Journal articles on the topic 'Malattie complesse'

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Franceschi, Claudio, Paolo Pauletto, Raffaele A. Incalzi, and Leonardo M. Fabbri. "Invecchiamento, infiammazione sistemica e malattie croniche complesse." Italian Journal of Medicine 5, no. 1 (March 2011): 3–13. http://dx.doi.org/10.1016/j.itjm.2011.01.003.

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2

Bompiani, Adriano. "Genomica funzionale e proteomica: recenti sviluppi della ricerca nelle malattie poligeniche e considerazioni etiche." Medicina e Morale 52, no. 5 (October 31, 2003): 797–840. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.661.

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Abstract:
L’autore compie una rassegna anzitutto delle metodiche che vengono ricomprese sotto le denominazioni di genomica funzionale e proteomica, ne illustra l’applicazione per la migliore conoscenza delle malattie poligenichemultifattoriali e pertanto complesse a larga diffusione (più dell’1% della popolazione adulta) e causa di elevata morbillità e mortalità. Le possibilità offerte dei DNA-microarrays nell’analisi dei polimorfismi dei nucleotidi, correlate alle potenzialità offerte dai supporti bioinformatici, caratterizzano la genetica che ha fatto seguito al sequenziamento del DNA, consentendo l’analisi dei “profili di espressione genica”.Lo sviluppo delle moderne tecniche di indagine sulle proteine permette, a sua volta, di riconoscere le proteine che sono correlate a stati morbosi attraverso loro livelli di espressione alterati se confrontati con quelli provenienti da soggetti sani. Queste linee di ricerca, appena al loro inizio, offrono certamente positivi giudizi se valutate sotto il profilo della conoscenza scientifica, ma non sono prive di rischi e riserve sotto il profilo etico. L’autore ne esamina i vari aspetti che riguardano sia la singola persona che la comunità: se - in casi ben circoscritti - possono stimolare comportamenti favorevoli alla prevenzione di malattie ad insorgenza tardiva, sono da paventarsi - sul piano culturale - forme di riduzionismo di natura sociobiologica, pericoli di discriminazione e soprattutto - in epoca prenatale - espressioni ancora più estese di quell’eugenismo che caratterizza negativamente la società contemporanea.
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3

Mancini, Elena, Anna Laura Chiocchini, Raffaella Rizzo, Laura Patregnani, and Antonio Santoro. "L'aferesi nelle Unità di Terapia Intensiva: la parola al Nefrologo." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 4_suppl (February 8, 2013): S49—S56. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1092.

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Abstract:
I trattamenti aferetici sono oggi rappresentati da un'ampia gamma di trattamenti extracorporei che possono avere indicazione in diverse patologie, che vanno dalle malattie immunologiche alla sepsi e dall'insufficienza epatica alla patologia tossicologica. In larga parte affidati ai Servizi Trasfusionali, perché programmabili e da ripetere a cadenze definite, questi trattamenti devono, però, essere eseguiti anche dai Centri Nefrologici, che devono garantirne la fattibilità in urgenza/emergenza, in condizioni che, in alcuni casi, sono con prognosi quoad vitam e, pertanto, in area intensivologica. D'altra parte, i Nefrologi hanno tutto il know how che consente loro di poter eseguire trattamenti di aferesi anche direttamente in area critica, dove è più facile che possano essere ricoverati pazienti che, a seguito della patologia di base (intossicazione, avvelenamento, epatite acuta, ecc.), sono in condizioni estremamente critiche e richiedono assistenza intensivologica per il supporto alle funzioni vitali (polmonare, cardiaca, ecc.). La plasmaferesi urgente è definibile come un trattamento aferetico che deve essere iniziato il prima possibile e comunque non oltre le 24–36 ore dopo la diagnosi, quando la vita del paziente è in pericolo e non esistono valide alternative terapeutiche. Oggi le apparecchiature per il trattamento extracorporeo dell'insufficienza renale acuta sono utilizzabili anche per eseguire trattamenti di plasma exchange classici. La grande dimestichezza tecnologica e la preparazione culturale di medici nefrologi e infermieri assicurano che i trattamenti aferetici siano eseguiti con grande competenza. Oggi, inoltre, il progresso tecnologico ha portato alla disponibilità di strumentazioni complesse che consen-tono di non sostituire più il plasma del paziente, bensì di trattarlo con apposite resine: tali modalità sono oggi applicate soprattutto nel campo della sepsi e dell'insufficienza epatica e dovrebbero, pertanto, essere nel ba-gaglio formativo del personale nefrologico di supporto all'area critica.
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4

Mortilla, M., A. Federico, and N. De Stefano. "Uso della risonanza magnetica spettroscopica del protone nello studio delle malattie della sostanza bianca cerebrale." Rivista di Neuroradiologia 13, no. 1 (February 2000): 71–80. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300113.

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Abstract:
La risonanza magnetica spettroscopica (MRS) è una tecnica non invasiva per la misura della concentrazione relativa di alcuni composti cerebrali. L'uso di questa tecnica nello studio delle malattie della materia bianca cerebrale ha apportato miglioramenti nella classificazione diagnostica e nelle misure relative all'andamento delle malattie. Un uso più estensivo delle tecniche di risonanza multimodale, comprendenti tomografia RM, spettroscopia ed altre modalità non convenzionali, dovrebbe quindi essere incoraggiato. Ciò permetterà una miglior comprensione della complessa dinamica dei cambiamenti patologici nelle malattie della sostanza bianca ed una più accurata valutazione della progressione e della risposta alla terapia della malattia stessa.
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5

Corsico, Alejandro, and Peter McGuffin. "Psychiatric genetics: recent advances and clinical implications." Epidemiology and Psychiatric Sciences 10, no. 4 (December 2001): 253–59. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000542x.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo – Presentare una rassegna sui progressi attuali e sulle prospettive future della psichiatria genetica. Metodi – Revisione degli studi che hanno dimostrato una influenza genetica su un'ampia gamma di disturbi psicopatologici, utilizzando ricerche sulle famiglie, sui gemelli e sulle adozioni, ed approfondimento dei metodi e dei limiti degli studi di genetica molecolare. Risultati – I disturbi relativi ad un singolo gene hanno costituito il settore più semplice per ottenere significativi progressi nelle conoscenze su disturbi quali la malattia di Huntington e la malattia familiare di Alzheimer in fase iniziale. Fenotipi complessi, quali la schizofrenia e il disturbo affettivo, hanno invece presentato maggiori difficolta, ma la malattia di Alzheimer e la dislessia sono esempi nei quali scoperte replicate di genetica molecolare suggeriscono ora che l'identificazione genetica e realizzabile anche per disturbi multifattoriali. Conclusioni – La combinazione della disponibilita di un maggior numero di informazioni sui genoma, insieme all'accessibilita ad esse attraverso Internet, fornisce gli strumenti essenziali per le ricerche sulla predisposizione genetica. Un altro requisito fondamentale per tentare di identificare i geni che provocano piccoli effetti e una ben caratterizzata raccolta, su larga scala, di casi. Cid richiede l'interazione tra epidemiologi e clinici. I progressi negli studi di genetica consentiranno anche di individualizzare la terapia farmacologica, tenendo conto della risposta terapeutica e degli effetti collaterali. Si spera che l'insieme di queste prospettive migliorera le nostre conoscenze sulla patogenesi neurobiologica di malattie come la schizofrenia, la depressione ed il disturbo bipolare, ‘legittimando’ queste malattie agli occhi del grande pubblico.
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Mancini, Elena, and Roberta Martina Zagarella. "Il concetto di “diagnosi fuzzy”: una applicazione alla malattia di Anderson-Fabry* / The concept of “fuzzy diagnosis”: an application to the Anderson-Fabry disease." Medicina e Morale 67, no. 5 (December 11, 2018): 507–24. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.554.

