Dissertations / Theses on the topic 'Internazionale privato'

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Vinci, Pierpaolo. "L'interpretazione del contratto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4612/1/Vinci_Pierpaolo_tesi.pdf.

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Abstract:
La ricerca ha ad oggetto l’analisi di clausole, contenute nei contratti del commercio internazionale, che sembrano finalizzate a fornire in anticipo una metodologia dell’interpretazione del contratto. L’elaborato pertanto analizza i profili di validità ed efficacia di singole e specifiche clausole, come le “clausole d’intero accordo”, le “clausole di non modificazione orale”, le clausole contenenti definizioni, e simili, alla luce delle regole giudiriche di derivazione eteronoma applicabili al contratto, siano esse rappresentate da una legge nazionale, da una convenzione internazionale di diritto materiale uniforme, o da fonti ulteriori c.d. di soft law, come i Principi Unidroit sui contratti del commercio internazionale. La ricerca ha pertanto rivelato che, diversamente da quanto possa apparire a prima vista, svariate tipologie di clausole analizzate non coinvolgono profili legati all'’nterpretazione del contratto, quanto piuttosto di documentazione e forma dello stesso. L’elaborato contiene infine alcune considerazioni di teoria generale del diritto.
The reasearch focuses on the analysis of a number of clauses, contained in international commercial contracts, which seem aimed at providing in advance a methodology for the intepretation of the contract. The study therefore analyzes the validity and efficacy of specific types of clauses, such as “entire agreement clauses”, “no oral modification clauses”, clauses containing definitions, and the like, in light of the rules of law applicable to the contract, being it a national law, an international convention of substantive law, or further rules of so-called soft law, such as the Unidroit Principles on international commercial contracts. The research has therefore revealed that, contrary to what it may appear at first sight, a number of the above-mentioned clauses do not affect interpretation issues, whereas they rather involve issues of evidence and form of the contracts. The study finally contains some preliminary observations on general theory of law.
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Vinci, Pierpaolo. "L'interpretazione del contratto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4612/.

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Abstract:
La ricerca ha ad oggetto l’analisi di clausole, contenute nei contratti del commercio internazionale, che sembrano finalizzate a fornire in anticipo una metodologia dell’interpretazione del contratto. L’elaborato pertanto analizza i profili di validità ed efficacia di singole e specifiche clausole, come le “clausole d’intero accordo”, le “clausole di non modificazione orale”, le clausole contenenti definizioni, e simili, alla luce delle regole giudiriche di derivazione eteronoma applicabili al contratto, siano esse rappresentate da una legge nazionale, da una convenzione internazionale di diritto materiale uniforme, o da fonti ulteriori c.d. di soft law, come i Principi Unidroit sui contratti del commercio internazionale. La ricerca ha pertanto rivelato che, diversamente da quanto possa apparire a prima vista, svariate tipologie di clausole analizzate non coinvolgono profili legati all'’nterpretazione del contratto, quanto piuttosto di documentazione e forma dello stesso. L’elaborato contiene infine alcune considerazioni di teoria generale del diritto.
The reasearch focuses on the analysis of a number of clauses, contained in international commercial contracts, which seem aimed at providing in advance a methodology for the intepretation of the contract. The study therefore analyzes the validity and efficacy of specific types of clauses, such as “entire agreement clauses”, “no oral modification clauses”, clauses containing definitions, and the like, in light of the rules of law applicable to the contract, being it a national law, an international convention of substantive law, or further rules of so-called soft law, such as the Unidroit Principles on international commercial contracts. The research has therefore revealed that, contrary to what it may appear at first sight, a number of the above-mentioned clauses do not affect interpretation issues, whereas they rather involve issues of evidence and form of the contracts. The study finally contains some preliminary observations on general theory of law.
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Contaldi, Gianluca. "Il trust nel diritto internazionale privato italiano /." Milano : A. Giuffrè, 2001. http://bvbr.bib-bvb.de:8991/F?func=service&doc_library=BVB01&doc_number=009968773&line_number=0001&func_code=DB_RECORDS&service_type=MEDIA.

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Mellone, Marco <1982&gt. "Il diritto internazionale privato in materia matrimoniale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2751/1/mellone_marco_tesi.pdf.

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Mellone, Marco <1982&gt. "Il diritto internazionale privato in materia matrimoniale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2751/.

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CASIGLIA, STEFANIA. "La protezione del lavoratore marittimo tra diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1045543.

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Abstract:
The topic of this research takes into account the peculiarities of maritime employment, which has traditionally been an important sector for the operation of conflict of law rules as well as for the proliferation of regulative provisions adopted at the public international law level. The objective of the research is to analyse and assess how these two normative systems can create a level plain field in order to avoid unfair competition and to set out the conditions for decent work in the increasingly globalized maritime sector.
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Gallese, Chiara <1982&gt. "La riforma del diritto internazionale privato in Giappone." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11969.

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Abstract:
Per allinearsi con le riforme e l'armonizzazione della legislazione sul conflitto di leggi a livello globale, come ad esempio l’emanazione del regolamento Roma I dell’Unione Europea, in Giappone si è sentita l’esigenza di aggiornare la disciplina di diritto internazionale privato (legge Hourei) attraverso un'ampia riforma della materia. Lo scopo di questa tesi di dottorato si è esplicato in più obiettivi: colmare, per quanto possibile, una lacuna a proposito di diritto giapponese in Italia; offrire una prospettiva storica priva di orientalismo, in modo da dare un’ampia panoramica sullo sviluppo del diritto giapponese fino ai giorni in cui è stata emanata la legge di diritto internazionale privato, fornendo anche alcune nozioni del sistema giuridico odierno e dei principi costituzionali fondamentali, cosicché si possa comprendere la portata dell’introduzione della legge Hourei e delle modifiche apportate ad essa; tradurre in italiano il testo della riforma, contestualizzando ciascun termine all’interno della disciplina di riferimento e colmando la mancanza di traduzioni in lingue diverse dall’inglese; analizzare le scelte legislative in sede di riforma per ciascun articolo della legge, interpretandole secondo i criteri di civil law e fornendo un’analisi delle conseguenze di tali scelte in una prospettiva originale. Si è fornito, inoltre, un parere sulle criticità dell’ultima riforma e sui possibili sviluppi futuri. Questa tesi è nata da un progetto interdisciplinare a cavallo tra gli studi di area (Asian Studies) e il diritto internazionale privato: parte integrante ed essenziale della ricerca è non solo l’analisi della riforma delle norme di conflitto giapponesi, ma anche la loro traduzione in italiano.
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Monaco, Francesca <1977&gt. "La conclusione del contratto informatico nella contrattazione internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2532/1/monaco_francesca_tesi.pdf.

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Abstract:
Nel corso del presente studio si è cercato di capire quale potesse essere la normativa applicabile ai vari tipi di contratto elettronici analizzati, sia dal punto di vista del diverso modello contrattuale e sia dal punto di vista del soggetto, come parte del contratto. Infatti, proprio la peculiare logica delle norme poste a tutela del consumatore giustifica un separato approfondimento degli aspetti riguardanti i contratti conclusi tra operatori professionali, contratti business to business e quelli di cui sia parte un consumatore, contratti business to consumer. Sulla base di questi aspetti soggettivi e contrattuali, è stata analizzate la normativa comunitaria di riferimento, dal regolamento n. 44 del 2001 alla direttiva comunitaria 2000/31/CE. Si sono affrontati anche gli aspetti relativi alle norme di derivazione Uncitral, dalla Model Law del 1996 alla Convenzione del 2005 sulle comunicazioni elettroniche nella contrattazione internazionale, le norme di soft law, dalla Nuova lex mercatoria ai Principi Unidroit alle Linee Guida OCSE e la loro interazione con il commercio elettronico. In seguito, si è analizzata la convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali e il regolamento Roma I, le loro differenze e la loro diretta applicabilità, se esiste, con il commercio elettronico. In particolare, il Regolamento Roma I ha, nella maggior parte delle sue disposizioni, riproposto quanto contenuto nella convenzione di Roma, però in chiave moderna, apportando delle innovazioni nel commercio elettronico internazionale.
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Monaco, Francesca <1977&gt. "La conclusione del contratto informatico nella contrattazione internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2532/.

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Abstract:
Nel corso del presente studio si è cercato di capire quale potesse essere la normativa applicabile ai vari tipi di contratto elettronici analizzati, sia dal punto di vista del diverso modello contrattuale e sia dal punto di vista del soggetto, come parte del contratto. Infatti, proprio la peculiare logica delle norme poste a tutela del consumatore giustifica un separato approfondimento degli aspetti riguardanti i contratti conclusi tra operatori professionali, contratti business to business e quelli di cui sia parte un consumatore, contratti business to consumer. Sulla base di questi aspetti soggettivi e contrattuali, è stata analizzate la normativa comunitaria di riferimento, dal regolamento n. 44 del 2001 alla direttiva comunitaria 2000/31/CE. Si sono affrontati anche gli aspetti relativi alle norme di derivazione Uncitral, dalla Model Law del 1996 alla Convenzione del 2005 sulle comunicazioni elettroniche nella contrattazione internazionale, le norme di soft law, dalla Nuova lex mercatoria ai Principi Unidroit alle Linee Guida OCSE e la loro interazione con il commercio elettronico. In seguito, si è analizzata la convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali e il regolamento Roma I, le loro differenze e la loro diretta applicabilità, se esiste, con il commercio elettronico. In particolare, il Regolamento Roma I ha, nella maggior parte delle sue disposizioni, riproposto quanto contenuto nella convenzione di Roma, però in chiave moderna, apportando delle innovazioni nel commercio elettronico internazionale.
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LAI, ANDREA. "La Sovranità Internazionale ed i suoi agenti politici." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2019. http://hdl.handle.net/11584/260799.

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Abstract:
In 2015, the UN General Assembly adopted the 2030 Agenda for Sustainable Development along with a set of new global goals (SDGs). One of them (Goal 16) places a certain emphasis on developing effective, accountable and transparent institutions, as well as ensuring responsive, inclusive, participatory and representative decision-making at all levels. Tellingly, matters of governance were not mentioned in the previous Millennium Development Goals. The addition reveals growing attention for an essential truth: to achieve ambitious policy objectives, process matters. The EU has long been making pioneering efforts on this track, the latest of which in 2016 with its Global Strategy for the European Union’s Foreign and Security Policy that includes a priority on reforming multilateral for a of global governance, particularly the UN Security Council and the International Financial Institutions. Recent events in world economic affairs have emphasized the urgency of the matter for the World Trade Organization. The purpose of the thesis is to provide a legal contribution to such developments, by means of an interdisciplinary study of the interplay between state sovereignty and international institutions. The diplomatic function is analyzed both from the perspective of classic international law and in light of emerging theories, such as the doctrine of Global Administrative Law and a constructivist approach to international relations. Diplomatic activity is further examined in the context of European integration vis-à-vis domestic standpoints of Member States: on the one hand, institutional norms in the EU Treaties providing for concerted international action represent a critical step forward with a view to a coherent European foreign policy. On the other hand, however, little progress has been made at the national and international levels to adapt the legal foundations and institutional framework upon which that common action should be based, as constitutional documents and charters of multilateral institutions ––drawn up before the post-war “globalization unbundlings”–– implicitly subsume international governance under the agency of the executive branch of government, without due provisions to address the profound changes and challenges underway. The role assigned to international secretariats and the European civil service, along with the participation of nongovernmental actors, is one such aspect. The new practice of public diplomacy is another. These and other issues are considered while proposing an evolutionary understanding of States’ external sovereignty as ‘inter-dependence’.
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Mariottini, C. M. G. "INADEMPIMENTO CONTRATTUALE E RISARCIMENTO DEL DANNO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/153107.

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Abstract:
The topic of my dissertation is Breach of Contract, Remedies and particularly Damages in Private International Law. Therefore my attention shall be focused on the conflict-of-law issues, nonetheless paying as well due attention to the comparative issues, as a necessary preliminary study to my analysis. The undisputed and ever increasing relevance of international contracts in both private and business transactions, together with the differences detectable in the substantive laws in the many legal orders, justify the attention paid to this topic, due to the possible diverse outcomes of the same dispute in the different jurisdictions. Among these differences, for instance, the several possible remedies available against breach of contract (specific performance, reduction of the price of purchase, termination of the contract, damages) and their pre-requisites. Civil law orders, on one side, show a preference for specific performance or reduction of the price as a result of their moral approach to breach of contract and in fact generally require fault of the breaching party in order to assess damages, whereas common law systems, on the other side ‒ implementing an economic approach ‒ favour damages, regardless of fault. The aforementioned differences in substantive law show the importance of studying the conflict-of-law rules in breach of contract and its consequences, in order to assure – inasmuch as possible – the quest for the “best governing law” and uniformity in the final outcome of the dispute. And although international uniform law conventions, such as the 1980 Vienna Convention on International Sales of Goods or soft-law tools, such as UNIDROIT Principles or the Principles of European Contract Law, have undoubtedly contributed to harmonization, they cannot assure uniformity. The Vienna Sales Convention, for instance, has not been ratified by every country (UK, Brazil, Portugal and India, among others, have not ratified it and Japan only recently has) and it only applies “to contracts of sale of goods between parties whose places of business are in different States” (Art 1(1)), therefore leaving out of its scope private transactions as well as business transactions other than the aforementioned ones (for instance, disregarding contracts whose international character is borne out of the place of performance being other than the one in which both parties happen to have their place of business). Furthermore, it states the right to interests on damages (Art 78), but it does not provide for any criteria in order to calculate them. This shows, once again, that uniform law conventions do not necessarily or thoroughly prevent conflict-of-law issues from arising. Therefore, the question to be addressed states as follows: dealing with the breach of a contract bearing multi-state connections, which shall be the law governing the breach of contract and the remedies against it? Shall all these issues be governed by the law applicable to the contract or should there be exceptions? From a general point of view it may be assessed that the law applicable to the contract applies, with a few exceptions. As far as the law applicable to damages is concerned, for example, the issue of the possible concurrence of the lex fori with the law governing the contract arises. The matter concerning the law applicable to damages has traditionally been split into two separate issues, the first one pertaining to the remoteness (i.e. forseeability) and the heads of damages and commonly governed by the law applicable to the contract in light of the fact that such issues play no role in the correct carrying out of the process and the enforcement of the lex fori is therefore ruled out. The second one is related to the measure and quantification of damages and, as stated in case-law concerning extra-contractual liability which may nevertheless be addressed to as for breach of contract as well, a restricted enforcement of the lex fori should be justified, but only as far as aspects pertaining to the proper functioning of the judicial mechanism are concerned, such as, for instance, the manner of assessment of damages. Some legal orders, for instance, will require a jury to assess the measure and quantification of damages, in which case, the lex fori applies. As for the matter concerning interests, relevant differences may once again be pointed out from both the substantive and the PIL point of view. From the substantive-law point of view some legal orders, such as the Italian and the Swiss ones, do not allow compound interest and others, such as the Islamic ones, do not allow the assessment of interests at all, although providing for alternative means of compensation. And while common law orders usually characterize interests as a matter of procedure therefore applying the lex fori, in the civil law countries the same issue is considered as a matter of substance and thus governed by the lex contractus. These differences, once again, underline the possible different outcomes of the same dispute and the importance of the detection of the proper applicable law. I nevertheless wonder if, as far as international transactions by privates and small business firms (and not by big corporations, which entail different issues and mechanisms) are concerned, the different rule of governing interests by means of the law of the domicile of the non-breaching party shouldn’t be stated, instead. If interests are assessed to protect the economic power of the non-breaching party, such party being a private or a small firm, this party will probably see its own economic power better safeguarded by the enforcement of the law applicable in the economic and legal context in which he commonly lives and does his business, rather than the lex fori or the law applicable to the contract, which might have been simply chosen by the parties or have no connection with the environment he usually deals with. One last relevant issue must be borne in mind: whereas two States provided not only for the same substantive rule, but also for the same conflict-of-law rule, uniformity would still not be necessarily assured, due to possible discrepancy in the characterization of the same issue. As far as contractual obligations are concerned, characterization problems may in fact arise in connection with pre-contractual liability, but also donations as well as maintenance obligations. Therefore, in order to implement, insofar as possible, harmonization in the outcome of an international dispute, uniformity in both conflict-of-law rules and jurisdiction criteria should be pursued. Just like uniform PIL rules do not – themselves – assure uniformity, harmonized jurisdiction rules will never – alone – ensure uniformity in the outcome of the same dispute due to the possibility of multiple forums being competent at the same time in international contractual matters. Under the Brussels I regulation, for instance, the forum of the defendant’s domicile (Art 2(1)), but also the one of the place of performance of the obligation in question (Art 5(a)), as well as the one possibly agreed upon by the parties by means of a choice of court agreement (Art 23 – prorogation of jurisdiction, which shall be exclusive unless the parties have agreed otherwise), may each have jurisdiction over the same contractual issue. The same rules have been adopted between EC Member States (including Denmark), Switzerland, Norway and Iceland with the New Lugano Convention, signed on October 30th 2007.
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di, Napoli Ester. "I criteri di collegamento personali nel diritto internazionale privato europeo della famiglia." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423051.

