Academic literature on the topic 'Impronta carbonica'

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Dissertations / Theses on the topic "Impronta carbonica"

1

D'AMMARO, DANIELE. "From environmental concerns toward sustainable agro-food production. Mathematical models, indicators to achieve the sustainability of the wine sector." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/115286.

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Abstract:
Il sistema alimentare è sempre più interconnesso con il nostro futuro, il quale include un'ampia varietà di preoccupazioni della società che vanno dalla sicurezza alimentare, alla nutrizione, alle disuguaglianze sociali ed economiche, al cambiamento climatico, alla biodiversità e ai servizi generati dagli ecosistemi oceanici. In particolare, la filiera agroalimentare del vino emerge come una tra le filiere più analizzate data la sua importante rilevanza nel mercato economico produttivo e distributivo mondiale. In accordo con le disposizioni del New Green Deal dell'Unione Europea e dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il settore vitivinicolo deve indirizzarsi verso sistemi di gestione economicamente e ambientalmente sostenibili, legati a produzioni di qualità e ad un contesto riconosciuto e remunerato di conservazione della biodiversità. Una corretta scelta dei metodi e delle linee di azione per migliorare la sostenibilità del settore vitivinicolo deve iniziare con un'analisi obiettiva e accurata delle prestazioni di sostenibilità dei suoi prodotti e delle procedure. In questo contesto, la presente tesi mira a una più profonda comprensione delle strategie applicate nel settore vitivinicolo e dei loro risultati. A tal fine, sono state condotte numerose valutazioni, con diversi indicatori impiegati per misurare, monitorare e migliare le prestazioni di sostenibilità.
The food system is increasingly interlinked with our future, which includes a wide variety of societal concerns ranging from food security, nutrition, social and economic inequities to climate change, biodiversity, and ocean ecosystem services. In particular, the wine chain emerges as one of the most examined areas given its significant relevance in economic production and global distribution market. In accordance with the provisions of the European Union's New Green Deal and the United Nations Agenda 2030, the wine sector must strive to transition to economically and environmentally sustainable management systems, linked to premium quality production and a recognized and remunerated context of biodiversity conservation. A proper determination of the methods and courses of action to enhance the wine industry's sustainability must begin with an objective and accurate analysis of its products and procedures' sustainability performance. Within this framework, the present thesis aims at a deeper understanding of the strategies applied in the wine sector and of their outcomes. For this purpose, numerous assessments have been conducted, with different indicators used to measure, monitor and improve sustainability performance.
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2

Carlesso, Anna <1991&gt. "Impronta di carbonio di un'azienda agricola legata alla filiera agroalimentare." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11527.

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Abstract:
Le aziende agricole sono tra le attività antropiche con maggiori responsabilità in termini di emissione in atmosfera di gas ad effetto serra favorendo così il fenomeno del cambiamento climatico. Ogni azienda può capire e prendere consapevolezza delle proprie responsabilità scegliendo di condurre l’analisi dell’impronta di carbonio. Il caso di studio in questione si occupa di esaminare l’impatto sul cambiamento climatico generato dalla Società Agricola F.lli Garbin di Chioggia attraverso l’analisi dell' impronta di carbonio. L’azienda interessata dallo studio è situata nel comune di Chioggia, proprietaria di circa 146 ha nei quali coltiva carote e radicchio di Chioggia IGP. La produzione diretta dei prodotti si aggira attorno 80%, mentre il restante viene coltivato da appezzamenti in affitto. Per la gestione delle colture in campo, la società dispone complessivamente di numerose macchine trattrici agricole; inoltre, all’interno della proprietà, vi è uno stabilimento in cui avviene una prima lavorazione associata alla fase di lavaggio, toelettatura e selezione delle carote e radicchio. I prodotti sono destinati ai centri di distribuzione al dettaglio e all’ingrosso presenti nel Nord Italia e nell’Europa centro – settentrionale. L’impronta di carbonio o Carbon Footprint (CF) è lo strumento specifico per la sola quantificazione dei gas ad effetto serra (GHG)e viene considerato un sottoinsieme dell’analisi del ciclo di vita (LCA), in quanto utilizza un unico indicatore