Dissertations / Theses on the topic 'Indirizzo STORICO E STORICO ARTISTICO'

To see the other types of publications on this topic, follow the link: Indirizzo STORICO E STORICO ARTISTICO.

Create a spot-on reference in APA, MLA, Chicago, Harvard, and other styles

Select a source type:

Consult the top 32 dissertations / theses for your research on the topic 'Indirizzo STORICO E STORICO ARTISTICO.'

Next to every source in the list of references, there is an 'Add to bibliography' button. Press on it, and we will generate automatically the bibliographic reference to the chosen work in the citation style you need: APA, MLA, Harvard, Chicago, Vancouver, etc.

You can also download the full text of the academic publication as pdf and read online its abstract whenever available in the metadata.

Browse dissertations / theses on a wide variety of disciplines and organise your bibliography correctly.

1

Stopper, Francesca. "Per una storia dell'oreficeria veneziana: le suppellettili liturgiche tra 1680 e 1797." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11125.

Full text
Abstract:
2013/2014
Il presente studio pone l’attenzione sulla stagione barocca e rococò dell’oreficeria veneziana. Si prefissa di tracciare una storia dell’evoluzione dell’oreficeria sacra a Venezia, partendo dall’analisi delle opere a carattere sacro che si conservano nelle chiese della città lagunare. Sulla scorta dell’intreccio tra la ricerca sulle fonti manoscritte, a stampa e sui documenti d’archivio, l’analisi dei punzoni e lo studio diretto dei manufatti (si sono catalogati più di 250 oggetti), si è cercato di descrivere il periodo che dall’affermazione del gusto barocco ha portato al Rococò. A tal fine, si sono esaminate le vicende artistiche di alcuni tra i principali orefici e botteghe, operanti nella lavorazione delle suppellettili liturgiche. Tra questi si ricordano Antonio Bonacina, Pietro Bortoletto, Andrea Zambelli e le botteghe al Coraggio, al Trofeo, al Trionfo di Santa Chiesa e al San Lorenzo Giustinian, di cui è stato possibile riunire un corpus di opere significative. Lo studio ha inoltre approfondito il tema delle interferenze e delle interrelazioni tra le arti. Oltre alle affinità stilistico-formali evidenti dal confronto tra oreficerie, bronzetti e sculture, riconducibili alla diffusione dei medesimi prototipi e alla partecipazione dello stesso sentire artistico, si è fatta luce su più occasioni in cui orefici hanno collaborato con architetti, pittori, scultori e intagliatori nelle commissioni di apparati processionali e di arredi d’altare.
XXVII Ciclo
1984
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Dato, Gaetano. "L'uso delle memorie: il caso di Trieste, confine culturale e ideologico nel cuore dell'Europa 1945-1965." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8647.

Full text
Abstract:
2011/2012
I studied the relationships between politics and religion around the sites of memory in North Adriatic border region in late modern age. This means that I have discovered how the National tradition developed in German and Austrian culture in 19th century, synthetically defined by G. Mosse’s category Nationalization of the Masses, became a foundamental paradigm both in Italian and Slovenian civil religions of the region, until the second half of 20th century. Using both Italian and Slovenian sources, I am trying to analyze the relation of Italian and Slovenian border society with their history and memory, and how these influences had affected public opinion and collective conscience.
XXV Ciclo
1981
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Bencich, Marco. "Protagonisti e correnti del sionismo italiano fra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10010.

Full text
Abstract:
2012/2013
Questo lavoro ha avuto come oggetto di studio l'attività del movimento sionista nella penisola italiana tra Otto e Novecento, e più nello specifico sono stati analizzati il processo di diffusione della sua ideologia e i suoi maggiori esponenti a livello nazionale. Nel contempo è stato esaminato il particolare ruolo propagandistico della stampa ebraica attraverso un continuo confronto delle differenti opinioni e posizioni delle singole riviste sioniste e filo-sioniste italiane riguardo ad alcune delle principali questioni messe in campo dal movimento ebraico di rinascita nazionale. I periodici sono stati altresì utilizzati per esaminare quelle che furono le reazioni dei sionisti italiani di fronte ai maggiori eventi che toccarono direttamente o indirettamente la comunità ebraica (italiana e internazionale) tra Otto e Novecento. Un lavoro dunque sulle idee e gli atteggiamenti, sulle polemiche e le contraddizioni, che contraddistinsero il sionismo italiano tra la fine dell'Ottocento e il primo ventennio del Novecento. Il periodo esaminato è senz'altro fra i più interessanti, ma difficili e convulsi, della storia ebraica italiana. All'inizio del Novecento l'ebraismo italiano era immerso nel clima liberale dell'epoca post-emancipazionista: in gran parte della popolazione ebraica l'uscita dai ghetti fu intesa e vissuta come libertà da se stessi, ovvero dal mondo ebraico. La conseguenza più evidente di questa nuova condizione dell'ebraismo italiano fu la disgregazione del concetto unitario e globale della vita ebraica e la sua riduzione ad un mero fenomeno religioso, ovvero di coscienza personale. Il movimento sionista ebbe il merito di mettere a nudo le contraddizioni che erano emerse all'interno delle Comunità italiane in seguito ai processi di emancipazione e integrazione. Nella ricerca si sono impiegate e confrontate tre differenti tipologie di fonti: pubblicazioni a stampa (articoli e opuscoli), lettere private e documenti ufficiali della Federazione Sionistica Italiana e dei vari Circoli locali (corrispondenza del Presidente della Federazione, verbali, volantini di propaganda). Il lavoro si articola in otto capitoli, di cui i primi quattro sono organizzati in prevalenza su base tematica mentre gli ultimi seguono lo sviluppo prettamente cronologico del sionismo italiano. Il primo capitolo ha carattere introduttivo: vi presento una problematizzazione storiografica sulla questione dell'identità ebraica dopo l'emancipazione. Il secondo capitolo contiene uno studio sui periodici sionisti e filo-sionisti in lingua italiana, la fonte principale di questo lavoro, e i loro principi ispiratori, che per molti versi furono dissimili gli uni dagli altri; nel terzo cerco invece di estrinsecare le varie declinazioni che il concetto di «sionismo» assunse nelle riflessioni dei sionisti italiani. I capitoli dal quarto all'ottavo analizzano lo sviluppo del sionismo italiano fino alla prima Guerra Mondiale, con particolare attenzione ai suoi rapporti con il movimento internazionale (capitolo IV) e le conseguenze che su di esso ebbero i conflitti bellici dello Stato italiano (capitolo VIII); uno dei punti nodali del presente lavoro è rappresentato dall'ascesa e crisi dell'attivismo sionista in Italia (capitoli V e VI).
XXV Ciclo
1981
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Diklic, Olga. "AMBIENTI NATURALI, PROGETTI STATALI E PROPOSTE DI RIFORMA NEL TERRITORIO DI TRAÙ DI FINE SETTECENTO E PRIMA METÁ DELL’OTTOCENTO." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/9957.

Full text
Abstract:
2012/2013
Tutt’altro che selvaggio o immodificato era l’ambiente naturale tragurese di fine Settecento e della prima metà dell’ Ottocento. Il territorio ed il suo ambiente in termini ecostorici lo contrassegnavano le economie e le società preindustriali della tarda età moderna e i modelli tradizionali dell’uso della terra. La dimensione che li rendeva “selvaggi” erano i modelli percettivi occidentali di un “barbarico” ed economicamente arretrato “Adriatic empire” e le forme aspre dell’assetto naturale, che nella visione dei contemporanei risultavano indomabili, insufficentemente sfruttate o poco usufruibili. Di conseguenza, a dominare l’area si presentava proprio il fattore naturale, cui conseguentemente era da associarsi la genuinità e la potenzialità dell’area. Risultato di queste visioni del tempo e dello spazio, accompagnate dalle accurate mappature e statistiche statali sul suo assetto e sulle sue potenzialità (eseguite ai fini del consolidamento del potere), era l’apertura ad un’ ulteriore esplorazione delle terre sconosciute della “mythical Illyria” e ad un’ ulteriore modifica dell’ambiente naturale. Un tale rapporto con l’ ambiente naturale ben si inquadrava nella visione antropocentrica dell’ ambiente che rievocava l’utilizzo deliberato ed incondizionato della natura che in età moderna avrebbe trovato la sua articolazione naturale nell’emergere dello stato territoriale e del capitalismo. Questà è un analisi ecostorica che come l’ idea aveva rilevare i diversi aspetti dell’ impatto umano sull’ ambiente naturale in un relativamente breve e transitorio periodo storico, caratterizzante i forti avvenimenti di guerra e modifiche di governi, i nuovi paradigmi di società e politiche, ma ancora non immodificati i rapporti sociali ed economici e gli effetti di accumulata pressione antropica storica sull’ ambiente. In tale contesto sono appunto i diversi elementi dell’ambiente naturale a raccontare di un momento storico segnato da un ambiente naturale fortemente trasformato, ma anche di una lunga storia dell’ impatto umano sull’ ambiente incisa sulla sua parte geografica e fisica così come su quella storica e di evento.
XXV Ciclo
1970
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Miklic, Vanja. "Le Comunità greca e illirica di Trieste: dalla separazione ecclesiastica alla collaborazione economica (XVIII - XIX secolo)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10079.

Full text
Abstract:
2012/2013
Nel XVIII secolo, in seguito alla dichiarazione del Porto franco, Trieste si trasformò in una città-porto cosmopolita. Le nuove comunità etnico-religiose, e in particolar modo i greci, gli illirici e gli ebrei usufruirono della favorevole politica economica, dei privilegi commerciali ma soprattutto dell’alto livello di tolleranza religiosa garantiti dal governo asburgico. Questo atteggiamento imperiale contribuì a consolidare la fiducia delle comunità immigrate nel governo centrale, e a diminuire la sensazione di estraneità favorendo la loro integrazione. I greci e gli illirici parteciparono attivamente allo sviluppo di tutti i rami dell’economia triestina. Si occuparono prevalentemente del commercio al minuto e all’ingrosso monopolizzando quasi esclusivamente il commercio con il Levante grazie alla creazione delle reti intra-famigliari basate sulla fiducia, reputazione e reciprocità. I greci furono più propensi verso il settore commerciale mentre il settore armatoriale rappresentava il punto di forza degli illirici. Come conseguenza diretta dell’aumento dei commerci marittimi con il Levante, dello sviluppo del settore armatoriale e dell’accumulo di capitale, sorsero le prime società assicurative. Anche in questo settore l’intensa collaborazione greco-illirica, condusse all’accentramento del potere nelle mani dell’élite commerciale ortodossa. Il benessere economico dei greci e degli illirici, risultato delle fiorenti attività imprenditoriali, si concretizzò anche in cultura, mecenatismo e possesso immobiliare.
In the eighteenth century, following the declaration of the Free Port, Trieste became a cosmopolitan port-city. The new ethno-religious communities, and especially the Greeks, the Illyrians and the Jews took advantage of the favorable economic policy, trade privileges, and especially the high level of religious tolerance guaranteed by the Habsburg government. This imperial attitude helped to consolidate the trust of immigrant communities in the central government, and reduce the feeling of alienation by fostering their integration. The Greeks and Illyrians participated actively in the development of all branches of the economy of Trieste. They were involved mainly in retail trade and wholesale almost exclusively monopolizing trade with the Levant through the creation of intra-family networks based on trust, reputation and reciprocity. The Greeks were more prone to the commercial sector while the Illyrians were more prone to the shipping. As a direct result of increased maritime trade with the Levant, the development of the shipping sector and the accumulation of capital, first insurance companies were founded. The intense Greek-Illyrian collaboration, in this sector resulted with the centralization of power by the Orthodox commercial élite. The economic prosperity of the Greeks and Illyrians as result of the flourishing business activities, found its expression in culture, patronage and real estate possession.
XXV Ciclo
1983
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Bullian, Enrico. "La sicurezza sul lavoro e la navalmeccanica dal secondo dopoguerra a oggi. Il caso del cantiere di Monfalcone." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/10260.

Full text
Abstract:
2011/2012
La tesi ha l’obiettivo di indagare l’evoluzione della gestione della sicurezza sul lavoro nell’Italia del Novecento e in particolare del secondo dopoguerra. L’attenzione viene focalizzata sul caso specifico della navalmeccanica e del Cantiere di Monfalcone, anche in chiave comparata con un approfondimento sul periodo fra gli anni Sessanta e Ottanta. I primi 3 capitoli si occupano della sicurezza sul lavoro in Italia nella seconda metà del Novecento, mentre i capp. 4-6 trattano della salute operaia nel Cantiere di Monfalcone e negli altri stabilimenti navali. In ogni capitolo si affronta il problema in termini riferibili sia agli infortuni sia alle malattie professionali, svolgendo approfondimenti specifici sull’esposizione all’amianto.
XXIV Ciclo
1983
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Gobet, Andrea. "La socialdemocrazia austriaca e la riflessione politica sul primo dopoguerra italiano (1918-1927)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10011.

