Academic literature on the topic 'Laguna di Grado e Marano'

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Journal articles on the topic "Laguna di Grado e Marano"

1

CUESTA, J. A., N. BETTOSO, G. COMISSO, C. FROGLIA, G. MAZZA, A. RINALDI, A. RODRIGUEZ, and T. SCOVACRICCHI. "Record of an established population of Palaemon macrodactylus Rathbun, 1902 (Decapoda, Palaemonidae) in the Mediterranean Sea: confirming a prediction." Mediterranean Marine Science 15, no. 3 (September 18, 2014): 569. http://dx.doi.org/10.12681/mms.712.

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Abstract:
The capture of larvae of Palaemon macrodactylus off Mallorca (Balearic Islands) has been recently reported as evidence of a potential presence of a population of this species in the Mediterranean Sea. Photos of this species, taken during dives in the Sacca di Goro (northern Adriatic) were published in the same year, but no specimen could be collected at that time. Herein we report the capture in 2013 of numerous individuals of the oriental shrimp, including ovigerous females, both in the Sacca di Goro and in the Lagoon of Marano and Grado (northern Adriatic Sea, Italy), confirming the existence of a well-established population of this species in the Mediterranean Sea.
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Dissertations / Theses on the topic "Laguna di Grado e Marano"

1

Cosolo, Mauro. "Interazioni tra avifauna ittiofaga e attività produttive nella laguna di Grado e Marano." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2660.

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Abstract:
2006/2007
Data la dieta ittiofaga ed i consistenti aumenti registrati a livello europeo a partire dagli anni ottanta, il Cormorano (Phalacrocorax carbo) è oggetto di ricerche mirate a quantificarne l’impatto sulle attività di acquacoltura. In Friuli Venezia Giulia queste attività corrispondono alle valli da pesca della laguna di Grado e Marano. Il presente lavoro ha come obiettivi il monitoraggio della popolazione di Cormorano, l’analisi della dieta, lo studio delle strategie comportamentali adottate nel foraggiamento e l’analisi dell’impatto nelle valli da pesca. Il periodo di studio va dall’inverno 2004/2005 al mese di febbraio 2008. Con i monitoraggi mensili si evidenzia un aumento della popolazione svernante nella zona costiera. Dall’analisi della dieta emerge un consumo prevalente di Passere (Platichthys flesus) e di Cefali (Mugilidae). L’analisi del comportamento di foraggiamento con le videoriprese relative a 230 Cormorani evidenzia che le caratteristiche ecologiche di queste due specie ittiche ne condizionano il comportamento ed il relativo successo di predazione. La Passera, specie bentonica e poco mobile, risulta una preda di facile cattura con strategia da anticipatory breather. Inoltre la distribuzione spaziale a patch di questa specie ittica ne facilita la ricerca. I Cefali invece, presenti lungo tutta la colonna d’acqua e molto mobili, determinano una difficoltà di cattura che si riflette in una strategia da reactive breather nella ricerca, ma passaggio ad anticipatory nella cattura. Per quanto riguarda le valli da pesca, nel presente lavoro si mette in luce che queste aree non sembrano essere favorevoli per l’attività trofica del Cormorano, in considerazione delle caratteristiche ecologiche di Branzini (Dicentrarchus labrax) ed Orate (Sparus auratus), che risultano simili ai Cefali. Si registrano gruppi consistenti di Cormorani in foraggiamento sociale, e quindi un impatto, solo in concomitanza delle attività di raccolta del prodotto ittico, che vengono effettuate in bacini di limitata estensione con elevate densità di pesce. Queste attività gestionali sembrano determinare gli eventi di foraggiamento sociale.
XX Ciclo
1976
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2

Zamboni, Romina. "Proposta di realizzazione di una cartografia bionomica come strumento di monitoraggio e di gestione della Laguna di Marano e Grado." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2654.

