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Dissertations / Theses on the topic 'Letteratura teologica'

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Autuori, Martina. "Tra ordo rerum e ordo verborum. ‛Verità’ e ‛realtà’ nella letteratura teologica del primo secolo XII: tre casi esemplari (Oddone di Tournai, Guglielmo di Champeaux, Roscellino di Compiègne)." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2015. http://hdl.handle.net/10556/1900.

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Abstract:
2013 - 2014
La storiografia della seconda metà del ventesimo secolo ha in più occasioni evidenziato la centralità del dibattito teologico emerso tra la seconda metà del secolo XI e i primi decenni del secolo XII per lo sviluppo di una prima compiuta riflessione sullo statuto epistemologico del sapere teologico e del suo linguaggio. Tra gli autori attivi in questo arco cronologico, particolare rilevanza assumono le figure di Oddone di Tournai, Guglielmo di Champeaux e Roscellino di Compiègne, maestri attivi in area francese, uniti dalla condivisione di un percorso curriculare comune ma divisi dalle posizioni assunte su quella che la storiografia ha comunemente (e in parte impropriamente) definito ‘questione degli universali’. La tesi si articola in tre capitoli, incentrati sulla disamina di testi utili alla ricostruzione delle più significative tesi dei tre maestri. In particolare, nel primo capitolo, sulla base delle informazioni tratte da commenti frammentari riportati alla luce in tempi recenti e attribuiti dagli studiosi in maniera non sempre unanime a Guglielmo di Champeaux, e delle Sententiae vel quaestiones raccolte in un florilegio noto come Liber Pancrisis, è stato possibile ricostruire le linee principali del curriculum studiorum delle scuole a cavallo tra i secoli XI e XII, di cui Guglielmo era – agli occhi dei contemporanei e a dispetto di quanto sia passato alla storia attraverso la testimonianza abelardiana – una delle colonne portanti (columna doctorum). Si delinea, dunque, dall'analisi di questi materiali, la figura di un rinomato magister pienamente coerente con il paradigma epistemologico della tradizione aristotelico-boeziana e con il conseguente esemplarismo di matrice agostiniana. Nel suo magistero, Guglielmo utilizza gli strumenti provenienti dalla sapienza antica calati nelle forme di un sapere moderno, elaborando così, nel vivo del dibattito tra antiqui e moderni, una sottile speculazione teologica. I temi principali, dal peccato originale all’incarnazione, sono stati, nel presente lavoro, ricollocati, rispetto all’ordine attribuito dall’editore moderno delle Sententiae, in un percorso che evidenzia una visione platonizzante del reale che, da un punto di vista logico, conduce il pensiero ad ascendere dalle res agli universali mentre, da un punto di vista teologico, presupponendo l’esistenza dei principi di tutte le cose nel Verbo divino, postula una discesa del reale da tali principi. Il capitolo presta particolare attenzione al lessico utilizzato da Guglielmo e alla riproposizione della partizione neoplatonica e, ancora una volta, boeziana della facoltà conoscitive dell'uomo. Lo studio delle arti del trivio, scienze del discorso umano, costituisce infatti la base per indirizzare l’uomo verso una comprensione del discorso divino quale sapere teologico. È nell’incontro di tali discipline e nella coesistenza dei loro intenti che, in quella che sembra essere la proposta speculativa di Guglielmo, si determinano i presupposti di una teoria della conoscenza capace di assicurare al suo interno la fondamentale coesione tra l’ordine dell’universo – così come è stato pensato e creato da Dio – e la capacità affidata all’uomo di ricostruirne la struttura. L’insegnamento della dialettica, l’allontanamento dall’attività magistrale, la scelta del silenzio e del deserto interiore, la dimensione comunitaria della vita religiosa adattata all’ideale eremitico e il concreto impegno, in veste di vescovo, nella riforma di una Chiesa sempre più dilaniata dagli scontri tra papato e impero, accomunano la figura di Oddone di Tournai ai percorsi esistenziali degli altri attori – come lui non protagonisti – del passaggio dal secolo XI al XII, come nel caso specifico del maestro di Champeaux. È, dunque, forse possibile parlare di una linea di pensiero condivisa, capace di intercettare autori geograficamente e spiritualmente distanti tra loro; si tratta di quella linea che pur avendo avuto un cominciamento lontano si è accresciuta nel corso dei secoli dell’alto Medioevo, nutrendosi del contributo di tutti coloro che, attraverso diverse forme, hanno partecipato, nell’adesione a un paradigma esemplarista, dell’ideale platonico calandolo in una realtà storico-culturale di volta in volta differente. Il secondo capitolo si articola principalmente sull’analisi di una delle opere di Oddone, il De peccato originali, dalla cui lettura emergono il metodo dialettico utilizzato dal maestro per sciogliere le numerose difficoltà dogmatiche che emergono nell'analisi filosofico-dottrinaria del tema del peccato originale e, al contempo, il lessico e la struttura epistemologica del medesimo paradigma già evidenziato nel capitolo precedente. La teatrale riproposizione del dibattito tra le diverse dottrine che si sono avvicendate nel corso dei secoli sul tema del peccato originale messa in campo da Oddone consente, in misura ancora maggiore rispetto all’esperienza del laboratorio teologico delle Sententiae di Guglielmo, di entrare nel vivo di un dibattito la cui portata, nell’imminente passaggio di paradigma, sarebbe stata non solo teologica ma anche e soprattutto epistemologica. Tutto questo esploderà in un vero e proprio conflitto dottrinario – analizzato nel terzo e ultimo capitolo – i cui protagonisti (Roscellino, Abelardo e Anselmo) si colpiscono vicendevolmente con il gladius della dialettica; la tesi punta dunque a evidenziare – anche grazie a una mirata collocazione delle diverse opere analizzate in un climax di crescente intensità espressiva – la drammaticità speculativa di un momento di passaggio della storia della filosofia medievale costituito, al contempo, da grande ricchezza speculativa, ma anche da una forte frammentazione terminologica e dottrinaria. Nel terzo capitolo, l’analisi del pensiero di Roscellino di Compiègne – solitamente collocato agli antipodi del realismo caratterizzante le posizioni dei primi due autori – e del dibattito sul tema trinitario innescato dall’applicazione della dottrina nominalista alla sostanza divina nasce dall'esigenza di condurre una valutazione sulla terminologia utilizzata nei testi presi in esame che costituisce il loro perimetro di condivisione. L'unico testo a disposizione degli studiosi per ricostruire la dottrina di Roscellino, una lettera diffamatoria indirizzata ad Abelardo, intercetta, nell'incontro con altre significative testimonianze, in modo particolare l’Epistola de Incarnatione Verbi di Anselmo, una Epistola indirizzata al vescovo di Parigi e la Theologia Summi Boni di Abelardo, le rotte su cui si muoveva il dibattito teologico nel fertile periodo preso in esame in questo lavoro. La scelta di mettere in relazione la posizione di Roscellino con quelle ‘realiste’ di Guglielmo e Oddone offre, per il tramite di una analisi testuale – particolarmente attenta alla scelte terminologiche e alle differenze che vocaboli fondamentali, quali substantia, essentia, persona, singularitas, communitas, idem e diverso – un viaggio in un melieu culturale, filosofico e religioso in cui la ‘verità’ poteva e doveva ancora essere raccontata attraverso una ‘realtà’ il più possibile vicina a quella pensata da Dio, nella più esaustiva corrispondenza di ordo rerum, ordo verborum e ordo idearum.[a cura dell'autore]
XIII n.s.
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2

PESSINA, ANNA. "ANALISI FILOLOGICA E STORICO-TEOLOGICA DI UN INNO PASQUALE PRIMIGENIO. IL CASO DI Mt 27,51b - 53." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/63895.