Full text
Abstract:
2012/2013
La ricerca ha per oggetto la riflessione della socialdemocrazia austriaca sulle vicende politiche del primo dopoguerra italiano, segnate dall’imposizione del regime fascista, e le sue ripercussioni sulla vita della Repubblica austriaca, nell’arco di tempo compreso tra la fine della prima guerra mondiale e il 1927, significativo momento di passaggio nella storia della Prima Repubblica austriaca. Il lavoro ha permesso di osservare le prime fasi dello sviluppo del fascismo italiano attraverso la lente di un Paese straniero, valutandone in questo modo, attraverso il caso di studio rappresentato dal partito socialdemocratico austriaco, la percezione esterna e gli effetti politici al di fuori dell’Italia. Sul piano delle fonti, è stata esaminata principalmente la pubblicistica socialdemocratica dell’epoca, integrando il materiale edito con le fonti d’archivio relative al partito socialdemocratico conservate presso il Verein für Geschichte der Arbeiterbewegung di Vienna. La ricerca ha incluso inoltre l’analisi di una parte ben delimitata delle fonti diplomatiche attinenti al rapporto tra Austria e Italia, vale a dire i materiali delle rappresentanze diplomatiche austriache in Italia, conservati presso l’Österreichisches Staatsarchiv, e gli incartamenti della rappresentanza diplomatica italiana a Vienna dell’Archivio storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri italiano. In entrambi i casi l’attenzione è stata rivolta agli aspetti prettamente politici presenti nella documentazione, con l’obiettivo di recuperare gli elementi fondamentali della comunicazione diplomatica ufficiale, come termine di confronto rispetto alle informazioni e alle interpretazioni offerte dai socialdemocratici austriaci a proposito delle vicende italiane. Dal punto di vista tematico, l’interesse principale ha riguardato il problema della democrazia nel periodo infrabellico, nei suoi aspetti istituzionali e politico-culturali, con particolare attenzione al ruolo dei movimenti socialisti, del fascismo italiano e dei fascismi, della violenza politica e delle diverse forme di pensiero antidemocratico.
XXVI Ciclo
1985
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Scopas, Sommer Rossella. "Giacomo Zammattio (Trieste 1855 - 1927) architetto e collezionista." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8593.

Full text
Abstract:
2011/2012
Analisi della collezione dell' architetto Giacomo Zammattio (Trieste 1855- 1955)conservata tuttora nella residenza familiare a Trieste attraverso l'accertamento delle modalità di formazione e la catalogazione delle opere presenti
XXV Ciclo
1958
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Moscarda, Oblak Orietta. "Il "potere popolare" in Istria (1945-1953)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11008.

Full text
Abstract:
2013/2014
Studiare la costruzione del “potere popolare” da parte del nascente regime comunista jugoslavo in una realtà complessa come quella istriana, nel periodo che va dal 1945 al 1953, è la finalità della ricerca che viene qui presentata. Per far ciò, l’attenzione viene rivolta al complesso dei cambiamenti politici, sociali ed economici introdotti nell’area istriana con il passaggio all’amministrazione jugoslava, che coincise con l’instaurazione e l’organizzazione di un nuovo potere politico e civile. Si è preferito quindi evitare una ricostruzione particolareggiata dell’instaurazione del regime comunista in Istria e in Croazia/Jugoslavia, per concentrarsi piuttosto sull’esame di alcuni importanti centri del potere jugoslavo allo scopo di coglierne le caratteristiche principali e di proporre un quadro d’assieme circa la politica attuata nei confronti della popolazione istriana, sia quella italiana che quella croata, nel periodo compreso fra il 1945 e il 1953. Quattro sono i capitoli che compongono l’elaborato finale. Il primo capitolo, "La presa del potere" analizza i capisaldi del nuovo sistema comunista jugoslavo e del potere popolare, ovvero le strutture informative, quelle militari e giudiziarie nella regione istriana. Il periodo ottobre 1943 - maggio 1945, che corrisponde al periodo della guerra effettiva in Istria e dell’occupazione tedesca, viene trattato in questo capitolo, in riferimento all’origine e allo sviluppo delle strutture militari, informative e giudiziarie, specie per quanto concerne lo sviluppo e gli obiettivi della resistenza croata e italiana sul territorio istriano, il programma di liberazione nazionale croata-slovena e gli atti di annessione dell’Istria alla Jugoslavia, così come il programma di rivoluzione jugoslava con la violenza degli infoibamenti da parte del MPL jugoslavo e l’istituzione dei comitati popolari di liberazione, visti quali nuovi organismi del potere popolare. Il secondo capitolo, "Il nuovo ordine", prende in esame la struttura che rappresentò il vero centro del potere nel sistema jugoslavo, ovvero il partito comunista croato. Dopo aver delineato il ruolo del PCC in Istria e in Croazia, viene rappresentata la sua organizzazione e la struttura sociale e nazionale della classe politica a livello distrettuale e regionale nel periodo 1945-48. All’interno della politica del Fronte popolare, sono presi in esame i rapporti che il partito comunista sviluppò nel dopoguerra con i principali gruppi di alleanza, vale a dire i con i narodnjaci, il basso clero croato e quella che dopo l’annessione diventò minoranza italiana. Nel terzo capitolo, dal titolo "L’organizzazione del potere civile", vengono innanzitutto tracciati i principi di costruzione del potere popolare e i suoi organi rappresentativi i quali, alla base della scala territoriale-amministrativa, erano costituiti dai comitati popolari. Tuttavia, si evidenzia come la reale influenza politica fosse concentrata nelle organizzazioni politiche e nei loro organi dirigenti, dove le decisioni venivano prese all’interno delle organizzazioni medesime e, attraverso diversi organi di “trasmissione”, venivano poi riportate agli organi statali e all’amministrazione statale. Si passa poi sinteticamente a spiegare l’origine e lo sviluppo dei comitati popolari nella regione istriana, la legge e le sue diverse integrazioni che li regolarono. Ne viene evidenziato il ruolo di strumenti esecutivi della politica del partito comunista, risultando sin dall’inizio subordinati alla volontà e agli indirizzi del partito. E proprio attraverso le elezioni di tali organi del potere locale, che in Istria si tennero nel 1945, nel 1949, nel 1950 e nel 1952, il partito profuse il massimo sforzo per raggiungere il controllo e la maggioranza nella loro composizione politica. Nell’ambito dell’operato delle nuove autorità popolari regionali, si osserva l’elasticità dei confini tra interventi politici e amministrativi, evidenziando il potere d’intervento del Comitato regionale del PCC, che aveva l’autorità di bloccare e di censurare qualsiasi provvedimento operativo attuato dal massimo organo popolare istriano, il CPL regionale, che non fosse in linea con i principi e con i tatticismi del partito. In questo senso, si discute anche quanto il rapporto gerarchico tra istituzioni politiche e amministrative si riflettesse sulle persone che ricoprivano tali funzioni e, soprattutto, sulle modalità di attuazione delle misure a livello periferico. L’accentramento del processo decisionale a Zagabria, rispettivamente a Belgrado, assieme alla rigida imposizione dall’alto come metodo di lavoro, rappresentarono alcuni dei motivi che portarono a giudizi negativi da parte dei fori superiori all’istanze politiche inferiori (regionale, distrettuale, cittadino). Nell’ambito delle nuove autorità popolari regionali, viene evidenziata la figura di Dušan Diminić, uno dei primi dirigenti ad essere ritirato dall’Istria, prima dello scioglimento delle strutture regionali del partito e di quelle popolari (1947) e che, per le sue posizioni politiche vicine a Đilas, fu espulso dal partito agli inizi degli anni Cinquanta. Il quarto capitolo, "Consolidamento e omologazione politica e nazionale (1948-1953)", sviluppa il periodo della vera e propria fase di consolidamento del nuovo potere, quando l’Istria divenne territorio jugoslavo a tutti gli effetti, con l’introduzione di tutte le leggi jugoslave, comprese quelle repubblicane e federali. A livello politico-istituzionale, tale fase fu segnata dallo scioglimento della struttura regionale del partito e di quella politico-amministrativa precedente, per unire amministrativamente e politicamente il territorio istriano alla regione di Fiume e del Litorale croato. Era questo il segnale evidente di un processo di inclusione dell’Istria alla Croazia/Jugoslavia e di omologazione politica e nazionale, con la creazione di un nuovo centro politico ed economico di riferimento per l’Istria (Fiume), nonché la costituzione di un Ministero per i territori neoliberati a livello federale, che aveva il compito di gestire tale processo. L’istituzione ebbe anche il compito di progettare nuove direttrici d’intervento dello stato ed una serie di misure di breve e lungo periodo, per ricostruire un sistema economico in grado di assicurare uno standard di vita soddisfacente alla popolazione contadina, dal momento che agli occhi delle autorità regionali le pessime condizioni di vita rappresentavano il fattore scatenante che aveva portato la popolazione istriana a fuggire clandestinamente dalla penisola e a richiedere l’opzione per la cittadinanza italiana. Il ricorso alla mobilitazione forzata della manodopera, sia per il lavoro nelle miniere dell’Arsia, che per la costruzione della ferrovia Lupogliano-Stallie, con il prelievo della popolazione anche da parte della polizia, produsse un rifiuto e un netto distacco della popolazione nei confronti delle autorità e del partito, non soltanto nelle cittadine lungo la costa, ma anche e soprattutto nelle zone interne, ritenute dalle autorità espressamente croate, come nei distretti di Pinguente e di Pisino. L’organo esecutivo del Ministero (Direzione generale), che aveva sede a Volosca, svolse un ruolo di coordinamento tra il governo repubblicano/federale e i comitati popolari di base anche in fatto di opzioni per la cittadinanza italiana. Gli eventi più importanti di tale periodo furono infatti la rottura della Jugoslavia con il Cominform e la massa delle opzioni a favore della cittadinanza italiana. Il quarto capitolo esamina le durissime reazioni della autorità popolari nei confronti di questi due contemporanei fenomeni: reazioni che colpirono le varie componenti nazionali residenti sul territorio, ma le cui conseguenze negative risultarono evidenti soprattutto nei confronti di quella italiana. Strettamente connesso alle opzioni respinte fu il fenomeno delle fughe clandestine, che si manifestò via mare, in particolare dalle isole del Quarnero, ma di frequente anche via terra. Le fughe clandestine, ma anche il semplice sospetto di fuga, oppure il favoreggiamento, furono perseguiti con solerte impegno dalla polizia jugoslava, in quanto considerate reati di massima gravità, con pene che potevano arrivare a dieci anni di lavori forzati. Il problema delle opzioni è poi correlato alla questione del Cominform, che esplose in tutta la sua gravità proprio in quel periodo. La rottura con Mosca nel 1948 portò qui alla frattura definitiva fra i comunisti italiani e il comunismo jugoslavo. Nei confronti dei “cominformisti” le autorità jugoslave avviarono una violenta epurazione, che lasciò ai comunisti italiani schieratisi con Stalin la sola via dell’emigrazione, attraverso la richiesta d'opzione quale possibilità di scampare ai processi, alle condanne al “lavoro socialmente utile” e alla deportazione nel campo di prigionia dell’Isola Calva (Goli Otok). Man mano che i dirigenti jugoslavi ampliarono il terreno dello scontro, ritenendolo non più solo questione di partito, ma attacco alla sovranità nazionale, la repressione anticominformista toccò anche tutti coloro che esprimevano una posizione critica sulle dure condizioni economiche del paese o facevano resistenza nei confronti della politica degli ammassi e delle cooperative agricole; indipendentemente dalla nazionalità, ne furono coinvolti tutti i contadini che rifiutavano o che chiedevano di uscire dalle cooperative agricole, che dal 1949 avevano registrato uno sviluppo forzato con la politica della collettivizzazione delle campagne. E’ da rilevare infine la doppiezza dell’atteggiamento assunto dalle autorità che, da una parte cercarono di contenere l’esodo, mettendo in campo misure repressive per ostacolarlo che si rivelarono errate e controproducenti, e dall’altra, invece, lo favorivano attuando una politica che era chiaramente volta a espellere una componente nazionale la cui presenza avrebbe potuto, in futuro, mettere in discussione i nuovi confini.
XXIV Ciclo
1966
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Londero, Igor. "Felice Ippolito intellettuale e grand commis - La ricerca nucleare in Italia dal dopoguerra al primo centrosinistra." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8618.