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Abstract:
Per garantire un’elevata affidabilità diagnostica, la classificazione tradizionale delle malattie si basa su due criteri fondamentali: la presenza di caratteristiche peculiari che identificano una malattia distinguendola dalle altre e l’individuazione delle cause o della correlazione multifattoriale. Questa concezione si basa su regole che rimandano ai principi della logica classica, la quale, tuttavia, non può considerarsi uno strumento adeguato in medicina. Essa potrebbe rivelarsi uno strumento utile di fronte a quelle manifestazioni della malattia “prototipiche”, ma non per molte patologie che si presentano come fenomeni complessi e incoerenti, ovvero caratterizzati, sul piano eziologico, da un insieme interrelato di possibili cause e fattori scatenanti e, sul piano clinico, da una elevata variabilità individuale. La diagnosi di tali malattie richiede una logica tramite la quale sia possibile categorizzare il mondo degli oggetti reali. L’articolo prende in esame la logica fuzzy come strumento per il ragionamento diagnostico, e in particolar modo i concetti di “fuzzy set” e “diagnosi fuzzy”, anche al fine di verificarne il possibile impiego nella diagnosi di una patologia rara ad eziologia complessa: la malattia di Anderson-Fabry. L’analisi svolta porta a soffermarsi sulla finalità pratica (e non conoscitiva) della diagnosi, che le conferisce una valenza etica. Muovendo da questa prospettiva, l’articolo propone, nell’ultima parte, alcuni criteri etici di orientamento nel complesso bilanciamento che il clinico effettua tra il rischio inerente alla formulazione di una ipotesi diagnostica di “tipo fuzzy” e i benefici per il paziente di una diagnosi precoce, soprattutto in considerazione della disponibilità di trattamenti farmacologici innovativi. ---------- To ensure high diagnostic reliability, the traditional classification of the diseases is based on two fundamental criteria: the presence of peculiar characteristics that identify a disease distinguishing it from the others; and the detection of causes or multifactorial correlation. This idea is based on rules that refer to the principles of classical logic, which however cannot be considered an appropriate tool in medicine. It may prove to be a useful tool in case of “prototypical” manifestations of a disease, but not for a lot of pathologies that appear as complex and inconsistent cases, or characterized (on the etiological plane) by an interrelation between possible causes and trigger factors, and (on the clinical plane) by an high individual variability. The diagnosis of such diseases requires a logic through which it is possible to categorize the world of real objects. The article examines the fuzzy logic as a tool for the diagnostic reasoning, and particularly the “fuzzy set” and “fuzzy diagnosis” concepts, in order to verify its possible use in the diagnosis of a rare disease with complex etiology: the Anderson-Fabry disease. Our analysis underlines the practical (and not theoretical) purpose of the diagnosis, which gives it an ethical value. From this point of view, the article suggests, in the last part, some ethical criteria in the balance carried out by the clinician between the risk concerning the formulation of a “fuzzy” diagnostic hypothesis and the advantages of an early diagnosis for the patients, especially considering the availability of innovative pharmacological treatments.
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Porcelli, Piero. "Sviluppi contemporanei della psicosomatica." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 3 (September 2012): 359–88. http://dx.doi.org/10.3280/pu2012-003002.

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Abstract:
Sulla base del concetto di peso relativo dei fattori biologici e psicologici, la psicosomatica puň essere concepita all'interno di due assi ortogonali di "malattia" e "personalitŕ". Le ultime ricerche sulla multifattorialitŕ delle malattie e sul rapporto gene-ambiente stanno evidenziando l'importanza dei fattori infantili di attaccamento e maltrattamento nella vulnerabilitŕ a diverse patologie mediche attraverso l'interazione con il sistema immunitario e i fattori proinfiammatori. Gli studi sulla personalitŕ hanno evidenziato che i fattori psicologici di vulnerabilitŕ alla somatizzazione possono esser presenti in modo trasversale in differenti patologie mediche e disturbi psicopatologici. Alcuni costrutti recenti, come l'alexithymia, tentano di spiegare fenomeni complessi quali il rapporto tra emozioni e sentimenti, i correlati neurobiologici delle emozioni, i percorsi evolutivi della mentalizzazione nascosti nella relazione madre-figlio.
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Magnavita, Nicola, Angelo Sacco, and Giuseppe De Lorenzo. "Bioetica clinica - Problemi etici nella diagnostica occupazionale." Medicina e Morale 45, no. 3 (June 30, 1996): 515–24. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.909.

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Abstract:
La diagnosi eziologica di malattia professionale riveste particolare importanza, in quanto non solo consente l’adozione di idonee misure preventive, terapeutiche ed assicurative a favore del paziente, ma anche di interventi migliorativi dell’ambiente di lavoro, il cui beneficio può essere goduto dall’insieme della comunità lavorativa. Per una corretta impostazione del rapporto costi/benefici, occorre che gli accertamenti diagnostici siano accuratamente pianificati. Nelle fasi di screening si deve avere cura di assicurare ai lavoratori le stesse condizioni di informazione e segretezza che si rispettano nella diagnostica generale. Nella più complessa diagnostica eziologica delle malattie professionali, la decisione circa il tipo e l’approfondimento degli esami deve essere presa caso per caso, tenendo conto, secondo un’ottica personalistica, delle condizioni del singolo paziente e del vantaggio che egli può ricavare dall’esame. Considerazioni etiche, legate al rispetto del paziente, indurranno a condotte diagnostiche differenziate in casi apparentemente simili. Allo scopo di esemplificare tale possibilità, vengono esposti due casi clinici.
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Severino, Paolo. "Il ruolo della certificazione in psichiatria: effetti iatrogeni e funzioni terapeutiche." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 2 (July 2011): 111–29. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2011-002009.

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Abstract:
L'articolo intende esaminare il problema della certificazione medica in generale e piů in particolare della certificazione psichiatrica e considerare il significato e la rilevanza di questa attivitŕ medica, le sue implicazioni psicologiche, giuridiche e sociali e il suo ruolo nell'ambito della cura. Un certificato puň accordare o negare importanti diritti all'individuo e avere nella vita del paziente una particolare rilevanza, influendo sul decorso della sua malattia, sulle sue scelte e sulla sua collocazione sociale. In analogia ad ogni altro atto medico, vengono considerati i potenziali rischi iatrogeni connessi alle certificazioni mediche. La proliferazione di richieste di certificazioni viene considerato come uno degli aspetti della generale medicalizzazione della vita che trasforma gli individui in potenziali pazienti finendo con il diminuire il livello di salute della societŕ nel suo complesso. Viene sostenuto il punto di vista che dietro la pratica della certificazione vi possono essere necessitŕ e rappresentazioni, spesso illusorie, di sicurezza e di difesa della comunitŕ da quanti mettono in pericolo l'ordine sociale. Viene quindi analizzata la peculiaritŕ della certificazioni in campo psichiatrico in relazione a problemi che riguardano la diagnosi e la prognosi delle malattie mentali, la mancanza di evidenti dati obiettivi, il linguaggio psichiatrico, il consenso alla certificazione e il contesto in cui si svolge la valutazione. Il lavoro arriva alla conclusione che č necessario che il medico, quando agisce con funzioni di tipo medico-legale, e lo psichiatra sviluppino una maggiore consapevolezza del potenziale iatrogeno e stigmatizzante della certificazione e degli scopi illusori che la societŕ sembra volergli attribuire, per affermare invece la sua funzione di strumento medico che integra gli atti strettamente tecnici della terapia, insostituibile nel far valere i diritti di persone che si possono trovare ad essere temporaneamente o cronicamente malate, privilegiando quelli che favoriscono l'autonomia e non la cronicitŕ e la dipendenza.
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Andreula, C. F. "Patologia della sostanza bianca." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 1_suppl (April 1992): 33–38. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s106.

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Abstract:
I reperti neuropatologici delle lesioni infiammatorie e infettive della sostanza bianca sono la distruzione della guaina mielinica con risparmio dei cilindrassi, il coinvolgimento eventuale degli oligodendrociti e la presenza di infiltrati perivascolari. L'indagine neuroradiologica avrà nella RM l'esame di prima scelta e tenderà a svelare la presenza di aree di sofferenza mielinica come lesioni dotate di alta densità protonica e lungo T2. Tali zone possono presentare lungo T1 dovuto ad edema concomitante o a grave distruzione mielinica. Indispensabile risulta il completamento dell'esame con la somministrazione di mezzo di contrasto per valutare lo stato della barriera ematoencefalica. In neuropediatria il rapporto di incidenza tra malattie infettive e sclerosi multipla si inverte a favore delle prime. L'eziopatogenesi infettiva determina la comparsa di lesioni encefalitiche a quasi esclusivo interessamento della sostanza bianca e a distribuzione non esclusiva. Tra le leucoencefaliti le più frequenti sono le forme immunomediate, ad aumento subacuto, la panenecefalite sclerosante subacuta, ad andamento cronico da virus morbilloso e le più rare forme di papova virus. Le forme immunomediate svelano frequentemente in anamnesi una banale malattia virale e per moventi patogenetici complessi determinano una leucoencefalite multifocale monofasica, con alterazione di barriera ematoencefalica transitoria e legata all'evento morboso. La forma cronica da morbillivus (PESS) per un difetto cronico della cellula ospite provoca una incompleta azione antigenica con persistenza nel tempo dell'infiammazione a predilezione per la sostanza bianca. Nella leucoencefalite multifocale progressiva da papova le aree di demielinizzazione sono diffuse, di varia dimensione e raramente con alterazione della barriera, per la localizzazione preferenziale del virus a carico degli oligodendrociti. La sclerosi multipla, di rara incidenza nell'infanzia (1%), non ha importanti variazioni rispetto al quadro dell'adulto. Scopo dell'indagine neuroradiologica è di rivelare l'eventuale presenza di placce attive, spia della multifasicità della malattia mediante studio col mezzo di contrasto paramagnetico.
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Corsano, Barbara, Dario Sacchini, Nicola Panocchia, and Antonio G. Spagnolo. "Dialisi nel fine vita: quando è eticamente giustificato desistere?" Medicina e Morale 71, no. 3 (November 3, 2022): 333–43. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2022.1215.

