Academic literature on the topic 'Incorporazione'

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Journal articles on the topic "Incorporazione"

1

Zadra, Franca. "Implementare il servizio di mediazione linguisticoculturale in ambito sanitario. Uno studio di caso in Alto Adige." MONDI MIGRANTI, no. 1 (March 2021): 171–75. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-001009.

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Abstract:
Questo contributo esplora il processo d'implementazione del servizio di mediazio-ne linguistico-culturale nel principale ospedale di Bolzano, documentando i fattori che hanno contribuito all'incremento nelle modalità delle prestazioni e nell'utilizzo del servizio. Oltre alla diffusa percezione dell'impatto positivo del servizio sulla qualità ed efficienza della prestazione sanitaria con pazienti immigrati, la crescita è stata favorita dai programmi di formazione congiunta tra operatori sanitari e mediatori, le forme di incorporazione stabile di mediatori nel contesto sanitario e l'adattamento del loro ruolo alle necessità specifiche dei vari contesti.
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2

Costello, Diarmuid. "Cosa mai è successo all’“incorporazione”? L’eclisse della materialità nell’ontologia dell’arte di Danto." Rivista di estetica, no. 35 (August 1, 2007): 113–28. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.4089.

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3

Stokłosa, Marek. "Przejście zakonnika z własnego do innego instytutu." Prawo Kanoniczne 52, no. 3-4 (December 10, 2009): 91–115. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.04.

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Abstract:
Il passaggio a un altro istituto è uno dei primi modi previsti dal can. 684 del Codice del 1983, con cui avviene la separazione di un religioso dal proprio istituto. Essa viene prospettata dal legislatore in tre ipotesi: - passaggio da un istituto religioso a un altro; - passaggio da un monastero “sui iuris” a un altro sempre “sui iuris” dello stesso istituto, o federazione, o confederazione; - passaggio ad un istituto secolare o una società di vita apostolica, o viceversa. Il passaggio del religioso, però, non interrompe l’appartenenza allo stato religioso, ma cambia solo lo specifico della sua vocazione. I voti emessi nell’istituto di provenienza rimangono, ma con il passaggio definitivo devono essere osservati secondo le regole e il carisma del nuovo istituto. Il passaggio del religioso ad un altro istituto consiste solo nel fatto della perdita della sua incorporazione o iscrizione nell’istituto d’origine, con i relativi diritti e doveri, a favore dell’acquisto della nuova incorporazione, comprese tutte le sue conseguenze, nel nuovo istituto dopo aver emesso di nuovo la professione a norma del diritto. Il passaggio può essere determinato da varie cause. Il motivo può constare nella ricerca da parte del religioso di un’attuazione più piena e perfetta della sua vocazione, che si realizza nella volontà di Dio. Gli altri motivi del passaggio potrebbero essere: la debolezza fisica o psicologica, che non permette di affrontare la vita austera di un istituto, o la possibilità di vivere in maniera più piena la propria consacrazione in un altro istituto che abbia uno stile di vita più sensibile alle caratteristiche della persona. Purtroppo ci sono anche quelle causate da un malcontento dovuto a contrasti con i propri superiori, o l’inadattabilità alle costituzioni e regole. L’oggetto del presente studio consta nella descrizione delle tre summenzionate ipotesi del passaggio, degli elementi fondamentali della loro procedura e infine degli interventi dei competenti superiori.
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Bonizzoni, Paola. "Migrazioni femminili e traiettorie di incorporazione: tra continuità e mutamento nei contratti di genere." MONDI MIGRANTI, no. 3 (April 2014): 95–120. http://dx.doi.org/10.3280/mm2013-003005.

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5

Wunenburger, Jean-Jacques. "Extase scopique, sédimentation langagičre et inscription corporelle. Les images dans la civilisation contemporaine." PARADIGMI, no. 3 (November 2009): 71–83. http://dx.doi.org/10.3280/para2009-003006.

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Abstract:
- Linguistic Sedimentation, and Bodily Inscription At present, we are exposed to an excessive offer of images, which raises a problem of assimilation. Subjects are increasingly passive, in ways that can border on pathological conditions. Yet, it is not so much a question of condemning this situation as of finding a way of re-symbolizing images, saving them from mere contemplation and inserting them in a process of contextualisation. Such a process requires an understanding of the role of the body and of the incorporation of images along the lines of Bachelard's intuition of the "resisting" nature of images. This raises the possibility of an education to images suited to the present age.Key words: Alienation, Education, Embodiment, Image, Informatics, Symbolisation.Parole chiave: Alienazione, Educazione, Immagine, Incorporazione, Informatica, Simbolizzazione.
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6

Falcao Casaca, Sara, and Joao Peixoto. "Flessibilitŕ e segmentazione del mercato del lavoro in Portogallo: genere e immigrazione." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 117 (May 2010): 116–33. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-117009.

