Journal articles on the topic 'Malattia di Parkinson (MP)'

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1

Bleton, J. P., and M. Ziégler. "Rieducazione della malattia di Parkinson." EMC - Medicina Riabilitativa 19, no. 1 (January 2012): 1–14. http://dx.doi.org/10.1016/s1283-078x(12)60751-2.

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2

Spampinato, U., and F. Tison. "Depressione e malattia di Parkinson." EMC - Neurologia 13, no. 1 (February 2013): 1–15. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(12)63928-2.

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3

Poisson, A., and S. Thobois. "Allucinazioni e malattia di Parkinson." EMC - Neurologia 14, no. 2 (April 2014): 1–5. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(14)67224-x.

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4

Laurencin, C., and S. Thobois. "Malattia di Parkinson e depressione." EMC - Neurologia 19, no. 2 (May 2019): 1–13. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(19)42021-7.

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5

Fraix, V., A. Castrioto, E. Moro, and P. Krack. "Trattamento chirurgico della malattia di Parkinson." EMC - Neurologia 15, no. 1 (February 2015): 1–14. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(14)69825-1.

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6

Monin, M. L., S. Lesage, and A. Brice. "Basi molecolari della malattia di Parkinson." EMC - Neurologia 19, no. 1 (April 2019): 1–10. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(18)41584-x.

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7

Selvi, Valeria, and Franco Cracolici. "Agopuntura e Medicina Tradizionale Cinese nel Parkinson: evidenze e clinica." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 57–65. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002006.

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Abstract:
In questo articolo vengono riportate, dopo un breve excursus su inquadramento e trattamento della malattia di Parkinson in medicina occidentale, alcune delle più importanti evidenze sull'efficacia del trattamento con agopuntura in questo ambito. È documentato in letteratura che in questo contesto molti pazienti affetti da Parkinson si rivolgono alle medicine complementari nell'ottica di ottenere dei miglioramenti sintomatologici e di contenere gli effetti avversi della farmacoterapia occidentale. Viene inoltre affrontato l'inquadramento della malattia di Parkinson in Medicina Tradizionale Cinese e i possibili approcci terapeutici.
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8

Chiera, Marco. "Cura manuale integrata nella malattia di Parkinson." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 45–56. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002005.

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Abstract:
La malattia di Parkinson è sempre stata considerata come squisitamente neurologica e caratterizzata da neurodegenerazione per l'accumulo della proteina a-sinucleina nella substantia nigra. Tuttavia, diversi studi mostrano come lo stato di salute dell'intero organismo possa influenzare il processo di accumulo dell'a-sinucleina tramite processi bottom-up, fra cui la neuroinfiammazione. Inoltre, che il corpo sia così centrale nel curare persone con Parkinson è mostrato anche dalle ricerche sull'interocezione, ovvero quel processo tramite cui l'organismo percepisce cosa sta accadendo al suo in- terno al fine di meglio rispondere alle sfide ambientali. In caso di Parkinson, questo processo risulta alterato con conseguenze negativa sulla sensomotricità. A tal proposito, la letteratura scientifica mostra molteplici vie per agire sui processi di regolazione biologica in caso di malattia di Parkinson, e fra queste un ruolo importante lo giocano l'educazione sensorimotoria e le terapie manuali, le quali hanno la possibilità di agire sulle vie interocettive e sull'equilibrare i livelli di infiammazione sistemica, in particolare intestinale.
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9

Gabrielli, Giampietro. "La triade sanitaria riabilitativa nella malattia di Parkinson: fi sioterapia, logopedia, neuropsicologia." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 20–30. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002003.