Full text
Abstract:
2011/2012
Lo studio della fisica nucleare in Italia ebbe il suo mito fondativo nelle vicende dei “ragazzi di via Panisperna”, dal nome della via romana in cui sorgevano i laboratori diretti da Enrico Fermi. Dopo aver raggiunto la fama mondiale (in particolare con il Nobel per la fisica di Fermi nel 1938), il gruppo fu disperso a causa della politica (sia razziale che scientifica) del regime fascista. Mentre Fermi ed altri, espatriati in America, davano il proprio determinante contributo alla realizzazione della bomba atomica, in Italia rimase il solo Edoardo Amaldi che, nel dopoguerra, si trovò ad essere, nel Paese e fuori, un fondamentale punto di riferimento per la fisica italiana. Nell’immediato dopoguerra, a fronte di un sostanziale disinteresse del Governo italiano in materia di ricerca, furono le industrie elettriche private a muovere i primi passi verso la ricerca e lo sviluppo della tecnologia nucleare, concedendo il proprio appoggio ad alcuni giovani ricercatori del Politecnico di Milano che diedero vita al CISE (Centro Informazioni Studi Esperienze). Parallelamente, la “comunità dei fisici” iniziava a ritagliarsi un proprio spazio autonomo di manovra. Nel 1951 i gruppi universitari che si occupavano di fisica fondamentale diedero vita all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) mentre l'anno successivo, non senza attriti con il CISE, il Ministero dell'Industria appoggiò la creazione del Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN), incaricato di promuovere e occuparsi della fisica nucleare applicata. Alla presidenza fu nominato Francesco Giordani, chimico napoletano legato all'IRI ed agli ambienti del neo meridionalismo. Il Comitato, che solo nel 1960 fu mutato in CNEN (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare) ottenendo la necessaria personalità giuridica, dovette costantemente far fronte alle difficoltà derivanti dalla propria fragilità istituzionale e dalle continue tensioni con l'industria elettrica privata. Ciononostante, sotto la guida del suo Segretario Generale Felice Ippolito, riuscì a dar vita ad importanti realizzazioni (come il Sincrotrone di Frascati o il Centro di ricerche nucleari di Ispra) e diede l'impulso fondamentale che portò alla costruzione, nei primi anni '60, delle prime centrali nucleari in Italia. Questo “periodo aureo” della fisica nucleare applicata iniziò a finire nell’agosto del 1963 quando una dura campagna stampa prese a mettere in discussione le gestione di Ippolito che si ritrovò al centro di un “caso” che da mediatico si fece ben presto giuridico e portò, nel marzo del 1964, all'arresto del Segretario Generale del CNEN per irregolarità amministrative. “Il caso Ippolito”, lungi dall’essere solo un processo per un isolato caso di malversazione, di fatto sancì la fine della ricerca e dello sviluppo del nucleare in Italia, facendo piazza pulita non solo dei progetti di nuove centrali atomiche, ma anche di un certo tipo di gestione degli enti pubblici che aveva fatto dell’elasticità amministrativa il proprio punto di forza, laddove in seguito si impose la burocratizzazione e la lottizzazione politica. Nella tesi in esame ho tentato di individuare, all'interno di un campo di ricerca così vario e così ricco di spunti collocati a cavallo di più discipline storiche (storia e filosofia della scienza, dell'economica e dell'industria, della cultura e della politica, delle relazioni internazionali), alcuni snodi focali ed emblematici che permettessero di sviluppare un percorso di indagine su quello che appariva come un meraviglioso tentativo di far recuperare all'Italia il tempo perduto a causa del regime fascista, in termini di sviluppo tecnologico e scientifico, ma anche culturale e politico. Tale tentativo ottenne risultati di rilievo mondiale nel dopoguerra ma andò incontro ad una nuova sconfitta, nei primi anni '60, quando emerse l'incapacità dello Stato di riformare se stesso per tener dietro ai rapidi mutamenti, non solo tecnici, che la tecnologia d'eccellenza pretende per mantenersi tale. Fin dall'inizio ho individuato in Felice Ippolito il trait d'union tra i fatti caratterizzanti le vicende trattate. Interessato alla ricerca nucleare quale geologo esperto in prospezioni minerarie, in seguito venne nominato Segretario Generale del CNRN e si trovò a rivestire un ruolo chiave, emblematico e rappresentativo, all'interno di un complesso ambiente culturale composto da intellettuali, scienziati ed alti funzionari che parteciparono ad una rete di rapporti all'interno della quale si elaborarono delle organiche strategie di sviluppo per il Paese. Ippolito divenne referente e portavoce di una comunità scientifica che si caratterizzava in quegli anni per il suo rapporto estremamente dialettico e consapevole con tutte le componenti della società, dalla classe politica al mondo dell'industria e dell'economica, dal mondo della cultura alle classi subalterne. Per comprendere l'incontro tra Ippolito e la comunità dei fisici, ho ritenuto di iniziare la tesi con un accenno all'esperienza dei “ragazzi di via Panisperna” e di Enrico Fermi, in particolare. La partenza in treno di Fermi per Stoccolma, il 6 dicembre 1938, dove avrebbe ritirato il premio Nobel prima di espatriare negli Stati Uniti (in fuga dalle leggi razziali ma soprattutto dall'incapacità del regime fascista di comprenderne e sostenerne le iniziative), è stata presentata come evento simbolico e metaforico della perdita di un primo “treno per la modernità” da parte dell'Italia. L'attenzione è stata posta soprattutto su chi rimase sulla banchina di quella stazione, ovvero Edoardo Amaldi, che pur con molti dubbi alla fine scelse di rimanere in Italia diventando il punto di riferimento per eccellenza, in virtù del suo carisma scientifico ed umano, della comunità dei fisici italiani nel dopoguerra. In particolare ho messo in evidenza il rafforzarsi in Amaldi di un punto di vista autonomo su quello che doveva essere il rapporto tra la ricerca scientifica ed il mondo della politica e dell'industria. Mentre oltreoceano Fermi delegava al Governo la valutazione etica e la gestione dei risultati del proprio lavoro scientifico, in Italia il suo allievo Amaldi fin dal dopoguerra iniziò a tessere una rete di rapporti, con l'industria e le aziende controllate dallo Stato, caratterizzati da alcuni principi imprescindibili. Quando gli industriali elettrici privati lo chiamarono al CISE, Amaldi pose perentorie condizioni alla propria partecipazione, come la difesa della sua autonomia scientifica, il rifiuto di ogni principio di segretezza, ed il fatto che la ricerca doveva andare a beneficio dell'intera collettività e non a vantaggio di pochi gruppi privati. Dopo aver delineato alcuni elementi della figura di Amaldi, ho concentrato il mio interesse su Ippolito e sui suoi rapporti con l'ambiente culturale napoletano, liberale e meridionalista, di cui anche Francesco Giordani faceva parte. Attraverso la bibliografia e gli archivi dell'ente, ho esaminato la nascita del CNRN sull'asse Ippolito-Giordani-Pietro Campilli (il Ministro dell'Industria che sostenne il progetto) e di seguito l'insorgere delle tensioni con il CISE e l'industria privata. L'obiettivo è stato di mettere in evidenza l'estrema “coerenza” dell'incontro tra i fisici rappresentati da Amaldi e la politica scientifica portata avanti da Ippolito e Giordani, capaci di soddisfarne sia le ambizioni tecnico scientifiche che etiche e politiche. Con un capitolo intermedio, su tematiche di politica nucleare internazionale, ho introdotto il tema dell'iniziatica Atoms for peace, lanciata dal Presidente americano Eisenhower, che prospettava una politica di disarmo atomico fondata sulla socializzazione della tecnologia nucleare ad uso civile. Rinunciando a proporre un inquadramento storiografico e critico complessivo, ho scelto di render conto della rappresentazione offerta da uno dei protagonisti di quegli anni, ovvero il francese Bertrand Goldschmidt, che influenzò grandemente il punto di vista di Ippolito e degli Amici del Mondo (cui Ippolito si legò) e che oggi testimonia in maniera particolarmente efficace il clima di “euforia atomica” che determinò allora fondamentali scelte di politica energetica europea. L'iniziativa Atoms for Peace diede l'occasione ad Ippolito di avviare un'intesa collaborazione con l'ambiente culturale che ruotava attorno alla rivista «Il Mondo» diretta da Mario Pannunzio e che in quel momento si presentava come la fucina, di stampo liberale radicale, dei progetti politici che portarono in seguito al Centrosinistra. Ripercorrendo le pagine della rivista ho messo in evidenza un percorso di progressiva presa di coscienza sulla questione nucleare. Se fino all'iniziativa Atoms for Peace erano considerate solo le applicazioni militari di tale tecnologia, in seguito e anche grazie all'intervento di Ippolito, il dibattito sul nucleare venne connesso alla questione della produzione energetica vista nella prospettiva della lotta contro i monopoli e per la nazionalizzazione del settore. Su questi temi centrali in quella fase politica (sulla nazionalizzazione del settore elettrico si giocò la battaglia fondamentale per il Centrosinistra), Ippolito in particolare, a metà degli anni '50, iniziò a tessere un discorso unitario tra crescente richiesta energetica, sviluppo della tecnologia nucleare e necessaria nazionalizzazione. Coerenti a questa linea iniziarono ad apparire su «Il Mondo» i “Dialoghi plutonici” di Ernesto Rossi che testimoniavano i rapporti sempre più stretti tra Ippolito e la rivista, nel contesto delle vicissitudini politiche che portarono alla nascita del Partito Radicale ed ai convegni degli Amici del Mondo “La lotta contro i monopoli” e “Atomo ed elettricità”. Usando gli atti dei convegni e analizzando i molti articoli in merito apparsi sulla rivista, ho messo in evidenza il processo che portò, a partire dalle posizioni antistataliste sempre sostenute sulle pagine di «Il Mondo» in particolare da Rossi, al definirsi della presa di posizione nazionalizzatrice espressa durante il convegno “La lotta contro i monopoli”. Del seminario “Atomo ed elettricità” ho ritenuto di particolare interesse l'identificazione operata dai relatori tra esigenze tecnico-scientifiche dell'energia nucleare e opzione nazionalizzatrice che portò ad una lettura prettamente politica delle scelte tecniche da operare in materia di filiere tecnologiche. Lettura che, come evidenzieremo, Ippolito non condividerà a favore di un approccio che preferisce le soluzioni particolari alle analisi universali. Atoms for Peace comporta un rilancio generale della politica nucleare italiana anche in termini di “gara atomica” tra ricerca e sviluppo pubblici e privati. In particolare, ho esaminato il crescente clima di ostilità tra il CNRN e l'industria privata (l'Edison in particolare) e le cause che portarono alle dimissioni di Giordani dalla Presidenza del Comitato. In un capitolo titolato “Come Mattei all'Agip” ho delineato le difficoltà istituzionali che dovette affrontare Ippolito da segretario plenipotenziario del CNRN ed il conseguente sviluppo di un modus operandi problematico che ebbe importanti conseguenze nella creazione del “caso” che sarebbe esploso. Tra le molte vicissitudini del CNRN ho seguito soprattutto il processo che portò alla costruzione delle prime centrali atomiche in Italia con particolar attenzione alla collaborazione tra CNRN e Banca Mondiale che portò alla costruzione della centrale di Garigliano e che sintetizzò istanze meridionaliste e nucleariste. Con il capitolo “Dal CNRN al CNEN” ho esaminato il percorso politico che portò alla nascita del CNEN nel contesto delle trattative per il primo Governo di Centrosinistra e della nazionalizzazione dell'energia elettrica. L'obiettivo è stato in particolare mettere in evidenza le tensioni che andarono delineandosi all'interno del nuovo ente elettrico, l'ENEL, tra le posizioni rappresentate dal Direttore Generale Angelini ed il consigliere Ippolito. Negli ultimi due capitoli ho riassunto in modo antologico l'aspetto più ampiamente trattato dalla storiografia esistente sul tema, ovvero il “caso” mediatico e giuridico che prese il nome del Segretario Generale del CNEN e che portò alla sua incarcerazione. Oltre alla fase processuale, ho ricostruito il quadro politico e gli avvenimenti che portarono alla messa in stato di accusa di Ippolito, nell'estate del 1963, ed alla sua incarcerazione l'anno successivo, che ebbero come diretta conseguenza il drastico ridimensionamento dei programmi nucleari del CNEN. Infine ho proposto un'analisi delle ipotesi interpretative date al “caso Ippolito” evidenziando anche alcuni aspetti che, per varie ragioni, non sono stati ancora indagati. In ultima analisi il presente studio tenta di mettere in luce la complessità della materia trattata che, pur prestandosi per molte ragioni alle semplificazioni complottistiche e dietrologiche di stampo giornalistico, risulta incomprensibile senza una contestualizzazione capace di connettere il percorso della fisica nucleare italiana (che a partire dall'esperienza dei “ragazzi di via Panisperna” tende a pensarsi e muoversi come una “comunità” portatrice di propri interessi e ideali), il dibattito filosofico, culturale e tecnico sulle ragioni e sui mezzi dell'intervento dello Stato nell'economia e sul ruolo di intellettuali e scienziati nella società, ed infine la storia politica italiana, europea ed internazionale che portò alla nascita del Centrosinistra.
XXIV Ciclo
1975
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
11

Manenti, Luca Giuseppe. "Massoneria e irredentismo. Il Circolo Garibaldi di Trieste tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10012.