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Abstract:
Recently, European private international law in family matters has deeply developed. The structure of conflict-of-laws rules reflects the needs of mobility of the “post-modern” family. Presently, families move, benefiting from the “constitutional” freedom of movement within the Union, establishing a fragmented and unstable relationship with the territory. In the era of the retour des sentiments, the “post-modern” man “suffers” from a pluralism of identities: he is linked to the traditions of his ancestors, he is integrated within the social context of the different country where he is established, he takes part to the community of those who believe in the religion that he has embraced. In Europe, the conflict-of-laws rules which regulate family matters – allocated on three “levels” (national, conventional, supranational) – respond to complex schemes, and undergo a wider tension to specialization, flexibilitation and materialization of private international law. The use of the personal connecting factors of nationality, domicile and habitual residence, demonstrates that private international law changes following the political, social and economic changes. The European legislator and the interpreter, when elaborating and applying the relevant conflict-of-law rule, need to satisfy multiple needs. On one side, the European policies, such as, among others, the social integration of the individual in the legal order of the requested State; on the other side, the protection of the “moving” person’s cultural identity. Such “axiological” tension (translated, in the macro-context, in the search for a balance between the “right to an international mobility”, and the respect of one’s own “roots”) reveals itself, in the micro-context, through the use of some personal connecting factors by the supranational conflict-of-laws rules which apply in family matters. It is mostly the habitual residence that appears to satisfy such balances. The European legislator has taken the expression from the language of “the Hague”, and has shaped it according to the needs of the European legal order. Habitual residence raises delicate issues concerning its definition: such problems show that this concept is of a complex and composite nature, which goes beyond the mere fact (as it was originally conceived in the “law of the Hague”). The questions surrounding the habitual residence, and its widespread use (as the principal connecting factor, but also the principle head of jurisdiction in EU regulations regulating family matters) reflect the development that undergoes European private international law. Such evolution, together with its present dynamics, seen from the internal perspective of the personal connecting factors used by conflict-of-laws rules in family matters, leads one to think – with renovated interest – about the European competences in the field of private international law, and on the nature of European private international law
Negli ultimi anni il diritto internazionale privato dell’Unione ha conosciuto uno sviluppo significativo, anche nel settore familiare. Le esigenze della “famiglia postmoderna” si riverberano sulla struttura della norma di conflitto, che si appresta a seguirla nel suo dinamismo. La famiglia odierna partecipa del fenomeno di mobilità attraverso le frontiere, “costituzionalmente” garantito dai Trattati, intrattiene col territorio un rapporto frammentato, precario: la famiglia si stabilisce nel tessuto sociale dello Stato d’accoglienza, vi si integra, riparte. Così, nell’epoca del retour des sentiments, l’uomo postmoderno è eclettico, “soffre” di un pluralismo identitario: è ancorato alle tradizioni dei propri avi, si inserisce nel tessuto sociale del diverso paese in cui è stabilito, si riconosce nella comunità di quanti credono nella religione che ha abbracciato. Le norme di conflitto che disciplinano la materia familiare in Europa – distribuite su più “livelli” (interno, convenzionale, sovranazionale) – rispondono così a schemi articolati, attraversate dalla più ampia tendenza alla specializzazione, alla flessibilizzazione ed alla materializzazione del diritto internazionale privato, che interessa ogni settore. L’evoluzione dell’impiego nel tempo dei criteri di collegamento personali della cittadinanza, del domicilio e della residenza abituale mostra come il diritto internazionale privato non resti insensibile agli sviluppi politici, sociali ed economici della società. Il legislatore dell’Unione, nella fase genetica, e l’interprete, nella fase applicativa della norma di conflitto, devono soddisfare multiple esigenze. Da una parte, le politiche dell’Unione (di cui la libertà di circolazione costituisce lo “scheletro”), l’integrazione sociale della persona nell’ordinamento dello Stato d’arrivo; dall’altra, la tutela dell’identità culturale dell’individuo “mobile”. Questa tensione assiologica, che nel macro-contesto si traduce nella ricerca di un equilibrio tra il “diritto alla mobilità internazionale” ed il valore del rispetto delle proprie origini, si manifesta nel micro-contesto nell’impiego di alcuni criteri di collegamento personali da parte delle norme di conflitto preposte alla disciplina dei rapporti e delle situazioni familiari, nel contesto sovranazionale. È soprattutto il criterio di collegamento basato sulla residenza abituale che parafrasa questo gioco di equilibri. Il legislatore dell’Unione ha trasposto “a Bruxelles” questa espressione, tratta dal linguaggio “dell’Aja”, plasmandolo in parte su “bisogni” propri dell’ordinamento europeo: il criterio di collegamento della residenza abituale dimostra di soddisfare, più dei criteri del domicilio e della cittadinanza, gli obiettivi cui è informato il diritto internazionale privato dell’Unione, strumentale, a sua volta, al raggiungimento delle politiche dell’Unione. La residenza abituale solleva delicate problematiche ricostruttive, che ne lasciano intendere una natura complessa, composita, che va oltre al mero fatto (come originariamente intesa nel “diritto dell’Aja”). Le questioni che circondano questo concetto e l’impiego diffuso che ne fanno le norme dell’Unione (che lo elevano a criterio di collegamento, nonché a titolo di giurisdizione principale anche nei regolamenti in corso di adozione in materia familiare), rispecchiano in parte lo sviluppo che fronteggia il diritto internazionale privato dell’Unione nel suo insieme. Questa evoluzione, con le sue dinamiche attuali, osservata dal micro-contesto, dalla prospettiva dei criteri di collegamento personali impiegati dalle norme di conflitto in materia familiare, ci inducono riflettere con rinnovato interesse sulle competenze dell’Unione nella disciplina internazionalprivatistica, sulla natura del diritto internazionale privato dell’Unione
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SANNA, PIETRO. "La tutela del passeggero nel diritto internazionale privato e processuale dell'Unione europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1060333.

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Serrano', G. "Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/65563.

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Abstract:
From the beginning of administrative studies, scholars have discussed the notion of «administrative act» and the possible classification of the measures carried out by a public body or entity. In this debate, Italian authors introduced the notion of «provvedimento amministrativo», as an expression of the public entities’ discretionary powers, as opposed to other instrumental acts. No proof of the existence of a rule of international law binding the States to recognize foreign administrative acts can be detected in international practice, either as a general rule, founded on jurisdictional immunity, or as a specific provision, regarding only confiscations and similar measures or competition law. As a consequence, the recognition of administrative acts has to be considered in a private international law perspective. In modern private international law, two different kinds of recognition of administrative acts are possible: an «indirect recognition», where the administrative act may be relevant as a part of the rules to be applied to the specific case by the judge; a «direct recognition» when the forum attributes a specific value to a foreign act. The question of recognition has other implications in European law. Though some references are contained in private international law regulations, recognition of foreign administrative acts is a consequence of the application of the «mutual recognition» principle, elaborated by the EC Court with reference to the free circulation of goods and extended, in a different way, to services and persons. Contrarily to the theoretical reconstruction of a minority of the doctrine, the principle does not operate like a conflict rule, but like an exception to the application of the law applicable to the substantive content of a specific case.
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Vallar, G. M. "GLI ASPETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E PROCESSUALE DEL FALLIMENTO DI GRUPPI BANCARI MULTINAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232399.

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Abstract:
In the absence of an international agreement among states, insolvencies of multinational groups of banks could in principle be dealt with only according to a so called “territorial approach”. Under the latter, every bank of a given group is considered to be an independent entity with the consequence that several insolvency proceedings are opened with respect to each of them in any of the states of their seats, different laws are applied and every court will try to grab as much assets as it can in order to satisfy its own local creditors. The five multinational banking defaults occurred in the last thirty years (BCCI, Fortis, Dexia, Kaupthing and Lehman Brothers) had to deal with such a scenario. Fortis, Dexia and Kaupthing had been resolved through a territorial approach. On the contrary, liquidators and courts involved in the BCCI and Lehman insolvencies (respectively begun in 1991 and 2008) tried to overcome the massive inconveniences that would have derived from a piecemeal liquidation by voluntarily cooperating and coordinating the proceedings, through “cross-border insolvency agreements” (also called “protocols”). Inspiration came from a more consolidated experience matured in this same direction in the corporate groups insolvencies. Awareness has then arisen - stronger than before - among states, practitioners and academics, of the need to regulate these insolvencies ex ante and once for all, in order to avoid the uncertainties of a case-by-case solution. Quite a few international organizations, such as the EU, the IMF, the Basel Committee and the Financial Stability Board, have been and still are pursuing this aim by preparing a considerable number of either soft law or hard law instruments for adoption by states.
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MAOLI, FRANCESCA. "Il diritto internazionale privato delle successioni nell'Unione Europea e l'introduzione di un Certificato Successorio Europeo." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/929371.

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IAFRATE, PAOLO. "L'evoluzione del diritto di famiglia in Tunisia: il minore nello Statuto personale e nel diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/824.

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Abstract:
Questa opera è indirizzata a coloro che sono attratti dal mondo islamico o più semplicemente sono incuriositi da questa realtà che sempre di più si sta " europeizzando" anche se i principi cardine restano immutati. La disciplina sciaraitica che regola l' istituto familiare si basa su un nucleo di valori, regole giuridiche comuni, infatti il Corano le considera intangibili e immutabili. L'obiettivo è promuovere la posizione dei componenti più deboli della famiglia, ossia la donna e il bambino, ed equiparare i diritti e i doveri dei coniugi. Le norme sciaraitiche sono state riformulate e recepite nei codici di diritto di famiglia nei Paesi musulmani denominati " Statuto Personale" . La tesi di dottorato dal titolo " L' evoluzione del diritto di famiglia in Tunisia: il minore nel Codice dello Statuto Personale e nel Diritto Internazionale Privato" , è suddivisa in quattro capitoli. Il Capitolo I " Le origini e lo Statuto Personale" dedica ampio spazio alle radici della Tunisia, con dei brevi riferimenti alla situazione del Paese sia a livello costituzionale che socio-culturale. Successivamente, dopo aver effettuato una breve disamina storica, si passa ad approfondire il Codice dello Statuto Personale dal 1956 fino alle ultime riforme del marzo 2008. Il secondo capitolo dedica invece unâ ampia riflessione al rapporto tra il Giudice Tunisino e la codificazione in materia di Statuto Personale. Nel corso dei paragrafi viene sottolineato il ragionamento del giudice che appare a volte conforme, e a volte in contrapposizione al diritto musulmano classico. Dall' analisi del capitolo si evince un conservatorismo tradizionale e di reazione del giudice che si rapporta sempre più al contesto sociale, affrontando numerose problematiche e mutando il proprio orientamento con il passare del tempo. Inoltre, gli altri paragrafi affrontano lâ annosa problematica del riconoscimento della paternità, mediante la prova del DNA, con specifico riferimento alla legge del 28 ottobre 1998, analizzando i vantaggi e gli svantaggi, nonché le possibili misure adottate dal legislatore. Infine, l' ultimo capitolo approfondisce il ruolo del minore sia all' interno dello Statuto Personale che nel Diritto Internazionale Privato Tunisino. Nei primi paragrafi si desume come la consacrazione del principio dell' interesse del minore nello Statuto Personale, sia fondato su una dimensione umanitaria basata sulla dignità e l' eguaglianza. I paragrafi successivi, invece, sottolineano la salvaguardia dell'interesse del bambino all'interno del Diritto Internazionale Privato, principio fondamentale concernente tutte le decisioni del giudice. Quest' ultimo, dunque, dovrà procedere all' analisi di tutti i fattori finanziari, domiciliari, affettivi, psicologici, educativi e sanitari relativi al bambino. Infine l' attenzione è rivolta all' esame di un caso pratico riguardante il matrimonio tra una cittadina tunisina ed un cittadino egiziano. In sintesi, si può notare come la famiglia tunisina, anche se tende verso un modello nucleare, conserva i caratteri della famiglia tradizionale.
This work is addressed to those who are attracted by the Islamic world or are simply interested in this reality that increasingly is "Europeanizing" even if the basic principles remain unchanged. The sharia discipline, that regulates the family institution, is based on values and common juridical rules that the Koran considers intangible and unchangeable. The aim is to promote the position of the weakest components of the family, such as women and children, in order to make the rights and duties of the couple equal. The sharia precepts have been reformulated and assimilated in the family law codes of the muslim countries and are called "Personal Statute." The doctoral thesis entitled "The evolution of the familyan law in Tunisia: The minor in the Code of the Personal Statute and in the Private International Private Law", is divided into four chapters. The first Chapter, â The Origins and the Personal Statute", is about the roots of Tunisia, making short references to the situation of the Country in the constitutional, social and cultural level. Then, after a brief historical and close examination, the chapter deepens the Personal Statute Code from 1956 to the last reforms of March 2008. The second chapter talks about the relationship between the Tunisian Judge and the codification in the field of Personal Statute. The paragraphs emphasize that sometimes the reasoning of the Court is an accordance with the classical muslim law and sometimes this is in contrast with it. The chapther shows a traditional conservatism and, in particular, the reaction of the Judge that relates increasingly to the social context, facing many issues and changing his own orientation with the passing of time. Besides, the other paragraphs deal with the old issue of the acknowledgement of paternity, through Dna testing, with particular reference to the law of 28 October 1998, analysing the advantages and disadvantages, the possible measures taken by the law - maker. Finally, the last chapter deepens the role of the minor inside the Personal Statute and the Tunisian International Private Law. In the first paragraphs of this chapter, the consecration of the minor in the Personal Statute, is based on a more umanitarian dimension, on dignity and on equality. On the contrary, the further paragraphs underline the safeguard of the childâ s interest inside the International Private Law, that is a fundamental principle in all the judgeâ s decisions.So, the judge has to analyse the financial, emotional, psichological, educational and sanitary factors concerning the child. In the end, the attention is addressed to the examination of a practical case, the marriage of a tunisian woman and egyptian man. In brief, you can see that, even if the Tunisian family aspires to a nuclear model, it preserves the main features of the traditional family.
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FANNI, SIMONA. "La donazione dei materiali biologici umani ai fini della ricerca biomedica nell'ambito del diritto internazionale e del diritto dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2020. http://hdl.handle.net/11584/285097.

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Abstract:
The purpose of the thesis is to explore the international legal framework addressing human biological materials and biomedical research. Chapter I aims at contextualizing the reflection, by primarily focusing on a biological and a medical premise concerning the scientific issues related to human biological materials. In this sense, it is stressed that the DNA contained in human biological materials represents their main feature, which characterizes them both biologically and legally. In this regard, the main scientific implications for biomedical research are taken into consideration, in order to explain the peculiar importance of human biological materials for science and for biomedical research. After delving into the issues related to self-ownership and the dichotomy between the physical and the spiritual dimensions that affect the human body as a whole and its separated parts, the thesis explores the tripartite conception of the status of human biological materials, which distinguishes between the material, the informational and the human dimension. This tripartite conception of the status of human biological materials constitutes the background against which the main approaches developed in the common law and civil law systems are assessed, with specific reference to such landmark decisions as: Moore v. Regents of University of California; Greenberg v. Miami Children's Hospital; Washington University v. Catalona. Italy, Spain, France and Germany have represented the reference legal orders for analysing emblematic civil law systems, especially in relation to the juxtaposition of the legal paradigms respectively embraced. Chapter II delves into the responses that the international legal order and European Union law (EU law) have offered in relation to human biological materials and biomedical research. The focus is set, at the global level, on the experience of the UNESCO and, at the regional level, on the Council of Europe and on the European Union. In this respect, special emphasis is put on the most significant instruments that have been adopted so far, in particular: the Universal Declaration on the Human Genome and Human Rights, the International Declaration on Human Genetic Data and the Universal Declaration on Bioethics and Human Rights, adopted by the UNESCO; the European Convention on Biomedicine and Human Rights and its Additional Protocol, as well as Recommendation Rec (2016) 6, in relation to the Council of Europe. Finally; finally, with regard to the legal order of the European Union, in light of the architecture of the Treaties, special attention is given to the Charter of Fundamental Right of the European Union, Directive 98/44/EC, Directive 2004/23/EC and the General Regulation on Personal Data. Again, the relevant jurisprudence of the European Court of Human Rights and of the European Court of Justice is taken into account, despite the issues related to human biological materials and their donation to biomedical research have never been addressed as such. Chapter III analyses the international framework related to biobanks and biomedical research for the purpose of advancing some proposals, in order to clarify how the international legal order has tried to tackle the need to ensure an appropriate approach to human biological materials from a perspective of equal and fair access. The reflection is framed in terms of human rights. In this regard, in particular, the right to science or to enjoy the benefits of scientific progress is used as a helpful paradigm for the reflection, and the issues related to access are taken into consideration from the viewpoint of the noyau dur of the right to health. Finally, several proposals are advanced, in particular the adoption of a “strong” soft law instrument, consistent with the new gradual normativity that is gaining ground in international law as a response to the current treaty fatigue.
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LOLLI, DORELISA. "L'arbitrato nei rapporti internazionali ed ordinamento di riferimento." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2021. http://hdl.handle.net/11566/287512.

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Abstract:
La tesi di Dottorato si pone nell'ottica di approfondimento dello strumento arbitrale, applicato alle controversie internazionali. Dopo una breve e propedeutica analisi delle diverse tipologie di arbitrato, in relazione alla natura delle controversie ad esso sottoposte, interne o transnazionali, si è tentato di sviluppare una, delle molteplici prospettive dalle quali analizzare l'arbitrato internazionale, ossia quella italiana. Il percorso di studio ha, dunque, avuto come obiettivo quello di individuare le peculiarità dell' "arbitrato internazionale italiano", ossia l'arbitrato, applicato ai conflitti transnazionali, secondo la disciplina italiana. In ultima analisi, allagando la prospettiva di indagine, ci si è domandati se e in che modo sia possibile ipotizzare una convergenza internazionale sulla disciplina applicabile all'arbitrato, ovunque applicato, nei casi in cui esso abbia ad oggetto conflitti non domestici, al fine di implementarne le potenzialità e, soprattutto, l'effettività.
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VANIN, OMAR. "Il trattamento processuale delle norme sui conflitti di leggi dell'Unione europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3427274.

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Abstract:
The enquiry focuses on the issues that arise when applying the rules on the conflict of laws adopted by the EU in the context of Italian civil procedure. Initially, we describe, on one hand, which peculiarities characterize civil procedure as a context in which rules are applied. On the other hand, we examine how EU law guides the interpretation of Member States’ domestic rules and, among them, of procedural rules. Thus, we set the existence of a duty to apply the rules of civil procedure in light of the effet utile assigned to EU conflict-of-laws rules whenever the latter are evoked in the judicial context. Moving on, the research focuses on the legal instruments adopted by the EU in the filed of private international law, inferring the common legal principles that are therein enshrined and with which we are able to elaborate a general system of EU’s private international law. The focus, then, shifts on the core of the research, retracing the dynamics which govern the application the conflict-of-laws rule in the context of the Italian civil procedure, beginning with its introduction in the procedural debate and ending with the extension of the power of the Supreme Court of Cassation to review the interpretation of the conflict-of-laws provision adopted by the inferior judge. Here, we provide a solution to each of the issues described when the conflict-of-laws rules applied by the judge belong to the EU legal system. Lastly, we elaborate a method in order to identify a solution, in the interpretation of the afore-mentioned rules, that reduces the friction between EU private international law and domestic procedural law, distinguishing on whether or not the domestic procedural rule allows for at least an interpretation that is consistent with EU private international law.
L’indagine intende interrogarsi sui problemi che sorgono in sede di applicazione delle norme sui conflitti di leggi di matrice dell’Unione europea nel processo civile italiano. Dapprima, da un lato, si prende atto di quali siano le peculiarità di quel particolare contesto applicativo di una norma che è il processo civile. Dall’altro lato, si esamina come il diritto dell’Unione europea orienti l’interpretazione delle norme dell’ordinamento interno e, in particolare, le norme processuali. Si accerta quindi l’esistenza di un obbligo di interpretare le norme processuali anche alla luce dell’effetto utile assegnato alle norme di diritto internazionale privato dell’Unione europea. Successivamente l’analisi si focalizza sui diversi strumenti di diritto internazionale privato dell’Unione europea, tentando di enuclearne i principi ricorrenti idonei a comporre un sistema di diritto internazionale privato. L’attenzione, poi, si sposta al merito dell’indagine, ripercorrendo le dinamiche che presiedono all’applicazione della norma di conflitto nel processo civile italiano, dalla introduzione della questione da essa regolata nel dibattito processuale sino alla sindacabilità, in sede di impugnazione, della sua applicazione. In questa sede, in particolare, si offre una possibile soluzione a ciascuno dei problemi laddove la norma di conflitto che il giudice civile debba applicare appartenga all’ordinamento dell’Unione europea. Infine, si tenta di elaborare un metodo che permetta di pervenire, nell’interpretazione delle norme considerate, a un esito che riduca al minimo le frizioni tra i due sistemi normativi, distinguendo a seconda che la disposizione processuale interna si presti ad almeno un’interpretazione coerente con il diritto internazionale privato dell’Unione europea o che la norma non offra alcun significato conforme allo stesso.
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SERRANO', GIUSEPPE. "Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/10281/47090.

