Dissertations / Theses on the topic 'Identificazione molecolare'

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Scuderi, Maria Cristina. "Identificazione molecolare di lattobacilli umani ed epidemiologia delle resistenze." Thesis, Universita' degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/306.

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Abstract:
Quarantacinque ceppi di lattobacilli umani sono stati identificati mediante tecniche molecolari (16S rDNA PCR-RFLP; multiplex PCR 16S-ITS-23S rDNA e regione fiancheggiante la 23S rDNA, multiplex PCR sul gene tuf). Le attivita' in vitro verso differenti classi antibiotiche (beta-lattamici, macrolidi, lincosammidi, fluorochinoloni, glicopeptidi e aminoglicosidi) sono state determinate mediante test di microdiluizione in terreno liquido e diffusione in terreno solido. E' stato effettuato lo studio genotipico della resistenza ai chinoloni mediante amplificazione e sequenziamento delle QRDR (Quinolone Resistance Determining Region) dei geni gyrA e parC, codificanti rispettivamente la DNA girasi e la topoisomerasi IV.
45 Lactobacillus strains isolated from human were identified by molecular tecniques (16S rDNA PCR-RFLP; multiplex PCR 16S-ITS-23S rDNA and its flancking region; multiplex PCR tuf gene ). In vitro activities were tested by broth microdiluition and agar diffusion against different antimicrobial classes (beta-lactams, macrolides, lincosamides, fluoroquinolones, glycopeptides and aminoglycosides).Genotypic study was performed to investigate quinolone resitance by PCR and sequencing QRDR (Quinolone Resistance Determining Region) of gyrA and parC genes.
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2

STEFFAN, DAVIDE. "IDENTIFICAZIONE DI UN NUOVO GENE DIPENDENTE DA TFEB ED ESERCIZIO FISICO." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3453864.

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Abstract:
Vivere come un mammifero sedentario, ma con una maggiore aspettativa di vita, rappresenta una delle sfide evolutive più impegnative per la nostra specie. Malattie croniche come l'obesità e il diabete di tipo 2 sono spesso conseguenza di tale condizione. Tuttavia, riadottare uno stile di vita “più attivo” può ripristinare una condizione di vita più sana. Sebbene i benefici dati da una regolare attività fisica siano noti da tempo, i meccanismi molecolari che li coordinano sono ancora oggetto di dibattito. Il fattore di trascrizione EB (TFEB) svolge un ruolo centrale nella regolazione del metabolismo del muscolo scheletrico coordinando l’assorbimento di nutrienti alla produzione di energia durante l’attività fisica. Tali risultati supportano l’attività di TFEB come un tassello fondamentale per la mediazione degli effetti benefici dell’esercizio fisico (Mansueto et al. 2017). Per queste ragioni, l’esistenza di geni dipendenti sia da TFEB che dall’esercizio fisico, è un’ipotesi più che plausibile, in particolare, tra questi, ci siamo focalizzati sull’eventuale presenza di geni non ancora caratterizzati dal punto di vista molecolare (RIKEN). Innanzitutto, abbiamo incrociato i dati provenienti da un microarray ottenuto da muscoli che over esprimono TFEB (GSE62975) con i profili di espressione genica muscolare di topi sottoposti ad un allenamento fisico (corsa) per 4 settimane (GSE54276). Da questo confronto abbiamo indentificato un'unica RIKEN up regolata in entrambe le condizioni e l’abbiamo denominata Exe-RIKEN. L’esplorazione di questo gene è cominciata sfruttando dei tool bioinformatici i quali mostrano che Exe-RIKEN mappa nel cromosoma 19 e codifica un trascritto di 1165 paia di basi; l'mRNA è trascritto da due esoni che putativamente contengono un piccolo ORF di 124 amminoacidi. La sequenza amminoacidica e nucleotidica di Exe-RIKEN ha un grado di omologia di circa il 70% tra uomo e topo. Il fatto che Exe-RIKEN possieda un gene omologo nei marsupiali, ma non nei monotremi, ne suggerisce una recente origine evolutiva. Sfruttando esperimenti di over espressione, abbiamo dimostrato per la prima volta che Exe-RIKEN è un gene codificante una proteina sia in vitro che in vivo. La presenza dell’mRNA di Exe-RIKEN nel muscolo scheletrico è stata confermata tramite RT-qPCR, suggerendo che l’espressione di Exe-RIKEN possa dipendere dal tipo di fibra. Esperimenti in vivo su modelli fisiologici e genetici di esercizio confermano che sia l’over espressione di TFEB, che la fase di recupero post esercizio, sono due condizioni in cui Exe-RIKEN è over espresso. Inoltre, la stimolazione muscolare ex vivo mostra che l’induzione della trascrizione di questo gene non dipende da fattori non muscolari. Esperimenti di RT-qPCR che sfruttano coppie di primer disegnate su diverse regioni dell'mRNA di Exe-RIKEN, indicano la presenza di almeno due varianti di trascrizione le cui differenze risiedono nella lunghezza del 3’UTR, suggerendo una possibile regolazione post-trascrizionale. Abbiamo inoltre mostrato una correlazione positiva tra area della sezione trasversale delle fibre glicolitiche e reattività dell'immunofluorescenza contro la proteina Exe-RIKEN endogena. Tuttavia, i muscoli ossidativi come il soleo presentano una localizzazione di Exe-RIKEN più nucleare. Inoltre, esperimenti di over espressione e di delezione del NES, rivelano che l'esercizio è uno stimolo in grado di indurre lo spostamento di Exe-RIKEN dal citosol al nucleo delle fibre muscolari. Esperimenti di RNAseq su cellule C2C12 che over esprimono Exe-RIKEN mostrano un’induzione di geni correlati ad immunità e infiammazione. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche dopo l’over espressione di TFEB in cellule (Irazoqui 2020). Tali risultati enfatizzano Exe-RIKEN come un nuovo fattore molecolare che può potenzialmente mediare la risposta infiammatoria adattativa in risposta all’esercizio fisico.
An increased lifespan as a sedentary mammal represents one of the strongest evolutionary challenges for humans, often resulting in whole-body metabolic maladaptation. Indeed, emerging chronic diseases, i.e., obesity, type 2 diabetes and cardiovascular complications are the major burdens of the new era that can however be prevented and cured re-establishing a “more active” lifestyle. The benefits of regular physical activity are long known even if the molecular networks that coordinate adaptive responses to exercise are still matter of debate. Recently, Transcription Factor EB (TFEB) has been shown to function as a master metabolic regulator in skeletal muscle, finely tuning fuel uptake to energy production during exercise; these findings strongly support TFEB activity as crucial for mediating the beneficial effects of exercise (Mansueto et al. 2017). Therefore, there is reason to think of the existence of TFEB and exercise dependent genes; in particular, we were interested in the identification of uncharacterized genes (RIKENs) (The RIKEN Genome Exploration Research Group Phase II Team and the FANTOM Consortium, 2001) regulated both by exercise and TFEB activity. To do this, we crossed microarray data from TFEB overexpressing muscles (GSE62975) with muscular gene expression profiles of 4 weeks-trained mice (GSE54276). From this comparison, we identified a unique commonly upregulated RIKEN, hereafter referred as “Exe-RIKEN”. Starting from this finding, my PhD project has been focused on the molecular characterization of this new understudied gene. From bioinformatic analysis, we found that Exe-RIKEN gene maps in chromosome 19 and encodes a 1165 bp transcript; the mature mRNA is transcribed from two exons displaying a small putative ORF of 124 amino acids. Exe-RIKEN is strongly conserved in placental mammals, sharing more than 70% identity between human and murine nucleotidic and amino acidic sequences; moreover, the homolog gene is found in marsupials, but not in monotremes, suggesting a recent evolutionary origin. Overexpression experiments showed for the first time that Exe-RIKEN is a real protein coding gene both in vitro and in vivo. The presence of Exe-RIKEN transcript in skeletal muscle was validated via RT-qPCR; curiously, different hind limb muscles in sedentary mice show different Exe-RIKEN transcript levels, suggesting a possible Exe-RIKEN expression fiber type specificity. In vivo experiments on physiological and genetic exercise models allowed to confirm skeletal muscle Exe-RIKEN transcription up regulation in response to TFEB overexpression and during exercise recovery phase. Interestingly, ex vivo muscle stimulation showed that its transcription induction does not depend on extra muscular factors. RT-qPCR experiments with primers mapping on different Exe-RIKEN transcript regions suggest the presence of at least two transcript variants that differ on the 3’UTR length in skeletal muscle, highlighting a possible post transcriptional mRNA regulation. Immunofluorescence staining against the endogenous Exe-RIKEN showed that it differentially localizes in muscle fiber types, with a positive correlation between cross sectional area and immunostaining reactivity in glycolytic fibers; conversely, oxidative muscles such as soleus did not present cytoplasmic but a more nuclear Exe-RIKEN localization. In addition, overexpression and NES deletion experiments reveal that exercise is an Exe-RIKEN cytosol-to-nucleus shuttling stimulus in skeletal muscle. RNAseq on overexpressing Exe-RIKEN C2C12 shows an induction of genes belonging to the Gene Ontology terms relative to immunity and inflammation; intriguingly, similar results are obtained also after TFEB overexpression in cells (Irazoqui 2020). Altogether, these findings support Exe-RIKEN as a novel and compelling molecular player potentially mediating the adaptive inflammatory response to physical training in skeletal muscle.
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VISCHIONI, CHIARA. "Identificazione dei Meccanismi Molecolari associati alla Longevità e alla Resistenza al Cancro nei Mammiferi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. https://hdl.handle.net/11577/3461382.

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Abstract:
Il cancro è una malattia che evolve seguendo le regole della selezione naturale, nata con lo sviluppo della multicellularità, e intrinsecamente causata da mutazioni che si verificano sia a livello somatico che ereditate attraverso la linea germinale. Eppure, aldilà di questa semplice definizione accademica, dietro lo sviluppo delle malattie oncologiche, si cela un mondo molto più ampio, per la maggior parte ancora sconosciuto. Alcuni autori sostengono che il cancro non sia solo una malattia, ma che rappresenti una forza evolutiva in grado di modellare selettivamente l’adattamento di una specie. Sorprendentemente, a livello filogenetico, la suscettibilità al cancro varia notevolmente. Infatti, è noto che all'interno della stessa specie le dimensioni del corpo e la durata della vita siano fortemente correlate alla probabilità di sviluppare un tumore, mentre, tra specie diverse, questa associazione scompare, lasciando il posto a quello che viene definito come il paradosso di Peto: teoricamente, poiché ogni cellula del corpo ha la stessa probabilità di diventare cancerosa, le specie dotate di una massa maggiore e quelle più longeve dovrebbero proporzionalmente avere un rischio maggiore di tumorigenesi. Tuttavia, Peto ci insegna che alcune di esse hanno evoluto strategie di soppressione in grado di coesistere con la loro grande dimensione e l’elevata longevità. In questo contesto, l'oncologia e la genomica comparativa sono gli unici strumenti in grado di rispondere a quelle domande sul perché, nonostante i loro vincoli fenotipici come dimensioni ed elevata longevità, alcune specie siano più resistenti al cancro rispetto ad altre. Nel corso del tempo, le cellule acquisiscono e accumulano mutazioni che, in alcuni casi, possono portare allo sviluppo di tumore. Capire in che modo la Natura abbia risolto il problema della soppressione del cancro durante l'evoluzione, potrebbe quindi essere tradotto in strategie di prevenzione nell’ambito della ricerca umana e veterinaria. Ad oggi, tra i meccanismi proposti per la risoluzione del paradosso di Peto si trovano la riduzione del numero di copie degli oncogeni o, al contrario, l'aumento del numero di geni soppressori. In particolare, le Copy Number Variations (CNVs), sono regioni di DNA delete e/o duplicate all'interno del genoma, e portano ad una variazione fenotipica, causando, in alcuni casi, malattia. Pertanto, indagare la composizione in copy number nel genoma di animali longevi e/o di taglia grande, ma che mostrano un basso tasso di incidenza di neoplasia, potrebbe far luce su nuovi target molecolari legati all'invecchiamento ad oggi ancora sconosciuti. In particolare, il Capitolo II descrive VarNuCopy, il database che ho sviluppato durante il corso del mio dottorato, e che raccoglie e confronta le CNVs del genoma di 233 organismi (mammiferi e non), correlando, per un sottoinsieme selezionato, il numero di copie con alcuni tratti fenotipici della specie. Il Capitolo III, sfruttando i dati di VarNuCopy, riporta per la prima volta la famiglia dei microRNA come un nuovo target molecolare in grado di discriminare per la predisposizione al cancro di una specie. Infine, il Capitolo IV spiega come e perché il lievito unicellulare S. cerevisiae possa essere considerato un modello chiave nello studio dei processi di invecchiamento e del cancro, riportando anche la mia esperienza di ricerca personale svolta durante i nove mesi trascorsi all'estero.
Cancer is a rooted evolutionarily disease, born with the development of the multicellularity, and inherently caused by mutations occurring at somatic level or inherited through the germline. Yet, there is a whole world behind this simple academic definition. Some authors argue that it is not just a disease, but it rather represents a force able to drive the biological systems, acting itself as evolutionary mechanism able to selectively shape the adaptation of a species. Surprisingly, at phylogenetic level, susceptibility to cancer greatly varies from one species to another. Indeed, it is known that within the same species body size and lifespan are strongly correlated with the probability of developing cancer, whereas, across different ones, this association disappears, being replaced by what it is recognized as Peto's Paradox biological dilemma: theoretically, over time, cells acquire and accumulate mutations that, in some cases, can lead to the development of a tumorigenic event. Since every cell in the body has the same potential to become cancerous, larger and longer-living species should proportionally have a higher risk of cancer. However, Peto teaches us that some of them have evolved cancer suppression strategies able to parallelly coexist alongside their grater size and longevity. In this framework, oncology and comparative genomics are the only tools able to answer those question wondering why some species are more resistant to cancer compared to others, despite their phenotypic constraints such as size and high longevity. Understanding how Nature has solved the problem of cancer suppression during evolution could, therefore, be translated into cancer prevention strategies for human and veterinary research. To date, mechanisms proposed for the resolution of Peto's paradox include the reduction in the number of oncogenes copies, or, conversely, the increase in the number of suppressor genes. In particular, Copy Number Variations (CNVs), are regions of DNA found deleted and/or duplicated within the genome, which may reflect a phenotypic variation, causing, in some cases, disease. Therefore, investigating the copy number composition of genes in the genome of long-living and/or big size animals showing a low cancer rate could shed light on new molecular targets related to ageing and cancer-resistance that are still unknown. Specifically, Chapter II describes VarNuCopy, the first online tool that I developed during the course of my Ph.D, that collects and compares CNVs from the genome of 233 organisms (mammalian and non- mammalian), correlating, for a selected subset, the copy number with some phenotypic traits of the species. Chapter III, exploiting VarNuCopy data, identifies for the first time the microRNAs family as a new biomarker able to discriminate the cancer predisposition of a species. Finally, Chapter IV explains how and why the single-cell organism S. cerevisiae can be considered as a key model in the study of ageing processes and cancer-related pathways, reporting also my personal research experience carried out during the nine months of my Ph.D spent abroad.
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VISCHIONI, CHIARA. "Identificazione dei Meccanismi Molecolari associati alla Longevità e alla Resistenza al Cancro nei Mammiferi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. https://hdl.handle.net/11577/3461383.

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Abstract:
Il cancro è una malattia che evolve seguendo le regole della selezione naturale, nata con lo sviluppo della multicellularità, e intrinsecamente causata da mutazioni che si verificano sia a livello somatico che ereditate attraverso la linea germinale. Eppure, aldilà di questa semplice definizione accademica, dietro lo sviluppo delle malattie oncologiche, si cela un mondo molto più ampio, per la maggior parte ancora sconosciuto. Alcuni autori sostengono che il cancro non sia solo una malattia, ma che rappresenti una forza evolutiva in grado di modellare selettivamente l’adattamento di una specie. Sorprendentemente, a livello filogenetico, la suscettibilità al cancro varia notevolmente. Infatti, è noto che all'interno della stessa specie le dimensioni del corpo e la durata della vita siano fortemente correlate alla probabilità di sviluppare un tumore, mentre, tra specie diverse, questa associazione scompare, lasciando il posto a quello che viene definito come il paradosso di Peto: teoricamente, poiché ogni cellula del corpo ha la stessa probabilità di diventare cancerosa, le specie dotate di una massa maggiore e quelle più longeve dovrebbero proporzionalmente avere un rischio maggiore di tumorigenesi. Tuttavia, Peto ci insegna che alcune di esse hanno evoluto strategie di soppressione in grado di coesistere con la loro grande dimensione e l’elevata longevità. In questo contesto, l'oncologia e la genomica comparativa sono gli unici strumenti in grado di rispondere a quelle domande sul perché, nonostante i loro vincoli fenotipici come dimensioni ed elevata longevità, alcune specie siano più resistenti al cancro rispetto ad altre. Nel corso del tempo, le cellule acquisiscono e accumulano mutazioni che, in alcuni casi, possono portare allo sviluppo di tumore. Capire in che modo la Natura abbia risolto il problema della soppressione del cancro durante l'evoluzione, potrebbe quindi essere tradotto in strategie di prevenzione nell’ambito della ricerca umana e veterinaria. Ad oggi, tra i meccanismi proposti per la risoluzione del paradosso di Peto si trovano la riduzione del numero di copie degli oncogeni o, al contrario, l'aumento del numero di geni soppressori. In particolare, le Copy Number Variations (CNVs), sono regioni di DNA delete e/o duplicate all'interno del genoma, e portano ad una variazione fenotipica, causando, in alcuni casi, malattia. Pertanto, indagare la composizione in copy number nel genoma di animali longevi e/o di taglia grande, ma che mostrano un basso tasso di incidenza di neoplasia, potrebbe far luce su nuovi target molecolari legati all'invecchiamento ad oggi ancora sconosciuti. In particolare, il Capitolo II descrive VarNuCopy, il database che ho sviluppato durante il corso del mio dottorato, e che raccoglie e confronta le CNVs del genoma di 233 organismi (mammiferi e non), correlando, per un sottoinsieme selezionato, il numero di copie con alcuni tratti fenotipici della specie. Il Capitolo III, sfruttando i dati di VarNuCopy, riporta per la prima volta la famiglia dei microRNA come un nuovo target molecolare in grado di discriminare per la predisposizione al cancro di una specie. Infine, il Capitolo IV spiega come e perché il lievito unicellulare S. cerevisiae possa essere considerato un modello chiave nello studio dei processi di invecchiamento e del cancro, riportando anche la mia esperienza di ricerca personale svolta durante i nove mesi trascorsi all'estero.
Cancer is a rooted evolutionarily disease, born with the development of the multicellularity, and inherently caused by mutations occurring at somatic level or inherited through the germline. Yet, there is a whole world behind this simple academic definition. Some authors argue that it is not just a disease, but it rather represents a force able to drive the biological systems, acting itself as evolutionary mechanism able to selectively shape the adaptation of a species. Surprisingly, at phylogenetic level, susceptibility to cancer greatly varies from one species to another. Indeed, it is known that within the same species body size and lifespan are strongly correlated with the probability of developing cancer, whereas, across different ones, this association disappears, being replaced by what it is recognized as Peto's Paradox biological dilemma: theoretically, over time, cells acquire and accumulate mutations that, in some cases, can lead to the development of a tumorigenic event. Since every cell in the body has the same potential to become cancerous, larger and longer-living species should proportionally have a higher risk of cancer. However, Peto teaches us that some of them have evolved cancer suppression strategies able to parallelly coexist alongside their grater size and longevity. In this framework, oncology and comparative genomics are the only tools able to answer those question wondering why some species are more resistant to cancer compared to others, despite their phenotypic constraints such as size and high longevity. Understanding how Nature has solved the problem of cancer suppression during evolution could, therefore, be translated into cancer prevention strategies for human and veterinary research. To date, mechanisms proposed for the resolution of Peto's paradox include the reduction in the number of oncogenes copies, or, conversely, the increase in the number of suppressor genes. In particular, Copy Number Variations (CNVs), are regions of DNA found deleted and/or duplicated within the genome, which may reflect a phenotypic variation, causing, in some cases, disease. Therefore, investigating the copy number composition of genes in the genome of long-living and/or big size animals showing a low cancer rate could shed light on new molecular targets related to ageing and cancer-resistance that are still unknown. Specifically, Chapter II describes VarNuCopy, the first online tool that I developed during the course of my Ph.D, that collects and compares CNVs from the genome of 233 organisms (mammalian and non- mammalian), correlating, for a selected subset, the copy number with some phenotypic traits of the species. Chapter III, exploiting VarNuCopy data, identifies for the first time the microRNAs family as a new biomarker able to discriminate the cancer predisposition of a species. Finally, Chapter IV explains how and why the single-cell organism S. cerevisiae can be considered as a key model in the study of ageing processes and cancer-related pathways, reporting also my personal research experience carried out during the nine months of my Ph.D spent abroad.
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Morganti, Stefano. "Identificazione dell'enzima Nicotinamide N-Metiltrasferasi quale marker molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2014. http://hdl.handle.net/11566/242767.

