Academic literature on the topic 'Ingiustizia'

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Journal articles on the topic "Ingiustizia"

1

Sago, Frane. "Dell' ingiustizia (De iniustitia): Posizione ontologica di legge secondo san Tommaso D'Aquino." Theoria, Beograd 48, no. 3-4 (2005): 95–107. http://dx.doi.org/10.2298/theo0504095s.

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Abstract:
(italijanski) Parlando sulli'idea della ingiustizia come una ordine categorica di legge e filosofia del diritto come la piu alta sintesi teoretica di legge Tommaso si designa ad un veramente a se stesso adequato discorso riguardando originalit? di un sistema scolastico e, sistematicamente e sostanziale filosoficarnente un discorso molto forte non soltanto riguardando teologia e filosofia ma naturalmente anche la legge e giuricit?, e poi questa idea ragiona, fa analisi e con i argomenti multiformi illustra in detagli tramite le forme di legge e relative domande e proposizioni fatte. Tomasse si ? avvicinato metodicamente e sostanzioso a questa idea categorica dell' ingiustizia, con molta cocezione e evidemente con le molte componente relevanti riguardando compatibilita dell'idea teologica, fisofica e teodiceana e cos? infatti l'idea giuridica nella categoria di determinazione di questa nozione di ingiustizia (De inustitia) si ? elevvata ad una istanza piu importante e molto sottile, una istanza "di valore fenomenale e ontologico" della percezione, di nozione e il sistema di definire questa idea in modo sistematico, perche ingiustizia si trova spesso esistendo nell sistema di legge e Tommaso l'ha giuridicamente e fenomenale riconosciuta come un fenomeno che tenga nascondere non etica nella legge riguardando tutti i valori che dobbiamo conoscere i eseguirli come quello fatto, cio' ? quella categoria che definisce in modo valoroso il punto di vista nella tutta la sua pienezza di "un essere d'esistenza" di legge.
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2

Bianchi, Claudia. "Linguaggio d’odio, autorità e ingiustizia discorsiva." Rivista di estetica, no. 64 (April 1, 2017): 18–34. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.2059.

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3

Refolo, Pietro, Simona Giardina, and Antonio G. Spagnolo. "Ingiustizia epistemica tra medicina e società. Annotazioni in tempi di pandemia." Medicina e Morale 71, no. 1 (April 14, 2022): 55–68. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2022.1199.

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Abstract:
Provvisorietà di ogni forma di conoscenza e ineliminabilità del soggetto dal discorso scientifico rappresentano due acquisizioni fondamentali e – si potrebbe forse dire – oramai indiscutibili, del modo di concepire la scienza nella contemporaneità. La Medicina ha faticato non poco a metabolizzare questi passaggi. Se, in riferimento al secondo aspetto, sono oggi ravvisabili tentavi tangibili di superare la discriminazione epistemica di cui il paziente è stato da sempre vittima, in riferimento al primo aspetto, l’uso disinvolto del concetto di “evidenza”, così come una inesatta interpretazione dei risultati che la c.d. “Evidence-based medicine” (EBM) è in grado di garantire rischiano di far di risorgere i “miti” del verificazionismo e dell’oggettivismo nella scienza. In questo “gioco” di potenziamento e depotenziamento a cui è sottoposta la prospettiva del paziente, va da sé che si possano generare contraddizioni, le stesse alla base di alcune lacerazioni oggi presenti nella società, come quelle che stanno riguardano la limitazione delle libertà individuali, l’obbligo del green pass, l’obbligo del vaccino, ecc. Obiettivo del presente del contributo è quello di svolgere una breve disanima del ruolo delle evidenze e della prospettiva del paziente nell’epistemologia medica. Il fine ultimo è quello di provare ad offrire qualche suggerimento per superare alcune delle contraddizioni che si sono venute a determinare.
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Turri, Giancristoforo. "Giustizia mite o ingiustizia. Come devono essere gli ascolti nel penale per risultare miti." MINORIGIUSTIZIA, no. 1 (March 2015): 74–82. http://dx.doi.org/10.3280/mg2015-001009.