ambientale del ventaglio di indicatori contenuti nella LCA. I GHG misurati provengono sia dalla produzione diretta sia da quella indiretta e si convertono in unica unità di misura corrispondente alla anidride carbonica equivalente (CO2eq) (ISO 14064 – 14067). Nel caso specifico, questo viene concretamente permesso dallo strumento fornito dal GHG Protocol. In questo studio, la CF analizza i dati resi disponibili e risalenti al 2015 delle fonti di emissioni aziendali che rilasciano le maggiori quantità di gas ad effetto serra e permetteranno di capire quanto la filiera di appartenenza possa incidere in una realtà che per alcuni aspetti può essere considerata virtuosa. I risultati di tale analisi permetteranno di prendere atto del contributo dato al cambiamento climatico e identificare possibili migliorie da apportare, con l’obiettivo di renderla un’attività a produzione di CO2 ridotta se non prossima allo zero. Lo studio condotto assume un’importante valenza per la società agricola: il miglioramento del proprio impatto nel contesto di appartenenza si riflette positivamente in campo economico favorendo la riduzione di sprechi e migliorando la propria immagine.
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3

Soffrizzi, Caterina <1993&gt. "Impronta di carbonio dei menu proposti nella mensa ESU di Venezia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15232.

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Abstract:
Il presente lavoro di tesi ha previsto lo sviluppo di un database delle emissioni di gas ad effetto serra (espresse in CO2 equivalenti) per diversi prodotti alimentari, costruito sulla base dei dati disponibili in letteratura. A tal fine è stata condotta una review bibliografica degli studi disponibili in banche dati quali Scopus, Google scholar, ecc. che riportano dati di emissione di gas ad effetto serra per diverse tipologie di prodotti alimentari. Le parole chiave utilizzate per la ricerca sono state: “carbon footprint”, “food’s carbon footprint”, “environmental impact of food” e i dati raccolti sono stati successivamente elaborati al fine di definire un unico fattore di emissione per ciascun prodotto alimentare. Il database così costruito è stato quindi utilizzato per calcolare l’impronta di carbonio dei diversi piatti del menù invernale serviti nelle mense ESU di Venezia. Lo studio condotto in questa tesi è nato grazie alla collaborazione con Sarca Ristorazione, responsabile della gestione delle mense universitarie ESU di Venezia. Nello specifico, l’idea è nata dalla volontà di avere una maggior conoscenza degli impatti ambientali legati alla produzione delle pietanze servite al fine di guidare possibili miglioramenti futuri.
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4

Bellio, Caterina <1991&gt. "Impronta di carbonio dei mezzi utilizzati per la raccolta porta a porta dei rifiuti dalla società Contarina SpA." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/9103.

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Abstract:
L’Impronta di carbonio è un indicatore ambientale utilizzato nell’analisi del ciclo di vita che consente di misurare l’ammontare totale delle emissioni di CO2 causate direttamente o indirettamente da un’attività o accumulate nel corso delle fasi di vita di un prodotto (ISO 14064 -14067). In questo studio, l’Impronta di carbonio è stata utilizzata per stimare gli impatti ambientali derivanti dai mezzi impiegati per la raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani dalla Società Contarina SpA. L’Azienda presa in esame si occupa della gestione dei rifiuti all’interno della provincia di Treviso, servendo circa 260.000 utenze presenti in 50 comuni distribuiti nel territorio. Grazie al suo efficiente sistema di raccolta porta a porta, Contarina riesce a riciclare l’85% dei rifiuti raccolti. Per il caso studio in esame si è determinata l’Impronta di carbonio di tutto l’intero anno 2015 relativa ai mezzi impiegati nella raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani. Inoltre, è stata effettuata una valutazione comparativa attraverso lo sviluppo di uno scenario futuro che prende in considerazione ipotesi migliorative, volte a valutare la convenienza dei mezzi a metano nel caso in cui questi sostituiscano parte dei mezzi attuali impiegati per la raccolta. Tale analisi ambientale è stata realizzata con l’utilizzo del software SimaPro8 e successivamente integrata con considerazioni economiche che prendono in esame le informazioni inerenti i costi d’acquisto, esercizio e gestione dei mezzi utilizzati. I risultati ottenuti verranno utilizzati per indirizzare l’Azienda nello sviluppo e sperimentazione di nuove tecnologie volte a ridurre le proprie emissioni di gas serra in atmosfera, rendendo più sostenibile il servizio svolto e migliorando al tempo stesso l’immagine dell’Azienda nel campo della sostenibilità ambientale.