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Abstract:
L'articolo offre una panoramica generale del mercato del lavoro portoghese, utilizzando il genere e l'immigrazione come prospettiva di analisi. In uno scenariodi flessibilizzazione crescente del lavoro, la maggiore partecipazione delle donne nel mondo del lavoro e l'aumento dell'immigrazione hanno svolto un ruolo decisivo. Sia le donne sia gli immigrati sono piů presenti nei segmenti piů precari dell'occupazione, il che significa che essi hanno contribuito a sostenere alcune delle dinamiche occupazionali piů recenti. L'articolo presenta alcuni dei principali indicatori della situazione delle donne nel mercato del lavoro (tassi di partecipazione, settori di attivitŕ, accordi contrattuali, lavoro part-time e disoccupazione), insieme ai dati relativi agli immigrati stranieri (tassi di partecipazione, settori di attivitŕ, fenomeni di discriminazione, accordi contrattuali e disoccupazione). Si conclude evidenziando come i modelli di incorporazione delle donne e degli immigrati nel mercato del lavoro continuano a subire forti ostacoli strutturali che impediscono l'uguaglianza e l'integrazione.
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Ronald Dodds Fairbairn, William. ""La rimozione e il ritorno degli oggetti cattivi (con particolare riferimento alle ‘nevrosi di guerra')" (1943)." PSICOANALISI, no. 2 (December 2021): 5–27. http://dx.doi.org/10.3280/psi2021-002001.

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Abstract:
In questo lavoro del 1943, Fairbairn espone la sua concezione di una teoria della personali-tà, basata sulle relazioni oggettuali, da cui deriva l'innovativa visione di una psicopatologia incentrata sullo studio delle relazioni dell'Io con i suoi oggetti interiorizzati. Partendo dall'osservazione di bambini vittime di attacchi sessuali ed aggressivi, Fairbairn descrive co-me, attraverso processi di incorporazione, interiorizzazione e identificazione, il bambino assu-me su di sé il peso della malvagità subita, tentando così di reinstaurare un senso di sicurezza esterna con la conseguente patologica presenza di oggetti cattivi interiorizzati. L'autore ci mo-stra come la necessità di far fronte a tale insicurezza interna comporterà da parte del bambino l'utilizzo di costose difese per fronteggiare il senso di persecutorietà che ne deriva. Fairbairn ritrova conferma delle sue asserzioni attraverso la rilettura del saggio freudiano Una nevrosi demoniaca nel secolo decimosettimo (1922). Rilegge quindi fenomeni, quali la reazione tera-peutica negativa, la coazione a ripetere ed il trauma medesimo, alla luce delle sue innovative considerazioni teoriche, servendosi delle osservazioni cliniche e psicoterapeutiche tratte dalla sua esperienza di ufficiale medico con pazienti affetti da disturbi psichici post traumatici, nel corso del secondo conflitto mondiale.
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Fornabaio, Giovanni. "Chi inquina, paga." Milan Law Review 3, no. 1 (September 28, 2022): 49–92. http://dx.doi.org/10.54103/milanlawreview/18734.

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Abstract:
Con la sentenza n. 4 del 22/10/2019, il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’ammissibilità di un ordine di bonifica di siti inquinati ai sensi dell’articolo 244 del codice dell’ambiente a carico di una società non direttamente responsabile dell’inquinamento ma subentrata a quella responsabile per effetto di fusione per incorporazione. La risoluzione della questione passa per la qualificazione giuridica della condotta di inquinamento ambientale antecedentemente alla introduzione della bonifica dei siti inquinati. Occorre analizzare i rapporti tra questa condotta e l’istituto della bonifica, normativamente successivo, e dare risposta ai quesiti, per un verso, se sia possibile ordinare la bonifica per fatti risalenti ad epoca antecedente alla introduzione di quest’ultima a livello legislativo, per l’altro, e in caso di risposta positiva, se sia possibile farlo in un contesto di operazioni societarie straordinarie, quale è la fusione, che hanno portato la società responsabile a non essere più direttamente imputabile per il fatto dannoso. Pertanto, serve fare chiarezza sulla trasmissibilità degli obblighi e delle responsabilità conseguenti alla commissione di un illecito per effetto di operazioni societarie straordinarie. Nella disamina delle questioni giuridiche esposte, l’elaborato si sofferma sulla prevenzione e riparazione del danno ambientale e sulla analisi del regime di imputazione della responsabilità connessa.
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Gallina, Annita. "Note a margine di uno scritto. William Ronald Dodds Fairbairn: "La rimozione e il ritorno degli oggetti cattivi (con particolare riferimento alle ‘nevrosi di guerra')"." PSICOANALISI, no. 2 (December 2021): 37–53. http://dx.doi.org/10.3280/psi2021-002003.