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5

Zanelli, Enrico. "Diritto, economia e giustizia. Da Pindaro a Amartya Sen." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 1 (September 2010): 175–82. http://dx.doi.org/10.3280/ed2010-001007.

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Abstract:
Spostandosi dal campo dell'economia a quello della filosofia etica e del diritto, Amartya Sen ha recentemente pubblicato una trattazione di ampio respiro, pur se non del tutto sistematica, sulla presenza o l'assenza della giustizia nel mondo (The Idea of Justice, 2009, ora anche in italiano). Negli ultimi decenni era risultata dominante la costruzione di John Rawls, che Sen respinge come "trascendentale", perseguendo invece l'obiettivo - non tanto pragmatico quanto ideologico (in netta contrapposizione anche ai liberisti Dworkin e Nozick) - di una giustizia da realizzare caso per caso con la rimozione di ogni singola ingiustizia sociale dovuta essenzialmente alle discriminazioni ed agli squilibri tra societŕ avanzate e paesi emarginati, troppo stridenti nel quadro della globalizzazione. Ne risulta complessivamente quella che si potrebbe definire non tanto un'idea di giustizia quanto una "teoria dell'ingiustizia". Il presente articolo rappresenta un'ampia integrazione di alcuni passaggi ripresi dal volume Diritto, economia e forse giustizia (2010).
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6

Minerva, Laura. "Partecipazione popolare e progettazione urbana: il caso del quartiere Gallaratese di Milano (1965-1975)." STORIA IN LOMBARDIA, no. 1 (July 2021): 90–111. http://dx.doi.org/10.3280/sil2020-001004.

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Abstract:
L'articolo evidenzia l'importanza della partecipazione popolare nella pianificazione urbanistica del quartiere Gallaratese di Milano nel decennio 1965-1975, ricostruendo le diverse fasi del confronto politico tra i cittadini e gli enti istituzionali. Dalle prime associazioni a carattere spon-taneo sino alla definizione di un organismo strutturato quale il Comitato popolare di quartiere, le iniziative dei residenti si sono inserite all'interno delle complesse dinamiche di trasformazione della realtà urbana, assumendo un ruolo decisivo nel dibattito politico con l'Amministrazione comunale. Il coinvolgimento diretto dei soggetti sociali ha permesso un'evoluzione positiva della realta` territoriale del quartiere, in termini sia di qualita` dello spazio fisico sia di complessiva funzionalita` dello stesso, evitando la riproposizione del classico schema di emarginazione e ingiustizia sociale proprio della dicotomia centro-periferia. L'esperienza del Gallaratese e` la dimostrazione di come l'intervento dell'attore pubblico nel governare i processi di trasformazione del paesaggio urbano abbia maggiore efficacia quando lo stesso accetti di confrontarsi, o sia in qualche modo costretto a farlo, con gli altri attori interessati.
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Arcidiacono, Caterina, Fortuna Procentese, Agostino Carbone, Maria Grazia Cerasuolo, and Alfredo Natale. "Il modello ecologico come strumento di analisi di una comunitŕ di migranti in una realtŕ locale." PSICOLOGIA DI COMUNITA', no. 1 (September 2010): 41–52. http://dx.doi.org/10.3280/psc2010-001004.

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Abstract:
La ricerca ha voluto applicare il modello ecologico di Prilleltensky allo studio di una realtŕ locale. Lo scopo č stato individuare i fattori che caratterizzano la vita della comunitŕ di immigrati dell'agro aversano. La realtŕ presa in esame č San Marcellino, piccolo paese della periferia Casertana, terra di criminalitŕ, ingiustizia e immigrazione. Č in questo territorio che a trovare la propria dimora č la comunitŕ di musulmani maghrebini, che da anni risiede stabilmente in questi luoghi. Lo studio ha considerato molteplici livelli d'analisi, a partire da quello individuale a quello socio-ambientale, rintracciando i fattori promotori di benessere e all'opposto quelli di rischio. A tal fine, abbiamo utilizzato la Grounded Theory grazie alla quale siamo giunti a costruire teorie di riferimento a partire dalle interviste fornite dai partecipanti. Abbiamo poi considerato il ruolo del potere e della politica nell'informare il benessere di questa comunitŕ, rintracciando i fattori che ci permettono di analizzare questioni solitamente non indagate, come ad esempio, l'inaccessibilitŕ alle infrastrutture, una burocrazia rigida, assenza di tutele legislative. A fungere da supporto sociale č la presenza di associazioni di volontariato, e soprattutto, della moschea locale, luogo d'incontro, supporto e condivisione per eccellenza.
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8

