Academic literature on the topic 'Iter formativo e professionale'

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Journal articles on the topic "Iter formativo e professionale"

1

D’Agostino, Sandra, and Silvia Vaccaro. "La via italiana al duale: opportunità e criticità." ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, no. 1 (June 2020): 89–104. http://dx.doi.org/10.3280/es2020-001006.

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Abstract:
La sperimentazione di una via italiana al sistema duale si inquadra nel solco di una serie di misure che negli ultimi decenni hanno puntato al rafforzamento della formazione professionale iniziale; in questo contesto, il rilancio dell'"apprendistato formativo", ovvero quello per il conseguimento dei titoli dell'educazione secondaria superiore, stenta a decollare. Il successo di questa misura richiede agli attori di ripensare il loro ruolo e superare alcune debolezze di più lungo periodo. Inoltre, le grandi trasformazioni del lavoro e della produzione pongono ulteriori sfide ai sistemi di formazione professionale. Solo vincendo queste sfide è possibile immaginare uno scenario futuro diverso da quello di investimento marginale per la formazione professionale anche in Italia.
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Gianecchini, Martina, Nicoletta Masiero, and Enrico Miatto. "Formazione professionale ed esiti occupazionali: un modello di valutazione e un'applicazione al Veneto." ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, no. 2 (November 2011): 111–33. http://dx.doi.org/10.3280/es2011-002011.

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Abstract:
L'articolo affronta il tema dell'inserimento occupazionale dei giovani in possesso di una qualifica professionale. Viene proposto un modello di valutazione della formazione professionale che considera tre prospettive: quella del mercato del lavoro (focalizzata sulla "qualitÀ" dell'inserimento occupazionale post-qualifica), quella del sistema formativo (centrata sull'efficacia e l'efficienza dell'ingresso) e quella dell'individuo (relativa alla percezione di utilitÀ delle competenze apprese e al livello di soddisfazione rispetto all'esperienza formativa nel suo complesso). Il modello č stato elaborato all'interno del progetto di ricerca nazionale biennale "Valutazione degli esiti e dell'impatto delle Politiche formative nell'ambito della formazione professionale" finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e coordinato da Ires, del quale vengono presentati una sintesi dei risultati con riferimento al Veneto.
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3

Zanini, Andrea. "Formazione professionale e sviluppo: gli esordi dell'istruzione alberghiera in Italia." SOCIETÀ E STORIA, no. 136 (July 2012): 355–86. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-136005.

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Abstract:
Questo articolo traccia l'evoluzione dell'offerta formativa alberghiera in Italia dalle origini alla vigilia della seconda guerra mondiale. Agli inizi del Novecento il settore ricettivo italiano č caratterizzato da una scarsitÀ di forza lavoro che ne limita lo sviluppo. Secondo l'opinione degli albergatori questa situazione č causata dall'assenza di un adeguato sistema formativo. In conseguenza di ciň, dal volgere del secolo in avanti, la SocietÀ italiana degli albergatori (l'associazione degli imprenditori) porta avanti numerosi tentativi per avviare una specifica scuola. Sfortunatamente nessuno di questi riuscirÀ, cosicché la prima scuola per lavoratori d'albergo sarÀ aperta solo nel 1914 dal Touring club italiano. Dopo la prima guerra mondiale le opportunitÀ formative per il personale d'hotel aumentano considerevolmente, grazie anche all'intervento statale mediante specifici enti, come l'Enit o l'Enfala, e per effetto della riforma delle scuole di avviamento professionale. In ogni caso, nonostante le diverse proposte avanzate in questo periodo, l'autore sostiene che lo sforzo di realizzare un moderno sistema formativo per gli addetti al settore ricettivo, come quello svizzero e tedesco, non puň dirsi pienamente riuscito.
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Giusto, Rosa María. "La 'prattica' del disegno nel progetto formativo dell’accademia di San Luca." i+Diseño. Revista Científico-Académica Internacional de Innovación, Investigación y Desarrollo en Diseño 2 (June 6, 2010): 52–59. http://dx.doi.org/10.24310/idiseno.2010.v2i.12698.