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Abstract:
Introduzione: la malattia renale cronica è una causa significativa di decesso. I malati che progrediscono verso la malattia renale allo stadio terminale spesso iniziano la dialisi come trattamento salva-vita. Esistono diverse questioni etiche relative alle decisioni di iniziare/non iniziare o mantenere/non prolungare la dialisi, in particolare per i pazienti con deficit cognitivo e comorbilità, dove la decisione diventa più complessa. Obiettivo: attraverso il caso di un paziente di 56 anni, affetto da cancro laringeo e insufficienza renale cronica end-stage in trattamento sostitutivo emodialitico trisettimanale – oltre che da altre comorbidità – si intendono approfondire gli aspetti etici connessi alla valutazione della proporzionalità e dell’appropriatezza etico-clinica del trattamento dialitico in pazienti che hanno una prognosi infausta “quoad vitam” a breve termine e presentano deficit cognitivo. Discussione: il trattamento dialitico, quale trattamento sostitutivo della funzione renale, sebbene abbia sempre una finalità palliativa e sia tecnicamente praticabile, in determinate circostanze potrebbe configurarsi come ostinazione irragionevole ed essere un penoso prolungamento del processo del morire. Conclusioni: nel valutare l’appropriatezza clinica e la proporzionalità del trattamento dialitico è stata importante una valutazione interdisciplinare e il coinvolgimento dei familiari che ha portato all’elaborazione di un documento condiviso di orientamento etico assistenziale. All’interno di tale documento sono stati individuati gli obiettivi di cura e ciò che rappresentava il miglior bene per il paziente.
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Colavero, Paolo. "Il corpo, lo spazio e il tempo. Note di metodo per una psicologia nei Servizi di Oncoematologia Pediatrica." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 3 (October 2022): 154–67. http://dx.doi.org/10.3280/pds2022-003012.

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Abstract:
Lo psicologo di Oncoematologia Pediatrica rappresenta una figura chiave nel complesso delle cure mediche che vengono portate avanti nelle Unità Operative Complesse. Il presente lavoro, dopo una breve descrizione della specificità dell'intervento psicologico rivolto alla soggettività e all'esperienza vissuta dei pazienti e dei familiari, discute della cura del contenito-re sanitario messo loro a disposizione. L'attenzione al contenitore e il rispetto dello stesso so-no fondamentali per la corretta fondazione e la tenuta dell'ambulatorio stesso e quindi per la gestione delle situazioni cliniche e la cura del "tempo sospeso" ospedaliero, temporalità propria dei pazienti e delle famiglie, che rappresenta un maker psicopatologico della condizione di fragilità dovuto alla malattia oncoematologica.
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Gabrielli, Giampietro. "La triade sanitaria riabilitativa nella malattia di Parkinson: fi sioterapia, logopedia, neuropsicologia." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 20–30. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002003.

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Abstract:
La malattia di Parkinson (MdP) è la più diffusa malattia neurodege- nerativa dopo la malattia Alzheimer, con un numero di casi destinati ad aumentare in futuro. È una malattia che presenta un quadro di sintomi complesso, che comprende aspetti motori e non motori, che possono influire molto negativamente sulla qualità di vita. Gli studi scientifici degli ultimi anni dimostrano che l'approccio multidisciplinare sia essenziale per il mantenimento ed il miglioramento delle funzioni più colpite dalla malattia. L'approccio multidisciplinare prevede la presenza di un team composto da neurologi, cardiologi, urologi, fisioterapisti, logopedisti, neuropsicologi, infermieri; il team necessita di un coordinatore che abbia conoscenze cliniche interdisciplinari per riuscire ad avere una visione globale del livello di salute del paziente e del suo intero nucleo familiare, il cui coinvolgimento è importante per il buon livello di recupero. Il coordinatore deve riuscire, inoltre, a distinguere sintomi strettamente legati alla malattia e sintomi causati da altre situazioni patologiche o disfunzionali, al fine di ottimizzare gli interventi terapeutici. La riabilitazione nella MdP si occupa della rieducazione neuromotoria, della terapia della voce e della deglutizione, delle funzioni cognitive e degli aspetti emotivi del paziente e dei familiari. Queste discipline non intervengono separatamente ma ne cessitano di un continuo interscambio, dando spazio alla componente riabilitativa più urgente rispetto ad altre.
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Trani, Antonio, Antonio Cardinale, and Pierluigi Antonino Cappiello. "La terapia dell’insufficienza venosa cronica." Cardiologia Ambulatoriale 29, no. 1 (May 30, 2021): 63–72. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-8.

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Abstract:
La malattia venosa cronica è una patologia ad altissima prevalenza nella popolazione generale, caratterizzata da andamento cronico e progressivo. Secondo la classificazione internazionale CEAP, viene differenziata in stadi di complessità e gravità crescenti, da C0 a C6. Si è soliti definire gli stadi iniziali C0-C2 nel loro complesso come malattia venosa cronica propriamente detta, mentre gli stadi avanzati C3-C6 definiscono più propriamente l’insufficienza venosa cronica. Senza un trattamento adeguato, la malattia venosa tende a peggiorare e progredire inevitabilmente verso gli stadi più avanzati, caratterizzati dalle ulcere venose. La causa iniziale e l’aggravamento progressivo sono sostenuti da stimoli infiammatori a carico della parete venosa e dei tessuti perivenosi, che provocano un danno strutturale di parete e delle valvole venose, conducendo all’ipertensione venosa e compromettendo la fisiologica funzione del ritorno venoso. In relazione allo stadio e alla severità, la malattia venosa cronica richiede tipologie di trattamento differenziate, sulla base dei sintomi e segni prevalenti, comprendenti l’utilizzo di farmaci venoattivi in associazione con tecniche interventistiche mininvasive e chirurgiche.
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Scolozzi, C. "Aspetti biomolecolari della malattia renale policistica (PKD)." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no. 4 (January 26, 2018): 92–94. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1182.

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Abstract:
La malattia renale policistica autosomica dominante (ADPKD) è la più comune malattia genetica renale, con incidenza stimata di fra 1:400 e 1:1.000 e causata da mutazioni genetiche di PKD1 (85%) o PKD2 (15%). La caratteristica principale di ADPKD è la presenza di cisti multiple piene di liquido che si ingrandiscono nel tempo. L'espansione e l'iniziazione delle cisti è un complesso processo caratterizzato da anomalie nella proliferazione cellulare, nella secrezione di fluidi, nella formazione della matrice extracellulare e nella polarità delle cellule. Attualmente le strategie terapeutiche maggiormente indagate sono tre: 1) riduzione del livello di cAMP; 2) inibizione della proliferazione cellulare; 3) riduzione della secrezione di fluidi nelle cisti.
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Ferrandes, Giovanna, and Paola Mandich. "Riflessioni sulla medicina predittiva e sulla necessitŕ di integrazione delle discipline: proposta di un modello di consulenza genetica integrata." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 3 (December 2012): 11–28. http://dx.doi.org/10.3280/pds2012-003002.