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Abstract:
L'autrice commenta, in chiave storico-critica, il lavoro di William Ronald Dodds Fairbairn, scritto dopo l'esperienza avuta con pazienti affetti da disturbi psichici, conseguenti ai traumi subiti nel corso del secondo conflitto mondiale. Attraverso l'analisi del lavoro condotto da Fairbairn, con pazienti traumatizzati, viene mostrato come lo stesso giunse a formulare impor-tanti osservazioni intorno alla patologia schizoide e alla psicologia delle relazioni oggettuali. Quest'ultima innovativa concezione condusse alla stesura di un modello del funzionamento mentale organizzato intorno a strutture dinamiche operanti all'interno dell'Io/Sé. Attraverso l'attuarsi di processi di incorporazione, scissione e rimozione dell'oggetto materno, secondo la concezione di Fairbairn, si andava costituendo un Io frammentato impegnato in un proliferare di relazioni interne con oggetti compensatori. Metafora clinica che, a tutt'oggi, ben si presta a fornire un'interpretazione della patologia schizoide e che condusse alla creazione di un modello strutturale delle relazioni a fianco del preesistente modello pulsionale. La considerazione che la psicopatologia fosse un riflesso delle interferenze e difficoltà delle relazioni con gli altri e non la risultante di un conflitto inconscio tra impulsi tesi alla ricerca di piacere, apriva inoltre a nuove reinterpretazioni. Allo stesso modo la concezione di un Io, fornito di energia propria che persegue l'oggetto e non il piacere, conduceva a un modello di sviluppo che considerasse le vicissitudini della relazione materno infantile; sino a giungere alla concezione di Fairbairn, se-condo la quale, le esperienze traumatiche, avvenute durante l'infanzia, inducendo privazione esiterebbero in una condizione dove il non riuscire a sentirsi amati come persone condurreb-be a un sovrainvestimento in un mondo interno a discapito di relazioni di dipendenza, senza le quali non è possibile alcuno sviluppo
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10

"La psicosomatica nel paradigma biomedico e nella prospettiva dell'antropologia medica." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 3 (September 2012): 389–402. http://dx.doi.org/10.3280/pu2012-003003.

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Abstract:
Il paradigma biomedico in cui č incardinata la psicosomatica č fondato sulla dicotomia mente-corpo, e su una concezione del corpo astorica e universale. La psicosomatica presenta pertanto una visione asettica e decontestualizzata in cui la malattia e il corpo sono spogliati di ogni valenza simbolica, sociale, politica. La prospettiva dell'antropologia medica apre la strada a un nuovo paradigma, di cui si avverte le necessitŕ, per una lettura critica dei fenomeni in una chiave antidicotomica, in cui il concetto di somatizzazione č sostituito da quello di incorporazione, e il corpo non č piů solo superficie di iscrizione dei registri simbolici, ma sede in cui l'economia, il potere e la disuguaglianza mostrano i loro effetti incarnati.
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Dissertations / Theses on the topic "Incorporazione"

1

MAZZAGATTI, LORIS. "L'obesità e l'esperienza del corpo nell'era dell'opulenza. Incorporazione, stigma e identità." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2014. http://hdl.handle.net/10281/53434.