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Abstract:
2006/2007
Il presente lavoro si propone di delineare la struttura e la dinamica dei popolamenti delle comunità macrozoobentoniche dei fondi mobili della Laguna di Marano e Grado sulla base di tre campagne di campionamento (1993, 1994 e 1995) in 53 stazioni diversamente distribuite. Nonostante la vetustà dei campionamenti la tematica trattata trova precedenti per la zona solo negli anni 1950/60; ciò qualifica quindi questa indagine come la più ampia finora effettuata in questo ambiente. I dati considerati si situano in ogni caso in anni di drastica svolta per le attività alieutiche della Laguna di Marano e Grado, dove l’introduzione della vongola verace filippina Tapes philippinarum (1986) determina il progressivo abbandono di sistemi di pesca tradizionali (grasiui) o li mette in secondo piano rispetto ad una febbrile “corsa all’oro”, stimolata dalla nuova risorsa disponibile. Proprio nel 1993 viene infatti introdotto il “ferro maranese”, una draga al traino che consente rese tali da spingere la produzione dalle 88 t iniziali, a 222 t nel 1994 ed a 1002 t nel 1995 (Zentilin et al., 2005). Il sistema di pesca introdotto determina enormi mobilizzazioni e rideposizioni di sedimenti con corrispondenti impatti sui popolamenti bentonici. In accordo con i concetti elaborati da Guelorget e Perthuisot (1983) peraltro già adombrati in studi riguardanti la Laguna di Venezia attraverso l’idea di vivificazione marina, i dati ottenuti sono stati analizzati prima di tutto per descrivere la struttura di base dei popolamenti bentonici lagunari e la loro evoluzione nel periodo di osservazione, poi per mettere in evidenza l’esistenza di eventuali gradienti biologici legati prevalentemente all’andamento del confinamento in ciascun bacino o a variazioni di tale parametro al passaggio da un bacino all’altro. Nel complesso, nel corso dei tre anni, si è osservata una evidente evoluzione temporale delle comunità bentoniche ed è emersa inoltre una netta differenza tra i due principali bacini lagunari. Parallelamente alle analisi ed alle elaborazioni ecologiche relative all’assetto dei popolamenti macrozoobentonici della laguna e, al fine di produrre un concreto strumento specificatamente realizzato per il biomonitoraggio e la futura gestione di questo ambiente, è stato realizzato un sistema informativo mirato. Questo strumento potrà consentire in futuro la catalogazione, l’analisi comparativa dei dati bionomici, sedimentologici e di quelli relativi alla pesca ed all’acquacoltura, la fruizione e la gestione in relazione agli attuali e futuri modelli di utilizzo dell’ambiente lagunare (Speranza e Puppi Branzi, 1993). La cartografia bionomica risponde infatti a molteplici necessità pratiche, fornendo non solo un quadro dello stato dei fondali in un determinato momento ma anche l’inventario e la localizzazione dei popolamenti bentonici di una specifica area, la stima delle risorse, delle biomasse e, grazie alla comparazione di carte successive, permette la valutazione dell’evoluzione dei popolamenti su lunghi periodi. La cartografia biocenotica, grazie alla sua notevole capacità di sintesi (Morri et al., 1986), rappresenta quindi un utile strumento di lavoro ai fini della pianificazione, della gestione e della tutela degli ambienti marini. Queste sue caratteristiche la rendono una componente strategica per la realizzazione di un Sistema Informativo Geografico (GIS) relativo alla fascia costiera. Una corretta gestione del patrimonio ambientale e delle risorse che popolano un determinato ambiente, implica una buona conoscenza sia degli aspetti geomorfologici e sedimentologici di un dato fondale, sia degli aspetti puramente biologici, quali appunto quelli relativi alle comunità e alle biocenosi bentoniche. Un Sistema Informativo Geografico è quindi uno strumento in grado di elaborare dati spaziali e non, di trasformare i dati in informazioni, di integrare differenti tipi di dati, di analizzare, di modellare i fenomeni che occorrono sulla superficie terrestre e di fornire supporto alle decisioni. L’integrazione delle diverse tipologie di dati realizzata da un supporto GIS costituisce infatti la base per valutare l’attuale assetto ambientale delle lagune nord-adriatiche e fornisce un valido strumento per individuarne l’evoluzione ed avviarne la gestione.
XIX Ciclo
1967
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3

Bezzi, Annelore. "LE BARENE DELLA LAGUNA DI MARANO E GRADO: ANALISI DEGLI ASPETTI MORFO-EVOLUTIVI NELLA PROSPETTIVA GESTIONALE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10375.