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Abstract:
"Chi sono?". E questa la domanda da sempre oggetto di riflessioni filosofiche nel corso dei secoli. Con l'avvento dell'analisi del DNA vi e stata una crescente attesa che la risposta si possa trovare nei nostri geni. Le nuove tecnologie hanno migliorato la diagnosi, la predizione e il trattamento di numerose malattie ereditarie. D'altra parte, l'entusiasmo per i possibili vantaggi derivanti dall'avanzamento della tecnologia deve essere bilanciato dalla valutazione rigorosa dell'utilita clinica, dal rapporto rischio-beneficio e dalle implicazioni etiche di tutti i test. Gli autori presentano il protocollo di consulenza genetica multidisciplinare per le malattie neurologiche ad insorgenza tardiva, sviluppato a Genova per i test pre-sintomatici, con lo scopo di aiutare le persone a rischio a decidere in base alle personali caratteristiche e scelte di vita e di prepararle a confrontarsi in modo costruttivo con il risultato del test. Il protocollo e caratterizzato dalla presenza contemporanea, durante l'intero iter di consulenza, del genetista e dello psicologo. Per le persone a rischio la decisione di effettuare il test genetico e complessa ed emotivamente impegnativa. Gli autori presentano due casi esemplificativi di questi percorsi.
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Bignamini, Angelo A. "La persona centro e misura di ogni sistema sanitario." Medicina e Morale 51, no. 1 (February 28, 2002): 81–99. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.713.

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Abstract:
L’organizzazione sanitaria è l’insieme delle strutture, funzioni e responsabilità che dovrebbe garantire l’adeguata gestione della sanità in un ambito definito. I soggetti coinvolti nel sistema sanitario sono le persone afferenti (sane e malate); gli operatori (medici e operatori sanitari non medici); l’ambito in cui esso viene attuato (società). Essa è quindi il punto di incontro di tre realtà eminentemente umane: la medicina, l’etica, la società. I requisiti per un’adeguata organizzazione sanitaria implicano perciò la coesistenza dei principi fondamentali della medicina, dell’etica, della convivenza sociale. La medicina pone al suo centro il bisogno dell’essere umano che incontra il limite ai propri diritti nativi alla vita (cioè la morte) e alla salvaguardia di salute e integrità (cioè la malattia). La convivenza sociale impone la ricerca di un equilibrio tra i bisogni di ciascuno e la capacità di risposta della collettività nel suo complesso, incluse anche le capacità spontanee di aggregazione e di servizio, secondo priorità dettate dalla natura del soggetto del bisogno (la persona umana malata) e non pregiudizialmente definiti dall’osservatore. L’etica tutela i diritti nativi del soggetto (quoad justum), quindi determina procedure coerenti con la natura di quanti implicati nella progettazione e gestione dell’organizzazione sanitaria. In un approccio bioetico ontologicamente fondato, i criteri primi sono quelli che si riferiscono ai soggetti autonomamente esistenti, quindi alle persone. Subordinati e dialoganti con questi sono i criteri secondi, cioè quelli relativi alle entità per sé non esistenti se non in dipendenza dell’essere dei soggetti autonomi: la società e, in ulteriore subordine, il “governo”, sia esso regionale, sia nazionale. Esistono visioni alternative, nelle quali i criteri principali sono invece quelli, di stampo illuminista, relativi alla “collettività”, allo “stato”, cui si debbono subordinare i singoli “individui”. Già l’utilizzo di “individuo” contrapposto a “persona” mette in luce come questo approccio sia ideologico (basato su ipotesi astratte definite a priori) anziché scientifico (basato sull’osservazione della realtà). I due approcci originano sistemi organizzativi della sanità contrapposti tra loro, con ruoli diversi anche per gli operatori e soprattutto per il medico. Nel modello illuminista di stato etico gli strumenti matematico-statistici e matematico- economicisti (DRG, EBM, linee guida) diventano gabbie interpretative (ideologiche) della realtà. Nel modello sociale tutti gli strumenti disponibili vengono impiegati come uno dei mezzi possibili, insieme a scienza, coscienza e compassione, per descrivere la complessa realtà della singola persona che si pone in relazione con il medico portando i propri bisogni di salute, espressi ed inespressi. Secondo la bioetica personalista il criterio giustificante di qualunque “sistema” e qualunque “organizzazione”, inclusa l’organizzazione della sanità, è il “bene” di tutti i soggetti (malati e operatori con pari dignità), che si manifesta nel rispetto dei loro diritti, primo fra tutti il diritto alla difesa di vita e integrità, alla salvaguardia della salute, al rispetto dei criteri morali e religiosi di ciascuno. In questo contesto la persona rimane l’elemento centrale di riferimento della “organizzazione”, il rispetto della natura della persona rimane la misura della sua validità, la possibilità del “bene” della persona resta il criterio di valore. Esperienze in atto con questa visione non sembra siano, peraltro, meno efficienti di quelle basate sulla visione opposta. In questo contesto il medico, essendo l’operatore più prossimo al soggetto, ha però anche la responsabilità di agire come difensore dei diritti del malato (funzione etica) nei confronti del sistema organizzativo, anziché essere semplicemente un “fornitore di servizi”, dato che la salute non può essere ricondotta a “prodotto” o “servizio”, né può comprimersi nella definizione di “cliente” o “utente” la persona malata.
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Fossaluzza, V. "Il dolore lombare: Inquadramento clinico." Rivista di Neuroradiologia 2, no. 1_suppl (February 1989): 15–20. http://dx.doi.org/10.1177/19714009890020s103.

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Abstract:
Il dolore lombare con o senza irradiazione sciatica rappresenta una entità complessa che coinvolge varie strutture anatomiche: le vertebre, i dischi intervertebrali, le articolazioni zigapofisarie, il periostio, i legamenti, i muscoli ed i nervi. Anche se le cause più importanti sono due: l'ernia discale e l'artrosi apofisaria, molte altre possono esserne responsabili: traumi, infezioni, artriti croniche, malattie metaboliche e tumori. Talvolta il dolore lombare è di origine viscerale. Una attenta anamnesi ed un accurato esame obiettivo unitamente ad una buona cultura internistica consentono la diagnosi clinica che puo trovare conferma nei test di laboratorio, nella elettromiografia e negli studi radiologici. Solo questo approccio garantirà la terapia razionale di una affezione assai comune.
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Stallone, G., B. Infante, and L. Gesualdo. "Malattia renale policistica autosomica dominante. Nuovi approcci terapeutici “Ottimisti per diritto”." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no. 3 (January 24, 2018): 48–54. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1233.

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Abstract:
La malattia renale policistica autosomica dominante (Autosomal Dominant Polycystic Kidney Disease, ADPKD), è la più comune forma di malattia renale cistica e rappresenta, nel mondo, la causa di terapia sostitutiva emodialitica nel 7–10% dei pazienti. Sono noti due tipi di malattia policistica: il tipo I è causato da mutazioni del gene PKD1, che codifica per la policistina-1, è la forma più diffusa e aggressiva e colpisce soggetti di età giovane; il tipo II è causato da mutazioni del gene PKD2 che codifica per la policistina-2 e rappresenta il 10–15% dei casi, a evoluzione più lenta. Clinicamente, le cisti si svilup-pano a livello renale, epatico, pancreatico e intestinale. Il dolore cronico, la chirurgia palliativa, l'insufficienza renale, la dialisi, il trapianto, come anche la morte, sono tutte conseguenze di questa malattia genetica che non ha ancora una terapia medica per rallentare o arrestare la sua progressione. Di grande interesse per il suo potenziale terapeutico, è la dimostrazione che la Policistina-1, formando un complesso con la tuberina (la proteina la cui mutazione causa la sclerosi tuberosa), agisce come un inibitore endogeno dell'attività del mammalian Target of Rapamycin (mTOR). Se mutato, come nell'ADPKD, tale meccanismo inibitorio viene compromesso e ciò favorirebbe lo sviluppo delle cisti. I recenti discordanti risultati di alcuni studi nell'uomo sull'uso di un inibitore di mTOR in pazienti affetti da ADPKD, possono generare interrogativi e confusione, ma diverse e molteplici possono essere le ragioni per cui tali studi hanno portato a conclusioni diverse fra di loro. A questo punto, è d'obbligo porsi l'interrogativo se questi risultati siano la fine o possano essere l'inizio di nuovi studi. Agli Autori piace considerare la seconda ipotesi, in quanto tutti gli studi di biologia molecolare, quelli preclinici, e su animali, hanno confermato la “bontà” del percorso intrapreso. Questa rassegna viene proposta per fare chiarezza sui risultati di tali studi e per dare una speranza concreta, secondo l'opinione degli Autori, sulla possibilità di riuscire a scoprire una cura per tale patologia.
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Yasin, Yamin, Maszlin Mohamad, Azlin Sanusi, and Ahmad Saat. "Optimization of Lead Removal from Aqueous Solution Using Intercalated Malate Mg-Al Layered Double Hydroxides." Advanced Materials Research 832 (November 2013): 665–69. http://dx.doi.org/10.4028/www.scientific.net/amr.832.665.

