Academic literature on the topic 'Involuzione'

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Journal articles on the topic "Involuzione"

1

Biondi, Carminella. "Emanuela Cacchioli, Il polar creolo: evoluzione e “involuzione” del genere poliziesco nelle Antille." Studi Francesi, no. 173 (LVIII | II) (September 1, 2014): 417–18. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.1995.

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2

Tonucci, Francesco. "IL DIRITTO DI GIOCARE: UNA NECESSITÀ PER I BAMBINI, UN POTENZIALE PER SCUOLA E LA CITTÀ." Práxis Educacional 16, no. 40 (July 1, 2020): 209. http://dx.doi.org/10.22481/praxisedu.v16i40.6899.

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Abstract:
Il principale interrogativo affrontato nell’articolo: perché e come il gioco dei bambini dovrebbe essere considerato un importante parametro nelle politiche urbane? Una possibile risposta a questo problema si trova in tutto il testo. Voglio iniziare tratteggiando la più recente evoluzione (o piuttosto involuzione) della struttura e della organizzazione urbana enfatizzando come questa definisce un ambiente che è proibito ed ostile per i bambini a meno che siano accompagnati dagli adulti; riassumerò l’impatto di un simile ambiente sul gioco e quindi sullo sviluppo dei bambini, accentuando le diverse caratteristiche della mobilità spaziale nei bambini e negli adulti, e l’estremo pericolo di isolare i bambini dall’esperienza del pericolo che costituisce una caratteristica paradossale della educazione di oggi. Proporrò un’alternativa radicale alla corrente politica urbana in cui i bambini e il loro gioco sono il principale focus, piuttosto che un marginale e non conosciuto problema da essere considerato solo come un ripensamento, e presenterò alcuni casi concreti nei quelli una simile alternativa è stata messa in pratica da bambini e politici insieme, e i suoi effetti sono stati testati e valutati. In conclusione esperienze simili sembrano giustificare una moderata quantità di speranza per il futuro delle nostre città, nonostante le loro preoccupanti condizioni attuali.
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3

Michelozzi, G., E. Calabrò, S. Schiavoni, T. Bolelli, and C. Capellini. "Sella turcica vuota." Rivista di Neuroradiologia 13, no. 3 (June 2000): 353–66. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300306.

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Abstract:
La sella turcica vuota (SV) indica la presenza di una cavità sellare occupata da liquor a discapito di una ghiandola ipofisaria di volume ridotto ed appiattita contro il pavimento sellare. La SV Secondaria rappresenta una evoluzione di lesioni espansive sellari-parasellari note e in particolare di adenomi ipofisari a seguito di trattamento medico o chirurgico; per contro in assenza di precedenti patologici noti la SV si definisce Primitiva e rappresenta la conseguenza di un dismorfismo del diaframma sellare associato ad una involuzione ipofisaria ed a una alterata dinamica liquorale. In tutti questi casi si verifica l'erniazione intrasellare delle cisterne soprasellari che rappresenta l'elemento caratteristico della Sella Vuota. II quadro clinico che si può associare alla SV va sotto il nome di Sindrome della Sella Vuota ed è caratterizzato da alterazioni ormonali, da disturbi visivi e da cefalea: anche la rinoliquorrea può essere l'espressione anche iniziale di una SV. La TC e soprattutto la RM consentono un'analisi di dettaglio di tutti gli elementi costitutivi della SV rappresentati dalle alterazioni morfologiche e volumetriche della cavità sellare, dalla riduzione di volume del parenchima ipofisario, dallo stiramento del peduncolo ipofisario che può giacere o meno sulla linea mediana e dalla deformazione e erniazione intrasellare delle vie ottiche soprasellari e del muso del terzo ventricolo.
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Calzolari, F., G. Mescoli, G. Garani, V. Mazzeo, L. Tamisari, and P. Guerrini. "Anomalie congenite del bulbo oculare e del nervo ottico." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 6 (December 1996): 663–68. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900606.

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Abstract:
Sono descritti sei casi di anomalie congenite del bulbo oculare e del nervo ottico. Diverse cause, genetiche o acquisite, possono alterare il normale sviluppo dell'organo della vista; il tipo di anomalia dipende dal momento in cui si verifica l'insulto o l'arresto di sviluppo piuttosto che dal fattore eziologico specifico. Il microftalmo viene definito «semplice» quando l'occhio è di piccole dimensioni ma normoconformato, «complesso» quando l'occhio è malformato. Il microftalmo complesso puù essere ulteriormente diviso in due categorie: forma colobomatosa e non colobomatosa; il coloboma è una anomalia dovuta ad un difetto di chiusura della fessura coroidea. Il microftalmo con cisti è una grave malformazione di tipo colobomatoso, eventualmente associata ad altre anomalie sistemiche: le dimensioni dell'occhio e della cisti possono essere estremamente variabili. La persistenza del corpo vitreo primitivo dipende dalla mancata involuzione dell'arteria ialoidea e del tessuto fibrovascolare ad essa circostante. L' ipoplasia dei nervi ottici è frequentemente associata ad altre anomalie oculari, facciali ed encefaliche, con disfunzioni endocrine concomitanti; la patogenesi è verosimilmente riconducibile ad una eccessiva degenerazione assonale del nervo ottico. Le metodiche di imaging sono necessarie per caratterizzare con precisione le malformazioni congenite oculari. L'ecografia rappresenta l'esame di screening. La TC è ritenuta attualmente la metodica di elezione; la TC 3D consente inoltre una più completa valutazione delle eventuali malformazioni facciali ed orbitarie coesistenti. La RM ha una maggiore accuratezza diagnostica nell'evidenziare o escludere anomalie intracraniche associate.
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Ongari, Barbara, and Joëlle Long. "Adozioni e tempo: ricerche d'identità, involuzioni ed evoluzioni del diritto." MINORIGIUSTIZIA, no. 4 (January 2018): 7–17. http://dx.doi.org/10.3280/mg2017-004001.