Carrosio, Giovanni. "Ingiustizia ambientale nel bacino del Po: il conflitto tra il Polesine e la città di Milano per l'inquinamento delle acque." PARTECIPAZIONE E CONFLITTO, no. 1 (March 2013): 83–101. http://dx.doi.org/10.3280/paco2013-001005.

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9

Fermani, Arianna. "UN TENTATIVO DI ESPLORAZIONE DEI MOLTEPLICI NESSI DELLE NOZIONI ARISTOTELICHE DI GIUSTIZIA E INGIUSTIZIA, VIZIO E VIRTÙ, TRA PIANO ETICO E PIANO GIURIDICO." EDUCAÇÃO E FILOSOFIA 21, no. 41 (March 27, 2008): 169–211. http://dx.doi.org/10.14393/revedfil.v21n41a2007-259.

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Abstract:
Este artigo objetiva descobrir a multiplicidade de conexões entre justiça e virtude e entre injustiça e vício, bem como demonstrar como apenas o aceite da polivalência destas noções e a extrema adaptabilidade da relação entre elas permitem a co-existência nãocontradit ória da diferença e mesmo afirmações contrárias no interior do texto de Aristóteles. Por exemplo, é apenas usando todos os sentidos da noção de justiça que podemos entender como a afirmação segunda a qual o mesmo ato injusto, sob uma certa perspectiva, é vício, enquanto sob outra não é vício, é possível. Um complexo cenário, sublinhado pelo Estagirita, extremamante rico de articulações internas (que devem ser respeitadas contra cada tentativa de redução), que se torna ainda mais complicado pelo contínuo jogo de transposições e de comparações entre ética e legitimidade legal estabelecidas pelo Filósofo.
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Osti, Giorgio, and Luigi Pellizzoni. "Conflitti e ingiustizie ambientali nelle aree fragili. Una introduzione." PARTECIPAZIONE E CONFLITTO, no. 1 (March 2013): 5–13. http://dx.doi.org/10.3280/paco2013-001001.

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Dissertations / Theses on the topic "Ingiustizia"

1

DE, LAURI ANTONIO. "Ricostruzione e ingiustizia. Riflessioni antropologiche sulla rule of law e sul lavoro dei giudici a Kabul." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/7614.

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Abstract:
L'interesse principale di questo lavoro è quello di far emergere, da un lato, alcuni nodi problematici che riguardano l’analisi antropologica nel campo normativo (allocazione dei "confini giuridici", relazione tra modelli giuridici e pratiche normative, connessioni tra sistemi normativi e sistemi politici e culturali, frammentazione dell’idea di giustizia, congiunture tra modelli di giustizia autoctoni e allogeni, riesamina del rapporto tra universalismi e particolarismi in relazione alla sfera normativa) e, dall’altro lato, i significati e le implicazioni che l’attuale processo di ricostruzione giuridica e giudiziaria in Afghanistan comportano, con particolare attenzione alle possibilità concrete che gli afgani hanno di riparare le ingiustizie subite per mezzo del sistema della giustizia che gli stessi giudici incorporano.
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MOSCONI, GERMANA. "Una ricerca sui vissuti di giustizia e sulle pratiche educative a scuola: docenti e studenti di Scuola Superiore a confronto." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2016. http://hdl.handle.net/10281/131647.