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Abstract:
2012/2013
Lo studio delle barene della laguna di Grado e Marano è stato affrontato attraverso due differenti approcci: 1) una raccolta di dati morfologici e sedimentologici in 13 siti campione 2) un’indagine a macroscala attraverso il confronto di foto aeree (1954, 1990, 2006) e l’applicazione di differenti tecniche di analisi in GIS. L’integrazione dei due diversi approcci ha permesso in primo luogo di proporre una classificazione delle barene in base alle loro caratteristiche morfologiche e sedimentologiche: barene di margine lagunare, margine di canale, retro barriera, bacini paralagunari recenti, isolate. Inoltre si è giunti a una definizione e quantificazione dei processi evolutivi in atto e delle loro cause. Il declino significativo nelle superfici a barena corrispondente a 145ha (16% dell’estensione del 1954), una volta esclusa la forzante quantitativamente più rilevante (azione antropica diretta con 175ha), appare molto ridotto e limitato al secondo intervallo di tempo. Le variazioni areali riscontrate sono infatti il risultato di perdite e guadagni a scale differenti, spesso in grado di compensarsi, le quali sono state classificate in diverse tipologie morfoevolutive, associate ad altrettante forzanti. La metodologia proposta è originale e si mostra adatta all’analisi delle aree che presentano una certa scarsità di dati. Dall’analisi topologica sulle singole barene emerge che i fenomeni erosivi che si manifestano con rilevanza maggiore sono in ordine decrescente: l’annegamento (effetto combinato di eustatismo, subsidenza regionale e autocompattazione), erosione da ondazione indotta dal transito dei natanti, azione del moto ondoso da vento, i processi legati alla dinamica costiera. I processi di accrezione sono invece imputabili agli apporti fluviali, agli apporti legati alle correnti di marea, ai processi accrescitivi nei bacini paralagunari recenti e in ex valli da pesca. La mancanza di un comportamento unitario dell’intera laguna e la differenziazione temporale fanno intendere come siano predominanti le forzanti a breve termine rispetto alle forzanti che agiscono sul lungo termine, prima fra tutte l’eustatismo. Il confronto con i dati ipsometrici ottenuti dal confronto batimetrico 1966-2011 conferma però la tendenza trasgressiva in atto nell’intera laguna con approfondimenti diffusi soprattutto a carico dei fondali intertidali, ma anche la differenziazione esistente tra i bacini. I dati di bilancio sedimentario mostrano inoltre una relazione con la variazione areale delle barene per ogni singolo bacino. Parte integrante del lavoro è costituita da un geodatabase contenente tutti i dati e le informazioni relative alle barene; esso può rappresentare un valido strumento di supporto nei processi decisionali di gestione e di pianificazione territoriale. A tal fine sono state individuate una prima serie di filosofie gestionali e strategie d’intervento, associate alle differenti tipologie erosivo / accrescitive individuate.
XXVI Ciclo
1970
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4

Zavagno, Enrico. "Interazione tra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7348.