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Abstract:
Il carcinoma polmonare rappresenta la neoplasia più diffusa a livello mondiale e la principale causa di morte per cancro. L’aumento del tasso di sopravvivenza dei pazienti affetti da tale patologia è affidato ai progressi compiuti in campo chirurgico e terapeutico, nonché all’identificazione di nuovi marcatori per una diagnosi precoce. Oggetto del presente lavoro di ricerca è l’enzima nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT). I livelli di espressione dell’NNMT sono stati valutati nel tessuto polmonare tumorale e nel tessuto peritumorale prossimo e lontano, rispetto al margine della neoplasia, di 36 pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) mediante Real-Time PCR, Western blot, analisi immunoistochimica e saggio di attività catalitica. Allo scopo di esplorare il coinvolgimento dell’NNMT nel metabolismo della cellula tumorale, è stato effettuato il silenziamento dell’NNMT mediante l’impiego di plasmidi codificanti shRNA ed è stato valutato l’effetto di tale downregolazione sulla proliferazione cellulare e sul potenziale tumorigenico della linea cellulare di carcinoma polmonare A549. I risultati ottenuti evidenziano un aumento dell’espressione dell’NNMT (mRNA e proteina) nel tessuto tumorale rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dal margine della neoplasia. Inoltre, il tessuto tumorale mostra livelli di attività specifica significativamente più elevati rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dalla neoplasia. In particolare, il tessuto polmonare peritumorale, sia prossimo che lontano dal margine della neoplasia dei casi sfavorevoli (N+), mostra livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica più elevati rispetto a quelli rilevabili a carico degli stessi tessuti relativi ai casi favorevoli (N0), suggerendo che a livello molecolare il tessuto peritumorale dei casi sfavorevoli (N+) si trova in una fase, seppur estremamente precoce, della trasformazione neoplastica. Il silenziamento dell’NNMT ha determinato una diminuzione significativa della proliferazione cellulare e della capacità di formare colonie in assenza di adesione al substrato. I dati riportati nel presente lavoro indicano che l’NNMT rappresenta un marcatore molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule e supportano l’ipotesi secondo la quale esso possa svolgere un ruolo importante nella crescita del tumore e nell’invasione neoplastica. Successivi studi saranno rivolti a chiarire se l’NNMT possa rappresentare un potenziale bersaglio di una terapia antineoplastica.
Lung cancer is the most common neoplasm worldwide and the leading cause of tumor death. Improvements in surgery and therapy, as well as the discovery of new and effective markers for an early diagnosis, are necessary to increase the overall survival rate. This study is focused on the enzyme nicotinamide N-methyltransferase (NNMT). NNMT expression levels were evaluated in tumor, tumor-adjacent and surrounding tissue samples of 36 patients with non-small cell lung carcinoma (NSCLC) by Real-Time PCR, Western blot analysis, catalytic activity assay and immunohistochemical analysis. To explore the involvement of NNMT in tumor cell metabolism, we evaluated the effect of shRNA-mediated inhibition of NNMT on cell proliferation and tumorigenic potential of A549 lung cancer cell line. Results obtained showed NNMT upregulation (mRNA and protein) in tumor compared with both tumor-adjacent and surrounding tissue. Moreover, NSCLC displayed significantly higher activity levels than those determined in both tumor-adjacent and surrounding tissue. Interestingly, both tumor-adjacent and surrounding tissue samples of unfavorable cases (N+) seem to display higher activity levels than those of favorable NSCLCs (N0), suggesting that normal-looking tissue of unfavorable cases seems to change toward cancer. NNMT downregulation significantly inhibited cell proliferation and reduced colony formation ability on soft agar. Reported data indicate that NNMT represents a molecular marker for non-small cell lung carcinoma and support the hypothesis that it could play an important role in tumor growth and invasion. Further studies may establish whether NNMT could represent a target for an effective anti-cancer therapy.
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Marino, Flora <1977&gt. "Identificazione di un profilo molecolare di rischio nei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5369/1/marino_flora_tesi.pdf.pdf.

Full text
Abstract:
Obiettivi: nonostante i miglioramenti nel trattamento, circa il 30% dei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato recidiva o muore per progressione di malattia e i correnti metodi predittivi biologico-clinici non consentono di individuare tali pazienti. L’obiettivo dello studio è stato quello di definire un profilo molecolare di rischio che correli con l’outcome in questi pazienti. Materiali e metodi: studio retrospettico condotto su pazienti pediatrici affetti da LH omogeneamente trattati dal 2004 in poi. Su tali pazienti è stato intrapreso uno studio di validazione di marcatori molecolari già identificati in studi esplorativi precedenti. 27 geni sono stati analizzati in RT PCR su campioni di tessuto istologico prelevato alla diagnosi fissato in formalina e processato in paraffina relativi a una coorte di 37 pazienti, 12 ad outcome sfavorevole e 25 ad outcome favorevole. Risultati: dall’analisi univariata è emerso che solo l’espressione di CASP3 e CYCS, appartenenti al pathway apoptotico, è in grado di influenzare l’EFS in modo significativo nella nostra coorte di pazienti. Lo studio delle possibili combinazioni di questi geni ha mostrato l’esistenza di 3 gruppi di rischio che correlano con l’EFS: alto rischio (down regolazione di entrambi i geni), rischio intermedio (down regolazione di uno solo dei 2 geni), basso rischio (up regolazione di entrambi i geni). Dall’analisi multivariata è emerso che CASP3 è l’unica variabile che mantiene la sua indipendenza nell’influenzare la prognosi con un rischio di eventi di oltre il doppio di chi ha un’espressione bassa di questo gene. Conclusioni: i risultati ottenuti sulla nostra coorte di pazienti pediatrici affetti da LH confermano l’impatto sulla prognosi di due marcatori molecolari CASP3 e CYCS coinvolti nel patwhay apoptotico. La valutazione del profilo di espressione di tali geni, potrebbe pertanto essere utilizzata in corso di stadiazione, come criterio di predittività.
Purpose: despite improvement in the treatment of advanced Hodgkin lymphoma (HL), approximately 30% of pediatric patients relapse or die as result of the disease. Current methods to predict prognosis determined by clinical and biological parameters, fail to identify these patients accurately. The aim of this study was to define a molecular profile of risk correlates with outcome in these patients. Methods: retrospective study of pediatric patients with LH homogeneously treated from 2004 onwards. Of these patients was undertaken a validation study of molecular markers already identified in exploratory studies previously. 27 best predictor genes in HL was evaluated in RT PCR in formalin-fixed paraffin embedded diagnostic lymph-node samples obtained from 37 pediatric patients with HL, including 25 responders and 12 non responders to standard treatment and compared the expression profiles of patients with favorable and unfavourable clinical outcome. Results: univariate regression analysis revealed that only the expression of CASP3 and CYCS genes, involved in the apoptotic pathway, is able to significantly predict failure to treatment in our cohort of patients. The study of the possible combinations of these genes has shown the existence of 3 risk groups that correlate with EFS: high risk (down regulation of both genes), intermediate risk (down regulation of only one of the 2 genes), low risk (up regulation of both genes). Multivariate analysis showed that CASP3 is the only variable that maintains its independence in influencing the prognosis with a risk of events more than double in patients with low expression of this gene Conclusions: The results of our cohort of pediatric patients with HL confirm the impact on prognosis of two molecular markers CASP3 and CYCS involved in the apoptotic pathway. The evaluation of the expression profile of these genes, may therefore be used in the course of staging, as a criterion of predictivity.
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Marino, Flora <1977&gt. "Identificazione di un profilo molecolare di rischio nei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5369/.

Full text
Abstract:
Obiettivi: nonostante i miglioramenti nel trattamento, circa il 30% dei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato recidiva o muore per progressione di malattia e i correnti metodi predittivi biologico-clinici non consentono di individuare tali pazienti. L’obiettivo dello studio è stato quello di definire un profilo molecolare di rischio che correli con l’outcome in questi pazienti. Materiali e metodi: studio retrospettico condotto su pazienti pediatrici affetti da LH omogeneamente trattati dal 2004 in poi. Su tali pazienti è stato intrapreso uno studio di validazione di marcatori molecolari già identificati in studi esplorativi precedenti. 27 geni sono stati analizzati in RT PCR su campioni di tessuto istologico prelevato alla diagnosi fissato in formalina e processato in paraffina relativi a una coorte di 37 pazienti, 12 ad outcome sfavorevole e 25 ad outcome favorevole. Risultati: dall’analisi univariata è emerso che solo l’espressione di CASP3 e CYCS, appartenenti al pathway apoptotico, è in grado di influenzare l’EFS in modo significativo nella nostra coorte di pazienti. Lo studio delle possibili combinazioni di questi geni ha mostrato l’esistenza di 3 gruppi di rischio che correlano con l’EFS: alto rischio (down regolazione di entrambi i geni), rischio intermedio (down regolazione di uno solo dei 2 geni), basso rischio (up regolazione di entrambi i geni). Dall’analisi multivariata è emerso che CASP3 è l’unica variabile che mantiene la sua indipendenza nell’influenzare la prognosi con un rischio di eventi di oltre il doppio di chi ha un’espressione bassa di questo gene. Conclusioni: i risultati ottenuti sulla nostra coorte di pazienti pediatrici affetti da LH confermano l’impatto sulla prognosi di due marcatori molecolari CASP3 e CYCS coinvolti nel patwhay apoptotico. La valutazione del profilo di espressione di tali geni, potrebbe pertanto essere utilizzata in corso di stadiazione, come criterio di predittività.
Purpose: despite improvement in the treatment of advanced Hodgkin lymphoma (HL), approximately 30% of pediatric patients relapse or die as result of the disease. Current methods to predict prognosis determined by clinical and biological parameters, fail to identify these patients accurately. The aim of this study was to define a molecular profile of risk correlates with outcome in these patients. Methods: retrospective study of pediatric patients with LH homogeneously treated from 2004 onwards. Of these patients was undertaken a validation study of molecular markers already identified in exploratory studies previously. 27 best predictor genes in HL was evaluated in RT PCR in formalin-fixed paraffin embedded diagnostic lymph-node samples obtained from 37 pediatric patients with HL, including 25 responders and 12 non responders to standard treatment and compared the expression profiles of patients with favorable and unfavourable clinical outcome. Results: univariate regression analysis revealed that only the expression of CASP3 and CYCS genes, involved in the apoptotic pathway, is able to significantly predict failure to treatment in our cohort of patients. The study of the possible combinations of these genes has shown the existence of 3 risk groups that correlate with EFS: high risk (down regulation of both genes), intermediate risk (down regulation of only one of the 2 genes), low risk (up regulation of both genes). Multivariate analysis showed that CASP3 is the only variable that maintains its independence in influencing the prognosis with a risk of events more than double in patients with low expression of this gene Conclusions: The results of our cohort of pediatric patients with HL confirm the impact on prognosis of two molecular markers CASP3 and CYCS involved in the apoptotic pathway. The evaluation of the expression profile of these genes, may therefore be used in the course of staging, as a criterion of predictivity.
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Lenzi, Monia <1977&gt. "Isotiocianati come potenziali farmaci antileucemici: identificazione in vitro ed ex vivo del profilo molecolare e cellulare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/825/1/Tesi_Lenzi_Monia.pdf.

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Abstract:
Il presente studio ha come obbiettivo lo sviluppo di composti di origine naturale come potenziali farmaci antitumorali, attraverso la definizione dei loro specifici target cellulari e molecolari su diversi modelli cellulari ad alta predittività. Gli isotiocianati, contenuti nei vegetali appartenenti alla famiglia delle Crucifereae, sono dotati di una comprovata capacità di inibire la formazione di tumori in modelli animali preventivamente trattati con cancerogeni. Questa attività è riconducibile principalmente alla modulazione degli enzimi coinvolti nell’attivazione/detossificazione di xenobiotici e ad effetti citostatici e citossici, osservati su numerose linee cellulari. Un isotiocianato particolarmente promettente è il sulforafane (SFN). La ricerca condotta durante il periodo di dottorato si è, quindi, focalizzata sull’isotiocianato SFN e in particolare sulla sua capacità di modulare specifici eventi cellulari e molecolari coinvolti nel processo di leucemogenesi. Inizialmente è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico del SFN su una linea cellulare T linfoblastoide (cellule Jurkat), con particolare attenzione agli effetti sulla proliferazione cellulare, all’induzione di apoptosi/necrosi e all’analisi di alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti negli effetti citostatici e citotossici dell’isotiocianato ( livelli proteici di p53, bax e bcl-2). Successivamente, poiché requisiti fondamentali di un antitumorale sono selettività d’azione e scarsa tossicità, è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico dell’isotiocianato SFN sulla controparte non trasformata delle cellule leucemiche T linfoblastoidi, analizzando gli stessi eventi studiati su cellule tumorali e alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti (livelli proteici di ciclina D2, ciclina D3, chinasi ciclina dipendente (CDK) 4 e CDK6 ). Il SFN si è dimostrato in grado di indurre apoptosi sulle cellule Jurkat e di inibirne la proliferazione, mediante un blocco in fase G2/M del ciclo cellulare e un incremento dei livelli di p53 e bax. Il SFN è in grado di indurre effetti citostatici e citotossici anche su linfociti T non trasformati. Tuttavia, le dosi necessarie per esibire tali effetti sono ben più elevate di quelle attive su cellule leucemiche. Una tappa importante nello sviluppo di un farmaco antitumorale è, la definizione, dove possibile, dei suoi effetti in un modello ex vivo, altamente predittivo di quella che sarà la risposta farmacologica in vivo. Sono stati quindi valutati gli effetti del SFN su colture primarie di blasti provenienti da pazienti affetti da diversi tipi di leucemia , sia mieloide che linfoblastica. Il SFN non sembra possedere alcuna attività su campioni da pazienti affetti da LLC, mentre un importante attività proapoptotica si registra nei campioni da pazienti affetti da LMA, dove l’effetto del SFN è sorprendentemente marcato anche su campioni da pazienti multiresistenti. L’attività dell’isotiocianato sui campioni da pazienti affetti da LLA è decisamente più marcata sul campione da paziente affetto da LLA a cellule B, mentre sul campione di Leucemia Acuta Bifenotipica l’effetto proapoptotico del SFN si registra dopo tempi di trattamento brevi piuttosto che dopo tempi di trattamento più lunghi. In conclusione, i risultati ottenuti evidenziano che il SFN possiede un’interessante attività antileucemica in vitro e, dato di particolare rilevanza, anche ex vivo.
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Lenzi, Monia <1977&gt. "Isotiocianati come potenziali farmaci antileucemici: identificazione in vitro ed ex vivo del profilo molecolare e cellulare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/825/.

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Abstract:
Il presente studio ha come obbiettivo lo sviluppo di composti di origine naturale come potenziali farmaci antitumorali, attraverso la definizione dei loro specifici target cellulari e molecolari su diversi modelli cellulari ad alta predittività. Gli isotiocianati, contenuti nei vegetali appartenenti alla famiglia delle Crucifereae, sono dotati di una comprovata capacità di inibire la formazione di tumori in modelli animali preventivamente trattati con cancerogeni. Questa attività è riconducibile principalmente alla modulazione degli enzimi coinvolti nell’attivazione/detossificazione di xenobiotici e ad effetti citostatici e citossici, osservati su numerose linee cellulari. Un isotiocianato particolarmente promettente è il sulforafane (SFN). La ricerca condotta durante il periodo di dottorato si è, quindi, focalizzata sull’isotiocianato SFN e in particolare sulla sua capacità di modulare specifici eventi cellulari e molecolari coinvolti nel processo di leucemogenesi. Inizialmente è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico del SFN su una linea cellulare T linfoblastoide (cellule Jurkat), con particolare attenzione agli effetti sulla proliferazione cellulare, all’induzione di apoptosi/necrosi e all’analisi di alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti negli effetti citostatici e citotossici dell’isotiocianato ( livelli proteici di p53, bax e bcl-2). Successivamente, poiché requisiti fondamentali di un antitumorale sono selettività d’azione e scarsa tossicità, è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico dell’isotiocianato SFN sulla controparte non trasformata delle cellule leucemiche T linfoblastoidi, analizzando gli stessi eventi studiati su cellule tumorali e alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti (livelli proteici di ciclina D2, ciclina D3, chinasi ciclina dipendente (CDK) 4 e CDK6 ). Il SFN si è dimostrato in grado di indurre apoptosi sulle cellule Jurkat e di inibirne la proliferazione, mediante un blocco in fase G2/M del ciclo cellulare e un incremento dei livelli di p53 e bax. Il SFN è in grado di indurre effetti citostatici e citotossici anche su linfociti T non trasformati. Tuttavia, le dosi necessarie per esibire tali effetti sono ben più elevate di quelle attive su cellule leucemiche. Una tappa importante nello sviluppo di un farmaco antitumorale è, la definizione, dove possibile, dei suoi effetti in un modello ex vivo, altamente predittivo di quella che sarà la risposta farmacologica in vivo. Sono stati quindi valutati gli effetti del SFN su colture primarie di blasti provenienti da pazienti affetti da diversi tipi di leucemia , sia mieloide che linfoblastica. Il SFN non sembra possedere alcuna attività su campioni da pazienti affetti da LLC, mentre un importante attività proapoptotica si registra nei campioni da pazienti affetti da LMA, dove l’effetto del SFN è sorprendentemente marcato anche su campioni da pazienti multiresistenti. L’attività dell’isotiocianato sui campioni da pazienti affetti da LLA è decisamente più marcata sul campione da paziente affetto da LLA a cellule B, mentre sul campione di Leucemia Acuta Bifenotipica l’effetto proapoptotico del SFN si registra dopo tempi di trattamento brevi piuttosto che dopo tempi di trattamento più lunghi. In conclusione, i risultati ottenuti evidenziano che il SFN possiede un’interessante attività antileucemica in vitro e, dato di particolare rilevanza, anche ex vivo.
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SCOTTI, MADDALENA. "Identificazione molecolare e caratterizzazione funzionale del trasportatore SVCT2 mitocondriale in cellule leucemiche e nel muscolo scheletrico." Doctoral thesis, Urbino, 2016. http://hdl.handle.net/11576/2641524.

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Formica, Serena <1979&gt. "Farmacogenomica della Clofarabina nel trattamento delle Leucemie Acute pediatriche: identificazione di nuovi bersagli molecolari e del profilo genomico associato all’efficacia terapeutica del farmaco antitumorale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4487/1/Formica_Serena_Tesi.pdf.

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Abstract:
In quest’ultimi decenni si è assistito ad un notevole miglioramento nella terapia delle Leucemie Acute (LA) pediatriche, nonostante tutto si assiste oggi ad una fase di plateau della curva di sopravvivenza e le leucemie continuano a costituire la principale causa di morte pediatrica per malattia. Ulteriori progressi nel trattamento delle LA potrebbero essere ottenuti mediante studi di farmacogenomica che, identificando le componenti genetiche associate alla risposta individuale ai trattamenti farmacologici, consentono il disegno di terapie personalizzate e tumore-specifiche, ad alta efficacia e bassa tossicità per ciascun paziente. Il lavoro svolto è stato, dunque, finalizzato allo studio della farmacogenomica del farmaco antitumorale Clofarabina (CLO) nel trattamento delle LA pediatriche al fine di identificare marcatori genetici predittivi di risposta delle cellule leucemiche al farmaco, delucidare i meccanismi di resistenza cellulare ed individuare nuovi bersagli verso cui indirizzare terapie più mirate ed efficaci. L’analisi in vitro della sensibilità alla CLO di blasti provenienti da pazienti pediatrici affetti da Leucemia Acuta Linfoblastica (LAL) e Mieloide (LAM) ha consentito l’identificazione di due sottopopolazioni di cellule LAL ad immunofenotipo T a diversa sensibilità alla CLO. Mediante DNA-microarrays, si è identificata la “signature” genetica specificamente associata alla diversa risposta delle cellule LAL-T al farmaco. Successivamente, la caratterizzazione funzionale dei geni differenziali e l’analisi dei pathways hanno consentito l’identificazione specifica di potenziali biomarcatori di risposta terapeutica aprendo nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi di resistenza cellulare alla CLO e suggerendo un nuovo bersaglio terapeutico per le forme LAL-T a bassa sensibilità al farmaco. In conclusione, nel lavoro svolto si sono identificati set di geni e pathways di rilievo biologico per la risposta delle cellule LAL-T alla CLO suggerendo marcatori genetici in grado di identificare i soggetti eleggibili per il trattamento o verso cui disegnare terapie innovative. Il lavoro è paradigma per l’applicazione della farmacogenomica in altre neoplasie.
Over the past decades, treatment of Acute Leukemia (AL) in children has improved dramatically. However, despite the remarkable progress in the treatment of AL, leukemia remaining the leading cause of death by disease in children. Advances in cure rates could be obtained by pharmacogenomics aimed at developing strategies to personalize treatment and tailor therapy to individual patients, optimizing efficacy and safety through better understanding of human genome variability and its influence on drug response. In this work, we studied the pharmacogenomics of the antitumoral agent Clofarabine (CLO) in pediatric AL in order to identify predictive markers of drug response of leukemic cells, to elucidate mechanisms of drug resistance and, finally, to discover new therapeutic targets for more specific and efficient curative approaches. In vitro sensitivity to CLO was performed on blasts from children affected by Acute Lymphoblastic and Myeloid leukemia (ALL and AML). We identified two T-ALL subgroups on the base of their CLO sensitivity. Gene Expression Profiling by DNA-microarrays allowed us to identify the genetic “signature” associated to T-ALL Clofarabine response. Moreover, analysis of the differentially expressed genes permitted the identification of potential biomarkers of drug resistance providing mechanistic insights into the pharmacological basis of T-ALL drug resistance and suggesting a new therapeutic target for the treatment of T-ALLs resistant to CLO. In conclusion, our study identified set of genes and pathways of biological relevance for T-ALL response to CLO suggesting genetic biomarkers able to identify patients that could benefit from CLO treatment or new targets to develop innovative therapeutic strategies. Our study could be a paradigm for the application of pharmacogenomic studies in other human cancers.
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Formica, Serena <1979&gt. "Farmacogenomica della Clofarabina nel trattamento delle Leucemie Acute pediatriche: identificazione di nuovi bersagli molecolari e del profilo genomico associato all’efficacia terapeutica del farmaco antitumorale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4487/.

