Academic literature on the topic 'Immagini e pratiche documentarie'

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Journal articles on the topic "Immagini e pratiche documentarie"

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Bertozzi, Marco. "Mentre Accade e Gia Futuro: Il Cinema di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi." Revista Laika 4, no. 7 (May 18, 2021): 1–9. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2316-4077.v4i7p16-24.

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Abstract:
Mentre il documentario tradizionale utilizza le immagini quali portatrici di realtà naturali - in una probatorietà che avviluppa il pensiero critico nell’illusione della pura referenzialità – il cinema di Gianikian e Ricci Lucchi apre all’idea che le immagini possano/debbano significare “ancora”. E “altro”. Se il cinema contemporaneo diviene progressivamente un giacimento di sguardi meticci le pratiche del riciclo di Gianikian e Ricci Lucchi godono di una esemplarietà unica. In essa l’analisi storico-filologica dei materiali di partenza è momento preliminare, non mero escamotage all’atto trasformativo. Origine, dispositivo, immagine, corpo sono termini in fibrillazione, piattaforme per ri-lanci ermeneutici di un’immaginazione storiografica in cui i film dimenticati ritrovano una verità contemporanea: la nuova possibilità di significazione esce dalla dimensione archeologica e indaga, e mostra, il processo che ha portato l’immagine a perdere valore. Per poi recuperarlo, facendo deflagrare nuove significazioni.
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Bertozzi, Marco. "Mentre Accade e Gia Futuro: Il Cinema di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi." Revista Laika 4, no. 7 (May 18, 2021): 34–42. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2316-4077.v4i7p34-42.

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Abstract:
Mentre il documentario tradizionale utilizza le immagini quali portatrici di realtà naturali - in una probatorietà che avviluppa il pensiero critico nell’illusione della pura referenzialità – il cinema di Gianikian e Ricci Lucchi apre all’idea che le immagini possano/debbano significare “ancora”. E “altro”. Se il cinema contemporaneo diviene progressivamente un giacimento di sguardi meticci le pratiche del riciclo di Gianikian e Ricci Lucchi godono di una esemplarietà unica. In essa l’analisi storico-filologica dei materiali di partenza è momento preliminare, non mero escamotage all’atto trasformativo. Origine, dispositivo, immagine, corpo sono termini in fibrillazione, piattaforme per ri-lanci ermeneutici di un’immaginazione storiografica in cui i film dimenticati ritrovano una verità contemporanea: la nuova possibilità di significazione esce dalla dimensione archeologica e indaga, e mostra, il processo che ha portato l’immagine a perdere valore. Per poi recuperarlo, facendo deflagrare nuove significazioni.
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Tozzi, Chiara. "Le emanazioni oscure della psiche. Ombre e bagliori nel Libro Rosso di Jung, nelle fiabe, nei film e nella psiche individuale e collettiva." STUDI JUNGHIANI, no. 49 (May 2019): 107–30. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2019oa7912.

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Abstract:
Intervistata da Chiara Tozzi, Nancy Swift Furlotti narra il suo percorso esistenziale individuale intrecciandolo a quello di analista junghiana e illustrando il suo rapporto con le "emanazioni oscure della psiche": dai fantasmi individuali e collettivi alle immagini archetipiche rappresentate da Jung nel Red Book, di cui Furlotti ha curato, insieme ad altri per la Philemon Foundation, la scannerizzazione e pubblicazione. Furlotti illustra la sua prospettiva sulla pratica dell'immaginazione attiva e la correlazione fra le immagini archetipiche e quelle dei film, in virtù della sua partecipazione alla realizzazione di documentari su Jung ed altri esponenti della comunità junghiana, e della sua attività come membro del Direttivo del Mercurius Prize.
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Tozzi, Chiara. "Le emanazioni oscure della psiche." STUDI JUNGHIANI, no. 49 (May 2019): 161–79. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2019oa7915.

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Abstract:
Intervistata da Chiara Tozzi, Nancy Swift Furlotti narra il suo percorso esistenziale individuale intrecciandolo a quello di analista junghiana e illustrando il suo rapporto con le "emanazioni oscure della psiche": dai fantasmi individuali e collettivi alle immagini archetipiche rappresentate da Jung nel Red Book, di cui Furlotti ha curato, insieme ad altri per la Philemon Foundation, la scannerizzazione e pubblicazione. Furlotti illustra la sua prospettiva sulla pratica dell'immaginazione attiva e la correlazione fra le immagini archetipiche e quelle dei film, in virtù della sua partecipazione alla realizzazione di documentari su Jung ed altri esponenti della comunità junghiana, e della sua attività come membro del Direttivo del Mercurius Prize.
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Giuffrč, Martina. "Immagini dell'Altrove a Capo Verde: Terra Longe e Terra Mamaizinha." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2011): 131–45. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003009.