Full text
Abstract:
2012/2013
La ricerca si occupa del Circolo Garibaldi di Trieste, associazione irredentista di stampo massonico sviluppatasi in Italia, a Trieste e in alcuni centri del Litorale adriatico tra Ottocento e Novecento. La puntuale analisi biografica dei soci e lo studio dei loro rapporti con società democratiche, leghe lavorative, comitati di reduci, circoli anti-clericali e logge massoniche, offrono insieme una mappatura esauriente dell'irredentismo sul territorio della penisola sinora assente nel panorama storiografico.
This thesis constitutes an in-depth survey of the history and activities of the Circolo Garibaldi di Trieste, an irredentist association strictly connected to freemasonry, which was born in Trieste and spread across Italy between the end of the Nineteenth and the Twentieth century. The research takes into account members' biographies as well as their relationships with lodges and patriotic associations of various kinds. Furthermore, the research maps for the first time the Italian irredentist movement on the whole, offering an original contribution to the study of contemporary Italian history.
XXVI Ciclo
1974
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
12

Marzi, Alessio. "Regioni d'Italia e migrazioni: politiche, pratiche e identità transnazionali. La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, 1952-1994." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10013.

Full text
Abstract:
2012/2013
La ricerca esposta nella presente tesi di dottorato è nata quattro anni fa dalla volontà di studiare da un punto di vista storico e in chiave comparata diacronica, sincronica e transnazionale, preferibilmente attraverso fonti e prospettive originali, i fenomeni migratori che hanno interessato l’Italia a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale. Fin dalla fase di definizione del progetto, da un primo spoglio della letteratura e dall’analisi di alcuni documenti, è emersa l'importanza delle amministrazioni locali come interlocutori istituzionali, nonché ambiti politici di riferimento per emigrati e rimpatriati italiani. Infatti, tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta si manifestò in quasi tutti i paesi di immigrazione l’apice di un complesso fenomeno che aveva un'origine più lontana (ora individuabile grossomodo negli anni Trenta): il riferimento politico e culturale da parte dei migranti italiani alla regione di origine, intesa contemporaneamente come un’area geografica variamente definita (ma comunque più grande di una città e più piccola dello stato nazionale), un livello amministrativo ed infine il luogo di origine e di residenza di una “comunità immaginata” diversa, quantitativamente e qualitativamente, sia da quella “nazionale” sia, soprattutto, da quella “paesana”. Tale identificazione originò un complesso sistema di legami informali e formali tra i migranti, e tra questi e le amministrazioni locali italiane, che variò a seconda della nazione di residenza, della regione di origine o a seconda dell'età, delle classi sociali, del livello di istruzione, dell'ideologia politica, del genere, della tipologia migratoria e, soprattutto, del periodo storico. L’obiettivo di questa tesi è quindi documentare ed interpretare, da un punto di vista storico, il “moderno” regionalismo degli emigrati italiani, con riferimento al periodo in cui esso si è maggiormente manifestato. In particolare, la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia fin da prima della sua nascita ebbe un ruolo di primo piano nella ridefinizione dei rapporti tra i migranti e la madre patria, riuscendo a rappresentare anche un trait d'union di precedenti e coevi fenomeni di mobilità geografica in uscita dal territorio regionale che - dal punto di vista storico, politico, economico e demografico - sono stati solitamente descritti e rappresentati come reciprocamente impermeabili, non confrontabili ed addirittura antitetici. Da un’analisi storica della legislazione statale e delle normative regionali è emerso anche come l’area friulgiuliana sia stata laboratorio, modello ed “apripista” non solo per le altre Regioni, ma anche per la stessa amministrazione centrale. E' soprattutto questo uno dei motivi che ci hanno indotto ad individuare nel Friuli-Venezia Giulia un valido case study per l'analisi dei fenomeni indicati, rispetto ai quali non verranno comunque trascurate fonti relative ad altre Regioni e soprattutto allo Stato nazionale. Lo spoglio della letteratura relativa al “secolo dell’emigrazione italiana”, nonché quella più teorica relativa ai concetti di sending state , diaspora building (la costruzione ad opera dei governi di “identità diasporiche”), emigration state (l’insieme di istituzioni, discorsi e pratiche interne, internazionali e transnazionali messe in campo da un governo in riferimento all’emigrazione) e politica transnazionale hanno ulteriormente rafforzato la convinzione dell’importanza di un’analisi storica che prendesse in considerazione le pratiche ed i discorsi identitari che si sono sviluppati tra l’estero e le regioni italiane (intese come territorio geografico) e che hanno coinvolto come interlocutore privilegiato, mediatore, patrocinatore o destinatario di azioni di lobby politica le stesse amministrazioni regionali. Come si vedrà le Regioni (e in misura minore e più limitata nel tempo, le Provincie) raccolsero ed allo stesso tempo alimentarono, anche modificandolo, il messaggio di alcuni migranti alla ricerca di nuove forme di appartenenza e partecipazione, complementari o alternative a quelle offerte dalla cittadinanza italiana o dal riconoscimento “etnico” nei paesi di immigrazione. Nel contesto locale, e per mezzo di canali di comunicazione circolare con le comunità espatriate, il lessico con cui gli emigrati raccontavano la propria esperienza riuscì talvolta ad essere trasformato in atti pubblici; di conseguenza, spesso, le leggi regionali espressero una definizione ed una interpretazione dell'emigrazione e dei rientri quasi antitetica a quella dello Stato italiano, che a volte rimaneva molto distante rispetto ai bisogni degli espatriati.
XXVI Ciclo
1977
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
13

Giorio, Maria Beatrice. "Gli scultori italiani e la Francia. Influenze e modelli francesi nella prima metà del Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7419.

Full text
Abstract:
2010/2011
Lo studio ha analizzato la presenza degli scultori italiani a Parigi dall'inizio del XX secolo alla fine degli anni Trenta, con l'obiettivo di ricostruire un capitolo importante della storia degli scambi artistici in Francia. Ci siamo serviti del metodo storico-filologico che è stato applicato agli scritti critici e alla stampa d'epoca. Per quel che riguarda l'inizio del secolo, abbiamo rilevato una partecipazione italiana considerevole ai principali eventi espositivi della capitale come i Salons ufficiali; il successo commerciale e di pubblico aveva consentito loro di ottenere un certo spazio tra gli artisti alla moda più conosciuti. Nel corso degli anni Venti abbiamo notato un numero meno significativo di scultori, interpretando questo fatto alla luce della situazione storica italiana, sottomessa a importanti cambiamenti, successivi all'ascesa del regime fascista. Gli italiani che si trovavano ancora in Francia in seguito alla Prima Guerra Mondiale non si inserivano pertanto all'interno delle ricerche artistiche italiane, dal momento che sostenevano degli indirizzi estetici ormai sorpassati. L'ultima parte del nostro studio si è concentrata sullo sviluppo del nuovo linguaggio artistico della penisola italiana, diffuso ormai anche all'estero. Gli scultori italiani potevano partecipare di conseguenza all'attività espositiva di Parigi, e mostrare il volto di una plastica finalmente cosciente delle proprie potenzialità. La Francia da parte sua acccoglieva di buon grado questo tipo di sperimentazioni al fine di creare un rapporto di amicizia duraturo con la nazione confinante.
This study has analyzed the presence of Italian sculptors in Paris from the beginning of the 20th Century to the end of the third decade, with the aim of reconstructing an important chapter of the history of artistic exchanges between Italy and France. We have favored an historical-philological method, based on critical publications and old French and Italian press. Concerning the beginning of the century, we have remarked a considerable participation of Italians in the main expositions in the French capital, such as official Salons; critical and market success allowed them to get a main role in the crew of the most popular artists. During the twenties, we have noted a less considerable participation of Italian sculptors; we have interpreted it in relation to historical context of fascist Italy, where the government was trying to develop a national cultural program. The Italian artists in France, after the First World War, didn't share the new Italian artistic orientation; they went on with outdated aesthetic choices. The last part of our research was interested in the development of the new Italian artistic language, finally known out of Italy. The Italian sculptors consequently could take part in arts activity in Paris, showing the face of a new sculpture, finally aware of its potentialities. France gave these experimentations a good welcome in the aim of constituting a longtime friendship with the Italian country.
Cet étude a analysé la présence des sculpteurs italiens à Paris du début du XX siècle à la fin des années Trente, afin de reconstituer un chapitre important de l'histoire des échanges artistiques en France. Nous nous sommes servis d'une méthode historique et philologique, qui a bien été appliquée aux écrits critiques et à la presse de l'époque. Pour ce qui concerne le début du siècle, nous avons remarqué une participation considérable de la part des italiens aux principaux événements expositifs de la capitale comme les Salons officiels; le succès de public et commercial leur avait permis d'obtenir une place parmi les artistes à la mode les plus connus. Pendant les années Vingt, nous avons constaté un nombre moins significatif de sculpteurs; nous avons lu ce fait en nous rapportant à la situation historique italienne, qui en ce temps subissait des importants changements dus à l'ascension du régime fasciste. Les italiens qui étaient encore présents en France après la Guerre ne s'inséraient guère dans le cadre des nouvelles recherches artistiques italiennes, ils poursuivaient, au contraire, des orientations esthétiques plutôt dépassées. La dernière partie de notre étude s'est intéressée à l'essor du nouveau langage artistique de la péninsule italienne qui pendant les années Trente se répandit enfin même à l'étranger. Les sculpteurs italiens pouvaient donc participer activement à la vie expositive parisienne, tout en montrant le visage d'une plastique qui avait enfin pris conscience de ses potentialités. La France de sa part accueillait volontiers ces expérimentations, dans le but d'instituer une relation d'amitié durable avec le pays voisin.
XXIV Ciclo
1982
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
14

Costi, Alessandra. "Il patrimonio storico artistico dell'ex convento delle monache domenicane di Modena." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7223/.

Full text
Abstract:
La tesi magistrale esamina il patrimonio storico-artistico dell'ex convento delle Dominicane di Modena, ricostruisce la storia dalla fondazione alla chiusura del monastero e ne analizza le opere d'arte attraverso uno studio iconografico e stilistico.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
15

Bonora, Anna <1992&gt. "Lo studio del microclima indoor per la conservazione preventiva del Patrimonio storico artistico e culturale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9799/1/Bonora_Tesi%20di%20Dottorato%202021_Ciclo%20XXXIII_UNIBO.pdf.

Full text
Abstract:
La conservazione preventiva degli edifici storici e dei beni custoditi al loro interno rappresenta una sfida ad oggi condivisa a livello internazionale. Tale conservazione dipende da numerose variabili, tra le quali il microclima indoor gioca un ruolo decisivo. Il fine di questa tesi è verificare come lo studio del microclima indoor, supportato dalla simulazione virtuale e dalla conoscenza storica delle evoluzioni dell’edificio stesso (legate a modifiche impiantistiche; architettoniche; d’uso; ecc., nel corso degli anni), costituiscano una base conoscitiva fondamentale, da cui architetti e restauratori possono partire per definire strategie specifiche, volte alla conservazione preventiva del Patrimonio. Per fare questo, l’autore presenta le indagini svolte per tre casi-studio: la Sala 33 della Reggia di Venaria Reale, in provincia di Torino, Italia; la Biblioteca Generale Storica dell’Università di Salamanca, in Spagna; il Portico della Gloria, nartece della Cattedrale di Santiago de Compostela, in Spagna. La metodologia definita e adottata per l’analisi e l’interpretazione dei dati di ciascun caso-studio ha previsto la comprensione e la messa in relazione tra: scelte costruttive; vicende evolutive delle singole architetture; fattori che ne determinano il microclima, letti (o ipotizzati) nelle relative modifiche diacroniche; degrado delle architetture e dei beni che sono custoditi in esse. Infine, uno degli esiti più innovativi della ricerca è stata la definizione di due indici di rischio: sono stati infatti definiti due nuovi indici (Heritage Microclimate Risk -HMR- e Predicted Risk of Damage -PRD-) legati al microclima degli edifici che ospitano beni e manufatti che costituiscono il patrimonio storico artistico e culturale. Tali indici sono stati definiti tenendo conto di tutte le variabili da cui il microclima dipende e dei fattori che ne determinano l’evolversi nel tempo e nello spazio.
The conservation and safeguarding of historic buildings, and of everything that is housed within them, represents a challenge whose value is currently shared at a world level, and it depends on several variables, with the microclimate playing a decisive role among them. This thesis is aimed to illustrate how the study of the indoor microclimate, supported by the virtual simulation and by the knowledge of the historical evolutions of the building (managerial, usage and architectonical changes over the years), represents a preventive practice which allows to evaluate and predict the interactions between objects and environment. To do that the author presents three case-studies: room 33 in the Palace of Venaria Reale, in Turin, Italy; the Historical Library of the University of Salamanca, in Spain; the Portico of Glory, in the Cathedral of Santiago de Compostela, in Spain. Moreover, for at least two decades, scientific literature in the field of preventive conservation, has been reporting experiences on individual case-studies relative to the study of indoor microclimate and criteria for the conservation of Cultural Heritage, in this regard, standards have also been enacted. Nevertheless, in the author view, the research involves stand-alone case-studies that are not comparable among one another, in particular about the risk assessment of the place where the assets are located and/or the damage that these assets may undergo as a result of the microclimate of their environment. For this reason, this contribution intends to present two risk indices related to the indoor microclimate: Heritage Microclimate Risk index, which defines the level of risk to which an indoor room is exposed, compared to maximum and minimum values defined according to standards or based on the historical microclimate; and Predicted Risk of Damage (PRD) index, which evaluate the risk of damage to which a specific material/object is exposed.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
16

Concato, Carlo <1987&gt. "La Casetta rossa di D'Annunzio Un percorso storico-artistico attorno alla dimora veneziana del Vate." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6013.