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Abstract:
In quest’ultimi decenni si è assistito ad un notevole miglioramento nella terapia delle Leucemie Acute (LA) pediatriche, nonostante tutto si assiste oggi ad una fase di plateau della curva di sopravvivenza e le leucemie continuano a costituire la principale causa di morte pediatrica per malattia. Ulteriori progressi nel trattamento delle LA potrebbero essere ottenuti mediante studi di farmacogenomica che, identificando le componenti genetiche associate alla risposta individuale ai trattamenti farmacologici, consentono il disegno di terapie personalizzate e tumore-specifiche, ad alta efficacia e bassa tossicità per ciascun paziente. Il lavoro svolto è stato, dunque, finalizzato allo studio della farmacogenomica del farmaco antitumorale Clofarabina (CLO) nel trattamento delle LA pediatriche al fine di identificare marcatori genetici predittivi di risposta delle cellule leucemiche al farmaco, delucidare i meccanismi di resistenza cellulare ed individuare nuovi bersagli verso cui indirizzare terapie più mirate ed efficaci. L’analisi in vitro della sensibilità alla CLO di blasti provenienti da pazienti pediatrici affetti da Leucemia Acuta Linfoblastica (LAL) e Mieloide (LAM) ha consentito l’identificazione di due sottopopolazioni di cellule LAL ad immunofenotipo T a diversa sensibilità alla CLO. Mediante DNA-microarrays, si è identificata la “signature” genetica specificamente associata alla diversa risposta delle cellule LAL-T al farmaco. Successivamente, la caratterizzazione funzionale dei geni differenziali e l’analisi dei pathways hanno consentito l’identificazione specifica di potenziali biomarcatori di risposta terapeutica aprendo nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi di resistenza cellulare alla CLO e suggerendo un nuovo bersaglio terapeutico per le forme LAL-T a bassa sensibilità al farmaco. In conclusione, nel lavoro svolto si sono identificati set di geni e pathways di rilievo biologico per la risposta delle cellule LAL-T alla CLO suggerendo marcatori genetici in grado di identificare i soggetti eleggibili per il trattamento o verso cui disegnare terapie innovative. Il lavoro è paradigma per l’applicazione della farmacogenomica in altre neoplasie.
Over the past decades, treatment of Acute Leukemia (AL) in children has improved dramatically. However, despite the remarkable progress in the treatment of AL, leukemia remaining the leading cause of death by disease in children. Advances in cure rates could be obtained by pharmacogenomics aimed at developing strategies to personalize treatment and tailor therapy to individual patients, optimizing efficacy and safety through better understanding of human genome variability and its influence on drug response. In this work, we studied the pharmacogenomics of the antitumoral agent Clofarabine (CLO) in pediatric AL in order to identify predictive markers of drug response of leukemic cells, to elucidate mechanisms of drug resistance and, finally, to discover new therapeutic targets for more specific and efficient curative approaches. In vitro sensitivity to CLO was performed on blasts from children affected by Acute Lymphoblastic and Myeloid leukemia (ALL and AML). We identified two T-ALL subgroups on the base of their CLO sensitivity. Gene Expression Profiling by DNA-microarrays allowed us to identify the genetic “signature” associated to T-ALL Clofarabine response. Moreover, analysis of the differentially expressed genes permitted the identification of potential biomarkers of drug resistance providing mechanistic insights into the pharmacological basis of T-ALL drug resistance and suggesting a new therapeutic target for the treatment of T-ALLs resistant to CLO. In conclusion, our study identified set of genes and pathways of biological relevance for T-ALL response to CLO suggesting genetic biomarkers able to identify patients that could benefit from CLO treatment or new targets to develop innovative therapeutic strategies. Our study could be a paradigm for the application of pharmacogenomic studies in other human cancers.
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Chiriu, Alessia. "Difetti ereditari del fattore V della coagulazione: identificazione di nuove mutazioni ed implicazioni cliniche." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3421773.

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Abstract:
Introduction. Coagulation factor V (FV), which is present in plasma and platelets, is a versatile protein with both pro- and anticoagulant functions. Its essential role in the activation of prothrombin to thrombin and its interactions with several coagulation factors and inhibitors make it a central regulator of the coagulation process. Congenital FV deficiency, named also parahaemophilia, is an autosomal recessive bleeding disorder. Heterozygotes are usually asymptomatic or experience only mild bleeding, whereas homozygotes and compound heterozygotes show a mild-to-severe bleeding diathesis, depending on the residual FV level. Although first described in 1947 by Owren, the molecular basis of this defect, transmitted with an autosomal recessive trait, have begun to clarify just fifty years later. Since then, there have been described more than 80 mutations associated with a reduction in plasma levels of FV, but to date the molecular basis of many defects in FV are little known. The aim of our study was to characterize from a genetic and a molecular point of view the defect of FV in 6 subjects with severe FV deficiency. We have also studied, in this cohort of subjects, the relationship between genotype and hemorrhagic phenotype. Finally, we analyzed the correlation between plasma and platelet FV in homozygous subjects and their families. Materials and methods. After informed consent, we collected 20 ml of peripheral blood from 6 subjects with homozygous FV deficient, 19 subjects heterozygous for FV deficiency and 42 healthy members of their families. Plasma and intraplatelets FV were determined. In subjects with homozygous defect was made a screening of FV gene to identify the causative mutations of the defect. Through bioinformatic analysis and protein alignment with high sequence homology to domains A1, A2, A3 the role and importance in correlation genotype/phenotype of the aminoacid position in question was determined. Through a simplified technique of "homology modeling". We studied the possible changes in the structure of the C2 domain of FV caused by a homozygous mutation in the exon 24 using the crystallographic structure deposited for that domain. Results. Considering homozygous, heterozygous and healthy relatives a statistically linear correlation between plasma and platelets FV was found. Accordingly to the data reported in the Literature, subjects with heterozygous defect did not show a clinical hemorrhagic phenotype dissimilar from families without defect. Through the techniques of gene sequencing of the FV, we identified 3 new causative mutations, not yet listed in the database maintained by Vos et al., of serious FV defect. Conclusions. The study of families with FV defect allowed us to demonstrate the presence of a linear correlation between the levels of plasma and intraplatelets FV. The study of the factor V gene and the bioinformatics analysis of its structure, in patients with homozygous defect, allowed us to identify new mutations in the FV gene and shed light on possible new molecular mechanisms of genetic mutation associated with pathological phenotypes
Introduzione. Il fattore V (FV) della coagulazione, presente sia nel plasma che nelle piastrine, è una proteina versatile che svolge funzioni sia pro che anticoagulanti. Il difetto di FV è una malattia emorragica rara conosciuta anche col termine di paraemofilia. E’ caratterizzata da livelli molto bassi, o non misurabili, di FV antigene e attività associati ad un fenotipo clinico di tipo emorragico che varia da moderato a grave, raramente fatale. Sebbene descritto per la prima volta nel 1947 da Owren, le basi molecolari di questo difetto, trasmesso con carattere autosomico recessivo, si sono iniziate a chiarire solo cinquant’anni più tardi. Da allora sono state descritte oltre 80 mutazioni associate ad una riduzione dei livelli plasmatici di FV ma a tutt’oggi le basi molecolari di molti difetti di FV sono poco caratterizzate. Scopo del nostro studio è stato quello di caratterizzare da un punto di vista genetico e molecolare il difetto di fattore V in 6 soggetti paraemofilici. Abbiamo inoltre studiato, in questa coorte di soggetti, la relazione tra genotipo e fenotipo emorragico. Infine abbiamo analizzato la correlazione tra FV plasmatico e piastrinico nei soggetti omozigoti e nei loro familiari. Materiali e metodi. Previo consenso informato abbiamo prelevato 20 ml di sangue periferico da 6 soggetti con difetto omozigote di FV, da 19 soggetti eterozigoti per il deficit di FV e da 42 loro familiari sani. Nei soggetti arruolati abbiamo determinato i livelli di FV nel plasma e nelle Plts. Nei soggetti con difetto omozigote è stato effettuato uno screeneng del gene del fattore V per identificare le mutazioni causative del difetto stesso. Attraverso analisi bioinformatiche e l’allineamento con proteine con una elevata omologia di sequenza per i domini A1, A2, A3 è stato valutato il ruolo e l’importanza nella correlazione genotipo/fenotipo della posizione aminoacidica considerata. Attraverso una tecnica semplificata di “homology modeling” abbiamo studiato la possibile variazione nella struttura del dominio C2 del FV dovuta a una mutazione omozigote presente sull’esone 24 sfruttando la struttura cristallografica depositata per tale dominio. Risultati. Considerando i soggetti omozigoti, i soggetti eterozigoti e i familiari sani abbiamo osservato una correlazione lineare, statisticamente significativa tra i livelli di FV plasmatico e FV piastrinico. In accordo con i dati riportati in letteratura, i soggetti con difetto eterozigote non presentavano un fenotipo clinico di tipo emorragico dissimile dai familiari senza difetto. Attraverso le tecniche di sequenziamento del gene del FV abbiamo identificato 3 nuove mutazioni causative, non ancora riportate nel database curato da Vos e collaboratori, del difetto grave di FV. Conclusioni. Lo studio delle famiglie con difetto di FV ci ha permesso di dimostrare la presenza di una correlazione lineare tra i livelli di FV plasmatici e intrapiastrinici. Lo studio del gene del fattore V e l’analisi bioinformatica del FV nei soggetti con difetto omozigote ci ha permesso di identificare nuove mutazioni del FV e di far luce su nuovi possibili meccanismi molecolari di mutazione genetica associati a fenotipi patologici.
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FOTIA, VITTORIA. "IDENTIFICAZIONE DI UNA FIRMA MOLECOLARE ASSOCIATA ALLA PROGNOSI E ALLA PLATINO SENSIBILITÀ IN PAZIENTI AFFETTE DA CARCINOMA OVARICO AVANZATO." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2017. http://hdl.handle.net/11571/1203318.

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Abstract:
Il carcinoma ovarico è una delle principali cause di morte per cancro nelle donne. L'elevata mortalità è principalmente legata alla diagnosi tardiva, alla mancanza di un test di screening e all’insorgenza di chemioresistenza. I criteri prognostici e predittivi attualmente utilizzati non consentono di predire la recidiva e la responsività ai trattamenti. Risulta necessario identificare nuovi markers utilizzabili nella diagnosi precoce di questa neoplasia e nella selezione di pazienti affette da carcinoma ovarico candidabili a trattamenti personalizzati. Le moderne tecnologie utilizzate in biologia molecolare consentono di studiare il genoma e il trascrittoma. Il mio lavoro si è concentrato sullo studio del trascrittoma nelle pazienti affette da carcinoma ovarico avanzato (stadio III e IV) con l'obiettivo di identificare dei trascritti per distinguere le donne sane da quelle affette da neoplasia ovarica e in questo gruppo quelle con buona e cattiva prognosi. La tesi è articolata in tre parti: la prima parte consiste nell'analisi del miRNoma tissutale per identificare dei miRNA differenzialmente espressi tra le pazienti platino resistenti e sensibili,la seconda parte studia sempre i miRNA ma nel siero di donne sane e donne affette da cancro con l'obiettivo di trovare dei miRNA che possano essere utilizzati per la diagnosi precoce del trattamento,nel siero sono state anche ricercate differenze di espressione con correlazioni con la risposta al trattamento. Nella terza parte della tesi invece oltre ai miRNA abbiamo sequenziato l’intero trascrittoma di un piccolo gruppo di pazienti platino resistenti e di un gruppo analogo di pazienti platino sensibili per identificare trascritti differenzialmente espressi in questi due gruppi di pazienti. Le pazienti arruolate in questo studio sono pazienti affette da carcinoma ovarico avanzato sottoposte a chemioterapia a base di platino, appartengonenti a tre casistiche differenti omogenee per istotipo, stadio e trattamento chemioterapico di prima linea. Di esse è disponibile del tessuto tumorale fresco congelato e per due delle tre coorti anche il siero. Sono stati utilizzati i sieri di alcuni soggetti sani per la seconda parte della tesi. L'analisi del miRNoma è stata effettuata sulla prima coorte mediante microarrray e non evidenziato dei miRNA differenzialmente espressi con correlazioni con platino resistenza e sensibilità. Anche lo studio dei miRNA sierici non ha evidenziato miRNA differenzialmente espressi con valore predittivo o prognostico. Confrontando l'espressione dei miRNA sierici di donne sane e di donne affette da carcinoma ovarico abbiamo identificato in questo secondo gruppo un’aumentata espressione di 3 miRNA. Questi risultati sono stati validati anche in real time PCR confermando l’overespressione dei 3 miR nelle donne affette da carcinoma ovarico. L'ultima parte del lavoro prevedeva lo studio del trascrittoma mediante RNAseq,sono stati identificati in tutto 1371 trascritti differenzialmente espressi in queste pazienti. Gli esperimenti di validazione di questi trascritti mediante real time PCR non hanno avuto esito positivo. In conclusione non sono stati identificati miRNA tissutali e sierici con correlazione con la sensibilità al platino e la sopravvivenza, nel trascrittoma sono stati identificati numerosi trascritti differenzialmente espressi ma tali risultati non sono stati validati. Sono stati identificati 3 miRNA sierici differenzialmente espressi tra le pazienti affette da carcinoma ovarico e donne sane, essi potrebbero essere ulteriormente studiati per il loro utilizzo come marcatori di screening per la neoplasia ovarica, una patologia per cui ad oggi non è riconosciuto un test di screening efficace.
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Quattrini, Irene <1979&gt. "Analisi di espressione di microRNA in Tumore a Cellule Giganti: identificazione dei target con ruolo di potenziali biomarcatori." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6263/1/Quattrini_Irene_Tesi.pdf.

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Abstract:
Il Tumore a Cellule Giganti dell’osso (TCG) è una rara neoplasia che rappresenta il 5% dei tumori di natura ossea; sebbene venga considerato un tumore a decorso benigno può manifestare caratteri di aggressività locale dando origine a recidive locali nel 10-25% dei casi, e nel 2-4% dei casi metastatizza a livello polmonare. In questo studio è stata valutata l’espressione dei miRNA mediante miRNA microarray in 10 pazienti affetti da TCG, 5 con metastasi e 5 liberi da malattia; sono stati riscontrati miRNA differenzialmente espressi tra i 2 gruppi di pazienti e la successiva validazione mediante Real Time PCR ha confermato una differenza significativa per il miR-136 (p=0.04). Mediante analisi bioinformatica con il software TargetScan abbiamo identificato RANK e NF1B come target del miR-136 e ne abbiamo studiato l’espressione mediante Real Time PCR su una più ampia casistica di pazienti affetti da TCG, metastatico e non, evidenziando una maggior espressione di NF1B nel gruppo di pazienti metastatici, mentre RANK non ha dimostrato una differenza significativa. L’analisi di Western Blot ha rilevato una maggiore espressione di entrambe le proteine nei pazienti metastatici rispetto ai non metastatici. Successivamente è stato condotto uno studio di immunoistochimica su TMA di 163 campioni di pazienti affetti da TCG a diverso decorso clinico che ha dimostrato una maggiore e significativa espressione di entrambe i target nei pazienti con metastasi rispetto ai non metastatici; le analisi di popolazione mediante Kaplan-Meier hanno confermato la correlazione tra over-espressione di RANK, NF1B e ricaduta con metastasi (p=0.001 e p<0.0005 rispettivamente). Lo studio di immunoistochimica è stato ampliato alle proteine maggiormente coinvolte nell’osteolisi che risultano avere un significato prognostico; tuttavia mediante analisi di ROC, la co-over-espressione di RANK, RANKL e NF1B rappresenta il migliore modello per predire la comparsa di metastasi (AUC=0.782, p<0.0005).
Giant Cell Tumor of bone (GCTb) is a rare locally aggressive tumour representing 5% of all bone tumors. Local recurrences occur in 10-25% of cases, and it may occasionally give lung metastases in 2-5% of cases. In this study, the expression of miRNAs was evaluated using miRNA microarray analysis in 10 patients with GCTb, 5 with lung metastases and 5 disease-free; several miRNAs were differentially expressed between the 2 groups of patients and the subsequent validation by Real Time PCR confirmed a significant difference for miR-136 (p=0.04. Using bioinformatic analysis with the TargetScan software, we identified RANK and NF1B as miR-136 targets and their expression was analysed by Real Time PCR on a larger series of GCTb, showing higher levels of NF1B in metastatic than in disease-free patients. RANK didn’t show any difference. Western Blot analysis revealed an increased expression of both NF1B and RANK in the first group and an immunohistochemistry study performed on TMA sections of 163 GCTb samples with different clinical course included other proteins involved in osteolysis. A significant higher expression of both targets NF1B and RANK was seen in metastatic compared to disease-free patients; the Kaplan-Meier analysis confirmed the correlation between over-expression of RANK and NF1B and probability of metastasis occurrence (Log Rank p=0.001 and p<0.0005 respectively). Although other proteins involved in osteolysis presented a prognostic impact, ROC curve revealed that the simultaneous over-expression of RANK, RANKL and NF1B was the best model to predict the risk of metastases (AUC=0.782, p<0.0005 ).
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Quattrini, Irene <1979&gt. "Analisi di espressione di microRNA in Tumore a Cellule Giganti: identificazione dei target con ruolo di potenziali biomarcatori." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6263/.

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Abstract:
Il Tumore a Cellule Giganti dell’osso (TCG) è una rara neoplasia che rappresenta il 5% dei tumori di natura ossea; sebbene venga considerato un tumore a decorso benigno può manifestare caratteri di aggressività locale dando origine a recidive locali nel 10-25% dei casi, e nel 2-4% dei casi metastatizza a livello polmonare. In questo studio è stata valutata l’espressione dei miRNA mediante miRNA microarray in 10 pazienti affetti da TCG, 5 con metastasi e 5 liberi da malattia; sono stati riscontrati miRNA differenzialmente espressi tra i 2 gruppi di pazienti e la successiva validazione mediante Real Time PCR ha confermato una differenza significativa per il miR-136 (p=0.04). Mediante analisi bioinformatica con il software TargetScan abbiamo identificato RANK e NF1B come target del miR-136 e ne abbiamo studiato l’espressione mediante Real Time PCR su una più ampia casistica di pazienti affetti da TCG, metastatico e non, evidenziando una maggior espressione di NF1B nel gruppo di pazienti metastatici, mentre RANK non ha dimostrato una differenza significativa. L’analisi di Western Blot ha rilevato una maggiore espressione di entrambe le proteine nei pazienti metastatici rispetto ai non metastatici. Successivamente è stato condotto uno studio di immunoistochimica su TMA di 163 campioni di pazienti affetti da TCG a diverso decorso clinico che ha dimostrato una maggiore e significativa espressione di entrambe i target nei pazienti con metastasi rispetto ai non metastatici; le analisi di popolazione mediante Kaplan-Meier hanno confermato la correlazione tra over-espressione di RANK, NF1B e ricaduta con metastasi (p=0.001 e p<0.0005 rispettivamente). Lo studio di immunoistochimica è stato ampliato alle proteine maggiormente coinvolte nell’osteolisi che risultano avere un significato prognostico; tuttavia mediante analisi di ROC, la co-over-espressione di RANK, RANKL e NF1B rappresenta il migliore modello per predire la comparsa di metastasi (AUC=0.782, p<0.0005).
Giant Cell Tumor of bone (GCTb) is a rare locally aggressive tumour representing 5% of all bone tumors. Local recurrences occur in 10-25% of cases, and it may occasionally give lung metastases in 2-5% of cases. In this study, the expression of miRNAs was evaluated using miRNA microarray analysis in 10 patients with GCTb, 5 with lung metastases and 5 disease-free; several miRNAs were differentially expressed between the 2 groups of patients and the subsequent validation by Real Time PCR confirmed a significant difference for miR-136 (p=0.04. Using bioinformatic analysis with the TargetScan software, we identified RANK and NF1B as miR-136 targets and their expression was analysed by Real Time PCR on a larger series of GCTb, showing higher levels of NF1B in metastatic than in disease-free patients. RANK didn’t show any difference. Western Blot analysis revealed an increased expression of both NF1B and RANK in the first group and an immunohistochemistry study performed on TMA sections of 163 GCTb samples with different clinical course included other proteins involved in osteolysis. A significant higher expression of both targets NF1B and RANK was seen in metastatic compared to disease-free patients; the Kaplan-Meier analysis confirmed the correlation between over-expression of RANK and NF1B and probability of metastasis occurrence (Log Rank p=0.001 and p<0.0005 respectively). Although other proteins involved in osteolysis presented a prognostic impact, ROC curve revealed that the simultaneous over-expression of RANK, RANKL and NF1B was the best model to predict the risk of metastases (AUC=0.782, p<0.0005 ).
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MOSCA, Ilaria. "Identificazione di un nuovo meccanismo molecolare e correlazioni genotipo-fenotipo nelle encefalopatie dello sviluppo associate a varianti nei geni KCNQ2 e KCNQ3." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2019. http://hdl.handle.net/11695/86357.