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Abstract:
Negli ultimi tre decenni nelle società occidentali contemporanee si è registrato un cospicuo e repentino aumento del numero di individui in stato di obesità. Sovente si è riferito circa la fattiva propagazione di tale condizione fisica nelle popolazioni dei Paesi economicamente più avanzati nei termini di una vera e propria pandemia. Parallelamente a ciò, nel medesimo contesto sociale si è altresì accordata una crescente rilevanza al dato corporeo. Il corpo ha, infatti, assunto un ruolo sempre più centrale nel processo di definizione e di rappresentazione del sé dell’attore sociale contemporaneo. Tuttavia non può essere taciuto come l’incremento della prevalenza dell’obesità sembra, di fatto, disattendere e contraddire le aspettative in merito a uno scenario sociale contrassegnato da un elevato valore attribuito al corpo a fini identitari. L’obesità, benché sempre più diffusa, non cessa invero di rappresentare una disposizione fisica condannata dal punto di vista della morale, dell’estetica e del benessere individuale e collettivo, nonché di costituire la causa di frequenti pregiudizi e altrettante assidue discriminazioni per quanti la sperimentano. Costatato il suo indubbio portato stigmatizzante, tale condizione corporea pare prima facie disfunzionale nell’illustrazione di un’identità positiva e coerente e di un percorso biografico coeso e riuscito. La tesi di dottorato qui anticipata tenta pertanto d’interrogarsi proprio sulle precise modalità con cui i sempre più numerosi soggetti obesi vivono tale dotazione fisica con riferimento all’espressione del loro sé. Proprio il desiderio di comprendere come si coniughi il rilievo assunto dal dato corporeo con la sperimentazione di un corpo obeso e quindi stigmatizzato ha stimolato il presente lavoro. In particolare si è cercato di studiare come il corpo obeso sia esperito in rapporto ai processi di costituzione e di rappresentazione delle singole identità, appurando più in dettaglio l’eventuale possibilità dell’individuo di elaborare e di aggirare il suo portato svalutante. Lo scritto si presenta dunque suddiviso in due parti. La prima parte (dal capitolo 1 al capitolo 5) è dedicata alla rassegna del nutrito corpus di contributi teorici ed empirici riguardanti la stigmatizzazione dell’obesità e all’esame della letteratura sociologica concernente la più generale relazione tra il corpo e l’identità nel contesto sociale tardo-moderno. La seconda parte (dal capitolo 6 al capitolo 10) è invece riservata alla presentazione e alla discussione dei risultati della personale ricerca condotta su un gruppo di 40 soggetti obesi attraverso la realizzazione di interviste discorsive. Tale sezione offre, accanto alla disamina degli effetti della stigmatizzazione sul sé e sul modo di interagire con gli altri, anche l’analisi del singolare vissuto corporeo esperito in relazione all’obesità. Un vissuto marcatamente compromesso dalla sperimentazione dell’insoddisfazione estetica, della compromissione dell’efficienza organica e dell’incompatibilità con lo spazio fisico circostante ma altresì paradossalmente caratterizzato dall’esperienza della dissociazione dal dato corporeo e dell’evitamento dello stesso.
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LESMO, ILARIA ELOISA. "L'emergenza delle malattie rare e le nuove soggettività della cura. Biopotere, agency ed incorporazione nella produzione di nuovi saperi sul disagio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2014. http://hdl.handle.net/10281/53871.

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Abstract:
La categoria di “malattie rare” emerse nei primi anni Ottanta, a seguito delle pressioni esercitate da alcune associazioni di volontariato statunitensi sul governo federale, in merito al problema dei cosiddetti “farmaci orfani”. Il concetto, pur non derivando da ambienti specificamente biomedici (l’accademia o la clinica), mirava a definire talune esperienze di afflizione contraddistinte da una serie di elementi peculiari. Esso riguardava un gruppo indefinito ed estremamente eterogeneo di patologie, caratterizzate da ridotti criteri di frequenza nella popolazione, e che pure nell'insieme interessavano un numero assai consistente, e sempre crescente, di individui. Nonostante la variabilità delle condizioni che li affliggevano, tali individui sarebbero stati accomunati da esperienze di isolamento, scarso riconoscimento e profonda incertezza, proprio a motivo della “rarità” dei loro disagi. Per rispondere alle esigenze di questi individui, pertanto, si sarebbero rese necessarie bio-logiche e bio-politiche peculiari, che avrebbero coinvolto contemporaneamente diversi gruppi di interesse: le istituzioni governative, le case farmacuetiche, le associazioni di pazienti, le accademie e gli istituti di ricerca. Nel corso di una decade le nuove pratiche discorsive inerenti alle “malattie rare” si diffusero in ambito internazionale. Esse produssero nuove logiche classificatorie, trasformarono talune pratiche clinico-terapeutiche, ridefinirono gli accessi a carriere e a fonti di finanziamento e attivarono nuove forme di biocittadinanza, nuovi centri di potere, nuove reti di alleanze e nuove modalità di inclusione/esclusione. Evidentemente gli stessi soggetti afflitti, così come gli operatori impiegati nell'ambito delle malattie rare, andarono appropriandosi in vario modo di tali discorsi, negoziando significati e pratiche ed iscrivendosi all'interno di dinamiche biopolitiche complesse. La mia ricerca etnografica ha inteso esplorare come la categoria di “malattia rara” abbia plasmato l'esperienza di alcuni soggetti (operatori e pazienti), intervenendo all'interno del sistema sanitario italiano, modellando le pratiche di cura e attivando specifici processi di soggettivazione. Il lavoro è stato condotto nell'ambito della Rete Interregionale delle Malattie Rare di Piemonte e Valle d'Aosta, e si è concentrato in particolar modo presso il Centro di Coordinamento Interregionale della Rete (CMID) e presso il principale policlinico pediatrico della stessa rete, l'Ospedale Infantile Regina Margherita. Nei due Centri condussi una serie di osservazioni, svolsi diverse interviste e partecipai a conferenze, riunioni e progetti incentrati sulle “malattie rare”. Nel corso della ricerca, la categoria di “malattie rare” emerse come uno strumento estremamente plastico che i diversi soggetti agivano di volta in volta per perseguire obiettivi differenti e spesso contrastanti. In particolare, in ambito biomedico vi si ricorreva per ricondurre disagi confusi e di difficile interpretazione ad una tassonomia riconoscibile, strutturando così una sorta di “pangolino biomedico” che esprimeva contemporanemante il rischio di sovvertire il sistema classificatorio in uso, il tentativo di controllare tale rischio, e i nuovi potenziali socio-culturali che pure ne scaturivano. Gli afflitti, dal canto loro, ricorrevano alle pratiche inerenti le malattie rare per ottenere legittimazione e volgere specifiche economie politiche e morali a proprio vantaggio, ma anche per accedere a forme di produzione del sapere che riconoscessero specifiche interpretazioni delle loro esperienze. In alcuni casi essi tentavano così di denunciare forme di sofferenza sociale o violenza strutturale, ricorrendo alle malattie rare per esercitare più efficacemente la propria agency. Per concludere il mio lavoro, ho infine voluto esplorare se, e in che misura, io sia riuscita ad introdurre la pratica antropologica all'interno di tale contesto di sapere-potere. Osservando la mia stessa partecipazione sul campo, ho quindi indagato come l'antropologia abbia potuto intervenire nelle nuove pratiche emergenti relative alle malattie rare, analizzando le potenzialità e le crisi che mi sono trovata ad affrontare, di volta in volta, in tale impresa.
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ACQUISTAPACE, ALESSIA. "“Tenetevi il matrimonio, dateci la dote” Implicazioni economiche delle relazioni d’affetto oltre la coppia nell’Italia urbana contemporanea." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/158310.