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Abstract:
Quale significato assume il termine di giustizia in ambito scolastico? Quali sono le rappresentazioni di giustizia e di ingiustizia negli insegnanti e che rapporto intercorre tra queste ed il loro operato in classe? Come gli studenti descrivono l'effettivo comportamento degli insegnanti? Il tema della giustizia è stato affrontato in diverse discipline come la filosofia (Aristotele; Platone; Kant, 1781) la sociologia (Rawls, 1977; Boudon, 2002), la psicologia cognitiva (Piaget, 1932; Kohlberg, 1958) e solo di recente è diventato oggetto di studio in ambito pedagogico (Dalbert, 2006; Mikula, 2005; Chory Assad, 2002, 2007, 2013; Berti, Molinari, Speltini, 2010; Kanizsa, Garavaglia, Mosconi, 2013; Kanizsa, Mosconi, Garavaglia, 2014), con particolare riferimento agli studi sulla giustizia nelle organizzazioni (Greenberg, 1987, 1990; Cropanzano, 1993, 2001) che si sono in particolar modo focalizzati sulla distribuzione delle risorse in un'organizzazione (distributive justice), sulle modalità e procedure utilizzate a questo scopo (procedural justice) ed infine sulla qualità delle relazioni interpersonali tra coloro che vivono nel medesimo contesto (interactional justice). E' proprio a partire da questi studi che anche in ambito educativo è iniziata una riflessione sul significato che i termini di giustizia e di ingiustizia possono assumere. Obiettivo di questa ricerca è quello di far emergere le rappresentazioni di giustizia e di ingiustizia negli insegnanti della scuola secondaria di II grado ed il rapporto che intercorre tra queste ed il loro effettivo operato in classe (Festinger, 1992), con particolare riferimento alla teoria delle rappresentazioni sociali (Farr, Moscovici, 1989; Palmonari, Emiliani, 2009) e di verificare eventuali discrepanze tra le concezioni di giustizia negli insegnanti e quelle negli studenti. Per fare questo nell'anno scolastico 2014-2015 sono stati intervistati, utilizzando un'intervista con un basso livello di strutturazione (Trinchero, 2002), non direttiva ed in profondità (Kanizsa, 1993), 12 insegnanti di scuola superiore, appartenenti ad Istituti dislocati sul territorio di Milano e Provincia e che insegnano diverse materie (filosofia, lettere, diritto ed economia, matematica, scienze). Sono stati inoltre effettuati 6 focus group che hanno coinvolto un totale di 48 studenti appartenenti alle classi degli insegnanti intervistati. L'analisi dei dati è avvenuta utilizzando il metodo qualitativo (S. Kanizsa, 1993; R.Trinchero, 2002; L. Mortari, 2010) cui è seguita un'analisi di tipo quantitativo con il software T-lab (analisi delle co-occorrenze, delle associazioni di parole, confronti tra coppie). I risultati dell'analisi evidenziano la medesima concezione di giustizia sia negli insegnanti, che si definiscono “giusti” in quanto rispettosi dei bisogni degli studenti ed attenti alle dinamiche relazionali sottostanti il processo di insegnamento-apprendimento, e sia negli studenti che riconoscono in modo particolare queste immagini di giustizia. Ciò che si evince dalle descrizioni che gli studenti fanno dei loro insegnanti è la discrepanza tra l'idea di giustizia che questi ultimi dichiarano e ed i comportamenti effettivi che essi agiscono in classe, che risultano essere “ingiusti” agli occhi degli studenti. Solo una presa di coscienza da parte degli insegnanti di una possibile incoerenza tra quello che pensano essere giusto e quello che agiscono nella realtà scolastica potrebbe risolvere almeno in parte le incomprensioni con gli studenti e permettere che il processo di insegnamento-apprendimento sia vissuto da tutti gli attori come coerente e “giusto”.
What is justice? What about the meaning of justice at school? What are the teachers' representations of justice and injustice and what is the relationship between their representations and teachers' work in the classroom? How do the students describe teachers' behavior during the lesson? Many branches of philosophy (Aristotele; Platone; Kant, 1788; Kelsen, 1952), of sociology (Rawls 1977; Boudon, 2002) and of psychology (Piaget, 1932; Kohlberg, 1958) have studied the topic of justice in depth and recently it has became the object of search of educational science (Dalbert, 2006; Mikula, 2005; Chory Assad, 2002, 2007, 2013; Berti, Molinari, Speltini, 2010; Kanizsa, Garavaglia, .Mosconi, 2013; 2014), with reference to organizational justice theory (Cropanzano & Greenberg, 1997; Greenberg, 1990; Folger & Cropanzano, 2001; Cropanzano, 1993). Organizational studies highlight three concepts of justice: distributive justice that is a subjective perception elicited by a comparison between actual and deserved rewards; procedural justice refers to the fairness of the mean by which distributions are made; interactional justice refers to perception of fairness in the interpersonal treatment received by individuals, mainly in the communicative and relational requests. The aim of this research, with particular reference to social representations theory (Moscovici, 1989; Palmonari, Emiliani, 2009) is therefore to identify and analyse teachers’ meanings about the concepts of justice and injustice through the narration of their past and their experiences in the classroom. Secondly, the aim is to understand their representations of justice, which they unconsciously use in their daily work in the classroom and to understand how they affect, even by implication, their educational and teaching relationships. At least, we hope to verify the possible discrepancies between the teachers' and students thought of justice. The subjects were 12 secondary school teachers belonging to different school in the urban area of Milan and in the hinterland of the same city, and 48 students belonging to the same classroom as the teachers. The teachers were teaching different subjects (philosophy, sciences, math, law and economy and italian literature). The data was collected during the 2014-2015 school year and was obtained during low-structured interviews for the teachers and with 6 focus groups for a total of 48 students. A mixed-method approach was used: the qualitative data collected was coded into categories to facilitate quantitative analysis, while the same of text was subjected to co-word analysis conducted using T-lab software. The results indicated that teachers and students share the same conception of justice. The teachers, on one hand, according to the organizational justice theory, especially in regards to principles of interactional justice, declare themselves to be “just” and fair teachers, because they are respectful to the students and their needs and they have paid attention to the teacher-student relationship. On the other hand, the students' descriptions of their teachers, highlight the discrepancies between the teachers' representations and beliefs and their actual behaviour in the classroom. The results of current research confirm the importance that teachers need to be involved in vocational training or in training courses in which they become aware of a possible inconsistency between their beliefs and their behavior in the classroom. Only a coherent teacher can be “just” and can entertain a fair teachers-students relationship. Briefly, justice can only be achieved if both teachers and students see each other as coherent and just.
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3