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Abstract:
2010/2011
Riassunto: Nell’ambito del dottorato è stata esaminata l’interazione tra le acque marine e le acque di falda in un’area della Bassa Pianura Friulana che si colloca all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) della Laguna di Grado e Marano. Il SIN è stato oggetto di diversi studi da parte dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG). Per questo motivo è stata instaurata una collaborazione in particolare con il Settore Laboratorio Unico Regionale – Laboratorio di Udine, che negli anni si è occupato di definire e valutare l’influenza e gli effetti dell’interazione tra le acque lagunari e le falde sotterranee. Quanto elaborato conferma ed integra le teorie ed i risultati sviluppati da ARPA FVG e fornisce ulteriori dati e prove della presenza e degli effetti del cuneo salino. La ricerca ha permesso di approfondire le conoscenze relative all’interazione fra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana. Questo fenomeno si verifica laddove le acque saline del mare e della laguna risalgono i tratti terminali dei corsi d’acqua (ingressione marina) e, infiltrandosi all’interno dei depositi permeabili che ne costituiscono l’alveo, raggiungono le falde sottostanti determinandone la salinizzazione (intrusione salina). Tutti i corsi d‘acqua della Bassa Pianura Friulana sono soggetti ad ingressione marina, la cui intensità dipende dalle portate e dalla morfologia del loro alveo. Per questo si sono effettuati profili di conducibilità elettrica e temperatura all’interno di alcuni dei principali corsi d’acqua e dai dati ottenuti si è elaborata una mappa relativa alla massima ingressione marina. All’interno degli alvei dei Fiumi Aussa, Corno e Stella, inoltre, sono state installate delle stazioni di misura con sonde per il monitoraggio in continuo dei valori di conducibilità elettrica, temperatura ed oscillazione del livello piezometrico. La stazione di monitoraggio sul Fiume Corno (che ricade all’interno del SIN della Laguna di Grado e Marano), data la sua posizione strategica, è stata mantenuta attiva per un periodo di 7 mesi, permettendo di effettuare delle comparazioni dei parametri registrati in continuo con i dati di livello del mareografo di Marano Lagunare (Protezione Civile) e con quelli registrati all’interno di diversi piezometri. L’elaborazione informatica di nuovi dati stratigrafici raccolti per questa parte del SIN della Laguna di Grado e Marano si è concretizzata in un modello idrostratigrafico (dal piano campagna a 35 m di profondità), basato sul grado di permeabilità dei depositi che costituiscono l’area oggetto dello studio delle falde sotterranee. Dal modello sono state estratte diverse sezioni che hanno evidenziato la presenza di tre falde principali. La più superficiale, falda “0”, posta tra 0 e 5 m da p.c., è caratterizzata da una forte discontinuità laterale e da materiali a moderata permeabilità. La falda intermedia, falda “1”, è posta generalmente fra 8 e 20 m da p.c., è continua lateralmente ed è costituita prevalentemente da materiali permeabili. La falda più profonda, falda “2”, è posta fra 25 e 35 m da p.c., costituita da materiali permeabili, risulta discontinua alla scala considerata (questa falda non è stata oggetto di studio dal punto di vista geochimico). Diverse sezioni idrostratigrafiche trasversali al Fiume Corno hanno messo in evidenza che in alcuni tratti l’alveo del fiume poggia direttamente su materiali permeabili, che permettono la comunicazione tra le acque del fiume e le falde “0” e “1”, causandone la salinizzazione. Per determinare le caratteristiche geochimiche delle acque sotterranee nell’area di studio, sono stati monitorati, con diverse metodiche, 41 piezometri. Per ognuno di essi è stato effettuato almeno un profilo di conducibilità elettrica e temperatura per verificare le variazioni di questi due parametri con la profondità. Si sono quindi evidenziati i piezometri al cui interno sono presenti acque saline stratificate, significative della miscelazione delle acque di falda con quelle marine. Per mezzo di sonde multiparametriche sono stati monitorati in continuo 13 piezometri, di cui 2 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “0” e i restanti 11 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “1”. I valori dei livelli piezometrici hanno evidenziato oscillazioni con frequenze paragonabili a quelle delle maree e ampiezze attenuate in modo differente da piezometro a piezometro. Confrontando i dati ottenuti con quelli relativi alle misure in continuo effettuate all’interno del Fiume Corno, è stata verificata la presenza di una relazione, in 6 piezometri, tra il corso d’acqua superficiale e le due falde sottostanti, confermando quanto mostrato dalle sezioni idrostratigrafiche. Inoltre, i valori di conducibilità elettrica, ottenuti dalle misure in continuo, hanno confermato ancora una volta quanto già evidenziato dai profili verticali e cioè la presenza di acque di origine marina. A supporto delle misure in continuo e dei profili verticali di conducibilità elettrica e temperatura, sono stati effettuati numerosi campionamenti puntuali volti a caratterizzare dal punto di vista geochimico le acque sotterranee. Per quanto concerne la geochimica tradizionale sono stati prelevati campioni d’acqua per la determinazione di: pH, Eh, T, EC, O2, S2- e Fe tot. Questi parametri sono stati utili per definire alcune peculiarità delle falde monitorate. La determinazione delle concentrazioni di ferro totale disciolto, abbinato alle misure di EC effettuate in diverse condizioni di marea, si è dimostrata utile per definire un metodo di campionamento il più possibile idoneo, ripetibile e riproducibile in funzione delle specifiche problematiche presenti nell’area di studio. Il metodo infatti tiene in considerazione variabili di campo quali tempo, volumi e velocità di spurgo, posizione della pompa, diversi pretrattamenti del campione e variabili esterne come la marea, che possono modificare i valori dei principali parametri fisici e le concentrazioni degli ioni presenti nelle acque prelevate, così da ottenere un campione il più possibile rappresentativo della falda monitorata. Per 18 piezometri sono stati resi disponibili dal Laboratorio Unico Regionale - ARPA FVG i dati relativi ai principali componenti chimici, provenienti dalle campagne di monitoraggio degli anni compresi fra il 2006 e il 2011. Questi dati sono stati utili per determinare le facies chimiche a cui appartengono le acque presenti nella falda “0” e “1”. Attraverso l’elaborazione di diagrammi qualitativi si è potuta verificare la presenza di acque a facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca, a facies cloruro alcalina e acque a composizione intermedia. Si è dunque avuta la conferma, anche dal punto di vista chimico, della presenza di acque dolci (facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca) mescolate con diverse intensità ad acque di origine marine (facies cloruro alcalina). Risolutiva è infine stata la determinazione, per alcuni piezometri, dei valori di δ18O e δD. I valori dei rapporti isotopici di alcuni piezometri sono risultati maggiori rispetto ai valori isotopici medi delle piogge locali ad ulteriore conferma della presenza di miscelazione fra acque di falda e acque di origine marina. Inoltre, a seguito di campionamenti effettuati ad intervalli regolari durante lo spurgo di alcuni piezometri, si è osservato una decisa variazione dei rapporti isotopici nel tempo, evidentemente dovuta al richiamo di acque a composizione isotopica diversa da quella che caratterizza la falda all’inizio dell’emungimento. Si può quindi affermare con sicurezza che le acque saline del mare, attraverso la laguna, risalgono per ingressione marina il Fiume Corno per diversi chilometri e in corrispondenza dei depositi più permeabili che costituiscono l’alveo si infiltrano, mescolandosi con le acque dolci che caratterizzano la falda “0” e la falda “1” sottostanti. I risultati ottenuti confermano in modo inconfutabile alcune delle tesi già maturate ed affermate da ARPA FVG per il SIN di Grado e Marano (Lutman A. & Pezzetta E., 2007; Pezzetta E. & al., 2008; Pezzetta et al., 2011) La tesi in oggetto costituisce la chiave di volta per spiegare la presenza di squilibri nel chimismo delle acque sotterranee derivanti dalle naturali interazioni con la laguna ed il mare. Di conseguenza supporta e approfondisce le relazioni formulate dall’Agenzia sui valori di fondo nell’area del SIN e risulta di fondamentale importanza per lo sviluppo attuale e futuro dell’area industriale. Inoltre, in generale fornisce indicazioni utili e suggerimenti pratici in merito al corretto, efficace ed efficiente monitoraggio delle acque sotterranee in aree soggette al cuneo salino.
XXIV Ciclo
1981
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5