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Zappa, Luigi Enrico, and Elena Pini. "Psichiatri senza Psichiatria Intervista epistolare con il Prof. Eugenio Borgna a trent'anni dalla legge Basaglia." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 2 (July 2010): 145–51. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2010-002010.

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Abstract:
In quest'epoca in cui sono le neuroscienze a tenere il passo alla psichiatria, ciň che ci ha spinto a formulare le domande di questa intervista č il pensiero che il cervello, organo della mente, non sia il solo ed unico terreno da esplorare alla ricerca della legittimitŕ e della ragion d'essere di ogni manifestazione umana. Per quanto distorta possa essere ogni esperienza umana in ogni sua forma, nella patologia o nella cosiddetta normalitŕ, non puň ridursi, a nostro avviso, a semplice espressione cerebrale. Come Gross e Huber [1], quasi vent'anni fa, abbiamo incominciato col chiederci: "La psichiatria ha ancora bisogno della psicopatologia?" e abbiamo rivolto lo stesso ed altri importanti interrogativi al Professor Eugenio Borgna che, con le sue riflessioni, ha delineato evoluzioni ed involuzioni della psichiatria post-Basagliana illustrandone prospettive ed aspettative.
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De Gregorio, Orlando, and Elena Giacomelli. "Dentro, fuori e contro le involuzioni delle politiche sull'immigrazione: riflessioni dalle esperienze di microaccoglienza diffusa di richiedenti asilo in Valsugana e Valle di Susa." MONDI MIGRANTI, no. 2 (July 2022): 165–87. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-002008.

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Abstract:
Quest'articolo verte sulle esperienze di accoglienza diffusa di richiedenti asilo rea-lizzate nei comuni montani della Valsugana in Trentino e in alta Valle di Susa in Piemonte. Si tratta di progetti nati in seno all'accoglienza straordinaria, ma che hanno assunto le forme dell'accoglienza diffusa e integrata, come altri progetti realizzati in diversi altri territori del paese. Cosa sono state queste esperienze? Usiamo il passato perché nel momento in cui scriviamo, queste esperienze sono state smantellate o in via di smantellamento per gli effetti delle politiche salvinia-ne. Cosa ha significato, in termini di governance e processo d'implementazione, fare accoglienza diffusa in piccoli comuni montani di persone che sono o erano nell'attesa di ottenere lo status di rifugiato (o altra forma di protezione)? Come si sono collocate e si possono collocare queste esperienze rispetto alle politiche na-zionali sull'immigrazione da tempo caratterizzate dal paradigma dell'emergenza, dalla frammentarietà, e dall'incoerenza? Attraverso due progetti di ricerca qualita-tiva, l'articolo guarda all'interno di questi processi di implementazione, concen-trandosi su come le dimensioni spaziali e temporali siano state lentamente "riem-pite" dal lavoro costante di comunità locali, migranti e operatori sociali, in un mo-do che sfuma le distinzioni politiche e sociologiche di accoglienza e integrazione. Lo scopo principale è quindi quello di riflettere sull'interconnessione tra il meso (il livello locale), il micro (l'interazione quotidiana tra richiedenti asilo-operatori sociali-comunità locali) e il macro (le politiche nazionali).
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Bartolozzi, Luigi, Carlo Luigi Fabbri, and Stefano Ignesti. "Analisi dei controlli eseguiti dal Corpo Forestale / Carabinieri Forestale sulle utilizzazioni boschive nel periodo 2009-2017 in provincia di Firenze. Stato dell'arte: evoluzione o involuzione?" L'Italia Forestale e Montana, 2019, 189–98. http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2019.3.04.

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Volta, FrancescaDalla. "Gruppi ortogonali di indice di Witt minimale generati da tre involuzioni." Geometriae Dedicata 41, no. 2 (February 1992). http://dx.doi.org/10.1007/bf00182414.

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Dissertations / Theses on the topic "Involuzione"

1

Stanig, Eva. "Principio di legalità e soft law: evoluzione o involuzione?" Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7439.