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5

FOGLIA, ALESSIA. "From anaerobic membrane bioreactors to water resource recovery facility: experimental validation and sustainability assessment." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2022. http://hdl.handle.net/11566/295203.

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Abstract:
La transizione dal concetto di ‘’impianto di trattamento delle acque reflue’’ a quello di ‘’impianto di recupero di risorse dalle acque reflue a bassa impronta di carbonio’’ è stata indirizzata affrontando i seguenti temi: il riutilizzo dell'acqua depurata, il recupero di risorse e la valutazione dell'impronta di carbonio. In particolare, per quanto riguarda il riutilizzo dell'acqua depurata sono stati analizzati e confrontati trattamenti convenzionali di affinamento del refluo e soluzioni innovative che prevedono trattamenti anaerobici a membrana. In questo contesto, è stata operata per circa due anni una filiera di trattamento a scala pilota, composta da un reattore anaerobico UASB combinato con una membrana di ultrafiltrazione (AnMBR). Operando con un carico organico (OLR) di 1 kg COD/m3/giorno, la produzione di biogas era di circa 0.39 ± 0.2 L/giorno. L'aumento dell'OLR a 2 kg COD/m3/giorno ha determinato un aumento della produzione di biogas fino a 4.11 ± 3.1 L/giorno. Le condizioni di elevata salinità (1500 mgCl/L) hanno influito negativamente sulla produzione di biogas senza creare fenomeni di sporcamento aggiuntivi alla membrana. L'effluente finale trattato soddisfa gli standard di qualità della CLASSE A del nuovo regolamento UE 741/2020 per il riutilizzo dell'acqua ed è adatto per scopi di fertirrigazione in agricoltura. Un'unità aggiuntiva è stata combinata al trattamento AnMBR per la rimozione dei contaminanti emergenti (CECs), utilizzando polimeri a impronta molecolare (MIPs). È stata avviata una colonna di adsorbimento e il diclofenac è stato utilizzato come composto target. L'efficienza di rimozione è risultata pari al 50%. Sono state inoltre indagate la presenza di microplastiche (MPs) nelle acque reflue. Dai risultati sperimentali lo schema a fanghi attivi convenzionali, in scala reale, ha rimosso l'86% di MPs, mentre la filiera anaerobica su scala pilota ha ottenuto una rimozione del 94%. In questo scenario è stato anche progettato e realizzato un prototipo per il campionamento di volumi di refluo significativi al fine di rilevare concentrazioni rappresentative di MPs. Sono stati affrontati, inoltre, l’aspetto dell’inquinamento dovuto ai sovraflussi di piena della fognatura mista e i problemi relativi alla balneazione delle acque validando in campo filiere di trattamento modulari composte da filtro rotativo dinamico, adsorbimento su carbone attivo granulare e disinfezione UV. I risultati del pilota hanno mostrato rimozioni di TSS, COD ed E.Coli rispettivamente pari al 90%, 69% e 99%. Inoltre, sono stati condotti studi di fattibilità su impianti in piena scala che prevedono l’integrazione di soluzioni di recupero delle risorse quali fosforo, acidi grassi volatili e biopolimeri. In particolare, sono state valutate, utilizzando metodi quali CBA, S-LCA ed SRL, soluzioni eco-innovative, sviluppate nell'ambito del progetto H2020 Smart-Plant da integrare agli impianti esistenti ai fini di chiudere il ciclo dell’acqua. Complessivamente, gli impianti di depurazione integrati con le SMARTechs mostrano benefici ambientali e sociali, con un valore economico totale (TEV) massimo superiore di un 23% rispetto allo scenario di base, mentre i valori di SRL sono risultati nel range 6-7, dimostrando una buona accettazione sociale e un buon potenziale di adattamento delle SMARTechs. Infine, è stato approfondito il tema del Carbon Footprint per il servizio di depurazione, proponendo un nuovo approccio metodologico. La maggior parte dei fattori di emissione considerati è stata validata da campagne di misura in 12 impianti. I valori specifici dell’impronta di carbonio sono pari a 0.04-0.20 tonCO2eq/AE/anno, variabili in base alle dimensioni dell'impianto. Le categorie più impattanti sono state individuate nelle emissioni indirette associate ai GHG disciolti, scaricati nel corpo idrico superficiale e al consumo energetico, che contribuiscono rispettivamente per il 13-70% e il 10-40%.