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Abstract:
La malattia di Parkinson (MdP) è la più diffusa malattia neurodege- nerativa dopo la malattia Alzheimer, con un numero di casi destinati ad aumentare in futuro. È una malattia che presenta un quadro di sintomi complesso, che comprende aspetti motori e non motori, che possono influire molto negativamente sulla qualità di vita. Gli studi scientifici degli ultimi anni dimostrano che l'approccio multidisciplinare sia essenziale per il mantenimento ed il miglioramento delle funzioni più colpite dalla malattia. L'approccio multidisciplinare prevede la presenza di un team composto da neurologi, cardiologi, urologi, fisioterapisti, logopedisti, neuropsicologi, infermieri; il team necessita di un coordinatore che abbia conoscenze cliniche interdisciplinari per riuscire ad avere una visione globale del livello di salute del paziente e del suo intero nucleo familiare, il cui coinvolgimento è importante per il buon livello di recupero. Il coordinatore deve riuscire, inoltre, a distinguere sintomi strettamente legati alla malattia e sintomi causati da altre situazioni patologiche o disfunzionali, al fine di ottimizzare gli interventi terapeutici. La riabilitazione nella MdP si occupa della rieducazione neuromotoria, della terapia della voce e della deglutizione, delle funzioni cognitive e degli aspetti emotivi del paziente e dei familiari. Queste discipline non intervengono separatamente ma ne cessitano di un continuo interscambio, dando spazio alla componente riabilitativa più urgente rispetto ad altre.
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Frazzitta, Giuseppe. "La malattia di Parkinson: fi siopatologia, cure farmacologiche, multidisciplinarietà." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 9–19. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002002.

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Abstract:
I Parkinsonismi sono un gruppo di disturbi del movimento classificate in forme secondarie e degenerative. La malattia di Parkinson è una forma degenerativa di Parkinsonismo dovuta alla degenerazione della sostanza nigra e alla perdita dei suoi neuroni dopaminergici. La dopamina da essi prodotta ha una funzione di modulazione dell'attività dei nuclei della base. La perdita di tale modulazione porta a una riduzione del movimento con aumento della rigidità, lentezza e parziale perdita di alcuni movimenti automatici: i riflessi posturali, la deambu- lazione e il pendolarismo. La L-Dopa a partire dalla fine degli anni '60 del Novecento ha permesso di curare questi pazienti con miglioramento della rigidità e della lentezza. La breve emivita di questo farmaco ha richiesto lo sviluppo di altre molecole che ne permettessero il prolungamento dell'azione. Purtroppo non sempre tali nuovi farmaci sono risultati efficaci o hanno causato importanti effetti collaterali. La riabilitazione si è rivelata essere efficace nel migliorare gli aspetti motori della malattia e nel migliorare la qualità di vita dei pazienti. Per tale ragione un approccio multidisciplinare e integrato è adesso consigliato come miglior trattamento dei pazienti con malattia di Parkinson.
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11

Ferreri, Rosaria. "Fitoterapia, Nutraceutica e Omeopatia: contributi alla cura della malattia di Parkinson." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 66–73. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002007.

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Abstract:
In questo articolo, estratto da una conferenza presentata nel corso del con vegno sulla malattia di Parkinson della Sipnei, l'Autore illustra il contribu- to che la fitoterapia, la nutrizione/nutraceutica e l'omeopatia possono dare per la terapia integrata di questa patologia. I meccanismi biopatologici alla base della patologia e delle sue manifestazioni cliniche sono molteplici, ma altrettanti sono i punti di intervento: attraverso la nutrizione per migliora- re il metabolismo della levodopa e i fenomeni come la disfagia; attraverso la nutraceutica che può intervenire sia nelle carenze nutrizionali che in taluni meccanismi di innesco della patologia come ad esempio lo stress ossidativo, attraverso la nutraceutica che può migliorare l'attività neuronale modulando la neuroinfiammazione e colmando le carenze nutrizionali; la fitoterapia che può intervenire a livello di tutti i meccanismi cellulari implicati nella malattia di Parkinson e l'omeopatia che invece ha uno specifico ruolo nella "cura del terreno" del paziente
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Minelli, Andrea, and Michael Di Palma. "Asse microbiota-intestino-cervello e neuroinfi ammazione nella patogenesi della malattia di Parkinson." PNEI REVIEW, no. 2 (November 2022): 31–44. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002004.

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Abstract:
Studi clinici ed epidemiologici indicano nella malattia infiammatoria intestinale (IBD) un fattore di rischio per la malattia di Parkinson (PD). Nell'intestino dei pazienti PD si osserva una cospicua presenza di cellule T CD4+ (Th1/Th17) che riconoscono specificamente auto-antigeni derivati dai corpi di Lewy, inducendo infiammazione locale, danno tissutale e ulteriore aggregazione di a-sinucleina. Dall'intestino, l'infiammazione T-mediata si estende al cervello, dove i corpi di Lewy arrivano migrando lungo il nervo vago e diffon- dono per via trans-neurale fino alla sostanza nera del mesencefalo, causando i fenomeni neurodegenerativi e le manifestazioni cliniche del PD. L'alterazione del microbiota intestinale, frequente nei sog- getti parkinsoniani, può anch'essa contribuire alla patogenesi del PD: mediatori prodotti dai batteri commensali, quali acidi grassi a catena corta e dopamina, possono infatti influenzare il compor- tamento dei linfociti T e innescare una risposta T-mediata verso i corpi di Lewy, inizialmente localizzata nella mucosa intestinale e poi estesa al cervello. In sintesi, evidenze molteplici compongono un quadro ipotetico innovativo che attribuisce la patogenesi del PD ad un complesso intreccio di fattori (infiammazione intestinale, alterazione del microbiota, neuroinfiammazione), in cui meccanismi di tipo autoimmunitario giocano un ruolo cruciale
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Lagi, A., G. Pinna, and R. Nardi. "L'ipotensione." Italian Journal of Medicine 4, no. 1 (December 13, 2016): 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2016.5.