DE, ROSA CORRADO. "IL FINANZIAMENTO ALLE IMPRESE IN CRISI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/282730.

Full text
Abstract:
The subject of the analysis relates the liabilities against the banks arising from the lending to companies in economic distress or default ("concessione abusiva di credito"). Traditional doctrines, from France and Belgium, affirmed that the bank should be considered liable for the damages caused to the creditors of the company. This claim is based on the principle of entrust and deceptive appearance: the creditor negotiates with the company, and trusts the company's solvency, because the bank funded (and keeps on founding) it. Italian courts (see also Cassazione Sezioni Unite 7029-7030-7031/2006) followed the above mentioned interpretation, but determined that the creditor's claim is personal: the bank cannot be sued by the official receiver ("curatore fallimentare"). As a consequence of the above, banks are actually immune from any claim: single creditors do not have the power and information needed to prove the liability. “Concessione abusive del credito”, under this interpretation, is a rigid and limited tort. Some Authors suggested that the banks, in case of negligent lending, can be considered as shadow directors - interfering in the company's decisions - and can be sued by the official receiver ("curatore fallimentare") for the damages caused to the company itself. This analysis explores another solution, resulting from recent studies in Germany (H. KÖTZ, Vertragsrecht, Tübingen, 2009) and Italy (C. MIGLIO, L’autonomia privata nel rapporto di finanziamento bancario, Giust. Civ. 2013, 9, p. 473). Briefly, under this different interpretation, the bank's loan granted to companies defaulted and/or in distress, should be considered void. This different solution considers the “concessione abusive di credito” a threat to economic public order, generating negative externalities. Italian Constitution states that economic initiatives (“iniziativa economica”) cannot be contrary to public social utility (art. 41 co 2) – and bank law declares that the bank is obliged to a safe and prudent lending (art. 5 T.U.B.). As a consequence of the above mentioned second interpretation, the banks lose every guarantee, mortgage and surety securing the relevant loans; furthermore the banks can be sued by “curatore fallimentare” for precontractual liability (art. 1338 c.c.): if someone does not disclose the voidness of a contract (that he knows or should know that it is void) the other part shall be compensated of the relevant damages suffered. The last step of the analysis regards loan agreements executed in the framework of a restructuring procedure. Italian bankruptcy law has developed in the last 10 years three different restructuring procedures: “piani di risanamento” (art. 67 l.fall.), “concordato preventivo” (art. 160 l.fall.) and “accordi di ristrutturazione dei debiti” (art. 182-bis l.fall.). According to the prevailing doctrine, in the context of a restructuring procedure, the bank cannot be considered liable of “concessione abousiva di credito”: the relevant loan agreement is promoted and fostered by Italian law. But under an economic analysis of such law, a “no liability” rule is inefficient: the bank could avoid any credit rating and investigation on the condition of the company, allocating the default risk on the other creditors. We suggest that Italian law’s “favor” should be valued in considering bank’s malice or negligence. Only when the lender knows (or should have known) that the turnaround plan was inconsistent, he should be asked for compensation by the creditors. In this perimeter, the contract should be usually considered enforceable: Italian law encourages lending during the turnaround procedures – the contract is not contrasting economic public order, but it can be the base of a compensation plea.
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4