Technical solutions for the transition from ‘wastewater treatment plant’ (WWTP) to the concept of ‘low-carbon water resource recovery facility’ (WRRF) were assessed, addressing i) water reuse, ii) resource recovery and iii) carbon footprint assessment. Specifically, in terms of water reuse, conventional ‘’fit-for-purpose’’ treatments and innovative solutions as anaerobic treatments were analysed and compared. A pilot scale system, placed in a hotspot of seawater intrusion, composed of an upflow granular anaerobic sludge blanket (UASB) reactor coupled with AnMBR (Anaerobic Membrane Bioreactor) was set-up and operated for more than 2 years. At an organic loading rate (OLR) of 1 kg COD/m3/d, biogas production was around 0.39 ± 0.2 L/d. The increase of the OLR to 2 kg COD/m3/d resulted in increase of biogas production to 4.11 ± 3.1 L/d with fermented cellulosic sludge addition. High saline conditions of 1500 mgCl/L adversely affected the biogas production without deteriorating the membrane operation. The final effluent met quality standards of CLASS A of the new EU regulation741/2020 for water reuse and resulted suitable for fertigation purposes in agriculture. An additional unit was coupled with the AnMBR treatment for removing contaminants of emerging concern (CECs), using Molecurarly Imprinted Polymers (MIPs) as adsorbent filler. An adsorption column was started-up and diclofenac was used as target compound. Removal efficiency was up to 50%. Additionally, microplastics (MPs) occurrence and removals in wastewater treatments were investigated. The full-scale conventional activated sludge scheme removed 86% of MPs, while the pilot-scale UASB+AnMBR configuration achieved 94% MPs removal. The results highlighted an accumulation phenomenon of MPs in the sludge and this affected negatively the methanogenic activity of anaerobic biomass. In this scenario also a prototype system for collecting significant wastewater sampling volumes to detect more representative MPs concentrations was designed and realized. On the other hand, water pollution in stormwater and related water bathing issues were addressed assessing combined sewer overflows (CSOs) management strategies and validating advanced compact treatments, composed of dynamic rotating belt filter, adsorption on granular activated carbon and UV disinfection, to minimize their impacts. The results of pilot treatment showed great potential for TSS, COD and E. coli removal efficiencies with more than 90%, 69% and 99%, respectively. Moreover, feasibility studies in full-scale WWTPs, addressing resource recovery solutions, including phosphorous salts, volatile fatty acids and biopolymers recovery were carried out. In particular, real environment eco-innovative solutions, developed within the H2020 Smart-Plant project to renovate existing WWTPs and close the circular value chain, were assessed using Cost-Benefit Analysis (CBA), Social Life Cycle Assessment (S-LCA) and Social Readiness Level (SRL) methods. Overall, the SMARTechs created benefits both from an environmental and social point of view, with a maximum total economic value (TEV) up to +23% compared to baseline scenario. In terms of social assessment SMARTechs fell in SRL range of 6-7, which implies a good societal acceptance and adaptation potential. Finally, Carbon Footprint Assessment for the wastewater treatment service was deeply investigated, proposing a new methodological evidence-based approach. Most of the considered emissions factors for carbon footprint assessment were validated by site-specific measurements campaigns in 12 WWTPs. Specific carbon footprints resulted in the emissions of 0.04-0.20 tonCO2eq/PE/y, varying according to the size of the plant. The most impactful categories were identified for indirect emissions associated with dissolved GHGs discharged in the surface water body and due to energy consumption, which accounted for 13–70% and 10–40%, respectively.