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Abstract:
Ipotensione: concetti generali e classificazioneA. LagiIpotensione acutaG. Costantino, M. BonziIpotensione cronica non neurogenaA. LagiIpotensione neurogena nella multiple system atrophy e nella pure autonomic failureR. Furlan, F. Dipaola, R. Lembo, F. BarbicIpotensione cronica neurogena: malattia di Parkinson e demenza a corpi di LevyF. BarbicIpertensione clinostaticaA. Lagi, S. CencettiNeuropatie autonomicheA. LagiIpotensione e sincopeS. Cencetti
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Pasquin, I., M. Tinazzi, M. Zuffante, G. Tomelleri, G. Moretto, and P. G. Giorgetti. "Neuroimaging del trasportatore della dopamina con SPET-DaTSCAN nella malattia di Parkinson." Rivista di Neuroradiologia 16, no. 1_suppl (May 2003): 64–65. http://dx.doi.org/10.1177/19714009030160s121.

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Marzulli, Michele. "Cronicità e risorse della persona: la Malattia di Parkinson in una survey europea." SALUTE E SOCIETÀ, no. 3 (October 2017): 32–46. http://dx.doi.org/10.3280/ses2017-su3003.

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Antonini, Angelo, and Giorgio L. Colombo. "Il ruolo della SPECT in associazione a iofupane nella diagnosi della Malattia di Parkinson: i risultati di un’esperienza." Farmeconomia. Health economics and therapeutic pathways 3, no. 3 (September 15, 2002): 125–33. http://dx.doi.org/10.7175/fe.v3i3.750.

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Abstract:
According to the latest data, in Italy 200.000 patients are affected by the Parkinson’s Disease, and the trend is bound to go up. Generally the diagnosis, crucial in this pathology, is based on the clinic observation. But the absence of typical signs or symptoms increases the possibility of diagnostic mistakes. Ioflupane (DATSCAN ®) is a new diagnostic agent indicated for detecting loss of functional dopaminergic neuron terminals in the striatum of patients with clinically uncertain Parkinsonian Syndromes. The use of Ioflupane (DATSCAN ®) in association with the single-photon emission computed tomography (SPECT) allows to improve the diagnosis. Applying systematically this diagnostic model could cause a significant reduction in hospedalization cost, with less trouble for patients and a better quality of life. Aim of this study is to show the clinical and economic consequences of the use of Ioflupane (DATSCAN â) in association with SPECT as a new standard for the diagnosis of Parkinson’s Disease, considering the perspective of the National Heath System (NHS) and a single hospital structure.
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Sabatini, U., O. Rascol, C. Colonnese, F. Chollet, G. Brughitta, I. Berry, K. Boulanouar, C. Manelfe, and L. Bozzao. "Fisiopatologia dell'acinesia Parkinsoniana: Studio in risonanza magnetica funzionale." Rivista di Neuroradiologia 10, no. 2_suppl (October 1997): 34. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s211.