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Abstract:
L’elaborato analizza e ricostruisce la storia del testo del brano neotestamentario di Mt 27,51b-53. Il breve componimento, di natura innodica, assume particolare rilievo per la sua collocazione all’interno del racconto della passione, cuore dell’annuncio evangelico. Attraverso l’applicazione di una metodologia che tenga conto delle peculiarità di origine, redazione e trasmissione della letteratura protocristiana, il passo in questione è assunto come caso di studio per una rivalutazione, nella constitutio textus del Nuovo Testamento, della c.d. tradizione indiretta, non sempre adeguatamente valutata dalla filologia tradizionale. Il lavoro è strutturato in due macro-sezioni: la prima, filologica, volta a far emergere, attraverso l’analisi delle citazioni indirette, la forma testuale più antica. Particolare attenzione è rivolta all’espressione «dopo la sua risurrezione», non presente nella fase primitiva del testo. La seconda sezione, storico-teologica, analizza il contesto di formazione e utilizzo della pericope, avallando l’ipotesi di un’origine innodica del brano. Esso sarebbe stato un materiale liturgico precedente, forse giudeo-cristiano, a disposizione della comunità e fatto qui confluire dal redattore del Vangelo per celebrare il sacrificio di Gesù. Vengono, infine, indagate le motivazioni teologiche che potrebbero aver contribuito, tra il III e il IV secolo, alla modifica del dettato testuale più antico.
The thesis aims to reconstruct the history of the text of Matt 27:51b-53. This brief composition, probably a hymn, is particularly relevant for its arrangement in the passion narrative, which is the most important point of the Gospel’s kerygma. By applying a methodology that takes into consideration the peculiarity of the origin, the redaction, and the transmission of the earliest Christian literature, these verses are assumed as a study case, in order to value the indirect tradition in the reconstruction of the text of the New Testament. The work is divided into two parts: the first one, philological, brings out, through the indirect quotations, the earliest form of the text, which is partly different from the canonical one. Here, the sentence «after his resurrection» is relevant because it was not present in the primitive text. The second section analyses the context and the employment of the Matthean pericope in order to confirm the hypothesis of the hymn. It might have been a liturgical material, perhaps Jewish-Christian, used by the community and added to the Gospel by the redactor. Finally, this study takes into account the theological reasons that could have caused, within the third and fourth centuries, the modification of the earliest text.
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PESSINA, ANNA. "ANALISI FILOLOGICA E STORICO-TEOLOGICA DI UN INNO PASQUALE PRIMIGENIO. IL CASO DI Mt 27,51b - 53." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/63895.

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Abstract:
L’elaborato analizza e ricostruisce la storia del testo del brano neotestamentario di Mt 27,51b-53. Il breve componimento, di natura innodica, assume particolare rilievo per la sua collocazione all’interno del racconto della passione, cuore dell’annuncio evangelico. Attraverso l’applicazione di una metodologia che tenga conto delle peculiarità di origine, redazione e trasmissione della letteratura protocristiana, il passo in questione è assunto come caso di studio per una rivalutazione, nella constitutio textus del Nuovo Testamento, della c.d. tradizione indiretta, non sempre adeguatamente valutata dalla filologia tradizionale. Il lavoro è strutturato in due macro-sezioni: la prima, filologica, volta a far emergere, attraverso l’analisi delle citazioni indirette, la forma testuale più antica. Particolare attenzione è rivolta all’espressione «dopo la sua risurrezione», non presente nella fase primitiva del testo. La seconda sezione, storico-teologica, analizza il contesto di formazione e utilizzo della pericope, avallando l’ipotesi di un’origine innodica del brano. Esso sarebbe stato un materiale liturgico precedente, forse giudeo-cristiano, a disposizione della comunità e fatto qui confluire dal redattore del Vangelo per celebrare il sacrificio di Gesù. Vengono, infine, indagate le motivazioni teologiche che potrebbero aver contribuito, tra il III e il IV secolo, alla modifica del dettato testuale più antico.
The thesis aims to reconstruct the history of the text of Matt 27:51b-53. This brief composition, probably a hymn, is particularly relevant for its arrangement in the passion narrative, which is the most important point of the Gospel’s kerygma. By applying a methodology that takes into consideration the peculiarity of the origin, the redaction, and the transmission of the earliest Christian literature, these verses are assumed as a study case, in order to value the indirect tradition in the reconstruction of the text of the New Testament. The work is divided into two parts: the first one, philological, brings out, through the indirect quotations, the earliest form of the text, which is partly different from the canonical one. Here, the sentence «after his resurrection» is relevant because it was not present in the primitive text. The second section analyses the context and the employment of the Matthean pericope in order to confirm the hypothesis of the hymn. It might have been a liturgical material, perhaps Jewish-Christian, used by the community and added to the Gospel by the redactor. Finally, this study takes into account the theological reasons that could have caused, within the third and fourth centuries, the modification of the earliest text.
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SEGATO, GIULIO. "THE AMERICAN COMEDY. TEMI, INNOVAZIONI E TEOLOGIA NELL'OPERA DI ELMORE LEONARD." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/45734.