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Abstract:
From the beginning of administrative studies, scholars have discussed the notion of «administrative act» and the possible classification of the measures carried out by a public body or entity. In this debate, Italian authors introduced the notion of «provvedimento amministrativo», as an expression of the public entities’ discretionary powers, as opposed to other instrumental acts. No proof of the existence of a rule of international law binding the States to recognize foreign administrative acts can be detected in international practice, either as a general rule, founded on jurisdictional immunity, or as a specific provision, regarding only confiscations and similar measures or competition law. As a consequence, the recognition of administrative acts has to be considered in a private international law perspective. In modern private international law, two different kinds of recognition of administrative acts are possible: an «indirect recognition», where the administrative act may be relevant as a part of the rules to be applied to the specific case by the judge; a «direct recognition» when the forum attributes a specific value to a foreign act. The question of recognition has other implications in European law. Though some references are contained in private international law regulations, recognition of foreign administrative acts is a consequence of the application of the «mutual recognition» principle, elaborated by the EC Court with reference to the free circulation of goods and extended, in a different way, to services and persons. Contrarily to the theoretical reconstruction of a minority of the doctrine, the principle does not operate like a conflict rule, but like an exception to the application of the law applicable to the substantive content of a specific case
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AQUIRONI, Ilaria. "Il carattere integrale del diritto internazionale privato dell'Unione europea - L'interazione delle norme riguardanti la competenza giurisdizionale, i conflitti di leggi, l'efficacia delle decisioni e la cooperazione tra autorità." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2487871.

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CHIRICALLO, Nicola. "Verso un ordine pubblico europeo delle successioni? L’impatto del Regolamento 650/2012 sul diritto successorio materiale, tra principi UE e tradizioni nazionali." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2023. https://hdl.handle.net/11392/2502851.

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Abstract:
Nel primo Capitolo del presente lavoro, muovendo da una prospettiva civilistica, si è provveduto con l’esaminare l’impatto sostanziale derivante dall’adozione del Regolamento europeo n. 650/2012 in materia di diritto internazionale privato delle successioni. A tal fine, premessi brevi cenni sulla disciplina italiana di diritto internazionale privato delle successioni previgente, contenuta negli articoli 46 e seguenti della legge n. 218 del 1995, si è effettuata una sintetica ricostruzione storica dell’istituto dell’ordine pubblico internazionale nella logica della legge n. 218 del 1995: in quest’occasione, si è anche confrontata tale eccezione con un altro fondamentale limite all’applicazione della legge straniera, rappresentato dalle norme di applicazione necessaria. In seguito, una volta compiuta siffatta ricostruzione diacronica, si è proseguito con l’analisi di alcuni importanti profili di incidenza del Regolamento n. 650 sul diritto successorio materiale, evidenziando come il Regolamento medesimo appaia incidere sul diritto successorio materiale almeno sotto tre differenti punti di vista: il patto successorio c.d. “europeo” – il quale viene espressamente disciplinato nell’art. 25 del Regolamento –, il certificato successorio europeo nonché, soprattutto, la clausola di ordine pubblico contenuta nell’art. 35, il cui rilievo si ritiene tale da necessitare una trattazione separata. Nel secondo capitolo, dunque, si è provveduto ad esaminare il concetto di ordine pubblico ai sensi del Regolamento n. 650/2012. A questo scopo, in primo luogo, si è provveduto ad esaminare l’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia europea, la quale ha provveduto progressivamente a costruire una nozione autonoma di “ordine pubblico europeo” sulla scorta dei principi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea, i quali sono da individuarsi, a loro volta, nelle libertà fondamentali previste dai Trattati e nei diritti fondamentali sanciti dalla Carta di Nizza. Muovendo da tale presupposto, si è allora tentato di ricostruire il ruolo dell’ordine pubblico nella sistematica del Regolamento 650/2012: sicché, attraverso un’analisi che ha posto in correlazione il diritto dell’Unione europea con il diritto successorio, si è evidenziato come l’ordine pubblico ex art. 35 del Regolamento imponga la disapplicazione della legge straniera soltanto in casi eccezionali, suscettibile di verificazione unicamente con riguardo all’applicazione della legge di uno Stato terzo; con riferimento, invece, all’applicazione della legge di un diverso Stato membro, il diritto dell’Unione europea appare poter agire principalmente in direzione opposto, impedendo cioè la disapplicazione della legge medesima per contrasto con i principi fondamentali dello Stato del foro, i quali, nel loro insieme, fondano quello che può essere definito, in alterità con l’ordine pubblico europeo, come “ordine pubblico nazionale” delle successioni. Nel terzo Capitolo, pertanto, infine, si concentra l’analisi sull’ordinamento italiano, valutando se la successione necessaria possa costituire, nello specifico, un istituto di ordine pubblico internazionale. A questo fine, premessi alcuni cenni diacronici sull’istituto e posti in evidenza alcuni dei più significativi aspetti della disciplina, i quali concorrono nel rendere il sistema italiano di tutela dei legittimari tra i più rigidi dello scenario europeo, si è cercato di individuare l’eventuale fondamento costituzionale dell’istituto. Ad esito di tale procedimento, si è giunti alla conclusione per cui ad essere eventualmente rivestito di valore costituzionale non è la successione necessaria di per sé considerata, bensì la successione necessaria c.d. materiale, cioè il fatto che alla cerchia dei più ristretti familiari del de cuius sia garantita una qualche forma di tutela per l’ipotesi in cui questi siano in stato di bisogno.
The first chapter of this work, starting from a civil law perspective, examined the substantive impact of the adoption of European Regulation No 650/2012 on the private international law of succession. To this end, after briefly outlining the Italian rules of private international law of succession previously in force, contained in Article 46 et seq. of Law No 218 of 1995, a brief historical reconstruction of the institution of international public policy in the logic of Law No 218 of 1995 was carried out: on this occasion, this exception was also compared with another fundamental limitation on the application of foreign law, represented by the rules of necessary application. Subsequently, once this diachronic reconstruction was accomplished, we proceeded with the analysis of some important profiles of the impact of Regulation 650 on the substantive law of succession, highlighting how the Regulation itself appears to affect the substantive law of succession from at least three different points of view: the so-called "European" agreement as to succession - which is the only one that can be considered as a "European" agreement - and the "European" agreement as to succession. European" agreement as to succession - which is expressly regulated in Art. 25 of the Regulation -, the European Certificate of Succession and, above all, the public policy clause contained in Art. 35, the importance of which is considered such that it requires separate discussion. In the second chapter, therefore, the concept of public policy within the meaning of Regulation 650/2012 was examined. To this end, we first examined the case law of the European Court of Justice, which has progressively constructed an autonomous notion of 'European public policy' on the basis of the fundamental principles of the European Union legal order, which in turn are to be found in the fundamental freedoms laid down in the Treaties and in the fundamental rights enshrined in the Nice Charter. Starting from this assumption, an attempt was then made to reconstruct the role of public policy in the systematics of Regulation 650/2012: thus, through an analysis that correlated European Union law with the law of succession, it was shown how public policy under Art. 35 of the Regulation requires the non-application of foreign law only in exceptional cases, which can be verified only with regard to the application of the law of a non-Member State; with reference, on the other hand, to the application of the law of another Member State, the law of the European Union appears to be able to act mainly in the opposite direction, preventing the non-application of the law itself on the ground that it conflicts with the fundamental principles of the State of the forum, which, taken together, form the basis of what may be defined, in alterity with European public policy, as the "national public policy" of successions. In Chapter Three, therefore, the analysis focuses on the Italian legal system, assessing whether the necessary succession may constitute, specifically, an institution of international public policy. To this end, after a few diachronic outlines of the institution and highlighting some of the most significant aspects of the discipline, which contribute to making the Italian system of protection of legitimators among the strictest in the European scenario, and which appear to persist despite several attempts at reform, an attempt was made to identify the possible constitutional basis of the institution. At the end of this procedure, the conclusion was reached that it is not the necessary succession in itself that is possibly endowed with constitutional value, but the so-called material necessary succession, i.e. the fact that the circle of the deceased's closest family members is guaranteed some form of protection in the event that they are in a state of need.
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NORI, GIOVANNI MARIA. "L’Arbitrato ICSID e la tutela internazionale degli investimenti esteri. Il concetto di investimento estero.​." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2020. http://hdl.handle.net/11566/273434.

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Abstract:
Finalità e struttura dell’opera. Mai come in questi ultimi anni si è discusso così spesso di investimenti esteri e dei connessi regimi normativi di incentivazione e disincentivazione. A partire dalla guerra commerciale dei Dazi ingaggiata tra Stati Uniti e Cina, fino agli accordi tra Italia e Cina sulla famigerata nuova via della seta, i temi del commercio internazionale e, più in particolare degli investimenti esteri sono tornati al centro dell’attenzione politica, mediatica ed economica. Perché non tornare dunque a parlarne anche sotto il profilo giuridico? Sulla scia di questo rinvigorito global interest per gli investimenti esteri, il presente lavoro si pone il duplice obiettivo, da un lato di ricercare una definizione economicamente e giuridicamente attuale del concetto di investimento estero, dall’altro di indagare in merito alla necessità o meno di cristallizzare un concetto (quello di investimento estero) così ampio in una granitica definizione normativa. Tali interessi di studio e approfondimento, che si collocano in un rapporto di specie a genere, oltre ad essere giustificati dal rinnovato interesse per il diritto internazionale degli investimenti, ritrovano fondamento nel fatto che la ricerca costante di una definizione è una attività che coinvolge ed impegna gli studiosi del diritto, di ogni settore, sin dalle più antiche elaborazioni del pensiero giuridico stesso. Prendendo le mosse da tale “primordiale” interesse degli studiosi del diritto, occorre, però, dare atto che relativamente a tale questione dell’utilità o meno – per il diritto – di fissare un fatto/atto/situazione in una definizione, la letteratura giuridica si è sempre mostrata divisa, originandosi così diversi e contrapposti orientamenti dottrinali. Nel dettaglio, tale contrasto intestino che affligge la scienza giuridica, trova una (fra le tante) esemplare dimostrazione nella vaga, o in alcuni casi del tutto assente, definizione del concetto investimento estero. Poste le basi che faranno da fondamenta del presente lavoro, si precisa che gran parte della questione sottesa alla ricerca, si lega inscindibilmente allo studio del testo della Convenzione di Washington del 18 marzo 1965 (Convention on the Settlement of Investment Disputes Between States and Nationals of Other States). In particolare, con detta Convenzione è stato introdotto, sotto l'egida della Banca Mondiale, il Centro ICSID (l'International Centre far the Settlement of Investment Disputes) ed è stata concessa cittadinanza giuridica ad un meccanismo sia conciliativo che arbitrale internazionale e amministrato dal Centro, per la soluzione delle liti sorte tra gli investitori stranieri e gli Stati ospitanti l’investimento estero. In punto di disciplina, proprio per la predetta Convenzione, l’investimento estero rappresenta uno dei requisiti (rationae materiae) richiesti (oltre ad altri) al fine di poter adire la giurisdizione ICSID, poiché, ai sensi dell’art. 25 della Convenzione, i Tribunali arbitrali potranno pronunciarsi solamente in merito alle controversie giuridiche collegate direttamente ad un investimento estero. Ciò nonostante, nel testo della stessa Convenzione, per tutta una serie di ragioni (che si analizzeranno nel corso della presente ricerca), non si è voluto (anche se con opinioni contrastanti) introdurre una definizione del concetto di investimento estero. Costituita l’intelaiatura dalla quale tale studio muoverà, prima di procedere alla trattazione del tema prescelto, si darà spazio, nel primo capitolo del lavoro, ad una necessaria premessa relativa al contesto storico-economico e ovviamente politico che ha fatto da cornice alle trattative e alla stipula della Convenzione. A tal fine, il punto di partenza del presente scritto sarà quello di individuare le ragioni che hanno condotto la comunità internazionale a dotarsi di questo strumento di risoluzione delle controversie in materia di investimenti esteri e al contempo si tenterà di verificare le cause che invece hanno determinato il lento declino degli altri strumenti di tutela, come la protezione diplomatica e il ricorso alla giurisdizione nazionale dello Stato ospitante l’investimento. Fatta tale doverosa introduzione si proverà, nel secondo capitolo del lavoro, a tracciare le principali caratteristiche del Centro e dell’arbitrato in esame, e relativamente a questo ultimo si cercherà di evidenziare la natura dello stesso e i tratti salienti che lo distinguono da qualsiasi altro mezzo di risoluzione alternativo delle controversie in tema di investimenti esteri. Conseguentemente, si passerà alla trattazione principale del presente scritto, la quale, si svilupperà nel terzo e quarto capitolo e si incentrerà sulla messa a fuoco di una (possibile) definizione economicamente e giuridicamente attuale del concetto di investimento estero. A tal fine, in prima battuta, si tenterà di individuare le acquisizioni delle diverse dottrine, nel diritto internazionale dell’economia, inerenti al concetto di investimento. In particolare, prendendo le mosse da tali osservazioni, e preso atto della polivalenza della nozione di investimento, si analizzerà il significato di tale concetto secondo la teoria economica, tentando, al contempo, di delineare il ruolo che l’investimento estero ricopre nel processo di sviluppo economico dei Paesi in via di sviluppo e non, andando ad individuare quali possano essere gli interessi delle Parti, investitore privato e Stato ospitante l’investimento, sottesi a tale tipo di operazioni economiche. In seconda battuta, si cercherà di individuare la definizione “giuridica” del termine investimento, applicando la teoria del cd. double keyhole approach. In tal guisa, si prenderanno in analisi anzitutto le definizioni di investimento contenute nelle varie national investment laws, BITs (bilateral investment treaties) e MITs (multilateral investment treaties). Dopodiché si proverà ad individuare quello che, ai sensi del sistema giuridico ICSID, può essere considerato un investimento, alla luce di quanto disposto in primo luogo dalla Convenzione e dal suo Preambolo, e in secondo luogo dalla ricca ed eterogenea “giurisprudenza” arbitrale formatasi su tale materia. Dal punto di vista metodologico, tale indagine verrà condotta confrontando in modo dialettico, da una parte, i principi espressi nelle pronunce arbitrali e dall’altra parte i contributi dottrinali, tutto ciò al fine di ricostruire una nozione di investimento estero che sia coerente con l’attuale sistema economico-giuridico. Tale approccio di studio risulta essere essenziale in quanto, come noto, il concetto di investimento è per sua stessa natura fortemente legato, contemporaneamente, sia al sistema economico in cui questo realizza i suoi effetti sia al sistema giuridico quale elemento regolatore del mercato e del sistema economico stesso. Di conseguenza, al mutare di questi due fattori chiave, muta anche il concetto di investimento, il quale si sottolinea, essere per l’appunto un concetto non astorico e pertanto sensibile a tutti gli eventi di natura economica e giuridica che coinvolgono il mercato e gli operatori che in questo ultimo operano.
Purpose and structure of the work. Never before have foreign investments and related regulatory incentive and disincentive regimes been discussed so often as in recent years. Starting from the trade war of the Tariffs engaged between the United States and China, up to the agreements between Italy and China on the infamous new Silk Road, the issues of international trade and, more specifically, foreign investment have returned to the center of political, media and economic attention
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VASYLIUK, ROKSOLANA. "La risoluzione delle controversie attraverso l’istituto giuridico internazionale e culturale della mediazione. Il contesto e i regimi della regolamentazione in alcuni Stati post sovietici (nella Federazione Russa, nella Georgia e nell’Ucraina)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2021. http://hdl.handle.net/11584/313152.

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Abstract:
The global landscape of mediation could be observed as an uneven picture represented by the variety of denominations, styles and approaches, modes of access and the varied nature of the institution of mediation. These differences have an impact on the way mediation is considered and applied in both theory and practice. National legal and political structures, cultural attitudes towards conflict and dispute resolution, and the solutions adopted vary greatly from one nation to another. Despite the path towards universality and recognition of the benefits of mediation at national and international levels, it is too early to say what the future of mediation will be and whether it will be possible to ensure a synergistic implementation of mediation in the global context. The relationship of mediation with the courts and its integration into the justice system, although an issue subject to much debate and evaluation, does not constitute a common framework and remains a point of reference for ongoing scientific research aimed at developing the best strategies and practices best suited to the needs of the parties. Despite criticism of the legitimacy of compulsory referrals to mediation, the reality today is that compulsory mediation cases make up the majority of mediation initiated through the judicial system. The last two decades can be characterised as a continuous encouragement for the use of mediation coming from international organisations that attempted, and still attempt, to provide a basic legal framework, based on the values and potentials of mediation encapsulated in its ability to reform a legal system of justice. Mediation, being a little-known method of dispute resolution, has received considerable attention from the main “players” in the international market (UNCITRAL, EU, WIPO, Council of Europe) which has influenced the national path of mediation towards “mobilisation”. The revival of mediation, as well as the method of dispute resolution, has attracted my attention focusing on a subject that has often challenged the problems and effectiveness of civil law and common law systems in the development of the European and international internal market. The structures and environment, the practical (the nuances of the language of the norm used) and legal context of mediation, as well as the results of mediation have yet to be explored from a global and comparative perspective. At the same time, many critical or undefined issues remain on the mediation process. Post-Soviet countries (Ukraine, Georgia, Russian Federation) have been my primary interest in identifying strengths and weaknesses of the regulatory regime for national and cross-border mediation and have become a starting point for further research. I used a benchmarking methodology within a system called “Regulatory Robustness Rating System” (“Regulatory Robustness Rating – RRR”, Kluwer Law International, 2017). The RRR system is elaborated in a detailed and explanatory manner by N. Alexander and is aimed at providing potential legal advisors and other actors in cross-border/international mediation processes with a quicker knowledge of the main features of the regulatory environment in which mediation will take place, stressing the importance of accessibility and predictability of the Mediation Law. Part I of the Thesis discusses the approaches of the regulative regimes and the principal foundations of mediation process and its increase popularity Part II describes the dimensions of legal mediation’s in Russian Federazione, and in the alternative and comparative perspective Part III and part IV analized the mediation regimes and principle in Georgia and Ucraine.
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RICCI, Mena. "La responsabilità delle imprese multinazionali per crimini internazionali." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2015. http://hdl.handle.net/11695/66350.