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Abstract:
2010/2011
Sommario Il principio di legalità nel diritto penale sembra avere subito in tempi recenti quello che può definirsi il processo di eterogenesi dei fini. Quanto più esso ha trovato riconoscimento incontestato tra gi studiosi, affannati ad espungere le fonti secondarie, tanto più la fonte primaria ha smarrito i connotati che ne conclamavano il valore: per un verso, in attuazione del principio di uguaglianza, la generalità e l’astrattezza; per un altro verso, in attuazione del principio di garanzia statuito a vantaggio dei destinatari della norma, la descrizione precisa e pregnante del fatto illecito e delle conseguenze punitive. Se ben deve riconoscersi, come insegnato già da Aristotele, che spetta alla legge determinare “tutto quanto è possibile”, restringendo il campo della libertà ai giudici soprattutto “perché il giudizio del legislatore non è particolare, ma riguarda il futuro e l’universale, mentre il componente dell’assemblea e il giudice giocano ogni volta su casi presenti e determinati”, incorrendo così il rischio per “amicizia, odio o utilità particolare di non vedere sufficientemente la verità, ma il piacere o il dispiacere personale”, allora è evidente come e quanto la fonte legislativa tenda attualmente a distaccarsi dai suoi fondamenti. Da un lato, la perdita di autorevolezza del legislatore determina un calo generalizzato della fiducia nella legge, vista come incapace di risolvere i nodi cruciali del diritto penale; dall’altro la giurisprudenza, “approfittando” di tale situazione, tende ad affermare la sua autorità mediante la correzione in via interpretativa dei supposti errori e delle lacune dei prodotti legislativi. Questi fattori determinano dubbi in ordine al valore oggi da attribuire alla legge, la cui supremazia dovrebbe derivare, non solo formalmente dall’organo rappresentativo che la emana, ma anche sostanzialmente da alcune peculiarità che dovrebbero caratterizzarla, quali generalità, astrattezza, stabilità, determinatezza, precisione, chiarezza, imperatività e razionalità. Tutte caratteristiche queste che sono state viste consuetamente come dirette a realizzare i valori di libertà, uguaglianza e sicurezza collettiva, di cui lo Stato si è fatto garante assoluto. Inoltre, la diluizione formale e sostanziale della sovranità, determinata, sul piano esterno, dalla moltiplicazione dei vincoli internazionali e comunitari e, su quello interno, dalla tendenza a sostituire, a livello di tecnica di regolazione giuridica, il precetto autoritario col metodo della negoziazione e del bilanciamento degli interessi dei rappresentanti dei poteri socialmente forti, solleva ulteriori perplessità sulla validità del principio di stretta legalità nel campo penale. Da non dimenticare, poi, come l’erosione del dogma, sempre alla base della legalità, della rigida sottoposizione del giudice alla legge, abbia favorito l’accrescersi dello spazio interpretativo lasciato alla giurisdizione. Procedendo con ordine, occorre subito rammentare che il senso più pregnante della garanzia apprestata dalla riserva di legge, come garantita dall’art. 25 Cost., nei confronti del c.d. potere punitivo non è solo quello della possibilità data all’individuo di regolare il proprio comportamento su una previa regola generale e astratta, ma è anche e soprattutto quello derivante dalla democraticità, che appunto individua nel procedimento legislativo il migliore sistema con cui prendere decisioni politiche. La crisi della riserva di legge consegue ad una crescente incapacità della stessa di dispiegare il suo ruolo di garanzia su entrambi i piani. Tralasciando i contorni davvero fittizi che ha assunto la garanzia della libertà di autodeterminazione offerta dalla legge al cittadino, ciò che qui rileva è la qualità della legge e della legislazione, pregiudicata dalla produzione quantitativamente inflazionistica e qualitativamente sciatta da rendere nulla più che una finzione la possibilità per il cittadino di orientare il proprio comportamento sulla base di una norma sufficientemente chiara. Ma l’aspetto che più preme è quello della garanzia recata della legge in ragione della sua democraticità, definibile come contenutistica. Su questo piano tre paiono le linee di caduta della legalità: la perdita di consistenza dello stesso principio democratico tradizionale; la trasformazione del sistema delle fonti e la loro proliferazione a scapito della legge; l’alterazione dell’originario equilibrio tra la legge e il potere giudiziario. Quanto al primo aspetto ci si interroga su quali siano i reali vettori che conducono la volontà popolare a trovare espressione nella legge, se i meccanismi della rappresentanza parlamentare o non, piuttosto, le interpretazioni che di tale volontà forniscono le concentrazioni massmediatiche e più in generale i potenti gruppi economici con la loro attività lobbistica; nel campo penale poi il carattere spesso emotivamente coinvolgente delle materie oggetto di disciplina penale finisce per accrescere il ruolo dei mass media nella formazione del necessario consenso sociale. Per quanto riguarda poi le conseguenze del passaggio al sistema maggioritario, è facile constatare come all’accentuato potere della maggioranza in sede parlamentare e governativa faccia riscontro la tendenza a protrarre il processo di formazione normativa presso gli organi di garanzia, quali Corte costituzionale e Presidente della Repubblica. Il fatto è poi che la democrazia non costituisce più l’unico asse su cui si regge il sistema istituzionale. In primo luogo si assiste al diffondersi