Emili, Andrea. "Processi biogeochimici del mercurio all'interfaccia acqua - sedimento in ambiente lagunare." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4656.

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Abstract:
2009/2010
Il ciclo biogeochimico del mercurio all’interfaccia acqua-sedimento in Laguna di Grado e Marano è stato studiato in situ mediante l’utilizzo di due camere bentiche. Lo studio si è posto come parte integrante del progetto di ricerca “Miracle” per la “Messa a punto di un metodo per l'individuazione delle aree da destinarsi alla venericoltura (Tapes philippinarum) a minor rischio di contaminazione da mercurio in Laguna di Marano e Grado". La sperimentazione è stata condotta stagionalmente in due siti adibiti alla semina a scopo sperimentale della vongola filippina (Tapes philippinarum). Il monitoraggio è stato operato isolando una porzione del sedimento per mezzo sia di una camera bentica “chiara” (trasparente alla luce) che di una camera bentica “scura”, allo scopo di valutare l’effetto della luce sui processi biogeochimici del mercurio. Gli esperimenti hanno permesso di stimare il flusso bentico, dal sedimento alla colonna d’acqua sovrastante, del mercurio totale disciolto, del metilmercurio e del mercurio gassoso disciolto. I flussi sono stati, inoltre, confrontati con una analoga sperimentazione condotta in precedenza in Laguna di Grado. I risultati hanno evidenziato un attivo riciclo delle specie mercurifere, soprattutto per quanto riguarda la riduzione del metallo. Il flusso di metilmercurio alla colonna d’acqua può essere fonte di preoccupazione per la nota capacità di bioaccumulo e biomagnificazione di questo metallo negli organismi acquatici, soprattutto nelle aree dove sono sviluppate le attività di pesca ed acquacoltura. L’attività di ricerca si è inoltre indirizzata allo studio di un altro ambiente lagunare, caratterizzato da una forte contaminazione da mercurio, la Laguna di Ravenna (Pialassa Baiona). La sperimentazione ha permesso di evidenziare come le specifiche caratteristiche ambientali di questo ambiente, più che i livelli di contaminazione, influenzino la mobilità del mercurio all’interfaccia acqua-sedimento, limitando apparentemente la produzione della forma metilata, più tossica e facilmente accumulabile. Benché specificatamente per i siti sperimentali di semina di Tapes philippinarum la mobilità del mercurio appaia non trascurabile e suggerisca maggiori approfondimenti sul ciclo del mercurio nell’area, il comportamento del bacino gradese, anche in confronto alla più contaminata Laguna di Ravenna, evidenzia delle condizioni generalmente più favorevoli alla rimobilizzazione del metallo e, in particolare, alla produzione del metilmercurio.
XXIII Ciclo
1976
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6