Full text
Abstract:
Il giudizio di molti critici e biografi nei confronti di Elmore Leonard è stato tanto positivo quanto un po’ superficiale: è uno dei più validi scrittori di crime fiction americani grazie alla sua particolare ‘prosa cinematografica’ e al suo orecchio per i dialoghi dei personaggi. Credo che invece nelle narrazioni di Leonard ci siano molti altri aspetti degni d’interesse che il mio lavoro cercherà di indagare. Prima di scrivere ‘romanzi del crimine’ (dal 1969, con la pubblicazione di The Big Bounce) Leonard si era specializzato in racconti e romanzi western con cui sperimentò la sua distintiva tecnica narrativa basta sul discorso indiretto libero e altre innovazioni tematiche. Questa tesi esamina principalmente tre caratteristiche fondamentali dell’opera di Leonard. Anzitutto, nei suoi libri non c’è mai una vera e propria indagine. I lettori sanno già dalle prime pagine chi è il colpevole del crimine e il detective stesso lo scopre poco dopo. Tuttavia, l’eroe non riesce ad arrestare il responsabile a causa di continui impedimenti burocratici. La ricerca delle prove necessarie a incastrare il delinquente si trasforma quindi in una sfida personale che metterà a dura prova l’eroe e la sua coscienza. La seconda caratteristica riguarda le scelte narratologiche dello scrittore, che ha sviluppato un uso singolare del punto di vista. Leonard racconta le sue storie attraverso un narratore onnisciente in terza persona, solo apparentemente neutrale. In realtà, il punto di vista della narrazione continua spostarsi durante la storia, per cui ogni capitolo può essere narrato dal punto di vista di ogni personaggio (anche di un morto, come avviene in Glitz). La scelta di usare un particolare punto di vista non è solo una mera faccenda tecnica ma è anche e soprattutto una questione morale, che rende i libri di Leonard piuttosto disturbanti per il lettore attento. Infine, Leonard, che ha avuto un’educazione cattolica, tende a nascondere dilemmi teologici nelle intercapedini delle sue storie grottesche. Ad esempio, nei suoi romanzi la violenza non è mai la soluzione più giusta – non si configura una violenza necessaria – per cui i suoi eroi preferiscono dialogare con i criminali, o abbandonare la scena, piuttosto che sparare.
Critics and biographers have summarized Elmore Leonard’s work too easily: he was one of the best crime novels writers in America because of his “cinematic” prose and his unerring ear for the voices of the characters. I think there are much more issues in Leonard’s narratives, so my thesis is focused on investigating other distinctive traits of his novels. Leonard actually wrote westerns for many years before first trying his hand at crime fiction (in The Big Bounce 1969), the genre that gave him great fame. My thesis basically examines three distinguishing features. First, in Leonard’s books there is almost never any process of detection. Readers generally know from the very beginning who the murderer is, and in many cases the detective finds out soon after, but he is always prevented from arresting or killing him at once. What prolongs his pursuit is generally not a process of investigation but rather a frustrating combination of legal procedural constraints that are often portrayed as arbitrary, and the killer’s own animal willingness and absurd good luck. Secondly, Leonard, in his narrative, develops a very distinctive point of view. The writer always tells his stories from the omniscient point of view in the third person, only apparently neutral. In Leonard’s novels any chapter can be narrated from the perspective of any character (even a murder victim as in Glitz). This issue is not only a technical problem, it is a moral one, who makes Leonard’s novels disturbing to the reader. Finally Leonard, who had a catholic education and a deep knowledge of the Bible, hides theological issues in his grotesque crime stories. For example, in his novels violence is never the right solution, never necessary, as his heroes prefer talking with the villain or leaving, instead of shooting him.
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SEGATO, GIULIO. "THE AMERICAN COMEDY. TEMI, INNOVAZIONI E TEOLOGIA NELL'OPERA DI ELMORE LEONARD." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/45734.

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Abstract:
Il giudizio di molti critici e biografi nei confronti di Elmore Leonard è stato tanto positivo quanto un po’ superficiale: è uno dei più validi scrittori di crime fiction americani grazie alla sua particolare ‘prosa cinematografica’ e al suo orecchio per i dialoghi dei personaggi. Credo che invece nelle narrazioni di Leonard ci siano molti altri aspetti degni d’interesse che il mio lavoro cercherà di indagare. Prima di scrivere ‘romanzi del crimine’ (dal 1969, con la pubblicazione di The Big Bounce) Leonard si era specializzato in racconti e romanzi western con cui sperimentò la sua distintiva tecnica narrativa basta sul discorso indiretto libero e altre innovazioni tematiche. Questa tesi esamina principalmente tre caratteristiche fondamentali dell’opera di Leonard. Anzitutto, nei suoi libri non c’è mai una vera e propria indagine. I lettori sanno già dalle prime pagine chi è il colpevole del crimine e il detective stesso lo scopre poco dopo. Tuttavia, l’eroe non riesce ad arrestare il responsabile a causa di continui impedimenti burocratici. La ricerca delle prove necessarie a incastrare il delinquente si trasforma quindi in una sfida personale che metterà a dura prova l’eroe e la sua coscienza. La seconda caratteristica riguarda le scelte narratologiche dello scrittore, che ha sviluppato un uso singolare del punto di vista. Leonard racconta le sue storie attraverso un narratore onnisciente in terza persona, solo apparentemente neutrale. In realtà, il punto di vista della narrazione continua spostarsi durante la storia, per cui ogni capitolo può essere narrato dal punto di vista di ogni personaggio (anche di un morto, come avviene in Glitz). La scelta di usare un particolare punto di vista non è solo una mera faccenda tecnica ma è anche e soprattutto una questione morale, che rende i libri di Leonard piuttosto disturbanti per il lettore attento. Infine, Leonard, che ha avuto un’educazione cattolica, tende a nascondere dilemmi teologici nelle intercapedini delle sue storie grottesche. Ad esempio, nei suoi romanzi la violenza non è mai la soluzione più giusta – non si configura una violenza necessaria – per cui i suoi eroi preferiscono dialogare con i criminali, o abbandonare la scena, piuttosto che sparare.
Critics and biographers have summarized Elmore Leonard’s work too easily: he was one of the best crime novels writers in America because of his “cinematic” prose and his unerring ear for the voices of the characters. I think there are much more issues in Leonard’s narratives, so my thesis is focused on investigating other distinctive traits of his novels. Leonard actually wrote westerns for many years before first trying his hand at crime fiction (in The Big Bounce 1969), the genre that gave him great fame. My thesis basically examines three distinguishing features. First, in Leonard’s books there is almost never any process of detection. Readers generally know from the very beginning who the murderer is, and in many cases the detective finds out soon after, but he is always prevented from arresting or killing him at once. What prolongs his pursuit is generally not a process of investigation but rather a frustrating combination of legal procedural constraints that are often portrayed as arbitrary, and the killer’s own animal willingness and absurd good luck. Secondly, Leonard, in his narrative, develops a very distinctive point of view. The writer always tells his stories from the omniscient point of view in the third person, only apparently neutral. In Leonard’s novels any chapter can be narrated from the perspective of any character (even a murder victim as in Glitz). This issue is not only a technical problem, it is a moral one, who makes Leonard’s novels disturbing to the reader. Finally Leonard, who had a catholic education and a deep knowledge of the Bible, hides theological issues in his grotesque crime stories. For example, in his novels violence is never the right solution, never necessary, as his heroes prefer talking with the villain or leaving, instead of shooting him.
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Stefanoni, Giuliano <1986&gt. "La sessualità nelle argomentazioni teologiche di Tommaso d'Aquino ed Abu Hamid al-Ghazali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16403.

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Abstract:
L'elaborato prenderà in considerazione gli argomenti avanzati dai due grandi autori in merito alla tematica della sessualità, ssecondo quanto desunto dal confronto tra due delle loro opere principali.
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7

Giardini, M. "'EGO, PRESBITER IOHANNES, DOMINUS SUM DOMINANTIUM': LA TEOLOGIA POLITICA DELLA 'LETTERA DEL PRETE GIANNI' (XII SECOLO)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/159638.

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Abstract:
The thesis deals with the origins of the legend of Prester John, in the 12th century, attempting to to shed a light upon the political implications of its marvellouos contents. After a survey of the different interpretations expressed by scholars in the 19th and 20th century, the thesis analyzes the main aspects of the legend at the very beginning of its development, in the frame of the cultural, theological and political principles and assumptions of the traditions that originated it.
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8

Mancini, Francesca. "La visione dell'ebreo in Martin Luther e la sua ricezione nell'età dell'Ortodossia luterana." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427532.

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Abstract:
The dissertation is about Martin Luther's depiction of the Jew and its influence on Lutheran theologians and preachers in 16th and 17th century-Germany. Most of Lutheran clergymen considered the Jew as a rhetorical device, which could be used to achieve many goals, such as proving the valifity of Lutheran doctrine, imparting catechistic knowledge to the parishioners, and asserting the parson's authority.
La tesi di dottorato riguarda la visione dell'ebreo in Martin Luther e la sua ricezione da parte dei teologi e predicatori luterani durante l'età dell'Ortodossia.
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SARTORI, PAOLO. "La Bibbia e la Certosa. Letture dal De Tralatione Bibliae di Petrus Sutor (1525) sullo sfondo del contrasto tra Erasmo e i teologi di Parigi e Lovanio." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/173.