MARCHI, ELISA. "Accommodation of cultural diversity and collective rights at the crossroads of conservation discourses: the case of indigenous communities in Oaxaca, Mexico." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1128473.

Full text
Abstract:
Abstract We are living in the epoch of 'enlightenment disillusion' in which the Anthropocene debate shows the inconsistency of some of the pillars of the Western enlightenment thought, e.g., confidence in the abundance of natural resources, faith in historical progress, and conviction of humanity's dominance over nature. In this scenario, environmental conservation policies are gaining momentum as solutions for the ecological crisis. Currently, the interrelation between conservation and group rights is still underexplored by legal scholars, even if these policies are having a substantial impact on indigenous communities and the enjoyment of their collective rights. In fact, conservation policies are mostly implemented in areas with a significant presence of indigenous and other ethnic groups. This dissertation seeks to bridge this gap by navigating the interrelation among conservation studies, group rights and accommodation of cultural diversity. In detail, it explores how conservation policy can limit or support the enjoyment of collective rights and, more generally, how it should accommodate cultural diversity. Since the late 1980s, two discourses of conservation have emerged in the field of conservation studies: biodiversity and biocultural diversity. The former is still the dominant focus of conservation policy, while the latter is just appearing from the sub-disciplines of ethnobiology and ethnoecology. In the case of biodiversity, objects of conservation are genetic resources, species, and ecosystems. In the case of biocultural diversity, objects of conservation are ecosystems conceived as the product of an inextricable link between biological and cultural diversities. Borrowing methodological tools from constructivist, legal pluralist, decolonial, and Science Technology and Social Studies scholarship, and relying on a fieldwork research, this dissertation seeks to answer the following questions: how biocultural diversity discourse shapes the idea of culture and the relationship between humans and non-humans vis-à-vis the dominant biodiversity paradigm; how indigenous communities use biocultural diversity discourse to re-appropriate their way of life the territory; how conservation discourses are 'vernacualarized' into indigenous customary legal system and legal strategies; and how biocultural diversity discourse can offer insights into the debate on multiculturalism in the era of ecological crisis. In showing the interconnection between legal and conservation studies, this dissertation offers new insights at the intersection of these two disciplines. Mainly, it suggests new possible fields for future investigations on accommodation of cultural diversity and protection of collective rights in the era of ecological crisis. Abstract Il dibattito che si è sviluppato nel campo delle scienze della conservazione riguardo all'impatto negativo dell'uomo sull'ambiente, ha mostrato i limiti di alcuni dei fondamenti del pensiero illuminista, come l'idea dell'abbondanza delle risorse naturali, la fede nel progresso storico e la convinzione della superiorità dell'uomo sulla natura. La necessità di ripensare la relazione tra uomo e natura, al fine di trovare soluzioni per affrontare la crisi ambientale, ha quindi favorito lo sviluppo di politiche di conservazione ambientale. Tuttavia, anche se la gran parte di queste politiche sono promosse in luoghi ad alta presenza di gruppi indigeni, sino a oggi la dottrina giuridica non ha soddisfacentemente esplorato l'impatto che queste hanno sull'effettivo godimento dei diritti collettivi costituzionalmente riconosciuti ai popoli indigeni stessi. Questa tesi si pone l'obiettivo di colmare tale lacuna dottrinale, analizzando la relazione esistente tra teorie e idee che emergono nell'ambito delle scienze della conservazione, la tutela