Tomio, Yari <1989&gt. "Valutazione del grado di ricolonizzazione di fanerogame acquatiche in Laguna Nord: accrescimenti e benefici ambientali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11615.

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Abstract:
L’elaborato di tesi è inserito nell'ambito del progetto Life SeResto, il quale ha lo scopo di riqualificare l’ecosistema della laguna nord di Venezia, attraverso il ripristino delle praterie di fanerogame acquatiche. A seguito dei trapianti di Zostera marina e Zostera noltei, avvenuti nel 2014-2015 in 35 stazioni, è stata intrapresa un'attività di monitoraggio degli accrescimenti delle zolle trapiantate e dei parametri ambientali nella colonna d’acqua e nel sedimento. Le analisi statistiche dei parametri ambientali (acqua e sedimento) correlati con gli accrescimenti delle zolle evidenziano come il successo dei trapianti sia fortemente influenzato dalle condizioni trofiche (concentrazione di fosforo e azoto) e dalla limpidezza dell’acqua. In particolare, si è potuto osservare il mancato attecchimento delle fanerogame in cinque stazioni dove le concentrazioni di fosforo e azoto nell’acqua e nel sedimento e la quantità di particolato sospeso risultano essere elevati. Tali zone sono fortemente influenzate da apporti di acqua dolce da parte dei fiumi. Gli accrescimenti studiati nelle altre stazioni mostrano un'espansione generale delle fanerogame, con coperture in alcune stazioni del 100%. Infine è stato intrapreso uno studio preliminare sulla Produzione Primaria Netta (PPN) e uptake di nutrienti in Z. marina e Z. noltei, attraverso misure delle variazioni di ossigeno e nutrienti all’interno di camere bentiche nei mesi di luglio e agosto 2017. I valori ottenuti hanno dimostrato una maggiore PPN in Z. marina nel mese di luglio rispetto al mese di agosto, mentre il confronto eseguito tra le due specie nel mese di agosto ha evidenziato una maggiore PPN di Z. noltei ed un uptake superiore di ammonio.
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7

Hubina, Tatsiana. "Development of a GIS to estimate the effect of abiotic factors on the abundance of waterbirds in the Grado-Marano Lagoon." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3168.