dell’opera interpretativa dei giudici, per non parlare delle decisioni della Corte Costituzionale. Infatti, sebbene la Corte Costituzionale abbia consolidato un rigoroso self restreint quanto alle questioni di costituzionalità in malam partem, ciò non ha evitato, da parte della stessa, manipolazioni di disciplina talvolta davvero innovative e creative, con effetti favorevoli per il reo. Basti all’uopo pensare alle c.d. sentenze additive di principio, con cui la Corte dichiara l’incostituzionalità di una omissione legislativa: esse, enunciando anche il principio a cui dovrà ispirarsi il legislatore se e quando deciderà di provvedere, implicano, per un verso, forti limiti al quomodo dell’eventuale disciplina legislativa e, per altro verso, conferiscono da subito al giudice il potere-dovere di tradurre sul piano operativo il principio affermato. In secondo luogo, non è possibile non prendere d’atto che alla volontà e certezza alla base della legalità di stampo illuminista, in grado quindi di controllare previamente il conflitto di interessi, si è sostituita l’idea del diritto come strumento di governance dei plurimi interessi in gioco. Alla volontà unitaria del precetto penale si sostituiscono, più che le volontà dei giudici e delle parti chiamati a confrontarsi con la fattispecie, le valutazioni che essi opereranno per rendere la disciplina coerente con gli obiettivi strategici del sistema; dunque, governance al posto di volontà prescrittiva. Questo mutamento comporta nella pratica che alla rigidità descrittiva della fattispecie penale si sostituisca l’indicazione legislativa di parametri, criteri e obiettivi di disciplina; alla certezza della decisione giuridica, sintomo di onnipotenza del diritto, è subentrato l’equilibrio che è, invece, il risultato di un diritto che riconosce la molteplicità delle forze e la conseguente difficoltà delle scelte decisionali e per questo vi appresta degli strumenti per arrivarvi. In terzo luogo, non si può non osservare come la realtà, sempre più pervasa dalla tecnologia, abbia determinato lo spostamento del baricentro normativo dall’organo parlamentare all’apparato amministrativo, con tutta la fioritura di autorità indipendenti e organi tecnici dotati di specifiche competenze comprensive di poteri normativi. Quanto al secondo piano del discorso attinente alle fonti, si può osservare come la maggior parte degli atti parlamentari aventi un contenuto provvedimentale sono quelli elaborati all’esterno attraverso la c.d. contrattualizzazione del processo di formazione della decisione normativa, mentre le poche leggi di principio spesso assumono valore simbolico o si limitano a comporre il conflitto ideologico che sta alla loro base solo grazie a formulazioni ambigue e indeterminate, tali cioè da esprimere solo in apparenza una volontà parlamentare, rimettendo, nella realtà, la decisione agli organi dell’applicazione. Ma ciò che segna la crisi della legge penale è, come noto, l’incremento delle fonti primarie di origine governativa: dopo l’alt dato dalla Corte Costituzionale all’abuso del decreto legge, si è aperta la stagione del decreto delegato. I requisiti costituzionali della delegazione legislativa hanno subito un progressivo allentamento nella prassi, ma è soprattutto con l’invenzione dei decreti delegati correttivi che si è ottenuto il risultato di un prolungamento della delega che tende a stabilizzare nel Governo il potere di normazione primaria. In questo quadro si inserisce anche il procedimento di attuazione delle direttive comunitarie, affidato appunto ad un meccanismo che fa congiuntamente ricorso alla delegazione legislativa e alla delegificazione. In ogni caso, data la quantità di direttive che ormai condizionano la fisionomia attuale dell’ordinamento, ne risulta per questa via potenziato il ruolo delle fonti primarie di origine governativa. Naturalmente si potrebbe osservare, non senza fondamento, che la crisi della legge riguarda l’ordinamento nel suo complesso, mentre il diritto penale dovrebbe esserne immune stante la riserva di legge costituzionalmente sancita in materia. Ma è altrettanto vero che il diritto penale non può ritenersi avulso dalla realtà, condividendo, in misura maggiore o minore, le sorti dell’intero ordinamento, sollecitato com’è, anch’esso, ad aprirsi al pluralismo delle fonti da fattori sia interni che esterni. Invero, se il quadro sopra descritto concerne i fattori interni della crisi del principio della riserva di legge, non si può fare a meno di notare come elementi di minaccia promanino anche dall’esterno; all’uopo occorre distinguere tra diritto comunitario e quello internazionale. Nello scenario mondiale domina ancora lo strumento convenzionale, il quale fa salva la sovranità nazionale e il ruolo del Parlamento, chiamato ad autorizzare la ratifica delle sempre più numerose convenzioni internazionali multilaterali. Tuttavia la libertà dell’organo parlamentare appare piuttosto limitata: da un lato, le convenzioni concernenti la materia penale paiono sempre più dettagliate, perché si spingono non solo a formulare modelli minuziosi di fattispecie ma, non di rado, vincolano gli Stati anche a livello del trattamento sanzionatorio; dall’altro, l’oggetto di tali atti normativi è sempre più spesso tale da imporre obblighi sempre più difficilmente eludibili dagli Stati. Si assiste pertanto ad un fenomeno di grande interesse sul piano delle fonti, caratterizzato dalla riduzione del margine di discrezionalità del legislatore nazionale di fronte ad atti convenzionali e di fatto cogenti, i quali per un verso traggono origine da organi privi di legittimazione democratica