Academic literature on the topic 'Insolvenza transfrontaliera'

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Dissertations / Theses on the topic "Insolvenza transfrontaliera"

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Pasini, Caterina <1982&gt. "Insolvenza transfrontaliera e giurisdizione: l'esperienza del regolamento (CE) n. 1346 del 2000." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5004/1/Pasini_Caterina_Tesi.pdf.

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Abstract:
L’elaborato è strutturato in quattro parti: la prima è dedicata all’inquadramento del background normativo. L’autrice affronta, con un approccio ricostruttivo, i precedenti alla redazione del regolamento e le difficoltà incontrate a causa delle resistenze degli Stati membri. Si sofferma altresì sulle norme UNCITRAL, anch’esse oggetto nel recente periodo, di numerose implementazioni. La seconda parte fotografa il ruolo della Corte di Giustizia nell’interpretazione del regolamento n. 1346/2000 ed individua i concetti fondamentali del regolamento: l’universalità attenuata, il campo di applicazione soggettivo del regolamento, la legge applicabile, il principio dell’automatico riconoscimento delle decisioni e la correlata tematica dell’ordine pubblico, nonché la figura del curatore. Si approfondisce l’attività degli Stati membri nel dotarsi di norme di coordinamento ( esemplare il caso della Spagna e della Germania) sottolineando il silenzio del legislatore italiano che, nonostante le numerose riforme in materia, a tutt’oggi non ha ideato un sistema in grado di coordinare la normativa nazionale con la struttura del regolamento europeo. Nella terza parte l'autrice approfondisce la giurisdizione nel regolamento n. 1346/2000. Si individuano le parole chiave: Comi e dipendenza, i cui significati sono sfumati seguendo le posizioni della Corte di Giustizia, (Leading Case Eurofood sino a Interedil) e si mette in discussione, nel panorama attuale, la tenuta di tali criteri giurisdizionali. Sempre intorno al concetto di Comi, si analizzano: la giurisdizione verso gruppi di imprese disciplina assente nel regolamento, i rapporti tra procedura principale e secondaria , la giurisdizione in materia di azioni connesse e/o correlate (Gourdain vs Nadler/Seagon vs Deko Marty). Il capitolo conclusivo offre una panoramica delle proposte finalizzate ad un’implementazione della struttura del regolamento sull’insolvenza. Numerose, infatti, sono le proposte a livello dottrinale e da parte degli organi comunitari in vista della scadenza del Report della Commissione Europea sulla applicazione del regolamento 1346 del 2000 (art. 46).
The paper is divided in four sections: the first part is focused on the E.U. regulatory frame work of cross-border insolvency. The author has approached the background that led to the E.C. regulation and the difficulties in achieving said drafting. The author also analysed the UNCITRAL rules, which have been recently strongly implemented. Second section deals with the role of the Court of Justice in the interpretation of Regulation no. 1346/2000 and identifies the main elements of the European Regulation (universality and territoriality, the subjective scope of the regulation, the applicable law, the principle of automatic recognition of decisions, the issue of public order and the role of the curator). The legislation of Member States that adopted standards in coordination with new global discipline have been studied: (see the case of Spain and Germany) It is pointed out the silence of the Italian legislator that, despite several recent reforms, still has not improved the National legislation with a system of rules complying with the European regulation. Third section relates to jurisdiction in the EC Regulation. The first part identifies the keywords provided by the E.U. Regulation: Comi and establishment, whose meanings are shaded according to the positions of Court of Justice (see Interedil and Eurofood). Following the analysis of case law, the author argues about the force, in the current scenario, of the jurisdictional criterion represented by the Comi and the issue of jurisdiction in respect of groups of companies, which have not been foreseen by the Regulation. Moreover, the author analyses the matter of jurisdiction of “related proceedings” (Leading case Gourdain vs. Nadler and Seagon vs. Deko Marty). Fourth section closes the paper with an overview of new proposals aimed at improving the structure of the Insolvency Regulation.
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Pasini, Caterina <1982&gt. "Insolvenza transfrontaliera e giurisdizione: l'esperienza del regolamento (CE) n. 1346 del 2000." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5004/.