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Abstract:
Le tecniche ad emissione hanno evidenziato nel paziente affetto dalla malattia di Parkinson di tipo acinetico una alterazione funzionale dell'area supplementare motoria (SMA). Tale alterazione, reversibile dopo terapia dopaminergica, sembra coinvolgere altre aree cerebrali funzionalmente connesse alla SMA sia a livello corticale che sotto-corticale1,2. Confermare mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) i dati precedentemente osservati con le tecniche ad emissione. Estendere lo studio ad altre aree cerebrali funzionalmente connesse alla SMA. Sono stati ammessi allo studio 6 volontari sani e 6 pazienti affetti dalla malattia di Parkinson di tipo acinetico. Lo studio RM è stato effettuato mediante apparecchiatura Magnetom Vision, 1.5 T, Siemens, con gradienti ecoplanari (25 mT/m). L'esame RM comprendeva uno studio anatomico (3D MPRAGE) ed uno funzionale (FID-EPI), quest'ultimo effettuato nel corso di un movimento della mano destra3. I pazienti parkinsoniani hanno effettuato l'esame funzionale in condizione “off”, privi della loro terapia da almeno 12 ore, e dopo somministrazione di terapia dopaminergica a rapido assorbimento. Le immagini RM ottenute sono state successivamente trasferite su computer Sun dove sono state sottoposte a conversione, ridimensionamento ed analisi statistica mediante il programma Analyze. Nel gruppo dei soggetti sani l'esecuzione della prova motoria ha indotto un aumento significativo nel numero dei pixels attivati e dell'intensità del segnale a livello della corteccia sensori-motoria contro-laterale ed a livello della SMA. Nei pazienti parkinsoniani, in condizione “off”, è stato osservato un aumento significativo a livello di entrambe le aree sensori-motorie ed un ridotto numero di pixels attivi a livello della SMA. La somministrazione della terapia dopaminergica aumentava significativamente il numero di pixels attivati a livello della SMA ed induceva una riduzione di attività delle aree sensori-motorie. Lo studio fMRI conferma la presenza di una deafferentazione funzionale e reversibile della SMA nei pazienti parkinsoniani acinetici e supporta l'ipotesi che tale alterazione coinvolge altre aree funzionalmente connesse alla SMA ed aventi azione compensatoria.
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Gaudiello, F., L. Brusa, S. Marziali, E. Ferone, A. Bozzao, F. G. Garaci, R. Floris, and P. Stanzione. "Valutazione dell'asimmetria perfusionale con RM a livello dei gangli della base nella Malattia di Parkinson dopo somministrazione di apomorfina." Rivista di Neuroradiologia 16, no. 1_suppl (May 2003): 60. http://dx.doi.org/10.1177/19714009030160s118.

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Tambasco, N., F. Lalli, A. Rossi, V. Gallai, G. Guercini, and G. P. Pelliccioli. "Attivazione delle aree corticali motorie nel morbo di Parkinson Studio funzionale con risonanza magnetica." Rivista di Neuroradiologia 13, no. 1 (February 2000): 105–9. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300119.

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Abstract:
I pazienti affetti da morbo di Parkinson (MP) sperimentano nella bradicinesia uno dei sintomi più disabilitanti, verosimilmente determinato da una deafferentazione dai nuclei della base di alcune aree corticali motorie. Scopo di questo studio è stato quello di evidenziare mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) differenze nell'attivazione delle aree corticali motorie primarie e secondarie in risposta a compiti motori specifici tra un gruppo di pazienti affetti da MP iniziale e un gruppo di soggetti di controllo di pari età. Abbiamo inoltre studiato l'effetto dell'apomorfina, farmaco dopaminoagonista efficace nella bradicinesia, per verificare se al miglioramento clinico corrispondesse una variazione di attivazione delle aree corticali motorie. I pazienti hanno mostrato una riduzione significativa del numero di sequenze motorie effettuate con la mano destra, lato più affetto, rispetto al controlato ed ai controlli. Dopo somministrazione di apomorfina si è verificato un incremento della media delle sequenze motorie, senza però raggiungere i valori dei controlli. L'esame con fMRI ha fatto evidenziare che il numero totale di pixel non differiva tra i vari gruppi. Nei pazienti si è osservata una attivazione statisticamente inferiore dell'area corticale motoria primaria (M1) controlaterale al lato più affetto e una maggior attivazione, statisticamente significativa, dell'area corticale premotoria laterale (PML) nell'emisfero più affetto. La riduzione di attivazione nella Ml è in relazione principalmente con il rallentamento motorio, mentre l'iperattivazione della PML potrebbe essere il correlato neuroradiologico delle alterazioni che sottendono una disfunzione delle afferenze dai nuclei della base.
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Gerzeli, S., Maria C. Cavallo, F. Caprari, and P. Ponzi. "Analisi dei costi della stimolazione cerebrale profonda (DBS) nella malattia di Parkinson: uno studio osservazionale su pazienti italiani." PharmacoEconomics Italian Research Articles 4, no. 2 (September 2002): 65–79. http://dx.doi.org/10.1007/bf03320596.

