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Journal articles on the topic 'Lavoro, Etnografia'

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1

Fava, Ferdinando. "Le interazioni sul campo e l'implicazione in Gérard Althabe. Oltre lo stallo dell'etnografia urbana." SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no. 95 (July 2011): 63–87. http://dx.doi.org/10.3280/sur2011-095004.

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Abstract:
L'autore presenta la nozione d'implicazione del ricercatore nei lavori dell'antropologo francese Gérard Althabe e ne illustra l'originalitŕ mettendola a confronto con la nozione deidi Raymond Gold e deidi Patricia e Peter Adler per pensare le interazioni sul campo. Proprio sul campo, Althabe ha riconosciuto il suo potenziale gnoseologico, prima per rendere conto dell'universo rurale africano negli anni della decolonizzazione, e poi, nel contesto urbano francese, per analizzare le interazioni nello spazio pubblico residenziale, al tempo della trasformazione strutturale del lavoro salariato e del capitale degli anni Ottanta. L'autore evidenzia la pertinenza attuale dell'implicazione e delle operazioni di conoscenza a cui abilita a proposito delle novitŕ metodologiche invocate per superare lo stallo della etnografia urbana contemporanea.
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2

Baldini, Valeria. "Saga filosofico antropologica del nursing: 3a parte.: Infermieristica, antropologia e storia: la memoria del gruppo professionale come atto fondativo." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 2 (June 14, 2013): 126–31. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1022.

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Abstract:
Dopo avere fondato l'infermieristica come disciplina e avere delineato la relazione tra antropologia e infermieristica, percorriamo una possibile etnografia del gesto di cura. Pro-iettando il lavoro di cura in una dimensione socioculturale, si è costruita una mappa concettuale dalla quale parte il percorso che incontra la medicina e il nursing narrativo.
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3

Carbone, Vincenzo, and Roberto Ciccarelli. "Piattaforme digitali, politiche sociali e occupazionali: il case management nel "reddito di cittadinanza" in Italia." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 163 (August 2022): 207–23. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-163011.

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Abstract:
In questo articolo il "reddito di cittadinanza", istituito in Italia nel 2019, viene analizzato dal punto di vista del case management realizzato attraverso piattaforme digitali dai suoi attori, chiamati "navigator", insieme al personale dei centri per l'impiego. Questa pratica è emersa nel rapporto tra medici, infermieri e pazienti ed è stata progressivamente associata alle politiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro in una politica sociale, chiamata welfare-to-work, in cui le indennità di disoccupazione sono legate al reinserimento lavorativo. Sulla base di una ricerca di etnografia sociale che ha raccolto testimonianze qualificate degli attori coinvolti nei processi, l'articolo indaga prospettive e limiti attuali dell'integrazione tra Welfare e l'uso delle piattaforme digitali nel processo di digitalizzazione delle politiche attive del lavoro.
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4

Bergamaschi, Maurizio, and Marco Casterignanň. "Pratiche etnografiche nel mondo urbano. Il dibattito francese." SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no. 95 (July 2011): 7–17. http://dx.doi.org/10.3280/sur2011-095001.

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Abstract:
Gli autori intendono presentare al lettore italiano alcune piste di ricerca che caratterizzano oggi il panorama dell'etnografia urbana in Francia. Dai contributi presentati si evince che l'approccio etnografico consente di "andare oltre" la conoscenzache si ha dei fenomeni urbani. Gli autori ritengono che in questo sia possibile far emergere un'"altra cittŕ" che tuttavia, per poter essere scoperta, necessita dell'epistemologia e del metodo che caratterizzano il lavoro sul campo di tipo etnografico.
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5

Lettieri, Carmela. "Osservare il lavoro ancor prima di raccontarlo. Le rappresentazioni del mondo del lavoro tra approcci etnografici, osservazione partecipante e reportage giornalistici." Narrativa, no. 31/32 (January 1, 2010): 101–11. http://dx.doi.org/10.4000/narrativa.1563.