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Abstract:
L'attività sviluppata dalle istituzioni accademiche come centri di elaborazione critica del pensiero artistico emerge come un tema nella definizione delle storie culturali che animarono l'Europa nel XVIII secolo. Questo breve articolo analizza il ruolo e l'influenza esercitata dall'Accademia romana di San Luca per quanto riguarda la sua organizzazione e la pratica dei concorsi. La pratica del disegno fu uno degli aspetti chiave del progetto formativo dell'Accademia, con la nascita di un particolare 'genere', le 'rappresentazioni in occasione dei concorsi', che occupa campi di applicazione autonomi rispetto a quelli impegnati nel design professionale.
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5

Decataldo, Alessandra, Anna Grimaldi, Daniela Luisi, and Mara Tognetti Bordogna. "Social work education e valutazione delle politiche pubbliche." Sinappsi 12, no. 2 (2022): 94–105. http://dx.doi.org/10.53223/sinappsi_2022-02-7.

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Abstract:
Il contributo si propone di analizzare gli usi della ricerca e della valutazione per qualificare il fare professionale degli/delle assistenti sociali e migliorare gli strumenti del welfare locale. Buone programmazioni territoriali necessitano di migliorare le scelte di policy e definire i contenuti del lavoro sociale come policy practice. La social work education, come ambito formativo e di ricerca, può veicolare temi rilevanti quali la partecipazione, l’advocacy, la co-produzione (co-progettare e co-programmare) e la ricerca valutativa applicata alle politiche di welfare locale.
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6

De Fiore, Luca. "Il ruolo formativo dell'editoria." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 1 (April 2022): 153–68. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2022-001009.

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Abstract:
Durante il Novecento, numerose case editrici hanno svolto un ruolo importante per la crescita culturale dell'Italia, una funzione formativa molto simile a quella che ha caratterizzato l'attività di molti editori di paesi come Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti. Quasi sempre l'attività editoriale era legata al contributo di intellettuali che svolgevano un ruolo politico-culturale attraverso l'impegno professionale: narratori, giornalisti, poeti. Questa funzione esplicitamente pedagogica dell'editoria è stata messa in crisi verso la fine del secolo scorso dall'esaurirsi della stagione politicamente più coinvolgente e conflittuale e, allo stesso tempo, dall'emergere di nuovi modelli di gestione che affidavano la conduzione aziendale a dirigenti più attenti ai risultati economici che al prestigio culturale. Con l'inizio del nuovo millennio, l'editoria italiana e internazionale ha iniziato a essere dominata da multinazionali proprietarie dei marchi storici dell'editoria e spesso gestite in maniera impersonale. L'editoria scientifica è forse quella che meglio ha saputo adattarsi alla gestione manageriale e, forse non a caso, è la più attraversata dal cambiamento: una delle questioni più discusse riguarda la qualità dei contenuti e gli strumenti per la sua valutazione precedente (peer review) e successiva alla pubblicazione (gli indici bibliometrici hanno assunto un potere determinante per la progressione delle carriere dei professionisti sanitari). Anche i modelli di accesso alle riviste sono molto cambiati, nonostante l'open access in grande ascesa rischi di discriminare i ricercatori delle nazioni a basso reddito. In un contesto culturale, sociale e politico molto cambiato rispetto al secolo scorso, anche l'attività, le scelte e le decisioni delle case editrici meno esposte o schierate politicamente possono avere un valore culturale non trascurabile contribuendo così a formare punti di vista sul mondo. E non è detto che - proprio grazie al lavoro degli editori - queste prospettive sul futuro non possano tornare a ispirarsi ai valori che hanno orientato la cultura del Novecento.
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Antonazzo, Luca, Rocco Lancellotti, and Gabriella Pappadŕ. "La qualificazione professionale ed il sistema ECVET in Italia. un caso studio nella formazione professionale del settore agroalimentare." QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, no. 98 (December 2012): 87–122. http://dx.doi.org/10.3280/qua2012-098008.