Full text
Abstract:
Prima parte: L'analisi del rapporto tra spiritualità certosina e devotio moderna consente di individuare il contesto in cui maturò ed ebbe fortuna il De tralatione Bibliae di Petrus Sutor, monaco certosino. La spiritualità certosina ebbe forte influsso sulla Congregazione di Montaigu, espressione estrema della devotio moderna, nella quale lo stesso Sutor fu massima autorità spirituale in qualità di priore della Certosa di Parigi. Alla Congregazione di Montaigu appartennero i principali oppositori di Erasmo nel campo della filologia biblica nell'area di Parigi e Lovanio. In essa ebbe fortuna l'opera di Sutor, anche se il mondo di Montaigu mostra due facce. Il mondo parigino di Montaigu risulta infatti più conservatore di quello lovaniense, che nelle figure di Iacobus Latomus e Frans Titelmans mostra una certa apertura all'umanesimo. Seconda parte e appendice: i contenuti del De tralatione Bibliae mostrano i rapporti di Sutor con altri oppositori erasmiani, Stunica in particolare. Emergono le fonti che stanno alla base delle informazioni storiche fornite da Sutor, tra cui emerge Petrus Comestor, e la risonanza del De tralatione Bibliae negli ambienti culturali inglesi, in particolare in John Fisher.
First Part: In order to supply with due context Sutor's De tralatione Bibliae, it is necessary to rediscover the interplay between Carthusian spirituality and devotio moderna. The carthusian influence was particulary strong in the Congregation of Montaigu, which formed an extreme wing of devotio moderna. Sutor himself played a very important role in the Congregation of Montaigu having been his major authority for three years as Prior of the Parisian Charterhouse. The main critics of Erasmus in the field of biblical philology, who were active in Paris and Louvain theological units belonged to the Montaigu Congregation. There were differences between the Paris and Louvain Montaigu cultural and spiritual habits. Louvain shows a particular trend to moderation and acceptance of some fundamental humanistic issues, that we can trace in Iacobus Latomus and Francis Titelmans. Second Part and Appendix: The contents of Sutor's De tralatione Bibliae display the relationship between Sutor and other critics of Erasmus, in particular Stunica. Through the text we rediscover the different sources Sutor uses in order to supply the reader with historical information, especially Petrus Comestor, and we can identify some echoes of Sutor's works in John Fisher and the English cultural circles.
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SARTORI, PAOLO. "La Bibbia e la Certosa. Letture dal De Tralatione Bibliae di Petrus Sutor (1525) sullo sfondo del contrasto tra Erasmo e i teologi di Parigi e Lovanio." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/173.

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Abstract:
Prima parte: L'analisi del rapporto tra spiritualità certosina e devotio moderna consente di individuare il contesto in cui maturò ed ebbe fortuna il De tralatione Bibliae di Petrus Sutor, monaco certosino. La spiritualità certosina ebbe forte influsso sulla Congregazione di Montaigu, espressione estrema della devotio moderna, nella quale lo stesso Sutor fu massima autorità spirituale in qualità di priore della Certosa di Parigi. Alla Congregazione di Montaigu appartennero i principali oppositori di Erasmo nel campo della filologia biblica nell'area di Parigi e Lovanio. In essa ebbe fortuna l'opera di Sutor, anche se il mondo di Montaigu mostra due facce. Il mondo parigino di Montaigu risulta infatti più conservatore di quello lovaniense, che nelle figure di Iacobus Latomus e Frans Titelmans mostra una certa apertura all'umanesimo. Seconda parte e appendice: i contenuti del De tralatione Bibliae mostrano i rapporti di Sutor con altri oppositori erasmiani, Stunica in particolare. Emergono le fonti che stanno alla base delle informazioni storiche fornite da Sutor, tra cui emerge Petrus Comestor, e la risonanza del De tralatione Bibliae negli ambienti culturali inglesi, in particolare in John Fisher.
First Part: In order to supply with due context Sutor's De tralatione Bibliae, it is necessary to rediscover the interplay between Carthusian spirituality and devotio moderna. The carthusian influence was particulary strong in the Congregation of Montaigu, which formed an extreme wing of devotio moderna. Sutor himself played a very important role in the Congregation of Montaigu having been his major authority for three years as Prior of the Parisian Charterhouse. The main critics of Erasmus in the field of biblical philology, who were active in Paris and Louvain theological units belonged to the Montaigu Congregation. There were differences between the Paris and Louvain Montaigu cultural and spiritual habits. Louvain shows a particular trend to moderation and acceptance of some fundamental humanistic issues, that we can trace in Iacobus Latomus and Francis Titelmans. Second Part and Appendix: The contents of Sutor's De tralatione Bibliae display the relationship between Sutor and other critics of Erasmus, in particular Stunica. Through the text we rediscover the different sources Sutor uses in order to supply the reader with historical information, especially Petrus Comestor, and we can identify some echoes of Sutor's works in John Fisher and the English cultural circles.
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PREMOLI, DANIELE. "NOVA EX VETERIBUS. IL CONTRIBUTO DI GIOVANNI COLOMBO ALLA FORMAZIONE SACERDOTALE A MILANO E AL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II (1902-1965)." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/109016.

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Abstract:
Il dottorato intende studiare il contributo che Giovanni Colombo (1902-1992), futuro cardinale e arcivescovo di Milano, apportò al tema della formazione sacerdotale. Prima di succedere a Montini sulla cattedra ambrosiana, Colombo fu infatti per quasi un quarantennio educatore nei seminari diocesani, dapprima come professore e in seguito come rettore. Egli si dovette così confrontare con il tema dell’aggiornamento dei metodi formativi dei chierici, argomento largamente dibattuto specialmente negli anni del secondo dopoguerra e che portò, al termine Concilio ecumenico Vaticano II, al decreto sulla formazione sacerdotale. Chiamato a partecipare ai lavori della fase preparatoria del Concilio, Colombo assunse l’incarico di redigere una parte considerevole dello schema che sarebbe in seguito confluito nel decreto conciliare Optatam totius. Dopo aver presentato la Chiesa ambrosiana degli episcopati di Schuster e Montini, con particolare attenzione al suo clero, la tesi esamina così gli anni dell’insegnamento di Colombo, che fu professore di letteratura italiana e teologia spirituale; del rettorato e infine della partecipazione al Concilio, sia nella fase preparatoria che nello svolgimento dell’assise. Infine, nell’appendice documentaria, vengono riportati alcuni appunti del presule ambrosiano dedicati alla formazione sacerdotale, e il primo schema del decreto sulla formazione sacerdotale.
This doctorate aims to study the contribution that Giovanni Colombo (1902-1992), future cardinal and archbishop of Milan, made to the theme of priestly formation. Before succeeding Montini in the Ambrosian chair, Colombo was in fact an educator in diocesan seminaries for almost forty years, first as professor and then as rector. He had to deal with the issue of updating the training methods of clerics, a subject widely debated especially in the years after the Second World War and which led, at the end of the Second Vatican Ecumenical Council, to the decree on priestly formation. Called upon to participate in the preparatory phase of the Council, Colombo was responsible for drawing up a considerable part of the outline that would later become the Council Decree Optatam totius. After presenting the Ambrosian Church during the episcopates of Schuster and Montini, with particular attention to its clergy, the thesis examines the years of Colombo's teaching, as professor of Italian literature and spiritual theology, of his rectorate and finally of his participation in the Council, both in the preparatory phase and in the course of the assembly. Finally, the documentary appendix contains some of the ambrosian prelate's notes on priestly formation, and the first outline of the decree on priestly formation.
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OTTOBRINI, Tiziano. "Paralipomeni sul "De principiis" di Damascio: intorno alla teoresi dell'apofatismo." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2019. http://hdl.handle.net/10446/128667.