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Abstract:
L’attività di ricerca nell'ambito del Dottorato di ricerca “Persone, imprese e lavoro: dal diritto interno a quello internazionale” ha consentito di studiare ed approfondire una tematica nuova del diritto internazionale, ossia “La responsabilità delle imprese multinazionali per crimini internazionali”. Il progetto di ricerca è stato strutturato su tre parti dedicate rispettivamente alla soggettività giuridica delle imprese multinazionali, ai diversi profili di responsabilità che possono essere riferiti alle imprese multinazionali e, infine, alla responsabilità penale che può essere loro contestata. Per quanto riguarda il primo capitolo, “L’impresa multinazionale come realtà multiforme”, l’analisi si è concentrata principalmente sulla nozione di impresa multinazionale e sul relativo problema dell’ammissibilità della personalità giuridica di diritto internazionale delle imprese multinazionale. Il profilo definitorio è stato oggetto di un iter argomentativo che si è mosso lungo l’analisi delle fonti di diritto internazionale e il modus operandi delle imprese multinazionali. Alla luce di ciò, l’indagine definitoria si è conclusa propendendo per una nozione di impresa multinazionale che va specificata in concreto attraverso i suoi elementi costitutivi. In definitiva, l’impresa multinazionale è un’organizzazione che esercita la sua attività produttiva in Paesi diversi da quello di origine avvalendosi di aziende affiliate, che, seppure sono qualificate come satelliti delle imprese multinazionali, sono dotate di personalità giuridica e di autonomia giuridica. Risolto il problema definitorio, l’indagine si è concentrata su una problematica complessa, che ha sollecitato l’intervento della dottrina più autorevole. Al di là del dibattito dottrinario che ne è scaturito, attualmente si potrebbe propendere per la personalità giuridica delle imprese multinazionali. Il riconoscimento che ne è derivato è stato determinato da una serie di “criteri sintomatici”. Valga a titolo esemplificativo il riferimento alla loro partecipazione nei procedimenti giurisdizionali ed arbitrali al fine di garantire i diritti riconosciuti (esempio significativo si può indicare nell’istituzione dell’Iran-United States Claims Tribunal risalente al 1981, che è stato oggetto del Rapporto dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, ove è stato dichiarata in modo esplicito la colpevolezza dell’impresa multinazionale che si mostra tollerante ovvero ignora i fatti criminali riservati ai diritti umani.). Il primo capitolo è introduttivo del secondo capitolo dal titolo “La disciplina giuridica internazionale dell’attività delle imprese multinazionali”. La seconda parte della tesi ha avuto ad oggetto un ambito di indagine piuttosto esteso, che non è stato di difficile inquadramento in quanto le problematiche sottese hanno trovato adeguate risposte attraverso l’intervento dottrinario, ma soprattutto attraverso l’intervento della giurisprudenza e l’operato del legislatore. L’attività delle imprese multinazionali si lega inesorabilmente con la tematica della responsabilità sociale delle imprese multinazionali (indicato con l’acronimo inglese CSR, Corporate Social Responsability). Gli unici strumenti in grado di fornire un’adeguata risposta sanzionatoria alle condotte delle imprese multinazionali si possono rinvenire nei Codici di Condotta, anche detti codici etici. Gli esempi più rilevanti di Codici di Condotta, che sono stati oggetto di una puntuale analisi, sono da riscontrare nella Dichiarazione Tripartita dell'OIL sulle imprese multinazionali e la politica sociale (1977/2000/2006), nelle Guidelines dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali (2000/2011) e nel Global Compact delle Nazioni Unite (2000/2010). Per ragioni di completezza sistematica, il secondo capitolo ha tenuto conto anche dei c.d. Codici di Condotta privati, quali documenti volontariamente sottoscritti dalle imprese multinazionali raggruppanti norme e principi non vincolanti tesi a disciplinare la condotta sul mercato delle stesse imprese. Resta da prendere in esame la parte centrale della tesi che si incentra sulla responsabilità internazionale delle imprese multinazionali per i crimini internazionali. Il terzo, il quarto e il quinto capitolo sono il cuore della tesi di dottorato, che si riferiscono ad un ambito del diritto internazionale inesplorato e su cui si concentrano le numerose perplessità della dottrina nazionale ed internazionale. L’attività di ricerca ha seguito un determinato filo d’indagine tenendo anche conto che il progetto di ricerca si inserisce nel ciclo di dottorato dal Titolo “Persone, imprese e lavoro: dal diritto interno al diritto internazionale”. In altri termini, l’indagine ha tenuto conto della penale responsabilità delle imprese multinazionali partendo dalla normativa interna dell’ordinamento italiano, che com’è noto è segnata dal d.lgs. n. 231 del 2001. Al di là della scelta strutturale che segna il terzo, il quarto e il quinto capitolo, è bene precisare che la responsabilità penale delle imprese multinazionali è stata definita dal presunto ambito operativo. Difatti, l’indagine si è concentrata principalmente sull’ammissibilità della responsabilità penale delle imprese multinazionali per i crimini internazionali, sugli elementi tipizzanti il fatto illecito e sul relativo disvalore penale. E’ bene precisare che i crimini internazionali sono, generalmente, di esclusiva competenza della Corte penale internazionale, salva l’applicazione del noto principio della giurisdizione penale universale. In tal modo si garantisce l’intervento giurisdizionale anche dei Tribunali interni, che possono sindacare la illiceità della condotta offensiva. In astratto, non vi sarebbero ostacoli a riconoscere la responsabilità penale delle imprese multinazionali per i crimini internazionali. Ma, in concreto, le perplessità persistono. Il primo problema che è stato affrontato attiene alla copertura normativa. L’analisi ha consentito di comporre un adeguato sostrato normativo, partendo dalla bozza dello Statuto della Corte penale internazionale e da autorevole dottrina e completando con il rapporto del 2013 del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Quindi, il problema attinente alla copertura normativa è stato risolto, ma ciò che ha destato immediate difficoltà è stata l’individuazione degli elementi costitutivi della responsabilità penale delle imprese multinazionali e, di conseguenza, l’imputazione diretta della violazione dei diritti umani. La responsabilità delle imprese multinazionali per crimini internazionali, attualmente, si può risolvere in un duplice modo: 1. non intervenire con lo strumento sanzionatorio, ma ciò vorrebbe dire lasciare impunite le condotte delle imprese multinazionali; 2. riferire la condotta delle imprese multinazionali allo Stato ospite. In questo secondo caso, sono ben note le conseguenza che derivano, basti considerare che l’illecito internazionale materialmente lesivo dei diritti degli individui è subordinato alla giurisdizione dello Stato che ne è autore. Invece, per quanto concerne il primo profilo si corre il rischio di fare andare impunite le condotte delle imprese multinazionali violando indirettamente il principio di legalità e direttamente i principi sottesi alla comunità internazionale. In altri termini, se il sistema di diritto internazionale non aziona gli strumenti previsti dalla normativa sopra esaminata a tutela dei diritti umani si può determinare una doppia violazione a danno di quest’ultimi. Di conseguenza, l’esigenza di attivare strumenti idonei previsti dall’ordinamento internazionale ha fatto sì che si possa utilizzare uno strumento idoneo a riscontrare la diretta imputabilità delle imprese multinazionali, ossia l’interpretazione estensiva . E’ noto che il sistema penale ripudia l’analogia, ma allo stesso tempo consente l’interpretazione estensiva . Avvalendosi dell’interpretazione estensiva l’interprete può adoperare gli strumenti che sono contenuti nel Progetto 2001, ove si tiene conto della responsabilità dello Stato. Di conseguenza, anche per le imprese multinazionali sarà possibile riscontrare, a seguito dell’interpretazione estensiva, la sussistenza degli elementi costitutivi del fatto illecito. Pertanto, si configura anche in capo alle imprese multinazionali l’elemento oggettivo della violazione delle norme internazionali e l’elemento soggettivo attinente alla diretta imputazione del comportamento antigiuridico. In tal modo entrambi gli elementi sono riconducibili direttamente alla condotta delle imprese multinazionali, che, come più volte chiarito, può essere intesa come una condotta attiva ovvero una condotta omissiva. In altri termini, la condotta può essere attiva quando le imprese violano direttamente per un profitto proprio le disposizioni di legge a tutela dei diritti umani determinando effetti incidenti sugli individui, che sono collocati stabilmente nell’area ove operano le imprese multinazionali; invece, la condotta è omissiva, quando le imprese multinazionali omettono di adottare le misure di prevenzione (che potrebbero corrispondere ai c.d. compliance programs) finalizzate a ridurre o eliminare le conseguenze offensive derivanti dalla loro condotta a danno dei diritti umani. In definitiva, accertato che l’attività delle imprese multinazionali è coperta normativamente da atti delle organizzazioni internazionali e ritenuta ammissibile l’interpretazione estensiva degli elementi essenziali costitutivi del fatto illecito dello Stato, le imprese multinazionali possono essere responsabili per i crimini internazionali. In conclusione, la soluzione positiva offerta è stata frutto di una ricostruzione che ha preso le mosse principalmente dagli esempi degli ordinamenti nazionali e ha trovato la sua ratio nella bozza dello Statuto della Corte penale internazionale, ma nonostante ciò la scelta incriminatrice non vuole essere esaustiva di una tematica che dispone di un notevole ambito operativo e che è risultata essere connessa con diversi fattori (economici, politi e sociali) non sempre di facile comprensione.
The research activities within the framework of the PhD "People, businesses or jobs: domestic law to the international" made it possible to study and discuss a new subject of international law, i.e. "the responsibility of transnational corporations for international crimes". The research project has been structured on three sections devoted respectively to legal subjectivity of various MNEs liability profiles that may be related to transnational corporations and, finally, the criminal liability that may be disputed. As regards the first chapter, "The multinational enterprise as a multiform reality", the analysis focused primarily on the notion of multinational enterprise and its problem of eligibility of legal personality under international law of multinational enterprises. The Definitory profile has been the subject of an argumentative process that moved along the analysis of sources of international law and the modus operandi of the multinational companies. In light of this, the survey definition ended inclinations for a notion of multinational enterprise must be specified in concrete terms through its constituent elements. Ultimately, the multinational firm is an organization that carries on his production activity in countries other than the country of origin through affiliated companies, which, although they are classified as satellites of multinational companies, have legal personality and legal autonomy. Fixed issue Definitory, the investigation has focused on a complex issue, which has prompted the intervention of the most authoritative doctrine. On the other side of the debate that has been doctrinaire, currently you might lean towards the legal personality of multinational enterprises. The recognition that resulted was determined by a series of "symptomatic criteria". It is not limited to the reference to their participation in court proceedings and arbitral tribunals to ensure that the statutory rights (example you can indicate in the establishment of the Iran-United States Claims Tribunal dating from 1981, which was the subject of the report of the High Commissioner for human rights of the United Nations, where it has been explicitly declared guilty of multinational enterprise that is tolerant or ignores the facts private human rights criminals.). The first chapter is an introduction to the second chapter entitled "international legal regulation of the activities of transnational corporations". The second part of the thesis had such a scope object of investigation rather extended, which was not difficult to monitor because the underlying problems have found adequate responses through a doctrinaire, but especially through the intervention of the law and the work of the legislature. The activity of multinational enterprises is bound inexorably with the issue of social responsibility of multinational companies (referred to by the acronym CSR, Corporate Social responsibility). The only instruments capable of providing an adequate response to the conduct of disciplinary multinational enterprises can be found in the codes of conduct, also called ethical codes. The most important examples of codes of conduct, which were the subject of a detailed analysis, are to be found in the ILO Tripartite Declaration on multinational enterprises and social policy (1977/2000/2006), in the OECD Guidelines for multinational enterprises (2000-2011) and the United Nations Global Compact (2000/2010). For the sake of completeness, the second chapter systematically took account also of the so-called private codes of conduct, which documents voluntarily undertaken by transnational corporations involving non-binding standards and principles designed to govern the conduct of business on the market. It remains to consider the central part of the thesis that focuses on international responsibility of transnational corporations for international crimes. The third, fourth and fifth chapter are at the heart of the doctoral thesis, which refer to an international law which is unexplored and concentrate the many concerns of national and international doctrine. The research activity has been following a certain thread of investigation taking into account also that the research project is part of the doctoral cycle entitled "People, businesses or jobs: domestic law with international law". In other words, the survey took account of the responsibility of the criminal multinationals from the internal legislation of the Italian law, which as you know is marked by d.lgs. No. 231 of 2001. Beyond the structural choice that marks the third, fourth and fifth chapter, it is good to point out that the criminal responsibility of transnational corporations was allegedly operating scope defined. Indeed, the investigation has focused primarily on the admissibility of criminal liability of multinational corporations to international crimes, on particular toxins the tort and criminal disvalue. It is good to point out that international crimes are, generally, the exclusive jurisdiction of the International Criminal Court, without prejudice to the application of the principle of universal criminal jurisdiction. This ensures the jurisdiction of domestic Courts, which can review the unlawfulness of conduct offensive. In principle, there would be obstacles to recognise the criminal liability of multinational corporations to international crimes. But, in practice, the concerns persist. The first problem that has been addressed as far as the regulatory coverage. The analysis made it possible to compose an appropriate regulatory milieu, starting with the draft statute of the International Criminal Court and by authoritative doctrine and completing with the 2013 report of the Secretary-General of the United Nations. Then, the problem pertaining to legislation coverage is resolved, but what aroused immediate fix was the identification of the constituent elements of criminal responsibility of transnational corporations and, consequently, on charges of human rights violations. The responsibility of transnational corporations for international crimes, currently, you can resolve in a twofold way: 1. do not use the instrument of sanctions, but that would mean leaving unpunished the conduct of multinational enterprises; 2. report the conduct of transnational corporations to the host State. In this second case, are well known the consequence arising, suffice it to note that the international offence materially detrimental to the rights of individuals shall be subject to the jurisdiction of the State which is the author. On the other hand, as regards the first profile you run the risk of making go unpunished the conduct of multinational companies indirectly violating the principle of legality and the principles governing the international community. In other words, if the international law system propels the tools foreseen by examined above legislation protecting human rights can determine a double violation to the detriment of the latter. As a result, the need to activate suitable instruments under international law meant that we could use a suitable tool to experience the direct eligibility of multinational enterprises, i.e. the interpretation. It is known that the penal system rejects the analogy, but at the same time allows for broad interpretation. Using the interpretation the interpreter can use tools that are contained in the 2001 Draft, which takes into account the responsibility of the State. As a result, even for multinational enterprises will encounter as a result of the interpretation, the existence of the constituent elements of the tort. Therefore, it also configures in Chief for multinational enterprises the objective element of the violation of international standards and the subjective element relating to objectionable material behavior directly attributable. Thus both elements can be traced back directly to the conduct of multinational enterprises, which, as repeatedly explained, can be understood as active behaviour or conduct of omission. In other words, the conduct can be activated when companies violate directly for a profit its legal provisions for the protection of human rights, causing accident effects on individuals, who are placed firmly in the area where multinational enterprises operate; Instead, the conduct is of omission, when multinational companies fail to adopt prevention measures (which might correspond to so-called compliance programs) designed to reduce or eliminate offensive consequences resulting from their conduct to the detriment of human rights. Ultimately, ensured that the activity of multinational enterprises is covered by law from international organizations and acts deemed eligible for the interpretation of the essential elements constituting the tort State, multinational companies may be responsible for international crimes. In conclusion, the positive outcome was the result of a reconstruction that took the moves primarily by examples of national laws and found its ratio in the draft statute of the International Criminal Court, but nevertheless the choice event is not intended to be exhaustive of a subject that has significant operational and scope that was found to be connected with various factors (economicpolitical and social), not always easy to understand.
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GULIZZI, ELISA. "PREVENIRE LA CORRUZIONE: NUOVE STRATEGIE REGOLATORIE TRA PUBBLICO E PRIVATO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/78875.

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Abstract:
L’obiettivo della ricerca è quello di studiare le contaminazioni tra diversi livelli di governance nel settore dell’anticorruzione. Anzitutto, ci si soffermerà sugli effetti che le convenzioni internazionali e più in generale gli strumenti prodotti nella sfera sovranazionale hanno determinato sul diritto anticorruzione italiano. A ben vedere, questa contaminazione tra diversi livelli di regolazione si realizza non solo attraverso strumenti cogenti ma anche, e soprattutto, attraverso strumenti flessibili come raccomandazioni e linee guida. Il diritto anticorruzione rappresenta un laboratorio di contaminazioni non solo a livello verticale tra sfera sovranazionale e nazionale, ma anche a livello orizzontale. Alla delimitazione del campo della ricerca alle interazioni tra pubblico e privato corrisponde il capitolo II: in esso si dà conto del fatto che, in materia di prevenzione del rischio di corruzione, i confini tra sfera pubblica e sfera privata sono sempre più sfumati. Infine, nel capitolo III, si cerca di trovare un filo conduttore tra le varie forme di contaminazioni regolatorie analizzate, inserendole entro un più ampio ciclo in cui si susseguono regulation e enforcement. Ci si chiede se e in che misura questo ciclo sia effettivamente virtuoso: in particolare, se un processo di law-making improntato ai criteri della flessibilità, della partecipazione dei soggetti interessati e della continua valutazione della sua efficacia, sia effettivamente idoneo a prevenire fenomeni corruttivi.
The aim of the research is to study interaction between different levels of governance in the anti-corruption sector. Firstly, the domestic law, especially in the anti-corruption field is strongly influenced by international instruments. The Italian system, for example, starts out from the Anti-Corruption Law, Law No. 190 (the so called "Severino Law", approved by Parliament on 6 November 2012, entering into force on 28 November 2012, and implemented by several regulations). This Law was adopted to implement the UN Convention against Corruption. Secondly, the research aims to study interaction between public and private sector: fundamental concepts for corruption prevention, such as risk management, have been borrowed from one sector to another. Finally, there many players in the anti-corruption sector who are able to create rules (lawmakers, stakeholders, Authorities): the question is if they are part of a virtuous circle in which regulation and enforcement are closely linked. In order to prevent corruption, the law-making process must be based on specific criteria such as flexibility, stakeholder participation and ongoing evaluation of its effectiveness.
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Pace, Tommaso. "Il diritto del venditore di rimediare alla consegna di un bene non conforme nei rapporti tra parti commerciali: analisi comparativa del right to cure tra prassi, esperienze di diritto positivo e diritto internazionale materiale uniforme." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3422791.

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Abstract:
The aim of this paper is to provide a critical assessment of the right of a seller to cure his breach to a contractual agreement (“right to cure”), with specific consideration to the delivery of non-conforming goods under domestic and transnational sale agreements. Subsequent to an elucidation of the methodological and doctrinal aspects of the research conducted herein, the paper delves into an in-depth analysis of the concept of warranty for hidden defects, tackling such concept from its Roman origins and the outset of Anglo-American law, to the current stance adopted by the Italian judicial system. The research then extends to analyzing the right to cure with a specific focus on English and American law, and cross-border sales between businesses, with particular regard to the provisions set forth by article 7.1.4 of the Unidroit Principles, and by articles 37 and 48 of the CISG, and in the most prominent European private law harmonization projects. The paper concludes by assessing the compatibility between the right to cure, available to the seller as urgent remedy for defects in sold goods after the completion of a contractual agreement, and the traditional legal institutions concerning defect warranties under Italian law, with the aim of determining whether, and to what extent, such right may find a place in our judicial system.
Il presente contributo si prefigge di esaminare il diritto alla correzione dell'inadempimento ("right to cure") del venditore, con specifico riguardo alla consegna di un bene affetto da vizi di conformità nei contratti di vendita domestici e transnazionale. Dopo aver stabilito le premesse metodologiche e dottrinali della ricerca, viene esaminata nel dettaglio la nozione di garanzia redibitoria a partire dalle sue origini romanistiche e agli albori del diritto anglo-americano, fino all'attuale disciplina nell'ordinamento italiano. La ricerca prosegue approfondendo specificamente il right to cure nell'ottica del diritto inglese e statunitense, e negli scambi transfrontalieri tra imprese, segnatamente la disciplina sancita dall'art. 7.1.4 dei Principi Unidroit, dagli artt. 37 e 48 della Convenzione di Vienna del 1980, e nei principali progetti di unificazione del diritto privato in ambito europeo. Da ultimo, si esamina la compatibilità tra il right to cure, quale rimedio a disposizione del venditore in caso di emergenza di vizi nella res empta dopo il perfezionamento del negozio, e i classici istituti relativi alle garanzie redibitorie nel diritto italiano, al fine di verificare se e in che misura siffatto istituto possa trovare spazio nel nostro ordinamento.
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IBBA, CRISTINA. "FATTI ILLECITI E «IRREGOLARITA'» NEI PROCEDIMENTI ADOTTIVI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/684.