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Abstract:
L'Italia sta lavorando da anni per superare la frammentazione e la mancanza di integrazione che caratterizza lo scenario formativo-educativoprofessionale nazionale e per allinearsi alle politiche comunitarie volte a garantire la trasparenza dei percorsi formativi e il riconoscimento delle competenze comunque acquisite dagli individui al fine del conseguimento dei relativi titoli e qualifiche. L'obiettivo generale, in tale contesto, č quello di consentire l'inserimento o il reingresso nel sistema di istruzione e formazione professionale e di agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. In tale scenario sono stati analizzati strumenti, procedure e prassi in via di consolidamento che costituiscono il riferimento per l'identificazione, il riconoscimento e la certificazione delle competenze. Pertanto, il presente lavoro introduce una disamina del lavoro svolto negli ultimi mesi a livello istituzionale per la identificazione degli standard professionali, di certificazione e formativi, finalizzati alla definizione e all'attuazione di un National Qualification Framework secondo le indicazioni dell'UE. In particolare, č stata analizzata la metodologia di sintesi adottata per la descrizione delle qualificazioni professionali e l'armonizzazione di tutte le fonti informative disponibili volte alla definizione di una procedura di certificazione delle competenze, sistematizzata e coordinata a livello nazionale. Inoltre, insieme a un'analisi dell'organizzazione dei sistemi di istruzione e formazione professionale (ridisegnata alla luce delle recenti riforme introdotte nel sistema nazionale), lo studio in oggetto ha analizzato la situazione della sperimentazione in Italia dello strumento ECVET attraverso i vari campi di applicazione e - in particolare - nel settore agroalimentare, attraverso uno dei tanti contributi di tipo bottom up che stanno predispo- nendo possibili soluzioni e pratiche che possono costituire un valido spunto di riflessione da sottoporre all'attenzione delle istituzioni e degli stakeholder.
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Savio, Donatella. "L’ équipe educativa responsabile e il ruolo formativo del coordinatore pedagogico." Educar em Revista, spe.1 (June 2017): 133–50. http://dx.doi.org/10.1590/0104-4060.49150.

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Abstract:
SOMMARIO Con riferimento, in particolare, ai servizi educativi per l’infanzia, la capacità di riflettere sulla pratica in modo partecipato viene presentata come la caratteristica peculiare di un’équipe educativa responsabile. Le dinamiche che caratterizzano un’équipe educativa responsabile vengono approfondite facendo riferimento ai concetti di “gruppo di lavoro razionale” (Bion, 1961) e di “identità educativa di gruppo” (Savio, 2011). Vengono quindi delineate le condizioni che favoriscono il funzionamento pedagogicamente responsabile di un'équipe educativa, riprendendo la teoria dei livelli sistemici di Bronfenbrenner (1979) e mettendo in primo piano, per ogni livello sistemico (macro, meso, eso, micro) il ruolo del coordinatore pedagogico. Questa precisazione permetterà di mettere in evidenza il ruolo formativo del coordinatore pedagogico nella misura in cui, sostenendo le dinamiche che attraversano un’équipe educativa responsabile, promuove anche la costruzione di sapere pedagogico, la crescita di consapevolezzacirca l’identità educativa ed il potenziamento dell’intenzionalità professionale, a livello sia individuale che di gruppo.
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Bonaiuti, Giovanni, and Ludovica Fanni. "Tirocinio e sviluppo professionale degli educatori nella prospettiva della Student Voice." EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, no. 2 (July 2021): 137–59. http://dx.doi.org/10.3280/erp2-2021oa12120.