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Abstract:
L’Encefalopatia Epilettica (EE) è una condizione clinica severa che causa un grave ritardo cognitivo e neurologico. Recentemente, sono state identificate mutazioni associate ad EE nei geni kcnq2 e kcnq3 che codificano rispettivamente per le subunità del potassio voltaggio-dipendenti Kv7.2 e Kv7.3. Ciascuna subunità è formata da 6 segmenti transmembrana e da un lungo dominio C-terminale a cui possono legarsi diverse molecole regolatorie quali il fostatidil-inositolo-(4,5)-bisfosfato (PIP2), un importante attivatore dei canali Kv7, e la calmodulina (CaM). I canali maturi sono formati dall’assemblaggio eteromerico delle subunità Kv7.2 e Kv7.3 e sottendono una corrente del potassio detta “corrente M” che inibisce l’eccitabilità neuronale. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di investigare le conseguenze funzionali e la sensibilità farmacologica delle seguenti mutazioni: • Kv7.2 R325G identificata in tre soggetti con EE; • due varianti in eterozigosi composta nel gene kcnq3 riscontrate in un soggetto con EE (Kv7.3 V359L/Kv7.3 D542N) e la mutazione Kv7.2 D535N, corrispondente alla variante Kv7.3 D542N, descritta in tre casi con epilessia neonatale; • Kv7.2 G310S riscontrata in un paziente con EE. Al fine di studiare tali mutazioni cellule CHO sono state trasfettate con le subunità di interesse e le correnti espresse dalle cellule sono state registrate mediante la tecnica del patch-clamp in configurazione whole-cell. Dagli esperimenti di elettrofisiologia è emerso che i canali omomerici mutanti non sono funzionali rispetto ai controlli rappresentati dai canali Kv7.2 o Kv7.3 wild-type (wt). Al fine di riprodurre il bilancio genico dei probandi in studio, le subunità mutanti sono state espresse in configurazione eteromerica con le subunità Kv7.2 e Kv7.3 wt ed è stata osservata una significativa riduzione della densità di corrente dei canali eteromerici mutanti rispetto al canale eteromerico wt. Sulla base di questi risultati, è stato testato il farmaco attivatore retigabina che ha consentito di ripristinare, ai livelli del wt, la corrente elicitata dai canali eteromerici mutanti. Per comprendere il possibile meccanismo responsabile dell’effetto indotto dalle mutazioni è stato utilizzato un modello strutturale delle subunità Kv7.2 o Kv7.3 da cui è emerso che i residui di interesse sono localizzati in un sito di legame per il PIP2 e adiacenti al sito di legame per la CaM. Pertanto, sono stati condotti ulteriori esperimenti di elettrofisiologia utilizzando la chinasi PIP5K che incrementa i livelli di PIP2 o la fosfatasi DrVSP che ne riduce i livelli. La co-espressione della PIP5K con i canali Kv7.2 omomerici mutanti ha consentito un significativo aumento della densità di corrente. Al contrario, tale effetto non è stato osservato per i canali Kv7.3 mutanti. Gli esperimenti con la DrVSP hanno mostrato un maggiore effetto di inibizione ed una più lenta cinetica di recupero della corrente espressa dai canali eteromerici mutanti rispetto a quella misurata per il canale wt. Tali risultati suggeriscono che le mutazioni in studio alterano la regolazione della corrente M mediata dal PIP2. Un significativo recupero della funzionalità del canale è stato anche osservato dalla co-espressione dei canali Kv7.2 D535N e Kv7.2 G310S con la CaM1234 (una calmodulina mutata che non lega il calcio), suggerendo che per tali canali mutanti risulta compromessa anche la regolazione dipendente dalla calmodulina. In conclusione, le mutazioni studiate causano una completa perdita di funzione dei canali probabilmente in seguito all’alterata regolazione operata dal PIP2 e, in alcuni casi, dalla calmodulina. Infine, tali risultati forniscono un razionale per l’uso di attivatori, quali la retigabina o suoi analoghi, per il trattamento di pazienti affetti da EE e portatori di tali mutazioni.
Epileptic Encephalopathy (EE) is a severe form of epilepsy in which epileptiform activity contributes to a progressive cerebral dysfunction. Recently, mutations in the kcnq2 or kcnq3 genes have been identified in patients affected by EE. These genes encode for neuronal Kv7.2 or Kv7.3 subunits characterized by the presence of six transmembrane segments and a long C-terminus domain to which several modulatory proteins are associated, such as the phosphatidylinositol-4-5-bis-phosphate (PIP2), that is a know Kv7 activator, and the calmodulin (CaM). The heteromeric channels underlie the neuronal M current, a potassium current which inhibits neuronal excitability. The aim of this work is to study the functional consequences and the pharmacological sensitivity of Kv7.2 or Kv7.3 channels incorporating the following mutations: • Kv7.2 R325G identified in three patients affected by EE; • two mutations in the kcnq3 gene in compound heterozygosis identified in a patient affected by EE (Kv7.3 V359L/Kv7.3 D542N) and the Kv7.2 D535N corresponding to the Kv7.3 D542N variant and described in three cases with EE; • Kv7.2 G310S identified in a patient with EE. To study this mutation channel subunits were expressed in CHO cells by transient transfection. One day after transfection, we recorded the currents by whole cell patch-clamp. Patch-clamp recordings revealed that homomeric mutant channel are not functional when compared to homomeric Kv7.2 or Kv7.3 wild-type (wt) channels. To reproduce the genetic balance of EE-affected patients, mutant subunits were co-expressed with Kv7.2 or Kv7.3 wt subunits. The results obtained suggest that heteromeric mutant channels carried currents size smaller than those from heteromeric wt channels. Based on these results, we therefore tested the activator drug, called retigabine, that was able to restore, at wt levels, the currents carried by heteromeric mutant channels. To better understand the pathogenic mechanism induced by the mutations, we used a structural model in which was possible to reproduce a portion of Kv7.2 or Kv7.3 channels. The residues of our interest are involved in the binding-site of PIP2 and are near to the binding-site of CaM. To this aim, we used two experimental tools: a PIP2-synthesizing enzyme, called PIP5K, that increses PIP2 levels, or a phosphatase, like DrVSP, which reduces PIP2 levels. PIP5K co-expression with Kv7.2 homomeric mutant channels significantly increased current size. On the other end, this effect was not observed for Kv7.3 mutant channels. DrVSP experiments showed that heteromeric mutant currents is more easily inhibeted by DrVSP e more slowly recovered, when compared to heteromeric wt channels. These results suggest that the studied mutations interfere with the PIP2-dependent regulation. Furthermore, a significant current size increase was observed by the co-expression of CaM1234 (a mutated calmodulin that does not bind calcium) with Kv7.2 D535N and Kv7.2 G310S mutant channels, suggesting that these channels also interfere with CaM regulation. In conclusions, the mutations herein investigated causes a loss of function by interfering with the PIP2 regulation and, in some cases, also with the CaM regulation. Moreover, these results provide a rationale for the use of Kv7 channels activators, like retigabine or retigabine derivates, for the pharmacological treatment of patients affected by EE carrying Kv7 loss-of-function mutations.
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Centi, Sonia. "Identificazione di pattern di espressione genica della displasia renale associata ad uropatia malformativa." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425156.

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Abstract:
Normal kidney and urinary tract development is a complex process, regulated by a strict space-time-corrected sequential activation of a cascade of genes encoding transcription factors, growth factors, cell death/proliferation factors and adhesion molecules. An alteration disrupting this sequential gene expression may cause a defective ureteric bud-to-metanephric mesenchyme cross-talk that results in a renal and urinary tract developmental abnormality (congenital anomalies of kidney and urinary tract - CAKUT). Phenotype severity depends on the stage of nephrogenesis in which the alteration of the developmental program occurs, thus renal dysplasia is the most severe manifestation. However, little is known about CAKUT pathogenesis. The recent advent of microarray technology provided an unique tool to identify genes potentially involved in the pathogenesis of several diseases. During the first stage of this research, we applied the microarray technique to study gene expression profiles of primary renal cell cultures, using an array composed by 21329 oligonucleotides. The aim was to identify potential biomarkers of renal dysplasia. Four genes seemed to be more interesting (UPK1B, SOX11, SPRY1, MMP2). We analysed the expression of these four genes using Real Time PCR on RNA extracted from renal tissue samples of 10 patients with a histological picture of renal dysplasia and 10 with histologically normal renal tissue. Mutation analysis of SPRY1 gene, whose murine homologue is hugely involved in the regulation of GDNF growth factor's expression during ureteric branching, was carried out on 27 patients with renal duplicity. Mutation analysis identified 2 new genomic variants - whose frequency was analysed in a control population - that may be "genomic variants involved in splicing" (SpaGVs). Our research results allow to hypothesize that SPRY1 gene may be involved in the pathogenesis of kidney and urinary tract developmental diseases.
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PALAMENGHI, MICHELE. "Identificazione di hotspot di integrazione in cheratinociti primari umani trasdotti con vettori γRV: potenziali implicazioni per applicazioni cliniche." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2021. http://hdl.handle.net/11380/1256059.

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Abstract:
La terapia genica ha raggiunto notevoli risultati nel trattamento delle malattie monogeniche considerate incurabili dalla medicina convenzionale. Numerosi studi clinici hanno dimostrato con successo la possibilità di trattare disordini genetici, sia ematologici che della pelle, mediante terapia genica. Nonostante ciò, le preoccupazioni generate dalla potenziale insorgenza di genotossicità causata dall’uso di vettori retrovirali gamma (γRV) ne hanno ostacolato l’approvazione da parte degli organi regolatori. Un’approfondita caratterizzazione del profilo di integrazione dei γRV ha difatti evidenziato l’insorgenza di eventi di mutagenesi inserzionale, specialmente in cellule staminali ematopoietiche, dovuti alla presenza di hotspot di integrazione in regioni enhancers di proto-oncogeni. Oggigiorno, dieci pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa (EB), una malattia congenita rara della pelle, sono stati trapiantati con foglietti di epidermide transgenica e nessun evento di mutagenesi inserzionale è stato identificato. Sebbene sia già stata caratterizzata una preferenza dei γRV nell’integrare porzioni aperte della cromatina nei cheratinociti umani, rimane ipotetica la presenza di hotspot di integrazione nel genoma di queste cellule. Lo scopo di questa tesi è stato quello di caratterizzare in maniera dettagliata il profilo di integrazione dei γRV in otto culture di cheratinociti primari umani, ottenuti sia da pazienti EB che da donatori sani. A tal scopo, sono stati usati due differenti approcci di analisi delle integrazioni (IS), LAM-PCR/Illumina e Cas9/Nanopore, permettendo così la caratterizzazione di un profilo di integrazione comune evidenziando hotspot putativi. Inoltre, usando due differenti tecniche, sono stati determinati i loro vantaggi e svantaggi, sottolineando specialmente i grossi limiti della tecnica, LAM-PCR/Illumina, considerato l’approccio per eccellenza. L’identificazione di un pattern di integrazione comune con hotspot putativi potrebbe esplicare il motivo per cui eventi di mutagenesi inserzionale non siano mai stati osservati in pazienti trattati con pelle transgenica. Questa conoscenza, combinata con l’uso dei nuovi vettori SIN-γRV, potrebbe portare al supporto definitivo alla commercializzazione dell’applicazione clinica di questi epiteli geneticamente corretti.
Gene Therapy (GT) achieved remarkable results in treating monogenic diseases deemed incurable by conventional medicine. Although successful clinical trials have demonstrated the feasibility of GT for hematological and skin genetic disorders, genotoxicity concerns on the use of gamma-retroviral vectors (γRV) hamper their approval by regulatory authorities. Indeed, in-depth characterization of γRV integration pattern elucidated insertional mutagenesis events, particularly in hematopoietic stem cells, highlighting hotspots of integration in proto-oncogene-enhancer regions. Today, ten patients affected by Epidermolysis Bullosa (EB), a congenital skin disease, have been grafted with γRV-transgenic epidermal sheets, with no signs of insertional mutagenesis. Although open-chromatin-integration preferences have been observed in γRV-transduced keratinocytes, no hotspots of integration have been yet described. In this thesis, we implemented two different Integration Site (IS) analysis assays, LAM-PCR/Illumina and Cas9/Nanopore, to better characterize integration profile across the genome of eight γRV-transduced human primary keratinocytes, either from normal or EB-diseased donors. Thus, a conserved integration pattern with putative hotspots has been identified. Furthermore, the use of two different IS analysis allowed to determine the pros and cons of the two techniques, especially highlighting the limits of the gold standard LAM-PCR/Illumina technique in detecting the complete IS profile. The identification of a common integration pattern with putative hotspots of integration might contribute to understand why insertional events have never been observed in skin-GT trials. This knowledge combined with the use of the new SIN-γRV vectors could lead to definitively support its use in skin-GT.
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De, Franceschi Filippo. "Identificazione e caratterizzazione di geni coinvolti nel processo di abscissione in frutti di melo (Malus domestica L. Borkh)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425030.

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Abstract:
Many fruit species bear an abundance of flowers producing a surplus of fruits that the tree is unable to support. In anticipation of this, the major fruit species developed an immature fruit (fruitlet) physiological drop as a self-regulatory mechanism. This process is, at least in part, a consequence of the competition among fruits and between fruits and shoots for carbon assimilates. The self-regulatory mechanism responsible for the immature apple fruit shedding may be magnified by chemicals such as naphthaleneacetic acid (NAA) and its amide (NAD), and benzylaminopurine (BA) sprayed within 5-6 weeks after full bloom. The thinning action of bioregulators is quite variable and depends on environmental conditions and genotypes. In apple, there are varieties easy to thin and others difficult even though different chemicals or combinations of them are used. Understanding the molecular mechanisms and processes involved in abscission might help in finding new approaches and new chemical thinners to control abscission in fruit, or new self-thinning varieties. The described research was aimed to elucidate the molecular events underlying the in planta fruitlet abscission, taking into account the characteristics of this system and the practical importance of thinning in apple. Fruit drop is due to the activation of specific abscission zones (AZs). It is accepted that abscission is a highly regulated developmental process that is both influenced and activated in response to internal cues and/or environmental conditions. Nevertheless, the identity of the signals responsible for the activation of the AZ is as yet unknown. Among phytohormones, ethylene enhances abscission in several species and systems as well as in apple, while auxins produced by seeds are thought to desensitize AZs to ethylene and prevent abscission. In apple trees, the fruitlet physiological drop is due to the activation of the AZ located at the junction of the peduncle into the twig. In this region four lateral (LF) and one central (CF) fruitlets and the shoot are inserted. The CF comes from the pollinated king flower (KF) that, since it blooms earlier within the cluster, originates a fruitlet larger than the lateral ones. During the physiological drop, the shoot at cluster side, is thought to be a sink in competition with fruitlets for assimilate supply. Considering that seeds and/or fruits are involved in determining the shedding signal while the morphogenetic response occurs always at the AZ level, it is crucial to analyse the whole fruitlet system involved in abscission that should include concurrently seed, cortex, peduncle, and AZ. It is generally believed that the interaction between ethylene and auxin plays a major regulatory role in abscission. Starting from this, a mass gene approach was used in this work to identify genes regulating or involved in abscission. The cDNA-AFLP technique was adopted for transcriptional profiling of differentially expressed genes during apple fruitlet abscission. This allowed the isolation of 278 differential clones by comparing expression profiles of abscising (AF) versus non-abscising (NAF) fruitlet populations. AFs were obtained from lateral fruitlets of trees sprayed with benzylaminopurine (BA) at 200 ppm, 17 days after petal fall (APF) when the fruit cross diameter was about 10-12 mm. NAF originated from central flowers grown in clusters where all the lateral flowers had been removed at bloom. All ESTs (expressed sequence tags) obtained have been annotated with the Gene Ontology vocabulary and grouped according to cellular components, biological processes and molecular functions. Considering the cellular components, the most affected genes in the cortex were related to mitochondrion, plastid and membranes. Concerning the molecular functions, the mostly affected ones were the binding and the transferase activities in the cortex, the hydrolase and transport activities in the seed, and the binding activity in the peduncle. Considering the biological process, in the cortex the most abundant genes were those controlling transport, protein and carbohydrate metabolism. As a general remark, taking into account all the three ontology criteria, it appeared that a prominent up-regulation occurred in the seed. This might be consistent with the determinant role attributed to the seed in the regulation of fruit abscission. The expression and functional analyses of the most interesting clones were carried out by semiquantitative RT-PCR on agarose gel on cDNA obtained from seeds, cortex, peduncles and AZs of AFs and NAFs. Expression analyses confirmed the efficacy of the cDNA-AFLP approach to find a large amount of differentially expressed ESTs and the involvement of the studied genes in regulating the abscission and senescence processes. In particular the differential expression of sugar-metabolism and signalling related genes confirmed the importance of carbohydrates, together with hormones, in controlling the induction of AZs. Since functional studies through silencing or overexpression approaches cannot be easily performed on trees, additional experiments were carried out in Arabidopsis thaliana to investigate the participation of these and other genes in abscission. To this end, Arabidopsis genes putatively homologous to those differentially expressed in relation to fruitlet abscission in apple were identified. A dual approach was chosen to study their function in abscission. In a first attempt, insertional (T-DNA) homozygous mutants were obtained and scored for the presence of abscission-related phenotypes. Probably due to gene redundancy, no phenotypes were detected. Therefore, expression analyses were carried out on the same genes with real time RT-PCR on abscission zones of known Arabidopsis mutants with delayed (dab4-1, dab5-1) or no petal abscission (ida). The results showed a different pattern of expression in comparison to that found in wild type and confirmed an involvement of these genes in abscission. Current work is devoted to further characterise the putative role played by these genes in regulating the abscission of flower organs in Arabidopsis. In addition, a "systematic" approach for the analysis of the whole apple fruitlet abscission transcriptome is needed. To this end an apple microarray is being developed from the large number of already available ESTs, to be used for screening of new chemical thinners and for marker assisted selection of self thinning genotypes.
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Libri, D. V. "ANALISI MOLECOLARE E FUNZIONALE DI NUOVE VARIANTI PATOGENETICHE E IDENTIFICAZIONE DI NUOVI GENI CANDIDATI, NELLA PIÙ VASTA CASISTICA ITALIANA DI IPOGONADISMO IPOGONADOTROPO E SINDROME DI KALLMANN." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/171960.