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6

Quaranta, Ivo. "Micropolitiche della malattia: una riflessione antropologica." DiPAV - QUADERNI, no. 26 (March 2010): 41–48. http://dx.doi.org/10.3280/dipa2009-026004.

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Abstract:
Prendendo spunto dal lavoro auto-etnografico di Francesca Cappelletto sulla relazione fra medico e paziente, questo contributo intende riflettere sull'impatto dell'organizzazione sociale dei servizi biomedici nel limitare la possibilitŕ di partecipazione dei pazienti all'elaborazione del significato dell'esperienza di malattia. Adottando una prospettiva antropologica si vuole parimenti mettere in evidenza quanto tale partecipazione potrebbe ridefinire l'incontro terapeutico come locus di trasformazione dell'esperienza.
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7

Briata, Paola, and Gennaro Postiglione. "Architettura etnografica? Incipit, distanze, orizzonti per la ricerca e l'insegnamento." CRIOS, no. 23 (October 2022): 6–17. http://dx.doi.org/10.3280/crios2022-023002.

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Abstract:
La così detta architectural ethnography ha visto crescere il proprio interesse grazie a studi recenti come quelli di Albena Yaneva e ai lavori e alle ricerche di Momoyo Kaijima con il suo Atelier Bow Wow. Prendendo le mosse da un interesse per le specificità dei percorsi etnografici quando sono messi in atto dagli architetti, ovvero da persone che dovrebbero avere una precisa sensibilità per la forma e per lo spazio, per le sue prati- che d'uso e per la sua materialità, l'articolo propone alcuni percorsi bibliografici tesi a definire una postura che negli ultimi anni abbiamo assunto nel fare didattica e ricerca per il progetto attraverso l'individuazione di convergenze e distanze con la letteratura esistente. Un percorso che ci ha portati a interrogarci sul ruolo della trascrizione (grafica, fotografica e testuale) nell'architectural ethnography, così come a mettere in tensione il ruolo di tradizione e innovazione in queste recenti esperienze.
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8

Cristina, D'Onofrio, Marta Fojanesi, Carla Granese, Stefano Ierace, and Luigi Onnis. "La pratica terapeutica all'interno di un modello integrato di salute mentale. Resoconto di una esperienza nel territorio cubano." PSICOBIETTIVO, no. 2 (July 2012): 95–114. http://dx.doi.org/10.3280/psob2012-002006.

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Abstract:
In questo lavoro viene presentato un resoconto di una ricerca etnografica e antropologica sulle medicine tradizionali presenti sul terreno specifico dell'Havana, Cuba. Questa ricerca č stata condotta avendo come riferimento teorico gli attuali orientamenti dell'antropologia medica e dell'etnopsichiatria. Queste discipline affermano che ogni cultura costruisce un proprio ideale di salute e di benessere seguendo la cosmovisione d'appartenenza, e crea coerentemente delle pratiche e dispositivi di cura atti a mantenere l'equilibrio psicofisico. Si riconosce pari dignitŕ a queste metodiche di cura quando queste risultano efficaci e capaci di rinforzare l'identitŕ culturale di chi ne usufruisce. La presente ricerca ha compiuto un censimento e catalogazione delle medicine tradizionali presenti sul territorio cubano, rilevando anche come, e se, il loro uso venisse integrato con la medicina occidentale.
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9

Stopani, Antonio, and Marta Pampuro. "Despite citizenship. Autonomie migranti e diritto alla città. L’occupazione dell'Ex Moi a Torino." REMHU: Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 26, no. 52 (April 2018): 55–74. http://dx.doi.org/10.1590/1980-85852503880005204.