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Abstract:
Il seguente articolo intende dar spazio all'esperienza del tirocinio curricolare nella prospettiva della Student Voice, sottolineandone l'aspetto altamente formativo. Grazie alla somministrazione di questionari e interviste tra gli studenti del Corso di Laurea in L-19, tra i fattori emersi, spicca il valore che i futuri educatori conferiscono a tutti i momenti del tirocinio, dall'orientamento alla relazione conclusiva. Tra i vari periodi di cui si compone questa esperienza gli studenti avvertono l'esigenza di una maggiore presenza dei momenti precedenti al suo avvio. Nello specifico l'orientamento e la preparazione sono i momenti dei quali gli studenti sentono una necessità più forte, nata dal poco spazio a questi dedicato e dalla volontà di intraprendere il percorso del tirocinio con una maggiore consapevolezza di ciò che questo evento rappresenta per il futuro lavorativo e quindi avere le basi utili alla comprensione di ciò che sarà il loro agire professionale all'interno di un contesto specifico.
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Piazza, Roberta, and Simona Rizzari. "Il peer mentoring per favorire lo sviluppo professionale della docenza universitaria: l'esperienza dell'Università di." EXCELLENCE AND INNOVATION IN LEARNING AND TEACHING, no. 2 (December 2021): 100–112. http://dx.doi.org/10.3280/exioa2-2021oa13026.

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Abstract:
Il contributo descrive l'esperienza di ricerca e formazione di peer mentoring condotta dall'Ateneo di Catania per il miglioramento delle competenze didattiche dei docenti "esperti" (senior) dell'Ateneo. L'azione ha riguardato la formazione di figure esperte chiamate a supportare i colleghi nella costruzione di esperienze di sviluppo personale e di innovazione didattica. Vengono descritte le scelte teorico-metodologiche che hanno fatto da sfondo al percorso di ricerca-azione progettato e al modello formativo adottato. Sono analizzate le varie fasi che hanno visto la realizzazione dell'esperienza in Ateneo, che ha coinvolto numerosi docenti appartenenti a diverse aree disciplinari.
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Dissertations / Theses on the topic "Iter formativo e professionale"

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FAGGIANO, ENRICO. "Processi di scelta formativa e professionale in Canton Ticino: ipotesi sull'influenza genitoriale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/18978.

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Abstract:
La letteratura che si è occupata di scelte e orientamenti professionali e formativi, ha messo in evidenza che le variabili che intervengono in tale ambito sono molteplici. Il livello socio-economico della famiglia è uno degli aspetti più importanti e riconosciuti. Se si presume che tale fattore possa spiegare quasi il novanta per cento delle scelte o percorsi formativi intrapresi dai/le giovani, rimane circa un dieci per cento che richiede un’altra spiegazione. Questo lavoro di ricerca ha tentato di dare una risposta a questa domanda. Punto di partenza è la famiglia d’origine del ragazzo. La famiglia non è però vista solo in modo statico, vale a dire un sistema in cui i genitori influenzano in modo unilaterale il/la giovane attraverso una trasmissione culturale inter-generazionale, ma un sistema dinamico in cui i figli partecipano a tale dinamica, accettando o rifiutando tale trasmissione. Oltre a trasmettere cultura, sapere, stile di vita e comportamenti i genitori trasmettono anche i loro desideri e le loro aspettative. Questi ultimi sono presenti anche nei confronti della scelta formativa e professionale del/la giovane. I/le giovani possono però sia identificarsi con tali desideri o aspettative, sia non identificarsi. Si potrebbe quasi dire che alla base di tutto ci sia un contratto in cui il/la giovane accetta o non accetta di farsi portavoce dei desideri paterni o materni. Questo aspetto è stato il punto di partenza per comprendere come l’identificazione dei figli con i genitori possa giocare un ruolo importante in tale processo.
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SACCHI, Fabio. "L’inclusione socio-lavorativa delle persone con disabilità. Una proposta di profilo professionale e di percorso formativo per il disability manager." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2022. http://hdl.handle.net/10446/213040.