Full text
Abstract:
La tesi si propone di analizzare da vicino la casa in cui visse Gabriele D'Annunzio durante la Prima Guerra Mondiale, attraverso i vari personaggi che la frequentarono, oltre che la produzione artistica e letteraria legata ad essa. Le pagine intense del "Notturno" furono scritte durante la permanenza del poeta all'interno della Casetta rossa, appartenente al principe Hohenlohe, nobile di origine austriaca costretto all'esilio in Svizzera all'inizio del conflitto. La mia trattazione comprende inoltre una panoramica il più possibile esaustiva del contesto storico legato alle vicissitudini della dimora dannunziana sul Canal Grande. Complessivamente, la tesi può costituire una linea guida per un futuro progetto di recupero-tutela e/o itinerario tematico legato alla Casetta, oggi tristemente in stato di abbandono.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
17

Valcasara, Ilaria <1994&gt. "Studio di substrati per l'applicazione di tag anticontraffazione su materiali cartacei di interesse storico artistico." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13864.

Full text
Abstract:
Questo progetto di tesi nasce dalla necessità di sviluppare un sistema substrato innovativo per l'applicazione di tag idrofilici come metodo di anticontraffazione su materiali cartacei di interesse storico artistico. Lo studio per l'applicazione del substrato ha previsto la scelta di materiali compatibili con il mondo della conservazione e restauro che potessero rendere idrofobiche zone di interesse della carta, in modo da poter contenere e confinare micro-volumi di tag idrofilici e permetterne il successivo recupero senza danneggiare la matrice cartacea. La tesi si articola in tre parti: una prima parte di studio e caratterizzazione del materiale cartaceo reperito per la sperimentazione, una seconda parte in cui viene sviluppato e messo a punto il sistema substrato e una parte conclusiva di test di stabilità del sistema attraverso invecchiamento artificiale.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
18

Lorenzon, Lisa <1993&gt. "Tassazione e agevolazioni fiscali degli immobili di interesse storico artistico presenti nel territorio dello Stato." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15107.

Full text
Abstract:
Oggetto della presente tesi è lo studio delle previsioni di favore presenti nell’ordinamento interno di cui beneficia il soggetto proprietario di un bene culturale o titolare di altro diritto reale, con particolare riferimento agli immobili vincolati. Sarà richiamato il concetto di agevolazione fiscale e vagliata la legittimità costituzionale della stessa facendo riferimento alle Sentenze Costituzionali più note. A seguito delle nozioni introduttive saranno analizzate le agevolazioni fiscali connesse ai principali tributi che gravano sugli immobili vincolati. Ovvero: le imposte sui redditi, le imposte patrimoniali, le imposte d’atto sui trasferimenti immobiliari.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
19

Pistone, Nascone Salvatore. "Agostino Scilla. Percorso artistico e contesti." Doctoral thesis, Università di Catania, 2018. http://hdl.handle.net/10761/4005.

Full text
Abstract:
La presente tesi di dottorato mira a fare chiarezza sul percorso artistico e collezionistico del pittore Agostino Scilla (1629-1700), poliedrica figura di intellettuale tra Messina, sua città natia, e Roma, in cui visse gli ultimi venticinque anni della sua esistenza.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
20

De, Tullio Valeria. "Lilian Caraian,dagli anni '50 agli anni '70 del Novecento,nel fervente ambiente artistico triestino." Bachelor's thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/23219.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
21

D'ambrosio, Stefano. "Il romanzo storico italiano del XXI secolo. Indagine tipologica e risvolti ideologici." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10143.

Full text
Abstract:
2012/2013
La tesi si apre con un paragrafo introduttivo, dedicato a delineare per cenni lo scenario della produzione narrativa italiana dell’ultimo decennio sulla base di alcuni studi quantitativi che propongono una classificazione delle opere pubblicate in Italia entro una griglia articolata in cinque classi, fondate su categorie dell’immaginario narrativo. A partire dal quadro che questi studi lasciano intravedere, si prendono le mosse per introdurre la questione del romanzo storico, rendendo ragione di una produzione vasta, stratificata su più livelli, molto differenziata al proprio interno e capace di riscuotere interesse ed apprezzamento da parte del pubblico. Si accenna poi al discrimine cronologico che segna la rinascita del romanzo storico in età contemporanea: esso è dai più collocato sul finire degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta. Dopo aver passato in rassegna i titoli più significativi dei due decenni successivi, si prende posizione a favore della tesi della continuità tra il romanzo storico classico e la produzione più recente. Essa andrà dunque intesa non come vera e propria rifondazione del romanzo storico, bensì come momento di ritorno in auge dopo un periodo relativamente lungo di minor visibilità e di calo quantitativo. Dopo aver fatto il punto sulle più rilevanti proposte elaborate dalla critica negli ultimi trent’anni, si argomenta a favore di una definizione quanto più possibile ampia ed inclusiva, perché maggiormente funzionale a storicizzare in modo nuovo. Si sottolineano gli svantaggi dell’utilizzo dell’etichetta di ‘romanzo storico’ come categoria applicabile esclusivamente alla produzione ottocentesca e dell’introduzione di nuove etichette volte ad enfatizzare la natura irriducibile della produzione più recente alla formula e all’ideologia del romanzo storico classico. Si esplicita infine il significato che all’interno della ricerca si attribuirà all’etichetta di ‘romanzo storico’, specificando che esso è in larga misura fondato sulla definizione proposta da Vittorio Spinazzola. L’adozione di una definizione ampia ed inclusiva comporta la necessità di individuare all’interno del genere ‘romanzo storico’ alcune subcategorie dotate di una propria specifica coerenza. Per questa ragione si affronta sommariamente il nodo teorico del genere. Ci si sofferma in particolare sulle teorie elaborate in ambito semiotico ed ermeneutico, che costituiscono la cornice teorica di riferimento della ricerca. La finalità della ricerca è duplice: da un lato analizzare la fisionomia assunta dal romanzo storico contemporaneo, individuando morfologie ricorrenti, il loro rapporto con la produzione del recente passato e con la struttura del romanzo storico classico; dall’altro sondarne i risvolti ideologici per verificare se la produzione contemporanea possa essere considerata espressione di ‘impegno’. Si prende in considerazione una campionatura significativa di romanzi storici italiani editi nel decennio 2001-2010. Essi vengono organizzati in quattro subcategorie che presentano caratteristiche strutturali omogenee. In un primo filone i personaggi storici – tutti di primo piano – occupano il centro della scena narrativa e il vertice della gerarchia sociale; essi detengono il potere, da soli o in concorrenza con altri. L’epoca rappresentata coincide sempre con un potenziale bivio della storia. La rappresentazione dei fattori economici, sociali, culturali che concorrono a determinare i processi storici è del tutto marginale: la storia appare il frutto di decisioni personali, assunte nel chiuso dei palazzi e calate dall’alto sul popolo, il quale ne è il destinatario passivo. La narrazione è condotta attraverso il punto di vista di un personaggio di invenzione, che entra in contatto con i potenti influenzandone il comportamento. Egli non appartiene al mondo del potere: per questo può raccontarlo con uno sguardo affidabile e distanziato. Dalla sua prospettiva la storia gli appare un gioco di potere, l’esito di un complotto permanente che rimane celato alle masse perché la verità è sistematicamente censurata e falsificata. Romanzi analizzati: Nella variante morfologica di romanzi storici ‘al femminile’ il livello della grande storia, intesa come insieme degli eventi rilevanti sul piano politico-militare, rimane sullo sfondo o è del tutto ignorato; oggetto di interesse è, al contrario, la rappresentazione, in un tempo e in un luogo qualunque, di un assetto sociale ingiusto e discriminatorio nei confronti delle donne, che condanna il genere femminile in quanto tale ad una condizione di marginalità ed irrilevanza universalmente condivisa e accettata, in quanto ritenuta naturale ed immutabile. Questo filone si incarica di rintracciare nel passato esempi di eroine precorritrici dei tempi, portatrici di una moderna energia e sensibilità, capaci di sfidare le convenzioni sociali, la sensibilità e la cultura della loro epoca. Si tratta dunque di una tipologia finalizzata a gratificare un pubblico incline a rappresentare se stesso quale esponente o sostenitore di un modello di femminilità dinamico e moderno, che consapevolmente persegue, con un atteggiamento percepito come una forma di militanza, un modello sociale in cui la piena parità di diritti ed opportunità sia effettivamente compiuta. L’aggregato morfologico del romanzo storico-esistenziale sceglie di concentrare l’ottica narrativa sulla microstoria, incaricandosi di raccontare piccole vicende private, personali o familiari, che si sviluppano sullo sfondo di una Storia incombente e minacciosa. Si tratta di un modo di affrontare la rappresentazione del passato che sembra perseguire programmaticamente la scomparsa della dialettica tra macro e microstoria. Il filone storico-esistenziale non si preoccupa di spiegare la Storia: i romanzi ad esso riconducibili sono accomunati dalla scelta di dare della storia una rappresentazione emotiva, in base alla quale essa appare una manifestazione sensibile del male. Il lettore di questi romanzi vede nella storia un’unica insensata carneficina: non distingue, non contestualizza, perché ha già un’idea precostituita della storia. La storia è l’attualizzazione del male che è inscritto nell’animo umano, è l’esito manifesto di un peccato originale. I romanzi storici postmoderni – quarta variante tipologica – non intendono divulgare conoscenza storica, né utilizzare il passato come metafora del presente, ma indagare la possibilità stessa di fare storia. Il rapporto diretto, aproblematico tra fatto storico e discorso storiografico viene incrinato. I quesiti posti da questi romanzi sono di natura epistemologica: vengono indagate le relazioni che si instaurano tra documento storico e narrazione su di esso fondata, viene esplicitata la natura equivoca delle fonti ed instillato il dubbio sulla loro neutralità, viene smascherato il quoziente di arbitrarietà di qualsiasi narrazione storiografica, è denunciata l’inevitabile compromissione con il potere di ogni discorso sul passato. Questi romanzi non appaiono focalizzati sulla ricostruzione di un determinato periodo storico, né sulla comprensione del passato sulla base di una logica di antecedenza/conseguenza, bensì su questioni che travalicano i limiti di un orizzonte temporale limitato per porsi in termini astorici e metastorici: più che condurre una riflessione sulla storia, riguardo alla quale postulano l’impossibilità di una conoscenza oggettiva di qualunque tipo, conducono una riflessione sulla storiografia, erodendo il confine che la separa dall’invenzione letteraria, confine percepito come infondato e artificiale. In una cornice narrativa di secondo grado, che funge da metanarrazione, viene inscenato il processo di elaborazione del discorso storiografico: si fornisce qui una rappresentazione drammatizzata del lavoro dello storico, servendosi di un personaggio che, per ragioni narrative, cerca di ricostruire il passato e di riappropriarsene, ma si trova paralizzato in una congerie di dati e di testimonianze, autentiche o fasulle, fra loro non armonizzabili, che conducono ad altrettanti vicoli ciechi Il quinto filone, dedicandosi alla ricostruzione della cultura, dell’immaginario, della sensibilità e della percezione della realtà proprie di un’epoca trascorsa, coniuga un’estrema fedeltà al dato storico con la produzione di un effetto di straniamento, che va nella direzione opposta rispetto all’esito mimetico tipico del romanzo storico. In questo aggregato testuale la narrazione è condotta attraverso il punto di vista di un narratore che condivide i parametri di una cultura estinta, totalmente estranea all’orizzonte culturale del presente, oppure di una cultura che, pur prossima alla nostra, presenti modelli cognitivi così lontani da quelli attivi nel presente, da produrre una sistematica infrazione dei parametri di verosimiglianza comunemente accettati. Il tentativo di riportare in vita il passato per mezzo della più fedele adesione ad una visione del mondo ormai tramontata sfocia paradossalmente in un effetto di irrealtà, che spalanca le porte del romance e conduce in territori affini a quelli della fiaba e del mito. Di fronte a questo modo di rappresentare la realtà e narrare la storia, assolutamente realistico dal punto di vista del narratore, ma totalmente spiazzante per il lettore radicato in un tempo e in una cultura diversi, si produce quell’esitazione di cui parla Todorov riguardo al fantastico, la cui radice consiste nella scoperta e nell’esplicitazione dell’irriducibile alterità del passato rispetto alla fisionomia del presente. L’obiettivo di questi romanzi non è però trasportare il lettore in una dimensione fantastica, bensì di spingerlo ad assumere consapevolezza degli schemi mentali che guidavano popoli lontani nello spazio e nel tempo: cioè dare una spiegazione razionale (la relatività storica delle civiltà umane) ad un iniziale effetto di esitazione o spaesamento. I risultati a cui si è pervenuti restituiscono un’immagine complessa dello scenario letterario di inizio millennio, che conferma solo parzialmente le due ipotesi sulle quali si era aperta e per le quali si rinvia al capitolo terzo. Per quanto riguarda la morfologia assunta dal romanzo storico nel periodo considerato, non trova riscontro l’assunto dell’affermazione di una struttura radicalmente nuova: accanto ad alcuni tratti di originalità, la maggior parte dei romanzi storici analizzati ripropone e contamina paradigmi consolidati. Riguardo al tema dell’impegno, l’analisi dei testi non pare evidenziare una linea di tendenza statisticamente rilevante: si può parlare di un impiego del passato con finalità di battaglia politica in un numero non significativo di casi; si tratta inoltre di un impegno non di rado viziato da un atteggiamento narcisistico e populistico.
XXV Ciclo
1975
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
22