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FERRONATO, GIULIA. "Valutazione dell'impatto ambientale a diversi livelli di scala del settore zootecnico." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/72497.

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Abstract:
Negli ultimi tre decenni la domanda globale di cibo, in particolare di proteine animali (carne, latte, uova), è aumentata in base alla crescita della popolazione che dovrebbe arrivare a 9 miliardi di persone entro il 2050. Questi alimenti rappresentano infatti un'importante fonte di energia, proteine di alta qualità, micronutrienti e vitamine. Pertanto, questo miglioramento potrebbe contribuire all'aumento della durata della vita e della domanda di cibo. Ciò ha costretto il settore agricolo ad un'ulteriore intensificazione che ha interessato anche la coltivazione di colture per l'alimentazione animale. Le produzioni agricole e zootecniche hanno un impatto ambientale rilevante, e questo argomento è oggetto di critiche e di indagini scientifiche anche per definire più accuratamente il loro contributo e le relative potenziali strategie di mitigazione, considerando anche che la fase agricola è il principale contributore dell'impatto ambientale della catena di produzione alimentare. Si riconosce infatti che il settore agricolo contribuisce direttamente al 21% delle emissioni totali di gas serra di origine antropica a livello mondiale e consiste per lo più di metano seguito da protossido di azoto e anidride carbonica. Queste emissioni sono per lo più associate alla produzione zootecnica, in particolare all'allevamento di ruminanti che contribuisce con le emissioni dirette di metano dovute alla fermentazione dei ruminanti e alla fermentazione del letame; la restante parte è composta da emissioni indirette dovute alla deforestazione, all'uso di energia e alla produzione di mangimi. Lo scopo di questa tesi è stato la valutazione dell'impronta ambientale nel settore zootecnico a diversi livelli di scala tematica. La filiera italiana della carne, gli allevamenti lattiero-caseari, un caseificio per la produzione di Grana Padano DOP e i singoli animali sono stati studiati per quantificare l'impronta ambientale. Nel primo lavoro è stata valutata la filiera italiana della carne con un approccio di analisi dei flussi di massa e di valutazione del ciclo di vita. In primo luogo, la quantificazione della carne è stata effettuata dalla macellazione al consumo domestico, partendo dal peso della carcassa fino alla carne realmente consumata. A questo livello si è tenuto conto della carne di bovini, suini, ovini e caprini, equidi e conigli. Durante la catena sono state quantificate anche le perdite di carne e i rifiuti. In particolare, i sottoprodotti di origine animale (SOA) sono stati quantificati per singole specie e classificati in base al rischio a livello sanitario secondo il regolamento (CE) 1069/2009. Secondo la categoria (Cat 1, Cat 2 o Cat 3), supponendo che tutti i SOA fossero destinati al processo di rendering, l'uso e lo smaltimento dei prodotti dopo rendering è stato identificato. L'analisi dei flussi di massa ha confermato come l'Italia sia un importatore netto di carne bovina e suina, mentre è autosufficiente per quanto la carne avicola. L'analisi dei flussi di massa rivela che nel 2013 sono stati consumati in Italia 2,86 Mt di carne. Questo valore equivale a 131 g/giorno/pro-capite e a 47,91 kg/anno/pro-capite di carne consumata. In percentuale la quantità totale di carne consumata è rappresentata dal 46% da carne suina, dal 28% di carne avicola, dal 23% di carne bovina e dal 3% di altre carni (coniglio, equini, ovini e caprini). Questo approccio ha permesso di quantificare anche sottoprodotti di origine animale (SOA) prodotti durante la fase di macellazione e gli scarti alimentari a livello di vendita al dettaglio e fase di consumo. La fase di macellazione è risultata essere la principale fonte di rifiuti, producendo il 48% di rifiuti originati nella filiera della carne. I risultati hanno evidenziato come i SOA siano già quasi completamente riutilizzati, compatibilmente con il loro rischio a livello sanitario, dimostrando la circolarità del sistema e permettendo di quantificare