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Abstract:
L'immigrazione č un elemento strutturale della societŕ capoverdiana attorno al quale č stato costruito un diffuso immaginario sia in campo letterario-poetico che nel corpus di racconti tradizionali. In questo saggio metterň in luce come il fenomeno migratorio sia, per coloro che restano a Capo Verde, un processo fortemente polisemico e ambivalente tanto nelle pratiche sociali quanto sul piano simbolico. In particolare tratterň del potere aggiunto che viene attribuito alle persone e alle cose che provengono da fuori, dell'immaginario che si costruisce attorno all'Altrove (Terra Longe) e al luogo d'origine (Terra Mamaizinha) e dei cambiamenti che questo immaginario ha subito da quando l'altrove č diventato terreno di pratiche femminili.
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Pizzo, Marco. "“Fare digitale”: progetti didattici e sociali nella scuola e nel carcere." DigItalia 16, no. 2 (December 2021): 116–21. http://dx.doi.org/10.36181/digitalia-00040.

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Abstract:
Con l’avvio dell’ampio progetto di digitalizzazione delle fonti documentarie sulla Prima guerra mondiale appartenute dall’Istituto per la storia del Risorgimento e la realizzazione del portale 14-18 – Documenti e immagini della grande guerra si sono svolte una serie di attività didattiche che hanno coinvolto scuole e centri di detenzione. Queste iniziative possono essere raggruppate in due aree: la prima è quella relativa alla rielaborazione dei contenuti digitali presenti sul sito dagli studenti e dai detenuti; la seconda è stata la creazione di contenuti nuovi, realizzati informatizzando e digitalizzando direttamente le fonti d’archivio con la creazione di primi metadati funzionali. Il focus è stato così messo direttamente sul “fare digitale”. Queste attività digitali e “virtuali” si sono così caricate di un nuovo valore sociale.
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Di Pasquale, Fabrizio. "Approcci interdisciplinari: letteratura e cartografia. Tra immagini e parole." e-Scripta Romanica 4 (December 27, 2017): 43–53. http://dx.doi.org/10.18778/2392-0718.04.04.

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Abstract:
Nell’ultimo ventennio, un numero importante di lavori sono stati consacrati allo studio della rappresentazione dello spazio nei testi letterari. Tale interesse sembra inscriversi sia nell’evoluzione dei generi, caratterizzati da una spazializzazione crescente delle forme narrative, sia nello sviluppo di pratiche artistiche legate alla creazione di carte letterarie. In seguito all’affermarsi dello spatial turn negli studi letterari e culturali, parte della critica ha focalizzato la sua attenzione sulla relazione che intercorre tra spazio immaginario, spazio referenziale e pratica cartografica. Quest’ultimo aspetto costituisce uno dei temi più interessanti della metodologia geocritica. Il presente articolo mira a studiare questa “convergenza” tra la letteratura e la cartografia, con l’intento di esaminare la testualità delle carte letterarie e, in particolare, la loro dimensione retorica. Le carte letterarie sono in grado di rappresentare i luoghi in cui si svolge l’azione di un romanzo, o di più romanzi, permettendo allo scrittore di costruire un mondo immaginario che i lettori esplorano assieme ai personaggi.
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Lo Presti, Veronica. "La valutazione del segretariato sociale nei municipi di Roma. Utilitŕ e pratica di un'osservazione sul "campo"." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 4 (January 2011): 9–27. http://dx.doi.org/10.3280/sa2010-004002.

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Abstract:
Questo articolo illustra alcuni risultati di una ricerca empirica sui segretariati sociali in 4 municipi della cittŕ di Roma dopo la promulgazione della legge 328/2000 che ha riformato il sistema dei servizi sociali in Italia. La prospettiva di ricerca selezionata pet l'analisi delle micro-organizzazioni del welfare locale č quella che fa riferimento all'etnografia sociale, frutto di una originale sintesi di alcuni concetti e pratiche tipiche del "fare etnografia" e del "fare etnometodologia" sul terreno. Il presente trattamento mostra, attraverso esempi e "immagini" assunte dal campo di analisi, l'utilitŕ dell'approccio "integrato" e dell'osservazione "partecipata" nei contesti organizzativi come quelli dei servizi sociali.
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Ponzio, Luciano. "Enunciazione non iterabile e interrelazione tra scrittura e immagini del mondo." Letrônica 14, sup. (December 31, 2021): e42539. http://dx.doi.org/10.15448/1984-4301.2021.s.42539.