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Abstract:
Il focus della mia ricerca sono le relazioni d'affetto, intimità, soldarietà e cura oltre la coppia e la famiglia, e le loro implicazioni economiche nel capitalismo postfordista. A partire da un'epistemologia femminista e queer, indago l'esperienza di reti affettive formate da amic*, coinquilin*, amanti, partner in relazioni sessuo-affettive non convenzionali, compagni* di attivismo, riflettendo sul rapporto con la precarietà e su come si articola il rapporto fra sfera produttiva e riproduttiva nel contesto di queste relazioni. In particolare ho cercato di indagare etnograficamente che forme prende, nell’esperienza concreta di questi soggetti (me inclusa), la “messa a valore della vita” che caratterizza il capitalismo postfordista. Tema trasversale alla ricerca è il rapporto fra rappresentazione e incorporazione, e fra condizioni materiali e culturali dell’esistenza, inclusa la problematizzazione di questa dicotomia. Questa ricerca è strettamente intrecciata all’autoinchiesta su “altre intimità”, lavoro e neomutualismo condotta dal SomMovimento NazioAnale, rete di collettivi e singol* transfemministe queer di cui il mio collettivo, il Laboratorio Smaschieramenti, fa parte. Il lavoro di campo si è svolto in centri urbani del Centro e del Nord Italia, con persone di età compresa fra i trenta e i cinquant’anni circa che, per motivi e in modi diversi, non incentrano la propria vita su una relazione di coppia – presente o immaginata a venire – né sul persistente legame con la famiglia d'origine, bensì su altre relazioni di affetto, intimità e cura. Si tratta di lesbiche, gay, trans*, donne e uomini cisgenere, che avevano relazioni omo- o eterosessuali, sebbene l’esperienza lesbica ed ftm/ft* sia quella indagata con maggior ampiezza.
My research deal with the economic implications of relationships of intimacy, care and support not based on kinship or couple ties. Relying upon a feminist and queer epistemology, I researched the experience of various affective networks: friends, flatmates, lovers in non normative sexual relationships, comrades from networks of grassroot activism among others. My aim is to understand how the relationship between productive and reproductive labor works in this context . My ethnographic inquiry focuses more specifically on the ways in which “life is put at labor” in the experience of the subjects, myself included. This research is intertwined with the self inquiry on “other intimacies”, work and self organized mutual support promoted by the network “SomMovimento NazioAnale”. The Network is composed of transfeminist and queer collectives and single activists . Fieldwork was conducted in urban areas of center and northen Italy with people approximately 30-50 years old who did not organize their lives around a couple relationship, nor on persisting strong ties with their families of origin. They rather organize their livesby relying on different relationships of love, care and intimacies. They are lesbians, gays, trans*, cisgender women and men who had homosexual or heterosexual relationships. The lesbian and ftm/ft* experience has been carefully investigated.
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PEDRINI, LORENZO. "Muoversi come pugili colpire come compagni. Uno studio sull'organizzazione sociale della boxe popolare." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2018. http://hdl.handle.net/10281/199173.