e per altro verso si rivelano dotati di una particolare autorevolezza derivante da una legittimazione fattuale fondata sulla capacità di soddisfare bisogni di tutela ovunque condivisi. Passando all’ordinamento comunitario si assiste, oltre al già menzionato meccanismo di recepimento predisposto dalla legge comunitaria annuale, sia all’estensione della competenza penale dell’Unione europea ad opera del Trattato di Lisbona, che al sempre più ampio ricorso a direttive, a loro volta sempre più stringenti e dettagliate, anche riguardo al profilo sanzionatorio, così che anche qui il ruolo della volontà parlamentare nella produzione del diritto penale risulta ridotta. Il descritto stato di crisi del principio di legalità è costretto, altresì, a fare i conti con il diffondersi, nel nostro ordinamento, di un nuovo fenomeno di natura esogena: il (o anche la) soft law, locuzione traducibile in italiano come diritto leggero, ovvero morbido, ovvero soffice, ovvero attenuato. Con tale espressione si intende far riferimento ad una moltitudine variegata di atti latu sensu normativi, accomunati dall’assenza del requisito della forza cogente, che, appunto, sembrava essere l’essenza della nozione di norma giuridica. Alla luce di tale definizione risulta allora evidente come affrontare la tematica della soft law significhi affrontare un paradosso. Innanzitutto perché all’interno di tale categoria vengono ricompresi una congerie di atti che, seppur privi di efficacia obbligatoria, dispiegano comunque degli effetti giuridici. Secondariamente, ma non certo per importanza, tale ambiguità emerge, con immediatezza dall’accostamento dell’aggettivo soft al termine law: il diritto è, infatti, per tradizione considerato hard, ossia obbligatorio. Secondo l’impostazione maggioritaria, infatti, un soft law privo di effetti legali non è law, laddove un soft law fornito di essi è sicuramente hard law. Nonostante tale posizione tradizionale prevalente, alcuni studiosi, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso hanno cominciato, nell’ambito del diritto internazionale, a prospettare la possibilità di immaginare l’esistenza di un tertium genus di fonte di produzione del diritto, nascente in risposta alla complessità giuridica della globalizzazione. Lo sviluppo del diritto soffice testimonierebbe, in tal senso, la possibilità di ingresso nel circuito della giuridicità di soggetti nuovi, non sempre formalmente titolari delle competenze necessarie per produrre un diritto “a denominazione di origine controllata”. Ciò implica anche la creazione di un circuito giuridico che attiva logiche e processi che superano il criterio essenziale dell’obbedienza. In pratica, non si tratta solo di un percorso di perdita del carattere verticale del diritto, ma anche in un certo senso di un rimodellamento del suo criterio di legittimazione, che non è più affidato alla forma, ma piuttosto ad un contenuto o a delle modalità che sappiano riscuotere l’adesione dei destinatari, indipendentemente dalla previsione di sanzioni. Alla luce delle descritte peculiarità della normativa attenuata, tutto il sistema penale, hard law per eccellenza, sembra muoversi in una direzione antitetica a quella della soft law. In particolare, questa antinomia si appalesa in tutta la sua chiarezza ove si mettano a confronto alcune caratteristiche fondamentali delle due normative: se l’unico organo di produzione abilitato in campo penale è, ai sensi dell’art. 25 Cost., il Parlamento, in quello attenuato gli enti legittimati sono plurimi e non sono solo statali, substatali o sovranazionali, ma anche espressivi di poteri non necessariamente a carattere territoriale; mentre le norme soffici possono anche limitarsi a porre degli obiettivi, quelle penali devono essere formulate quanto più possibile in modo chiaro e preciso, indicando inequivocabilmente i comportamenti vietati; laddove i destinatari delle norme attenuate coincidono spesso con i soggetti produttori delle stesse e si indirizzano solitamente a categorie ben individuate di soggetti, le norme penali generalmente si rivolgono in maniera indifferenziata a tutti gli individui presenti sul territorio statale; se il diritto debole costituisce un diritto meramente esortativo, diretto a persuadere più che ad obbligare, risultando pertanto privo di sanzioni, all’opposto il diritto penale è il ramo dell’ordinamento giuridico più di ogni altro vincolante; la normativa leggera prescinde dal tradizionale modello delle fonti kelseniano di tipo piramidale, su cui il sistema penale si fonda, per collocarsi all’interno di un modello improntato ad una logica reticolare, senza gerarchie; la soft law è per definizione destinata ad operare in ogni ambito, da quello angusto di una singola impresa a quello sconfinato del mercato globale, mentre il diritto penale è la branca meno universalizzabile, perché simbolizza la sovranità nazionale e la cultura di ciascun popolo; infine, se il diritto penale si caratterizza per un elevato tasso di rigidità e stabilità, dati i beni giuridici che va a tutelare, all’opposto il diritto morbido si esprime con strumenti non solo flessibili, ma anche mutevoli, per meglio rispondere alla rapida evoluzione della società. Tale insanabile antinomia tra diritto soffice e diritto penale pare però, ad un’attenta analisi del panorama giuridico attuale, più astratta che reale, ove solo si consideri quanto detto in apertura sulla crisi dei principi di legalità e della riserva di legge e sulla progressiva alterazione di alcuni tratti peculiari del diritto penale.
XXIV Ciclo
1984
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2