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Abstract:
Conventional optimization method was conducted for the removal of lead from aqueous solution by used of intercalated malate layered double hydroxides. The effects of various parameters such as contact time, amount of adsorbent dosage and the pH of the lead solution are studied. The extent of lead ions removal increased with the increased in contact time and amount of malate-Mg-Al used however, the percentage removal was decreased with the increased in concentration and pH. The fundamentals of lead removal from aqueous solution by used of malate-Mg-Al can be explained by the formation of complexes between the malate and Pb2+ ions. The results from this study indicated that layered double hydroxide intercalated with malate could be used as potential adsorbent for the removal of lead ions from aqueous solution.
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Zhang, Rong-Hua, Qi-Ming Hong, Jin-Mei Yang, Hua-Lin Zhang, G. Michael Blackburnb, and Zhao-Hui Zhou. "Syntheses, spectroscopies and structures of zinc complexes with malate." Inorganica Chimica Acta 362, no. 8 (June 2009): 2643–49. http://dx.doi.org/10.1016/j.ica.2008.12.001.

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Happel, Oliver, Klaus Harms, and Andreas Seubert. "Synthesis and Structural Characterization of Two Aluminium Malate Complexes." Zeitschrift für anorganische und allgemeine Chemie 633, no. 11-12 (September 2007): 1952–58. http://dx.doi.org/10.1002/zaac.200700241.

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McAlister-Henn, Lee, Michael Blaber, Ralph A. Bradshaw, and Steven J. Nisco. "Complete nucleotide sequence of theEscherichia coligene encoding malate dehydrogenase." Nucleic Acids Research 15, no. 12 (1987): 4993. http://dx.doi.org/10.1093/nar/15.12.4993.

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Minelli, Andrea, and Michael Di Palma. "Asse microbiota-intestino-cervello e neuroinfi ammazione nella patogenesi della malattia di Parkinson." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 31–44. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002004.

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Abstract:
Studi clinici ed epidemiologici indicano nella malattia infiammatoria intestinale (IBD) un fattore di rischio per la malattia di Parkinson (PD). Nell'intestino dei pazienti PD si osserva una cospicua presenza di cellule T CD4+ (Th1/Th17) che riconoscono specificamente auto-antigeni derivati dai corpi di Lewy, inducendo infiammazione locale, danno tissutale e ulteriore aggregazione di a-sinucleina. Dall'intestino, l'infiammazione T-mediata si estende al cervello, dove i corpi di Lewy arrivano migrando lungo il nervo vago e diffon- dono per via trans-neurale fino alla sostanza nera del mesencefalo, causando i fenomeni neurodegenerativi e le manifestazioni cliniche del PD. L'alterazione del microbiota intestinale, frequente nei sog- getti parkinsoniani, può anch'essa contribuire alla patogenesi del PD: mediatori prodotti dai batteri commensali, quali acidi grassi a catena corta e dopamina, possono infatti influenzare il compor- tamento dei linfociti T e innescare una risposta T-mediata verso i corpi di Lewy, inizialmente localizzata nella mucosa intestinale e poi estesa al cervello. In sintesi, evidenze molteplici compongono un quadro ipotetico innovativo che attribuisce la patogenesi del PD ad un complesso intreccio di fattori (infiammazione intestinale, alterazione del microbiota, neuroinfiammazione), in cui meccanismi di tipo autoimmunitario giocano un ruolo cruciale
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Malińska, Maura, Katarzyna N. Jarzembska, Anna M. Goral, Andrzej Kutner, Krzysztof Woźniak, and Paulina M. Dominiak. "Sunitinib: from charge-density studies to interaction with proteins." Acta Crystallographica Section D Biological Crystallography 70, no. 5 (April 29, 2014): 1257–70. http://dx.doi.org/10.1107/s1399004714002351.

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Abstract:
Protein kinases are targets for the treatment of a number of diseases. Sunitinib malate is a type I inhibitor of tyrosine kinases and was approved as a drug in 2006. This contribution constitutes the first comprehensive analysis of the crystal structures of sunitinib malate and of complexes of sunitinib with a series of protein kinases. The high-resolution single-crystal X-ray measurement and aspherical atom databank approach served as a basis for reconstruction of the charge-density distribution of sunitinib and its protein complexes. Hirshfeld surface and topological analyses revealed a similar interaction pattern in the sunitinib malate crystal structure to that in the protein binding pockets. Sunitinib forms nine preserved bond paths corresponding to hydrogen bonds and also to the C—H...O and C—H...π contacts common to the VEGRF2, CDK2, G2, KIT and IT kinases. In general, sunitinib interacts with the studied proteins with a similar electrostatic interaction energy and can adjust its conformation to fit the binding pocket in such a way as to enhance the electrostatic interactions,e.g.hydrogen bonds in ligand–kinase complexes. Such behaviour may be responsible for the broad spectrum of action of sunitinib as a kinase inhibitor.
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Faggi, Enrico, Raquel Gavara, Michael Bolte, Lluís Fajarí, Luís Juliá, Laura Rodríguez, and Ignacio Alfonso. "Copper(ii) complexes of macrocyclic and open-chain pseudopeptidic ligands: synthesis, characterization and interaction with dicarboxylates." Dalton Transactions 44, no. 28 (2015): 12700–12710. http://dx.doi.org/10.1039/c5dt01496d.

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Sallal, A. K. J., and N. A. Nimer. "The Presence of Malate Dehydrogenase in Thylakoids of Anabaena cylindrical Nostoc muscorum and Chlorogloeopsis fritschii." Zeitschrift für Naturforschung C 45, no. 3-4 (April 1, 1990): 249–52. http://dx.doi.org/10.1515/znc-1990-3-418.

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Abstract:
Abstract The location of malate dehydrogenase in the cyanobacteria, Anabaena cylindrica, Nostoc muscorum and Chlorogloeopsis fritschii was investigated by the fractionation of cell-free extracts. The bulk of the enzyme activity was associated with the thylakoid membrane fraction, which also exhibited complete photosynthetic electron transport reactions. Malate dehydrogenase activity and photosystem II activities were inhibited by homologous antisera raised against isolated thylakoid membranes.
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Nagano, Mayumi, Akiko Hachiya, and Hiroshi Ashihara. "Phosphate Starvation and a Glycolytic Bypass Catalyzed by Phosphoenolpyruvate Carboxylase in Suspension-Cultured Catharanthus roseus Cells." Zeitschrift für Naturforschung C 49, no. 11-12 (December 1, 1994): 742–50. http://dx.doi.org/10.1515/znc-1994-11-1208.

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Abstract:
Pathways involved in the conversion of phosphoenolpyruvate (PEP) to pyruvate, the final step in glycolysis, were investigated after transfer of stationary-phase cells from suspension cultures of Catharanthus roseus to fresh complete or phosphate (Pi)-deficient Linsmaier and Skoog medium. In addition to pyruvate kinase (PK). enzymes that can function in an alternative pathway, namely, PEP carboxylase (PEPC), NAD-malate dehydrogenase and NAD-malic enzyme, were present in significant amounts in C. roseus cells. The activity of PEPC in Pi-starved cells was more than twice that in cells in the complete medium (Pi-fed cells), while that of PK in Pi-starved cells was lower than that in Pi-fed cells. No significant differences were observed in the levels of NAD-malate dehydrogenase and NAD-malic enzyme between these two types of cell. At cytosolic pH, the Km value of PEP (45 μᴍ ) for PEPC was lower than that for PK (100 (μᴍ). The activity of PEPC was inhibited by malate, citrate, aspartate and ATP. The activity of PK was also inhibited by ATP, but to a lesser extent. The cellular levels of PEP, adenylates and malate, which are substrates and effectors of PK and PEPC, in Pi-fed and Pi-starved cells suggest that the contribution of PEPC to the metabolism of PEP increased in Pi-starved cells in vivo. Evidence for operation of a bypass from malate to pyruvate in vivo was supported by the rapid release of 14CO2 from organic compounds derived from fixed NaH14CO3 and from [4-14C]malate.
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Toma, Matteo, Giulia Guglielmi, Gabriele Crimi, Italo Porto, and Pietro Ameri. "La stratificazione del rischio nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare e ipertensione polmonare cronica tromboembolica." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 2 (October 14, 2021): 123–30. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-2-5.