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21

"Direttive per il trattamento della Malattia di Parkinson." Schweizer Archiv für Neurologie und Psychiatrie 155, no. 02 (February 11, 2004): 79–83. http://dx.doi.org/10.4414/sanp.2004.01458.

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22

"Direttive per il trattamento della Malattia di Parkinson." Schweizer Archiv für Neurologie und Psychiatrie 160, no. 04 (May 6, 2009): 151–57. http://dx.doi.org/10.4414/sanp.2009.02064.

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Cazzavillan, S., C. Segala, E. G. S. D’Amore, E. Bonoldi, and M. Rassu. "NEUROBORRELIOSI DI LYME E MALATTIA DI PARKINSON: STUDIO DI UN CASO POST-MORTEM." Microbiologia Medica 21, no. 3 (September 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2006.3358.

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"Book: Malattia di Parkinson e Parkinsonismi: Diagnostica Neuroradiologica e Medico-Nucleare." Neuroradiology Journal 19, no. 6 (December 2006): 811. http://dx.doi.org/10.1177/197140090601900623.

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25

Aznar, Justo. "Could iPS cells be clinically useful?" Medicina e Morale 59, no. 2 (April 30, 2010). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2010.218.

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Abstract:
Nel 2006, Takahashi e Yamanaka hanno dimostrato, per la prima volta, che i fibroblasti di topo possono essere riprogrammati ad uno stato simile a quello di cellule staminali embrionali con l’introduzione di una combinazione di quattro fattori di trascrizione. Queste cellule sono state chiamate “cellule staminali pluripotenti indotte” o “cellule iPS”. A differenza delle cellule staminali embrionali, l’uso di cellule iPS non solleva questioni etiche. In questo articolo, si fa riferimento in particolare a: 1. esperimenti preclinici condotti fino ad oggi utilizzando cellule iPS, 2. la creazione di linee cellulari a partire da cellule iPS ottenute da cellule adulte di pazienti affetti da varie malattie e 3. l’ottenimento di animali clonati da cellule iPS. Esperimenti preclinici sono stati condotti con l’anemia falciforme e modelli di topi affetti da emofilia. Nel gennaio 2009, Nelson et al. hanno ampliato le indicazioni terapeutiche delle cellule umane iPS, fornendo la prima prova per la riparazione di disturbi cardiaci. Diverse linee di cellule sono state ottenute da cellule umane iPS. Fino ad ora sono stato ottenuto linee di cellule in pazienti con sclerosi laterale amiotrofica, l’immunodeficienza combinata grave da deficit di adenosina deaminasi, la sindrome di Shwachman-Bodian-Diamond, la malattia di Gaucher di tipo III, la distrofia muscolare di Duchenne e Becker, il morbo di Parkinson, la corea di Huntington, il diabete mellito di tipo 1, la sindrome di Down (trisomia 21) e la malattia di Lesch-Nyhan, il morbo di Parkinson idiopatica, l’atrofia muscolare spinale, l’anemia di Fanconi, le malattie mieloproliferative, il diabete di tipo 1. Ottenere animali vivi da cellule iPS. In base alle nostre conoscenze, Kang et al. sono stati i primi a dimostrare che le cellule iPS possono autonomamente generare topi a termine tramite la complementazione della blastocisti tetraploide. Dopo gli esperimenti di Kang anche Boland et al. hanno prodotto 31 topi vivi da 37 linee di cellule iPS generate dai fibroblasti della pelle. L’uso di cellule di IPS per impedire l’uso di cellule staminali embrionali non può avere altro che una valutazione positiva da un punto di vista etico. Tuttavia, il loro utilizzo per produrre esseri umani clonati, se questo diventasse tecnicamente realizzabile, non sarebbe eticamente ammissibile. ---------- In 2006, Takahashi and Yamanaka demonstrated, for the first time, that mouse fibroblasts can be reprogrammed into an embryonic stem cell-like state by introducing combinations of four transcription factors. These cells were termed “induced pluripotent stem cells” or “iPS cells”. Unlike embryonic stem cells, the use of iPS cells has no ethical difficulty. In this article, we are going to refer specifically to: 1. preclinical experiments conducted to date using iPS cells; 2. the creation of cell lines from iPS cells obtained from the adult cells of patients with different diseases; and 3. the obtaining of cloned animals from iPS cells. Preclinical experiments have been conducted with sickle cell anaemia and haemophilic mice models. In January 2009, Nelson et al. expanded the therapeutic indications of human iPS cells by providing the first evidence for repair of heart disorders. Different disease cell lines obtained from human iPS cells. Up until now it has been obtained cell lines in patients with amyotrophic lateral sclerosis, adenosine deaminase deficiency-related severe combined immunodeficiency, Shwachman-Bodian-Diamond syndrome, Gaucher disease type III, Duchenne and Becker muscular dystrophy, Parkinson’s disease, Huntington’s disease, juvenile onset, type 1 diabetes mellitus, Down’s syndrome (trisomy 21) and the carrier state of Lesch-Nyhan syndrome, idiopathic Parkinson’s disease, spinal muscular atrophy, Fanconi anaemia, myeloproliferative disorders, type 1 diabetes. Obtaining live animals from iPS cells. To our knowledge, Kang et al. were the first to demonstrate that iPS cells can autonomously generate fullterm mice via tetraploid blastocyst complementation. After Kang’s experiments also Boland et al. produced 31 live mice from 37 iPS cell lines generated from skin fibroblasts. The use of iPS cells to prevent the use of embryonic stem cells cannot have anything other than a positive ethical evaluation. However, using them to produce cloned human beings, if this becomes technically feasible, would not be ethically admissible.
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Suaudeau, Jacques. "Le cellule staminali: dall’applicazione clinica al parere etico Parte I. Le cellule staminali embrionali." Medicina e Morale 55, no. 4 (August 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.346.