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Abstract:
Questa tesi presenta i presupposti epistemologici, concettuali, e i risultati di una sorta di esperimento sociologico. Tale sperimentazione ha consistito nello studio dei processi di riproduzione e rinnovamento delle culture politiche secondo una prospettiva che, abbracciando il paradigma dell’incorporazione, pone al centro dell’interesse analitico la natura carnale, sedimentata, situata degli agenti sociali e le pratiche sociali. Per confinare il campo d’indagine, è stata presa a riferimento la cultura dei gruppi appartenenti alla sinistra di movimento contemporanea – anche nota come sinistra antagonista. L’oggetto della ricerca empirica ha riguardato l’organizzazione sociale della boxe popolare. In via del tutto preliminare, per boxe popolare si fa riferimento a una versione non sportivizzata di pugilato promosso dalle palestre popolari riunite in coordinato informale (Coordinamento Antifascista delle Palestre Popolari Autogestite). Le palestre popolari sono luoghi dedicati all’esercizio fisico sorti nelle principali città italiane a partire dall’inizio del nuovo secolo, o all’interno di centri sociali, o per iniziativa di attori collettivi autogestiti. Lo studio, un’etnografia di 18 mesi svolta nell’area metropolitana di Milano, ha inteso ricostruire i codici culturali della boxe popolare e come questi vengono messi in circolazione con l’allenamento quotidiano orientato a modellare il corpo e il carattere del boxeur competente. Le piste d’indagine seguite sono state quattro: il radicamento del pugilato nei gruppi autogestiti di matrice antifascista; l’identità della boxe popolare; la struttura dei team; le pedagogie del corpo/apprendistato alla boxe popolare. L’approccio analitico adottato fonde tra loro teoria della pratica sociale, teoria della comunità di pratica, aspetti della teoria disposizionale dell’azione e della teoria della civilizzazione. La tesi si apre con un chiarimento sui problemi conoscitivi affrontati nell’elaborato. In seguito ad una rassegna della letteratura che costruisce la griglia interpretativa della ricerca sono presentati i risultati dello studio. Le conclusioni discutono i dati presentati fornendo un’interpretazione generale del caso studio, avanzando alcune ipotesi sulla (sotto)cultura politica esaminata e, più in generale, su come approcciare la produzione di visioni del mondo nello scenario post-politico contemporaneo oltre i limiti del concetto di ideologia e delle prospettive sociologiche disincarnate
The thesis is concerned with the sociological understanding of political culture reproduction in contemporary society drawing on an embodied perspective. To apply this perspective, thesis is focused on the culture of Italian leftist grassroots groups. The empirical basis of the study is an ethnography of the social organization of boxe popolare codified by palestre popolari. Palestre popolari have been flourishing in the main Italian cities since the early 2000s. These gyms constitute a venue for leisure participation that are run by several left-wing grassroots organizations. In recent years, these Italian people’s gyms have been strengthening their connections in order to codify the unsportized version of boxing called boxe popolare (people’s boxing). At the present time, several illegal fight nights among people’s boxing teams take place during the year. The fights are arranged outside the jurisdiction of the Italian Boxing Federation, instead functioning with reference to an alternative regulatory framework created by a people’s gym network (Coordinamento Antifascista Palestre Popolari Antifasciste). Drawing on an 18-months multi-sited participant observation and several in-depth interview, the thesis analyses the situated practices of boxe popolare. It explores how the explicit and implicit regulation of people’s boxing exercises in specific social setting give shape to a set of distinct somatics. The discussion’s primary lines of inquiry are the embeddedness of boxing among leftist grassroots groups; the people’s boxing fair play; the social structure of peoples’ boxing classes; peoples’ boxing body pedagogics. The main argument of the manuscript is that a range of values and virtues related to a political far-left identity – such as autonomy, commonality, mutuality, resistance, and the respect for one’s own self and the others – are being expressed and renewed thanks to the ways through which the boxers’ bodies are invested and deployed. The first part of the manuscript defines the research topics and framework. The second part of the thesis tracks down the social organization of boxe popolare. The manuscript closes with a discussion of ideological production in Western post-political society.
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5

TOSI, GIORGIA. "How embodiment shapes our perception: evidence of body and space." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/277383.