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Abstract:
La stratificazione del rischio nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (IAP) permette ai clinici di predire l’outcome e monitorare la progressione di malattia. Inoltre, risulta fondamentale per guidare le strategie di trattamento. Nell’ultimo decennio, numerosi score sono stati implementati per valutare il profilo di rischio dei pazienti con IAP e hanno dimostrato come il raggiungimento di un profilo di rischio basso sia associato ad una migliore sopravvivenza libera da trapianto a lungo termine. Ulteriori studi sono necessari per migliorare la valutazione del rischio, in particolare nei pazienti classificati come a rischio intermedio per i quali può risultare complesso effettuare delle scelte terapeutiche.
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Toma, Matteo, Giulia Guglielmi, Gabriele Crimi, Italo Porto, and Pietro Ameri. "La stratificazione del rischio nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare e ipertensione polmonare cronica tromboembolica." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 2 (October 14, 2021): 123–30. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-2-5.

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Abstract:
La stratificazione del rischio nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (IAP) permette ai clinici di predire l’outcome e monitorare la progressione di malattia. Inoltre, risulta fondamentale per guidare le strategie di trattamento. Nell’ultimo decennio, numerosi score sono stati implementati per valutare il profilo di rischio dei pazienti con IAP e hanno dimostrato come il raggiungimento di un profilo di rischio basso sia associato ad una migliore sopravvivenza libera da trapianto a lungo termine. Ulteriori studi sono necessari per migliorare la valutazione del rischio, in particolare nei pazienti classificati come a rischio intermedio per i quali può risultare complesso effettuare delle scelte terapeutiche.
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Gregorj, Chiara, Maria R. Ricciardi, Maria T. Petrucci, Maria C. Scerpa, Fabiana De Cave, Paola Fazi, Marco Vignetti, et al. "ERK1/2 phosphorylation is an independent predictor of complete remission in newly diagnosed adult acute lymphoblastic leukemia." Blood 109, no. 12 (June 15, 2007): 5473–76. http://dx.doi.org/10.1182/blood-2006-05-021071.

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Abstract:
Abstract Extracellular signal-regulated kinase-1/2 (ERK1/2) is frequently found constitutively activated (p-ERK1/2) in hematopoietic diseases, suggesting a role in leukemogenesis. The aim of this study was to assess the expression and clinical role of p-ERK1/2 in adult acute lymphoblastic leukemia (ALL). In 131 primary samples from adult de novo ALL patients enrolled in the Gruppo Italiano per le Malattie Ematologiche dell'Adulto (GIMEMA) Leucemia Acute Linfoide (LAL) 2000 protocol and evaluated by flow cytometry, constitutive ERK1/2 activation was found in 34.5% of cases; these results were significantly associated with higher white blood cell (WBC) values (P = .013). In a multivariate analysis, p-ERK1/2 expression was an independent predictor of complete remission achievement (P = .027). Effective approaches toward MEK inhibition need to be explored in order to evaluate whether this may represent a new therapeutic strategy for adult ALL patients.
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Fabbroni, Roberto, and Erika Calcei. "Cancro al seno: la TB-Tecnica Bioenergetica secondo il Metodo Summa Aurea® come supporto nella Terapia del Dolore e gestione dell’umore." Scienze Biofisiche 2, no. 1 (June 2021): 1–10. http://dx.doi.org/10.48274/ibi9.

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Abstract:
Lo scopo di questo articolo è quello di segnalare casi di interesse specifico che avvalorano l’utilizzo di tecniche o discipline Bionaturali che rientrano in quella che è definita la Medicina Integrativa Informazionale (MII) e nello specifico come la TB-Tecnica Bioenergetica secondo il Metodo Summa Aurea® può essere di aiuto in ambito oncologico. Tale Metodo sposta l’attenzione dalla malattia al paziente e alle sue necessità complessive di Benessere, in una visione unitaria che lo vede nell’insieme delle sue parti: corpo, mente e spirito (Energia-Informata).
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Lombardi, Marco, Stefano Michelassi, and Corrado Betterle. "Conoscerlo per riconoscerlo: morbo di Addison con sindrome poliendocrina autoimmune di Tipo 2." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 1 (March 19, 2013): 37–42. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1000.

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Abstract:
Viene presentato un caso clinico di iposurrenalismo da morbo di Addison primitivo sviluppatosi dopo alcuni anni dalla comparsa di un morbo di Graves. Tale combinazione rappresenta una poliendocrinopatia autoimmune di tipo 2 (SPA-2). La SPA-2 è un processo autoimmune che coinvolge più tessuti endocrini (surrene, tiroide, pancreas) e non endocrini. Si ritiene che la sindrome si sviluppi in pazienti geneticamente predisposti con diversi pattern genetici del complesso maggiore di istocompatibilità MHC II. La SPA-2 è una malattia rara, avendo una frequenza di una persona affetta ogni 7000–8000 abitanti, prevale nel sesso femminile e compare a un'età media di circa 35 anni. L'iposurrena-lismo è caratterizzato da sintomi tipici (astenia, ipotensione ortostatica, calo ponderale, artromialgie, nausea, anoressia, iperpigmentazione cutanea), tuttavia non facili da interpretare, data la scarsa conoscenza della malattia. Nei casi non diagnosticati in tempo utile i sintomi possono peggiorare in rapporto a eventi stressanti che possono far precipitare i pazienti in una crisi addisoniana che può essere potenzialmente fatale. Iposodiemia, iperpotassiemia, iperazotemia, ipercalcemia associati ad aumentati livelli plasmatici di ACTH, renina, e bassi livelli di cortisolo, e alterati indici di epatolisi sono riscontri laboratoristici relativamente tardivi, così come possono esserlo i segni clinici di disidratazione. La storia naturale della malattia si manifesta attraverso varie fasi progressive: a) dapprima con presenza di autoanticorpi anti-surrene presenti anni prima all'esordio clinico, b) poi con un aumento della renina plasmatica e con la diminuzione dell'aldosterone plasmatico, c) poi con la successiva ridotta risposta del cortisolo allo stimolo con ACTH e.v. e d) infine con iperincrezione di ACTH, calo del cortisolo basale e presenza delle manifestazioni cliniche di iposurrenalismo. Il trattamento si basa sulla sostituzione ormonale degli organi endocrini coinvolti.
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De Luca, Mariarosaria, Giovanni Alma, Giorgio Bosso, Amodio Botta, Vincenzo Carbone, Giovanni Carella, Ferdinando Ferrara, et al. "Lo scompenso cardiaco nel paziente con diabete mellito: Indicazioni dal gruppo di studio ARCA-AMD Campania." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 2 (July 31, 2022): 24–34. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-2-4.

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Abstract:
I pazienti con malattie cardiometaboliche hanno un percorso diagnostico-terapeutico particolarmente complesso, che coinvolge molteplici figure professionali. Cardiologo e diabetologo, i coordinatori di questo processo, devono reciprocamente contribuire alla realizzazione di un percorso virtuoso comune di cure e di assistenza. Con queste premesse è stato costituito un gruppo di miglioramento formato da cardiologi ARCA (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali) e diabetologi AMD (Associazione Medici Diabetologici) che operano in Campania, per definire le criticità della realtà in cui si opera e realizzare un PDTA dedicato, che consideri i diversi stadi clinici dell’associazione Scompenso Cardiaco (SC) e Diabete e proponga processi diagnostici e terapeutici condivisi. Il documento ripercorre le evidenze disponibili e raccoglie le opinioni del gruppo circa l’individuazione di pazienti a più alto rischio di diabete e/o scompenso e il management del paziente con diagnosi nota di diabete mellito e scompenso cardiaco.
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Panina, N. S., M. K. Davydova, E. M. Nikandrov, D. O. Ruzanov, and A. N. Belyaev. "Formation of Metal Complexes with Malate Anions: Quantum-Chemical Modeling." Russian Journal of Inorganic Chemistry 64, no. 2 (February 2019): 225–29. http://dx.doi.org/10.1134/s0036023619020153.

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Rivera, Neftalí, Yanira Colón, and Ana R. Guadalupe. "Ruthenium complexes as redox mediators for malate and lactate dehydrogenases." Bioelectrochemistry and Bioenergetics 34, no. 2 (September 1994): 169–75. http://dx.doi.org/10.1016/0302-4598(94)80032-4.

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Shi, Miaomiao, Qunyu Gao, and Yanqi Liu. "Changes in the Structure and Digestibility of Wrinkled Pea Starch with Malic Acid Treatment." Polymers 10, no. 12 (December 7, 2018): 1359. http://dx.doi.org/10.3390/polym10121359.