Donà, V. "Diagnostica e monitoraggio del degrado di manufatti ceramici di valore storico - artistico: la facciata del Grande Hotel Ausonia & Hungaria." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421683.

Full text
Abstract:
This Ph.D. thesis reports on the results obtained by a research on the productive technology and the decay of glazed ceramic tiles (XX century), and on polymeric treatments employed for their restoration. The subject has been the ceramic tiles of the Grande Albergo Ausonia  Hungaria at the Lido of Venice; it is a unique example of Art Nouveau artwork because the decoration of its façade of 700 m2 was completely decorated with mono- and polychrome lead glazed tiles made by the local pottery master Luigi Fabris (Bassano del Grappa, 1883 – 1952). The characterization of the materials, that is the ceramic body and the glaze, and of the body-glaze interface has been carried out by electron scanning microscopy (FEG-ESEM-EDS-EBSD), X ray powder diffraction (XRPD) and electron microprobe analyses (EMPA). The results have revealed some of the raw materials used to produce the mortars and the tiles, their firing temperatures and firing method. The tiles, totally coated with high lead glaze, are classifiable as earthenware made with the clay of the river Tretto´s quarry (Vicenza, Italy). The neo-formation phases such as gehlenite and diopside in the ceramic body allowed to estimate a firing temperature lower than 1000 °C. A thorough study of the inclusions in the glaze and of the body-glaze interface has allowed the identification of the firing method. The results have shown a double firing process for the monochromatic tiles, while in the case of polychromatic tiles a third firing was executed. The decay of the materials has been studied by scanning electron microscopy (FEG-ESEM-EDS) and the results have shown that deterioration interested both tiles and mortars, and that both the ceramic technology employed by the artist and the weathering may be responsible of the decay. The presence of neo-formation compounds such as lead silicate, together with microrganisms, salts, metal particles and porous carbon particulates probably coming from atmospheric pollution has been detected. Finally, in the present work the evaluation of degradation processes of acrylic and Si-based polymers applied as protective coating on the lead glazed tiles has been reported. An assessment in marine environment of the durability of traditional products, i.e. acrylic Paraloid B72, poly methylphenyl siloxane Rhodorsil RC90 and innovative SiO2 coating applied by sol-gel technique, was performed. The coating, applied on the glazed surface of the tiles, were exposed for three years on the façade to the marine atmosphere. Polymer’s modifications and water repellent efficiency have been monitored each year by physical-chemical measurements and investigations. Optical and electron microscopy (FEG-ESEM) have been used to appreciate the morphological modification of the treatments, FT-IR micro-spectroscopy has been performed in order to detect possible chemical changes of the polymers, while surface wettability has been evaluated by contact angle measurements. The results obtained have shown that through the time polymers underwent chemical changes due to the interaction with environment.
La presente tesi di dottorato riporta i risultati ottenuti da un’indagine inerente la tecnologia produttiva ed il degrado di piastrelle ceramiche invetriate (XX secolo), unitamente ai trattamenti polimerici utilizzati per il loro restauro. Oggetto di studio sono state le piastrelle ceramiche della facciata del Grande Albergo Ausonia  Hungaria sito al Lido di Venezia. L’edificio è un’opera d’arte in stile Liberty la cui unicità risiede nel fatto che la sua facciata, con superficie paria a 700 m2, è stata completamente decorata con piastrelle monocrome e policrome rivestite con vetrina piombifera, realizzate dal noto ceramista veneto Luigi Fabris (Bassano del Grappa, 1883 - 1952). La caratterizzazione dei materiali costitutivi della facciata, identificabili con le piastrelle e le malte, è stata eseguita mediante microscopia elettronica a scansione (FEG-ESEM-EDS-EBSD), diffrazione dei raggi X (XRPD) e microsonda elettronica (EMPA). I risultati hanno rivelato alcuni dei materiali originali utilizzati per produrre le malte e le piastrelle, e le temperature ed i metodi di cottura delle ceramiche. Le piastrelle, interamente rivestite da una vetrina piombifera e classificabili come terraglie tenere, sono state prodotte utilizzando un’argilla bianca cavata nella valle del fiume Tretto (Vicenza). L’identificazione di fasi di neo-formazione come ghelenite e diopside nel corpo ceramico ha permesso di stimare una temperatura di cottura inferiore a 1000 °C. Grazie ad uno studio approfondito delle inclusioni presenti nella vetrina e dell’interfaccia vetrina – corpo ceramico è stato possibile definire il processo di cottura; in particolare, dai risultati è stato possibile concludere che le piastrelle monocrome sono state prodotte con un processo di bi-cottura, mentre quelle policrome hanno subito un’ulteriore cottura con lo scopo di fissare i ritocchi pittorici finali. Il degrado dei materiali è stato studiato mediante microscopia elettronica a scansione (FEG-ESEM), ed i risultati hanno messo in luce il fatto che esso interessa sia le malte sia le piastrelle, e che sembra essere stato favorito sia dalla tecnologia ceramica utilizzata dall’artista sia dall’invecchiamento per azione dell’ambiente. Inoltre, è stata rivelata la presenza di composti di neo-formazione come silicati di piombo, oltre a microrganismi, sali, particelle metalliche e particolato carbonioso poroso associati all’inquinamento atmosferico. Infine, nel presente lavoro sono riportati i risultati riguardanti lo studio dei processi di degrado di polimeri acrilici e a base di silicio applicati come film protettivi sulle piastrelle invetriate. In particolare, è stata valutata la durabilità in ambiente marino di prodotti tradizionali, quali l’acrilico Paraloid B72, il fenilmetilsilossano Rhodorsil RC90 e di uno innovativo, la SiO2 preparata con processo sol – gel. I polimeri, una volta applicati su piastrelle originali, sono stati esposti all’azione dell’ambiente per tre anni. Mediante indagini e misure fisico-chimiche sono state analizzate rispettivamente le modifiche strutturali dei polimeri e la loro efficacia come protettivi. La microscopia ottica ed elettronica (FEG-ESEM) ha permesso di osservare le modifiche morfologiche dei trattamenti, le analisi mediante micro-spettroscopia infrarossa sono state eseguite con lo scopo di rivelare eventuali modifiche chimiche riconducibili ad un degrado dei polimeri, mentre la misura dell’angolo di contatto è stata eseguita con lo scopo di valutare la bagnabilità delle superfici. I risultati hanno evidenziato il fatto che tali polimeri nell’arco di tempo considerato hanno subito modifiche dal punto di vista chimico a causa della loro interazione con l’ambiente.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
23

FRASCHINI, ERICA. "TEORIE E INDIRIZZI APPLICATIVI DEI MUSEI STATUNITENSI NELL'EDUCAZIONE DEGLI ADULTI: UNA LETTURA CRITICA E UNA PROPOSTA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/281.

Full text
Abstract:
La presente ricerca è volta a collegare l'ambito artistico all'educazione degli adulti. Primo obbiettivo della ricerca è stato riconoscere le peculiarità dell'apprendimento adulto per potere individuare quali tra esse fossero da considerare irrinunciabili in una pedagogia per il patrimonio artistico. Il primo capitolo è dedicato a ripercorrere la letteratura critica relativa al tema dell'apprendimento degli adulti nei musei per mettere in luce: 1) le caratteristiche dell'apprendimento adulto che devono essere considerate nel progettare attività rivolte a questo tipo di pubblico. 2) le teorie pedagogiche maggiormente diffuse in ambito museale americano e che influenzano le esperienze europee. Il secondo capitolo nasce come continuazione del primo e tenta di offrire un'alternativa al modello costruttivista di museo, portando all'attenzione il concetto di persona derivante dalla posizione filosofica realista. Il terzo capitolo si divide in due parti: la prima rende conto della fase di osservazione condotta presso il Solomon Guggenheim Museum, il Metropolitani Museum of Art e il Museum of Modern Art di New York. Presso tali istituzioni museali ho individuato un'attività che per la metodologia adottata ha costituito il modello di riferimento per la fase applicativa della ricerca condotta presso il Museo dell'Ottocento di Milano e descritta nella seconda parte del capitolo. I risultati della sperimentazione hanno confermato la validità di tale metodologia e hanno aperto il campo a nuove riflessioni.
The aim of this research is to make a connection between art and lifelong learning. The first goal of the study was to underline the specific features of adult's learning to identify which should be considered as crucial in the artistic heritage pedagogy. The second goal was to study an approach to the artwork that fitted the requirements of adult's learning. The first chapter is dedicated to consider: 1. the essential characteristics of adult's learning to be considered in the process of planning activities and 2. the most widespread pedagogic theories in American museums, and how they influence European works. The second chapter tries to describe an alternative to the constructivistic model of the museum, focusing on the concept of person that arise from the realistic philosophy. The third chapter is formed by two parts: in the first it is described a period of participant observation at the Guggenheim Museum, the Metropolitan Museum of Art and the Museum of Modern Art of New York. During that period, I identified an activity that formed the methodological basis for the practical activity I realized at the Museo dell'Ottocento of Milan. This activity is described in the second part of the chapter. The results of the groundwork confirmed the high quality of the methodology and encourage further studies.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
24

FRASCHINI, ERICA. "TEORIE E INDIRIZZI APPLICATIVI DEI MUSEI STATUNITENSI NELL'EDUCAZIONE DEGLI ADULTI: UNA LETTURA CRITICA E UNA PROPOSTA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/281.

Full text
Abstract:
La presente ricerca è volta a collegare l'ambito artistico all'educazione degli adulti. Primo obbiettivo della ricerca è stato riconoscere le peculiarità dell'apprendimento adulto per potere individuare quali tra esse fossero da considerare irrinunciabili in una pedagogia per il patrimonio artistico. Il primo capitolo è dedicato a ripercorrere la letteratura critica relativa al tema dell'apprendimento degli adulti nei musei per mettere in luce: 1) le caratteristiche dell'apprendimento adulto che devono essere considerate nel progettare attività rivolte a questo tipo di pubblico. 2) le teorie pedagogiche maggiormente diffuse in ambito museale americano e che influenzano le esperienze europee. Il secondo capitolo nasce come continuazione del primo e tenta di offrire un'alternativa al modello costruttivista di museo, portando all'attenzione il concetto di persona derivante dalla posizione filosofica realista. Il terzo capitolo si divide in due parti: la prima rende conto della fase di osservazione condotta presso il Solomon Guggenheim Museum, il Metropolitani Museum of Art e il Museum of Modern Art di New York. Presso tali istituzioni museali ho individuato un'attività che per la metodologia adottata ha costituito il modello di riferimento per la fase applicativa della ricerca condotta presso il Museo dell'Ottocento di Milano e descritta nella seconda parte del capitolo. I risultati della sperimentazione hanno confermato la validità di tale metodologia e hanno aperto il campo a nuove riflessioni.
The aim of this research is to make a connection between art and lifelong learning. The first goal of the study was to underline the specific features of adult's learning to identify which should be considered as crucial in the artistic heritage pedagogy. The second goal was to study an approach to the artwork that fitted the requirements of adult's learning. The first chapter is dedicated to consider: 1. the essential characteristics of adult's learning to be considered in the process of planning activities and 2. the most widespread pedagogic theories in American museums, and how they influence European works. The second chapter tries to describe an alternative to the constructivistic model of the museum, focusing on the concept of person that arise from the realistic philosophy. The third chapter is formed by two parts: in the first it is described a period of participant observation at the Guggenheim Museum, the Metropolitan Museum of Art and the Museum of Modern Art of New York. During that period, I identified an activity that formed the methodological basis for the practical activity I realized at the Museo dell'Ottocento of Milan. This activity is described in the second part of the chapter. The results of the groundwork confirmed the high quality of the methodology and encourage further studies.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
25

Redaelli, Davide. "I veterani delle milizie urbane in Italia e nelle province di lingua latina. Indagine storico-epigrafica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11103.