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Abstract:
La ricerca si propone di approfondire il tema delle “irregolarità” nelle procedure di adozione internazionale. Questa espressione è utilizzata dalla normativa nazionale di settore, con particolare riferimento all’attività degli enti autorizzati allo svolgimento delle procedure di adozione di minori stranieri. Con questo elaborato si è cercato di ricostruire una nozione di “irregolarità” più ampia di quella presente nella legislazione vigente, privilegiando un approccio interdisciplinare. Lo scritto si apre con una prospettiva storica delle “irregolarità”, ovvero della morfologia che esse hanno assunto nel corso del tempo, in relazione alla disciplina vigente nel nostro Paese a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Il cuore dell’elaborato è dato dalla presentazione delle “irregolarità”, comprendenti sia alcune illiceità di natura penale ed amministrativa che le criticità della prassi. Chiude l’indagine l’illustrazione di alcune buone pratiche di prevenzione delle “irregolarità” nelle procedure di adozione internazionale e di proposte de iure condendo della disciplina vigente. Particolare attenzione è stata posta al tema della riforma dei delitti in materia di adozione, disposizioni rimaste sostanzialmente disapplicate dagli anni Ottanta ad oggi.
The research aims to delve into “irregularities” in the procedures of the International adoption. The previous mentioned phrase is used in the National specific provisions in reference to activities carried out by accredited bodies, entitled to apply adoption procedures of foreign minors. The thesis is an attempt to reconstruct a broader notion of “irregularity” than those one in the legislation in force, favoring an interdisciplinary approach. Firstly, the dissertation offers an historical perspective on “irregularities”, or rather upon the morphology which they have assumed for years, referring to the discipline which has been in force in Italy since the Sixties of the Twentieth Century. The gist of the thesis is the presentation of such “irregularities”, including both some criminal, administrative, unlawfulness and criticality in standard procedures. Finally, the research presents some good practices in order to prevent such “irregularities” in the International adoption procedures, as well as some de iure condendo proposals of the legislation in force. A specific attention has been paid to the matter of the reform of crimes of adoption, or rather disposals that basically has ceased to be applied since Eighties in the Twentieth Century.
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Floris, Antonella <1984&gt. "I contratti di finanziamento non tipicamente bancari e il credito all'esportazione." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3962.

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Abstract:
Il lavoro è dedicato all’analisi di alcuni modelli contrattuali diffusi nel commercio internazionale per il finanziamento e l’agevolazione delle esportazioni. Si tratta di contratti non tipizzati dalla legge italiana che pongono all’interprete il problema di individuarne la natura giuridica e la conseguente disciplina applicabile. Una prima parte del lavoro è dedicata alla ricostruzione della nozione di causa del contratto in considerazione dei diversi tentativi di codificazione uniforme della disciplina contrattuale a livello europeo e internazionale. La seconda parte del lavoro verte sull’analisi del forfaiting, del project financing e del factoring internazionale. Si tratta di contratti profondamente diversi, talvolta oggetto di specifiche convenzioni internazionali, che però si rivelano legati da una comune funzione di finanziamento
This research aims to give a legal analysis of some agreements which are widespread in international trade to finance and to facilitate exports. With the exception of some restricted area, they are not ruled by the Italian law, so that the interpreters have to face to the issue about the types they belong to and abut their regulation. The first part of this work concerns the investigation of the notion of “causa” of the contract through the various attempts to draft a uniform code of the law of the contract, both at an European level and at an international one. In the second part the author deals with the contracts of forfaiting, project financing and international factoring. They are deeply different agreements – which have been sometimes objects of international conventions – that, however, appear connected by a common purpose of financing.
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MARENGHI, CHIARA. "LA LEGGE APPLICABILE AL DANNO DA PRODOTTO NELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/771.

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Abstract:
La tesi è dedicata ai profili di diritto internazionale privato del danno da prodotto, con particolare riguardo agli sviluppi normativi che hanno interessato i Paesi membri dell’Unione europea. Nella prima parte della trattazione vengono analizzate le vicende più significative connesse alla nascita della fattispecie sia da un punto di vista sostanziale che internazionalprivatistico. In tale ambito, viene riservata peculiare attenzione all’esperienza degli stati Uniti (Cap. 1), che come noto hanno rappresentato la culla della responsabilità del produttore, e viene esaminata la Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973 (Cap. 2), prima disciplina speciale della materia sul piano del diritto internazionale privato. La seconda parte dell’elaborato si concentra invece sugli interventi legislativi predisposti a livello comunitario (direttiva 85/374/CEE, come modificata dalla direttiva 1999/34/CE, e regolamento 864/2007/CE) al fine di ricostruire i rapporti intercorrenti tra le diverse fonti (nazionali, comunitarie e internazionali) che oggi concorrono a disciplinare la questione della legge applicabile alla responsabilità da prodotto negli Stati membri dell’Unione europea (Cap. 3).
The thesis examines the conflict of laws aspects of product liability, with particular regard to recent developments of EU Member States’ legislation. Product liability law as a distinct body of law – at least partially independent from general tort law – is a relatively new phenomenon. It arose during the 1960s in the Unites States of America. In that period US courts and scholars started to deal with choice-of-law issues in product liability cases. Chapter 1 gives an overview of the most significant events relating to product liability history, from both a domestic and international point of view. The need for a special conflicts rule – pointed out first by the US commentator Albert Ehrenzweig – led to the adoption of the 1973 Hague Convention on the law applicable to product liability, the first regulation of the topic in private international law, which is analysed in Chapter 2. Finally, Chapter 3 examines European Community legislative interventions in the field of product liability (Council Directive 85/374/EEC, amended by Directive 1999/34/EC, and Regulation 864/2007/EC) with the aim of assessing the present state of the law in EU Member States. Different sources are currently competing to regulate the issue of the law applicable to product liability in the EU context and this chapter analyses the relationships between them.
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LUNETTI, CHIARA TERESA MARIA. "ACTIONS DERIVING DIRECTLY FROM INSOLVENCY PROCEEDINGS AND CLOSELY LINKED WITH THEM UNDER REGULATION EU 848/2015 ON INSOLVENCY PROCEEDINGS." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2020. http://hdl.handle.net/2434/710018.

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Abstract:
La questione delle azioni individuali che derivano direttamente dal fallimento e ad esso ineriscono (nel seguito, c.d. “azioni ancillari”) nel contesto europeo è stata storicamente affrontata con riferimento all’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (la “Convenzione di Bruxelles”). In mancanza (all’epoca) di una disciplina comunitaria sull’insolvenza transfrontaliera, con la nota sentenza Gourdain, la CGE ha interpretato la nozione di azione ancillare sotto il prisma dell’esclusione relativa a “i fallimenti, i concordati e le procedure affini”, prevista dall’articolo 1(2)(2) della Convenzione di Bruxelles. È stato in quell’occasione che la Corte ha ritenuto che le azioni in qualche modo riferibili al fallimento sono escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles (oggi Regolamento Bruxelles Ibis) a condizione che esse derivino direttamente dal fallimento e si inseriscano stretta¬mente nell'ambito del procedimento concorsuale (così coniando quella che, negli anni, è stata definita la “Formula Gourdain”). Le incertezze interpretative derivanti da una formulazione così ambigua, allora riferita al solo ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, non venivano rimosse (e, anzi, forse erano acuite) dall’introduzione di una specifica disciplina relativa alle procedure di insolvenza. Ed infatti, il successivo Regolamento (CE) 1346/2000 (il “Regolamento Insolvenza”), da un lato conteneva una grave lacuna normativa, poiché nulla diceva in tema di giurisdizione sulle azioni ancillari e, dall’altro lato, anche laddove le menzionava (per fini diversi dalla giurisdizione), si limitava a riprodurre la Formula Gourdain. Il nebuloso quadro normativo appena descritto è stato in parte chiarito dal Regolamento (UE) 2015/848 (il “Regolamento Recast”), che ha provveduto a rimediare alla predetta omissione, prevedendo espressamente la vis attractiva (dimezzata) europea, ai sensi della quale la competenza giurisdizionale sulle azioni ancillari spetta ai giudici dello Stato membro in cui è aperta la procedura. Se è stato così chiarito l’aspetto “dinamico”, relativo alla giurisdizione, resta, invece, parzialmente immutato il problema di una definizione autonoma di azione ancillare, i cui confini, anche nel Regolamento Recast, continuano ad essere delineati dalla Formula Gourdain. Indicazioni solo parziali possono trarsi dal Considerando 35 Regolamento Recast e, soprattutto, dalle pronunce della CGE, che pur consentendo, in parte, di avanzare una più definita sistematizzazione della nozione di azioni ancillari, rivelano sostanzialmente un orientamento ondivago, che non consente di rintracciare (ancora) un criterio generale, certo e condiviso sul punto. Si può allora ipotizzare che, ai fini della normativa europea, ancillari siano quelle azioni che sottendono una pretesa che sorge ex novo dal fallimento, il cui DNA, potremmo dire, è ontologicamente legato all’insolvenza. Si tratta di un numero assai ridotto di azioni quali (prevedibilmente) la revocatoria; le azioni di responsabilità nei confronti di organi della procedura, e le azioni che derivano dallo scioglimento dei contratti esercitato dal curatore per un’espressa previsione della legge concorsuale. Per contro, non sarebbero ancillari tutte le altre azioni rispetto a cui il fallimento si pone quale evento neutro (es. quelle che presentano con il fallimento un legame solo occasionale e quelle che preesistevano nel patrimonio del fallito). Permangono, tuttavia, notevoli dubbi rispetto a quelle azioni, collocabili in un’incerta twilght-zone, al confine tra il diritto civile, commerciale e il diritto fallimentare che, preesistenti al fallimento, sono in qualche misura influenzate dall’apertura di una procedura concorsuale. Nel solco di queste preliminari osservazioni, la tesi si ripropone di analizzare specificatamente il tema delle azioni ancillari nella disciplina europea, non solo indagandone gli aspetti processuali (in particolare, della giurisdizione), ma valutando anche una possibile individuazione di una nozione autonoma di azione ancillare e l’elaborazione di un catalogo di azioni che, pur nelle differenze proprie di ogni ordinamento nazionale, rivelino uno jus commune europaeum che consenta di inquadrarle nell’ambito di applicazione del Regolamento Recast.
Historically, the topic of individual actions directly deriving from and closely linked with insolvency proceedings (hereinafter referred to as “Annex Actions”) has been addressed in the European scenario with reference to the scope ratione materiae of the Brussels Convention dated 1968 on the jurisdiction, recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters (the “Brussels Convention”). In the absence (at that time) of Community rules on cross-border insolvencies, in the Gourdain judgment the ECJ interpreted the notion of Annex Actions under the prism of the exception relating to “bankruptcy, proceedings relating to the winding-up of insolvent companies or other legal persons, judicial arrangements, compositions and analogous proceedings”, set forth by Article 1(2)(2) Brussels Convention. It was on that occasion that the Court held that actions which are related to insolvency proceedings are excluded from the scope of the Brussels Convention (now the Brussels 1a Regulation), with the proviso that they derive directly from insolvency proceedings and are closely linked with them (thus coining what has been called, over the years, the “Gourdain Formula”). The interpretative uncertainties arising from such an ambiguous wording - at the time referring only to the scope of application of the Brussels Convention - were not removed (and possibly were even exacerbated) by the introduction of the European regime on insolvency proceedings. Indeed, the Regulation (EC) 1346/2000 (the “Insolvency Regulation”), on the one hand, revealed a serious regulatory gap, since it did not provide for a rule on the jurisdiction of Annex Actions and, on the other hand, even where it mentioned them (for purposes other than jurisdiction), it laconically restated the Gourdain Formula, with no further clarifications. The nebulous legislative framework described above has been partly clarified by Regulation (EU) 2015/848 (the “Recast Regulation”), which has remedied the aforementioned omission, expressly providing for the (halved) European vis attractiva concursus. According to that principle, the courts of the Member State in the territory of which insolvency proceedings are opened, are vested with the jurisdiction to hear and determine Annex Actions. The impact of the reform over the “dynamic” profile of the vis attractiva concursus must be positively assessed since it has dispelled many of the doubts concerning the allocation of jurisdiction on Annex Actions. Yet, the problem of the autonomous definition of Annex Actions remains partially unsolved, because also under the Recast Regulation, the contours of that concept continue to be defined by the vague Gourdain Formula. Only partial indications can be drawn from Recital 35 Recast Regulation and, above all, from the extensive case-law of the ECJ. The latter, however, allows only to some extent to draw a systematic notion of Annex Actions, as it substantially reveals a wavering orientation, which does not permit to trace (yet) a general criterion, certain and shared on this point. It is suggested that, for the purposes of the European legislation, Annex Actions are those actions underpinning a right or obligation which stems from the opening of insolvency proceedings, whose DNA, we might say, is ontologically linked to insolvency proceedings. They would count a very small number of actions such as (predictably) avoidance actions, liability actions against the trustee and other bodies of the procedure, and actions arising from the termination of contracts exercised by the trustee by virtue of the express powers conferred upon him by insolvency law. On the contrary, all other actions in respect of which the procedure is a neutral (legal) event should not be characterised as Annex Actions (e.g. actions that have only an occasional link with insolvency proceedings and those that existed in the legal sphere of the insolvent debtor prior to the opening of the procedure). However, considerable doubts remain with respect to the characterisation of some actions, which can be placed in an uncertain twilight-zone at the crossline between civil, commercial law and bankruptcy law. Although the legal foundation of those action exists even before insolvency proceedings, they prove to be affected by the opening of the procedure to such an extent that they may be considered as different actions. In the wake of these preliminary observations, the thesis aims to specifically analyse the topic of Annex Actions under the European regime of cross-border insolvencies. Not only it investigates the procedural aspects of the issue (in particular, the jurisdiction), but it also assesses whether it is possible to draw an autonomous notion of Annex Action and elaborate a catalogue of actions, which, despite the differences inherent in each national system, reveal a jus commune europaeum that allows to trace them back under the umbrella of the Recast Regulation.
La thèse intitulé « les actions qui découlent directement de la procédure d’insolvabilité et qui y sont étroitement liées dans le cadre du Règlement UE 2015/848 sur les procédures d'insolvabilité » se concentre sur les critères de détermination des juridictions compétentes en matière de litiges découlant de la procédure d’insolvabilité dans le contexte de procédures transfrontalières. Selon son Article 1(1)(b), les procédures d’insolvabilité sont exclues du Règlement (UE) n° 1215/2012 concernant la compétence judiciaire, la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile et commerciale (« Règlement Bruxelles ») et devraient relever du champ d’application du Règlement (UE) n° 848/2015 relatif aux procédures d’insolvabilité (« Règlement Refondu »). Pour cette raison, en principe, l’interprétation de deux susmentionnés Règlements devrait, autant que possible, combler les lacunes entre les deux instruments. Le texte du nouvel article 6 du Règlement Refondu prévoit désormais que les juridictions compétentes en vertu de son article 3 soient compétentes également pour toutes les actions qui découlent directement de la procédure d’insolvabilité et y sont étroitement liées. Toutefois, ce principe (appelé la vis attractiva concursus européenne), malgré quelques clarifications ont été fournies par la Cour de Justice, ne résoudre pas la question et l’interprétation du champ d’application du Règlement Refondu par rapport au Règlement Bruxelles est encore douteuse, car il y a encore beaucoup de zones grises dans l’interprétation de cette règle. L'objectif de la thèse est d'analyser quel type d'actions doit être considéré comme « découlant directement » et « étroitement lié » aux procédures d'insolvabilité, et d'analyser les cas où il est controversé de savoir si l'action doit entrer dans le champ d'application du Règlement Refondu plutôt que dans celui du Règlement Bruxelles.
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Tomasi, L. "La tutela comunitaria della vita familiare tra mercato interno e spazio di libertà, sicurezza e giustizia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2007. http://hdl.handle.net/2434/52020.

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Abstract:
The thesis inquires into the features of EC regulation of family relationships. Respect for family life is a fundamental right recognised by the European Union. Protection of family life arises as a spill-over effect of EC free movement, immigration and sex equality law. It also constitutes an object of EC private international law. Legislation and case-law demonstrate the emergence of a principle of respect throughout the Member States of the European citizens personal and family status as a condition for effective free movement. Such a principle may prevent the application of national laws denying recognition of a family status acquired in another Member State. However, the recognition of status may be inhibited by the necessity to protect general interests of the Member States, whose legitimacy is to be assessed by the European Court of Justice. The principle of recognition of status also deserves a role within the enactment of EC private international law in family matters under art. 65 EC. In conclusion, EC action in family matters is aimed at promoting mutual recognition of family status between the Member States, rather than at harmonising family laws
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Papaux, Alain. "Essai philosophique sur la qualification juridique : de la subsomption à lảbduction ; lẻxemple du droit international privé /." Bruxelles : Bruylant [u.a.], 2003. http://www.gbv.de/dms/spk/sbb/recht/toc/368649989.pdf.

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MOI, MARTINA. "I contratti di rete." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2015. http://hdl.handle.net/11584/266818.

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Abstract:
The network contract, introduced into the Italian judicial system with the legislative decree February 10, 2009, n. 5 is a contract by which «more entrepreneurs pursue the aim of increasing, individually and collectively, their capacity for innovation and their competitiveness on the market and to this end they commit themselves, on the basis of a joint program of network, to collaborate in predetermined shapes and fields related to the exercise of their business, or to exchange information or services of an industrial, commercial, technical or technological nature or to exercise together one or more activities which belong to the scope of their business». It is a new legal judicial instrument designed by the legislature to renew the national economy and, in particular, the growth and the competitiveness of small and medium enterprises. The institute was founded as a response to the recent international crisis which has forced the companies to react and give a new impulse to the production system. To adapt themselves to this new requirement and operate in the national and international market, Italian companies have found in the contract a new form of aggregation through which they can achieve an entrepreneurial growth in terms of innovation and competitiveness, without having to resort to the establishment of a new legal entity. The first form of collaboration between companies was, in fact, that of the "industrial district" as socio-economic entity made up of a set of companies generally belonging to the same productive sector and located in determined and circumscribed area. Subsequently, the internationalization of companies and the globalization of markets has led to the failure of industrial districts and, at the same time, the emergence of business networks as a economic and legal phenomenon more complex. Business networks are characterized, in fact, by forms of association between two or more companies, independent from each other, which act in a coordinated way to make the small and medium enterprises more competitive in foreign markets. This form of aggregation, even promoted at European level with the "Small Business Act" of the European Commission, found a legal recognition in the new figure of the network contract, whose legal nature is still at the centre of a debate in doctrine.
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Cinti, Letizia. "Private Military Companies e Private Security Companies. Problemi di responsabilità internazionale degli Stati." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3427198.