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Abstract:
Idiopatic Central Hypogonadism (ICH) is a rare pathology with a strong genetic component, in which hypothalamic and pituitary dysfunctions involving development and/or functionality of GnRH neurons, cause a reduced or absent gonads functionality. This disease can occur in association with anosmia or hyposmia, (Kallmann Syndrome, KS) o with a normal sense of smell (normosmic idiopathic hypogonadotropic hypogonadism, nIHH) and it shows an extreme phenotypic variability. Despite the identification of 14 genes implicated in the pathogenesis of the disease, approximatively 70% of ICH cases remains idiopathic. Among the causative genes, a role of particular importance is covered by the the Prokineticin pathway, in particular the Prokineticin-2 (PROK2) and its receptor (PROKR2). In fact, in approximately 10% of cases of ICH is possible to identify a genetic variant in one of these two genes such as pathogenetic event of the disease. The receptor PROKR2 belongs to the family of G-protein coupled receptor (GPCR). Its activation, through the binding with PROK2, determines the activation of protein Gq, Gs and Gi, a consequent production of IP3, cAMP and subsequently the mobilization of intracellular calcium. To date in literature have been described 27 PROKR2 mutations and the functional studies performed on a minority of them have only evaluated the effects on the Gq-IP3 signal transduction pathway. Nevertheless a growing number of works in the field of GPCRs demonstrates the importance of the functional studies of all the possible pathways related to a single receptor in order to interpret the functional consequences of genetic variants identified. In the present work we have developed two main lines of research starting from the wider availability of Italian cohort of ICH patients. In the first part of this work we have carried out studies of genetic screening of a cohort of 217 patients, considering the main causative known genes for that pathology, including PROKR2. Genetic variants identified in PROKR2 were then characterized by a functional point of view to test their potential pathogenic role. This screening allowed the identification of seven PROKR2 missense variants (V158I, L173R,T260M, R268C, V274D, V331M and V334M) of which 3 have not yet been described in the literature; in addition to 2 variants nonsense (15fsX45, 20fsX43). The variants identified have been inserted by site-directed mutagenesis into vectorsSPRT-PROKR2-pcDNA3, characterized by the presence of a Rhodopsin tag at the N-terminus of the receptor. This allows the display of the cellular localization of the mutants by binding with an anti-rhodopsin antibody. The constructs thus generated were transfected into HEK 293 cells and CHO for the following functional studies. The FACS analysis revealed that all variants have a reduced membrane expression (reduction of 11-55%), with the exception of the mutation V334M, which shows an expression slightly exceeding that of the wild-type receptor. Functional assays were then performed with the generation of concentration-effectcurves for both IP1 that for cAMP. The results obtained show how the mutation T260M, R268C, V274D, V331M and V334M cause a strong reduction of the signal mediated by the Gq protein , while the signal of cAMP mediated by the Gs protein is significantly reduced in the mutant L173R andV334M. The V334M and V274D mutations are characterized by a marked inactivation of both pathways. Finally analyzing the homology model of PROKR2 it appears evident that the variant V331M is localized at the level of a highly conserved domain (the motif NPXXY), involved in signal transduction. These are the first experiments that analyze both transduction pathways activated by PROKR2 receptor and showing how the different variants associated with ICH can affect signal transduction pathways in a very variable manner. In particular, some variants causing inability to stimulate the two pathways, suggesting that the integrity of both is necessary for normal development and function of GnRH-secreting neurons. The second part of this thesis, it was instead intended to further clarify the genetic mechanisms (and eventually epigenetic) about the ethiopathogenesis underlying ICH. To conduct these studies we used the techniques of SNPs and CNVs genotyping , on a selected series of familial cases of ICH. For each patient were analyzed 660,000 SNPs and CNVs 100,000, then comparing them with a large database of apparently healthy controls in our possession, in a case / control analysis. The analyzes focused on the identification of SNPs and on the presence of CNVs significantly correlated with ICH and on an family type analysis to detect extended regions of homozygosity in patients (LOH = Loss of Heterozigosity regions). A first macroscopic analysis of the data obtained shows that the number and extent of the deletions in single copy is significantly higher in cases of ICH, compared to controls. The analysis of SNPs and CNVs showed, among the 30 identified loci four genes (CNTNAP2, GPC, RAB39B and PPFIA2) that for expression and molecular function seem to be good candidates for direct sequencing screening in ICH patients. Furthermore we have identified three clusters of microRNA (mir4275, mir507/508/509,mir320D2), suggesting for the first time a potential involvement of these molecules in ICH pathogenesis. Analyzing instead the genes that reside in LOH areas , it is possible to observe an enrichment for certain pathways or protein families, such as: the FGFR pathway; cadherins and cell adhesion molecules (CAM); receptors and ligands involved in the differentiation of the central nervous system (CNS), hypothalamus and pituitary; genes associated with midline defects or with Prader-Willi and Angelmann syndrome; plexins and RAB proteins.
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Pinca, Rosa Simona <1984&gt. "Identificazione dei meccanismi molecolari responsabili del ruolo oncosoppressivo della molecola CD99 nell'osteosarcoma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6964/1/RosaSimonaPINCA_Tesi-PhD.pdf.

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Abstract:
CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.
CD99, a transmembrane protein encoded by MIC2 gene is involved in multiple cellular events including cell adhesion, migration, apoptosis, cell differentiation and regulation of protein trafficking either in physiological or pathological conditions. In osteosarcoma, CD99 is expressed at low levels and functions as a tumour suppressor. The full-length protein (CD99wt) and the short-form harbouring a deletion in the intracytoplasmic domain (CD99sh) have been associated with distinct functional outcomes with respect to tumour malignancy. In this study, we evaluated modulation of cell-cell contacts, reorganisation of the actin cytoskeleton and modulation of signalling pathways by comparing osteosarcoma cells characterised by different metastasis capabilities and CD99 expression, to identify molecular mechanisms responsible for metastasis. Our data indicate that forced expression of CD99wt induces recruitment of N-cadherin and β-catenin to adherens junctions and inhibits the expression of several molecules crucial to the remodelling of the actin cytoskeleton, such as ACTR2, ARPC1A, Rho-associated coiled–coil containing protein kinase 2 (ROCK2) as well as ezrin, an ezrin/radixin/moesin family member that has been clearly associated with tumour progression and metastatic spread in osteosarcoma. Functional studies point to ROCK2 as a crucial intracellular mediator regulating osteosarcoma migration and metastatic spread. By maintaining cSrc in an inactive conformation, CD99wt inhibits ROCK2 signalling and this leads to ezrin decrease at cell membrane while N-cadherin and β-catenin translocate to the plasma membrane and function as main molecular bridges for actin cytoskeleton. We propose that the re-expression of CD99wt, which is generally present in osteoblasts but lost in osteosarcoma, through inhibition of cSrc and ROCK2 activity, manages to increase contact strength and reactivate stop-migration signals that counteract the otherwise dominant promigratory action of ezrin in osteosarcoma cells. We also assessed ROCK2 function in Ewing sarcoma cells: despite the oncogenic role exerted by CD99 in these tumour cells, ROCK2 still drives cell migration.
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Pinca, Rosa Simona <1984&gt. "Identificazione dei meccanismi molecolari responsabili del ruolo oncosoppressivo della molecola CD99 nell'osteosarcoma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6964/.

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Abstract:
CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.
CD99, a transmembrane protein encoded by MIC2 gene is involved in multiple cellular events including cell adhesion, migration, apoptosis, cell differentiation and regulation of protein trafficking either in physiological or pathological conditions. In osteosarcoma, CD99 is expressed at low levels and functions as a tumour suppressor. The full-length protein (CD99wt) and the short-form harbouring a deletion in the intracytoplasmic domain (CD99sh) have been associated with distinct functional outcomes with respect to tumour malignancy. In this study, we evaluated modulation of cell-cell contacts, reorganisation of the actin cytoskeleton and modulation of signalling pathways by comparing osteosarcoma cells characterised by different metastasis capabilities and CD99 expression, to identify molecular mechanisms responsible for metastasis. Our data indicate that forced expression of CD99wt induces recruitment of N-cadherin and β-catenin to adherens junctions and inhibits the expression of several molecules crucial to the remodelling of the actin cytoskeleton, such as ACTR2, ARPC1A, Rho-associated coiled–coil containing protein kinase 2 (ROCK2) as well as ezrin, an ezrin/radixin/moesin family member that has been clearly associated with tumour progression and metastatic spread in osteosarcoma. Functional studies point to ROCK2 as a crucial intracellular mediator regulating osteosarcoma migration and metastatic spread. By maintaining cSrc in an inactive conformation, CD99wt inhibits ROCK2 signalling and this leads to ezrin decrease at cell membrane while N-cadherin and β-catenin translocate to the plasma membrane and function as main molecular bridges for actin cytoskeleton. We propose that the re-expression of CD99wt, which is generally present in osteoblasts but lost in osteosarcoma, through inhibition of cSrc and ROCK2 activity, manages to increase contact strength and reactivate stop-migration signals that counteract the otherwise dominant promigratory action of ezrin in osteosarcoma cells. We also assessed ROCK2 function in Ewing sarcoma cells: despite the oncogenic role exerted by CD99 in these tumour cells, ROCK2 still drives cell migration.
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GHASSABIAN, GILAN HANIEH. "Parte A: Divide et impera: tramite uno screening in silico che targhetta l'omodimerizzazione del fattore di processività di HCMV, ppUL44, sono state identificate piccole molecole inibenti la replicazione virale. ParteB: Identificazione del proteoma nucleare di tutti i virus umani tramite un'analisi completa della localizzazione nucleare classica." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3459377.

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Abstract:
Human cytomegalovirus (HCMV) è un agente patogeno principale di molte malattie in persone immunosoppresse, inclusi pazienti affetti da AIDS e sottoposti a trapianto, e nascituri congenitamente infetti. Le terapie ed i farmaci antivirali utilizzati per il trattamento dell’infezioni da HCMV presentano una serie di limitazioni, tra cui la bassa biodisponibilità, tossicità, e l’insorgenza di ceppi virali farmaco resistenti, rendendo cruciale la necessità di identificare nuovi target terapeutici efficaci. Studi sulle interazioni tra proteine virali (PPI) si sono rivelati alleati importanti per lo sviluppo di nuovi farmaci antivirali, in quanto questi ultimi possono inibire il ciclo vitale del virus interferendo con le attività delle proteine virali. La dimerizzazione del fattore di processività della DNA polimerasi, ppUL44, di HCMV è essenziale per il ciclo vitale del virus infatti necessaria per la replicazione del DNA virale mediata da oriLyt e può essere quindi considerata come un potenziale target terapeutico. Pertanto, in precedenza, tramite uno screening in silico sono state identificate 18 piccole molecole (Small Molecules, SMs) potenzialmente capaci di interferire con la omodimerizazzione di ppUL44. Saggi antivirali delle 18 SMs sul virus ricombinante . In questo lavoro sono riuscita a caratterizzare l’effetto di questi composti sulla viabilità e crescita cellulare, e quindi cominciare un’analisi preliminare del loro meccanismo di azione. Tutte hanno compromesso la replicazione dei virus reporter AD169 di HCMV ed una sua controparte resistente al GCV in maniera simile. Tra le 4 SMs scelte, B3, ha mostrato il Selectivity Index (SI) più alto e quindi l’unico composto ad essere ulteriormente analizzato. Siamo riusciti a dimostrare che B3 efficientemente inibisce lo strain virale AD169 di HCMV in saggi di Plaque Reduction (PRA). Come misurato tramite qPCR, B3 ha specificatamente inibito la sintesi del DNA virale a partire da 72 ore post infezione, come anche l’espressiIl nostro Gruppo di ricerca ha precedentemente identificato il proteoma nucleare di tutti i virus infettanti l’essere umano, distinguendo tra proteine virali che traslocano all’interno del nucleo della cellula infetta in modo IMPα/β1 dipendente o meno, combinando analisi bioinformatiche estese anche alla caratterizzazione funzionale delle sequenze di localizzazione nucleare (NLS) virali. Questo studio presenta l’opportunità senza precedenti di comparare la diversa interazione tra virus differenti con l’apparato di trasporto al nucleo della cellula infetta, con importanti implicazioni sullo sviluppo di nuovi target terapeutici antivirali a largo spettro. Una profonda analisi funzionale sui classici NLS (cNLS) putative identificati ci ha portato alla scoperta di più di 500 proteine codificanti cNLS. Siamo riusciti anche a fare una prima caratterizzazione del processo di import nucleare delle proteine Large T antigen (LTA) dei Polyomavirus (HPyV) e delle cNLS coinvolte. Nonostante i LT di 14 HPyV presentavano cNLS funzionali, queste erano molto diverse tra di loro sia in termini di struttura che di attività. Le attività delle cNLS hanno riflesso I livelli di accumulo nucleare delle proteine full-length, con l’attività più bassa associata alla cNLS di HPyV7. Nonostante molti HPyV codificano per una o più cNLS monopartite, 4 di esse presentavano cNLS bipartita. Chiaramente queste differenze strutturali influenzano affinità verso l’apparato IMPα/β1 dipendente ed il tropismo del virus. Inoltre, 2 tra le 26 cNLS con il punteggio di cNLS mapper più alto identificate con i nostri studi, sono altamente conservate e presentano vari ortologhi di due proteine, A19 e N2, della famiglia dei Poxivirdae. Entrambe le proteine localizzano nel nucleo della cellula ospite, in un pathway attivo IMPα/β1 dipendente, e la loro traslocazione nucleare viene inibita in presenza di mutazioni sito-specifico.
Human cytomegalovirus (HCMV) is a leading cause of severe diseases in immunocompromised individuals, including AIDS patients and transplant recipients, and in congenitally infected newborns. The utility of available drugs is limited by poor bioavailability, toxicity, and emergence of resistant strains. Therefore, it is crucial to identify new targets for therapeutic intervention. Among the latter, viral protein–protein interactions are becoming increasingly attractive. Since dimerization of HCMV DNA polymerase processivity factor ppUL44 plays an essential role in the viral life cycle, being required for oriLyt-dependent DNA replication, it can be considered a potential therapeutic target. We therefore previously performed an in silico screening and selected 18 small molecules (SMs) potentially interfering with ppUL44 homodimerization. Antiviral assays using recombinant HCMV TB4-UL83-YFP in the presence of the selected SMs led to the identification of four active compounds. In this work I have characterized the effect of such compounds on cell viability and growth and began a preliminary analysis of their mode of action. All of them impaired replication of an AD169-GFP reporter virus and its ganciclovir-resistant counterpart to a similar extend. Among the 4 selected SMs compound B3 exhibited the highest selectivity index (SI) and was further investigated. We could show that it also efficiently inhibited HCMV AD169 strain in plaque reduction assays (PRAs). As assessed by qPCR by Western blotting experiments, B3 specifically reduced viral DNA synthesis starting from 72 h post infection, consistent with the inhibition of viral gene expression starting from 48 h post infection by Western blotting experiments. Therefore, our data suggest that inhibition of ppUL44 dimerization could represent a new class of HCMV inhibitors, complementary to those targeting the DNA polymerase catalytic subunit or the viral terminase complex. Our research group previously defined the nuclear proteome of all human viruses, discriminating between viral proteins translocated in an IMPα/β1 dependent or independent process by combining bioinformatics analysis with extensive functional characterization of viral cNLSs. This study represents an unprecedented opportunity to compare how viruses differently interact with the host cell nuclear transport machinery, with important implications for the development of broad-range host targeted antivirals. In depth functional validation of identified putative classical nuclear localization signals (cNLSs) led to the discovery of more than 500 novel viral cNLS. We also report the first characterization of the nuclear import process of Human Polyomaviruses (HPyVs) Large T antigens (LT) as well as of the cNLS involved. Although LT from all 14 HPyVs bear a functional cNLS, the latter are extremely heterogenous, both in terms of activity and structural organization. Importantly, cNLS activity mirrored the levels of nuclear accumulation of full-length proteins, with lowest activity associated to HPyV7. Surprisingly, while most HPyVs bear one or more monopartite cNLS, four of them bear a bipartite cNLS. Clearly, such structural differences suggest an important role in conferring binding abilities to specific IMPα isoforms with potential implication for viral tropism determination. Furthermore, among the 26 top ranked cNLS based on cNLS mapper score, two extremely well conserved cNLS in orthologues of Vaccinia Virus proteins A19 and N2 were identified. Both proteins localized in the cell nucleus via energy and IMPα/β-dependent process, and their nuclear import could be abolished by site specific mutagenesis of the cNLSs, thus A19 and N2 mutant derivatives failed to localize in the nucleus.
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Terragni, B. "Localizzazione funzionale dei canali pacemaker : identificazione molecolare dei canali f nel nodo senoatriale di coniglio : l'interazione proteina-proteina localizza i canali f nei microdomini caveolari e ne modula le proprieta cinetiche e l'espressione in membrana." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2005. http://hdl.handle.net/2434/58450.

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Abstract:
Growing evidence indicates that caveolae, specialized membrane microdomains, are important regulators of ion channels. An important function of caveolae is to cluster related proteins in close proximity to facilitate functional interactions. We have previously shown that pacemaker f-channels are localized in caveolin-enriched membrane fractions (Barbuti et al., 2004, Circ Res 94, 1325) and co-immunoprecipitate with the caveolar protein caveolin-3 in sinoatrial tissue. Since a caveolin-interacting sequence is found in the N-terminus of all HCN channel isoforms (WIIHPYSDF), we hypothesized that mutation of this consensus site in the HCN4 isoform, the most abundant in the sinoatrial node, would cause changes of channel properties similar to those caused by caveolar disorganization. We expressed rabbit HCN4 in CHO cells and used various techniques (point mutation, patch clamp, western blot, immunofluorescence) to verify this hypothesis. We mutated tyrosine 259 into a serine (Y259S). The Y259S channels had a V1/2 potential 24.6 mV more positive than that of the WT: -81 ± 2 mV n = 31; Y259S: -56.4 ± 1 mV n = 35). Also, analysis of time constants (tau) showed the presence of a significant rightward shift of activation/deactivation tau curves of mutated channels. Furthermore, the Y259S current density (-14.5 ± 2 pA/pF; n = 43) was significantly lower than WT current density (-53.5 ± 7.1 pA/pF; n = 41) at -125 mV. These data agree with immunofluorescence data showing a weaker HCN4 signal in CHO cells expressing mutated vs WT channels. Interestingly, the Y259S channels localized, like WT channels, to caveolin-enriched membrane fractions and co-immunoprecipitated with caveolin 1. In conclusion, our data show that the Y259S mutation causes changes of HCN4 properties qualitatively similar to, but quantitatively larger than, those reported for caveolae disorganization without affecting channel localization; furthermore this mutation causes a significant reduction of membrane channel density.
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Elmakky, Amira <1982&gt. "Identificazione e dosaggio di marcatori molecolari dell'endometriosi nel sangue periferico." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3889/1/ELMAKKY__AMIRA_tesi.pdf.

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Abstract:
Purpose: to quantify the mRNA levels of MMP-3, MMP-9, VEGF and Survivin in peripheral blood and the serum levels of CA-125, Ca19-9 in women with and without endometriosis and to investigate the performance of these markers to differentiate between deep and ovarian endometriosis. Methods: a case controls study enrolled a series of 60 patients. Twenty controls have been matched with 20 cases of ovarian and 20 cases of deep endometriosis. Univariable and multivariable performance of serum CA125 and CA19-9, mRNA for Survivin, MMP9, MMP3 and VEGF genes have been evaluated by means of ROC curves and logistic regression respectively. Results: No difference in markers concentration were detected between ovarian and deep endometriosis. In comparison with controls serum CA19 and CA125 yielded the better sensitivity followed by mRNA for Survivin gene (81.5%, 51.9% and 7.5% at 10% false positive rate respectively). Multivariable estimated odds of endometriosis yielded a sensitivity of 87% at the same false positive rate. Conclusions: A combination of serum and molecular markers could allow a better diagnosis of endometriosis.
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Elmakky, Amira <1982&gt. "Identificazione e dosaggio di marcatori molecolari dell'endometriosi nel sangue periferico." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3889/.

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Abstract:
Purpose: to quantify the mRNA levels of MMP-3, MMP-9, VEGF and Survivin in peripheral blood and the serum levels of CA-125, Ca19-9 in women with and without endometriosis and to investigate the performance of these markers to differentiate between deep and ovarian endometriosis. Methods: a case controls study enrolled a series of 60 patients. Twenty controls have been matched with 20 cases of ovarian and 20 cases of deep endometriosis. Univariable and multivariable performance of serum CA125 and CA19-9, mRNA for Survivin, MMP9, MMP3 and VEGF genes have been evaluated by means of ROC curves and logistic regression respectively. Results: No difference in markers concentration were detected between ovarian and deep endometriosis. In comparison with controls serum CA19 and CA125 yielded the better sensitivity followed by mRNA for Survivin gene (81.5%, 51.9% and 7.5% at 10% false positive rate respectively). Multivariable estimated odds of endometriosis yielded a sensitivity of 87% at the same false positive rate. Conclusions: A combination of serum and molecular markers could allow a better diagnosis of endometriosis.
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Baricordi, Cristina <1982&gt. "Identificazione e validazione di biomarcatori molecolari nel sarcoma di Ewing." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8606/1/Tesi_121617_DEF_AMS.pdf.