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Abstract:
Riassunto L’articolo esplora le condizioni in cui i migranti subalterni soggetti quotidianamente alle tecnologie e politiche securitarie sviluppano creano spazi e reti sociali per sostenere e rendere autonoma la loro mobilità. La ricerca etnografica condotta negli edifici dell’Ex Moi a Torino - occupato dal 2013 da parte di alcune centinaia di migranti - permette di interrogarsi sull’insieme di azioni che rendono possibile le condizioni della loro presenza locale al di fuori delle dinamiche assistenzialiste ed emergenziali del sistema di accoglienza. L’espressione “despite citizenship” si riferisce all’occupazione come un supporto infrastrutturale - sia materiale che immateriale - che permette il dispiegamento materiale di processi relazionali con la città e il perseguimento di un insieme di diritti che, pur sganciati dal perseguimento della cittadinanza formale, sono rivolti alla residenza, al lavoro e alle reti di informazioni e sostegno altrimenti negati.
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Dei, Fabio. "Ricordare la violenza. Il contributo di Francesca Cappelletto agli studi sulle memorie di guerra." DiPAV - QUADERNI, no. 26 (March 2010): 29–40. http://dx.doi.org/10.3280/dipa2009-026003.

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Abstract:
Nel lavoro antropologico di Francesca Cappelletto, un ruolo centrale ha svolto la ricerca sulla memoria delle stragi di civili compiute dalle truppe nazifasciste nella Toscana del 1944. In particolare, Francesca ha condotto una ricerca etnografica su due paesi colpiti da gravissimi eccidi, Civitella Val di Chiana e Sant'Anna di Stazzema. Questo articolo discute brevemente quattro aspetti fra i piů significativi ed originali degli studi di Francesca: a) il rilievo dato al ruolo della "comunitŕ mnemonica" come soggetto delle pratiche pubbliche del ricordo; b) la critica alla nozione di "memoria collettiva" e l'accento posto sul conflitto come elemento strutturante della memoria; c) il ruolo complementare delle narrazioni e delle immagini nella trasmissione generazionale della memoria; d) i problemi cognitivi ed etici che caratterizzano il rapporto tra ricercatore e narratori nello studio della memoria traumatica.
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Calabretta, Andrea. "Una questione di sguardi? Considerazioni sui limiti nell'utilizzo della prospettiva transnazionale: il caso delle collettività nordafricane in Italia." MONDI MIGRANTI, no. 3 (November 2022): 115–40. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-003007.

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Abstract:
L'articolo, tramite un focus sul caso delle collettività nordafricane, presenta un'analisi sul modo in cui la prospettiva transnazionale ha trovato applicazione negli studi migratori svolti nel contesto italiano a partire dal 2000. Il lavoro muove dall'analisi della letteratura transnazionale relativa alle collettività nordafricane in Italia per poi approfondire, tramite l'utilizzo di banche dati pubbliche e private, le caratteristiche del flusso migratorio egiziano e tunisino, risultati centrali per comprendere il posizionamento della ricerca nei confronti delle diverse collettività straniere. L'articolo delinea così le peculiarità dell'applicazione empirica della prospettiva transnazionale nel contesto italiano. Emergono i limiti materiali propri della produzione del sapere, con importanti ricadute metodologiche quali la scarsa costruzione di etnografie multisituate, ma anche i limiti insiti nello sguardo dei ricercatori e che sembrano agire in favore di una ricerca di collettività e di campi marcatamente segnati da un (percepita) alterità.
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Gallo, Ester. "Migrazioni e privilegi. Rappresentazioni della mobilitŕ internazionale fra le élite del Kerala, India Meridionale." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2011): 147–62. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003010.