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Abstract:
Una grande varietà di input sensoriali dal mondo e dal corpo, sono continuamente integrati nel cervello al fine di creare rappresentazioni mentali sovramodali e coerenti del nostro stesso corpo. La plasticità è una caratteristica fondamentale di tali rappresentazioni, che consente costanti cambiamenti adattativi nelle funzioni mentali e nel comportamento. Anche le rappresentazioni corporee possono cambiare in base all'esperienza e, soprattutto, possono essere temporaneamente modificate mediante protocolli sperimentali. Nel presente lavoro, eravamo interessati a valutare la plasticità della percezione metrica del corpo e l'effetto di cambiamenti temporanei in essa sull'elaborazione delle informazioni corporee e spaziali. A tale scopo, sono stati utilizzati due illusioni corporee: la Mirror Box Illusion (MB) e la Full-Body Illusion (FBI). Il meccanismo principale che spiega l'efficacia di queste procedure sperimentali è il processo di incorporazione di una parte del corpo aliena. Nell'esperimento 1 abbiamo usato un paradigma visuo-tattile di FBI per valutarne la fattibilità e la replicabilità con corpi di dimensioni diverse. Abbiamo confermato che è possibile indurre e replicare nello stesso partecipante l'incorporazione verso manichini di dimensioni standard o più grandi. Nell'esperimento 2 e 3 abbiamo studiato la rappresentazione metrica della gamba e la sua malleabilità. Abbiamo quindi misurato l'effetto dell'FBI indotto da diverse dimensioni corporee, su un compito di valutazione della distanza percepita tra due tocchi applicati alla gamba del partecipante. Abbiamo scoperto che l'esperienza soggettiva di incorporazione è accompagnata da un cambiamento nella percezione della metrica del corpo che va di pari passo con la dimensione delle gambe incarnate. Poiché abbiamo confermato che, in soggetti sani, la rappresentazione metrica del corpo può essere modulata, abbiamo affrontato una domanda simile in pazienti con emiplegia. Nell'esperimento 4, usando un compito di bisezione del corpo abbiamo osservato che pazienti emiparetici mostrano una distorsione prossimale nella rappresentazione metrica dell'arto interessato. Abbiamo, inoltre, scoperto che la bisezione si sposta verso il punto medio reale dopo una sessione di trattamento con MB, rispetto a un trattamento di controllo senza specchio. Nell'esperimento 5 abbiamo trovato una modulazione simile della metrica corporea che, in un gruppo di pazienti affetti da aprassia ideomotoria trattati con una versione modificata della MB, era accompagnata da un miglioramento della programmazione dei piani motori. Negli esperimenti 6 e 7 ci siamo concentrati maggiormente sulla relazione tra metrica del corpo e rappresentazione dello spazio. In primo luogo, abbiamo testato l'ipotesi che una rappresentazione del corpo alterata influenzasse la percezione delle proprie attività motorie immaginate. I risultati hanno mostrato che i partecipanti immaginavano di camminare più velocemente dopo essere stati esposti a una FBI con gambe più lunghe. Inoltre, abbiamo scoperto che l'incorporazione illusoria di gambe più lunghe può influenzare la stima delle distanze allocentriche nello spazio extra-personale. L'incorporazione di gambe più lunghe, da un lato, ha, infatti, ridotto la distanza percepita in metri, dall'altro, ha prodotto un aumento del numero di passi che i partecipanti immaginavano di dover percorrere tra gli stessi punti di riferimento. In conclusione, abbiamo confermato che è possibile manipolare la rappresentazione metrica del corpo, mediante illusioni corporee e che ciò influenza la nostra capacità di stimare le distanze nel mondo esterno sia in termini di raggiungibilità che di stima allocentrica della distanza. Tale plasticità della rappresentazione corporea e dell'interazione spazio-corpo fornisce importanti indizi per la comprensione della rappresentazione corporea e della sua riabilitazione nei pazienti neurologici.
A large variety of sensory input from the world and the body, are continuously integrated in the brain in order to create supra-modal and coherent mental representations of our own body. Plasticity is a fundamental characteristic of the nervous systems, allowing constant adaptive changes in mental functions and behaviour. Thanks to this, even body representations can change according to experience and, crucially, they can be temporarily altered by means of experimental protocols. In the present work, we were interested in assessing the plasticity of the subjective metric of the body, and the effect of temporary changes in it on the processing of corporeal and spatial information. To this aim, two types of bodily illusion were used, i.e. the Mirror Box Illusion (MB) and the Full-Body Illusion (FBI), due to their known effects inducing strong modulations of body representation. The core mechanism accounting for the efficacy of these experimental procedures is likely to be the process of embodiment of an alien body part. In experiment 1 we used a visuotactile FBI-like paradigm to assess the feasibility and the replicability of the FBI for bodies of different sizes. Using this paradigm, we confirmed that it is possible to induce and replicate in the same participant, the embodiment towards mannequins of standard or bigger sizes. In experiment 2 and 3 we investigated body metric representation of the leg, and whether it can be plastically modulated by embodying mannequins of different sizes. To address this issue, we measured the effect of FBI induced by different body sizes, over a Body Distance Task (BDT), i.e. the assessment of the perceived distance between two touches applied to the participant’s leg. We found that the subjective experience of embodiment is also accompanied by a change in the perception of body metric that goes hand-in-hand with the current size of the embodied legs. Since we confirmed that, in healthy subjects, the metric representation of the body can be modulated, we addressed a similar question in patients with hemiplegia. In experiment 4, using a body bisection task we first observed that hemiparetic post-stroke patients show a proximal bias in the metric representation of their affected upper limb. Critically, we found that this bias shifts distally, towards the objective midpoint after a MB training session, compared to a control training without the mirror. In Experiment 5 we found a similar modulation of subjective body metric in a group of patients suffering from Ideomotor Apraxia, treated with a modified version of the MB setup, which was accompanied by an improvement in the programming of motor plans. In experiments 6 and 7 we focused more on the relationship between body metric and space representations. First, we tested the hypothesis that an altered body representation could modify the way in which individuals estimate their body affordances during a Motor Imagery Task. Our results showed that participants imagined walking faster after having been exposed to an illusion of longer legs. Furthermore, we found that the illusory embodiment of longer legs can affect the estimation of allocentric distances in extra-personal space. The embodiment of longer legs, on the one hand, reduced the perceived distance in meters, on the other hand, produced an enhancement of the number of steps that participants imagined they would have needed to walk between the same landmarks. In conclusion, we confirmed that it is possible to induce provisional modifications of the metric representation of the body, by means of body illusions. We showed that body representation is malleable to the point to shape our ability to estimate distances in the external world both in terms of reachability and allocentric distance estimation. Such plasticity of body representation and body-space interaction gives important clues for the understanding of body representation and its rehabilitation in neurological patients.
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Bottacin, Cantoni Lorenza. "Dire Altrimenti. Corpo e Metafora nella filosofia di Emmanuel Levinas." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3422303.