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Abstract:
ll sarcoma di Ewing, secondo più diffuso tumore primitivo dell’osso, è un tumore di origine mesenchimale che colpisce prevalentemente adolescenti e giovani adulti. L’attuale terapia multimodale ha raggiunto un plateau di sopravvivenza a 5 anni (5y OVS) pari al 70% per pazienti con malattia localizzata, 30% e 25% per pazienti metastatici alla diagnosi o recidivanti. Poichè inoltre i pazienti soffrono di tossicità acuta o a lungo termine legata alla chemioterapia, è fondamentale lo sviluppo di biomarcatori che ne permettano la stratificazione in base al rischio alla diagnosi. Questo studio conferma LGALS3BP e miR-34a come predittori indipendenti dell’esito clinico in 124 pazienti affetti da sarcoma di Ewing localizzato trattati presso un singolo Istituto. Pazienti alto-esprimenti hanno un rischio ridotto di sviluppare recidive locali o metastasi (HR 0.402, 95% CI 0.190-0.850 per LGALS3BP; HR 0.485, 95% CI 0.236 -0.996 per miR-34a), o di decesso legato al tumore (HR 0.397, 95% CI 0.159-0.993 per LGALS3BP; HR 0.353, 95% CI 0.132-0.943 per miR-34a). Tramite lo sviluppo e la caratterizzazione in vitro ed in vivo di un modello di over-espressione stabile di miR-34a, abbiamo confermato il ruolo oncosoppressore di questo miRNA nel sarcoma di Ewing; uno dei meccanismi sembra coinvolgere l’inibizione dell’isoforma 1B della ciclina D1, target diretto di EWS-FLI1, fattore trascrizionale aberrante caratteristico di questo tumore. È stata inoltre provata la fattibilità della quantificazione non invasiva di miR-34a circolante. Tramite whole transcriptome sequencing su biopsie pre-trattamento da pazienti selezionati in base alla differenziale risposta alla chemioterapia, sono state identificate 4 mutazioni a carico di TP53 (p.R213X, p.R248W, p.R273C ep.K386M mutazione de novo), che definiscono una classe di pazienti con scarsa risposta al trattamento, ed un pannello di lincRNAs con espressione differenziale nei due gruppi. Nell’insieme questi risultati concorrono alla definizione di uno spettro di caratteristiche molecolari che riteniamo promettenti candidati per la validazione prospettica.
Ewing sarcoma, the second most common primary bone malignancy, is a highly aggressive mesenchymal tumor arising mainly in adolescents and young adults. Current multimodal treatment has reached a plateau of 70% 5-year overall survival (5y OVS) for patients with localized disease, and 30% and 25% for patients with metastatic or recurrent disease. Moreover, patients often suffer from acute and long term toxicity related to chemotherapy. It is thus paramount the development of molecular biomarkers allowing stratification of patients based on risk at diagnosis. The present study validates LGALS3BP and miR-34a as independent predictors of clinical outcome in 124 Ewing sarcoma patients treated in a single Institution. Patients with high expression levels of these molecules have lower risk of developing local recurrences or metastasis (HR 0.402, 95% CI 0.190-0.850 for LGALS3BP;HR 0.485, 95% CI 0.236 -0.996 for miR-34a), and a lower risk of disease-related death (HR 0.397, 95% CI 0.159- 0.993 for LGALS3BP; HR 0.353, 95% CI 0.132-0.943 for miR-34a). By developing and characterizing in vitro and in vivo a stable miR34a expression model, we confirmed its oncosuppressor role in Ewing sarcoma; one of the underlying mechanisms involve the inhibition of the 1B isoform of cyclin D1, a direct target of EWS-FLI1, the aberrant transcription factor characteristic of the disease. We also show the feasibility of non-invasive circulating miR-34a quantification. Through a whole transcriptome sequencing approach applied to pre-treatment biopsies from patients with differential chemotherapy response, we identified 4 mutations in the TP53 gene (p.R213X, p.R248W, p.R273C and p.K386M de novo mutation) defining a patient group with poor response to treatment, and a panel of lincRNA with differential expression in the two groups. Overall these results contribute to the definition of a spectrum of molecular features of Ewing sarcoma impacting clinical outcome, which are promising candidates for prospective validation.
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DECONTARDI, SIMONE. "Penicilli e Aspergilli associati al formaggio grana Approccio multifasico all'identificazione, fabbisogni ecologici e produzione di tossine." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19077.

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Abstract:
Recentemente, l’ocratossina A (OTA) è stata segnalata in formaggio grattugiato confezionato: si ritiene sia stata prodotta dallo sviluppo di alcuni funghi durante il periodo di maturazione. Gli studi presentati in questa tesi hanno avuto lo scopo di migliorare la conoscenza dei funghi, Aspergilli e Penicilli, associati al formaggio di tipo grana. Si è dunque provveduto alla loro identificazione tramite approccio multifasico, eseguendo anche prove ecologiche per definire i fabbisogni delle specie presumibilmente dominanti. Obiettivo finale sarà quello di predire il rischio di contaminazione da micotossine alle condizioni ambientali di stagionatura del prodotto. Aspergillus puulaauensis e alcune specie del genere Penicillium (P.crustosum and P. solitum) sono state rilevate con maggior frequenza, mentre non sono state rilevate nei campioni di crosta le specie P. nordicum e P. verrucosum. In ogni caso, le condizioni ambientali dei locali di maturazione (15-22°C; 72-88% UR) sono risultate favorevoli allo sviluppo di queste ultime, dando adito a preoccupazione circa una possibile contaminazione da OTA; tuttavia, il ruolo di altre specie micotossigene, ad esempio P. crustosum, non va sottovalutato. Le azioni di contrasto verso questi funghi micotossigeni dovrebbero, innanzitutto, ridurre l’inoculo presente nell’aria: l’ozono sembra efficace in tal senso; inoltre, l’utilizzo della luce blu potrebbe ridurre notevolmente la crescita fungina sulla superficie dei formaggi e delle scaffalature. Le informazioni fornite in questa tesi saranno utili ai produttori e agli altri operatori della filiera di questo prodotto, aiutandoli ad attuare una miglior gestione del rischio e a garantire un prodotto sicuro e di elevata qualità ai consumatori.
Ochratoxin A (OTA) was detected a few years ago in Italian packed grated cheese, and supposed to be produced by fungal growth during cheese ripening. The works managed and presented in this thesis aimed to improve knowledge about mycotoxigenic Aspergilli and Penicillia associated to Italian grana cheese. A multiphasic approach was applied for their identification and ecological trials were organised to define fungal needs of the expected dominant species. The objective was to predict the risk of mycotoxin contamination during the ripening condition of grana cheese. Aspergillus puulaauensis and some Penicillium spp (P.crustosum and P. solitum) were the prevalent species associated to grana cheese, while neither P. nordicum, nor P. verrucosum were detected in cheese rind. However, the environmental conditions of the ripening rooms (15-22°C; 72-88% RH) are favourable to P. nordicum and P. verrucosum, reinforcing concern about possible OTA contamination, but other mycotoxigenic species such as P. crustosum must not be neglected. Actions against those mycotoxigenic fungi should mainly reduce total inoculum in the environmental air: ozone is reported to be effective in this sense; moreover, blue light may significantly reduce fungal growth on cheese and shelves surfaces. Information provided therein will be useful for producers and stakeholders to perform a better risk management and guarantee a safe, high-quality product to consumers.
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DECONTARDI, SIMONE. "Penicilli e Aspergilli associati al formaggio grana Approccio multifasico all'identificazione, fabbisogni ecologici e produzione di tossine." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19077.

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Abstract:
Recentemente, l’ocratossina A (OTA) è stata segnalata in formaggio grattugiato confezionato: si ritiene sia stata prodotta dallo sviluppo di alcuni funghi durante il periodo di maturazione. Gli studi presentati in questa tesi hanno avuto lo scopo di migliorare la conoscenza dei funghi, Aspergilli e Penicilli, associati al formaggio di tipo grana. Si è dunque provveduto alla loro identificazione tramite approccio multifasico, eseguendo anche prove ecologiche per definire i fabbisogni delle specie presumibilmente dominanti. Obiettivo finale sarà quello di predire il rischio di contaminazione da micotossine alle condizioni ambientali di stagionatura del prodotto. Aspergillus puulaauensis e alcune specie del genere Penicillium (P.crustosum and P. solitum) sono state rilevate con maggior frequenza, mentre non sono state rilevate nei campioni di crosta le specie P. nordicum e P. verrucosum. In ogni caso, le condizioni ambientali dei locali di maturazione (15-22°C; 72-88% UR) sono risultate favorevoli allo sviluppo di queste ultime, dando adito a preoccupazione circa una possibile contaminazione da OTA; tuttavia, il ruolo di altre specie micotossigene, ad esempio P. crustosum, non va sottovalutato. Le azioni di contrasto verso questi funghi micotossigeni dovrebbero, innanzitutto, ridurre l’inoculo presente nell’aria: l’ozono sembra efficace in tal senso; inoltre, l’utilizzo della luce blu potrebbe ridurre notevolmente la crescita fungina sulla superficie dei formaggi e delle scaffalature. Le informazioni fornite in questa tesi saranno utili ai produttori e agli altri operatori della filiera di questo prodotto, aiutandoli ad attuare una miglior gestione del rischio e a garantire un prodotto sicuro e di elevata qualità ai consumatori.
Ochratoxin A (OTA) was detected a few years ago in Italian packed grated cheese, and supposed to be produced by fungal growth during cheese ripening. The works managed and presented in this thesis aimed to improve knowledge about mycotoxigenic Aspergilli and Penicillia associated to Italian grana cheese. A multiphasic approach was applied for their identification and ecological trials were organised to define fungal needs of the expected dominant species. The objective was to predict the risk of mycotoxin contamination during the ripening condition of grana cheese. Aspergillus puulaauensis and some Penicillium spp (P.crustosum and P. solitum) were the prevalent species associated to grana cheese, while neither P. nordicum, nor P. verrucosum were detected in cheese rind. However, the environmental conditions of the ripening rooms (15-22°C; 72-88% RH) are favourable to P. nordicum and P. verrucosum, reinforcing concern about possible OTA contamination, but other mycotoxigenic species such as P. crustosum must not be neglected. Actions against those mycotoxigenic fungi should mainly reduce total inoculum in the environmental air: ozone is reported to be effective in this sense; moreover, blue light may significantly reduce fungal growth on cheese and shelves surfaces. Information provided therein will be useful for producers and stakeholders to perform a better risk management and guarantee a safe, high-quality product to consumers.
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Pellizzari, Caterina. "Identificazione di marcatori molecolari per la resistenza alla fotobatteriosi nell'orata di allevamento (Sparus aurata)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3425321.

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Abstract:
Fish photobacteriosis is an infectious disease that affects several fish species living in marine temperate waters. Its causative agent is the Gram-negative bacterium Photobacterium damselae subsp. piscicida (Phdp). Fish photobacteriosis represents a serious health problem for the majority of intensive sea bream hatcheries, with 90–100% mortality during disease outbreaks. Larvae and juveniles are the most susceptible stages. A potential strategy to prevent fish photobacteriosis is to select for animals that are genetically resistant to it. Resistance to Phdp infection has low medium hereditabilty (0.12-0.45) and it is costly to measure, thus the best option for selective breeding is marked assisted selection. Aim of this work is to identify genetic loci involved in disease resistance in the gilthead sea bream (Sparus aurata) through an integrated genomic approach. A QTL analysis for resistance to photobacteriosis was carried out on an experimental population of 500 offspring, originating from eight sires and six dams in a single mass-spawning event and experimentally infected with Phdp. A total of 151 microsatellite loci were genotyped in the experimental population, and half-sib regression QTL analysis was carried out on two continuous traits, body length at time of death and survival, and for two binary traits, survival at day 7 and survival at day 15, when the highest peaks of mortality were observed. Two significant QTLs were detected for disease resistance. The first one was located on linkage group LG3 affecting late survival (survival at day 15). The second one, for overall survival, was located on LG21, which allowed us to highlight a potential marker (Id13) linked to disease resistance. A significant QTL was also found for body length at death on LG6 explaining 5-8% of the phenotypic variation. Microarray-based experiments were used to analyse changes at the transcriptome level upon Phdp experimental infection in sea bream juvenile head kidney. An update of the oligo-DNA microarray developed by Ferraresso et al. (2008) was produced by adding 6,412 novel unique transcripts. Statistical analysis identified 293 transcripts significantly up-regulated and 123 transcripts down-regulated leading to an infection response mainly associated to the more immediate innate immune system. It was observed, however, a significant predominance of anti-inflammatory mediators/signals, which help controlling excessive collateral damage to host tissue and cells due to host response, but, in so doing, might also reduce the effectiveness of immune mechanisms responsible for the clearance of the pathogen. Independent testing of a selection of differentially expressed genes with real-time RT-PCR confirmed microarray results. Differentially expressed genes based on microarray analysis were mapped onto the stickleback genome, to find a possible co-localization of the loci contributing to disease resistance or susceptibility. These genes, which putatively co-localize with genome-wide significant QTLs, represent a starting point to refine the candidate regions for the already identified QTLs and might constitute potential markers for the implementation of selective breeding programs for photobacteriosis resistance.
La fotobatteriosiosi ittica, causata dal batterio Gram negativo Photobacterium damselae subsp. piscicida (Phdp), è una patologia infettiva che colpisce diverse specie di pesci che vivono in acque marine temperate. La fotobatteriosi rappresenta un reale problema sanitario per gran parte degli allevamenti intesivi di orata (Sparus aurata), con tassi di mortalità che possono raggiungere il 90-100%; gli stadi larvali e giovanili sono i più suscettibili all’infezione. Una possibile strategia per prevenire la patologia prevede la selezione di animali geneticamente resistenti a essa. La resistenza alla fotobatteriosi presenta un’ereditabilità medio bassa (0.12-0.45) e la sua stima risulta dispendiosa, di conseguenza, la strategia migliore per l’attuazione di programmi di miglioramento genetico per questo tratto è la selezione assistita da marcatori. Scopo di questo progetto è l’identificazione di loci genetici coinvolti nella determinazione della resistenza all’infezione in orata, mediante un approccio genomico integrato. Un’analisi di QTL per la resistenza alla fotobatteriosi è stata effettuata considerando una popolazione di 500 individui, generati da 8 maschi e 5 femmine, infettati sperimentalmente con Phdp e genotipizzati utilizzando 151 loci microsatelliti. I dati ottenuti sono stati elaborati attraverso un’analisi di regressione half-sib per due caratteri con distribuzione continua, la lunghezza al momento del decesso e la saprovvivenza, e per due caratteri binari, la sopravvivenza al giorno 7 e al giorno 15, associati ai maggiori picchi di mortalità. Per la resistenza alla fotobatteriosi sono stati identificati due QTL significativi. Il primo, coinvolto nella sopravvivenza al giorno 15, è stato associato al LG3. Il secondo, per la sopravvivenza al termine del challenge, è stato collocato nel LG21, per cui è stato possibile anche identificare un potenziale marcatore (Id13) associato alla resistenza alla patologia. Per la lunghezza al momento del decesso è stato individuato un QTL significativo nel LG6, in grado di spiegare il 5-8% della varianza fenotipica. La tecnologia microarray è stata impiegata per analizzare i cambiamenti a livello trascrizionale nel rene cefalico di orate sottoposte a un’infezione sperimentale con Phdp. La piattaforma microarray a oligonucleotidi, sviluppata da Ferraresso e colleghi (2008), è stata aggiornata aggiungendo 6412 nuovi trascritti unici. Le analisi statistiche dei dati di espressione hanno identificato 293 trascritti significativamente sovraespressi e 123 trascritti significativamente sottoespressi, associati a una risposta all’infezione che coinvolge principalmente i più immediati meccanismi del sistema immunitario innato. È stata rilevata, inoltre, una significativa predominanza di molecole antinfiammatorie che aiutano a controllare gli eccessivi danni collaterali ai tessuti dovuti alla risposta dell’ospite, ma così facendo, porterebbero anche a una riduzione dell’efficacia dei meccanismi immunitari responsabili dell’eliminazione del patogeno. I saggi di espressione in Real time RT-PCR hanno confermato i risultati di microarray. I geni differenzialmente espressi sono stati localizzati nel genoma di Gasterosteus aculeatus, per trovare una possibile co-localizzazione dei loci che contribuiscono alla resistenza all’infezione o alla suscettibilità. Questi geni, che apparentemente si collocano nelle stesse regioni dei QTL significativi, rappresentano un punto di partenza per raffinare la localizzazione dei QTL qui identificati e potrebbero raprresentare dei potenziali marcatori per la selezione di linee di animali maggiormente resistenti alla fotobatteriosi
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Baccarani, Gianluca <1983&gt. "Identificazione e validazione di marcatori molecolari, fisiologici ed ambientali per la gestione delle risorse alieutiche lagunari." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1255.

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Abstract:
La vongola filippina Ruditapes philippinarum rappresenta una delle principali risorse economiche per l’acquacoltura nel Nord Adriatico. Molte criticità di gestione rimangono irrisolte, specialmente nella Laguna di Venezia: pesca illegale, rischi per la salute, overfishing. Qualità e integrità ambientale dei siti di allevamento sono dunque aspetti di indagine fondamentali. Il presente progetto si inserisce nell’ambito di un approccio integrato per la gestione della risorsa e la specifica messa a punto di un percorso di tracciabilità di filiera. È stato analizzato il contenuto di metalli pesanti e la loro biodisponibilità nei sedimenti; sono state condotte analisi di bioaccumulo e quantificato il contenuto di metallotioneine negli organismi; è stata valutata la diversità genetica delle popolazioni tramite l’utilizzo di marcatori del DNA nucleare e mitocondriale. Sulla base dei risultati ottenuti dalle analisi chimiche è possibile esprimere un giudizio positivo sullo stato di salute delle aree indagate, anche se la gestione dei siti può essere migliorata in un’ottica di sostenibilità e mitigazione degli impatti; le analisi genetiche hanno mostrato un chiaro differenziamento biogeografico degli aplotipi e il verificarsi di eventi introduttivi multipli. La presente ricerca presenta notevoli prospettive future, sia in termini di conoscenza di base, sia in termini applicativi.
Manila clam Ruditapes philippinarum represents one of the main economic resources for Northern Adriatic aquaculture. Many management issues are still unsolved, especially in the Venice Lagoon: illegal fishing, health risks, overfishing. Hence, the evaluation of quality and integrity of production sites is a very important topic. The present work is part of an integrated and multidisciplinar approach aimed at improving the management of the resource and also developing a specific traceability path. Heavy metals content both in sediments and organisms was determined; also, metallothioneins levels were evaluated. Finally, the level of genetic diversity among populations was assessed, through specific molecular markers. Results showed that, in general, the environmental quality of farming sites could be considered as quite good, although management of clam farming shoud be improved for a sustainable exploitation of the resource and for a mitigation of impacts. Genetic analysis showed a clear geographic structuring of haplotypes and the occurrence of multiple introduction events from different recruitment stocks. The present project presents interesting future perspectives, both in terms of basic knowledge and application.
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Nicolosi, Maria Luisa. "Identificazione di nuovi target molecolari per la terapia del carcinoma poco differenziato della tiroide: studi in vitro." Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1578.

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Abstract:
Premessa. I carcinomi poco differenziati della tiroide sono refrattari ai trattamenti convenzionali per cui negli ultimi anni si sono condotti diversi studi finalizzati ad identificare le alterazioni molecolari di più frequente riscontro e che potrebbero essere responsabili della scarsa efficacia delle terapie classiche. Bersagli molecolari interessanti sono: il recettore per l EGF e quello per l IGF-I poiché entrambi iperespressi nel carcinoma tiroideo. Di recente, le case farmaceutiche hanno sintetizzato vari inibitori molecolari rivolti verso entrambi i recettori, per esempio il Gefitinib inibitore di EGFR e l NVP in grado di bloccare IGF-IR. Tuttavia, gli studi preclinici condotti finora hanno dato risultati poco soddisfacenti, in termini di efficacia antitumorale, per la possibile insorgenza di meccanismi di resistenza. Oggetto dello studio. In questo studio, su una serie di linee cellulari di carcinoma tiroideo, abbiamo valutato i meccanismi molecolari di resistenza al blocco farmacologico di EGFR ed IGF-IR, usando come inibitori il Gefitinib e l NVP. Risultati 1 (Inibizione di EGFR): Valutando l espressione di EGFR, mediante western blot, è stato visto che le linee di carcinoma tiroideo analizzate iper-esprimevano tale recettore e che il Gefitinib era in grado di inibire la sua fosforilazione. Contrariamente, questo farmaco si è mostrato scarsamente efficace nella riduzione della proliferazione delle cellule neoplastiche e della fosforilazione di ERK, mediatore a valle di EGFR. Questo dato è stato ottenuto nella maggior parte delle linee cellulari testate, ad eccezione delle linee WRO e Hth-74 che sono risultate sensibili al farmaco. Il Gefitinib non è risultato efficace in tutte quelle linee cellulari recanti mutazioni dei geni che portano all attivazione costitutiva della via di ERK, tra cui BRAF (V600E), HRAS (G12A/Q61R) o riarrangiamento RET/PTC1. Alla luce di ciò, in questo studio abbiamo valutato gli effetti dell inibizione dell oncogene BRAF(V600E) e di RET sulla sensibilità delle cellule di carcinoma tiroideo al Gefitinib. Abbiamo trovato che l inibizione di BRAF, mediante l inibitore selettivo PLX4230, ripristina gli effetti del Gefitinib in tutte le cellule in possesso della mutazione del BRAF. Risultati simili sono stati ottenuti con inibitori di RET. Risultati 2 (Inibizione di IGF-IR): Dopo aver valutato gli effetti antiproliferativi dell NVP-AEW541 in un gruppo di linee cellulari tumorali tiroidee abbiamo selezionato linee sensibili e resistenti. In tutte le linee, sia sensibili che resistenti, l NVP ha inibito la fosforilazione di IGF-IR. Nelle cellule sensibili, l NVP ha esercitato effetti antiproliferativi ed è stato in grado di inibire la via di segnale dipendente da AKT (pAKT) in maniera più efficace rispetto alla via di ERK1/2. Viceversa, nelle linee resistenti si è osservato un aumento di attivazione di ERK1/2 dopo NVP e nessuna inibizione di pAKT. Nelle FF1 aventi un alto rapporto IR:IGF-IR, abbiamo trovato che EGFR viene attivato in seguito al trattamento con NVP. Questo dato non è stato riscontrato nelle C643, le quali esprimono alti livelli di IGF-IR e bassi livelli di IR. Pertanto, abbiamo valutato l efficacia di un trattamento combinato volto ad inibire sia IGF-IR che EGFR o le vie a valle di esso quali MAPK. Abbiamo trovato che l inibizione di IGFIR associata a quella di EGFR o di ERK, è in grado di superare i meccanismi di resistenza all inibizione singola di IGF-IR. Conclusioni. Questi risultati indicano che in alcune linee di carcinoma tiroideo la resistenza al Gefitinib è dovuta principalmente alla mutazione del BRAF(V600E) e che tale resistenza può essere superata utilizzando il Gefitinib in combinazione con inibitori del BRAF. Inoltre, l iperespressione di IR e di EGFR possono entrambi contribuire alla resistenza dell'inibizione di IGF-IR. Una terapia combinata con altri farmaci molecolari mirati, come inibitori di EGFR o MAPK potrebbero superare questi meccanismi di resistenza.
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SICILIANO, VERONICA. "Ruolo degli acidi grassi e dello stress ossidativo nella steatosi epatica non alcolica: identificazione di nuovi target molecolari." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2019. http://hdl.handle.net/11571/1301286.