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Abstract:
Recenti studi antropologici hanno sottolineato l'importanza di sviluppare nuove prospettive d'indagine sulle élite. Questo ambito di studi č tuttavia rimasto marginale sia da un punto di vista teorico che etnografico. Nel campo degli studi Asiatici, i pochi lavori sull'argomento hanno analizzato l'emergere di una nuova classe imprenditoriale transnazionale. Minore attenzione č stata invece dedicata al rapporto fra mobilitŕ internazionale e formazione di nuove élite. L'articolo analizza tale rapporto nel contesto specifico dell'India Meridionale, focalizzandosi sul rapporto fra discorsi e pratiche di emigrazione, formazione di nuove élite e trasformazioni nelle gerarchie tradizionali.
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Pelůcio, Larissa. "Desideri, brasilianitŕ e segreti. Il mercato del sesso nel rapporto tra clienti spagnoli e transessuali brasiliane." MONDI MIGRANTI, no. 1 (September 2010): 153–72. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-001007.

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Abstract:
L'etnicizzazione del genere e la sessualizzazione della nazionalitŕ sono gli aspetti che caratterizzano gli incontri tra le transessuali brasiliane e la clientela spagnola nel movimentato commercio del sesso a pagamento in Spagna. In questi incontri sessuali, che sono anche commerciali, l'erotismo alcune volte č messo in relazione ad un esotismo legato non solo alla nazionalitŕ o alla razza, ma anche alla possibilitŕ di avere esperienze sessuali piů eccitanti rispetto a quelle considerate convenzionali. In questo modo, l'associazione che molti clienti fanno tra Brasile e corpo della transessuale puň essere compresa solo alla luce della densa grammatica sessuale che permea queste relazioni. Tali segni si sono strutturati a partire dal retaggio coloniale che ancora perdura, e al quale i flussi migratori odierni hanno attribuito nuovi significati sia per l'intensificarsi della circolazione delle immagini, sia per l'inserimento del Brasile tra le mete del turismo sessuale. Per spiegare le diverse implicazioni del fenomeno mi sono avvalsa del contributo della teoria Queer, alla quale ho associato ulteriori riflessioni di autrici/tori che interpretano il mercato del sesso partendo da un punto di vista poststrutturalista o postcoloniale. Questi quadri concettuali costi-tuiscono la struttura di base nella quale inserire i dati raccolti in un lavoro etnografico realizzato a San Paolo, Madrid e Barcellona, cosě come navigando nei siti Internet spagnoli specializzati nel desiderio sessuale verso le transessuali.
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Firouzi Tabar, Omid. "Inclusione sociale delle/dei richiedenti asilo, forza e ambivalenze delle "buone pratiche" autorganizzate." WELFARE E ERGONOMIA, no. 2 (January 2021): 31–49. http://dx.doi.org/10.3280/we2020-002004.

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Abstract:
Una lunga ricerca etnografica svoltasi tra il 2015 ed il 2018 a Padova e Provincia, ha porta-to a galla numerose criticità legate all'organizzazione dell'accoglienza dei richiedenti asilo. È stato osservato che la violazione dei diritti emerge nettamente su quelle pratiche di "buona accoglienza" orientate all'implementazione dell'autonomia dei beneficiari e a una loro inclu-sione sociale improntata alla valorizzazione della loro agency e autodeterminazione. In que-sto quadro emergenziale, i richiedenti asilo si trovano ora esposti a forme di violenta segre-gazione e marginalizzazione ora alle prese con la fruizione delle rare risorse "inclusive", spesso subordinata alla completa osservanza delle linee di condotta e disciplinamento stabili-te dalle strutture ospitanti e dalla disponibilità allo svolgimento di lavori bassamente qualifi-cati e sottopagati. In questo contesto paradigma sicuritario e umanitario tendono spesso a intrecciarsi. I confini e le pareti dell'accoglienza però, sia quelle materiali che quelle simboliche, sono spesso flessibili e porose. Negli ultimi anni abbiamo infatti assistito a crescenti processi di "fuoriuscita", volontaria e forzata, dal circuito, un fenomeno recentemente acuito dall'abrogazione della protezione umanitaria e dalla impossibilità del rinnovo della stessa (Legge 132/2018), provvedimenti che espongono i migranti a nuove forme di irregolarizza-zione e allo stesso tempo a dinamiche di invisibilizzazione e stigmatizzazione sociale. Questa progressiva permeabilità delle pareti dell'accoglienza ci pone sempre più l'urgenza di inda-gare a fondo le relazioni tra questi soggetti, le istituzioni e gli attori sociali che abitano il territorio. A partire da questo proviamo a guardare al ruolo rappresentato da alcune "buone pratiche" autorganizzate dal basso, cercando di capire come esse si misurino con il rischio di ripro-durre a loro volta paternalismo e infantilizzazione, tipici ingredienti del modello "assimila-zionista" e quanto riescano invece a mettere al centro l'autonomia dei soggetti intercettati.
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Broccolini, Alessandra, and Katia Ballacchino. "La zuppa, il fuoco e il lago. Cibo e identitŕ intorno al lago di Bolsena." CULTURE DELLA SOSTENIBILITA ', no. 6 (June 2010): 102–33. http://dx.doi.org/10.3280/cds2009-006007.