Full text
Abstract:
Intendimento precipuo del presente contributo vuole essere l'indagine sia speculativa sia storica della mistica razionale sottesa al "De principiis" di Damascio. La cura della prima versione italiana del trattato ha permesso di mettere a fuoco almeno tre aspetti poziori di quello che potrà pleno jure essere considerato l'estremo filosofo dell'Academia neoplatonica e, più latamente, l'ultimo filosofo greco tout court: I) l'opera in oggetto, collocandosi a ridosso del torno di anni dell'editto giustinianeo del 529, rappresenta una specola privilegiata per traguardare la trajettoria della teoresi ateniese successiva a Proclo; se questi è per solito presentato quale il punto di arrivo e l'approdo di sistemazione della temperie neoplatonica, Damascio offre invece la possibilità di considerare una via minoritaria e, sotto molti rispetti, eterodossa nell'ispezione filosofica durante l'autunno dell'Academia, virando lo sguardo verso spazî di ricerca (in primis l'ineffabile) che costituiscono un ponte con il coevo neoplatonismo cristiano, segnatamente in Dionigi ps.-Areopagita. II) L'esame linguistico del trattato damasciano ha condotto a valutare la specificità dell'indagine del Nostro circa il rapporto tra apofatismo e catafatismo; Damascio, infatti, risulta articolare una metafisica dell'aporia in senso ricco, laddove cioè l'aporia è valutata non come un ostacolo al logos bensì come il suo spalancamento su un oltre che lo supera e che, pur senza lasciarsi nemmeno intravedere in alcun modo, tuttavia comunica al logos medesimo la limitatezza e l'insufficienza dell'intelletto verso se stesso. Tale struttura euporetica è venuta emergendo come sviluppata da Damascio non solo sotto il rispetto speculativo ma anche sotto il rispetto retorico, segnatamente mediante la calibrata tecnica espositiva del subprincipiamento, dell'in-dicazione allusiva e dello stilema della presenza-assenza nelle doglie filosofiche. III) In ultimo, il programma speculativo di Damascio mostra la sua cifra rispetto al prevalente impianto neoplatonico in forza del trascendimento che opera dalla metafisica alla protologia; nel De principiis, infatti, viene agíta una radicalizzazione dell'istanza giamblichea – a lungo negletta – del principio che è addirittura al di sopra dell'uno e della sostanza, tanto da essere impensabile e ineffabile. L'ineffabile presso Damascio è strutturale e pienamente razionale, portando l'autore a oltrepassare anche l'uno stesso; l'ineffabile è la chiave di violino secondo cui rileggere l'intiera partitura della gerarchia ontologica dell'essere, così che tutta la trama delle triadi e delle enadi sia in ultima analisi incompleta e non autosufficiente, perché l'origine primissima del tutto e del sovratutto resta incognita e impronunciabile: l'ipermetafisica damasciana chiude pertanto il neoplatonismo tardoantico pagano con il monito che l'ineffabile e l'inconoscibile sono non solo al di sopra del mondo cosmico ma, essendo principio originante del tutto-uno, sono anche e soprattutto dentro le fibre vive dell'architettura dell'essere e della vita.
On Damascius' "De principiis": the main focus of this essay wants to be the analysis – both historical and speculative – of the last Neo-platonic philosophy after Proclus from the privileged point of view of the finest metaphysical treatise surviving about the year 529 (closing of Platonic Academy by means of Justinian edict). At least three respects must be pointed out: I) Damascius aims to consider radically not only the One as the highest principle but also that principle which is besides the One; as a result his metaphysics becomes a protology (similar to Dionysius the Areopagite's hypermetaphysics, but rationally), since he does not proceed from the One downward but mainly from the One upward, towards the apophatic principle. II) The first Italian version of the treatise has planned on highlighting the rhetorical strategy tinged with Damascius' research: not only is the last scholar an aporetic philosopher but also his modus scribendi is euporetic. The perspectives that arise from aporetic hermeneutics shed light on logos as open wide, in order to glimpse the ineffable as ineffable, setting it free from rational implications specially through endeixis, hyparxis and intelligible labour pains. III) Since the primum primorum is ineffable and since the whole comes from the ineffable, all of the enads and of the triads of Neo-Platonic theoretical building are ineffable and essentially unknowable; this is not scepticism because of the nature of the first principle: it is known as unknowable, which is the rational way to preserve its apophatic (and not simply cataphatic) trascendence. Therefore it will be argued that Damascius' rational mysticism shows hypermetaphysical ineffable is both above the One and just inside each level of human thought: logos is so strong to go beyond itself somehow.
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TEALDI, ELENA. "Il Vade mecum in tribulatione di Giovanni di Rupescissa. Edizione critica." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1398.

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Abstract:
Il Vade mecum in tribulatione, scritto nel 1356 dal frate minore Giovanni di Rupescissa, è un breve testo di carattere profetico-apocalittico, scritto con l'intento di guidare i Cristiani attraverso un'imminente tribolazione, attesa entro il 1370. La tradizione manoscritta latina comprende quaranta codici, divisi in tre gruppi: la versione integrale del Vade mecum; una versione epitomata; altri casi di riassunti del testo. La ratio editionis mostra le caratteristiche di ciascuna di queste famiglie e la struttura complessiva dello stemma codicum ipotizzato. La versione integrale e l'epitome sono edite criticamente, mentre gli altri casi di riassunti sono trascritti parzialmente o integralmente, secondo la loro originalità rispetto alla forma integrale. Lo studio introduttivo, che precede l'edizione, affronta i seguenti argomenti: l'uso delle fonti profetiche e il confronto con la tradizione francescano-spirituale e con le “profezie papali” medievali; la teorizzazione e la struttura dell'ermeneutica storica di Rupescissa; l'evoluzione del genere della “profezia politica”.
The Vade mecum in tribulatione, written in 1356 by the minor friar John of Rupescissa, is a short text, oriented in a prophetical-apocalyptical direction with the aim to lead the Christians across an imminent persecution, expected before the year 1370. The Latin tradition comprehends forty manuscripts, divided in three groups: the integral version of the Vade mecum; the epitome version; other kinds of summary and abstract of the text. The ratio editionis explains the characteristics of each family and the structure of the stemma codicum. The integral version and the epitome are separately edited, while the other summaries are partially or integrally transcribed, according to their originality. The introductory study, that precedes the edition, faces these arguments: the use of the prophetic sources and the comparison with the spiritual Franciscan tradition and the “papal prophecies”; the structure and the finalization of an historical hermeneutic; the evolution of the genre of “political prophecy”.
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TEALDI, ELENA. "Il Vade mecum in tribulatione di Giovanni di Rupescissa. Edizione critica." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1398.