CATTANEO, LUCA. "Comprendere la messa in asciutta nella bovina da latte: approfondimenti su metabolismo e infiammazione." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/131852.

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Abstract:
La messa in asciutta sta diventando una fase sempre più importante del ciclo di lattazione. Rappresenta un evento stressante per la bovina da latte perché comporta diversi cambiamenti nella gestione e nella fisiologia degli animali. Eventi infiammatori in questa fase possono avere anche sulla lattazione successiva. Inoltre, l'elevata produzione di latte che viene raggiunta dalle vacche moderne in tarda gestazione può influenzare l'adattamento al periodo di asciutta e potrebbe compromettere la futura produttività e lo stato di salute degli animali. Inoltre, le forti richieste di ridurre l'uso di antibiotici nell’allevamento e la diffusione della terapia selettiva all’asciutta sollevano ulteriori preoccupazioni riguardo a questa fase. Nella presente tesi è stato indagato l'effetto di condizioni infiammatorie sistemiche alla messa in asciutta sull'adattamento al successivo periparto. Quindi, è stato valutato un approccio di messa in asciutta selettiva, concentrandosi in particolare sulle risposte immunometaboliche e sulle implicazioni sulla successiva lattazione. Inoltre, è stata valutata con un approccio simile l'integrazione con un nutraceutico (Aloe arborescens Mill.). Successivamente, è stata analizzata l'espressione genica dei leucociti circolanti all’asciutta, per capire cosa accade a livello molecolare, confrontando vacche con diversa produzione di latte, e confermando gli effetti negativi dell'elevata produzione sulla risposta infiammatoria. Negli anni sono state proposte diverse strategie per ridurre gradualmente la produzione di latte prima dell'asciutta, favorendo l'avvio del processo di involuzione mammaria. Pertanto, sono stati valutati gli effetti della restrizione alimentare su produzione e metabolismo.
The dry-off is an important phase of the lactation cycle. It represents a stressful event for dairy cows because it includes several changes in animal management and physiology. Inflammatory events in this phase seem to have a carryover effect on the ensuing lactation. Moreover, the high milk yield still achieved by modern cows in late gestation can affect the adaptation to the non-lactating period and might impair future performance and health. Furthermore, the public demand to reduce antibiotic use in livestock and the spread of selective dry-cow therapy raise additional concerns about this phase. In this thesis, the effect of systemic inflammatory conditions at dry-off on the adaptation to the subsequent calving has been investigated. Then, a selective dry-cow therapy approach was evaluated, particularly focusing on the immunometabolic responses and the implications on the ensuing early lactation. Moreover, to optimize this strategy, the supplementation of a nutraceutical (Aloe arborescens Mill.) has been tested with a similar approach. Furthermore, circulating leukocyte gene expression was analyzed at the turn of the dry-off, to understand what happens at a molecular level, comparing cows with different yields, and confirming the detrimental effect of high yield on the inflammatory response. Several strategies have been proposed over the years to gradually reduce milk yield before dry-off, promoting the beginning of the mammary involution process. Thus, we evaluated the effects of feed restriction on performance and metabolism.
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3

