade e até, mais que isso, de uma necessidade pública de Valinhos: o abastecimento de água. Corresponde a uma investida contra interesse público – e fundamental – de outro Município. A lei expropriatória não dá ao pretendido expropriante assistência para o exercício dos poderes que deseja deflagrar, visto que seu ato põe em xeque interesse público de outra entidade política do mesmo nível, sobre a qual, em consequência, não dispõe de supremacia, dado o equilíbrio jurídico dos interesses confrontados, circunstância que, de um lado, gera conflito intermunicipal, solúvel apenas no âmbito no âmbito estadual, e, de outro, conduz à violação do convívio harmônico e pacífico das pessoas políticas, requerido pelo sistema constitucional. Os óbices à desapropriação resultam tanto da ofensa aos princípios constitucionais preservadores da harmonia e da posição nivelada das pessoas políticas responsáveis por interesses da mesma gradação quanto da ausência de assentamento legal para o ato, vez que o Decreto-lei 3.365 faculta aos Municípios desapropriar bens sobre os quais possam manifestar supremacia. O silêncio do Decreto-lei 3.365 sobre desapropriação de bens municipais por outro Município (e bens estaduais por outro Estado) não pode ser interpretado como implícita autorização irrestrita, pretensamente deduzível do caput do art. 2º. Antes, deste só poderá decorrer a permissibilidade expropriatória — conatural ao exercício de supremacia no próprio território — nas situações parificáveis ou análogas àquelas em que tal poder se desencadeia contra os particulares; ou seja: quando se confrontam interesses de natureza diversa, de qualidade distinta. Nunca quando se opõem interesses juridicamente qualificados em posição isonômica no sistema normativo. Finalmente, o ato em questão tem visíveis ressaibos de uma guerra entre Municípios, de uma batalha inglória, desapoiada no interesse público, único que pode legitimamente desencadear ação governamental. Vicia-se, pois, ainda, por esta segunda invalidade, já que nos termos da exposição que precede a consulta o Município de Vinhedo se abastece de água em outra fonte, as águas do Rio Capivari, bombeadas apenas uma vez por semana, o que demonstra a desnecessidade de interferir com as vias de abastecimento de Valinhos, indispensáveis à população deste último Município. Eis, pois, que o ato em apreço, sobre não ter causa jurídica válida, ainda afronta, pela guerra que se propõe a fazer a um Município vizinho, o princípio constitucional que reclama imperativamente a convivência harmoniosa das pessoas políticas. Além dos mais, a ausência de menção, na declaração de utilidade pública, da finalidade da expropriação, sobre invalidá-la pela inexistência de um requisito essencial, reforça os indícios de que se trata de procedimento inquinado de desvio de poder, cujo propósito, mais do que dissimulado, foi inclusive omitido. Com efeito, já em outra oportunidade deixamos escrito: “Da declaração de utilidade pública devem constar: a) manifestação pública da vontade de submeter o bem à força expropriatória; b) fundamento legal em que se embasa o poder expropriante; c) destinação específica a ser dada ao bem; d) identificação do bem ser expropriado.” (Apontamentos sobre a desapropriação no Direito brasileiro. In: RDA 111/517-518) As exigências mencionadas, ausentes no ato da Municipalidade de Vinhedo, são indispensáveis, pois a desapropriação funda-se em hipóteses legais definidas pela legislação federal como configuradoras dos casos de utilidade pública ou interesse social. Fora delas, descabe o exercício do poder expropriatório. Logo, para que se saiba se há, ou não, arrimo jurídico para desencadeá-lo, é mister indicar o assento normativo do ato. Oliveira Franco Sobrinho, o ilustre catedrático de Direito Administrativo da Universidade Federal do Paraná, expende ao propósito considerações corretíssimas: “...a lei silencia sobre os termos da declaração de utilidade. Mas nada era preciso dizer, pois está subentendido que a qualificação do objeto se deve enquadrar nas espécies – casos apontados no art. 5º “...A própria lei que autoriza cada operação expropriatória deve não só obedecer aos padrões constitucionais, como à legislação pertinente à matéria. Assim, a lei que autorize o exercício da desapropriação deve obedecer à lei nacional reguladora do instituto “...Efetivamente, pelo seu fundamento político, jurídico, teórico e normativo, na declaração se devem conter os requisitos e as condições que a autorizam.” (Desapropriação. São Paulo: Saraiva, 1973. p. 231) Também Hely Lopes Meirelles registra que: “O ato expropriatório não contém qual norma; contém unicamente a individualização do bem a ser transferido para o domínio do expropriante e a indicação do motivo da desapropriação” (Direito Administrativo Brasileiro. 2. ed. São Paulo: RT, 1966. p. 499). Com efeito, como a desapropriação só se legitima quando arrimada nas hipóteses legais, a declaração, que é seu ato inicial indispensável, sequer adquire consistência jurídica se não enuncia em que hipótese se estriba. Esta é condição óbvia para se verificar quer a existência de um amparo normativo em tese quer um grau mínimo (isto é, de subsistência lógica, de admissibilidade racional) de legítimo interesse sobre o bem, que sirva de motivo idôneo para pretendê-lo. Caso se desprezassem tais requisitos, a lei federal não precisaria indicar quando seria cabível a desapropriação. Outrossim, se não se der aos casos enunciados na lei uma significação mínima, isto é, um conteúdo qualquer correlacionável com as realidades concretas em que se aplicam, a enunciação legal também não significaria coisa alguma, podendo servir como mero pretexto para o expropriante. Seria, rigorosamente falando, um cheque em branco utilizável ao sabor do expropriante liberado de qualquer compromisso com o interesse público. Por derradeiro, seja dito que a circunstância do ato da Municipalidade de Vinhedo provir de seu Legislativo não lhe confere qualificação peculiar que purgue seus vícios ou a exima de contraste judicial, pois, como anota o preclaro Seabra Fagundes, a propósito da matéria: “Observe-se que, não obstante a intervenção do Poder Legislativo, a declaração é sempre um ato de natureza administrativa, por isso que se limita a definir uma situação individual. A intervenção do Legislativo não lhe dá o caráter de lei. Ele intervém aí no desempenho atribuição de conteúdo puramente administrativo” (Da Desapropriação no Direito Brasileiro. Rio de Janeiro: Freitas Bastos, 1942. p. 66.). No mesmo sentido, Hely Lopes Meirelles: “A lei que declara a utilidade pública de um bem não é normativa é essencialmente dispositiva e de caráter individual. É lei de efeito concreto equiparável ao ato administrativo, razão pela qual pode ser atacada e invalidada pelo Judiciário, desde a sua promulgação e independentemente de qualquer atividade de execução, porque ela já traz em si as consequências administrativas do decreto expropriatório.” ([sic] Op. cit., p. 499) Isto tudo posto e considerado – e ainda que prescindidos os vícios postremeiramente enumerados –, à consulta não hesitamos em responder: O Município de Vinhedo não pode desapropriar a Adutora Municipal João Rodrigues dos Santos, pena de ofensa às normas legais que regem o instituto e aos princípios constitucionais que informam a possibilidade do exercício de poder expropriatório. É o nosso parecer.
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