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Abstract:
Nel nostro Paese, la figura professionale del Disability Manager (DM) è stata introdotta per la prima volta nel 2009 con il Libro Bianco su Accessibilità e Mobilità Urbana, frutto di un lavoro congiunto tra Comune di Parma e Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (MPLS). All’interno di questo documento essa è stata identificata nel ruolo di un esperto delle politiche sulla disabilità all’interno delle Pubbliche Amministrazioni e le sono stati attributi compiti di vigilanza rispetto alle politiche realizzate dagli enti in materia di disabilità. Questa originaria collocazione è stata successivamente estesa, da alcuni recenti disposti normativi, alle aziende nelle quali il DM rappresenta un professionista competente per sostenere il processo di inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Tra questi disposti, il Decreto Legislativo 151, ha annunciato l’approvazione di specifiche Linee guida di riforma del collocamento mirato contenenti gli elementi utili a definire il profilo professionale del DM. A distanza di sette anni queste Linee guida non sono state ancora emanate determinando il permanere di incertezze nella definizione di questa figura (MPLS, 2017). Questa situazione di incertezza, tuttavia, non ha impedito al mondo dell’associazionismo delle persone con disabilità e a quello delle aziende di guardare a questa figura. L’ISTAT in uno studio del 2019 volto a indagare le condizioni di vita delle persone con disabilità in Italia, ha rinvenuto come proprio in questi ultimi anni si siano affermate nel mondo del lavoro esperienze e pratiche di disability management volte a supportare l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Questa diffusione ha determinato un crescente bisogno formativo al quale da tempo cercano di rispondere le Università italiane con l’attivazione di percorsi, anche molto differenti tra di loro, finalizzati a formare questa figura professionale (Amatori & Giorgi, 2020). Si sta quindi affermando nel nostro Paese un vero e proprio fermento promettente (Besio & Sacchi, 2020) che in mancanza però degli indispensabili riferimenti normativi che connotino questa figura sta assumendo contorni incerti, apparendo talvolta come confuso. Una situazione differente è quella che si è delineata a livello internazionale dove la figura del DM e gli elementi caratterizzanti il suo profilo professionale, inclusi quelli relativi ai percorsi formativi, sono già da tempo oggetto di ricerche e studi e sono giunti a chiare esplicitazioni e formalizzazioni (Zappella, 2014). È all’interno di questo quadro che originano i due interrogativi a partire dai quali si è sviluppato il presente lavoro di ricerca: quali sono gli elementi caratterizzanti il profilo professionale del disability manager quali sono e quali caratteristiche hanno i percorsi per la sua formazione? Dopo la disamina della normativa inerente al diritto al lavoro delle persone con disabilità, le risposte ad entrambe le domande sono state ricercate attraverso una revisione della letteratura e una analisi documentale di materiali di differente tipologia (pubblicazioni scientifiche, documenti web, bandi di proposte di formazione) prodotti sia a livello internazionale sia nazionale, finalizzate ad individuare denominazioni, definizioni, azioni professionali, ambiti lavorativi, destinatari, competenze e percorsi formativi del DM. A partire dalla riflessione sui dati trovati sono state formulate una proposta di definizione di profilo professionale e di percorso formativo, un master biennale di primo livello in Case&Disability Manager.
In Italy, the Disability Manager (DM) was introduced for the first time in 2009 with the Libro Bianco su Accessibilità e Mobilità Urbana, the result of a joint work between the Municipality of Parma and the Ministry of Labor, Health and Social Policies (MPLS). In this document, the DM was identified as an expert in disability policies of the Public Administrations. This original position was then extended, by some recent laws, to companies in which the DM represents a competent professional to support the labour market inclusion of persons with disabilities. Among these provisions, Legislative Decree 151 announced the approval of specific guidelines for the reform of the placement of persons with disabilities containing the elements useful for defining the professional profile of the DM. Seven years later these Guidelines have not yet been issued, resulting in the persistence of uncertainties in the definition of this figure (MPLS, 2017). This situation of uncertainty, however, has not prevented the world of associations of persons with disabilities and that of companies from looking at this figure. ISTAT in a 2019 study aimed at investigating the living conditions of persons with disabilities in Italy, found that in recent years experiences and practices of disability management aimed at supporting job placement have become established in the labor market of persons with disabilities. This diffusion has led to a growing training need to which Italian universities have been trying to respond for some time with the activation of paths, even very different from each other, aimed at training this professional figure (Amatori & Giorgi, 2020). A promising ferment is therefore emerging in our country (Besio & Sacchi, 2020) which, however, in the absence of the indispensable regulatory references that connote this figure, is assuming uncertain outlines, sometimes appearing as confused. A different situation is the one emerging at an international level where the DM and the elements characterizing his professional profile, including those relating to training courses, have already been the subject of research and studies and have come to clear explanations and formalizations (Zappella, 2014). It is in this framework that originate the two research questions of this work: 1) what are the elements that characterize the professional profile of the disability manager; 2) what are and what characteristics do the paths for his or her training have? After the examination of the legislation concerning the right to work of persons with disabilities, the answers to both questions were sought through a literature review and a documentary analysis of materials of different types (scientific publications, web documents, calls for training proposals) products both internationally and nationally, aimed at identifying names, definitions, professional actions, work areas, recipients, skills, and training courses of the DM. Starting from the reflection on the data found, a proposal for defining a professional profile and training path was formulated, a two-year first level master in Case & Disability Manager. The first edition of the master delivered by the University of Bergamo was the subject of an evaluation research aimed at detecting the opinions of the participants regarding some elements characterizing the training planned and delivered, its strengths and criticalities and its correspondence with the profile of the proposed DM.
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Zapperini, Annalisa <1979&gt. "Il farsi della professionalità docente nelle prospettive della società della conoscenza : uno studio di caso: il Tirocinio Formativo Attivo." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4611.