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Abstract:
L’elaborato è strutturato in quattro parti: la prima è dedicata all’inquadramento del background normativo. L’autrice affronta, con un approccio ricostruttivo, i precedenti alla redazione del regolamento e le difficoltà incontrate a causa delle resistenze degli Stati membri. Si sofferma altresì sulle norme UNCITRAL, anch’esse oggetto nel recente periodo, di numerose implementazioni. La seconda parte fotografa il ruolo della Corte di Giustizia nell’interpretazione del regolamento n. 1346/2000 ed individua i concetti fondamentali del regolamento: l’universalità attenuata, il campo di applicazione soggettivo del regolamento, la legge applicabile, il principio dell’automatico riconoscimento delle decisioni e la correlata tematica dell’ordine pubblico, nonché la figura del curatore. Si approfondisce l’attività degli Stati membri nel dotarsi di norme di coordinamento ( esemplare il caso della Spagna e della Germania) sottolineando il silenzio del legislatore italiano che, nonostante le numerose riforme in materia, a tutt’oggi non ha ideato un sistema in grado di coordinare la normativa nazionale con la struttura del regolamento europeo. Nella terza parte l'autrice approfondisce la giurisdizione nel regolamento n. 1346/2000. Si individuano le parole chiave: Comi e dipendenza, i cui significati sono sfumati seguendo le posizioni della Corte di Giustizia, (Leading Case Eurofood sino a Interedil) e si mette in discussione, nel panorama attuale, la tenuta di tali criteri giurisdizionali. Sempre intorno al concetto di Comi, si analizzano: la giurisdizione verso gruppi di imprese disciplina assente nel regolamento, i rapporti tra procedura principale e secondaria , la giurisdizione in materia di azioni connesse e/o correlate (Gourdain vs Nadler/Seagon vs Deko Marty). Il capitolo conclusivo offre una panoramica delle proposte finalizzate ad un’implementazione della struttura del regolamento sull’insolvenza. Numerose, infatti, sono le proposte a livello dottrinale e da parte degli organi comunitari in vista della scadenza del Report della Commissione Europea sulla applicazione del regolamento 1346 del 2000 (art. 46).
The paper is divided in four sections: the first part is focused on the E.U. regulatory frame work of cross-border insolvency. The author has approached the background that led to the E.C. regulation and the difficulties in achieving said drafting. The author also analysed the UNCITRAL rules, which have been recently strongly implemented. Second section deals with the role of the Court of Justice in the interpretation of Regulation no. 1346/2000 and identifies the main elements of the European Regulation (universality and territoriality, the subjective scope of the regulation, the applicable law, the principle of automatic recognition of decisions, the issue of public order and the role of the curator). The legislation of Member States that adopted standards in coordination with new global discipline have been studied: (see the case of Spain and Germany) It is pointed out the silence of the Italian legislator that, despite several recent reforms, still has not improved the National legislation with a system of rules complying with the European regulation. Third section relates to jurisdiction in the EC Regulation. The first part identifies the keywords provided by the E.U. Regulation: Comi and establishment, whose meanings are shaded according to the positions of Court of Justice (see Interedil and Eurofood). Following the analysis of case law, the author argues about the force, in the current scenario, of the jurisdictional criterion represented by the Comi and the issue of jurisdiction in respect of groups of companies, which have not been foreseen by the Regulation. Moreover, the author analyses the matter of jurisdiction of “related proceedings” (Leading case Gourdain vs. Nadler and Seagon vs. Deko Marty). Fourth section closes the paper with an overview of new proposals aimed at improving the structure of the Insolvency Regulation.
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Scotto, Chiara. "Il centro degli interessi principali del debitore e il regolamento CE n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3500.