dei diritti collettivi e la definizione delle politiche di accomodamento della diversità culturale. In particolare, questo lavoro guarda ai meccanismi attraverso i quali le politiche di conservazione ambientale possono limitare o favorire l'effettivo godimento dei diritti collettivi e promuovere una politica d'accomodamento della diversità culturale. Dagli anni '80, nell'ambito degli studi in materia di conservazione ambientale, sono emersi due discorsi, quello sulla biodiversità e quello sulla diversità bioculturale. Nel caso della biodiversità, dominante nelle politiche conservazioniste, gli oggetti di conservazione sono le specie, le risorse genetiche e gli ecosistemi. Nel caso della diversità bioculturele, discorso emerso più recentemente in discipline come l'etno-ecologia e l'etno-biologia, oggetto di conservazione sono gli ecosistemi concepiti come il prodotto di un vincolo inseparabile tra diversità biologica e culturale. Prendendo in prestito gli strumenti metodologici di discipline come il costruttivismo sociale, il pluralismo giuridico, il pensiero critico e post-coloniale e gli studi sociali in materia di tecnologia e scienza, questo lavoro vuole rispondere alle seguenti domande: Come il discorso sulla diversità biculturale concepisce l'idea di culture e la relazione tra uomo e ambiente rispetto al paradigma della biodiversità che domina le attuali politiche di conservazione? Come le comunità indigene ricorrono al discorso sulla diversità bioculturale per riappropriarsi del loro territorio? Come i discorsi sulla conservazione sono 'vernacolarizzati' nel diritto consuetudinario indigeno? Come il discorso sulla conservazione della diversità biculturale può offrire nuovi spunti per il dibattito in materia di accomodamento della diversità culturale in un'epoca di crisi ecologica? Mostrando la relazione tra il dibattito in materia di conservazione e quello giuridico, questa tesi offre nuovi spunti per analizzare l'accomodamento della diversità culturale e il godimento dei diritti collettivi in un'epoca di crisi ambientale. In conclusione, vengono proposte una serie di riflessioni che aprono a future ricerche volte all'esplorazione dei confini tra conservazione ambientale e accomodamento della diversità culturale.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

Full text
Abstract:
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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Books on the topic "Ingiustizia"

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Sciacca, Fabrizio. Ingiustizia politica. Milano: Giuffrè, 2003.

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Siciliano, Saverio. Ingiustizia contro natura. Padova: CEDAM, 1995.

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Falsitta, Vittorio Emanuele. L' ingiustizia della giustizia. Milano: Mondadori, 2001.

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Afghanistan: Ricostruzione, ingiustizia, diritti umani. Milano: Mondadori università, 2012.

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5

Lattanzi, Benedetto. Cento volte ingiustizia: Innocenti in manette. Milano: Mursia, 1996.

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6

Il cortocircuito: Storie di ordinaria ingiustizia. Milano: Mondadori, 2011.

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Ragusa, Stefania. Le Rosarno d'Italia: Storie di ordinaria ingiustizia. Firenze: Vallecchi, 2011.

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8

Giovanardi, Carlo. Storie di straordinaria ingiustizia: Arrestati, infangati e prosciolti. Roma: Koinè, 1997.

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9

Jannuzzi, Lino. Lettere di un condannato: Storie esemplari di ingiustizia italiana. Milano: Mondadori, 2003.

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10

II Università di Napoli. Scuola di ateneo per l'alta formazione europea "Jean Monnet.", ed. Ingiustizia del danno e interessi protetti: Un confronto tra modelli. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2003.

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