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Il Vade mecum in tribulatione, scritto nel 1356 dal frate minore Giovanni di Rupescissa, è un breve testo di carattere profetico-apocalittico, scritto con l'intento di guidare i Cristiani attraverso un'imminente tribolazione, attesa entro il 1370. La tradizione manoscritta latina comprende quaranta codici, divisi in tre gruppi: la versione integrale del Vade mecum; una versione epitomata; altri casi di riassunti del testo. La ratio editionis mostra le caratteristiche di ciascuna di queste famiglie e la struttura complessiva dello stemma codicum ipotizzato. La versione integrale e l'epitome sono edite criticamente, mentre gli altri casi di riassunti sono trascritti parzialmente o integralmente, secondo la loro originalità rispetto alla forma integrale. Lo studio introduttivo, che precede l'edizione, affronta i seguenti argomenti: l'uso delle fonti profetiche e il confronto con la tradizione francescano-spirituale e con le “profezie papali” medievali; la teorizzazione e la struttura dell'ermeneutica storica di Rupescissa; l'evoluzione del genere della “profezia politica”.
The Vade mecum in tribulatione, written in 1356 by the minor friar John of Rupescissa, is a short text, oriented in a prophetical-apocalyptical direction with the aim to lead the Christians across an imminent persecution, expected before the year 1370. The Latin tradition comprehends forty manuscripts, divided in three groups: the integral version of the Vade mecum; the epitome version; other kinds of summary and abstract of the text. The ratio editionis explains the characteristics of each family and the structure of the stemma codicum. The integral version and the epitome are separately edited, while the other summaries are partially or integrally transcribed, according to their originality. The introductory study, that precedes the edition, faces these arguments: the use of the prophetic sources and the comparison with the spiritual Franciscan tradition and the “papal prophecies”; the structure and the finalization of an historical hermeneutic; the evolution of the genre of “political prophecy”.
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CHIAPPARINI, GIULIANO. "GLI "EXCERPTA EX THEODOTO" DI CLEMENTE ALESSANDRINO Introduzione, testo, traduzione e commento." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19301.

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Abstract:
L'opera presenta una nuova edizione critica del testo greco degli "Estratti da Teodoto" di Clemente Alessandrino oltre alla prima traduzione italiana completa. Alcuni capitoli introduttivi e un esteso commento permettono di apprezzare la ricchezza di contenuti di questa fonte di inizio III sec. per lo studio dello gnosticismo, letteratura cristiana antica, patristica e storia del dogma. Gli "Estratti da Teodoto" non sono una raccolta di frammenti originali copiati da fonti gnostiche principalmente valentiniane, come si crede abitualmente. Ad un'analisi approfondita essi appaiono come una collezione di tredici frammenti tratti dalle "Ipotiposi", un'opera perduta di Clemente. La natura e il contenuto di questi frammenti mostrano che la tradizionale suddivisione degli ETh in quattro sezioni (Sagnard) non è ricevibile. Deve pure essere abbandonato il tentativo di individuare precisamente le parti 'valentiniane' e 'clementine'. Clemente riporta raramente citazioni letterali tratte dalle sue fonti, mentre molto spesso presenta le dottrine 'eterodosse' in modo indiretto, proponendo delle sintesi ('epitomes'). Nella prima parte degli ETh Clemente presenta e discute soprattutto dottrine valentiniane, probabilmente 'orientali'. Tuttavia, a partire principalmente dal frammento 11 illustra il pensiero di Teodoto. Costui sembra abbia sviluppato e modificato dottrine del valentinianesimo 'occidentale', come dimostra il confronto con la 'Grande Notizia' di Ireneo.
The work presents a new critical edition of the greek text of "Excerpta ex Theodoto" of Clement of Alexandria together with the first complete Italian translation. Some introductory chapters and an extensive commentary allow you to appreciate the richness of the contents of this early third century source for the study of Gnosticism, ancient Christian literature, patristic and history of dogma. The ETh are not a collection of original fragments copied from Gnostic sources mainly valentinian, as believed to routinely. For an in-depth analysis they appear to be a compilation of thirteen fragments from "Hypotyposeis", lost work of Clement. The nature and extent of these fragments show that the traditional division of the ETh in four sections is unacceptable. It must also be abandoned the attempt to accurately identify 'valentinian' and 'clementinian' parts. Clement shows a few quotes verbatim from his sources. Very often shows 'heterodox' doctrines indirectly proposing summaries ('epitomes'). In the first part of the collection Clement presents and discusses especially valentinian doctrines, probably 'eastern'. Instead, starting mainly from the fragment 11, he presents the Theodotus thought. He seems develope and modify doctrines of 'western' valentinianism, as demonstrated by the comparison with the 'Great Notice' of Irenaeus.
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CHIAPPARINI, GIULIANO. "GLI "EXCERPTA EX THEODOTO" DI CLEMENTE ALESSANDRINO Introduzione, testo, traduzione e commento." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19301.

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Abstract:
L'opera presenta una nuova edizione critica del testo greco degli "Estratti da Teodoto" di Clemente Alessandrino oltre alla prima traduzione italiana completa. Alcuni capitoli introduttivi e un esteso commento permettono di apprezzare la ricchezza di contenuti di questa fonte di inizio III sec. per lo studio dello gnosticismo, letteratura cristiana antica, patristica e storia del dogma. Gli "Estratti da Teodoto" non sono una raccolta di frammenti originali copiati da fonti gnostiche principalmente valentiniane, come si crede abitualmente. Ad un'analisi approfondita essi appaiono come una collezione di tredici frammenti tratti dalle "Ipotiposi", un'opera perduta di Clemente. La natura e il contenuto di questi frammenti mostrano che la tradizionale suddivisione degli ETh in quattro sezioni (Sagnard) non è ricevibile. Deve pure essere abbandonato il tentativo di individuare precisamente le parti 'valentiniane' e 'clementine'. Clemente riporta raramente citazioni letterali tratte dalle sue fonti, mentre molto spesso presenta le dottrine 'eterodosse' in modo indiretto, proponendo delle sintesi ('epitomes'). Nella prima parte degli ETh Clemente presenta e discute soprattutto dottrine valentiniane, probabilmente 'orientali'. Tuttavia, a partire principalmente dal frammento 11 illustra il pensiero di Teodoto. Costui sembra abbia sviluppato e modificato dottrine del valentinianesimo 'occidentale', come dimostra il confronto con la 'Grande Notizia' di Ireneo.
The work presents a new critical edition of the greek text of "Excerpta ex Theodoto" of Clement of Alexandria together with the first complete Italian translation. Some introductory chapters and an extensive commentary allow you to appreciate the richness of the contents of this early third century source for the study of Gnosticism, ancient Christian literature, patristic and history of dogma. The ETh are not a collection of original fragments copied from Gnostic sources mainly valentinian, as believed to routinely. For an in-depth analysis they appear to be a compilation of thirteen fragments from "Hypotyposeis", lost work of Clement. The nature and extent of these fragments show that the traditional division of the ETh in four sections is unacceptable. It must also be abandoned the attempt to accurately identify 'valentinian' and 'clementinian' parts. Clement shows a few quotes verbatim from his sources. Very often shows 'heterodox' doctrines indirectly proposing summaries ('epitomes'). In the first part of the collection Clement presents and discusses especially valentinian doctrines, probably 'eastern'. Instead, starting mainly from the fragment 11, he presents the Theodotus thought. He seems develope and modify doctrines of 'western' valentinianism, as demonstrated by the comparison with the 'Great Notice' of Irenaeus.
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Manova, Iva. "The Cultural Project of Krastyo Peykich (1666-1730): A 'Spiritual Weapon' for the Catholic Undertaking in Eighteenth-Century East Central Europe." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422534.