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Abstract:
Otto anni dopo l'inizio della ricerca sulle cellule staminali umane, sembra essere arrivato il momento di considerare oggettivamente quale possa essere il futuro di tale ricerca, e quali siano i problemi etici collegati. In questo articolo sono considerate le cellule staminali embrionali (ES) a livello tecnico e clinico. L'interesse particolare di tali cellule risiede nella loro capacità di continua proliferazione indifferenziata e di stabile sviluppo potenziale in un’ampia tipologia di cellule, anche dopo una coltura prolungata. Numerosi lavori mostrano, in particolare, che le cellule ES possono essere differenziate in neuroni e glia ed integrarsi nel tessuto neurale in animali riceventi. La differenziazione verso neuroni dopaminergici è stata ottenuta per le cellule staminali embrionali umane (hES) con promesse per il trattamento clinico della malattia di Parkinson. Le cellule ES hanno anche dimostrato la capacità di facilitare il recupero del danno del midollo spinale, nel topo. L'innesto di cellule ES in ratti con infarto miocardico provoca un miglioramento a lungo termine della funzione del cuore ed aumenta la percentuale di sopravvivenza. Tuttavia, ci sono molti ostacoli che devono essere superati prima di pensare ad un uso clinico di tali cellule. Il problema forse più complesso è di poter dirigere in modo efficiente e riproducibile la differenziazione delle cellule ES attraverso percorsi specifici. In secondo luogo, il rischio di difetti o instabilità epigenetiche nelle cellule ES è reale, tenendo conto della loro origine da embrioni ottenuti da fecondazione in vitro e del processo di coltura di tali cellule, una volta individuate. Terzo, le cellule ES allo stato indifferenziato sono cancerogeniche, il che, per un uso clinico, rende necessaria la loro differenziazione e l’attenta eliminazione di cellule ES rimaste indifferenziate. Infine, l'uso clinico delle cellule ES richiede la soluzione del problema immunologico della compatibilità HLA con il ricevente. A tale scopo sono state proposte varie soluzioni, per prima il trasferimento nucleare, detto anche “clonazione terapeutica”. Allo stato attuale essa non è applicabile ai primati ed alla specie umana. Inoltre sarebbe necessaria una quantità enorme ed irrealistica di ovociti umani. Ci si orienta oggi, anche per motivi etici, verso soluzioni "alternative" come il trasferimento nucleare modificato, nel quale si producono embrioni deficitari incapaci di svilupparsi correttamente, la partenogenesi, la raccolta di blastomeri in occasione della diagnosi preimpiantatoria, o la riprogrammazione delle cellule staminali somatiche. Ad oggi, lo studio delle cellule staminali embrionali rappresenta una promettente chiave per futuri progressi in ambito biologico (biologia dello sviluppo, biologia cellulare e biologia molecolare), nella misura in cui permette di capire meglio i processi ed i meccanismi della differenziazione e della rigenerazione dei tessuti. ---------- Eight years after the onset of the investigation on embryonic stem cells (ESCs), it seems that time has come to consider objectively what the future of such research can be, and what are the ethical issues that are involved. In this first part ESCs are considered at the technical and clinical level. The particular interest of such cells resides in their ability for endless undifferentiated proliferation and for potential development in a large array of various types of cells, even after prolonged culture. A large amount of studies show in particular that ESCs can differentiate in neurons and glia and integrate in the neural tissue of recipient animals. The promotion of such differentiation toward dopaminergic neurons has been obtained for human embryonic stem cells (hESCS), which is promising for possible future clinical application to the treatment of Parkinson's disease. The ESCs have also demonstrated their ability to facilitate the recovery of damaged spinal cord in mice. The graft of ESCs in the hearts of rats with myocardial infarction leads to an improvement of heart function and increases survival. Nevertheless, there are many obstacles that must be overcome before thinking to a clinical use of such cells. The problem perhaps more complex is to be able to direct in an efficient and reproducible way the differentiation of the ESCs in culture. Second, the risk of epigenetic defects or instability with ESCs is real, keeping in mind their origin from embryos created by in vitro fertilization, and the fact that they are kept proliferating in culture for a long period of time, once individualized. Third, ESCs in the undifferentiated state generate cancers when injected in tissues, and that makes necessary, for a clinical use, to start their differentiation in vitro and then to eliminate carefully from the end product these ESCs that are still undifferentiated. Finally, the clinical use of ESCs supposes resolved the immunological problem of their HLA compatibility with the patient who will receive them. Various solutions have been proposed for resolving this last problem, with, in first line, nuclear transfer, the so called "therapeutic cloning." Up to now this nuclear transfer has not been successful in primates and humans. Moreover, it would require the availability of unrealistically large amounts of human ovocytes. Today, also for ethical reasons, the tendency is to look after "alternative solutions" such as "altered nuclear transfer", in which are created disabled embryos, unable to develop correctly, parthenogenesis, the harvest of human blastomeres in the course of preimplantation diagnosis or the reprogramming of human somatic stem cells to an "embryonic state". At present time, the study of ESCs represents a promising key to progresses in the knowledge of cellular and molecular aspects of development, healing and tissue regeneration. These progresses may in turn lead to clinical applications, especially in the field of degenerative diseases and for the recovery of damaged tissues and organs.
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Suaudeau, Jacques. "Le cellule staminali: dall’applicazione clinica al parere etico Parte II. Le cellule staminali non embrionali." Medicina e Morale 55, no. 5 (October 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.342.