Full text
Abstract:
2007/2008
L’obiettivo di questa tesi è valutare l’influenza di vari fattori biotici e abiotici che possono influenzare l’abbondanza degli uccelli acquatici nella laguna di Grado e Marano. La laguna di Grado e Marano è situata nel NE del mare Adriatico e ha un’estensione approssimativa di 160 km2. Il passo introduttivo nell’implementazione della struttura del progetto è stato individuare un sistema innovativo per la raccolta, la standardizzazione e l’archiviazione dei dati ornitologici. Immagini satellitari ASTER sono state utilizzate per classificare differenti tipi di habitat, incluse le praterie di fanerogame. Nel Sistema Informativo Geografico sono state incluse quattro variabili abiotiche (azoto e fosforo totale, salinità e tessitura del sedimento) e tre fattori biotici (comunità bentonica, praterie di fanerogame e l’abbondanza degli uccelli acquatici presenti (Mean values: December 2006, January and February 2007), raggruppati in unita funzionali o guilds). Una griglia UTM con celle di grandezza 1km x 1km (Operational Geographic Units, OGU), è stata sovrapposta all’intera laguna. Per definire le unità ecologiche sono state applicate la classificazione gerarchica e l’analisi delle componenti principali. Da ultimo è stata usata l’analisi di corrispondenza per esaminare la relazione tra uccelli acquatici raggruppati in guilds e le unità ecologiche. L’integrazione dei metodi standard di censimento con i database relazionali per archiviare e analizzare i dati ornitologici, con le tecniche di telerilevamento e di GIS e con i metodi di analisi multivariata, rappresenta un set di strumenti efficienti e potenti per il monitoraggio integrato della laguna. Il soddisfacente risultato ottenuto si potrebbe applicare per ottenere un miglioramento della struttura gestionale di numerose zone umide dell’Adriatico. The purpose of this thesis is to estimate the influence of several biotic and abiotic factors on the abundance of waterbirds in the Grado-Marano Lagoon. The Grado-Marano Lagoon is situated in the Northeast of the Adriatic Sea with an extension of approximately 160 km2. Design of an innovative system for ornithological data gathering, standardisation and storage has been an initial step in the whole project structure. Waterbirds census was carried out by periodically monitoring the bird population over a two-year period (July 2006- July 2008). The present research is making use of the integrated waterbirds census database December 2006 - February 2007 (Daylight Time Counts completed by Aerial Surveys). Terrestrial and aerial survey methods allowed us to describe bird density and habitat use. An Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection Radiometer (ASTER) satellite images were utilized to classify different types of morphologies and habitat, including sea grass meadows. Four abiotic factors (total nitrogen, total phosphorous, salinity and sediment texture) and three biotic factors (benthic community, sea grass meadows and waterbird guild abundance) were integrated into a GIS. The flexibility of the procedure proposed in this PhD research depends on the concept of the Operational Geographic Unit (OGU) as a useful tool to integrate in a GIS georeferenced multisource data A regular UTM grid of square cells (OGU), 1km × 1km, was superimposed on the entire lagoon. Using the Hierarchical Cluster Analysis technique it was possible to delineate ecological units (clusters of OGUs) and Principal Component Analysis was used to reduce the dimensionality of the factors considered. Subsequently, Correspondence Analysis (CA) was used to examine the relationship between waterbird guild abundance and ecological units. The results obtained from this study show that sea grass meadows represent a fundamental trophic resource for aquatic birdlife in the lagoon. It is therefore indispensable to assess the distribution of phanerogam meadows and to identify the principal ecological parameters. In this context, GIS techniques allow us to integrate significant amounts of environmental data and multivariate analysis helps us to reduce the dimensionality of the data set. The integration of standard waterbirds census methods, relational databases for the ornithological data storing and analysis, remote sensing techniques, GIS technologies and multivariate statistical methods provides us with a set of powerful and efficient tool for lagoon integrated monitoring. It demonstrates the promising potentials in reforming the management frameworks of the numerous coastal wetlands in the Adriatic.
XXI Ciclo
1979
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8

Acquavita, Alessandro. "Mobilità delle specie mercurifere in condizioni naturali e perturbate in ambiente lagunare." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7347.