Pantaleoni, Andrea <1977&gt. "Involuzioni di corpi di manici in dimensione 3 ed applicazioni." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/208/1/tesi_Pantaleoni.pdf.

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Pantaleoni, Andrea <1977&gt. "Involuzioni di corpi di manici in dimensione 3 ed applicazioni." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/208/.

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5

Lorenzetto, Elisa. "Dal difensore inquirente al difensore istruttore.Genesi, evoluzioni e involuzioni del diritto di difendersi indagando." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2636.

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Abstract:
2006/2007
ABSTRACT A dispetto di un’intitolazione tutt’altro che equivoca, le «disposizioni in materia di indagini difensive», innestate con l. 7 dicembre 2000, n. 397, nel tessuto dei codici di diritto penale – sostanziale e processuale –, introducono nuove prerogative per i soggetti della difesa che vanno ben oltre il riconoscimento espresso della facoltà investigativa, dovendo osservarsi come il tratto saliente dell’interpolazione sia rappresentato dall’estensione al difensore del potere di formazione unilaterale della prova. Innovazione epocale, quest’ultima, che viene attuata quasi in sordina dal legislatore, attraverso una disposizione di collegamento – l’art. 391 decies c.p.p. – che legittima il passaggio delle risultanze difensive attraverso i canali di comunicazione che tuttora intercorrono tra la fase preliminare e il processo, consentendo l’eccezionale trasfigurazione dell’elemento d’indagine in prova. Un autentico potere creativo compete, in perfetta simmetria all’accusatore, anche al difensore, complice un sistema votato negli intenti all’accoglimento del contraddittorio forte per la formazione della prova (art. 111 comma 4 Cost.) ma, di fatto, propenso a darvi attuazione lasciando sopravvivere – nelle ipotesi impossibili, consensuali ovvero inquinate (art. 111 comma 5 Cost.) – il pieno valore probatorio dell’atto di matrice unilaterale. A scontarne gli eccessi, tuttavia, è proprio la dimensione puramente inquirente dell’agire difensivo che sfuma i propri confini sovrapponendosi a inusitate doti istruttorie, delle quali si trova a condividere investiture formali, tassatività di previsioni, rigide forme d’azione e di documentazione nonché il severo regime di sanzioni, processuali e penali, smarrendo l’agilità di movimento che per definizione connota la fase di investigazione. Un effetto anomalo che svilisce il ruolo parziale e privatistico del difensore proprio mentre ritiene di elevarlo a profili pubblicistici di partecipazione – addirittura di collaborazione – con l’amministrazione della giustizia, secondo una combinazione dissonante che condanna il sistema all’insanabile contraddizione. Urge il recupero di una funzione privata, quella difensiva, cui competono nella fase preliminare l’attività di ricerca, in quanto strumentale alla successiva impostazione della strategia – anche probatoria – ovvero l’acquisizione di elementi, da spendere variamente negli incidenti procedimentali, senza soffrire limitazioni o inibizioni derivanti dall’inappropriato riconoscimento di un’attitudine creativa unilaterale in punto di prova. La strada da percorre per pianificare una simile rivoluzione, quindi, non può che snodarsi lungo il versante oggettivo del metodo dialettico, da attuare pienamente attraverso il deciso ripudio del potere di formare unilateralmente la prova ad opera delle parti, unico presupposto cui ancorare un progetto di tendenziale emancipazione del diritto di difendersi indagando. Questa è l’impostazione che si è cercato di imprimere al seguente studio, volto a individuare ragionevoli spazi di liberalizzazione e deformalizzazione dell’agire difensivo, autenticamente inquirente e non più istruttorio. A cominciare dal confronto con l’apparato delle fonti del diritto di difendersi indagando (Parte Prima), articolato nelle sue componenti di principio, normative e deontologiche, la cui evoluzione e stratificazione ha consentito di porre in luce come la genesi del libero potere inquirente privato riposi sull’implicazione oggettiva di sistema che riconosce valore indefettibile al contraddittorio nella formazione della prova, attraverso l’irrigidimento del rapporto tra regola e sue eccezioni e l’ostruzione dei canali che consentono all’elemento unilaterale di essere apprezzato come prova in vista della decisione sul merito dell’imputazione. Particolare attenzione si è dedicata, quindi, alla disamina puntuale del dato normativo attuale (Parte Seconda), tramite la ricognizione e l’esegesi delle singole disposizioni – segnatamente, gli artt. 391 bis e ss. c.p.p., ma non solo – introdotte nel codice di rito dalla nuova legge, ove il dato sorprendente è rappresentato dall’estrema cavillosità che ha accompagnato l’innesto codicistico del “microsistema” delle investigazioni difensive, agli antipodi del libero agire inquirente che dovrebbe potersi riconoscere al difensore. All’evidenza, un ansiogeno horror vacui ha indotto il legislatore a non lasciare sforniti di previsione i molteplici aspetti dell’inchiesta privata, adoperandosi alacremente a disciplinare i profili soggettivi e temporali di legittimazione, le forme d’azione e di documentazione, i canali di presentazione e utilizzazione delle risultanze nonché le patologie sanzionabili in via processuale, penale o disciplinare. Un’opera mastodontica, eppure insoddisfacente. Invero, nella preoccupazione di varare un efficiente statuto di legalità formale, idoneo a sopperire al deficit di genuinità sostanziale che non consentirebbe alla risultanza privata – in quanto unilaterale – di assurgere al rango di prova in giudizio, si è tralasciato di dotare la difesa di incisivi poteri inquirenti nel momento dell’effettivo bisogno, condannando alla sterilità dimostrativa, anche nei contesti procedimentali, i materiali raccolti senza l’osservanza di protocolli formali (art. 391 bis comma 6 c.p.p.). A conferma dell’assunto, si è ritenuto di analizzare gli approdi applicativi cui è giunta – o si prevede perverrà – la prassi giurisprudenziale (Parte Terza), autentiche involuzioni che segnano una drastica battuta d’arresto a quella che avrebbe dovuto rappresentare la sospirata evoluzione del diritto di difendersi indagando. Anomalie, queste utlime, germinate dall’avarizia di un dettato normativo restìo a riconoscere strumenti d’azione efficaci al difensore inquirente ovvero – sul versante opposto – fin troppo generoso nell’approntare lo statuto di legalità formale che supporta l’utilizzabilità processuale della risultanza privata. Eppure irrigidimenti imposti, fin tanto che l’«elemento» investigativo, ancorché unilaterale, è idoneo a valere come «prova» sul tema della responsabilità. Prioritario, quindi, recuperare il massimo tasso di dialetticità del sistema nel momento deputato alla pronuncia sul merito dell’imputazione, restituendo rigidità al rapporto tra metodo dialettico di elaborazione della prova (art. 111 comma 4 Cost.) e sue eccezioni (art. 111 comma 5 Cost.), presupposto indefettibile per progettare un’ipotetica rivoluzione che svincoli da formalismi inadeguati il potere inquirente del difensore (Parte Quarta). Una via, peraltro, che affonda le proprie radici nel dibattito autorevolmente fiorito all’epoca della primordiale iniziativa di riforma che avrebbe condotto all’emanazione del nuovo codice di rito, proseguito altrettanto validamente nei primi anni di vigore del rinnovato modello processuale onde correggere le vistose disfunzioni applicative che ne sconfessavano l’effettiva dimensione accusatoria. Attraverso un tentativo di mediazione tra le diverse soluzioni prospettate, dunque, si è giunti a enucleare alcune linee guida che potrebbero orientare un’opera ragionata di emancipazione del diritto di difendersi indagando, suddividendo i diversi gradi di intensità attribuibili all’agire investigativo nelle fasi della ricerca, dell’acquisizione di elementi nonché della precostituzione della prova, limitata ai casi di ontologica impossibilità originaria di ripetizione ovvero alla procedura incidentale di elaborazione dialettica anticipata. Un programma di liberalizzazione che, si vedrà, sfuma alquanto la propria autonoma portata innovativa al cospetto con il presupposto primo che ne legittima l’attuazione: il ripudio generalizzato del potere di formazione unilaterale della prova, culla autentica in cui riposa ogni idea di rivoluzione.
XX Ciclo
1977
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Valgiusti, Vittoria. "Tabelle di Young e statistiche sulle permutazioni." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11005/.