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Abstract:
The study has examined the privatization of military services, in particular the companies that offer military and security services on international scale. The first purpose of the study is to construct the legal framework through an exam of international norms applicable to the companies and to the States involved in their employment. Furthermore, we have considered the principal problems concerning the international responsibility of these states.
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Marchetti, Carolina <1990&gt. "Private Military/Security companies: la regolamentazione italiana nel contesto internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8244.

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Abstract:
Il lavoro prende in analisi le Private Military/Security Companies. Nella prima parte se ne analizzano le caratteristiche: contesto di apparizione, difficoltà di inquadramento giuridico, analisi della domanda, problematiche relative al loro utilizzo. Si procede poi con l'analisi delle norme internazionali applicabili agli individui che lavorano per queste imprese ed alle società in toto, facendo riferimento alle norme internazionali sui mercenari, al diritto internazionale umanitario ed alle iniziative di sof-law specificatamente elaborate in materia. Infine si analizza la normativa italiana applicabile soffermandosi in particolare sul loro utilizzo e regolamentazione nelle operazioni di contrasto della pirateria.
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GUGEL, MARIA. "Diritti umani dei lavoratori nelle convenzioni internazionali il diritto di pari opportunità in trattative collettivi." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2016. http://hdl.handle.net/2108/201702.

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Martin, Chiara <1996&gt. "ONLINE VIOLENCE: A LEGAL STUDY OF THE INTERNATIONAL, EUROPEAN AND ITALIAN LEGAL FRAMEWORKS ON COUNTERING HATE SPEECH AND NON-CONSENSUAL DISSEMINATION OF INTIMATE PRIVATE PHOTOS." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19505.

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Abstract:
Lo scopo di questa tesi è quello di dimostrare se la violenza online è contrastata, sia a livello internazionale ed europeo, sia a livello italiano. In particolare, voglio concentrarmi su due tipologie di violenza online: il discorso d'odio e la diffusione non consensuale di foto intime private. Inizierò con una panoramica generale sul fenomeno della violenza, fornendo una definizione e una breve descrizione delle sue caratteristiche. Successivamente, studierò le caratteristiche della dimensione online della violenza, supportando l’analisi con alcuni dati legati al fenomeno. Il secondo capitolo sarà dedicato all'analisi dell'attuale quadro giuridico sulla violenza online. Dimostrerò che il discorso d'odio e la diffusione non consensuale di foto intime private non sono regolate né dal quadro giuridico internazionale, né da quello europeo. Sulla base di questo presupposto, la prima parte del capitolo sarà dedicata all'analisi dei documenti internazionali giuridicamente vincolanti, al fine di dimostrare come la libertà di espressione e la discriminazione sono regolamentate. Mentre la seconda parte del capitolo verrà dedicata alle convenzioni del Consiglio d’Europa e alla Corte Europea dei Diritti Umani e, successivamente, ai documenti appartenenti alla sfera dell’Unione Europea. Dopo aver illustrato l'attuale quadro giuridico internazionale ed europeo, vorrei soffermarmi sulla legislazione italiana. Lo scopo del terzo capitolo sarà quello di dimostrare se la legislazione italiana e il suo codice penale contrastano o meno la violenza online. Per questo motivo dedicherò un paragrafo agli obblighi internazionali dell'Italia, in particolare al ruolo della Framework Decision 2008/913/GAI e all'attuazione della Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa. Mi concentrerò poi sul codice penale italiano, spiegando gli articoli che possono essere applicati per contrastare i due fenomeni, illustrando il disegno di legge "DDL Zan" sulla discriminazione di genere e il Codice Rosso sulla diffusione non consensuale di foto private intime.
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Piccolo, Giorgia <1997&gt. "Tra mecenatismo privato e politica estera statunitense: le fondazioni Ford e Rockefeller in Arabia Saudita negli anni Sessanta e Settanta." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20557.

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Abstract:
All’inizio degli anni Trenta, i primi geologi americani alla ricerca di petrolio per conto della Standard Oil of California esplorarono le dune del deserto saudita a bordo di una Ford 4x4 station wagon. Sebbene possa trattarsi di una semplice coincidenza, questo curioso aneddoto non è che il primo di una lunga serie di legami che caratterizzarono la relazione tra gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita, il mondo petrolifero, Henry Ford e John D. Rockefeller nel corso del Ventesimo Secolo. Da una parte uno dei più celebri imprenditori statunitensi dell’industria automobilistica, dall’altra il primo magnate del petrolio della storia. Entrambi divennero dei grandi mecenati, dando vita a due delle maggiori fondazioni a scopo benefico degli Stati Uniti, le quali si andarono affermando nel corso del tempo anche come colossi della filantropia mondiale. In uno sfondo caratterizzato da un matrimonio di forte convenienza tra l’élite politica statunitense e la monarchia saudita, il presente elaborato costituisce un particolare viaggio nella crisi petrolifera a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, raccontato attraverso i report annuali di Ford e Rockefeller Foundation del periodo.
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Noventa, Eleonora <1996&gt. "Private Military and Security Firms: the Clinton administration's longa manus in the Balkans, 1994-1998." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20461.

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Abstract:
The present work investigates the use of private contractors by the Clinton administration and, more specifically, the recruitment of Military Professional Resources Inc. (MPRI) in the cases of Croatia in 1994 and Bosnia in 1995. The first chapter provides an overview of 21st century mercenarism and presents the theoretical framework for the analysis of Private Military and Security Firms. The chapter then provides an insight on what has been defined the breakdown of the Weberian monopoly of the State and introduces the events that made mercenarism emerge in the 21st century, namely those referred to the Afghan and Iraqi war theatres. The second chapter, after having presented President Clinton’s foreign policy, investigates the restructuring of the U.S. defense apparatus in the same years, and examines the objectives outlined in the National Security and Military Strategies released by the Clinton administration. The chapter then analyses the application of those objectives as well as the U.S. outsourcing in the specific case of the Balkan scenario. The third chapter is focused on MPRI contracts with the U.S. State Department and the Croatian government in 1994 to then show how the operational results of these first contracts affected Bosnian adherence to the Dayton Accords of 1995. By doing so, the research demonstrates that the privatization of warfare in the Balkans was what enabled the Clinton administration to avoid the deployment of the official U.S. Army in the region, to circumvent the impartiality of the IFOR operation, to avoid international criticism for having interfered with the internal affairs of Croatia and Bosnia, and to disrupt Iranian influence in Europe, thus allowing American policymakers to pursue their declared foreign policy objectives. In particular, the research demonstrates that, despite being a private subject, MPRI was in any case exposed to the influence of the U.S. government and was subject to a form of control by Washington – either through legal means or through other types of pressure –, which eventually made it a de facto foreign policy instrument in the hands of the Clinton administration.
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Beltrami, Chiara. "Verso l’equilibrio di genere nel private equity e venture capital: traduzione dall’inglese all’italiano di un report della Società finanziaria internazionale (IFC)." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
The aim of this dissertation is to provide a translation from English to Italian of selected chapters of a report published by the International Finance Corporation (IFC) in March 2019. The key objective of this report is to explore gender gaps in private equity and venture capital, focusing especially on the link between financial returns and gender diversity, the lack of women in the industry and the steps needed to achieve gender balance. This dissertation is comprised of six chapters. The first chapter provides an overview of the IFC and a description of the main topics addressed by the report, such as the hurdles women face within the labor market and the role of gender diversity as one of the main drivers of Corporate Social Responsibility (CSR) and sustainable development. The second chapter explores the lexical, syntactical and textual features of specialized languages, as well as the main aspects of the language of economics. The third chapter focuses on the identification and the description of the textual genre and provides a detailed source text analysis. The fourth chapter offers an overview of corpus linguistics and its application in translation, as well as the description of the ad hoc corpora created for this specific translation project. The fifth chapter contains the source text, followed by its translation in Italian. Lastly, the sixth chapter describes the methodology and the resources used in the translation process and presents a commentary on the main translation difficulties and strategies.
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Graziano, D. "TRIBUNALE UNIFICATO DEI BREVETTI E BREVETTO EUROPEO CON EFFETTO UNITARIO: GIURISDIZIONE E LEGGE APPLICABILE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/465742.

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Abstract:
Tribunale unificato dei brevetti e brevetto europeo con effetto unitario: giurisdizione e legge applicabile. Oggetto del presente elaborato è il pacchetto normativo costituito dall’accordo internazionale n. 2013/C 175/01 sul tribunale unificato dei brevetti, dal regolamento UE n. 542/14, che ha modificato il regolamento n. 1215/12 (c.d. Bruxelles I-bis) e dai regolamenti UE n. 1257/12 e n. 1260/12 sul brevetto europeo con effetto unitario e sul relativo regime di traduzione; con specifico riferimento alle tematiche della giurisdizione del tribunale unificato e della legge applicabile. Si tratta di due temi tradizionali in materia di tutela interstatale dei diritti, che tuttavia assumono nell’ambito della nuova regolamentazione connotati del tutto innovativi ed originali, funzionali ad assicurare una protezione uniforme delle invenzioni in Europa. La riforma introduce un titolo brevettuale con effetto unitario (peraltro limitato ad alcuni soltanto degli Stati dell’Unione europea) e realizza una maggiore uniformità anche rispetto agli esistenti brevetti europei senza effetto unitario. L’uniformità viene realizzata sul piano giurisdizionale rimettendo una porzione prevalente del contenzioso alla cognizione esclusiva di un tribunale unificato. Alle autorità nazionali degli Stati aderenti all’accordo rimane una competenza solo residuale, che attiene principalmente alla materia contrattuale, agli aspetti proprietari, e alla reazione agli abusi del titolare del brevetto. Oltretutto la riforma, modificando il regolamento Bruxelles I-bis, attribuisce al tribunale unificato dei brevetti una giurisdizione estesa potenzialmente anche al di fuori dei confini degli Stati aderenti all’accordo istitutivo del tribunale medesimo. Anche sul binario della legge applicabile il pacchetto realizza una maggiore uniformità di trattamento, assoggettando il brevetto europeo con effetto unitario e il brevetto europeo senza effetto unitario a una disciplina uniforme degli effetti e delle limitazioni del diritto di brevetto, che va ad aggiungersi alle norme uniformi in materia di validità e di interpretazione del brevetto previste dalla CBE. La riforma lascia ancora tuttavia diversi spazi alla legislazione nazionale, in relazione alla tutela della domanda, alle invenzioni dei dipendenti e su commessa, agli aspetti proprietari del brevetto, ai diritti di preuso, alle licenze obbligatorie, alla disciplina del concorso e della responsabilità solidale (che non assurgano a contraffazione indiretta), nonché alla tutela penale. Il pacchetto normativo realizza dunque un passo in avanti rilevante rispetto al passato per il brevetto europeo senza effetto unitario, mentre a confronto il passo appare scarso per il brevetto europeo con effetto unitario, a causa della porzione probabilmente eccessiva di disciplina e di giurisdizione lasciate per quest’ultimo alla dimensione nazionale. Terminato il periodo transitorio, la scelta tra i due titoli sembra dunque essenzialmente rimessa a una comparazione dei costi, rapportata ai territori di interesse per la tutela brevettuale. Occorre peraltro notare che il referendum inglese sulla Brexit ha gettato un’ombra di incertezza sul futuro del pacchetto: sulla base del testo attuale, l’accordo non consente la partecipazione del Regno Unito al sistema dopo il recesso dall’UE, ma il Regno Unito ha dichiarato di voler comunque aderire. La possibilità di modificare l’accordo in modo da aprirsi all’adesione di Stati non europei o comunque di consentire la permanenza in esso di Stati che perdano la qualifica di Stato membro dell’UE pone seri dubbi di compatibilità con i Trattati istitutivi alla luce del parere n. 1/09 della Corte di giustizia, rispetto al quale tuttavia le opinioni non sono concordi. Non è neppure scontato che una volontà politica in tal senso sussista in capo a tutte le parti in gioco. Il futuro del brevetto con effetto unitario e del tribunale unificato è quindi ancora incerto.
Unified Patent Court and European Patent with unitary effect: jurisdiction and applicable law. This study examines the “UP-UPC package” (agreement no. 2013/C 175/01 on the unified patent court, EU Reg. no. 542/14, which amended EU reg. no. 1215/12 Bruxelles I-bis, and EU Reg. no. 1257/12 and no. 1260/12 on the european patent with unitary effect); with regard to jurisdiction and applicable law, both relevant matters in the light of pursuing a more uniform protection of inventions in Europe. Uniformity is pursued by the package for both the european patent with unitary effect and the already existing european patent without unitary effect, by devolving most portion of litigation to the exclusive competence of the unified patent court. National courts’ competence will thus become residual, mainly referring to contract law, proprietary aspects, and patent holder’s abuse. Furthermore, by amending EU Reg. Bruxelles I-bis, the package confers to the unified patent court a long-arm jurisdiction potentially extended over the territories of countries which are not part of the UPC agreement. With regard to applicable law, the package introduces some uniform rules (applicable not only to european patent with unitary effect, but also to the “traditional” european patent without unitary effect) regarding patent infringement and limitations, which add to the unirofm rules on patent validty and interpretation set forth by the EPC widely extending the scope of the uniform protection. Many areas however will continue to be regulated by national laws, more specifically the matters related to patent application’s enforcement, employees’ inventions, proprietary aspects, prior use, compulsory licenses, joint liability and criminal sanctions. In the light of the above, it appears that the package achieves a sensitive improvement for the european patent without unitary effect, in terms of uniformity of protection. On the other hand, the step forward seems quite limited with regard to the european patent with unitary effect, as too many areas will be left to national law and jurisdiction. Under the new regulation, the protection granted by “old” european patents without unitary effect will not be much different than that assured by “new” patents with unitary effect. Therefore, after the expiration of the transitory period, the patentees’ choice between the two option will essentially depend on a comparison of costs taking into consideration the territories where they seek protection. It is to be noted that entry into force of the package is still at risk after the UK referendum on Brexit. The UPC agreement (at least, the version currently under ratification) prevents non-EU countries from joining the package, but notwistanding this circumstance, the UK Government recently announced that the UK will ratify the UPC agreement. Wether the agreement can be amended in that non-EU countries can be part of it, or in that previous EU countries can continue to be part of it, is a disputed matter, as the Court of Justice stated in opinion n. 1/09 that the previous version of the agreement (which was open to non-EU countries participation) was not compliant with EU treaties. This interpretation of op. 1/09 is not shared by all, and the matter is still unclear. Moreover, it is not clear if there would event be the necessary consensus among the member states to such amendment of the agreement. The future of the UP-UPC package is therefore still uncertain.
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FORTI, MIRKO. "La tutela dei diritti fondamentali nel contesto cibernetico. Profili di diritto interno, internazionale e dell'Unione europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1006960.

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Abstract:
The main goal of this research is to define a complete human rights framework which could be relevant in the context of cyberspace, therefore to analyze how this kind of rights are enforced and protected under European Union law. Furthermore, my thesis would like to underline any deficit of the European legislation in this respect, thus proposing any improvements to guarantee effective enforcement of the human rights framework in the context of cyberspace. The first part of the thesis aims to address a preliminary issue, namely what is cyberspace and how this new ‘environment’ can be defined. Furthermore, to evaluate the actual human rights enforcement in this context, it is necessary to answer a very important question: what rules should govern cyberspace? In other words, the thesis intends to analyze the topic of cyber governance, with the purpose of individuating what entities can establish their rules over this new domain. The second introduces the several human rights relevant into the cyberspace, proposing also a complete analysis of each one of them, to evaluate their effectiveness and enforcement.
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Olivieri, Matteo Fulvio. "La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3425320.

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Abstract:
The research traces the history of the activities of the tyrants and of the major aristocratic families of Athens on the international level, from the end of the VII to the early V century B.C. Examined are both the private sphere, thus international initiatives and contacts of interpersonal and familial nature, and the public sphere, that is the conduction of the foreign policy and interstate diplomacy of Athens under the influence of the tyranny. The analysis centers upon the position and motives both of the tyrants as well as of each non-Athenian counterpart involved in the contacts: in this way a depiction the international alliance networks, areas of interest and centers of influence takes form, essentially providing a history a case in point for the international system of archaic age Greece. In the most ancient tyrannical attempt by Cylon and later in the early activities of Peisistratus we may identify instances of the clash between Athens and Megara for control over the island of Salamis. The first attestations relative to Peisistratus reveal the network of international private contacts and initiatives that ensured his power in Athens; the tyranny of Peisistratus is attributed with a maritime strategy directed Athens towards control of the Cyclades and the Hellespont. After the death of his father in 528/7 B.C. Hippias was involved in the changes and hegemonic attempts that took place within the interstate regional system of Attica, Boeotia and Thessaly. From the second last decade of the VI century B.C. hostility between the tyrant and the Athenian aristocracy came to a critical phase: then the respective personal alliance networks of the Peisistratids and of their opponents, the Alcmaeonids, were activated; in this context emerges the functional character of the traditional relations between the Alcmaeonids and the Panhellenic sanctuary of Delphi. The research furthermore traces the history of the tyranny held in the Thracian Chersonese by the Athenian aristocratic family of the Philaids. Between these and the Peisistratid tyrants there was an interfamily agreement aimed at safekeeping the international strategic interests of Athens in accessing navigation of the Hellespont. The final part of the chronological sequence examines the expansion of the Persian Empire in Europe that revolutionized the assents of international power: the Philaids reacted by assuming an anti-Persian policy; differently the Peisistratids gradually associated themselves to Persia. The conclusions encourage contemplating the undetermined nature of the distinction between public and private sphere in the tyrants’ activities; a logn term historical perspective finally unlocks a discussion over the possibility of identifying phenomena of continuity binding the objectives pursued by the tyranny and the international strategic interests of democratic Athens in the following V century B.C.
La ricerca traccia la storia delle attività sul piano internazionale dei tiranni e delle principali famiglie aristocratiche di Atene, dalla fine del VII all’inizio del V secolo a.C. Prese in esame sono sia la sfera privata, ovvero le iniziative e i contatti internazionali di natura interpersonale e familiare, sia la sfera pubblica, ovvero la conduzione della politica estera e della diplomazia interstatale di Atene sotto l’influenza della tirannide. L’analisi verifica la posizione e i moventi tanto dei tiranni, quanto di ogni controparte non-ateniese coinvolta nei contatti: emerge così un quadro delle reti di alleanze, degli ambiti d’interesse e dei centri di potere internazionali, dunque una campione significativo del sistema internazionale della Grecia arcaica. Nel più antico tentativo tirannico di Cilone e in seguito nelle prime attività di Pisistrato si identificano istanze della contesa fra Atene e Megara per il controllo di Salamina. Le prime attestazioni relative a Pisistrato rivelano la rete di contatti e iniziative familiari che gli assicurarono la presa del potere ad Atene; alla tirannide pisistratide si attribuisce una strategia marittima che indirizzò Atene verso il controllo delle Cicladi e dell’Ellesponto. Dopo la morte del padre nel 528/7 a.C. Ippia fu coinvolto nella gestione dei mutamenti e dei tentativi egemonici che interessarono il sistema interstatale e regionale dell’Attica, della Beozia e della Tessaglia. Nel penultimo decennio del VI secolo a.C. l’ostilità fra il tiranno e gli aristocratici ateniesi divenne critica: furono allora attivate le rispettive reti di alleanze personali dei Pisistratidi e degli Alcmeonidi loro avversari; in questa situazione emerge la funzionalità dei tradizionali rapporti fra gli Alcmeonidi e il santuario panellenico di Delfi. La ricerca ripercorre inoltre la storia della tirannide tenuta nel Chersoneso Tracico dalla famiglia aristocratica ateniese dei Filaidi. Fra questi e i tiranni pisistratidi esistette un’intesa interfamiliare volta alla tutela degli interessi strategici internazionali di Atene nell’accesso alla navigazione dell’Ellesponto. La parte finale della sequenza cronologica presa in esame è segnata dall’espansione dell’impero persiano in Europa che sconvolse gli assetti del potere internazionale: i Filaidi reagirono assumendo una posizione antipersiana; invece i Pisistratidi si associarono gradualmente alla Persia. Le conclusioni portano a riflettere sull’indeterminatezza della distinzione fra sfera pubblica e sfera privata nell’operato dei tiranni; in una prospettiva storica di lungo corso si apre infine una questione in merito all’individuazione di fenomeni di continuità fra gli obiettivi della tirannide e gli interessi strategici internazionali dell’Atene democratica nel successivo V secolo a.C.
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Volpin, Cristina. "Evidence and Proof in EU Competition Law: Between Public and Private Enforcement." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423677.