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Abstract:
La globalizzazione dell’economia e della finanza, prima, e l’avvento della crisi economica nel 2008 sono tra gli eventi che maggiormente hanno rivoluzionato gli scenari della competizione internazionale richiedendo all’Europa di rispondere con strategie di crescita adeguate, basate sul nuovo paradigma della “conoscenza”. (OECD, 2012). In risposta ai cambiamenti di contesto, la strategia europea per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva – Europa 2020 (COM, 2010) afferma che le strade da percorrere per garantire una ripresa economica duratura e per ripristinare la coesione sociale sono quelle della “conoscenza” e dell’“innovazione”, rendendo pertanto cogente la necessità di dare priorità agli investimenti in educazione e formazione. La grande importanza assunta dai concetti di “conoscenza” e di “apprendimento” procede di pari passo con il riconoscimento della necessità di garantire a tutti cittadini occasioni di formazione continua lungo tutto l’arco della vita (COM, 2000). Un simile contesto apre inevitabilmente nuove sfide per i sistemi educativi, i quali non solo sono chiamati a rivestire un nuovo protagonismo nel rispondere alle richieste provenienti dal mondo del lavoro, ma anche a diventare i principali interlocutori per la diffusione e il radicamento degli attuali paradigmi basati sulla “conoscenza”. Allo stesso modo, appare altresì evidente come entro questa nuova strategia di sviluppo dell’Unione Europea, gli insegnanti non possano che essere individuati quali interpreti chiave del cambiamento strutturale e dell'innovazione in materia di istruzione. (Cresson, 1995) Questo intenso clima di trasformazione, tuttavia, racchiude in sé dei versanti insidiosi per i quali non sempre agli indirizzi forniti nell’ambito delle policy europee corrispondono interventi adeguati sul piano delle politiche nazionali; il risultato è che a fronte del crescente rilievo attribuito al ruolo, in molti degli stati membri – Italia compresa – gli insegnanti sono sovente gli agenti dimenticati dalle riforme sull’istruzione. (Eurydice, 2002) Nello specifico, l’obiettivo di questa riflessione è quello di considerare l’allineamento dell’attuale sistema di formazione iniziale in Italia – il TFA – al primo anno di sperimentazione, e di stabilire se vi siano i presupposti di attivazione di quel bagaglio di competenze e conoscenze in linea con il primo stadio di sviluppo professionale (Margiotta, 2007). La fase empirica viene presentata nel terzo capitolo, dove attraverso uno studio di caso ci si propone di isolare le variabili che possono decretare l’avvicinamento o lo scostamento del profilo in uscita dal TFA rispetto al profilo di insegnante delimitato a livello europeo Tra le intenzioni conclusive di questo contributo, infatti, figura la volontà di dare avvio ad una riflessione capace di tratteggiare nuovi orizzonti pedagogici riferibili alla formazione iniziale degli insegnanti di scuola secondaria così da prospettare, assieme a nuovi ambiti di valorizzazione, delle azioni concrete declinate in “assiomi” che possano risultare di sostegno agli attuali indirizzi politici.
The globalization of economy and finance first, and the advent of the economic crisis in 2008 are among the events that have revolutionized most scenarios of international competition, calling for Europe to respond with appropriate growth strategies, based on the new paradigm of "knowledge". (OECD, 2012). In response to contexts changing, the European strategy for smart, sustainable and inclusive growth - Europe 2020 (COM, 2010) states that the keys to ensure a long term economic recovery and to restore social cohesion are "knowledge" and “innovation." The priority to invest in education and training are thus mandatory. The great importance of the concepts of "knowledge" and "learning" goes hand in hand with the recognition of the need to ensure that all citizens have opportunities to continue education throughout life (COM, 2000). Such an environment will inevitably open up new challenges to educational systems, which are requested to play a leading role in responding to the new demands from the world of work, and also to become the main stakeholders for the diffusion and the establishment of the current paradigms based on "knowledge". Similarly, it is also clear that within this new development strategy of the European Union, teachers are identified as key interpreters of structural change and innovation in education. (Cresson, 1995) Unfortunately, the policies that are defined at the European level do not always reflect an appropriate response in terms of policy-making from the member states. The result is that despite the growing importance of the role of teachers, they are often underestimated as the agents on education reforms. (Eurydice, 2002) Specifically, the aim of this discussion is to consider the alignment of the current system of initial training in Italy - TFA – during the first year of the trial and to decide whether there are grounds for activation of that set of skills and knowledge in line with the first stage of professional development (Margiotta, 2007). The empirical phase is presented in the third chapter, where, through a case study we propose to isolate the variables that can decree the approach or the deviation of the output profile from the profile of TFA compared to the teacher defined at European level Among the intentions of concluding this contribution, in fact, there is the willing to rise a reflection capable of outlining new pedagogical horizons related to the initial training of secondary school teachers so as to suggest, along with new areas of enhancement, concrete actions declined in "axioms" that may be of support to the current political direction.
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Vitale, Gabriella <1970&gt. "Agency e successo formativo nel re-engagement scolastico di giovani con percorsi a rischio : un'indagine quanti-qualitativa nella formazione professionale iniziale di Veneto e Friuli." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/10339.