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Abstract:
Produrre e comprendere segni significa partecipare ai processi comunicativi. Il segnico è il campo dell’ambivalenza, della somiglianza, della deviazione, della creatività, in cui tutto si decide per relazioni e pratiche sociali (io-per-me, l’altro-per-me e io-per-l’altro, come dice Bachtin). Il testo artistico fornisce la possibilità di cogliere al meglio la struttura dialogica dell’enunciazione. Bachtin mostra come il senso del testo non dipenda dagli elementi ripetibili del sistema di segni con cui è composto (interpretanti di identificazione) ma nella sua stessa costituzione, e non solo nella sua manifestazione; esso è situato nei rapporti di rinvio, di differimento (interpretanti di comprensione rispondente) che danno luogo ad una catena di testi ad esso antecedenti e ad esso successivi. Nel dispiegarne la trama, pur rispettandone regole, forme e strutture, l’enunciazione letteraria del discorso indiretto libero è capace di trasgredirle in un fitto dialogo intertestuale e, diacronicamente, tra autori differenti.
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10

Dini, Roberto. "Nuovi sguardi sulla montagna. Elementi per il progetto alla grande scala." TERRITORIO, no. 56 (March 2011): 158–63. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-056024.

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Abstract:
In quanto spazio ‘altro' le Alpi costituiscono un terreno di sperimentazione privilegiato per tentare di rispondere ad alcune domande centrali nel dibattito sulla pianificazione e sul progetto d'area vasta: dalle problematiche connesse alla patrimonializzazione del paesaggio, all'intreccio tra dato fisico e sociale, alla sostenibilitŕ ambientale, alla tutela del patrimonio storico e ambientale. Č fondamentale ragionare su modalitŕ di trasformazione in grado di tenere assieme immagini, progettualitŕ, dinamiche di natura differente, al fi ne di generare ‘territori abitati' nella complessitŕ dei loro valori. Anche nel contesto alpino emerge la necessitŕ di una riflessione intorno al tema dell'architettura alla grande scala, nell'incrocio tra strutturazioni insediative, morfologie del substrato territoriale con l'insieme delle pratiche dell'abitare e delle politiche di sviluppo locale.
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Dissertations / Theses on the topic "Immagini e pratiche documentarie"

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Vanoli, Alessandro. "Pratiche e immagini della guerra tra cristianità e islam nell'alto Medioevo spagnolo (secoli X-XI)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2001. http://hdl.handle.net/10579/286.

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2

Morrone, Simona. "Impegno politico e pratiche documentarie. Immagini dell’economia globale nell’arte contemporanea." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1152719.

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Abstract:
La tesi esplora la ricomparsa e il progressivo rinnovamento della tendenza documentaria a partire dagli anni Novanta dello scorso secolo, che ha di frequente giustificato l’idea di una svolta occorsa in quel periodo nell’arte contemporanea. La ricerca ha avuto per oggetto l’approccio documentario e l’impegno politico degli artisti nel contesto della globalizzazione e della crescente disuguaglianza economica e sociale nel mondo. Nel corso della trattazione sostengo che il linguaggio documentario ha preso le distanze dalle precedenti formulazioni del ventesimo secolo e parimenti dal panorama mediale contemporaneo che pullula di “immagini della realtà”. I casi di studio riguardano alcuni artisti che hanno documentato il ciclo della merce e lo sfruttamento del lavoro nell’economia capitalista: dall’estrazione delle materie prime, alla manifattura delocalizzata, al commercio internazionale, fino allo scarto in discariche dove altra manodopera trova la sua sussistenza. Attraverso l’analisi del loro lavoro emergono alcuni dei complessi discorsi che animano le pratiche documentarie. This thesis explores the reappearance and progressive renewal of the documentary trend since the 1990s, which has frequently justified the idea of a turning point in contemporary art at that time. Research has focused on the documentary approach and political commitment of artists in the context of globalisation and increasing economic and social inequality in the world. This work intends to show how documentary language has distanced itself from 20th-century formulations as well as from the contemporary media landscape that is full of“images of reality”. The case studies concern some artists who have documented the cycle of commodities and the exploitation of labor in the capitalist economy: from raw materials' extraction and relocated manufacturing to international trade and waste disposal into landfills, where other workers find their livelihoods. The analysis of their work highlights some of the complex discourses that animate documentary practices.
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Franceschini, Anna Maria. "Sguardi di cristallo. Immagini in movimento, messa in scena della merce e pratiche espositive del moderno." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/10808/39913.