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Abstract:
In questa seconda parte, l’attenzione viene focalizzata sulle “cellule staminali non embrionali”, cioè le cellule staminali somatiche (di origine fetale o adulta) e le cellule staminali del sangue del cordone ombelicale. Queste cellule, spesso definite “cellule staminali adulte”, sono state identificate prima delle cellule staminali embrionali. Infatti, l’espressione stessa di cellula “staminale” deriva dall’identificazione delle cellule staminali emopoietiche nel midollo osseo (1961). Più tardi le ricerche hanno evidenziato la presenza di tali cellule immature, multipotenti, che si auto-rinnovano e si auto-differenziano pressoché in tutti i tessuti ed organi del feto e dell’adulto. Appena scoperte, queste cellule staminali “adulte” hanno trovato subito un impiego terapeutico con i primi trapianti di midollo osseo per il trattamento di patologie, maligne e non, del sangue e del sistema linfoide. Oggi le cellule staminali emopoietiche sono usate anche nel trattamento di malattie auto-immuni, come la sclerosi multipla o il lupus erythematosus e nella medicina rigenerativa. Una seconda fonte importante di cellule staminali “adulte” è rappresentata dalle cellule staminali mesenchimali, situate principalmente nel midollo osseo, progenitrici di vari ceppi cellulari: osso, cartilagine, muscolo, tessuto adiposo e astrociti. Queste cellule sembrano avere un ruolo-chiave nella rigenerazione dei tessuti. Sono stati isolati diversi tipi di cellule mesenchimali multipotenti, con proprietà paragonabili a quelle delle cellule staminali embrionali. Il più noto è quello delle MAPCs di Catherine Verfaillie. Queste cellule sono usate clinicamente per vari scopi, tra cui la rigenerazione del miocardio infartuato, l’angiogenesi terapeutica in pazienti con ischemia periferica acuta (specialmente la malattia di Buerger) e il bioengineering (rivestimento cellulare di legamenti o di valvole cardiache sostitutive). In questo ambito si sono registrati risultati incoraggianti nell’animale per il trattamento delle malattie neurodegenerative, dell’ictus, del trauma cerebrale e dei danni del midollo spinale. Sono stati isolati molti altri tipi di cellule staminali “adulte” le cui proprietà riparatrici sono state verificate con successo nell’animale: cellule staminali neuronali (per il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, il morbo di Huntington, l’ictus, il trauma cerebrale, le lesioni del midollo spinale), cellule staminali muscolari (per l’incontinenza urinaria, il danno miocardico), cellule staminali endoteliali (per l’ischemia acuta periferica), cellule staminali cardiache, cellule staminali della retina (per la degenerazione maculare), cellule staminali del limbus della cornea (per il danno corneale). Allo stato attuale, i risultati clinici più promettenti si sono ottenuti con le cellule staminali del sangue del cordone ombelicale (UCB), che hanno portato allo sviluppo di un’area di mercato caratterizzata dalla creazione di banche private di UCB. Generalmente le cellule UCB provocano, al massimo, una reazione immune piuttosto blanda quando vengono trapiantate in soggetti con donatori non compatibili. Si usano con successo laddove sia necessaria una riparazione o rigenerazione nell’organismo del ricevente. I migliori risultati con cellule staminali UCB, fino ad ora, sono stati ottenuti nel trattamento di bambini con morbo di Krabbe. Benefici si sono ottenuti anche dal