anche i prodotti evitati grazie al loro riutilizzo e le relative emissioni di gas serra evitate. Per quanto riguarda gli altri rifiuti alimentari, i risultati della presente valutazione possono essere considerati solo una stima per la mancanza di specifici coefficienti nazionali. Dopo la fase di quantificazione, è stato applicato l'approccio del Life Cycle Assessment (LCA) per valutare l'impronta ambientale, considerando anche il prodotto evitato grazie al riutilizzo dei sottoprodotti del rendering. I risultati dell'LCA rivelano che il consumo giornaliero di carne pro-capite emette 4,0 kg di CO2eq, con un contributo della care bovina pari al 30%, della carne suina pari al 9.6% e della carne avicola pari all’8%. Le emissioni relative ai SOA sono risultate essere pari al 60% di quelle totali e il loro riutilizzo ha permesso una riduzione di queste del 10%. Il secondo ed il terzo lavoro sono stati invece relativi al potenziale di riscaldamento globale (GWP) di latte bovino e Grana Padano DOP. Complessivamente sono stati valutate ventisette aziende zootecniche con bovine da latte, con latte destinato al formaggio Grana Padano DOP, e un caseificio, situato nella provincia di Piacenza. I dati primari sono stati raccolti utilizzando un questionario appositamente redatto. Questo ha incluso per le aziende agricole la richiesta di dati relativi alla composizione della mandria, la gestione dell'alimentazione, la produzione di latte e performance riproduttive, piani colturali e l'utilizzo delle risorse energetiche e dei materiali di lettime, mentre per il caseificio sono stati richiesti dati relativi all'utilizzo delle risorse energetiche e gli input richiesti dal processo di caseificazione. Nel secondo lavoro sono state valutate 10 aziende lattiere per valutare l'impronta di carbonio del latte (CF) e individuare le principali fonti di emissioni. Lo studio ha utilizzato un approccio dalla culla alla tomba considerando come unità funzionale un 1 kg di latte corretto per contenuto di grasso e proteine (FPCM). Il valore medio di CF di 1 kg di FPCM è risultato essere pari a 1,33 kg di CO2eq/kg FPCM con però un ampio range di variazione, da 1,02 a 1,62 kg di CO2eq/kg FPCM. Le emissioni dovute alle fermentazioni enteriche e alle fermentazioni da reflui rappresentano il 52% del totale, mentre le emissioni relative agli alimenti acquistati il 36%. L'autoproduzione e il consumo energetico rappresentano invece rispettivamente il 6% e il 6%. Nel terzo lavoro invece è stata presa in considerazione la produzione di Grana Padano DOP. In questo caso è stato utilizzato un approccio dalla culla al cancello del caseificio considerando come unità funzionali 1 kg di FPCM e 1 kg di Grana Padano DOP stagionato 9 mesi. Il latte destinato alla produzione del formaggio ha mostrato un valore medio di CF pari a 1,38 kg CO2eq/kg FPCM, con un valore minimo di 1,02 e uno massimo di 1,94 kg CO2eq/kg FPCM. Il valore medio di CF di 1 kg di formaggio Grana Padano DOP è stato invece pari a 9,99 kg di CO2eq, con un contributo della fase agricola pari al 94%. I risultati di questi lavori si sono mostrati in accordo con studi simili riportati in bibliografia e hanno inoltre permesso di evidenziare come gli allevamenti da latte mostrassero un maggior livello di sostenibilità ambientale ma con possibilità di miglioramento principalmente attraverso il miglioramento della gestione delle mandrie (prestazioni produttive e riproduttive). Il quarto lavoro ha riguardato invece lo sviluppo di proxy in grado di prevedere le emissioni di metano da singole bovine da latte. Questo focus è un punto caldo di ricerca, soprattutto perché di fondamentale importanza per individuare strategie di mitigazione efficaci per la riduzione delle emissioni di metano dovute a fermentazioni ruminali, gas ad effetto serra riconosciuto avere il maggior contributo sul totale delle emissioni. Le emissioni di metano dipendono principalmente dal quantitativo di concentrato assunto e dalla composizione generale della dieta, ma tuttavia nelle aziende agricole commerciali risulta difficile quantificare con precisione l’ingestione di alimenti. Lo studio ha quindi mirato a verificare la possibilità di utilizzare la tecnologia del