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Abstract:
Resistant starch has gradually become a popular food component due to its beneficial physiological effects and heat resistance during processing. In this study, the structure, reaction mechanism, and digestibility of wrinkled pea starch with malic acid and heat–moisture treatment (HMT) are investigated. The degree of substitution (DS) of malate starch, HMT-malate starch, and malate-HMT starch was 0.164, 0.280, and 0.146, respectively. Malate starch remained in its complete particle form and pronounced birefringence was displayed. However, the malate-HMT starch sample was almost completely broken into pieces and lost the polarized cross. All modified starch samples had a decreased swelling power and a new peak at 1731–1741 cm−1 shown by FTIR. From the 13C CP/MAS NMR (Cross Polarizatio/Magic Angle Spinning Nuclear Magnetic Resonance) spectra, all the modified starches had extra peaks at 38.5 ppm and 172.8 ppm. After esterification treatment, the resistant starch (RS) and slowly digestible starch (SDS) content of starch samples increased dramatically. The higher content of RS and lower enzymatic hydrolysis rate of the malate starch could be used to produce low-calorie foods and have potential health benefits.
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Lu, Chung-Dar, and Ahmed T. Abdelal. "Complete sequence of the Salmonella typhimurium gene encoding malate dehydrogenase." Gene 123, no. 1 (January 1993): 143–44. http://dx.doi.org/10.1016/0378-1119(93)90554-g.

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Guglielmi, G., G. M. Giannatempo, M. G. Bonetti, T. Scarabino, and M. Cammisa. "Prospettive della densitometria ossea: Indicazioni, limiti e sviluppi futuri delle diverse metodiche." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 3_suppl (October 1994): 13–24. http://dx.doi.org/10.1177/19714009940070s304.

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Abstract:
L'osteoporosi, una delle malattie sociali più rilevanti e costose, si manifesta prevalentemente nella seconda metà della vita ed è caratterizzata dalla presenza di fratture atraumatiche. Pertanto una diagnosi di osteoporosi il più precoce possibile è molto importante in termini di profilassi e di trattamento. Negli anni passati c'è stato un considerevole progresso nello sviluppo e nell'applicazione clinica dei metodi non invasivi per misurare la massa ossea (densitometria ossea). Questo articolo rivisita le metodiche densitometriche tradizionali: densitometria a singolo raggio fotonico (SPA), densitometria a doppio raggio fotonico (DPA), densitometria a raggi x a doppia energia (DXA), tomografia computerizzata quantitativa (QCT) e le più moderne tecniche come gli Ultrasuoni (QUS) e la risonanza magnetica (QMR). Il crescente interesse per la densitometria ossea porterà certamente ulteriori miglioramenti tecnologici e renderà più semplice la comprensione della complessa biomeccanica del tessuto osseo, per predire, in ultima analisi, più accuratamente il rischio di fratture.
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Marra, E., S. Passarella, E. Casamassima, E. Perlino, S. Doonan, and E. Quagliariello. "Kinetic studies of the uptake of aspartate aminotransferase and malate dehydrogenase into mitochondria in vitro." Biochemical Journal 228, no. 2 (June 1, 1985): 493–503. http://dx.doi.org/10.1042/bj2280493.

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Abstract:
Kinetic measurements of the uptake of native mitochondrial aspartate aminotransferase and malate dehydrogenase into mitochondria in vitro were carried out. The uptake of both the enzymes is essentially complete in 1 min and shows saturation characteristics. The rate of uptake of aspartate aminotransferase into mitochondria is decreased by malate dehydrogenase, and vice versa. The inhibition is exerted by isoenzyme remaining outside the mitochondria rather than by isoenzyme that has been imported. The thiol compound beta-mercaptoethanol decreases the rate of uptake of the tested enzymes; inhibition is a result of interaction of beta-mercaptoethanol with the mitochondria and not with the enzymes themselves. The rate of uptake of aspartate aminotransferase is inhibited non-competitively by malate dehydrogenase, but competitively by beta-mercaptoethanol. The rate of uptake of malate dehydrogenase is inhibited non-competitively by aspartate aminotransferase and by beta-mercaptoethanol. beta-Mercaptoethanol prevents the inhibition of the rate of uptake of malate dehydrogenase by aspartate aminotransferase. These results are interpreted in terms of a model system in which the two isoenzymes have separate but interacting binding sites within a receptor in the mitochondrial membrane system.
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Di Stasi, Vincenza, Sarah Cipriani, Elisa Maseroli, Irene Scavello, and Linda Vignozzi. "Insulino-resistenza e fertilità nella donna con attenzione a sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e malattia epatica non alcoolica (NAFLD)." L'Endocrinologo 23, no. 2 (March 23, 2022): 142–48. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-022-01037-0.

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Abstract:
SommarioIl fattore femminile costituisce un’alta percentuale delle cause d’infertilità di coppia. Tra le cause più frequenti d’infertilità femminile vi sono quelle correlate a un inadeguato stile di vita e alla presenza di sindrome metabolica. L’insulino-resistenza (IR) è uno dei punti cardine della sindrome metabolica ed è coinvolta anche nell’eziopatogenesi della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), frequente causa d’infertilità anovulatoria. Inoltre, l’IR è alla base di alcune delle complicanze della PCOS, come la malattia epatica non alcolica (NAFLD), a sua volta indirettamente correlata a problematiche di fertilità. In questa rassegna proveremo dunque a fornire al lettore degli spunti di riflessione sul complesso e affascinante ruolo dell’IR e delle disfunzioni a essa correlate, nel campo della fertilità femminile.
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Plavskii, V. Yu, V. A. Mostovnikov, G. R. Mostovnikova, A. I. Tret’yakova, and A. V. Mikulich. "Spectral-luminescent properties of chlorin e 6 and malate dehydrogenase complexes." Journal of Applied Spectroscopy 71, no. 6 (November 2004): 818–28. http://dx.doi.org/10.1007/s10812-005-0008-6.

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Liu, Kun, Ying Xu, and Ning-Yi Zhou. "Identification of a Specific Maleate Hydratase in the Direct Hydrolysis Route of the Gentisate Pathway." Applied and Environmental Microbiology 81, no. 17 (June 12, 2015): 5753–60. http://dx.doi.org/10.1128/aem.00975-15.

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Abstract:
ABSTRACTIn contrast to the well-characterized and more common maleylpyruvate isomerization route of the gentisate pathway, the direct hydrolysis route occurs rarely and remains unsolved. InPseudomonas alcaligenesNCIMB 9867, two gene clusters,xlnandhbz, were previously proposed to be involved in gentisate catabolism, and HbzF was characterized as a maleylpyruvate hydrolase converting maleylpyruvate to maleate and pyruvate. However, the complete degradation pathway of gentisate through direct hydrolysis has not been characterized. In this study, we obtained from the NCIMB culture collection aPseudomonas alcaligenesspontaneous mutant strain that lacked thexlncluster and designated the mutant strain SponMu. Thehbzcluster in strain SponMu was resequenced, revealing the correct location of the stop codon forhbzIand identifying a new gene,hbzG. HbzIJ was demonstrated to be a maleate hydratase consisting of large and small subunits, stoichiometrically converting maleate to enantiomerically pured-malate. HbzG is a glutathione-dependent maleylpyruvate isomerase, indicating the possible presence of two alternative pathways of maleylpyruvate catabolism. However, thehbzF-disrupted mutant could still grow on gentisate, while disruption ofhbzGprevented this ability, indicating that the direct hydrolysis route was not a complete pathway in strain SponMu. Subsequently, ad-malate dehydrogenase gene was introduced into thehbzG-disrupted mutant, and the engineered strain was able to grow on gentisate via the direct hydrolysis route. This fills a gap in our understanding of the direct hydrolysis route of the gentisate pathway and provides an explanation for the high yield ofd-malate from maleate by thisd-malate dehydrogenase-deficient natural mutant.
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Louise, Rowling, and Victoria Kasunic. "Prevenzione della depressione nei giovani. Una prospettiva australiana." PSICOBIETTIVO, no. 1 (March 2012): 65–87. http://dx.doi.org/10.3280/psob2012-001005.

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Abstract:
La prevenzione della depressione nei giovani ha bisogno di adottare un duplice approccio, la prevenzione della malattia sulla base dei fattori di rischio e la promozione della salute mentale concentrata sul benessere sociale ed emotivo. Questo articolo descrive il contesto politico di sostegno e le risorse di base presenti in Australia e il concetto esistente di salute pubblica. All'interno di questo approccio l'intervento prevede sensibilizzazione e pre- venzione per i giovani, nonché un focus sulle risorse, sulla resilienza e sulla capacitŕ costruttiva delle istituzioni di lavorare in modo da favorire i giovani. Vengono descritti sia interventi di prevenzione universale sia interventi mirati tra cui Mind Matters, un programma nazionale di promozione della salute mentale per le scuole secondarie e anche strategie innovative basate su internet. Questi studi dimostrano che la prevenzione della depressione nei giovani richiede strategie complesse e multi-livello.
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Jonckheere, An I., Merei Huigsloot, Antoon JM Janssen, Antonia JH Kappen, Jan AM Smeitink, and Richard JT Rodenburg. "High-Throughput Assay to Measure Oxygen Consumption in Digitonin-Permeabilized Cells of Patients with Mitochondrial Disorders." Clinical Chemistry 56, no. 3 (March 1, 2010): 424–31. http://dx.doi.org/10.1373/clinchem.2009.131441.