trapianto locale di cellule UCB in pazienti con danni al midollo spinale. ---------- In this second part of the article, the attention is focused on “non embryonic stem cells”, that is somatic stem cells (from fetus or adult organisms), and umbilical cord blood stem cells. These stem cells, sometimes referred to as “adult stem cells”, were known and recognized as such before the embryonic ones. In fact the mere expression “stem” cells to designate this particular type of immature cell, from which derive all the others, more differentiated cells, came from the identification of the hematopoietic stem cells, in bone marrow (1961). Later investigations have shown that there are such cells, immature, multipotent, self-renewing, and self-differentiating ones in almost all tissues and organs of fetus or adult organism. As soon as they were discovered, these “adult”, autologous stem cells were immediately put in the service of patients, with the first transplantations of bone marrow performed either for the treatment of malignancies, or for the treatment of hematologic disorders. Today, autologous hematopoietic stem cells are also used for the treatment of auto-immune diseases, such as multiple sclerosis or lupus erythematosus and for regenerative medicine. A second, important source of “adult” stem cells are the mesenchymal stem cells, found mainly in bone marrow, but also in blood, progenitors of multiple cell lineages, including bone, cartilage, muscle, adipose tissue and astrocytes, and which seem to hold the key to tissue regeneration. Different types of multipotent mesenchymal stem cells, with properties comparable to those of embryonic stem cells, have been isolated, the best known being the multipotent adult progenitor cells (MAPCs). These cells are used clinically mainly for the healing of the heart after myocardial infarction, with positive statistically significant results, for therapeutic angiogenesis in patients suffering of peripheric ischemic disease (especially Buerger’s disease), and for bioengineering (cellular coating of artificial ligaments or of prosthetic heart valves). They have given promising results in animals for the treatment of neurodegenerative diseases, ictus, brain trauma and spinal cord injuries. Many other types of “adult” stem cells have been isolated and their healing properties assessed with success in animals, such as neural stem cells (for Parkinson’s disease, multiple sclerosis, Huntington’s disease, ictus, brain trauma, spinal cord injury), muscle stem cells (for urinary incontinence, myocardial infarction), endothelial stem cells (for critical limb ischemia), cardiac stem cells, retinal stem cells (for macular degeneration), limbal stem cells (for damaged cornea). At the moment, the more promising results in patients have been obtained with umbilical cord blood stem cells (UCB), prompting the birth of a commercial trade based on private banks. Umbilical cord blood stem cells offer indeed the advantage of their immaturity: as such, they rarely trigger more than a mild immune reaction when transplanted in unrelated recipient organisms. They are used with profit wherever a healing or regenerative process is necessary in a given patient. Up to now, best results with the UCB cells have been obtained in the treatment of children with Krabbe’s disease. Some patients with injured spinal cords have also experienced benefits from UCB cells grafts.
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