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Abstract:
2008/2009
Nell’elaborato di tesi è esaminato principalmente il “centro degli interessi principali del debitore” nel Reg. CE n. 1346/2000. Il COMI svolge diversi ruoli nell’economia del Regolamento: è il presupposto per l’applicazione del Regolamento, individua il foro della procedura c.d. principale, determina la legge materiale che si applicherà alla gran parte dei rapporti giuridici interessati. Esso costituisce pertanto il punto di vista privilegiato per approfondire le tematiche generali del Regolamento, nonché il banco di prova dell’efficienza dell’intero sistema del diritto comunitario dell’insolvenza. Il Capitolo I, di carattere introduttivo, è dedicato al tema della giurisdizione nella materia fallimentare. In esso si evidenzia la particolarità e la complessità giuridica e procedurale del procedimento concorsuale. Il fallimento si apre con la sentenza dichiarativa, ma non si risolve in una semplice pronuncia; esso sostanzia un’articolata esecuzione che coinvolge una serie di soggetti pubblici e privati e di rapporti giuridici attivi e passivi. Proprio per tale ragione la quaestio jurisdictionis riveste un ruolo centrale nell’ambito del diritto internazionale privato fallimentare. È poi sinteticamente affrontato un tema classico del fallimento internazionale, quello del dibattito dottrinale tra universalisti e territorialisti. Il principio di universalità è legato a una visione del patrimonio del debitore quale universitas. Secondo tale concezione il fallimento si estende a tutti i beni del fallito ovunque si trovino e a tutti i creditori indipendentemente dalla nazionalità. Il principio di territorialità si basa al contrario sul concetto che ogni Stato è una “unique legal entity”, ed assumono pertanto rilevanza i confini nazionali dell’ordinamento. Il dibattito è stato a lungo dominato dalle concezioni universaliste ma col tempo si è affermato il modello dell’universalità cd. “limitata”, limitata dalla possibilità di aprire procedure secondarie in uno Stato membro diverso da quello in cui è situato il COMI. Tale modello è quello accolto dal Reg. CE n. 1346/2000. Si procede poi a ricostruire il retroterra storico e concettuale del COMI, nonché i principali precedenti del COMI, (contenuti in Convenzioni e progetti di Convenzione sin dalla fine dell’800, nonché in alcuni ordinamenti interni), prestando particolare attenzione ai progetti elaborati in seno alla Comunità Europea. Rapidi cenni sono riservati all’ordinamento italiano. Il Capitolo II, affronta alcune tematiche di natura generale. Si introduce il Regolamento CE n. 1346/2000 e si forniscono delle indicazioni di metodo circa le modalità di interpretazione della nozione di COMI, sottolineandone la collocazione nel sistema del diritto internazionale privato comunitario, dando risalto al ruolo esegetico della Relazione Virgos-Schmit e al tema del valore interpretativo dei considerando (stante la collocazione della definizione normativa del COMI nel considerando n. 13 anziché nella norma dedicata alle definizioni, l’art. 2). Si affrontano poi dei temi riconducibili alla necessaria localizzazione intracomunitaria del COMI e ai rapporti tra la disciplina comunitaria e i paesi terzi. Una parte dell’indagine è dedicata ai possibili effetti extraterritoriali del Regolamento e un paragrafo al tema della materia fallimentare nelle relazioni esterne dell’Unione Europea, con particolare riferimento alle Convenzioni e agli atti che accolgono la nozione di COMI. Il Capitolo III è dedicato interamente alla nozione materiale di COMI, come descritta dal considerando n. 13. Esso definisce il COMI quale “il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei propri interessi”. Su tale scarna definizione si è sviluppata una ricchissima e assai creativa giurisprudenza di merito di cui si dà conto nel corso dell’analisi. L’elemento caratterizzante è la gestione di interessi che si deve configurare come abituale e pertanto riconoscibile dai terzi. Si tratta di elementi non facilmente conciliabili dato che essi devono rivestire un peso diverso nella valutazione dell’interprete. Ciò accade perché il valore da salvaguardare in primo luogo è la riconoscibilità da parte dei terzi. Un ulteriore elemento di complicazione è dato dal fatto che il COMI è per definizione modificabile, se non addirittura manipolabile dal debitore, essendo un criterio squisitamente fattuale. Numerose sono le questioni interpretative