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Abstract:
Il saggio prende spunto da un lavoro di ricerca e documentazione relativo ai beni demoetnoantropologici immateriali promosso dall'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) del Ministero per i Beni e le Attivitŕ Culturali, che č stato condotto sui saperi e le pratiche alimentari nell'area del lago di Bolsena (provincia di Viterbo). In particolare il saggio analizza il ruolo che occupa un piatto tradizionale dell'alimentazione lacustre denominato sbroscia - una zuppa di pesci di lago - nella definizione dell'identitŕ locale entro pratiche e saperi della contemporaneitŕ. Questo piatto che, a causa di un sapore denso e di una natura poco adatta ai palati turistici non si č trasformato in prodotto commerciale, rappresenta per molti aspetti un elemento narrativo e uno strumento catalizzatore di sentimenti di appartenenza al lago, grazie alla sua origine mitica e arcaica, al suo rapporto intimo e solido con l'ambiente naturale lacustre e con la cultura locale della pesca tradizionale, di natura prettamente maschile. La riflessione antropologica proposta vuole riflettere sulle problematiche insite nei processi di patrimonializzazione della cultura immateriale locale prodotti dalle pratiche ministeriali di catalogazione (attraverso la scheda BDI), che a fatica riescono a restituire la complessitŕ del rapporto cibo/identitŕ in quello che viene da piů parti definito il lago "che si beve", proprio per l'uso alimentare delle acque lacustri che si faceva e che si fa ancora nella preparazione locale della sbroscia. Sono proprio le acque del lago, infatti, insieme ad un uso tutto maschile del fuoco "non domestico" e all'utilizzo del "pignatto" per cucinare la sbroscia che rendono la preparazione e la consumazione di questo piatto un rito significativo sul piano simbolico per i pescatori che vivono questo territorio. Persino l'abitudine di mangiare la sbroscia con le mani entra nel confine identitario, nella memoria narrativa dei pescatori che si rifanno ad un passato premoderno. Nell'uso quotidiano contemporaneo della sbroscia si rileva il suo rapporto opaco con altri luoghi del consumo alimentare: i paesi lontani dal lago, le sagre e i ristoranti del luogo, confermando la sua forte caratteristica di piatto "intimo" e non commerciale, privato, selettivo e di retroscena. In che modo quindi, questo cosě complesso bene effimero, in bilico tra materiale e immateriale, si puň inserire in un processo di valorizzazione del territorio e delle comunitŕ locali legato al loro sviluppo sostenibile? A questo e ad altri interrogativi relativi al patrimonio etnografico, tenta di rispondere il saggio in questione.
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Montaldi, Massimo. "Anthropology applied to the analysis of social deviances and the effects of uprooting on individual trans-generational behavior / Antropologia applicata all’analisi delle devianze sociali e gli effetti dello sradicamento sul comportamento individuale trans generazionale / Antropología aplicada al análisis de las desviaciones sociales y de los efectos del desarraigo en el comportamiento transgeneracional individual." Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia, October 8, 2019. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2019.64.