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Abstract:
Abstract Background: Muscle biopsy analysis is regarded as the gold standard in diagnostic workups of patients with suspected mitochondrial disorders. Analysis of cultured fibroblasts can provide important additional diagnostic information. The measurement of individual OXPHOS complexes does not always provide sufficient information about the functional state of the complete mitochondrial energy-generating system. Thus, we optimized a high-throughput fluorescence-based methodology for oxygen consumption analysis in patient-derived cells. Methods: We analyzed mitochondrial respiration in digitonin-permeabilized cells in the presence of a substrate mix containing pyruvate and malate, using a phosphorescent probe, 96-well plates, and a fluorescence plate reader. Results: In control fibroblasts, we observed clear stimulation by ADP of the pyruvate + malate–driven respiration. Known inhibitors of the OXPHOS system and the Krebs cycle significantly reduced respiration. In patient fibroblasts with different OXPHOS deficiencies, ADP-stimulated respiratory activity was decreased in comparison to control cells. In several patients with reduced ATP production rate in muscle tissue but with normal OXPHOS enzyme activities, the fibroblasts displayed reduced respiratory activity. Finally, we observed a clear difference between control and complex I–deficient transmitochondrial cybrid cells. Conclusions: These results confirm the validity of the assay as a high-throughput screening method for mitochondrial function in digitonin-permeabilized cells. The assay allows primary and secondary mitochondrial abnormalities in muscle to be differentiated, which is of great importance with respect to counseling, and also will facilitate the search for new genetic defects that lead to mitochondrial disease.
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Guerra, Giovanni. "La relazione medico paziente: dialogo tra psicologia e medicina sull'adattamento." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 1 (May 2021): 137–51. http://dx.doi.org/10.3280/rip1-2021oa11606.

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Abstract:
Il rapporto medico-paziente, tema ampiamente dibattuto in letteratura, viene qui proposto indicando l'adattamento come terreno di incontro nel quale medicina e psicologia possano dialogare, condividendo lo stesso punto di osservazione, pur mantenendo le loro specificità di lettura dei fenomeni e di intervento.La vita è un continuo processo adattativo la cui storia è il risultato deterministico e imprevedibile del gioco delle risorse, delle possibilità, dei vincoli, dei limiti, delle occasioni propri sia del soggetto sia della realtà.Questa formulazione dell'adattamento si applica tanto allo sviluppo biologico quanto allo sviluppo psicologico e, pur nella differenza dei "materiali" osservabili, offre un comune vertice di osservazione.La malattia è un evento quasi inevitabile della vita e coinvolge il soggetto in tutta la sua complessità bio-psico-sociale. Da qui, la sollecitazione a includere il malato con la sua soggettività (valori, storia, emozioni, fantasie …) all'interno del campo clinico. Tale inclusione, peraltro, pone due domande: da una parte, sulle ragioni dell'eclissi dell'interesse per la soggettività e, da un'altra parte, sul potenziale valore aggiunto apportato dalla presenza della soggettività del paziente nel campo clinico.La logica dello sviluppo del sapere e delle tecniche in medicina spiega le ragioni del progressivo disinteresse per la soggettività, ma lo stesso sviluppo implica la valorizzazione dell'individualità biologica. L'individualità non è, di per sé, la soggettività ma costituisce indubbiamente la via per prendere in considerazione la singolarità dei processi adattativi alla malattia.L'inclusione della soggettività se appare evidentemente vantaggiosa per il paziente, offre anche al clinico il vantaggio di una partecipazione attiva e di adesione ai percorsi diagnostici e terapeutici. Nella narrazione che il paziente fa della storia della malattia, infatti, si può rintracciare e comprendere anche la sua strategia adattativa. In particolare, si avanza la proposta di lettura della narrazione ipotizzando il vissuto della malattia e le aspettative nei confronti del curante come organizzatori della narrazione.
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Müller, Joachim. "Binary and ternary complexes of malate dehydrogenase with substrates and substrate analogs." Biochimica et Biophysica Acta (BBA) - Protein Structure and Molecular Enzymology 830, no. 1 (July 1985): 95–100. http://dx.doi.org/10.1016/0167-4838(85)90136-0.

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Janssen, Antoon JM, Frans JM Trijbels, Rob CA Sengers, Liesbeth TM Wintjes, Wim Ruitenbeek, Jan AM Smeitink, Eva Morava, Baziel GM van Engelen, Lambert P. van den Heuvel, and Richard JT Rodenburg. "Measurement of the Energy-Generating Capacity of Human Muscle Mitochondria: Diagnostic Procedure and Application to Human Pathology." Clinical Chemistry 52, no. 5 (May 1, 2006): 860–71. http://dx.doi.org/10.1373/clinchem.2005.062414.

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Abstract:
Abstract Background: Diagnosis of mitochondrial disorders usually requires a muscle biopsy to examine mitochondrial function. We describe our diagnostic procedure and results for 29 patients with mitochondrial disorders. Methods: Muscle biopsies were from 43 healthy individuals and 29 patients with defects in one of the oxidative phosphorylation (OXPHOS) complexes, the pyruvate dehydrogenase complex (PDHc), or the adenine nucleotide translocator (ANT). Homogenized muscle samples were used to determine the oxidation rates of radiolabeled pyruvate, malate, and succinate in the absence or presence of various acetyl Co-A donors and acceptors, as well as specific inhibitors of tricarboxylic acid cycle or OXPHOS enzymes. We determined the rate of ATP production from oxidation of pyruvate. Results: Each defect in the energy-generating system produced a specific combination of substrate oxidation impairments. PDHc deficiencies decreased substrate oxidation reactions containing pyruvate. Defects in complexes I, III, and IV decreased oxidation of pyruvate plus malate, with normal to mildly diminished oxidation of pyruvate plus carnitine. In complex V defects, pyruvate oxidation improved by addition of carbonyl cyanide 3-chlorophenyl hydrazone, whereas other oxidation rates were decreased. In most patients, ATP production was decreased. Conclusion: The proposed method can be successfully applied to the diagnosis of defects in PDHc, OXPHOS complexes, and ANT.
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Gugliotta, Gabriele, Fausto Castagnetti, Francesca Palandri, Massimo Breccia, Tamara Intermesoli, Adele Capucci, Bruno Martino, et al. "Frontline imatinib treatment of chronic myeloid leukemia: no impact of age on outcome, a survey by the GIMEMA CML Working Party." Blood 117, no. 21 (May 26, 2011): 5591–99. http://dx.doi.org/10.1182/blood-2010-12-324228.

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Abstract:
AbstractThe median age of chronic myeloid leukemia (CML) patients is ∼ 60 years, and age is still considered an important prognostic factor, included in Sokal and EURO risk scores. However, few data are available about the long-term outcome of older patients treated with imatinib (IM) frontline. We analyzed the relationship between age and outcome in 559 early chronic-phase CML patients enrolled in 3 prospective clinical trials of Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell'Adulto CML Working Party, treated frontline with IM, with a median follow-up of 60 months. There were 115 older patients (≥ 65 years; 21%). The complete cytogenetic and major molecular response rates were similar in the 2 age groups. In older patients, event-free survival (55% vs 67%), failure-free survival (78% vs 92%), progression-free survival (62% vs 78%), and overall survival (75% vs 89%) were significantly inferior (all P < .01) because of a higher proportion of deaths that occurred in complete hematologic response, therefore unrelated to CML progression (15% vs 3%, P < .0001). The outcome was similar once those deaths were censored. These data show that response to IM was not affected by age and that the mortality rate linked to CML is similar in both age groups. This trial was registered at www.clinicaltrials.gov as #NCT00514488 and #NCT00510926.
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Murugavelu, Mani, and Murugian Shanmugam Ramachandran. "Kinetic studies of the oxidation of transition metal(II) malate complexes by peroxomonosulphate." Transition Metal Chemistry 38, no. 2 (December 25, 2012): 225–34. http://dx.doi.org/10.1007/s11243-012-9682-4.

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