ancora irrisolte. La seconda parte del capitolo è dedicata più specificamente al COMI dei diversi soggetti debitori (persone fisiche, persone giuridiche ed enti in generale, gruppi di società) Particolare risalto è stato dato alle problematiche connesse con l’individuazione della sede statutaria e l’indagine è divenuta l’occasione per approfondire temi centrali del diritto internazionale privato comunitario, quali ad esempio il dibattito su sede reale e sede statutaria, la questione della scissione tra attività e sede sociale, il tema del trasferimento della sede e/o del COMI, il problema del forum shopping, le possibili interferenze tra la disciplina del Regolamento e le libertà di circolazione garantite dal Trattato. Il Capitolo IV è dedicato allo studio del sistema di competenza giurisdizionale. Il Regolamento prevede la possibilità di fallimenti secondari, che dovrebbero porsi come ancillari rispetto al procedimento principale e salvaguardare al tempo stesso gli interessi locali. Tali fallimenti secondari non presentano significative differenze rispetto al procedimento principale, essendo essi dei veri e propri procedimenti concorsuali, regolati da norme fallimentari locali, ancorché non necessariamente destinati ad esclusiva soddisfazione dei creditori locali. Nel Regolamento i criteri di competenza sono quindi due, uno avente carattere tendenzialmente universale e uno a carattere locale, limitato cioè al territorio dello Stato di apertura della procedura. Il criterio universale radica la competenza nello Stato in cui si trova il COMI. Il secondo titolo radica la competenza ad aprire una procedura secondaria in qualsiasi Stato in cui il debitore possiede una dipendenza. Dal punto di vista dei rapporti tra i due titoli di giurisdizione, si rinvengono nel Regolamento numerose norme che pongono le procedure – principale e secondarie - sullo stesso piano (ad esempio in materia di obblighi di collaborazione e informazione, o di reciproca insinuazione nel passivo). Tale genus di norme coesiste tuttavia con una serie di regole caratterizzate da un favor spiccato per la procedura principale. Si esamina poi il ruolo dei principali attori della giurisdizione, quello del curatore della procedura principale in particolare. Risalto è dato al tema della cooperazione tra i curatori e delle prassi che si stanno affermando, quali l’uso dei Protocolli o la cooperazione diretta tra le Corti. Si passa poi all’analisi delle norme sulle procedure territoriali, sia secondarie che indipendenti, e alla questione della c.d. vis attractiva concursus (con particolare attenzione per la revocatoria fallimentare). Si affrontano infine i temi ‘classici’ in materia di giurisdizione internazionale: la verifica della competenza; la necessità di qualificare la procedura; il momento determinativo della competenza; la disciplina dei conflitti positivi; la nozione di decisione di apertura di una procedura principale; il principio di poziorità e l’obbligo di riconoscimento automatico; la questione della contestazione della competenza del giudice di un altro Stato membro; i conflitti negativi; i rapporti tra il COMI e l’exceptio fori non convenientis; il ruolo dell’autonomia privata nel Reg. CE n. 1346/2000; il tema delle convenzioni di arbitrato; la giurisdizione per i provvedimenti conservativi. Dal punto di vista metodologico la struttura della ricerca è basata sull’analisi separata dei temi strettamente internazionalprivatistici e della ricostruzione materiale dell’istituto del COMI, ciò al fine di rendere il testo e il suo svolgimento maggiormente intelligibile e logicamente strutturato. Le conclusioni della ricerca vanno nella direzione della necessità di aggiornare alcune parti della disciplina, concepita nella sostanza quasi quarant’anni fa, per renderle conformi alle attuali esigenze della mobilità internazionale delle società e delle diffuse forme di aggregazione tra persone giuridiche. Un ulteriore punto nodale riguarda la necessità di conferire rilevanza normativa alle ‘nuove’ finalità che si sono affermate nella legislazione concorsuale degli Stati membri, e segnatamente le finalità risanatorie.
XXI Ciclo
1976
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LUNETTI, CHIARA TERESA MARIA. "ACTIONS DERIVING DIRECTLY FROM INSOLVENCY PROCEEDINGS AND CLOSELY LINKED WITH THEM UNDER REGULATION EU 848/2015 ON INSOLVENCY PROCEEDINGS." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2020. http://hdl.handle.net/2434/710018.