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Abstract:
This article aims to clarify some points of view and aspects on the relationship between multiculturalism and migration, and the relationship between minor and major normative jurisprudences, against the dynamic background of historical and anthropological processes, in a criminological perspective, and using some theories that argue why the phenomena of deviance are associated with intercultural and ethnic contexts. The interaction between outgroup and ingroup, while modern societies are engaged in solving problems related to the management and control of regulatory deviance, seems to bring out spaces to think, thanks to the onset of the ethnographic method in criminological studies. Criminology and ethnography can therefore profitably experiment with a scientific relationship, in the light of the sociology of deviance. New concepts invite to formulate a different approach, less constrained by specializations, but tending to obtain a result of a balanced scientific exchange full of perspectives. In this way, some of the reasons behind the deviant behavior among minorities will appear clearer. It can be argued, for example, that concepts of proximal and distal stress expand the translations of the problem. The cessation of the social bond, the semantic differences between landless and native minorities, seem to have a role in the dynamics of deviance, psychopathology, and crime. The sub-cultural community, the training and educational conditions are all recurrent themes, but they often assume an unexpected value in the eternal struggle for space. The class struggle and the reasons behind the enormous amount of laws appear to be the result of contrasting relationships between majorities and minorities. The problem of cultural deviances does not always seem clear and complete, if interpreted by the individual sciences, they easily run into scientific reductionism and redundancy. Stitching together edges that tend to remain far away could be possible only provided that the different perspectives can be connected, and that the tool of comparative ethnography is regarded as a fruitful link with criminology. Semantics is enriched with concepts, such as the syndrome of socio-cultural adoption, probes the implications of the cultural bond that redefines the existential plots of the condition of the migrant in modernity. The disruptive effects of the stress of minorities, or the disbelief of minorities towards the normative majority, are only some of the concepts with which I have tried to represent the motivations that are at the base of a basic hostility of some social communities to the rules. A multi-scientific approach has an experimental structure, a crossroads of different experiences, which aims to build lexicons and widen and diversify the semantics of deviance, questioning the particularisms and the singular exasperation of the perspectives of hermeneutic excesses. As Europe prepares to deal with the impact of epochal migration, the comparative method is able to provide empirical considerations for a reading consistent with history, and less involved with academic speculation, and ideological needs. Understanding the dynamics that underlie the criminal deviance between minorities, is not only an exercise of absolute social vanguard, but tends to build new bases and theoretical and practical references better systematized, which dictate complex work agendas, expanding the knowledge on the real relationship between criminal deviance and ethnic communities. RiassuntoQuesto articolo si propone di chiarire alcuni punti di vista e aspetti sulle relazioni tra multiculturalismo e migrazione, e il rapporto tra minoranze e maggioranze normative, sullo sfondo dinamico di processi storici e antropologici, in una prospettiva criminologica, e utilizzando alcune teorie che argomentano i motivi per i quali le fenomenologie della devianza si associano ai contesti interculturali ed etnici. L'interazione tra outgroup ed ingroup, mentre le società moderne sono impegnate nella soluzione di problemi legati alla gestione ed al controllo della devianza normativa, sembra far emergere spazi di riflessione grazie all’irruzione del metodo etnografico negli studi criminologici. Criminologia ed etnografia, possono dunque proficuamente sperimentare una relazione scientifica, alla luce della sociologia della devianza. Nuovi concetti invitano a riformulare un approccio meno costretto dalle specializzazioni, ma tendente ad ottenere un risultato di uno scambio scientifico equilibrato e denso di prospettive. Appariranno più chiare in tal modo, alcuni delle motivazioni retrostanti alla condotta deviante tra le minoranze. Si può sostenere, per esempio, che concetti di stress prossimale e distale, ampliano le traduzioni del problema. La cessazione del legame sociale, le differenze semantiche tra minoranze senza terra e minoranze native, sembrano avere un ruolo nella dinamica della devianza, della psicopatologia, della delinquenza. La comunità sub culturale, la formazione e le condizioni di istruzione, sono temi ricorrenti, tuttavia assumono sovente un valore imprevisto nella lotta eterna per lo spazio. La lotta di classe e le ragioni che stanno dietro alla enorme mole di normativa, appaiono il frutto di rapporti di contrasto tra maggioranza e minoranze. Non appare sempre chiaro e completo il problema delle devianze culturali, se interpretato dalle singole scienze, incorrono facilmente nel riduzionismo e nella ridondanza scientifica. Un lavoro di ricucitura di margini che tendono a mantenersi lontani, è possibile