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Abstract:
This study aims to examine the philosophy of Emmanuel Levinas based on a confrontation between incarnation and language. The research follows the chronological development of Levinasian thought and it is based on the analysis of the bound of bodily reality. The conception of the body as being riveted to ourselves, exemplified by the prisoner's condition in the concentration camp, allows thinking the body in terms of the necessity of escape. The spatial body is in relation to the world, a relationship that already highlights the wound of the subject. This vulnerability shows the form of temporal transcendence, opened by the appearance of the face. The temporal nerve that involves the separate subject is translated into a relationship with the otherness. This relationship is expressed in terms of fertility and language. This essay examines the problem of relationship with the other using the peculiar conception of Levinasian metaphors. Metaphors produce a movement to the other. The metaphorology of Totality and Infinity, however, must be overcome in Otherwise then being, in order to achieve a deformalization of temporality. Metaphor becomes the immemorial trace of the other, of an alterity that calls us by the name. The trace says an obligation for the subject to be responsible for the other; this responsibility precedes and grounds the building of the subjective ego.
Questo studio si propone di esaminare il pensiero di Emmanuel Levinas alla luce del rapporto di coimplicazione tra incarnazione e linguaggio. Il lavoro segue cronologicamente lo sviluppo del pensiero levinasiano e prende le mosse da un’analisi della corporeità come vincolo materiale e come primo luogo di soggettivazione. La concezione del corpo come inchiodamento a sé, esemplificato dalla condizione del prigioniero nel campo di sterminio, consente di pensare il corpo anche in termini di necessità di evasione. Il soggetto corporeo spaziale è in relazione con il mondo, una relazione che già mette in evidenza l’apertura del soggetto stesso. Tale apertura si manifesta nella forma della trascendenza temporale istanziata dall’apparizione del volto. La nervatura temporale che coinvolge il soggetto separato si traduce in una relazione con l’alterità che è espressa in termini di fecondità e di linguaggio. Lo studio esamina il problema della relazione con l’altro in termini di metafora, cioè di possibilità di essere portati verso l’altro grazie alla parola. La metaforologia di Totalità e Infinito, però, deve essere superata in Altrimenti che essere che compie la deformalizzazione del tempo che nella metafora era ancora abbozzata. La metafora diventa la traccia immemoriale dell’altro, di un’alterità che ci chiama per nome e ci obbliga a una risposta che precede ogni dichiarazione di identità. Levinas potrà allora proporre un soggetto “assoggettato”, depotenziato, spossessato il cui compito è offrire se stesso, fin nel proprio corpo, all’altro: l’io è colui che può s’offrire per-l’altro.
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Coronelli, Renato. Incorporazione alla Chiesa e comunione: Aspetti teologici e canonici dell'appartenenza alla Chiesa. Roma: Pontificia Università gregoriana, 1999.

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