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Abstract:
La questione delle azioni individuali che derivano direttamente dal fallimento e ad esso ineriscono (nel seguito, c.d. “azioni ancillari”) nel contesto europeo è stata storicamente affrontata con riferimento all’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (la “Convenzione di Bruxelles”). In mancanza (all’epoca) di una disciplina comunitaria sull’insolvenza transfrontaliera, con la nota sentenza Gourdain, la CGE ha interpretato la nozione di azione ancillare sotto il prisma dell’esclusione relativa a “i fallimenti, i concordati e le procedure affini”, prevista dall’articolo 1(2)(2) della Convenzione di Bruxelles. È stato in quell’occasione che la Corte ha ritenuto che le azioni in qualche modo riferibili al fallimento sono escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles (oggi Regolamento Bruxelles Ibis) a condizione che esse derivino direttamente dal fallimento e si inseriscano stretta¬mente nell'ambito del procedimento concorsuale (così coniando quella che, negli anni, è stata definita la “Formula Gourdain”). Le incertezze interpretative derivanti da una formulazione così ambigua, allora riferita al solo ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, non venivano rimosse (e, anzi, forse erano acuite) dall’introduzione di una specifica disciplina relativa alle procedure di insolvenza. Ed infatti, il successivo Regolamento (CE) 1346/2000 (il “Regolamento Insolvenza”), da un lato conteneva una grave lacuna normativa, poiché nulla diceva in tema di giurisdizione sulle azioni ancillari e, dall’altro lato, anche laddove le menzionava (per fini diversi dalla giurisdizione), si limitava a riprodurre la Formula Gourdain. Il nebuloso quadro normativo appena descritto è stato in parte chiarito dal Regolamento (UE) 2015/848 (il “Regolamento Recast”), che ha provveduto a rimediare alla predetta omissione, prevedendo espressamente la vis attractiva (dimezzata) europea, ai sensi della quale la competenza giurisdizionale sulle azioni ancillari spetta ai giudici dello Stato membro in cui è aperta la procedura. Se è stato così chiarito l’aspetto “dinamico”, relativo alla giurisdizione, resta, invece, parzialmente immutato il problema di una definizione autonoma di azione ancillare, i cui confini, anche nel Regolamento Recast, continuano ad essere delineati dalla Formula Gourdain. Indicazioni solo parziali possono trarsi dal Considerando 35 Regolamento Recast e, soprattutto, dalle pronunce della CGE, che pur consentendo, in parte, di avanzare una più definita sistematizzazione della nozione di azioni ancillari, rivelano sostanzialmente un orientamento ondivago, che non consente di rintracciare (ancora) un criterio generale, certo e condiviso sul punto. Si può allora ipotizzare che, ai fini della normativa europea, ancillari siano quelle azioni che sottendono una pretesa che sorge ex novo dal fallimento, il cui DNA, potremmo dire, è ontologicamente legato all’insolvenza. Si tratta di un numero assai ridotto di azioni quali (prevedibilmente) la revocatoria; le azioni di responsabilità nei confronti di organi della procedura, e le azioni che derivano dallo scioglimento dei contratti esercitato dal curatore per un’espressa previsione della legge concorsuale. Per contro, non sarebbero ancillari tutte le altre azioni rispetto a cui il fallimento si pone quale evento neutro (es. quelle che presentano con il fallimento un legame solo occasionale e quelle che preesistevano nel patrimonio del fallito). Permangono, tuttavia, notevoli dubbi rispetto a quelle azioni, collocabili in un’incerta twilght-zone, al confine tra il diritto civile, commerciale e il diritto fallimentare che, preesistenti al fallimento, sono in qualche misura influenzate dall’apertura di una procedura concorsuale. Nel solco di queste preliminari osservazioni, la tesi si ripropone di analizzare specificatamente il tema delle azioni ancillari nella disciplina europea, non solo indagandone gli aspetti processuali (in particolare, della giurisdizione), ma valutando anche una possibile individuazione di una nozione autonoma di azione ancillare e l’elaborazione di un catalogo di azioni che, pur nelle differenze proprie di ogni ordinamento nazionale, rivelino uno jus commune europaeum che consenta di inquadrarle nell’ambito di applicazione del Regolamento Recast.