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Abstract:
This thesis identifies the major evidential issues of EU competition law enforcement and the principles and rules on proof followed by the CJEU and the national courts to solve them. Analising the case law, the thesis considers how the decisions of the Luxembourg Courts influence the evaluation of evidence of English and Italian judges, both in the public and the private enforcement. Chapter I, after clarifying which rules govern evidential issues before the different authorities, tackles the nature of evidence and criticises its characterisation according to the traditional substance-procedure dichotomy. Chapter II explores the reasons why a significant degree of convergence is reached, well beyond the effet utile standard, by the case law of the CJEU and that of the analysed countries (England/Wales and Italy). It also shows that the peculiarities of the enforcement of EU competition law and the crucial role played by evidence in this field are important factors promoting the process of convergence. In Chapter III, the analysis is extended to the gathering of evidence. In this phase, despite the diversity characterising the national administrative procedures, convergence is promoted, on the one hand, by the coordination mechanisms provided by EU law to foster the free movement of evidence and, on the other, by the fundamental rights standards that Member States are bound to follow. The conclusions show how, having been tested by means of judicial integration, the adoption of uniform rules of evidence in EU competition law, complementing Article 2 of Regulation (EC) 1/2003, is conceivable and desirable.
La tesi esamina vari aspetti relativi alla prova nel diritto europeo della concorrenza, riguardo ai quali principi e regole comuni vengono adottate sia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che dalle corti nazionali. Attraverso l’analisi delle decisioni in materia di concorrenza, la tesi considera l’influenza esercitata dalla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo sulla valutazione delle prove in due giurisdizioni nazionali, quella inglese e quella italiana, sia nel public che nel private enforcement. Il primo capitolo, dopo aver illustrato i regimi probatori applicati dalle diverse autorità, affronta il problema della natura della prova e propone una critica della tradizionale rigida distinzione tra profili sostanziali e procedurali. Il secondo capitolo esplora le ragioni per le quali un considerevole livello di convergenza viene raggiunto tra la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la giurisprudenza delle corti degli Stati membri analizzati, ben oltre il rispetto del principio dell’effetto utile. Secondo la ricostruzione riproposta, il ruolo cruciale giocato dalla prova in questo campo e le peculiarità del sistema europeo della concorrenza sono fattori determinanti nel processo di ravvicinamento delle discipline probatorie. Nel terzo capitolo, l’analisi si sofferma sull’acquisizione e formazione della prova. In fase di raccolta della prova, nonostante la diversità che caratterizza i procedimenti amministrativi nazionali, la convergenza è stimolata, da un lato, dagli strumenti europei che promuovono la libera circolazione della prova e, dall’altro, dalla tutela dei diritti fondamentali che gli Stati membri sono tenuti a rispettare. L’analisi porta a concludere che alcuni principi uniformi in tema di prova nel diritto europeo della concorrenza siano già osservati dai giudici nazionali e che un corpo di norme comuni dovrebbe essere adottato, ad integrazione della scarna disciplina della prova contenuta nel Regolamento (CE) 1/2003.
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YILDIRIM, AHMET CEMIL. "Equilibrio contrattuale nei Principi UNIDROIT e nel diritto turco." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/823.

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Abstract:
In questa tesi si esamina il principio dell’equilibrio contrattuale focalizzandosi su due sitemi: il sistema giuridico Turco ed i Principi UNIDROIT riguardanti Contratti Commerciali Internazionali [Principi, o Principi UNIDROIT]. Questa tesi è composta da tre capitoli principali. Nel primo capitolo, si analizza il percorso storico dell’evoluzione del principio dell’equilibrio contrattuale. Si comincia dal diritto musulmano classico e le disposizioni della Mecelle, in seguito si analizza l’evoluzione del detto principio nella tradizione romanistica fino alle codificazioni post-liberali. Nel secondo capitolo si studia le istituzioni relative all’equilibrio delle prestazioni al momento della conclusione del contratto, mentre nel terzo capitolo si analizza le istituzioni relative all’equilibrio delle prestazioni nella fase dell’adempimento. Nei capitoli due e tre, dopo di una panoramica sulle teorie generali delle istituzioni ed una breve disamina delle linee generali dei regolamenti rilevanti nel diritto comparato, si studia le codificazioni internazionali e la giurisprudenza arbitrale. In seguito, si studia le disposizioni dei Principi UNIDROIT in base ai parametri comparatistici. Questa metodologia ci permette di valutare meglio le disposizioni e la giurisprudenza relative al principio dell’equilibrio contrattuale nel contesto del diritto turco. I capitoli due e tre si concludano con analisi dettagliate dell’evoluzione e l’applicazione delle istituzioni relative al principio dell’equilibrio contrattuale nel diritto turco. La gran parte di queste analisi sono dedicate alla giurisprudenza turca con particolare riguardo ai periodi di crisi economiche quando le dette istutizioni si sono sviluppati di più. La metodologia della tesi non si basa solo all’ordine cronologico delle fasi della formazione de dell’adempimento del contratto, ma anche all’ordine cronologico dell’evoluzione del principio dell’equilibrio contrattuale. Il motivo perché si studia l’evoluzione del detto principio fino alle codificazioni post liberali nel primo capitolo è che le istituzioni relative all’equilibrio originario nel contesto delle codificazioni post liberali studiate nel secondo capitolo rappresentano il seguito di questo evoluzione. In conformità a questo ordino cronologico, le istituzioni relative all’equilibrio contrattuale nella fase dell’adempimento studiate nel terzo capitolo rappresentono un’ulteriore evoluzione del principio dell’equilibrio contrattuale. Nelle parti dedicate al diritto ed alla giurisprudenza turca ci si ritorna spesso alle istituzioni studiate nelle parti dedicate al diritto comparato ed al diritto del commercio internazionale che hanno avuto grande influenza sul diritto turco. Veniamo all’analisi più dettagliata dei tre capitoli principali: Nel primo capitolo si studia brevemente il principio dell’equilibrio delle prestazioni nel diritto musulmano classico e nella tradizione romanistica al fine di mostrare il parallelismo fra gli approcci di questi due. Questo principio è un principio fondamentale per entrambi i sistemi. Tuttavia, l’influenza del liberalismo dei XVIII e XIX secoli colpisce l’evoluzione del detto principio e nelle codificazioni dell’epoca, si trovano delle disposizioni che non solo negano questo principio ma anche lo contradicono. Una di queste codificazioni liberali è la Mecelle ottomana che porta gli articoli 165 e 356 che si staccano dal divieto del riba del diritto musulmano classico. Secondo questi articoli una sproporzione fra le prestazioni che non è eccessiva è leggittima in ogni caso; e una sproporzione eccessiva fra le prestazioni è anche legittima se non è unita al dolo. Sotto la luce delle condizioni politiche in cui la Mecelle è stata redatta, si spiega questa differenza fra il diritto musulmano classico e la Mecelle con l’influenza del liberalismo e del diritto francese. Nella seconda parte del primo capitolo dedicata all’evoluzione dell’equilibrio contrattuale nella tradizione romanistica si studiano in dettaglio gli effetti del pensiero liberale sulle codificazioni dell’epoca. Nel secondo capitolo si analizza innanzitutto le istituzioni relative allo squilibrio originario nelle codificazioni post liberali e lo svolgimento del detto principio nel diritto del commercio internazionale con particolare riguarda alle condizioni economiche e politiche del XX secolo. Nella parte dedicata all’articolo 3.10 dei Principi UNIDROIT intitolato “eccessivo squilibrio,” si sostiene la tesi che questo articolo rappresenta un’inclinazione verso la giustizia contrattuale emersa nel contesto del diritto del commercio internazionale negli ultimi decenni. Nella terza ed ultima parte del secondo capitolo si analizza la posizione del diritto turco nello squilibrio originario e l’istituzione del gabin con particolare riguarda alla giurisprudenza recente. Sebbene l’articolo 21 del Codice delle Obbligazioni [C.O.] turco sulla materia sia mutuato dal C.O. svizzero del 1911, non si studia il diritto svizzero sotto un diverso capitolo per due motivi: primo, per evitare la ripetizione degli ordinamenti che sono uguali, e secondo, per accentuare le differenze fra il diritto turco ed il diritto svizzero piuttosto che le assomiglianze. Al fine di poter fornire una lettura più approfondita della comparazione fra il diritto svizzero ed il diritto turco si esaminano in questa parte i punti in cui questi due si staccano. Sebbene le disposizioni sullo squilibrio originario del diritto svizzero e del diritto turco siano uguali, l’applicazione dell’articolo 21 del C.O. è molto differente nella giurisprudenza turca. Questo articolo richiede un elemento oggettivo (la sproporzione evidente fra le prestazioni) ed uno degli elementi soggettivi (lo stato di necessità, la leggerezza o l’inesperienza della parte svantaggiata) per riconoscere il diritto alla rescissione. Le differenze fra il diritto turco ed il diritto svizzero emergono negli elementi soggettivi: innanzitutto, secondo il diritto turco due di questi elementi soggettivi, la leggerezza e l’inesperienza, non si applicano alle transazioni commerciali. La ragione di ciò è che, differendo dal diritto svizzero, il diritto turco fa una distinzione fra le transazioni civili e quelle commerciali. Secondo l’articolo 20 del Codice Commerciale turco [C.C.T.] che è mutuato dal Codice Commerciale tedesco, “[o]gni commerciante deve trattare come un commerciante avveduto negli affari del suo ramo.” Perciò, nel diritto turco, un commerciante non può eccepire la sua leggerezza o la sua inesperienza per rescindere il contratto. La seconda differenza fra il diritto turco ed il diritto svizzero è che la giurisprudenza turca ha portato un altro elemento soggettivo che è “la volontà di approfittare della deficienza dell’altra parte.” Queste differenze del diritto turco l’hanno portato ad una posizione più rigida nell’applicazione dell’articolo 21 del C.O. rispetto a quella del diritto svizzero. I limiti di questa rigidità sembrano essere superati dalla giurisprudenza nei periodi di crisi economiche, ed in particolare nella crisi economica e finanziaria del 2001. Con l’influenza della crisi politica del 21 Febbraio 2001, c’era stata una svalutazione della lira turca e gli interessi overnight delle banche avevano raggiunto il 199% in una notte. Le banche avevano accresciuto gli interessi a causa della mancanza di liquidità; però non avevano abbastanza risorse per pagare questi interessi, e i loro debiti erano garantiti dallo stato. All’inizio degli anni 2000, tantissimi procedimenti erano stati avviati contro le banche che non avevano potuto pagare gli interessi promessi. In questi procedimenti le banche avevano rilevato che quando avevano promesso questi interessi, erano in una situazione di stato di necessità a causa della mancanza di liquidità, e perciò gli interessi promessi costituivano gabin nel senso dell’articolo 21 del C.O. La Corte di Cassazione turca ha adottato questa interpretazione espansiva dello “stato di necessità” per riconoscere il diritto alla rescissione delle banche e si è formata una giurisprudenza su questa interpretazione. Il secondo capitolo si conclude con uno studio di questa giurisprudenza e della disposizione del progetto per il nuovo C.O. relativa allo squilibrio originario che è stata redatta sotto la luce della giurisprudenza formata nel periodo di crisi economica. Il terzo ed ultimo capitolo inizia con uno studio della teoria generale delle istituzioni relative allo squilibrio sopravvenuto. Questo capitolo è più esplicativo rispetto al secondo capitolo perché si tratta delle istituzioni emerse nel XX secolo e che sono ancora in fieri. Sebbene ci siano già alcuni studi comparatistici sulla materia, i recenti sviluppi facevano sentire la mancanza di uno studio più aggiornato, che include anche la riforma del 2001 del Codice Civile Tedesco, le modificazioni nella versione 2004 dei Principi UNIDROIT, la giurisprudenza arbitrale e la giurisprudenza turca. Nella parte dedicata alle dottrine turche riguardanti lo squilibrio sopravvenuto si studia, innanzitutto, l’influenza del diritto e della giurisprudenza tedesca. Questa influenza si basa piuttosto sui motivi storici; però, anche il fatto che non ci sia nessuna disposizione generale sullo squilibrio sopravvenuto nei codici svizzero e turco ha costretto la giurisprudenza turca a riferirsi alla dottrina tedesca del Wegfall der Geschäftsgrundlage. Questa dottrina, chiamata işlem temelinin çökmesi in turco, è la dottrina che la giurisprudenza turca utilizza più spesso. Tuttavia la giurisprudenza turca ha seguito anche il modello della giurisprudenza svizzera che utilizza le istituzioni più generali come quella del rebus sic stantibus o della buona fede per riconoscere un rimedio nei casi di squilibrio sopravvenuto nella mancanza di una disposizione generale sulla materia. Ciò ha portato ad un’ applicazione della teoria oggettiva, che si focalizza sull’equilibrio delle prestazioni, con riferimento alla teoria soggettiva del Wegfall der Geschäftsgrundlage, che si focalizza invece sulle presupposizioni delle parti al momento della stipula del contratto. L’unica disposizione nei codici svizzero e turco relativa allo squilibrio sopravvenuto è il secondo paragrafo dell’articolo 365 C.O. (art. 373 C.O. svizzero), che è una disposizione specifica ai contratti d’appalto. Differendo dalla giurisprudenza svizzera, la giurisprudenza turca non applica questa disposizione agli altri tipi di contratto tramite l’analogia. Un’altra differenza fra le posizioni delle giurisprudenze svizzera e turca è che la giurisprudenza turca richiede delle condizioni più stringenti per applicare questo paragrafo a causa dell’influenza dell’articolo 20 C.C.T. Tuttavia il fatto che le crisi economiche del 1994 e del 2001 abbiano colpito l’equilibrio di molti contratti a lunga durata ha costretto la Corte di Cassazione turca a prendere una posizione più moderata. Per questo motivo, la Corte di Cassazione ha utilizzato l’istituzione del uyarlama (adattamento) in particolare nei contratti di locazione e di credito riferendo a questo rimedio come un principio, riferendosi anche alle altre dottrine nel diritto comparato. Nella parte dedicata alla giurisprudenza turca si studiano in dettaglio le decisioni della Corte di Cassazione relative ai contratti di locazione e di credito, e si osserva che la giurisprudenza turca ha preso di nuovo una posizione rigida nell’applicazione delle dottrine relative allo squilibrio sopravvenuto dal 2003 a causa della stabilità raggiunta dal quadro macroeconomico. Questa parte si conclude con lo studio della disposizione dell’articolo 137 del progetto per il nuovo C.O., che regola lo squilibrio sopravvenuto. Questo articolo è stato ispirato dal nuovo paragrafo 313 del Codice Civile tedesco e porterà il diritto turco un passo più vicino ai Principi UNIDROIT. Quando questo progetto sarà codificato, questa disposizione sarà il primo articolo generale sullo squilibrio sopravvenuto nel diritto turco. La tesi si conclude con l’osservazione che il principio dell’equilibrio contrattuale è sempre stato uno dei principi più fondamentali in entrambe le tradizioni giuridiche musulmana e romanistica e ad entrambi il livello nazionale ed il livello transnazionale e si sottolinea l’importanza del detto principio in particolare nei periodi di crisi economiche.
In this thesis the principle of contractual equilibrium is studied, focusing on two legal systems: Turkish legal system and the UNIDROIT Principles of International Commercial Contracts [hereafter refereed as Principles or UNIDROIT Principles]. This thesis is composed of three principal chapters. In the first chapter, the story of evolution of the principle of contractual equilibrium is examined. It starts from classical Islamic Law and the relevant articles of the Mecelle, and continues with the analysis of the evolution of this principle in the roman tradition, until post liberal codifications. In the second chapter, institutions relating to the equilibrium of undertakings at the moment of the conclusion of the contract are studied; whereas in the third chapter institutions relating to the equilibrium of undertakings in the performance phase of the contract are analysed. In the second and third chapters after providing a general overview of the institutions and a brief presentation of the general lines of the relevant regulations in comparative law, international codifications and arbitral case-law are examined. In the following, the provisions of the UNIDROIT Principles are studied on the basis of comparative analyses. This methodology allows us to better evaluate the provisions and the case-law regarding the principle of contractual equilibrium in the context of Turkish Law. The second and the third chapters are concluded with detailed analysis of the evolution and application of the institutions relating to the principle of contractual equilibrium in Turkish Law. Most part of these analyses is dedicated to Turkish case-law with particular regard to the periods of economic crisis when these institutions are most developed. The methodology of the thesis is not only based on the chronological order of the phases of the formation and performance of a contract, but also on the chronological order of the evolution of the principle of contractual equilibrium. The reason why the evolution of this principle is studied until post liberal codifications in the first chapter is that the institutions relating to the original equilibrium in the context of post liberal codifications studied in the second chapter represent the continuation of this evolution. In conformity with this chronological order, the institutions relating to the contractual equilibrium in the performance phase studied in the third chapter represent a further evolution of the principle of contractual equilibrium. In the parts dedicated to Turkish law and case-law, the institutions studied in the parts dedicated to comparative law and international commercial law which had great influence on Turkish Law are often referred. Now let us come to a more detailed analysis of the three principal chapters: In the first chapter the principle of equilibrium of undertakings is briefly studied under Islamic Law and Roman Law in order to show the parallelism between the approaches of these two traditions. This principle is of fundamental character in both systems. However, the influence of liberalism in the 18th and 19th Centuries damaged the evolution of this principle and, as a result, we may find articles which not only deny this principle but also contradict it in the context of the codifications of the era. One of these liberal codifications is the Ottoman Mecelle which brings provisions of the articles 165 and 356 detaching from the classical Islamic Law’s rule of riba. According to these articles, a disparity between the undertakings which is not excessive is always legitimate; moreover, an excessive disparity is also legitimate if not combined with fraud. In the light of the political conditions in which the Mecelle was drafted, this difference between classical Islamic Law and the Mecelle is explained by the influence of liberalism and of French Law. In the second sub-chapter of the first chapter dedicated to the evolution of the principle of contractual equilibrium in the Roman tradition, the impacts of the liberal thought on the codifications of the era are studied in detail. In the second chapter, first, the institutions relating to the original equilibrium in post liberal codifications and the development of the said principle in international commercial law are studied with particular regard to the economical and political conditions of the 20th Century. In the sub-section dedicated to the article 3.10 of the UNIDROIT Principles titled “gross disparity,” it is maintained that this article reflects a sensibility towards contractual justice that emerged in the context of international commercial law in the last decades. In the third and the last sub-chapter of the second chapter, the position of Turkish Law in respect of original equilibrium and the institution of gabin are analyzed with particular regard to recent case-law. Although the article 21 of the Turkish Code of Obligations [C.O.] which regulates this subject was adopted from the Swiss C.O. of 1911, the latter is not studied in a different section for two reasons: first, in order to avoid repetition of the study of provisions which are identical; and second, in order to emphasize the differences between Turkish Law and Swiss Law rather than the similarities. For providing a more comprehensive study of the comparison between Turkish Law and Swiss Law, the points in which they differ are examined in this sub-chapter. Although the provisions regarding the original equilibrium are identical in Turkish and Swiss laws, application of the article 21 of C.O. is very different in Turkish case-law. This article requires an objective element (an evident disparity between undertakings) and one of the subjective elements (distressed situation, improvidence or inexperience of the disadvantaged party) for allowing rescission. The differences between Turkish Law and Swiss Law emerge in subjective elements: first of all, according to Turkish Law two of these elements, improvidence and inexperience are not applicable to commercial transactions. The reason of this that, differing from Swiss Law, Turkish Law makes a distinction between civil transactions and commercial ones. According to the article 20 of the Turkish Commercial Code [T.C.C.] which was adopted from the German Commercial Code, “[e]very businessman shall behave as a foresighted businessman in his affairs.” For this reason, in Turkish Law, a merchant party cannot rely on his own improvidence or inexperience to rescind the contract. The second difference between Turkish Law and Swiss Law is that Turkish judiciary brought another subjective element which is “the conscience of benefiting from the weakness of the other party.” These differences of Turkish law brought it to a more rigid position in the application of the article 21 of the C.O. than the position of Swiss Law. The limits of this rigidity seem to be outrun by the judiciary in periods of economic crisis, in particular, in the economical and financial crisis of 2001. With the influence of the political crisis of 21 February 2001, devaluation in the Turkish Lira had taken place and overnight interests had reached 199% in a night. Banks had increased the interests because of the lack of liquidity; but they did not have enough resources to pay these interests, and their debts were guaranteed by the State. At the beginning of 2000’s, many actions were brought against the banks which could not pay the interests that they had promised. In these actions the banks had revealed that when they promised these interests they were in a distressed situation, and thus, the promised interests constituted gabin in the sense of article 21 C.O. Turkish High Court affirmed this expansive interpretation of “distressed situation” in order to enable the banks to rescind these contracts and a case-law is established on the grounds of this interpretation. The second chapter concludes with a study of this case-law and of the provision of the new draft C.O. regarding the original equilibrium which is drafted in the light of the case-law established in the period of economic crisis. The third -and the last- chapter starts with a study of general theory of the institutions regarding supervening disequilibrium. This chapter is more explanatory than the second chapter, because institutions which emerged in the 20th Century and which are still in evolution are studied. Although there were already some comparative studies on this issue, the recent developments had created a need for a more up-to-date study to include also the 2001 reform in the German Civil Code, the modifications in the 2004 edition of the UNIDROIT Principles, arbitral case-law and Turkish Law. This study is the most detailed study on the relevant provisions of the UNIDROIT Principles so far (Chapter 6.2.), and the first study which covers also the related case-law. In the sub-chapter dedicated to Turkish doctrines regarding supervening disequilibrium, first of all, the influence of German Law and case-law is studied. This influence is mainly based on historical reasons; but the fact that there is no any general provision regarding this issue in Turkish and Swiss codes has also leaded Turkish judiciary to use the German doctrine of Wegfall der Geschäftsgrundlage. This doctrine, called işlem temelinin çökmesi in Turkish, is the most used doctrine regarding supervening disequilibrium in Turkish case-law. However, Turkish judiciary has also followed the model of Swiss judiciary which uses more general institutions such as rebus sic stantibus or good faith in order to give a remedy in the cases of supervening disequilibrium in the absence of a general provision on this issue. This brought to the application of the objective theory, which focuses on the equilibrium of undertakings, with reference to the subjective theory of Wegfall der Geschäftsgrundlage, which focuses, instead, on presumptions of the parties’ assumptions at the time of conclusion of the contract. The only provision in Turkish and Swiss codes regarding supervening disequilibrium is the second paragraph of the article 365 of the C.O. (art. 373 of the Swiss C.O.), which is a specific provision for construction contracts. Differing from Swiss case-law in Turkish case-law this provision is not applied to other types of contracts through analogy. Another difference between the approaches of Swiss and Turkish case laws is that Turkish courts require stricter conditions to apply this paragraph because of the influence of the article 20 of the T.C.C. However, the fact that the economic crises of 1994 and 2001 distorted equilibriums of many long term contracts constrained the Turkish High Court to take a more moderate position. For this reason, the Turkish High Court used the institution of uyarlama (adaptation) especially in letting contracts and in credit contracts, referring to this remedy as a principle, and referring also to other doctrines in comparative law. In the sub-chapter dedicated to Turkish case-law, decisions of the Turkish High Court regarding letting and credit contracts are studied in detail and it is observed that the Turkish judiciary took again a strict position in the application of the doctrines regarding supervening disequilibrium since 2003 because of the stability reached in macroeconomic terms. This chapter concludes with an analysis of the article 137 of the new draft C.O. which regulates supervening disequilibrium. This article is inspired from the new paragraph 313 of the German Civil Code and it will bring Turkish Law one step closer to the UNIDROIT Principles. When this draft will be enacted, this provision will be the first general provision on supervening disequilibrium in Turkish Law. The thesis concludes with the observation that the principle of contractual equilibrium has always been one of the most fundamental principles in both Islamic and Roman legal traditions and on both national and transnational levels; and the relevance of this principle in periods of economic crises is emphasized.
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MARICONDA, CLAUDIA GABRIELLA. "HUMAN RIGHTS AND LABOUR RIGHTS OBLIGATIONS OF MULTINATIONAL COMPANIES. PERSPECTIVES ON PRIVATE MILITARY AND SECURITY COMPANIES." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/11127.