vicino infrarosso (NIRS) utilizzando lo spettro di campioni di feci (NIRSf) e/o in combinazione con altri parametri fenotipici disponibili a livello aziendale per prevedere la produzione di metano (MP, g/giorno) dalle singole vacche da latte in lattazione. Il NIRSf da solo ha permesso una stima abbastanza buona della produzione di metano e le stime sono state migliorate in misura simile quando sono stati considerati il peso vivo o la produzione di latte tal quale o la produzione di latte corretta per il contenuto energetico, mentre la combinazione del NIRSf con più di un altro parametro ha migliorato le stime solo in misura molto limitata. Il metano può essere previsto utilizzando modelli che considerano l’ingestione di sostanza sezza, il peso vivo o la produzione di latte ma il limite principale è rappresentato dalla disponibilità dei dati a livello aziendale. La tecnica del vicino infrarosso applicata ai campioni fecali, in particolare se combinata con altri parametri fenotipici, può rappresentare una valida alternativa per misurazioni su larga scala in allevamenti da latte commerciali, quando l’ingestione di sostanza secca di solito non è disponibile, per la selezione genetica di vacche da latte a bassa emissione.
In the last three decades global demand of food, in particular animal proteins (meat, milk, and eggs), has increased according to the population growth, that is expected to go up to 9 billion by the 2050. These, in fact, represent an important source of energy, high-quality protein, micronutrients and vitamins. Therefore, this improvement could contribute to the lifespan increase and food demand. The latter forced the agricultural sector to a further intensification that affected also the cultivation of crops for animal feeding. Agricultural and livestock productions have a relevant environmental impact, and this topic is object of criticism and scientific investigation also to more accurately define its contribution and potential mitigation strategies, considering also that agricultural stage is the main contributor to the environmental impact of the food production chain. It is recognized, in fact, that agricultural sector directly contribute to the 21% of total global anthropogenic greenhouse gas emissions, mostly consisting of methane followed by nitrous oxide and carbon dioxide. These emissions are mainly associated with the livestock production, in particular with ruminants breeding that contributes directly to methane emissions due to ruminal and manure fermentation; the remaining part is composed by indirect emissions from deforestation, energy use and animal feed production. The scope of this thesis was the evaluation of environmental footprint in the livestock sector at different subject scale level. Italian meat supply chain, dairy farms, Grana Padano PDO cheese factory and single animals was investigated in order to quantify environmental footprint. In the first work, the Italian meat supply chain has been evaluated whit a mass flow analysis (MFA) approach and life cycle assessment (LCA) approach. Firstly, the quantification of meat had been made from slaughter to household consumption, starting form carcass weight to real meat consumed. At these levels, meat form cattle, pig, sheep and goat, equidae, and rabbit was taken in account. During the chain also meat losses and waste were quantified. In particular animal by-products (ABPs) were quantified for single species and categorized into heath level risk according to the Regulation (EC) 1069/2009. According to the category (Cat 1, Cat 2 or Cat3), assuming that all ABPs were destinated to rendering process, use and disposal of rendered products was identified. The MFA confirmed how Italy is a net importer of cattle and pork meat while it is self-sustaining for poultry meat. Mass flow analysis revealed that in 2013, 2.86 Mt of meat were consumed in Italy. It is equivalent to 131 g/day/pro-capita and to 47.91 kg/year/pro-capita of meat consumed. In percentage the total amount of consumed meat is represented by 46% of pig, 28% of poultry and 23% of cattle and 3% of other meat (rabbit, equidae, and sheep and goat). This approach quantified the ABPs produced at slaughtering level