Historically, the topic of individual actions directly deriving from and closely linked with insolvency proceedings (hereinafter referred to as “Annex Actions”) has been addressed in the European scenario with reference to the scope ratione materiae of the Brussels Convention dated 1968 on the jurisdiction, recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters (the “Brussels Convention”). In the absence (at that time) of Community rules on cross-border insolvencies, in the Gourdain judgment the ECJ interpreted the notion of Annex Actions under the prism of the exception relating to “bankruptcy, proceedings relating to the winding-up of insolvent companies or other legal persons, judicial arrangements, compositions and analogous proceedings”, set forth by Article 1(2)(2) Brussels Convention. It was on that occasion that the Court held that actions which are related to insolvency proceedings are excluded from the scope of the Brussels Convention (now the Brussels 1a Regulation), with the proviso that they derive directly from insolvency proceedings and are closely linked with them (thus coining what has been called, over the years, the “Gourdain Formula”). The interpretative uncertainties arising from such an ambiguous wording - at the time referring only to the scope of application of the Brussels Convention - were not removed (and possibly were even exacerbated) by the introduction of the European regime on insolvency proceedings. Indeed, the Regulation (EC) 1346/2000 (the “Insolvency Regulation”), on the one hand, revealed a serious regulatory gap, since it did not provide for a rule on the jurisdiction of Annex Actions and, on the other hand, even where it mentioned them (for purposes other than jurisdiction), it laconically restated the Gourdain Formula, with no further clarifications. The nebulous legislative framework described above has been partly clarified by Regulation (EU) 2015/848 (the “Recast Regulation”), which has remedied the aforementioned omission, expressly providing for the (halved) European vis attractiva concursus. According to that principle, the courts of the Member State in the territory of which insolvency proceedings are opened, are vested with the jurisdiction to hear and determine Annex Actions. The impact of the reform over the “dynamic” profile of the vis attractiva concursus must be positively assessed since it has dispelled many of the doubts concerning the allocation of jurisdiction on Annex Actions. Yet, the problem of the autonomous definition of Annex Actions remains partially unsolved, because also under the Recast Regulation, the contours of that concept continue to be defined by the vague Gourdain Formula. Only partial indications can be drawn from Recital 35 Recast Regulation and, above all, from the extensive case-law of the ECJ. The latter, however, allows only to some extent to draw a systematic notion of Annex Actions, as it substantially reveals a wavering orientation, which does not permit to trace (yet) a general criterion, certain and shared on this point. It is suggested that, for the purposes of the European legislation, Annex Actions are those actions underpinning a right or obligation which stems from the opening of insolvency proceedings, whose DNA, we might say, is ontologically linked to insolvency proceedings. They would count a very small number of actions such as (predictably) avoidance actions, liability actions against the trustee and other bodies of the procedure, and actions arising from the termination of contracts exercised by the trustee by virtue of the express powers conferred upon him by insolvency law. On the contrary, all other actions in respect of which the procedure is a neutral (legal) event should not be characterised as Annex Actions (e.g. actions that have only an occasional link with insolvency proceedings and those that existed in the legal sphere of the insolvent debtor prior to the opening of the procedure). However, considerable doubts remain with respect to the characterisation of some actions, which can be placed in an uncertain twilight-zone at the crossline between civil, commercial law and bankruptcy law. Although the legal foundation of those action exists even before insolvency proceedings, they prove to be affected by the opening of the procedure to such an extent that they may be considered as different actions. In the wake of these preliminary observations, the thesis aims to specifically analyse the topic of Annex Actions under the European regime of cross-border insolvencies. Not only it investigates the procedural aspects of the issue (in particular, the jurisdiction), but it also assesses whether it is possible to draw an autonomous notion of Annex Action and elaborate a catalogue of actions, which, despite the differences inherent in each national system, reveal a jus commune europaeum that allows to trace them back under the umbrella of the Recast Regulation.