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Abstract:
La presente tesi è suddivisa in due parti: nella prima parte illustriamo le definizioni e i relativi risultati della teoria delle tabelle di Young, introdotte per la prima volta nel 1900 da Alfred Young; mentre, nella seconda parte, diamo la nozione di numeri Euleriani e di Polinomi Euleriani. Nel primo capitolo abbiamo introdotto i concetti di diagramma di Young e di tabelle di Young standard. Inoltre, abbiamo fornito la formula degli uncini per contare le tabelle di Young della stessa forma. Il primo capitolo è focalizzato sul teorema di Robinson-Schensted, che stabilisce una corrispondenza biunivoca tra le permutazioni di Sn e le coppie di tabelle di Young standard della stessa forma. Ne deriva un'importante conseguenza che consiste nel poter trovare in modo efficiente la massima sottosequenza crescente di una permutazione. Una volta definite le operazioni di evacuazione e "le jeu de taquin" relative alle tabelle di Young, illustriamo una serie di risultati riferibili alla corrispondenza biunivoca R-S che variano in base alla permutazione che prendiamo in considerazione. In particolare, enunciamo il teorema di simmetria di M.P.Schüztenberger, che dimostriamo attraverso la costruzione geometrica di Viennot. Nel secondo capitolo, dopo aver dato la definizione di discesa di una permutazione, descriviamo altre conseguenze della corrispondenza biunivoca R-S: vediamo così che esiste una relazione tra le discese di una permutazione e la coppia di tabelle di Young associata. Abbiamo trattato approfonditamente i numeri Euleriani, indicati con A(n,k) = ]{σ ∈ Sn;d(σ) = k}, dove d(σ) indica il numero di discese di una permutazione. Descriviamo le loro proprietà e simmetrie e vediamo che sono i coefficienti di particolari polinomi, detti Polinomi Euleriani. Infine, attraverso la nozione di eccedenza di una permutazione e la descrizione della mappa di Foata arriviamo a dimostrare un importante risultato: A(n,k) conta anche il numero di permutazioni di Sn con k eccedenze.
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Mela, Giuseppe Sandro. Islam: Nascita, espansione, involuzione. Roma: Armando, 2005.

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Saponaro, Armando. L'esame della personalità del reo nel processo penale: Evoluzione, involuzione, modelli alternativi, prospettive. Bari: Cacucci, 1997.

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La scimmia, l'uomo e il superuomo: Nietzsche : evoluzioni e involuzioni. Milano: Mimesis, 2008.

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Le forme della musica: Evoluzioni e involuzioni nel panorama musicale degli ultimi 25 anni. Casale Monferrato (Al) [i.e. Allessandria, Italy]: Sonda, 2009.

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Stagnitta, Antonino. L' anima e i suoi prodotti: La struttura delle involuzioni scientifiche : per una fondazione post-moderna della psicologia come scienza. Roma: Armando, 2000.

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Bolleri, Luisa, and Stefano Donno. Involuzione Della Specie. Independently Published, 2019.

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involuzione Del Pensiero Scientifico. Lulu Press, Inc., 2013.

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Pipia, Calogero. Cibo per L'uomo: Viviamo una Vera e Propria Involuzione Fisica Causata Da Alimenti Che l'uomo Non Ha Mai Mangiato e Sedentarietà Che Non Abbiamo Mai Praticato. Independently Published, 2021.

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