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Abstract:
La tesi indaga indaga l'ipotesi di una prossimità concettuale e formale tra le pratiche allestitive messe in atto dagli artisti delle avanguardie storiche e la messa in scena delle merci nei luoghi dedicati ai consumi nei primi due decenni del Novecento. Coerentemente con il principale ambito disciplinare cui lo studio afferisce – il cinema –, si è individuato un oggetto di ricerca marcato dalla contiguità con il dispositivo cinematografico, inteso come gesto del mostrare e luogo dove si depositano pratiche e consuetudini mutuate dell'arte: la vetrina di negozio. Si è tentato di tracciare le genealogie parallele e spesso intersecanti, del dispositivo cinematografico, delle architetture del consumo e degli spazi espositivi dedicati all'arte delle avanguardie e, per disegnare un orizzonte di contiguità e apparentamento tra gli apparati e i dispositivi in questione, ci si è rivolti alla descrizione della componente espositiva: l'articolazione del loro mostrare e mostrarsi. Alle conclusioni è demandata la problematizzazione della questione opposta e complementare alla ricognizione del cinématisme diffuso nell'ordine del visibile moderno e al cristallizzarsi della vetrina come dispositivo para-cinematografico. Se la vetrina si offre allo sguardo come dispositivo che produce immagini e modella una nuove qualità del guardare – mobile, episodico ma non ancora virtualizzato dall'immagine cinematografica – per converso, il cinema può diventare display e spazio della messinscena di repertori oggettuali e identità mediate dal rapporto con le merci. Ci si rivolge alla storia del cinema per interrogare i film rispetto a un'inedita riconfigurazione della componente espositiva dei luoghi del consumo, al sistema di relazioni di sguardo intessuto dalla superficie della vetrina all'interno dello spazio dell'inquadratura, alla relazione tra inquadratura e quadro definito dal vetro trasparente, tra i personaggi e con lo spettatore.
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IORIO, Elena. "Il riconoscimento tardivo : idee, pratiche e immagini dell’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia con una comparazione con la Repubblica Federale Tedesca (1945-1972)." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/1814/33885.

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Abstract:
Defence date: 9 December 2014
Examining Board: Prof. Heinz-Gerhard Haupt, European University Institute (EUI Supervisor); Prof. Federico Romero, European University Institute; Prof., Stefano Cavazza, Università di Bologna; Prof.sa Petra Terhöven, Georg-August Universität Göttingen.
Questa tesi si concentra sulla storia dell’obiezione di coscienza al servizio militare (odc) in Italia, nel periodo 1945-1972 (anno del riconoscimento del diritto), svolgendo un paragone con quanto accaduto nella Repubblica Federale tedesca (dove il diritto fu inscritto nella Grundgesetz del 1949). L’odc è un tema ancora trascurato dalla storiografia perché considerato marginale (almeno in ambito europeo, dove la questione, in sostanza, è storicamente chiusa). Questo lavoro parte invece dall’idea che lo studio del diritto all’odc permetta di illuminare molteplici contesti (dinamica dei rapporti tra Stato e cittadini, ruolo delle minoranze, guerra fredda, processo di costruzione europea, ecc.) in una prospettiva transnazionale. In particolare, l’odc può offrire un punto di accesso originale alla comprensione di alcuni cambiamenti culturali intervenuti dopo il 1945: è uno dei segni più evidenti dell’opposizione individuale al militarismo e allo stesso tempo indica una precisa presa di posizione nel dibattito sul ruolo dei cittadini all’interno dello Stato e sul monopolio della violenza; pertanto può essere inteso anche come un indicatore del rapporto tra sfera normativa e sfera morale individuale e una delle tracce più evidenti del rinnovamento culturale in materia di pace e, di riflesso, di guerra avvenuto nel periodo postbellico. I due paesi in esame, pur partendo da situazioni per molti versi analoghe, si confrontarono con la questione dell’odc con due approcci che portarono a esiti a lungo divergenti. La tesi mostrerà i percorsi italiano e tedesco (concentrandosi maggiormente sul primo e utilizzando il secondo in chiave comparativa) mettendo in luce principalmente tre aspetti: l’elaborazione teorica del rifiuto delle armi (analizzando le varie posizioni storiche, dall’antimilitarismo del movimento operaio al pacifismo integrale, basato su un’etica religiosa o laica) e la sua pratica dal XIX secolo alla seconda guerra mondiale; le pratiche e i modelli culturali degli obiettori del secondo dopoguerra e il contesto in cui agirono (reti di relazioni, ruolo degli intellettuali e dell’opinione pubblica, ecc.); l’iter giuridico che portò al riconoscimento del diritto.
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5

SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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Books on the topic "Immagini e pratiche documentarie"

1

Cati, Alice. Immagini della memoria: Teorie e pratiche del ricordo tra testimonianza, genealogia, documentari. Milano: Mimesis, 2013.