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Abstract:
La ricerca, nella prospettiva del Capability Approach Framework, ha indagato il rapporto tra agency e successo formativo in un gruppo di 700 ragazzi iscritti nella formazione professionale iniziale di 8 Centri di Formazione tra Veneto e Friuli. L'obiettivo della ricerca è stato quello di gettare luce sulle risorse, limiti e opportunità, che caratterizzano l'esperienza di questi giovani.
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RECCHI, Simonetta. "THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Abstract:
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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Books on the topic "Iter formativo e professionale"

1

Bortolotto, Tatiana. L'educatore penitenziario--compiti, competenze e iter formativo: Proposta per un'innovazione. Milano, Italy: FrancoAngeli, 2002.

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2

Interpretazione di trattativa: La mediazione linguistico-culturale nel contesto formativo e professionale. Milano: U. Hoepli, 2005.

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Conference papers on the topic "Iter formativo e professionale"

1

Iacullo, Gerald. "Problem-based learning as a pedagogical approach for preparing statistics graduates." In Teaching Statistics in a Data Rich World. International Association for Statistical Education, 2017. http://dx.doi.org/10.52041/srap.17313.

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Abstract:
The purpose of this study was to explore selected reform-oriented practices centered on Problem- based Learning (PBL). The target group was developmental math instructors who provide formative level instruction that can be defining in developing quantitative reasoning. Data were collected using a 10-item scale developed from a set of criteria that focused on knowledge acquisition, critical thinking, active learning, multiple representations, skills development, and assessment. The majority of the PBL strategies were highly rated as either "usually" or "always" (ranging from 72% to 90%), however, some key strategies were lacking, particularly critical thinking, active learning, and multiple representations, which were rated as either "rarely" or "sometimes" (ranging from 39% to 63%). The results of this study provide insight into the use of PBL strategies designed to promote quantitative literacy among college students, and identifying instructor strengths and weaknesses that can be addressed in professional development programs.
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