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Abstract:
Krastyo Peykich (1666-1730) was an early modern author, Bulgarian by birth, Roman and Venetian by education, active as a Catholic missionary in central and east-central Europe in the decades around the very end of the seventeenth and the beginning of the eighteenth centuries, whose polemical works dealt with controversialist theology and political and juridical issues. This study discloses his cultural project and the historical relevance of the latter, by means of a reading of his works and an analysis of a number of published and unpublished sources. Peykich was born into a Catholic family in the small town of Chiprovtsi, in north-west present-day Bulgaria, at the time well within the borders of the Ottoman Empire. After the failure of the Chiprovtsi uprising against the Ottoman rule in 1688, Peykich fled to Italy. After a sojourn in Venice, in 1689 he became a student at the Collegio Urbano of the Holy Congregation de Propaganda Fide in Rome. He remained there until 1698, when he left the College – without however obtaining a degree – in order to become a missionary in Transylvania and Wallachia. From 1704 to 1709 he was prefect of the Pia Casa dei Catecumeni in Venice. In the following years, he worked once again as a missionary, parish priest and canon in Hungary, Transylvania, Wallachia and Croatia. He died most probably in 1730 in Vienna. Peykich was the author of four books. For the purposes of the present study, we can divide them in two groups. The first group concerns the question of the schism between Eastern and Western Churches and consists of three publications: "Zarcalo istine", "Speculum veritatis" and "Concordia orthodoxorum Patrum orientalium et occidentalium". "Zarcalo istine" (Venice 1716) was Peykich’s first publication and was written in a variant of Southern Slavic (“Illyrian”) language. "Speculum veritatis" (Venice 1725) was an enlarged version of the Zarcalo in Latin. "Concordia" (Trnava 1730) was a closer examination of an aspect of the question. All three are designed according to the literary genre of controversistic theology, yet seem animated by a concordistic spirit, aiming to promote the reunification of the Eastern and Western Churches. The second “group” of works actually consists in only one publication: the "Mahometanus in lege Christi, Alcorano suffragante, instructus" (Trnava 1717), a “catechism” for Catholic missionaries carrying out their activity among Muslims. A first objective of the present study consists in offering a new, significantly enriched biography of our author. As a result of our research, we are now able to trace Peykich’s life in much greater detail than before, especially as far as his missionary activity and editorial projects are concerned. We uncover, to give an example, Krastyo Peykich’s exact date of birth: 14th September, 1666. However, our main objective is to disclose Peykich’s cultural project. For this purpose, we have described the cultural and political context of his activity, placing it within the wider perspective of the Hapsburg’s policy: a policy aimed at the religious integration of their subjects and the consolidation of Catholicism as the “state religion” in their Empire. Within this context, Peykich’s books had to serve the cause of the union of the “schismatic” Orthodox Church with the Catholic Church and of converting Lutheran and Calvinist “heretics” and Muslim “infidels” to Catholicism. Through this direct purpose, our author aimed at a final, supreme end. It consisted in the “liberation” of all Christian peoples – Peykich’s Bulgarian compatriots among them – from the Ottoman domination. According to Peykich’s view, the European Powers were to join forces under the leadership of the Catholic emperor in order to form a Christian front united against the Ottoman Empire. The project of our author as a missionary and a man of letters was to contribute to the fulfillment of that end by providing the "militia christiana" with the “spiritual weapon” of his polemical works. This “spiritual weapon” was actually two-edged. It had a conceptual – religious and political – aspect, on one side, and a linguistic one, on the other. In the present study, we have tried to disclose both of them. Peykich’s polemical book against the Muslims and his works on the schism and the union of the Church are analysed – with regard to their context, sources, intentions and content – in two distinct chapters. A futher chapter is dedicated to his linguistic endeavour. Our study of the "Mahometanus" improves the previous current knowledge of its sources and shows that it was designed with a view to a possible audience of Muslims: if not to be read directly by them, at least to be applied on the occasion of their proselytization and in the process of their catechization. This is a significant difference with respect to the standard medieval and early modern Christian anti-Muslim polemical treatises addressed to a Christian audience. Our analysis of Peykich’s works on the schism and the union of the Church illustrates his cultural project for the conversion of all Orthodox Slavic peoples in the Balkans to Catholicism and his political ideal of an allembracing Christian alliance to triumph over the Ottoman Empire. Among the results of our researches we can mention the discovery of an autograph of Peykich’s "Speculum veritatis". Still in the context of the project for the conversion of all Orthodox Slavic peoples in the Balkans to Catholicism, was Peykich’s attempt to reach a broader audience among diverse, and not necessarily highly or “classically” educated, social strata by writing a work in a variant of a Southern Slavic idiom. In his eyes, this language had to be an instrument for religious unification, which in turn was interpreted as the necessary basis for the political unification of Southern Slavs with other Catholic nations under the Catholic Emperor. "Zarcalo istine" was the first book on Orthodox-Catholic theological controversy ever written in a Southern Slavic language. A standardised technical apparatus for translating the Latin terms was lacking; there were no models to follow when writing on theoretical or abstract matters. Although Peykich was not able to elaborate “Illyrian” counterparts for the whole range of technical terms applied in trinitarian theology, his attempt to create a theological and philosophical “Illiric” terminology is still memorable. Our contribution to the study of this topic is principally a table of the equivalences of theological, philosophical and ecclesiological lexemes and syntagmata in "Zarcalo" and in "Speculum", wich we offer in chapter four of the present dissertation. With regard to his books, Peykich never tired of insisting that they were the fruit of his practical experience and were in point of fact meant to be used in practice. In accordance with his own statements, our analysis gives an account of Peykich’s polemical works as a manifestation and a revealing example both of post-Tridentine Catholic expansion in eastern Europe and of the Hapsburg’s policy towards religious minorities in the borderlands of the Empire.