a patto che le prospettive sappiano comunicare tra loro, e lo strumento dell’etnografia comparata si profila una proficua connessione con la criminologia. La semantica si arricchisce di concetti, come ad esempio la sindrome dell’adozione socioculturale, sonda le implicazioni del legame culturale che ridefinisce le trame esistenziali della condizione del migrante nella modernità. Gli effetti dirompenti dello stress delle minoranze, o la diffidenza delle minoranze verso la maggioranza normativa, sono solo alcuni dei concetti con cui ho cercato di rappresentare le motivazioni che stanno alla base di un'ostilità di fondo di alcune comunità sociali, rispetto alle regole. Un approccio multi scientifico ha un assetto sperimentale, incrocio di esperienze diverse, che mirano a costruire lessici e ampliare e diversificate le semantiche della devianza, mettendo in discussione i particolarismi e l'esasperazione singolare delle prospettive degli eccessi ermeneutici. Mentre l'Europa si appresta ad affrontare l'impatto di una migrazione epocale, il metodo comparativo è in grado di fornire le considerazioni empiriche per una lettura coerente con la storia, e meno coinvolte con la speculazione accademica, e le esigenze ideologiche. Capire le dinamiche che sotto intendono la devianza criminale tra le minoranze, è un esercizio non solo di assoluta avanguardia sociale, ma tende a costruire basi nuove e riferimenti teorici e pratici meglio sistematizzati, che dettano agende di lavoro complesse, allargando la conoscenza sul rapporto reale tra devianza criminale e comunità etniche. ResumenEste artículo se propone aclarar los puntos de vista y aspectos sobre las relaciones entre multiculturalismo y migración, y la relación entre minorías y mayorías normativas, en el fondo dinámico de procesos históricos y antropológicos. En una perspectiva criminológica, y utilizando algunas teorías que argumentan los motivos por los cuales las fenomenologías de las desviaciones se asocian a los contextos interculturales y étnicos. La interacción entre outgroup e ingroup, mientras las sociedades modernas están ocupadas en la solución de los problemas ligados a la gestión y al control de la desviación normativa, parece que hacen surgir espacios de reflexión gracias a la introducción de la metodología etnográfica en los estudios criminológicos. Criminología y etnografía, pueden entonces experimentar rentablemente una relación científica, bajo la luz de la sociología de la desviación. Nuevos conceptos invitan a reformular un enfoque menos forzado por las especializaciones, pero con la tendencia en obtener un resultado de un intercambio científico equilibrado y lleno de perspectivas. Aparecerán más claras de esta manera, algunas de las motivaciones que están detrás de la conducta desviada entre las minorías. Se puede sostener, por ejemplo, que conceptos como stress proximal y distal, amplían las traducciones del problema. La ruptura del lazo social, las diferencias semánticas entre minorías sin tierra y minorías nativas, parecen tener un rol en la dinámica de la desviación, de la psicopatología y de la delincuencia. La comunidad sub-cultural, la formación y las condiciones de instrucción, son temas recurrentes, sin embargo, asumen a menudo un valor imprevisto en la lucha eterna por el espacio. La lucha de clase y las razones que están detrás a la gran masa normativa, parecen el fruto de relaciones de contraste entre mayorías y minorías. No parece siempre claro y completo el problema de las desviaciones culturales, si es interpretado por las ciencias individuales, incurren fácilmente en el reduccionismo y en la redundancia científica. Un trabajo de reparación de márgenes que tienen la tendencia a mantener la distancia, es posible siempre y cuando las perspectivas sepan comunicarse entre ellas, y el instrumento de la etnografía comparada pueda conectarse rentablemente con la criminología. La semántica se enriquece de conceptos, como por ejemplo el síndrome de la adopción sociocultural, sondea las implicaciones del lazo cultural que redefinen la parte existencial de la condición del migrante en la modernidad. Los efectos disruptivos del stress de las minorías, o la diferencia de las minorías hacia las mayorías normativas, son solo algunos de los conceptos con los que busqué representar las motivaciones que están en la base de la hostilidad de algunas comunidades sociales, con respecto a las reglas. Un enfoque multicientífico tiene un corte experimental, cruce de experiencias diferentes, que velan por construir léxicos, ampliar y diferenciar las semánticas de la desviación, poniendo en discusión los particularismos y la exasperación singular de las perspectivas de los excesos hermenéuticos. Mientras Europa se alista para afrontar el impacto de una migración épica, la metodología comparativa puede suministrar las consideraciones empíricas para una lectura coherente con la historia, y menos involucrada con la especulación académica, y las exigencias ideológicas. Entender las dinámicas que definen la desviación criminal entre las minorías, es un ejercicio no solo de absoluta vanguardia social, sino que tiene la tendencia en construir bases nuevas y referencias teóricas y prácticas mejor sistematizadas, que dictan agendas de trabajo complejas, engrandeciendo el conocimiento sobre la relación real entre desviación criminal y comunidades étnicas.
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Giudici, Daniela. "Beyond Compassionate Aid: Precarious Bureaucrats and Dutiful Asylum Seekers in Italy." Cultural Anthropology 36, no. 1 (February 8, 2021). http://dx.doi.org/10.14506/ca36.1.02.