Full text
Abstract:
2013/2014
Le coorti pretorie, le coorti urbane e gli equites singulares Augusti costituivano i corpi d'élite dell'esercito romano per via di un reclutamento selezionato e di un trattamento privilegiato rispetto alle altre unità. Lo studio si propone di indagare il fenomeno del veteranato di queste tre formazioni in un arco di tempo che va da Augusto all'ascesa di Diocleziano e in uno spazio che copre l'Italia, con l'esclusione di Roma e del suo suburbio fino al X miglio, e le province di lingua latina. L'indagine si basa sull'esame della documentazione epigrafica nella quale lo status di veterano di uno o più personaggi menzionati nel testo è sicuro e l'appartenenza ad uno dei tre corpi analizzati è certa o molto probabile. Il lavoro si divide in due parti: nella prima vi è un commento ad ogni singola testimonianza, nella seconda vengono svolte considerazioni di carattere generale sui veterani delle milizie urbane. Tali considerazioni scaturiscono da una visione complessiva della documentazione. Si vuole tentare in questo modo di rispondere a interrogativi riguardanti i rapporti sociali e l'integrazione di questi veterani nelle comunità scelte come residenza dopo il congedo, la loro partecipazione alla vita civica e le attività economiche cui si dedicavano. Una particolare attenzione è rivolta a riconoscere quanti veterani decidevano di rientrare in patria o di stabilirsi in località diverse da quelle natie e le motivazioni che guidavano tale scelta, la loro provenienza e la loro estrazione sociale.
Due to a preferential treatment and special recruitment among the military units, praetorian guard, urban cohorts and equites singulares Augusti were the élite troops of ancient roman army. This research aims to investigate the social and material life of the veterans of this élite troops, in a period of time included between Augustan age and Diocletian rise. It also considers a territory including Italy, except Rome and its suburbs until the tenth mile, and latin speaking provinces. This work is based on an epigraphic documentation in wich the veteran status of one or more subjects is proven and the belonging to one of the three élite corps is certain or probable. The research is divided into two parts. In the first part an analysis and a description is made for each documentary source. In the second part, general considerations are expressed about the veterans of urban militias. These considerations stem from an accurate documentation overview. The purpose is to answer questions regarding the integration and social relations between veterans and the community chosen to live with after the disbandment or, for example, the activities and the role of a veteran in civic and economical life. Specific attention is also paid to the territorial origin, social background and about the choice, made by a veteran, to return home or settle elsewhere after the service.
XXVII Ciclo
1986
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
26

Chaban, Antonina. "Non-invasive methods for the study of wall decorations in art history and archaelogy Metodi non invasivi per lo studio degli apparati decorativi di interesse archeologico e storico-artistico." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3422212.

Full text
Abstract:
Wall paintings and mosaics, especially those of archaeological and art historical interest, represent a complex object of study. They are characterized by the presence of a highly valuable decorated surface and several underlying preparation layers, acting as interface to the structural support. The presence of hidden defects within this structure can be related to the ageing and deterioration of materials, inhomogeneities can be the result of past restoration interventions on the ancient artwork. This thesis project introduces a combined in-situ non-invasive approach to characterize ancient wall decorations and their underlying support in art historical and archaeological field. For this purpose, experimental in-situ and laboratory tests are aimed to evaluate the applicability, potentialities and limitations of the combination of four portable electromagnetic methods: - Multispectral imaging (MI), using a modified camera with visible, infrared and ultraviolet filters (300-1000 nm), applied to analysis of the decoration layer; - Holographic subsurface radar (HSR), with 6.4-6.8 GHz antenna), applied to analysis of the shallow subsurface layers; - Infrared thermography (IRT), applied to analysis of the subsurface structure; - High resolution ground penetrating radar (GPR), with a full polar 2 GHz antenna for the investigation of the internal structure of the wall. Operating with different frequencies and related different penetration depth and resolution, these techniques can provide complementary information regarding the surface (i.e. materials, pigments, degradation phenomena, restorations etc.) and its underlying layers (i.e. structural integrity, differences in materials, presence of humidity, detachments, cracks etc.). The in-situ tests were performed on some representative case studies in Italy and Greece, which date to different periods and are characterized by different site conditions and conservation state of the analyzed decorations. The in-situ experimental approach, proposed in the thesis, was integrated by laboratory tests, using additional non-invasive methods: Digital Holographic Speckle Pattern Interferometry and Stimulated Infrared Thermography (DHSPI-SIRT). The experimental approach has shown that the applicability of in-situ methods is strongly conditioned by the intrinsic characteristics of decorated surfaces (high value, geometry, degradation state), to which the use of non-invasive contact methods (GPR and HSR) is limited. The in-situ results are strongly influenced by logistics and acquisition conditions. The key contribution of this thesis is evaluation of advantages and limitations of the tested in-situ non-invasive investigation approach for the diagnostics of ancient wall paintings and mosaics. This experimental research has shown that portability, remote access, immediate visualization and interpretation of data are crucial in the development of general guidelines (non-invasive investigation protocol) for the diagnostics of wall paintings and mosaics. These characteristics are essential for efficient interdisciplinary collaboration between scientists, art historians, archaeologists, conservators and curators, aimed at correct monitoring and conservation planning of wall paintings and mosaics.
Pitture e mosaici parietali, soprattutto quelli di interesse storico-artistico e archeologico, rappresentano un oggetto di studio complesso. Oltre alla struttura fisica, generalmente costituita da una superficie esterna decorata e preziosa e dai diversi strati di preparazione che fungono da interfaccia con il supporto strutturale e che caratterizzano tutti i tipi di decorazioni parietali senza distinzione di tipologia e di epoca di realizzazione, si deve infatti tener conto anche della componente molto importante legata alla storia e alla vetustà  del manufatto. Questo comporta la possibilità  che ci siano presenti anomalie legate al degrado dei materiali e dei supporti e disomogeneità  legate ai restauri che possono aver interessato l'opera nel tempo. La possibilità di ottenere informazioni preliminari in modo non invasivo su tutti gli strati e sulle eventuali anomalie ivi presenti, costituisce pertanto un punto chiave nella diagnostica in-situ delle decorazioni parietali soprattutto per quelle di interesse storico-artistico o archeologico. Il presente progetto di ricerca, attraverso un approccio di tipo sperimentale, mira a testare le potenzialità e limiti di alcuni metodi elettromagnetici per indagini in situ di tipo non invasivo su pitture e mosaici parietali antichi. A tale scopo, sono stati presi in considerazione quattro diversi metodi di indagine: - l'Imaging Multispettrale (MI), utilizzando una macchina fotografica modificata e quattro differenti filtri (VIS-UV- e tre bande IR), per analisi, nel range 300-1000 nm, sulla superficie esterna decorata; - il Radar Olografico (HSR), utilizzando un'antenna con 5 frequenze comprese tra 6.4 GHz e 6.8 GHz, per l'analisi dei primi strati al di sotto della superficie esterna decorata; - la Termografia infrarossa (IRT), per l'analisi delle anomalie sub-superficiali; il georadar (GPR) ad altissima risoluzione, con un'antenna full polar da 2 GHz, per l'analisi della struttura interna dell'apparato murario al di sotto della superficie decorata. Operando con frequenze diverse, corrispondenti a profondità di indagine e risoluzioni differenti, queste tecniche possono in generale fornire informazioni preliminari sulla superficie (per esempio su materiali, pigmenti, stato di degrado, precedenti interventi ecc.) e sugli strati sottostanti (integrità strutturale, differenze nei materiali, presenza di umidità, distacchi, crepe, ecc.). Le misure in-situ sono state condotte su alcuni casi studio rappresentativi in Italia e in Grecia, relativamente a manufatti che risalgono a epoche diverse, in differenti contesti e differenti stati di conservazione. L'approccio sperimentale ha dimostrato che l'applicabilità dei metodi in situ è fortemente condizionata dalle caratteristiche intrinseche delle superfici di pregio (alto valore storico artistico, geometria, stato di degrado), che limitano l'uso dei metodi non invasivi a contatto (GPR e HSR) e che i dati sono inoltre fortemente dipendenti dalla logistica e dalle modalità di acquisizione. La sperimentazione in situ proposta nella tesi è stata integrata con test di laboratorio, utilizzando anche altri metodi non-invasivi, quali l'interferometria olografica e termografia infrarossa attiva (DHSPI-SIRT). Questo lavoro di ricerca ha evidenziato che portabilità, uso a distanza, immediata visualizzazione e interpretazione dei dati sono elementi cruciali nello sviluppo di un approccio non invasivo alla diagnostica di pitture murali e mosaici e risultano fondamentali per la caratterizzazione preliminare, per l'efficiente monitoraggio, la corretta diagnosi e l'adeguata pianificazione degli interventi sulle decorazioni parietali di interesse storico-artistico e archeologico nell'ottica di un'efficace collaborazione interdisciplinare tra componente scientifica e umanistica (storici dell'arte, archeologi) e con conservatori e curatori di questi preziosi beni.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
27

D'Amelio, Diego. "Ritratto di un'élite dirigente. I democristiani di Trieste 1949-1966." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/30670.