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Rapporti mediterranei, pratiche documentarie, presenze veneziane (Conference) (2015 Venice, Italy). Rapporti mediterranei, pratiche documentarie, presenze veneziane: Le reti economiche e culturali (XIV-XVI secolo). Venezia: Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 2017.

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3

Caramaschi, Giulia. I confini della comunicazione: Discorsi, immagini, pratiche nella società dell'informazione. Bologna: CLUEB, 2008.

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L'iconicità, la lirica: Immagini, teorie e pratiche poetiche da Leopardi a Zanzotto. Bologna: I libri di Emil, 2012.

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5

Fabrizio, Merisi, and Museo del lino (Pescarolo ed Uniti, Italy), eds. Il rattoppo: Bisogno e creatività nelle pratiche contadine : usanze, simboli, parole, immagini. Pescarolo ed Uniti (CR): Museo del lino, 1996.

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6

Vanoli, Alessandro. Alle origini della reconquista: Pratiche e immagini della guerra tra cristianità e islam. Torino: N. Aragno, 2003.

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7

Bacci, Michele. Pro remedio animae: Immagini sacre e pratiche devozionali in Italia centrale : secoli 13. e 14. Pisa: ETS, 2000.

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8

Bacci, Michele. Pro remedio animae: Immagini sacre e pratiche devozionali in Italia centrale : secoli XIII e XIV. Pisa: GISEM, 2000.

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Riti, pratiche e immagini della morte in Puglia: La chiesa e la confraternita di S. Maria del Suffragio a Monopoli dall'età barocca a oggi. Roma: De Luca editori d'arte, 2017.

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10

Passetti, Cristina, and Lucio Tufano, eds. Femminile e maschile nel Settecento. Florence: Firenze University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-713-9.

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Abstract:
Nel XVIII secolo il rapporto tra il femminile e il maschile assume uno speciale rilievo e si configura come un banco di prova formidabile entro il processo di costruzione dell’identità dell’individuo. Le immagini connesse al genere sono molteplici, così come articolati appaiono i processi di autorappresentazione attraverso i quali i soggetti si leggono, si raccontano e si proiettano nel proprio contesto esistenziale. Ventitré saggi appartenenti ad ambiti disciplinari diversi (storia, letteratura, filosofia, arti figurative, scienza, musica e teatro) esplorano la dialettica settecentesca tra i due principi per mezzo di approcci metodologici aggiornati e specifici. Dall’insieme delle indagini scaturisce un quadro complesso e non privo di ambiguità, nel quale le categorizzazioni risultano continuamente rinegoziate in termini sia di elaborazioni intellettuali, sia di pratiche sociali.
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Conference papers on the topic "Immagini e pratiche documentarie"

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Decandia, Lidia. "Percorsi e terre di mezzo: dai cammini degli antenati ai luoghi dell'incontro e della festa contemporanei: il museo mater di Mamoiada." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7975.

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Abstract:
Il saggio intende raccontare l’esperienza svolta insieme a Studio Azzurro nella progettazione del Museo di archeologia e del territorio di Mamoiada. In questa esperienza attraverso l’uso di strumenti multimediali e interattivi si è lavorato per costruire non un luogo contemplativo, ma una vera e propria centrale “centrale di produzione di conoscenza memoriale e immaginativa”. Nel raccontare alcuni aspetti della storia di questo territorio, per individuare una possibile chiave interpretativa, siamo partiti dalle peculiarità di questo contesto e in particolare dal suo essere terra di confine e di frontiera, e in quanto tale, anche luogo di incontro e di scambio. Questa particolare identità di confine è diventata la chiave per rileggere la presenza di particolari luoghi "sacri" preistorici e contemporanei che popolano questo contesto. Si è scelto di narrare questo peculiare aspetto della storia del territorio utilizzando fonti documentarie e orali, messe insieme non con un andamento lineare e continuo, ma lavorando piuttosto, attraverso immagini poetiche e metaforiche per frammenti, montaggi, accostamenti delicati che, nel rompere ogni associazione sistematica, si richiamano l'un l'altro, più attraverso analogie che sequenze logiche. Abbiamo pensato di costruire un percorso che diventasse capace di mostrare più che di dire, di far lavorare l'immaginazione attraverso l'accostamento inusuale tra epoche differenti, tra l'arcaico e il contemporaneo; di aprire domande e di mettere sul tavolo questioni insolute anziché costruire teorie da difendere.
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