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PIEMONTESE, LUCIA. "Identificazione e analisi della struttura di popolazione della specie aliena invasiva Halyomorpha halys (Hemiptera, Pentatomidae) mediante approcci molecolari." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1199940.

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Abstract:
Le specie aliene invasive possono influenzare negativamente le componenti biotiche e abiotiche delle aree di introduzione, alterare le comunità ecologiche, favorire la diffusione di patogeni e/o malattie determinando gravi danni alla biodiversità, salute ed economia. Capire le dinamiche alla base del processo di invasione, nei suoi aspetti teorici e pratici, è la chiave per prevenire ulteriori invasioni e per migliorare la gestione delle specie introdotte evitando effetti avversi sull’ambiente e sulla biodiversità locale. La cimice marmorizzata bruna, Halyomorpha halys (Hemiptera, Heteroptera) è una specie aliena invasiva nativa dell’Asia orientale. È stata segnalata per la prima volta, al di fuori del suo areale originario, in Nord America e recentemente in Europa, dove si sta rapidamente diffondendo. Oltre ad essere un infestante urbano nelle aree di introduzione, questa cimice sta causando enormi perdite economiche in agricoltura essendo altamente polifaga e presentando due generazioni all’anno. Gli obiettivi di questo studio di Dottorato erano: i. l’applicazione di metodi molecolari per la determinazione delle strategie di introduzione e dispersione delle popolazioni introdotte, ii. l’individuazione precoce dei propaguli di H. halys, iii. l’identificazione dei potenziali predatori autoctoni. Come prima parte del progetto è stata condotta un’analisi esplorativa della struttura genetica delle popolazioni italiane e Greche mediante il metodo del Restriction site associated DNA sequencing (RADseq), al fine di identificare la variabilità genetica, i pattern di introduzione e dispersione degli individui con l’aplotipo mitocondriale più diffuso, secondo uno studio precedente (Cesari et al. 2018). L’analisi ha evidenziato la presenza di due gruppi principali, il primo include solo individui dall’Emilia-Romagna (IT), mentre il secondo include individui dal Nord Italia, Toscana (IT) e Grecia. Un’analisi più dettagliata ha suggerito un’ulteriore suddivisione del secondo gruppo in tre sottogruppi, due includono individui da differenti aree geografiche mentre, uno include solo individui dal Veneto (IT) ed è il gruppo con la maggiore diversità. Tali risultati suggeriscono che le popolazioni analizzate hanno avuto origine da invasioni multiple e la presenza di due gruppi geograficamente misti, ha evidenziato l’elevata mobilità della specie probabilmente avvantaggiata dalle attività umane. Una seconda parte del progetto si è focalizzata sul testare l’efficacia di un protocollo di Real-Time PCR di tipo qualitativo per determinare il potenziale predatorio di diversi animali insettivori, individuando la presenza di DNA di H. halys in campioni di guano di chirotteri e nel contenuto intestinale di artropodi. L’analisi del guano di pipistrelli italiani campionato in Piemonte, Valle d’Aosta e Toscana, ha portato all’identificazione di due generi di pipistrello (Myotis, Nyctalus) che si nutrono di H. halys, come provato da quattro campioni positivi da aree agricole del Piemonte e due campioni positivi da aree naturali della Toscana. Anche con l’analisi del contenuto intestinale di potenziali artropodi predatori, campionati in due parchi urbani in Emilia-Romagna (IT), sono stati ottenuti ventitré campioni positivi, identificando specie predatrici di H. halys tra insetti e aracnidi. Questi dati confermano come, questo saggio di Real-Time PCR specie-specifico, possa essere applicato per diversi quesiti biologici (es. identificazione precoce, tassi di predazione) e operare su substrati molto differenti. Entrambi i metodi validano l’affidabilità degli approcci molecolari per la risoluzione di varie problematiche negli studi di specie invasive, ponendo le basi per lo sviluppo di protocolli facilmente adattabili ai diversi casi studio.
Invasive Alien Species (IAS) can affect negatively the biotic and abiotic components of the areas of introduction, alter ecological communities, enhance the diffusion of pathogens and/or diseases thus, determining severe impacts on biodiversity, healthcare and economy. Understanding the dynamics underlying the invasion process, either in its theoretical and practical aspects, is the key to prevent further invasion and to improve the management of established species avoiding harmful effects on the environment and non-target organisms. The brown marmorated stink bug (BMSB), Halyomorpha halys (Hemiptera, Heteroptera) is an invasive alien species native to eastern Asia. Its presence outside the original area of distribution has been recorded for the first time in North America and, more recently, in Europe, where it is spreading rapidly across all countries. Other than being a household pest all over its introduced range, this stink bug is causing great economic losses in orchards/crops due to its highly polyphagous nature and bivoltinism. The purposes of this doctoral study were: i. the implementation of molecular tools to determine the patterns of introduction and dispersal of established populations, ii. early detect the presence of H. halys propagules, iii. and identify native potential predators. As first part of the project, the explorative analysis of the genomic structure of Italian and Greek populations of H. halys was investigated with the Restriction site associated DNA sequencing (RADseq) method in order to identify the genetic variability, the patterns of introduction and dispersal of the individuals with the most widespread mitochondrial haplotype as evidenced in the previous study (Cesari et al. 2018). The analysis evidenced the presence of two main clusters, the first one included only individuals from Emilia-Romagna region (IT) while the second one gathered those from North Italy, Tuscany (IT) and Greece. A deeper analysis hinted a further subdivision of the second cluster in three subclusters, two included individuals from different geographic regions, while one included only specimens from Veneto region (IT) and was characterized by the highest within-cluster differentiation. These results suggest that analysed populations have originated from multiple invasion events and highlight high mobility of the species, as evidenced by the presence of two geographically mixed clusters, likely enhanced by human activities. The other part of the project was focused on testing the efficacy of a qualitative Real-Time PCR protocol to assess the predatory potential of different insectivorous animals by detecting the presence of H. halys DNA in chiropteran guano samples and arthropod gut-content. Guano analysis from Italian bat species collected in the Italian regions of Piedmont, Aosta Valley and Tuscany led to the identification of two genera of bats (Myotis, Nyctalus) feeding on H. halys, with four positive hits found from agricultural sites in Piedmont and two positive hits in Tuscany natural areas. The gut-contents analysis of potential arthropod predators collected in two urban parks in Emilia-Romagna (IT), also scored twenty-three positive results, identifying ten H. halys predator species among insects and arachnids. Present data prove that the species-specific Real-Time PCR assay can address different biological questions (e.g. early detection of pests, predation rates) and operate on very different substrates. Both methods validate the reliability of molecular approaches to address various problematics in invasive species studies, thus setting the stage for the development of adaptable protocols for different case studies.
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GRECO, EMANUELA. "Immunità innata e tubercolosi: identificazione di ligandi molecolari coinvolti nella risposta antitubercolare e generazione di liposomi contenenti lipidi bioattivi ad attività immunomodulante." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/885.

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Abstract:
La tubercolosi (TB) è la malattia infettiva, causata da un singolo agente infettivo, più diffusa a livello mondiale ed è responsabile di più di due milioni di decessi ogni anno. L’agente eziologico della tubercolosi è il Mycobacterium tuberculosis (MTB), un patogeno intracellulare aerobio obbligato che infetta l’uomo, preferibilmente per via aereosolica, riuscendo a sopravvivere a livello intracellulare. Un meccanismo d’evasione che MTB attua per sfuggire all’azione micobattericida del macrofago è rappresentato dalla maturazione del fagolisosoma e dall’inibizione dell’enzima fosfolipasi D (PLD), il cui prodotto metabolicamente attivo è l’acido fosfatidico (PA). In questa Tesi abbiamo studiato il ruolo di ligandi d’origine microbica, quali le sequenze CpG, e ligandi naturali, come Acido Lisofosfatidico (LPA) e Sfingosina 1-fosfato (S1P), nella risposta immunitaria innata antimicobatterica in cellule epiteliali alveolari e in cellule della linea monocito/macrofagica. In questo contesto, abbiamo dimostrato che, in entrambi i tipi cellulari, la stimolazione con CpG, LPA o S1P può i) inibire la crescita intracellulare di MTB attraverso l’azione della PLD, ii) indurre l’attivazione della PLD Ca++-dipendente, iii) promuovere la maturazione del fagolisosoma mediate il coinvolgimento della PLD in cellule infettate con MTB. Questi risultati indicano che le cellule epiteliali alveolari, oltre ai monociti-macrofagi, possono svolgere un ruolo attivo nell’ambito della risposta immunitaria innata antitubercolare e che l’attivazione della PLD con la conseguente produzione di PA, è cruciale per l’attivazione della risposta antimicrobica basata sulla maturazione fagolisosomale. Su queste basi, abbiamo ideato liposomi in grado di veicolare secondi messaggeri lipidici, come il PA la cui produzione è soppressa in corso di infezione con MTB, in grado di ristabilire o potenziare la risposta immunitaria innata micobattericida. Abbiamo, quindi, prodotto liposomi asimmetrici simili a corpi apoptotici caratterizzati dalla presenza di fosfatidilserina (PS) sul foglietto lipidico esterno e PA nel foglietto interno. I nostri risultati indicano che tali liposomi possono essere efficacemente internalizzati nei macrofagi senza indurre segnali proinfiammatori. Inoltre, la stimolazione di macrofagi umani con questi liposomi i) induce un incremento dei flussi di Ca++, ii) promuove la maturazione del fagolisosoma Ca++-dipendente e iii) riduce la crescita intracellulare micobatterica in maniera dipendente dalla maturazione fagolisosomale. In conclusione, questi risultati suggeriscono la possibilità di usare i liposomi come “cavalli di Troia” per veicolare secondi messaggeri lipidici e ripristinare quei segnali molecolari frequentemente inibiti dai patogeni intracellulari come strategia di sopravvivenza nella cellula ospite.
Tuberculosis (TB) is a worldwide infection disease, due to a single pathogen infection, which is estimated to kill over 2 million people annually. The causative agent of TB is Mycobacterium tuberculosis (MTB), an intracellular pathogen which infects human host and interferes with host antimicrobial pathways to allow intracellular survival, inhibiting Phospholipase D (PLD) dependent Phosphatidic Acid (PA) generation. The present study shows a novel role of synthetic oligodeoxynucleotides containing unmethylated CpG dinucleotides (CpG ODN), Lysophosphatidic Acid (LPA) and Sphingosine 1-phosphate (S1P) in the activation of antimicrobial immune response by innate immune cells, such as human monocytes/macrophages and type II human alveolar epithelial cells alveolar. In this context, we found that CpG, LPA and S1P stimulation i) induce Ca++-dependent PLD activation, ii) promote PLD-dependent phagolysosome maturation, and iii) enhance a PLD dependent intracellular mycobacterial killing. These results show that alveolar epithelial cells may represent efficient effecter cells of innate antimycobacterial immune response and that PLD activation i) is crucial for the activation of phagolysosome maturation-based antimicrobial response, ii) is conserved among cell types and iii) is at the intersection of different metabolic pathways, independent of the upstream stimulus received. In order to deliver these second lipid messengers able to recover or enhance host antimicrobial innate immune response to infected cells, a technological platform has been developed. In this context, apoptotic body-like liposomes characterized by the presence of phosphatidylserine (PS) in the outer lipid leaflet were engineered to contain PA in the inner lipid surface. We demonstrate that these liposomes can be internalized by macrophages and reduce production of proinfiammatory cytokines (IL-beta, TNF-alpha, IL-12, IL-23) by simultaneously inducing the production of IL-27. Moreover, the stimulation of human macrophages with apoptotic body like liposomes lead to Ca++ mobilization, Ca++-dependent phagolysosome maturation, and phagolysosome maturation dependent intracellular mycobacterial killing. Altogether, these results suggest the possibility to use apoptotic-like vesicles as Trojan particles to deliver second lipid messengers to restore those molecular pathways inhibited by intracellular pathogens as an intracellular survival strategy.
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PUNGINELLI, Diletta. "Identificazione e caratterizzazione di molecole biologicamente attive con attività antimicrobica antibiofilm e antitumorale in Posidonia oceanica e Procambarus clarkii." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2022. http://hdl.handle.net/10447/564313.

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Maombi, Kakwenzeghere Elvine. "Isolamento, identificazione e valutazione di caratteri tecnologici di ceppi selezionati provenienti da latte fermentato della Repubblica Democratica del Congo." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16804/.

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Abstract:
In Africa il latte è un alimento molto consumato sia nella sua forma che trasformato. Esso è un alimento facilmente deperibile e poiché ricco di nutrienti è un ambiente ottimale per lo sviluppo di microrganismi degradativi e agenti patogenici zoonotici. L'Africa sub-sahariana e altre regioni meno sviluppate presentano un quantitativo di infezioni di origine alimentare significativamente più elevato rispetto ai paesi industrializzati. La fermentazione del latte ad opera dei batteri lattici o di lieviti è un metodo ben conosciuto per evitarne il deterioramento e inibire i patogeni. Il processo produttivo in queste aree è spesso legato a fermentazioni spontanee, che tuttavia lasciano spazio all’insorgenza di problematiche legate alla qualità e alla contaminazione microbiologica. L’obiettivo della sperimentazione è stato quello di identificare possibili ceppi starter autoctoni di un latte fermentato importato dalla Rep. Dem. del Congo per aumentarne la qualità organolettica e igienico-sanitaria. Sono stati identificati ceppi di Saccharomyces spp., Kazachstania unispore e Kluyveromyces marxianus e ceppi di Lactobacillus plantarum e Lactobacillus brevis. La caratterizzazione dei tratti tecnologici è stata effettuata su 2 ceppi di L. plantarum (A,F) e 2 di L. brevis (E,H) ha mostrato come i ceppi di L. plantarum siano più veloci nell’acidificazione del mezzo rispetto ai ceppi di L. brevis. L’analisi delle molecole volatili ha individuato nel campione ottenuto tramite L. brevis H quello con una maggiore produzione di composti aromatici. I campioni inoculati con i ceppi di L. plantarum sono caratterizzati da acido acetico, acetaldeide e da (E, Z)-5,6-bis(2,2-dimethylpropylidene)–decano, mentre i campioni inoculati con L. brevis sono caratterizzati entrambi dalla presenza di etanolo. Tra i ceppi isolati i più promettenti sono quelli di L. plantarum che presentano una cinetica di acidificazione più veloce che permetterebbe una inibizione maggiore di microrganismi patogeni.
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COSTA, MARTA. "Disturbo bipolare e cefalea a grappolo: identificazione di geni e pathway molecolari e loro potenziale coinvolgimento nella risposta alla terapia con sali di litio tramite analisi dei profili di espressione genome‑wide." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2014. http://hdl.handle.net/11584/266468.

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Abstract:
Cluster headache (CH) and bipolar disorder (BD) are pathological conditions affecting 1% and 1.5% of the general population, respectively. Albeit the pathogenesis has not yet been completely elucidated, family and twin studies have suggested a genetic basis for both disorders, with an estimated heritability of 80% for BD and up to 60% for CH. Though BD and CH are very different diseases, they show important clinical similarities, such as a temporal pattern of disturbances, dysregulation of the wake-­‐sleep cycle, neuroendocrine derangements, and more important positive clinical response to lithium and valproate treatments in a significant proportion of treated patients. In the present study, we sought to explore whether BD and CH patients responders to lithium share common molecular pathways potentially involved in predisposing to positively respond to prophylactic lithium treatment. To this aim, we carried out a transcriptome study in lymphoblastoid cell lines from 10 BD type I patients, responders to lithium, 8 CH patients responders to lithium treatment and 10 healthy subjects (CO). Expression profiles were measured by Affymetrix GeneChip Human Gene ST 1.0 covering 36,079 transcripts. Expression levels of BD and CH patients were compared with CO using a t-­‐test, in order to identify commonly dysregulated genes. Pathway analysis was performed based on the hypergeometric test for over representation of specific Kyoto Encyclopedia of Genes and Genomes (KEGG). A total of 544 and 1172 genes were differentially expressed in BD versus CO and CH versus CO respectively. Filtering criteria were based on corrected p value < 0.05 and a Fold Change (FC) ≥ |1.3|. Among these genes, 314 were commonly altered both in CH and BD compared to CO. The most significant dysregulated gene in BD and CH was RNA binding motif (RNP1, RRM) protein 3 (RBM3), a gene implicated in sleep regulation and in the temperature entrained circadian gene expression (corrected p value of 6,30x 10-­‐09 in BD vs CO and 1,88x 10-­‐09 in CH vs CO). Pathway analysis showed that Protein processing in endoplasmic reticulum pathway was one of the most significantly enriched in BD and CH when compared to CO. In conclusion, data from this pilot microarray study may provide useful and relevant information for a better understanding of the molecular underpinnings of lithium response and on the neurobiology of BD and CH.
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SPADOLA, GIORGIO. "CARATTERIZZAZIONE DELLA MICOFLORA ASSOCIATA AI PRODOTTI CARNEI STAGIONATI SUINI CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA PRESENZA DI PENICILLIUM NORDICUM ED AL SUO BIOCONTROLLO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/2474.