Full text
Abstract:
In this article, I track shifting paradigms of refugee management in Italy in times of austerity and welfare state restructuring. Drawing on an ethnographic analysis of asylum-related bureaucratic work in Bologna, the essay explores paradoxical and violent effects of welfare decline both on reception workers’ labor conditions and on the dynamic of aid that they end up providing to asylum seekers. On the one hand, recent developments in asylum management in Italy suggest a transition to post-compassionate forms of aid, hinged more on the making of dutiful subjects ready to repay the “hospitality” offered by the state than on the moral imperative to rescue suffering bodies and lives. On the other hand, reception workers’ precarious positioning and unrest hold the potential for exposing the inherent contradictions of state-based narratives, thereby shaping alternative discourses on the causes and responsibilities of both refugee and economic “crises.” Abstract Questo articolo ricostruisce l’emergere di nuovi paradigmi di gestione dei rifugiati in Italia, in tempi di austerità e ristrutturazione dei sistemi di welfare. Prendendo spunto dall’analisi etnografica di un ufficio di supporto per l’asilo a Bologna, l’articolo esplora effetti violenti e paradossali dello smantellamento del welfare pubblico, sia sulle condizioni di lavoro degli operatori dell’accoglienza, che sulle dinamiche di aiuto a richiedenti asilo che essi finiscono col contribuire a produrre. Le recenti trasformazioni nella gestione dell’asilo in Italia suggeriscono uno slittamento verso forme di aiuto post-compassionevoli, incentrate più sulla costruzione di soggetti attivamente impegnati nel ricompensare “l’ospitalità” offerta dallo stato, che sull’imperativo morale di salvare corpi e vite sofferenti. Al tempo stesso, la precarietà e il dissenso dei lavoratori dell’accoglienza sono potenzialmente in grado di illuminare alcune delle contraddizioni intrinseche alle narrazioni statali, elaborando così discorsi alternativi sulle cause e responsabilità della “crisi”, sia migratoria che economica.
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