Krastyo Peykich (1666-1730) fu uno scrittore vissuto in età moderna. Bulgaro di nascita, di formazione romana e veneziana, attivo come missionario cattolico in Europa centrale e centro-orientale negli ultimi anni del secolo XVII e nei primi decenni del secolo XVIII, fu autore di opere di teologia controversistica ricche di elementi politici e giuridici. Il presente studio disvela ed esamina il suo progetto culturale e la rilevanza storica di quest’ultimo, attraverso un’analisi delle opere del nostro autore e di fonti edite e inedite che lo concernono. Peykich nacque in una famiglia cattolica a Chiprovtsi, nell’attuale Bulgaria nord-occidentale, all’epoca ben all’interno dell’Impero Ottomano. A seguito del fallimento dell’insurrezione del 1688 dei cattolici di Chiprovtsi contro il dominio turco, Peykich fuggì in Italia. Dopo un soggiorno di alcuni mesi a Venezia, nel 1689 divenne studente nel Collegio “Urbano” della Congregazione de Propaganda Fide, in Roma. Qui rimase fino al 1698, quando lasciò il Collegio – senza però conseguire la laurea in teologia – al fine di recarsi come missionario in Transilvania e in Valacchia. Dal 1704 al 1709 fu priore della Pia Casa dei Catecumeni a Venezia. Nei venti anni che seguirono fu di nuovo missionario, parroco e canonico in Ungheria, Transilvania, Valacchia e Croazia. Alcuni dati documentali inducono a ritenere che sia morto a Vienna nel 1730. Peykich fu autore di quattro opere. Ai fini del presente studio, esse possono essere ripartite in due classi. La prima classe concerne la questione dello scisma tra la Chiesa Orientale e quella Occidentale. Essa è composta da tre testi: lo "Zarcalo istine", lo "Speculum veritatis" e la "Concordia orthodoxorum Patrum orientalium et occidentalium". Lo "Zarcalo istine" (Venezia 1716) fu la meridionale che potremmo definire “illirica”. Lo Speculum veritatis (Venezia 1725) è una versione ampliata e in lingua latina dello Zarcalo. La "Concordia" (Trnava 1730) approfondisce un aspetto della questione. Le tre opere rientrano nel genere letterario della teologia controversistica, tuttavia sono animate da uno spirito concordistico, finalizzato ad agevolare il ricongiungimento della Chiesa Orientale con quella Occidentale. La seconda classe di opere è costituita, in realtà, da una sola pubblicazione: il "Mahometanus in lege Christi, Alcorano suffragante, instructus" (Trnava 1717); una sorta di catechismo per i missionari cattolici che avessero svolto la propria attività tra i musulmani. Un primo obiettivo del presente studio consiste nell’offrire una biografia del nostro autore più accurata e documentata di quelle fino a ora disponibili. Come risultato della nostra ricerca, siamo ora in grado di ricostruire la vita e le attività di Peykich con un buon grado di precisione, soprattutto per quanto concerne la sua attività missionaria e i suoi progetti editoriali. Tra i dati che abbiamo potuto appurare vi è anche la data di nascita di Peykich: il 14 settembre 1666. Tuttavia, il nostro obiettivo principale consiste nell’esaminare il progetto culturale di Peykich. A questo scopo, abbiamo definito il quadro culturale e politico entro il quale si svolse l’attività del nostro autore, collocandola e interpretandola nel contesto di alcuni aspetti della politica degli Asburgo a cavallo tra XVII e XVIII secolo: una politica mirante all’uniformità religiosa dei sudditi e al consolidamento del cattolicesimo come religione dello stato. In questa prospettiva, i libri di Peykich avevano l’intento di favorire l’unione della Chiesa “scismatica” Ortodossa con la Chiesa Cattolica e di convertire al cattolicesimo gli “eretici”, ossia i luterani e i calvinisti, e gli “infedeli”, ossia i musulmani. Per il tramite di questo obiettivo immediato, il nostro autore mirava a uno scopo ulteriore e ultimo: la “liberazione” di tutti i popoli cristiani sottoposti al dominio Ottomano. Secondo questo progetto, le grandi potenze europee avrebbero dovuto allearsi sotto la guida dell’imperatore cattolico, ossia degli Asburgo, per creare un fronte cristiano unito contro l’Impero Ottomano. Il fine esplicito dell’attività letteraria del nostro autore fu precisamente il contribuire alla realizzazione di questo progetto fornendo alla militia christiana l’"arma spirituale" delle proprie opere polemiche. Specificamente, si trattava di un’arma “a doppia lama”. Essa aveva sia un aspetto concettuale – religioso e politico –, sia un aspetto linguistico. Nel presente studio abbiamo inteso descrivere le caratteristiche di entrambi questi aspetti. Il testo polemico di Peykich contro l’Islam e le sue opere dedicate al tema dello scisma e dell’unione delle Chiese vengono analizzati – quanto al loro contesto, fonti, contenuti e intenzioni – nel secondo e nel terzo capitolo del presente saggio. Un ulteriore e ultimo capitolo è riservato all’aspetto “linguistico” del progetto del nostro autore. Lo studio sul "Mahometanus" migliora le conoscenze fino a oggi disponibili circa le fonti dell’opera e dimostra che essa fu progettata in vista di un possibile pubblico di musulmani; se non per esser letta direttamente da essi, almeno per essere utilizzata ai fini di un’opera di proselitismo tra essi e della loro catechizzazione. È questa una differenza significativa rispetto ai trattati medievali e della prima età moderna contro l’Islam, i quali erano diretti principalmente a un pubblico già cristiano. Lo studio delle opere di Peykich dedicate allo scisma e all’unione della Chiesa porta alla luce, come già abbiamo accennato, il progetto culturale del nostro autore, volto al ricongiungimento degli ortodossi con la Chiesa cattolica, e la sua aspirazione alla costituzione di un’alleanza cristiana finalizzata al trionfo sull’impero Ottomano. Tra i risultati delle nostre ricerche possiamo menzionare la scoperta di un autografo dello "Speculum veritatis" di Peykich. Nel contesto del progetto della conversione dei slavi meridionali al cattolicesimo si colloca anche il tentativo di Peykich di raggiungere anche un pubblico di lettori o uditori non colti, o almeno non istruiti nella lingua latina: la stesura di un’opera scritta in una forma di slavo meridionale. Agli occhi del nostro autore, questa lingua avrebbe dovuto costituire uno strumento per l’unificazione religiosa, a sua volta da lui interpretata come la base necessaria per l’unificazione politica, sotto il dominio dell’imperatore cattolico, dei popoli slavi meridionali. Il frutto di questo tentativo è precisamente lo "Zarcalo istine". Si tratta del primo libro dedicato alle controversie teologiche tra cattolici e ortodossi scritto in una lingua slavo-meridionale. Al tempo in cui Peykich elaborò il testo non era disponibile alcun precedente modello per la traduzione del lessico filosofico e teologico latino in termini slavi. Sebbene il nostro autore non sia stato in grado di elaborare omologhi “illirici” per l’intera gamma della terminolgia latina relativa alla teologia trinitaria, il suo tentativo di creare un lessico teologico e filosofico in “illirico” resta tuttavia storicamente memorabile. Il nostro principale contributo allo studio di questo tema risiede nella tabella di equivalenze di lessemi e sintagmi teologici, filosofici ed ecclesiologici utilizzati nello "Zarcalo" e nello "Speculum"; tabella che mettiamo a disposizione del lettore nel quarto capitolo del presente saggio. Peykich non cessò in alcun momento di presentare le proprie opere come frutto della propria esperienza e di sottolineare che esse erano effettivamente destinate ad essere utilizzati nella pratica controversistica e catechetica. Seguendo le esplicite dichiarazioni del nostro autore, l’analisi qui condotta fornisce un’interpretazione delle sue opere polemiche nei termini di una manifestazione e di un’efficace esemplificazione sia dell’espansionismo cattolico post-tridentino in Europa orientale, sia della politica degli Asburgo nei confronti delle minoranze religiose nelle terre di confine del loro impero.
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YUAN, XI. "Una ricerca terminologica sull'opera teologica martiniana Zhenzhu Lingxing Lizheng." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11573/999582.

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