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Abstract:
Penicillium nordicum è un importante contaminante di salumi, rappresentanando il 10 % e il 26 % della popolazione di Penicillium spp . isolati , rispettivamente dall'aria e dai prodotti carnei stagionati in un'indagine gestita in Italia ( Battilani et al. , 2007). Diverse colonie di P. nordicum isolate dai salumi hanno dimostrato di essere importanti produttori di ocratossina A , OTA ( Sansom e Frisvad , 2004 . Pietri et al, 2006 ; . Battilani et al , 2010). Attualmente, l'impostazione appropriata delle condizioni ambientali (temperatura, umidità relativa e circolazione dell'aria ), è l'unico strumento accettato per impedire la crescita incontrollata di P. nordicum all'interno degli impianti di stagionatura attraverso una accurata analisi dei punti critici di controllo e l’ideazione di un relativo piano HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) ben struttutato ( Asefa et al , 2011; Virgili et al , 2012). Anche se il sistema HACCP è stato applicato con successo nel settore alimentare ci sono rischi per la sicurezza alimentare non attentamente considerati. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda i rischi micotossigeni associati ai prodotti alimentari di origine animale. Il termine "rischi micotossigeni" è utilizzato da Asefa et al. ( 2011) per descrivere lieviti patogeni e metaboliti secondari tossici prodotti da specie fungine tossigene che contaminano i prodotti alimentari e incidono sulla sicurezza alimentare. La maggior parte dei piani HACCP nelle attività di trasformazione alimentare, come ad esempio la produzione di formaggi e di prodotti carnei stagionati, tiene in considerazione principalmente il rischio derivante da agenti batterici (Arvanitoyannis e Mavropoulos, 2000; Barbuti e Parolari, 2002) anche se tali prodotti alimentari vengono spesso contaminati da funghi micotossigeni e dai loro metaboliti (Spotti et al 1989; Spotti et al , 2001a; Battilani et al 2007). Pertanto, dovrebbe essere cruciale definire un piano HACCP specificamente incentrato sui rischi micotossigeni. L'identificazione, il controllo e la standardizzazione della micoflora superficie dei salumi è fondamentale per preservare la sicurezza delle produzioni e la salute dei consumatori . Questo è il contesto in cui deve essere valutata l’efficacia e l’affidabilità per l’identificazione delle popolazioni di Penicillium spp di interessante per la produzione alimentare. In questo contesto , il progetto di ricerca di questa tesi di dottorato ha cercato di approfondire le conoscenze su tali tematiche con l'intento di limitare il rischio micotossigeno nella catena di produzione dei prodotti carnei stagionati. Sono stati affrontati i seguenti argomenti: 1 . studio della composizione e dinamica della microflora fungina presente sulla superficie dei salumi (prodotto testato, salame) e l'aria di ambienti di stagionatura tenendo conto dell'influenza di alcuni parametri di processo (inoculo starter, temperatura, fase produttiva). 2 . sviluppo di un metodo MALDI TOF MS per l'identificazione di Penicilium a livello di specie per le prospettive future di screening diretti della microflora presente sui salumi. 3 . confronto e integrazione di diverse tecniche, come l'analisi morfologica, l’analisi molecolare e l’analisi tramite spettrometria di massa, per l'identificazione delle specie di Penicillium presenti nei salumi. 4 . valutazione dei lieviti selezionati, isolati dalla superficie di prosciutto crudo, per competere con P. nordicum ed inibire l'accumulo di OTA nella prospettiva del loro uso come starter superficiali con funzione di agenti di biocontrollo.
Penicillium nordicum is an important contaminant of cured meat products, representing 10% and 26% of the Penicillium spp. isolated, respectively, from the air or the products in a survey managed in Italy (Battilani et al., 2007). Several P. nordicum cured meat isolates proved to be important producers of ochratoxin A, OTA (Sansom and Frisvad, 2004; Pietri et al., 2006; Battilani et al., 2010). Currently, the appropriate setting of environmental conditions (temperature, relative humidity and air circulation), is the only accepted tool to prevent the uncontrolled growth of P. nordicum inside dry-curing plants through a carefully structured Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP) plan (Asefa et al., 2011; Virgili et al., 2012). Even if the HACCP system has been successfully applied in the food industry, there are food safety hazards not carefully considered. This is especially true with regard to mycotoxigenic hazards associated with animal food products. The term “mycotoxigenic hazards” is used by Asefa et al. (2011) to describe pathogenic yeasts and toxic secondary metabolites of toxigenic moulds that contaminate food products and affect food safety. Most HACCP plans in food processing activities, such as the production of cheese and dry-cured meat products, considered mainly bacterial agents (Arvanitoyannis and Mavropoulos, 2000; Barbuti and Parolari, 2002), even if such food products get often contaminated with mycotoxigenic fungi and their metabolites (Spotti et al 1989; Spotti et al., 2001a; Battilani et al 2007). Therefore, it should be crucial to define a HACCP plan specifically focused on the mycotoxigenic hazards. The identification, control and standardization of the surface mycoflora of cured meat products is mandatory to preserve the productions safety and the consumers health. This is the context of the effectiveness and reliability evaluation for the Penicillium spp. identification methods of interesting species for food production. In this context, the research project of this PHD thesis tried to fill some gaps of knowledge with the attempt to limit the mycotoxigenic risk in the cured meat products chain. The following topics were faced: 1. study of the composition and dynamic of fungal microflora present on the surface of cured meat products (salami) and the air of seasoning environments taking into account the influence of some process parameters (starter inoculum, curing temperature, stage of seasoning). 2. development of a MALDI TOF MS method for the identification of Penicilium at species level for future direct screening perspectives of the microflora present on cured meat products. 3. comparison and integration of different techniques, as morphological, molecular and mass spectral analysis, for the identification of Penicillium species in cured meat products. 4. evaluation of selected yeasts, isolated from dry-cured ham surface, to compete with P. nordicum and to inhibit OTA accumulation in the perspective of their use as surface starter biocontrol agents.
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SPADOLA, GIORGIO. "CARATTERIZZAZIONE DELLA MICOFLORA ASSOCIATA AI PRODOTTI CARNEI STAGIONATI SUINI CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA PRESENZA DI PENICILLIUM NORDICUM ED AL SUO BIOCONTROLLO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/2474.

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Abstract:
Penicillium nordicum è un importante contaminante di salumi, rappresentanando il 10 % e il 26 % della popolazione di Penicillium spp . isolati , rispettivamente dall'aria e dai prodotti carnei stagionati in un'indagine gestita in Italia ( Battilani et al. , 2007). Diverse colonie di P. nordicum isolate dai salumi hanno dimostrato di essere importanti produttori di ocratossina A , OTA ( Sansom e Frisvad , 2004 . Pietri et al, 2006 ; . Battilani et al , 2010). Attualmente, l'impostazione appropriata delle condizioni ambientali (temperatura, umidità relativa e circolazione dell'aria ), è l'unico strumento accettato per impedire la crescita incontrollata di P. nordicum all'interno degli impianti di stagionatura attraverso una accurata analisi dei punti critici di controllo e l’ideazione di un relativo piano HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) ben struttutato ( Asefa et al , 2011; Virgili et al , 2012). Anche se il sistema HACCP è stato applicato con successo nel settore alimentare ci sono rischi per la sicurezza alimentare non attentamente considerati. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda i rischi micotossigeni associati ai prodotti alimentari di origine animale. Il termine "rischi micotossigeni" è utilizzato da Asefa et al. ( 2011) per descrivere lieviti patogeni e metaboliti secondari tossici prodotti da specie fungine tossigene che contaminano i prodotti alimentari e incidono sulla sicurezza alimentare. La maggior parte dei piani HACCP nelle attività di trasformazione alimentare, come ad esempio la produzione di formaggi e di prodotti carnei stagionati, tiene in considerazione principalmente il rischio derivante da agenti batterici (Arvanitoyannis e Mavropoulos, 2000; Barbuti e Parolari, 2002) anche se tali prodotti alimentari vengono spesso contaminati da funghi micotossigeni e dai loro metaboliti (Spotti et al 1989; Spotti et al , 2001a; Battilani et al 2007). Pertanto, dovrebbe essere cruciale definire un piano HACCP specificamente incentrato sui rischi micotossigeni. L'identificazione, il controllo e la standardizzazione della micoflora superficie dei salumi è fondamentale per preservare la sicurezza delle produzioni e la salute dei consumatori . Questo è il contesto in cui deve essere valutata l’efficacia e l’affidabilità per l’identificazione delle popolazioni di Penicillium spp di interessante per la produzione alimentare. In questo contesto , il progetto di ricerca di questa tesi di dottorato ha cercato di approfondire le conoscenze su tali tematiche con l'intento di limitare il rischio micotossigeno nella catena di produzione dei prodotti carnei stagionati. Sono stati affrontati i seguenti argomenti: 1 . studio della composizione e dinamica della microflora fungina presente sulla superficie dei salumi (prodotto testato, salame) e l'aria di ambienti di stagionatura tenendo conto dell'influenza di alcuni parametri di processo (inoculo starter, temperatura, fase produttiva). 2 . sviluppo di un metodo MALDI TOF MS per l'identificazione di Penicilium a livello di specie per le prospettive future di screening diretti della microflora presente sui salumi. 3 . confronto e integrazione di diverse tecniche, come l'analisi morfologica, l’analisi molecolare e l’analisi tramite spettrometria di massa, per l'identificazione delle specie di Penicillium presenti nei salumi. 4 . valutazione dei lieviti selezionati, isolati dalla superficie di prosciutto crudo, per competere con P. nordicum ed inibire l'accumulo di OTA nella prospettiva del loro uso come starter superficiali con funzione di agenti di biocontrollo.
Penicillium nordicum is an important contaminant of cured meat products, representing 10% and 26% of the Penicillium spp. isolated, respectively, from the air or the products in a survey managed in Italy (Battilani et al., 2007). Several P. nordicum cured meat isolates proved to be important producers of ochratoxin A, OTA (Sansom and Frisvad, 2004; Pietri et al., 2006; Battilani et al., 2010). Currently, the appropriate setting of environmental conditions (temperature, relative humidity and air circulation), is the only accepted tool to prevent the uncontrolled growth of P. nordicum inside dry-curing plants through a carefully structured Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP) plan (Asefa et al., 2011; Virgili et al., 2012). Even if the HACCP system has been successfully applied in the food industry, there are food safety hazards not carefully considered. This is especially true with regard to mycotoxigenic hazards associated with animal food products. The term “mycotoxigenic hazards” is used by Asefa et al. (2011) to describe pathogenic yeasts and toxic secondary metabolites of toxigenic moulds that contaminate food products and affect food safety. Most HACCP plans in food processing activities, such as the production of cheese and dry-cured meat products, considered mainly bacterial agents (Arvanitoyannis and Mavropoulos, 2000; Barbuti and Parolari, 2002), even if such food products get often contaminated with mycotoxigenic fungi and their metabolites (Spotti et al 1989; Spotti et al., 2001a; Battilani et al 2007). Therefore, it should be crucial to define a HACCP plan specifically focused on the mycotoxigenic hazards. The identification, control and standardization of the surface mycoflora of cured meat products is mandatory to preserve the productions safety and the consumers health. This is the context of the effectiveness and reliability evaluation for the Penicillium spp. identification methods of interesting species for food production. In this context, the research project of this PHD thesis tried to fill some gaps of knowledge with the attempt to limit the mycotoxigenic risk in the cured meat products chain. The following topics were faced: 1. study of the composition and dynamic of fungal microflora present on the surface of cured meat products (salami) and the air of seasoning environments taking into account the influence of some process parameters (starter inoculum, curing temperature, stage of seasoning). 2. development of a MALDI TOF MS method for the identification of Penicilium at species level for future direct screening perspectives of the microflora present on cured meat products. 3. comparison and integration of different techniques, as morphological, molecular and mass spectral analysis, for the identification of Penicillium species in cured meat products. 4. evaluation of selected yeasts, isolated from dry-cured ham surface, to compete with P. nordicum and to inhibit OTA accumulation in the perspective of their use as surface starter biocontrol agents.
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MASSELLI, MARIKA. "Neoplasie della linea B emopoietica: inquadramento molecolare e identificazione di approcci terapeutici volti al superamento della chemioresistenza." Doctoral thesis, 2009. http://hdl.handle.net/2158/599045.

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LANFRANCOTTI, Alessandra. "Identificazione e caratterizzazione di geni espressi nelle ghiandole salivari di Anopheles gambiae, il principale vettore di malaria in Africa sub-Sahariana." Doctoral thesis, 2002. http://hdl.handle.net/11573/454923.

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PELULLO, MARIA. "Interazione in cis di notch3 e jagged1: identificazione di un nuovo meccanismo molecolare coinvolto nella progressione della leucemia linfoblastica acuta a cellule T." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11573/917715.

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Abstract:
La via di segnalazione dei recettori di membrana appartenenti alla famiglia Notch è estremamente conservata dagli Invertebrati ai Vertebrati e regola numerosi eventi quali proliferazione, sopravvivenza, differenziamento e morte cellulare (Artavanis-Tsakonas 1999; Bray S.J., 2006; Miele I., 2006). Il modello classico di attivazione della via di segnalazione di Notch prevede il legame tra i recettori Notch, espressi sulle cellule riceventi il segnale, e i loro specifici ligandi DSL espressi sulla superficie delle cellule segnalanti adiacenti. La specifica interazione recettore/ligando determina cambiamenti conformazionali nella struttura delle proteine Notch, che le rendono suscettibili ad un processamento proteolitico mediato prima dalla famiglia delle metalloproteasi ADAM e successivamente dal complesso delle PS/γ-secretasi (Kopan R., 1998; Brou C., 2000; Jarriault S., 1995). Tali eventi sono necessari per attivare il recettore Notch, espresso nella cellula ricevente, e liberare un frammento intracitoplasmatico solubile Notch-IC, in grado di traslocare nel nucleo e di influenzare la regolazione trascrizionale di numerosi geni bersaglio tra cui i membri della famiglia hairy and enhancer of split (Hes) e pTα (Bellavia D. 2000). Le proteine transmembrana DSL (Delta1-3-4, Jagged1-2) sono state identificate come i principali ligandi dei recettori Notch espressi sulle cellule adiacenti. Solo di recente è stato dimostrato che similmente ai recettori Notch anche il ligando Jagged1 è un substrato dell’azione proteolitica mediata dalla metalloproteasi ADAM17/TACE. Il risultato di questo taglio proteolitico è il rilascio di un frammento extracellulare solubile (shedding) e la formazione di un frammento ancorato alla membrana (Jag1 TMIC), corrispondente al dominio C-terminale. Il frammento Jag1 TMIC è oggetto di un secondo taglio proteolitico mediato dal complesso delle PS/γ-secretasi, liberando così un frammento solubile intracitoplasmatico Jag1ICD, in grado di traslocare nel nucleo (LaVoie M.J. 2003). Recentemente è stata ipotizzata l’esistenza di una via di segnalazione bidirezionale che coinvolge non solo la cellula esprimente il recettore, ma anche la cellula esprimente il ligando. Dati di letteratura suggeriscono, infatti, che Jagged1 è in grado di innescare una via di segnalazione intrinseca per mezzo del suo dominio solubile intracellulare Jag1ICD, liberato successivamente all’azione del complesso delle PS/γ-secretasi, che è in grado di controllare l’espressione trascrizionale di Notch3 e dello stesso ligando, in cellule over-esprimenti Jagged1. Inoltre, è stato suggerito che la presenza costitutiva del dominio intracitoplasmatico di Jagged1, contenente un dominio PDZ-ligand, è fortemente associata a processi di trasformazione neoplastica in cellule esprimenti il ligando Jagged1 (Ascano J.M. 2003). Recentemente evidenze sperimentali dimostrano che l’alterata espressione dei ligandi DSL, in particolar modo Jagged1 e Delta1, correla strettamente con la comparsa di tumori solidi. In particolare, è stato mostrato che un’ espressione deregolata del ligando Jagged1, nonché la specifica interazione Jagged1/Notch è strettamente associata con l’insorgenza di tumori solidi dell’ovaio (Jung-Hye Choi et al., 2008) e del colon (Gao J., 2010). Nel nostro laboratorio, è stato precedentemente osservato che l’attivazione costitutiva del “signaling” di Notch3 determina l’insorgenza di una forma di leucemia linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL) mediante la realizzazione del modello animale transgenico lck-Notch3-IC. La leucemia a cellule T che si sviluppa nel topo Notch3-IC transgenico ricorda come decorso clinico la leucemia T-ALL umana, caratteristica dell’età pediatrica (Bellavia D., 2000). Inoltre, è stato dimostrato che la forzata attivazione della via di segnalazione del recettore Notch3 determina una persistente espressione della catena invariante pTα del preTCR, sia nei timociti sia nelle cellule T periferiche, infatti, la mancata regolazione del gene pTα sembra essere direttamente coinvolta nell’insorgenza della leucemia T-ALL indotta da Notch3. A questo proposito, la realizzazione di topi doppi mutanti Notch3IC TG/ pTα -/- ha permesso di dimostrare che la combinata espressione di Notch3 e pTα è necessaria per l’insorgenza della T-ALL (Bellavia D., 2002). In questa tesi si dimostra che esiste una specifica ed unica relazione tra il recettore Notch3 e il suo specifico ligando Jagged1 nella progressione della leucemia linfoblastica acuta a cellula T, caratterizzata da un’attivazione persistente del dominio intracellulare di Notch3-IC. Abbiamo osservato, infatti, sia in vitro che in vivo, che cellule T linfomatose caratterizzate dall’attivazione costitutiva di Notch3-IC co-esprimono all’interno della stessa cellula oltre al recettore Notch3 full- lenght anche il ligando specifico Jagged1 (cis-espressione). Tale cis-espressione è il risultato della forzata attivazione del signalling di Notch3, che per la prima volta in questa tesi è stato dimostrato essere in grado di attivare direttamente il promotore del ligando Jagged1 e regolarne la sua trascrizione. Inoltre, è stata dimostrata, in cellule di leucemia/linfoma a cellule T rappresentate da una linea cellulare immortalizzata derivante dai timociti di topo trasgenico Notch3-IC, N3-232T, l’esistenza di un costitutivo processamento del ligando Jagged1, identificabile nei frammenti rilasciati a valle dei tagli proteolitici mediati dalla metalloproteasi ADAM17/TACE e dal complesso delle PS/γ-secretasi: Jagged1 ECD e Jagged1ICD. E’ interessante notare che per la prima volta è stato osservato che tali eventi che sostengono il processamento di Jagged1 sono dipendenti dalla presenza di microdomini lipidici di membrana (raft). In aggiunta, l’osservazione dell’espressione contestuale di ligando e recettore all’interno delle stesse cellule e della loro costitutiva attivazione ci ha indotti ad ipotizzare e dimostrare l’esistenza di un’interazione specifica tra Notch3 e Jagged1 “in cis”. Si è quindi definito il ruolo funzionale di questa cis-interazione ed è stato identificato il meccanismo molecolare in grado di sostenere una più rapida progressione del processo di leuchemogenesi indotto da Notch3. In questa tesi abbiamo messo in evidenza che l’espressione del ligando Jagged1 in cis con il recettore Notch3 svolge un ruolo significativo nel potenziare la via di trasduzione indotta in maniera specifica da Notch3, poiché da un lato è in grado di sostenere e aumentare l’attivazione di specifici bersagli di Notch3, quali pTα, prendendo parte al complesso trascrizionale composto da RBP-Jk, MAML1 e Notch3-IC, e dall’altro lato è in grado di potenziare l’attivazione trascrizionale dello stesso ligando Jagged1. Inoltre, in questa tesi si dimostra in vivo che il frammento solubile Jagged1ECD, risultante dal clivaggio costitutivo del ligando, è in grado di determinare l’attivazione della via di segnalazione del recettore Notch3 espresso sulle cellule adiacenti (effetto paracrino). L’insieme di questi dati supporta l’esistenza di un loop autocrino e pacrino associato al ligando Jagged1 in grado di interferire con la via di segnalazione del recettore Notch3 e di determinare la progressione della leucemia linfoblastica acuta a cellule T indotta da Notch3.
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MARI, ELEONORA. "Investigation on microbiota of extra virgin olive oil extraction process." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1035111.

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Abstract:
Lo scopo del lavoro è stato quello di indagare sul microbiota presente nel processo di estrazione dell’olio extra vergine di oliva e, in particolare, studiare l’impatto della popolazione di lievito sulla qualità dell’olio. Le popolazioni di lievito presenti nel processo di estrazione dell’olio extra vergine di oliva sono risultate numericamente significative. La concentrazione dei lieviti è risultata positivamente o negativamente correlata con alcune componenti aromatiche degli oli ottenuti. Sono state poi identificate diciotto specie di lievito attraverso il sequenziamento dei geni dell’ rRNA e/o attraverso l’analisi dei profili di restrizione della regione ITS. Inoltre è stata messa a punto una metodica molecolare rapida e riproducibile per l’identificazione delle specie di lievito presenti nel processo. Per testare le capacità enzimatiche dei lieviti isolati dal processo ed il loro impatto sulla qualità dell’olio durante la conservazione, i lieviti isolati sono stati testati per l’attività β-glucosidasica, cellulasica, poligalacturonasica, perossidasica e lipasica. Infine, per dimostrare l’influenza sulla qualità dell’olio, tre ceppi di lievito con attività enzimatiche diverse, e potenzialmente in grado di modificare chimicamente l’olio, sono stati inoculati separatamente in paste frante e olio filtrato. I risultati di questa sperimentazione hanno dimostrato come i lieviti siano in grado di incidere negativamente sulla composizione chimica dell’olio confermando quanto osservato nei processi reali. La presenza di diverse specie di lievito suggerisce un fenomeno di contaminazione dell’impianto di estrazione dell’olio che porta a selezionare alcune specie di lievito piuttosto che altre. Gran parte di questi lieviti, in base alle loro attività enzimatiche, possono incidere positivamente, ma soprattutto negativamente sulla qualità dell’olio. The aim of this work was to investigate the microbiota occurring in extra virgin olive oil extraction process and, in particular the impact of the yeast population on the olive oil quality. The yeast populations occurring in extra virgin olive oil extraction process demonstrated to be numerically significant. The yeast concentrations were positively or negatively related to some aromatic compounds of oil. Eighteen dominant yeast species were identified sequencing rRNA genes and/or their flanking ITS regions and a reproducible and rapid molecular method for differentiating the yeast species of the oleic ecosystem was also provided. To assess the enzymatic capabilities of oil-born yeasts and their impact on olive oil quality during its storage, yeast isolates were assayed for β-glucosidase, cellulase, polygalacturonase, peroxidase and lipase activities. Finally, three strains belonging to three different yeast species, with different enzymatic activities, were separately inoculated in crushed pastes and filtered olive oil to investigate their influence on the oil quality. The results demonstrated that oil-born yeasts may negatively affect the chemical composition of olive oil confirming the results obtained with real extraction processes. The occurrence of the various yeast species in olive oil extraction process suggest a phenomenon of contamination of the plant for oil extraction that selects some yeast species at the expense of others. Most of these yeasts have enzymatic activities that can change both positively but mostly negatively the quality of the oil.
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SALERNO, Barbara. "IDENTIFICAZIONE E UTILIZZAZIONE DI MARCATORI MOLECOLARI NELLA SISTEMATICA DEI FITOSEIDI (PARASITIFORMES, PHYTOSEIIDAE)." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/10447/94670.

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BRUGNOLETTI, FULVIA. "Identificazione di nuovi marcatori molecolari nelle LAL mediante l'integrazione del profilo di espressione genica e dello stato mutazionale dei nuovi geni." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11573/917996.

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MARIESCHI, Matteo. "Identificazione di possibili sofisticazioni in preparati commerciali di origano Mediterraneo ed analisi genetica di Origanum spp. mediante marcatori molecolari genomici: Random Amplified Polymorphic DNA (RAPD) e Sequence Characterized Amplified Region (SCAR)." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11381/2306929.

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