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Abstract:
Lo studio si inserisce nel dibattito sul potere delle multinazionali e il rispetto dei diritti umani fondamentali e approfondisce i concetti di responsabilità sociale delle imprese (CSR) e della loro "accountability", inquadrando l'analisi nel contesto più ampio degli investimenti esteri diretti (FDI), con i relativi aspetti economici, tecnologici e sociali, nonché ambientali e politici. Si analizzano le norme internazionali in tema di rispetto dei diritti umani da parte delle aziende, ed i meccanismi legali per rendere le società "accountable", soprattutto in caso di complicità aziendali negli abusi perpetrati dagli Stati, anche attraverso la giurisprudenza dei tribunali penali internazionali e dei tribunali statunitensi. Viene data attenzione al settore della sicurezza, i.e. "Private Military and Security Companies" (PMSCs, interessato da notevole crescita negli ultimi decenni. Le PMSCs, impiegate da parte dei governi che esternalizzano una funzione tipicamente dello stato e da imprese e ONG attive in contesti difficili, hanno operato senza adeguato controllo. Le loro attività sollevano questioni su potenziali abusi dei diritti umani commessi dai propri dipendenti oltre che su violazioni dei diritti del lavoro subite dagli stessi. Le azioni ONU per portare le PMSCs fuori dalla 'zona legale grigia' in cui hanno operato vengono trattate insieme alle iniziative di autoregolamentazione.
The study, given the debate about the increasing power of corporations and the attempts to ensure their respect of fundamental human rights, deepens the concepts of corporate social responsibility (CSR) and corporate accountability, framing the analysis within the broader discourse of Foreign Direct Investment (FDI), with its economic, technological and social aspects as well as environmental and political issues. International standards in the area of corporations’ human rights obligations are analyzed in addition to legal mechanisms to hold corporations accountable, particularly for corporate complicity in human rights abuses by States, through the jurisprudence of international criminal tribunals and U.S. Courts. Special attention is given to the security sector, i.e. Private Military and Security Companies (PMSCs), interested in the last decades by a steady growth. PMSCs, increasingly contracted by governments willing to outsource a typical state function and by companies and NGOs active in difficult contexts, have been operating without proper supervision and accountability. PMSCs activities raise issues concerning potential human rights violations committed by their employees and labour rights abuses their employees might suffer themselves. UN actions aimed at bringing PMSCs out of the legal ‘grey zone’ where they have been operating are tackled alongside with self-regulatory initiatives.
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Cangemi, Vincenzo. "Le relazioni industriali nell'era della globalizzazione: gli accordi quadro transnazionali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3426307.

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Abstract:
The thesis concerns transnational company agreements (TCAs), a kind of private regulation which can respond to the governance deficit generated, at transnational level, by the economic globalization. The lack of a legal framework has produced some open questions in negotiating transnational company agreements, concerning the legitimacy of the signatory parties, the scope and the legal effects of these agreements. If we consider the Santi Romano’s institutionalist theory, we can explain transnational framework agreements as the structure of a private legal order created by management and labour to regulate working conditions in the multinational groups. In this scenario, based on arguments deduced by the analysis of the agreements that were signed during these years, the research tries to explain how unions and employers can introduce an autonomous legal framework negotiated by themselves, which can help to resolve the open issues already mentioned. In the first chapter, after a historical introduction, we analyse the principal aspects of international framework agreements (IFAs) and european framework agreements (EFAs): who are the involved actors, which are the reasons for signing transnational company agreements and which are the contents of the agreements. In the second chapter, we explain how transnational framework agreements can represent the structure of a private legal order by analysing agreements provisions that are related to the scope, to the implementation and to the settlement of disputes. Finally, in the third chapter, we analyse the nexus between unions’ internal procedures and transnational company agreements to suggest the adoption of an autonomous legal framework at sectoral level, trough signing a multilateral procedural agreement negotiated by management and trade union federations.
Oggetto della ricerca sono gli accordi quadro transnazionali (TCAs), quale forma di regolamentazione privata capace di rispondere al deficit di governance ingenerato, a livello transnazionale, dalla globalizzazione dell’economia. L’assenza di un quadro normativo di riferimento ha determinato una serie di problematiche nella negoziazione degli accordi transnazionali, relative all'individuazione dei soggetti legittimati a sottoscrivere l’accordo, all'ambito di applicazione, all'efficacia giuridica degli accordi. L’idea sviluppata nell'elaborato consiste in una rilettura degli accordi transnazionali alla luce della teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, qualificandoli come struttura di un ordinamento privato, creato dalla direzione della multinazionale e dai lavoratori, per regolamentare la condizione dei lavoratori all'interno del gruppo. In questo contesto, sulla base di argomenti tratti dall'analisi degli accordi sottoscritti in questi anni, viene proposta l’introduzione di un quadro giuridico autonomo settoriale negoziato dalle parti sociali, che possa contribuire a risolvere le questioni aperte riscontrate nella stipulazione di accordi transnazionali. Nel primo capitolo, dopo una breve ricostruzione storica, vengono analizzati gli aspetti principali degli international framework agreements (IFAs) e degli european framework agreements (EFAs): i soggetti firmatari; gli obiettivi perseguiti nelle negoziazioni dalle parti sociali; l’oggetto degli accordi. Nel secondo capitolo viene sviluppata la costruzione degli accordi transnazionali come sistema privato transnazionale attraverso l’esame delle clausole relative all'ambito di applicazione, all'implementazione e alla risoluzione delle controversie. Infine, nel terzo capitolo, si indaga il rapporto tra procedure sindacali e accordi transnazionali al fine di proporre l’adozione di un quadro autonomo di riferimento a livello settoriale per le negoziazioni transnazionali, attraverso la sottoscrizione, da parte delle multinazionali e delle federazioni sindacali, di un accordo multilaterale procedurale sul modello dei documenti sindacali.
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CASCARANO, APOLLONIA. "L'ordine pubblico economico tra progresso economico e sviluppo sociale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/65881.

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Abstract:
Nella ricerca si mostra l’esistenza di una dimensione costituzionale europea di principi e valori comprendenti la CEDU e le costituzioni statali fondanti la presenza di un ordine pubblico europeo evidenziando l’emersione di un sistema europeo costituzionale. La ricerca unisce elementi e sistemi per prospettare l’esistenza di un’integrazione europea a livello giuridico tutelando il cd. pluralismo giuridico europeo, dando risalto agli strumenti di identità degli ordinamenti, creando unione tra il processo di integrazione e la tutela del pluralismo ordinamentale, evidenziando la situazione di giuridicità non perfetta relativa alla tutela dei diritti fondamentali. Da qui il ricorso al concetto di ordine pubblico che afferma l’unità degli ordinamenti giuridici definendo il concetto di pluralismo costituzionale europeo con il mutuo riconoscimento e l’affermazione di una dimensione costituzionale. Tra il concetto di costituzione formale ed il concetto di costituzione reale, si preferisce il concetto di Verfassung, costituzione reale. Il concetto di ordine pubblico conserva e valorizza le diversità ed i conflitti e diviene il risultato del conflitto tra conservazione e promozione dei valori e principi fondamentali. Si inserisce il concetto di ordine pubblico economico come categoria variabile che segna la nascita di un nuovo diritto tendente a prevenire e regolare i conflitti sociali. L’ordine pubblico economico si oppone all’astrattezza delle vecchie disposizioni con una legislazione di categorie sociali dove il contratto è sottoposto a regole dettate dalla tipologia contrattuale ed dalla personalità delle parti. La novità concettuale che porta alla distinzione tra i due concetti di ordine pubblico ed ordine pubblico economico è la base statuale: distanziandosi dallo Stato liberale, il concetto di ordine pubblico economico si fonda nelle forme di Stato sociale dove il sociale giustifica l’intervento statale in economia divenendo nozione giuridica di politica economica e sociale. Il rapporto tra diritto ed economia appare importante per poter meglio capire la portata della categoria dell’ordine pubblico economico: si segnala la necessità di creare concezioni non astratte ma reali dell’ordinamento recuperando l’esperienza dei rapporti umani e il fenomeno della comunicazione interpersonale. La proposta di una teoria generale in ambito economico rileva le deficienze di un metodo astratto in unione alla necessità di una "nuova antropologia" su cui si basa il concetto sussidiario. La nuova antropologia valorizza l'autonomia e la capacità dei singoli figlia dello spontaneo autoregolarsi della persona umana. Da ciò deriva l'analisi del rapporto tra ordine economico e ordinamento giuridico: la naturalità delle norme sociali si unisce con il ruolo sussidiario delle istituzioni che sopperiscono alle deficienze dei regolamenti. Esiste una comunicazione tra soggetti tramite la quale si ridà centralità al concetto di comunicazione ipotizzando un ordinamento intersoggettivo, sul quale si basa l'intervento sussidiario delle istituzioni con funzione di orientamento per il benessere della vita comunitaria. Il nuovo concetto di ordine pubblico economico diventa categoria che media le interrelazioni tra i principi dell’ordinamento comunitario e le regole del mercato comunitario. Lo sviluppo economico ed il progresso sociale sono i due cardini fondamentali della categoria, tendente sempre ad un bilanciamento tra le due finalità, riconosciuti a livello europeo come valori fondamentali ed intrepretati dalla giurisprudenza della Corte come fondamentali per le sue decisioni. Si sottolinea la realizzazione del concetto in ambito comunitario, dove all’esigenza di protezione delle libertà economiche si è riusciti ad associare la tutela di altri valori. L’equilibrio per il raggiungimento dell’ordine pubblico economico manca in tante aeree del diritto internazionale dove è prevalente il concetto di free trade rispetto ai valori sociali e della persona umana.
The study shows the existence of an European constitutional dimension of values and principles including the CEDU and the national constitutions, establishing the presence of an European public order underlining the display of a constitutional European system. The research tries to prospect the existence of an European integration at juridical level, granting the European juridical pluralism, highlighting the identity of each system, unifying the process of integration and the defense of pluralism, showing a defective juridical situation related to the granting of fundamental rights. The study appeals to the concept of public order that states the unity of juridical systems defining the concept of European constitutional pluralism through the mutual acknowledgment and achievement of a constitutional dimension. Among both the concepts of formal constitution and real constitution, it is preferred that of Verfassung ,real constitution. The concept of public order retains and gives values to the differences and conflicts and becomes the result of the conflict between the retention and promotion of values and fundamental principles. It is added the concept of public economic order as a variable category that marks the beginning of a new law that prevents and settle social conflicts. The public economic order oppose the abstract nature of old orders through the legislation of social categories where the contract is subject to rules of contractual typology and to the legal entity of the parts. The conceptual innovation that brings to the distinction between the two concept of public order and public economic order is the statuale base : the concept of public economic order is based on the forms of social State where the social justifies the public intervention in economy, becoming a legal notion of political and social economy. The relationship between law and economy appears important to better understand the meaning of the category of public and economic order: it is marked the need to create real and non-abstract conceptions of the system and to recover the experience of human relationships and that of the interpersonal communication. The proposal of a general theory in an economic setting reveals the deficiencies of an abstract method together with the need of a “new anthropology” upon which the subsidiary concept is based. The new typology gives value to the autonomy and to the ability of the individual and it is consequence of the natural auto govern of the human person. An analysis of the relationship between the economic order and the juridical system follows: social rules join the subsidiary role of institutions that provide for the deficiencies of procedures. There is a communication between the two subjects through which the concept of communication gains importance, thus supposing a system upon which the subsidiary intervention of institutions that work for the welfare of community life is based. The new concept of public economic order becomes a category that mediate the interrelations among the principles of the Community system and the rules of the Community market. The economic development and the social progress are the two cornerstones of the category, always tending towards a balance between the two purposes , identified at European levels as fundamental values and interpreted from the law of the Court as basic for its decisions. It is underlined the fulfillment of the concept in the Community setting in which the need of defending economic freedom has been associated to the protection of other values. The balance for the achievement of the public economic order lacks in many areas of international law where the concept of free trade prevails over social values and human person.
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