and food wastes at retail and consumer levels. Slaughter phase was the main source of waste, producing 0.80 Mt of ABPs, 48% of the total amount of waste originated in the meat supply chain. Results highlighted how the ABPs are already almost completely reused, compatibly with their health level risk, demonstrating the circularity of the system through the quantification of the avoided products and relative GHGs emissions. Concerning other food wastes, the results of the present evaluation could be considered only an estimate due to the lack of specific national coefficients. After quantification LCA was applied in order to evaluate environmental footprint, considering also avoided product due to the re-use of rendered ABPs. LCA results reveal that daily meat consumption pro-capita emits 4.0 kg CO2eq represented by 30% of cattle meat, 9.6% of pig meat and 8% of poultry meat. Emissions allocated to ABPs are the 60% and their re-use decrease the emissions about 10%. Second and third works focused the milk and PDO Grana Padano global warming potential (GWP). Overall, twenty-seven dairy farms, producing milk destinated to Grana Padano PDO cheese and one cheese factory, situated in the Piacenza province were evaluated. Primary data were collected by using a specific survey. This included for the farms the request of data regarding herd composition, feeding management, milk production, herd management and performace, crops cultivation and resource use, whereas for the cheese factory, the survey included energy resource use and input requested by cheese making process. In the second work, 10 dairy farms were evaluated in order to assess the milk Carbon Footprint (CF) and the main source of emissions. The system boundary was a cradle-to-farm-gate and functional unit is 1 kg of FPCM (Fat and Protein corrected milk). The CF of 1 kg of FPCM resulted equal to 1.33 kg CO2eq/kg FPCM with a wide range of variation from 1.02 to 1.62 kg CO2eq/kg FPCM. Emissions due to enteric fermentation and manure fermentation represented the 52% of the total, while acquired feed the 36%. Self-production and energetic consumption represented 6% and 6% respectively. In the third, Grana Padano PDO production was considered. The milk destinated to cheese processing showed an average value of CF equal to 1.38 kg CO2eq/kg FPCM, with a minimum value of 1.02 and a maximum one of 1.94 kg CO2eq/kg FPCM. Instead, the CF average value of 1 kg of PDO Grana Padano cheese was equal to 9.99 kg CO2eq, showing an agricultural stage contribution of 94%. Results of these works were in accord with similar studies reported in literature and had pointed out how dairy farms showed a greater level of environmental sustainability but with possibilities for improvement, mainly through herd management enhancement (productive and reproductive performances). Fourth work was about the development of proxies able to predict the methane emissions from individual cows. This focus is a hot research point in order to improve the mitigation strategies to reduce methane emissions because of the main GHG contributor. Methane emission is mainly driven by feed intake and diet composition, but it is difficult to measure intake in commercial farms. The study aimed to verify the possibility of using NIRS of faeces (NIRSf) alone and in combination with other phenotypic parameters available at a farm level to predict methane production (MP, g/d) from individual lactating dairy cows. NIRSf alone allowed a fairly good estimation of methane yield and the estimations were improved to a similar degree when BW, MY or ECM were considered, whereas combining NIRSf with more than one other parameters improved the estimations with a very little extent only. Methane can be predicted using models that consider the DMI, BW or MY but the main limitation is represented by the data availability. Near Infrared technique applied to faecal samples, in particular when combined with other phenotypic parameters, can represent a valid alternative for large-scale measurements in commercial dairy farms for genetic selection of low emitters dairy cows, when DMI measurement is usually not available.
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