La thèse intitulé « les actions qui découlent directement de la procédure d’insolvabilité et qui y sont étroitement liées dans le cadre du Règlement UE 2015/848 sur les procédures d'insolvabilité » se concentre sur les critères de détermination des juridictions compétentes en matière de litiges découlant de la procédure d’insolvabilité dans le contexte de procédures transfrontalières. Selon son Article 1(1)(b), les procédures d’insolvabilité sont exclues du Règlement (UE) n° 1215/2012 concernant la compétence judiciaire, la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile et commerciale (« Règlement Bruxelles ») et devraient relever du champ d’application du Règlement (UE) n° 848/2015 relatif aux procédures d’insolvabilité (« Règlement Refondu »). Pour cette raison, en principe, l’interprétation de deux susmentionnés Règlements devrait, autant que possible, combler les lacunes entre les deux instruments. Le texte du nouvel article 6 du Règlement Refondu prévoit désormais que les juridictions compétentes en vertu de son article 3 soient compétentes également pour toutes les actions qui découlent directement de la procédure d’insolvabilité et y sont étroitement liées. Toutefois, ce principe (appelé la vis attractiva concursus européenne), malgré quelques clarifications ont été fournies par la Cour de Justice, ne résoudre pas la question et l’interprétation du champ d’application du Règlement Refondu par rapport au Règlement Bruxelles est encore douteuse, car il y a encore beaucoup de zones grises dans l’interprétation de cette règle. L'objectif de la thèse est d'analyser quel type d'actions doit être considéré comme « découlant directement » et « étroitement lié » aux procédures d'insolvabilité, et d'analyser les cas où il est controversé de savoir si l'action doit entrer dans le champ d'application du Règlement Refondu plutôt que dans celui du Règlement Bruxelles.
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Blanc, Alexandre. "Les métamorphoses de la garantie des créances salariales." Thesis, Paris 2, 2016. http://www.theses.fr/2016PA020012.

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Abstract:
En période de crise économique, la question de la garantie de paiement du salaire se pose avec acuité en cas d’insolvabilité de l’employeur. En France, cette protection est assurée par un fonds de garantie géré par l’association pour la gestion du régime de garantie des créances des salariés Depuis sa création en 1974, l’AGS a subi d’importantes mutations : initialement conçue pour pallier les insuffisances d’une protection bâtie sur un système de privilèges, elle est désormais un « amortisseur social » pour les salariés de l’entreprise en difficulté. Paradoxalement, cette évolution est également source d’interrogations sur le devenir du fonds en raison de la différence considérable relevée entre le montant des avances consenties aux salariés et celui des remboursements. Le législateur et le juge ont contribué à la dégradation de sa situation en accréditant l’idée que l’AGS constitue un « employeur de substitution », et en suscitant, chez les salariés, le sentiment qu’elle n’est qu’un simple guichet de paiement des salaires. Assurer la pérennité du système de garantie des créances salariales, technique sui generis participant de l’intérêt général, est nécessaire mais risque, au fil des ans, de se révéler de plus en plus difficile si des mesures énergiques ne sont pas rapidement prises
In times of economic crises, guaranteeing the payment of wages in the event of insolvency on the part of an employer is a cructical issue. In France, this protection is provided by a national insolvency fund, the Association pour la Gestion du régime des garanties des créances des Salariés. Since its creation in 1974, the AGS has undergone significant changes. While it was originally designed to compensate the deficiencies of a protection built on a system of privileges, it has now become a “social buffer” against a payment default on wages for the employees of a company in difficulty. Paradoxically, this evolution has ushered in further questioning with regards to the future of the fund, due to the considerable disparity between the amounts of the advances granted to the employees and those amounts reimbursed to the fund. The legislator and the courts have both contributed to the degradation of its situation by giving credence to the idea that the AGS is a “substitute employer”, which yielded the impression, for the employees, that it was a mere cash-teller for the payment of salaries. Although it is necessary to ensure the durability of this protective system, as a sui generis contribution to the common good, it might prove more and more difficult, if drastic measures are not taken promptly to fix the system
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