Full text
Abstract:
2010/2011
L’areale marino costiero del Friuli Venezia Giulia, posto nel settore più orientale del Nord Adriatico, è conosciuto come uno degli ecosistemi maggiormente contaminati dal mercurio (Hg), metallo pesante il cui notevole interesse è legato alla spiccata neuro-tossicità della sua forma organica, il metilmercurio (MeHg), e alle sue proprietà di bioaccumulo e biomagnificazione lungo l’intera catena trofica fino all’uomo (Fitzgerald & Clarkson, 1991; Clarkson, 1999). La fonte principale di Hg è dovuta agli apporti di materiale particellato veicolati nel Golfo di Trieste dal Fiume Isonzo. Quest’ultimo riceve nel suo percorso il risultato del dilavamento cui sono soggetti i terreni e le sponde fluviali dell’area di Idrjia (Slovenia occidentale) da parte di un suo affluente, il torrente Idrijca. In questo sito, per un periodo di circa 500 anni, è stata condotta una intensa attività estrattiva che si è protratta fino alla definitiva chiusura dell’impianto avvenuta nel 1996. E’ stato stimato che circa cinque milioni di tonnellate di roccia mineralizzata a Hg, essenzialmente cinabro (HgS), e, in misura minore, Hg nativo, siano state scavate e che solo una percentuale pari al 73% del Hg ad esse associato (105.000 t) sia stato recuperato (Gosar et al., 1997). Il rimanente è stato dissipato nell’ambiente a causa della scarsa efficienza dei processi di arrostimento del minerale: in conseguenza alle ricadute umide, i terreni circostanti, le sponde e i sedimenti del torrente Idrijca sono stati fortemente contaminati. L’influenza del Hg proveniente dal distretto minerario si è estesa all’intero Golfo di Trieste ma anche all’adiacente Laguna di Marano e Grado. A livello della Laguna, nel periodo compreso tra il 1949 e il 1984, si è sommato un ulteriore apporto dovuto allo scarico incontrollato di reflui contenenti Hg, utilizzato come catalizzatore, nell’impianto cloro-soda sito nella zona industriale di Torviscosa (Daris et al., 1993). Nella Laguna di Marano e Grado la contaminazione è stata accertata sia nei sedimenti sia lungo l’intera catena trofica (Mattassi et al., 1991; Brambati, 1997, 2001) ponendo così seri quesiti sul comportamento (ciclo biogeochimico, trasformazione, bioaccumulo e biomagnificazione) di questo metallo in un ecosistema dove coesistono importanti attività economiche per la popolazione ivi residente (pesca, acquacoltura, venericoltura e turismo). In particolare, come riportato in Sladonja et al. (2011), a partire dagli anni ’80, è stata introdotta in laguna la vongola filippina (Tapes philippinarum), che ha colonizzato quasi tutto l’areale risalendo il cuneo salino dei sistemi fluviali per circa 4-5 km. L’attività di raccolta e commercializzazione del bivalve rappresenta una notevole risorsa a supporto dell'economia delle popolazioni locali, tuttavia è fortemente subordinata alle condizioni ambientali e sanitarie dell’ambiente derivanti dalla condizioni chimico-fisiche dei suoi fondali. In questo contesto, a partire dal mese di Giugno 2008, è stato avviato un progetto di ricerca a carattere multidisciplinare denominato “MIRACLE” (Mercury Interdisciplinary Research for Appropriate Clam farming in Lagoon Environment), coordinato dal Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Trieste (responsabile scientifico dott. Stefano Covelli) e finanziato dal Commissario Delegato per l’emergenza Socio-Economico Ambientale determinatasi nella laguna di Marano Lagunare e Grado. Il progetto ha visto il coinvolgimento di numerose unità operative istituzionali e scientifiche a livello nazionale (ARPA FVG, OGS-BIO, ISPRA, Università di Venezia) e internazionale (Istituto “Jožef Stefan" di Lubiana, Stazione di Biologia Marina di Pirano, University of Massachusetts-Lowell). Lo scopo finale era l’individuazione di nuove aree idonee da destinarsi alla venericoltura tenendo conto della diffusa contaminazione da Hg a livello dell’intera area lagunare. In virtù del ruolo centrale svolto nei cicli biogeochimici dell’ambiente marino, una particolare attenzione è stata posta alla caratterizzazione e al comportamento dei sedimenti. I risultati della ricerca approfondita su questa matrice costituiscono l’oggetto della presente dissertazione. L’attività di ricerca ha previsto una intensa fase di campionamento condotta a livello dell’intera Laguna seguita da una parte sperimentale di laboratorio che ha fatto luce su diversi aspetti biogeochimici del Hg. La distribuzione spaziale del metallo nei sedimenti superficiali è stata aggiornata prendendo in esame anche la forma metilata della quale non erano a disposizione dati pregressi a livello di intero areale. Le due forme mercurifere sono state correlate con i principali descrittori geochimici (granulometria, contenuto e qualità della sostanza organica) ponendo una particolare attenzione alle implicazioni che derivano dalla speciazione chimica del metallo tra le forme biodisponibili e refrattarie ai fenomeni di rimobilizzazione. L’indagine è stata successivamente estesa anche ai sedimenti sub-superficiali allo scopo di determinare lo spessore interessato dalla contaminazione. Sulla base dei tassi di sedimentazione, calcolati per la prima volta in laguna, è stata valutata l’evoluzione storica dell’accumulo di Hg, estrapolato l’inventario a livello dell’intero bacino lagunare e considerata la possibile evoluzione della contaminazione. Nella seconda fase della ricerca, sulla base delle possibili destinazioni d’uso del sistema lagunare e i fenomeni fisici a esse associato, sono state prese in esame le dinamiche delle specie mercurifere in colonna d’acqua a seguito di fenomeni di risospensione. Questa seconda parte delle attività è stata svolta allestendo esperimenti in condizioni controllate di laboratorio (mesocosmo) su sedimenti prelevati in due siti scelti laddove le operazioni di dragaggio, necessarie per consentire l’operosità dei canali, vengono eseguite periodicamente.
XXIII Ciclo
1969
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Book chapters on the topic "Laguna di Grado e Marano"

1

"Marano Lagoon (Laguna di Marano)." In The Adriatic Sea Encyclopedia, 214. Cham: Springer International Publishing, 2020. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-030-50032-0_336.

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