Full text
Abstract:
2009/2010
Questa tesi di dottorato si pone l’obiettivo di ricostruire la vicenda e il profilo del ceto dirigente politico-amministrativo espresso dalla Democrazia cristiana di Trieste, dal dopoguerra alla metà degli anni Sessanta. L’élite democristiana viene qui assunta come caso di studio: l’attenzione alla dimensione locale punta a contribuire, più generalmente, all’analisi storiografica rivolta negli ultimi anni alle classi dirigenti repubblicane; al ruolo dei partiti nella transizione tra fascismo e democrazia; al funzionamento dei meccanismi di rappresentanza e di integrazione fra centro e periferia. La tesi presenta linee interpretative e spunti metodologici innovativi, resi possibili da un approccio interdisciplinare che unisce storia e scienze sociali (statistica e sociologia). Il testo è diviso in due sezioni: la prima ripercorre la parabola della DC e del movimento cattolico politico di Trieste, la fase di formazione dei suoi protagonisti, le ragioni del consenso e il progetto di fondo perseguito. La seconda parte definisce in termini sociologici il profilo dell’élite – età, provenienza, studi e professione – considerando nel contempo estrazione sociale, preparazione, canali di reclutamento, fattori di legittimazione, risultati elettorali, schieramenti correntizi, ruolo degli istriani (insieme bacino di consenso e serbatoio di classe dirigente), processi di occupazione del «potere», ricambio politico-generazionale e sviluppo delle carriere. Informazioni dettagliate sono state raccolte su un campione di circa 200 persone, ovvero su coloro i quali diedero forma alla classe dirigente cattolica nell’arco cronologico prescelto. Questi elementi ricoprirono ruoli decisionali – con gradi di responsabilità diversi – nello scudo crociato, nelle realtà elettive e in quelle di nomina politica: la ricerca ha permesso di ricostruirne fisionomia socio-anagrafica, presenze negli enti locali e negli organi di partito, schieramento correntizio e reticoli collaterali. Sui detentori degli incarichi più rilevanti, circa 70 persone, è stata inoltre avviata una più approfondita analisi delle biografie e delle carriere. Le fonti utilizzate sono numerose: archivio provinciale del partito (recentemente messo a disposizione dall’Istituto Sturzo e mai utilizzato sistematicamente prima d’ora), stampa, anagrafe, archivio comunale e diocesano, fondi personali, memorialistica e interviste. La codifica e l’esame dei dati ha consentito di realizzare a supporto dell’esposizione circa 20 tabelle e oltre 70 biografie, contenute in due appendici poste alla fine del volume. Il testo mette in luce il quadro d’insieme del ceto democristiano: la composizione degli organismi elettivi e di partito, le caratteristiche individuali e di gruppo dell’élite, il rapporto tra militanza e ruoli pubblici, il profilo delle correnti e le proporzioni della geografia politica interna, il seguito elettorale, le forme di collateralismo (Azione cattolica, ACLI, sindacato e associazionismo istriano), le biografie e il processo di costruzione della nuova leadership. Particolare attenzione è stata prestata agli aspetti generazionali e correntizi: ciò ha consentito di mettere in connessione età, formazione e progetto politico; valutare il peso specifico delle singole correnti nel partito e negli enti; analizzare i criteri di suddivisione dei vari incarichi e i processi di ricollocamento prodotti dalla nascita di nuove tendenze. Si tratta di un approccio in parte inedito, generalmente non utilizzato in lavori simili a questo, ma allo stesso tempo fondamentale per fornire nuove chiavi di lettura alla storia politica e per avvicinarsi con rigore a un’organizzazione strutturata come la Democrazia cristiana. Il lavoro ha cercato infine, quando possibile, di assumere una prospettiva comparativa, per paragonare il contesto locale ai meccanismi funzionanti a livello nazionale e in altre aree del paese, individuando così uniformità e sfasamenti generazionali e politici. Il metodo utilizzato in questa sede è ormai affinato e potrebbe essere applicato alla DC triestina degli anni successivi, ai diversi partiti del teatro giuliano, a gruppi dirigenti cattolici di altre città oppure al livello nazionale dello scudo crociato e delle istituzioni, su cui le informazioni sono peraltro ben più abbondanti. Il sistema messo a punto permetterebbe infine di essere utilizzato – con gli adattamenti del caso – anche sulle più recenti generazioni politiche. I vantaggi che questi sviluppi promettono per un approccio comparativo sono evidenti. In conclusione, la tesi ricostruisce le vicende e le caratteristiche di un’élite periferica, affermatasi in assenza di una tradizione politico-culturale precedentemente radicata e capace di governare Trieste dal dopoguerra alla fine degli anni Settanta. Il testo prende in esame la formazione, l’affermazione, i progetti, le scelte e le linee politiche di due differenti generazioni di cattolici, influenzate inevitabilmente dalla peculiare situazione del confine orientale e dalla necessità di ripensare la dimensione del confine, dopo la stagione liberal-nazionale e il fascismo. In un primo momento la Democrazia cristiana si assicurò il consenso, assumendo la responsabilità della «difesa dell’italianità» e dell’anticomunismo, in un territorio sottratto alla sovranità dello Stato, sottoposto ad amministrazione anglo-americana e oggetto di una dura contesa ideologica e statuale. Dopo il 1954 una nuova leva sostituì il ceto dirigente degasperiano, impegnandosi nel superamento dell’emergenza e nella «normalizzazione» della politica, dell’amministrazione, dell’economia e dei rapporti fra italiani e sloveni, nell’ambito del centro-sinistra. La DC giuliana propose insomma una strategia in due tempi, riassunta dalla storiografia con la formula di «cattolicesimo di frontiera»: esso fu impostato nel dopoguerra, venne radicalmente aggiornato dopo il ritorno all’Italia e si concluse alla fine degli anni Settanta, davanti alle reazioni suscitate dal trattato di Osimo. Tale periodo corrispose a importanti evoluzioni del quadro nazionale, con il superamento del centrismo e la maturazione dei fermenti di rinnovamento all’interno del mondo cattolico italiano. L’analisi dei nodi descritti è accompagnata dall’indagine sulle concrete ricadute della svolta politica e generazionale, avvenuta nel 1957, prima nel partito e di riflesso nell’ambito elettivo. L’ascesa della corrente di Iniziativa democratica e poi dell’area «doro-morotea» produssero infatti significative modifiche della linea e del personale politico, che corrisposero peraltro alla costruzione dell’egemonia democristiana nello spazio pubblico, grazie al definitivo controllo degli enti locali, della Regione autonoma a Statuto speciale e all’elezione dei primi deputati nel 1958. L’esame dei meccanismi di occupazione dei principali gangli dell’amministrazione è supportata dai dati statistici raccolti, i quali ben evidenziano le caratteristiche socio-anagrafiche, le reti di relazione e le dinamiche di potere che contraddistinsero il ceto politico democristiano di Trieste.
Introduzione Il panorama 9 Il dialogo fra storia e scienze sociali 14 Costruire le basi per una biografia collettiva 17 Le motivazioni di una proposta metodologica 22 Ringraziamenti 29 Sezione 1 Difesa nazionale e «normalizzazione». Il ceto dirigente cattolico nel dopoguerra triestino Antonio Santin, Edoardo Marzari e la «vecchia guardia»: la preparazione del domani 31 La difesa dell’italianità e la costruzione del consenso 56 Uomini nuovi: «normalizzazione» ed egemonia democristiana 77 Il progetto della terza generazione 104 Sezione 2 Correnti, generazioni e potere nella Democrazia cristiana di Trieste (1949-1966) La Democrazia cristiana, gli altri partiti e la prova del voto 126 Il nuovo corso della DC. Il «cambio della guardia» del maggio 195 140 Le correnti. Composizione e assetto del motore politico democristiano 158 Il Comune e la Provincia. Le ricadute istituzionali del «cambio della guardia» 176 L’«imprenditore politico». La Regione e il parlamento 195 La costruzione dell’egemonia. Gli enti di secondo grado 201 La creazione di un’élite. I processi di ricambio e le carriere 211 Conclusioni 253 Appendice A - Le tabelle 276 Appendice B - Le biografie 300 Abbreviazioni 464
XXII Ciclo
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
28

Testi, Cesare. "Lo stato dell’arte della sicurezza antincendio in italia: il passaggio dall'approccio di tipo prescrittivo a quello di tipo prestazionale e le nuove prospettive per la tutela dagli incendi negli edifici di interesse storico-artistico. Un caso di studio: l'incendio del Teatro La Fenice di venezia." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12226/.

Full text
Abstract:
L'elaborato ha l'obiettivo di illustrare lo stato dell'arte della sicurezza antincendio in Italia e descrivere al contempo il cambiamento che, negli ultimi anni, sta interessando la materia in ordine alle modalità di approccio progettuale, ovvero della repentina traslazione da un quadro normativo di tipo "prescrittivo" a quello di tipo "prestazionale". Verranno illustrate le principali disposizioni europee che hanno dato avvio a questo nuovo modo di intendere la sicurezza contro il rischio di incendio, nonchè come l'Italia abbia recepito tali nuovi concetti e strumenti non solo nei settori della normazione e della certificazione, ma anche in quello della ricerca su prodotti ed opere di costruzione. Verranno illustrati in modo particolare il DM 9/5/2007, con il quale vengono fornite le prime direttive per l’attuazione dell’approccio prestazionale ed il recente DM 3/8/2015, cosiddetto Codice di Prevenzione Incendi, con il quale il Dipartimento VV.F. ha di fatto ufficializzato la necessità di ricorrere ai principi della Fire Safety Engineering. Alla luce poi delle difficoltà inerenti l'applicazione di misure prescrittive negli edifici tutelati ai sensi del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, l'elaborato illustrerà come il metodo prestazionale, pur sempre nel rispetto della sicurezza di persone e beni, risulti più flessibile verso determinate esigenze. Verrà illustrato come i mezzi e le tecnologie oggi disponibili consentano un approccio alla materia sicuramente più mirato, oltre che per l'ovvia necessità di limitare gli oneri inutili. L'elaborato si conclude con un caso di studio relativo all'evento che nel 1996 ha coinvolto, e quasi del tutto distrutto, il Teatro La Fenice di Venezia: verranno illustrate le varie fasi dell'evento, a partire dall'accertamento delle cause da parte della Procura fino alle attuali misure di protezione dagli incendi adottate nel nuovo Teatro ricostruito su progetto di Aldo Rossi.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
29

CARDONE, JASON. "LA VALORIZZAZIONE DEL BENE STORICO ARTISTICO ED ARCHITETTONICO ITALIANO TRAMITE LE NUOVE TECNOLOGIE: DUE CASI STUDIO." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11562/958162.

Full text
Abstract:
La mia ricerca è incentrata sulle formulazioni e le giustificazioni delle metodologie stabilite per la realizzazione di un modello virtuale e interattivo mirante a valorizzare il bene storico-artistico e architettonico. L'indagine si sviluppa sulla base di uno status quaestionis riguardante le visite virtuali nel contesto museale. Essa espone le procedure e le operazioni che, nell’insieme, hanno permesso la realizzazione del modello e del contenuto scientifico e storico-artistico fruibile tramite lo stesso. Il mio lavoro abbraccia inoltre la ricerca storico-artistica per la produzione di contenuto documentaristico fruibile tramite tale modello digitale.
My dissertation focuses on how the experience of understanding of artistic and architectural patrimony (beni culturali) can be enriched through their diffusion via new technologies. The research has taken form as a set of case studies where criteria were established leading to the choice of two significant Italian examples Renaissance buildings, each with interiors that contain accompanying ensembles of paintings integrated into the physical space where they are present. I describe the development of evaluation processes that lead to the use of different technologies and to collaborations with a wide spectrum of experts consulted in order to bring the case studies to an advanced level of applicability. This technological research was accompanied by studies in the development of content reflecting the art-historical character of the subjects involved. The methodologies of these two aspects, technological and art historical, combine in our final results, embodying the theory to practice nature of Digital Humanities as a contemporary field of study.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
30

Vairo, Giulia Rossi. "D. Dinis del Portogallo e Isabel d'Aragona in vita e in morte. Creazione e trasmissione della memoria nel contesto storico e artistico europeo." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10362/13854.

Full text
Abstract:
La Tesi è incentrata sulle figure di D. Dinis e Isabel d’Aragona, reali del Portogallo (fine del XIII-prima metà del XIV secolo), e si focalizza sul processo di creazione e trasmissione della memoria, elaborato e messo in atto dai sovrani nel corso della loro esistenza. L’atto finale di questo annoso processo fu la realizzazione dei loro monumenti funebri creati per essere conservati nella chiesa del monastero cistercense di São Bernardo e São Dinis di Odivelas, la tomba del re, e nella chiesa del monastero di Santa Clara e Santa Isabel di Coimbra, quella della regina. Infatti, in modo del tutto inedito rispetto alla tradizione precedente, i re commissionarono e videro in vita realizzati i sepolcri che avrebbero dovuto preservare la loro memoria per l’Eternità. Essi furono concepiti a priori come parte integrante del progetto monumentale più vasto costituito dagli edifici monastici che li avrebbero dovuti custodire. In tale prospettiva, è stata rivolta particolare attenzione alla storia del monastero di Odivelas, assurto a pantheon della Monarchia, seppure per breve tempo, e al monastero di Coimbra, ultima dimora della regina Isabel una volta fallito il progetto del pantheon reale a causa della guerra civile che sconvolse il regno del Portogallo tra il 1319 e il 1324. Oltre ai sepolcri reali, sono state prese in esame alcune opere di architettura e di scultura legate alla committenza regia – in coppia o individualmente –, in particolare tre tombe coeve, due delle quali destinate ad altrettanti membri della famiglia reale. All’interno di questa Tesi, i monumenti funebri esaminati sono stati considerati non solo come strumento privilegiato per la commemorazione del defunto, ma anche come forieri di un preciso messaggio indirizzato a tutti coloro che avrebbero fruito della loro visione. Così, l’iconografia dei sepolcri è stata analizzata alla luce della spiritualità e della religiosità dei sovrani, oltre che dal punto di vista stilistico e formale. Come premessa allo studio prettamente storico-artistico, inizialmente sono stati approfonditi i rapporti tra il regno del Portogallo e la Sede Apostolica al momento dell’ascesa al trono di D. Dinis e, successivamente, il tema della guerra civile che vide contrapporsi il re e il principe, il futuro Alfonso IV. A questo scopo, integra la Tesi un’Appendice documentaria che presenta 64 documenti, la maggior parte dei quali inediti. Questo studio intende dimostrare come il Portogallo dionisino si collochi pienamente nell’orbita culturale mediterranea e proporre nuove affermazioni, considerazioni ed ipotesi rispetto ai re Dinis e Isabel, alle loro vicende storiche e personali e alla memoria di sé che vollero trasmettere ai posteri.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
31

DE, LUCA SILVIA. "Quando Assisi non era serafica. La facciata della cattedrale di San Rufino nel contesto storico-artistico di una città-stato del XIII secolo." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1029691.

Full text
Abstract:
Studio dedicato alla cattedrale di San Rufino in Assisi, in particolare alla sua facciata romanica. Vengono presi in esame la datazione del prospetto, gli aspetti materiali, il contesto storico-artistico del romanico nei territori del Patrimonium Sancti Petri, l'iconografia delle sculture e l'analisi stilistica.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
32

Rovella, Natalia, Pietro Pantano, Gino Mirocle Crisci, and Russa Mauro Francesco La. "Approccio multidisciplinare applicato allo studio delle interazioni tra nanoparticelle e substrati lapidei di diversa natura finalizzato alla conservazione di monumenti di interesse storico-artistico." Thesis, 2013. http://hdl.handle.net/10955/935.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
We offer discounts on all premium plans for authors whose works are included in thematic literature selections. Contact us to get a unique promo code!

To the bibliography