Academic literature on the topic 'Identificazione molecolare'

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Journal articles on the topic "Identificazione molecolare"

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Pollegioni, P., S. Bartoli, ME Malvolti, S. Mapelli, A. Bertani, and F. Cannata. "Identification of Italian ecotypes ofJuglans regiaL. by molecular, morphological and biochemical markers." Forest@ - Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale 3, no. 4 (December 18, 2006): 598–609. http://dx.doi.org/10.3832/efor0408-0030598.

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2

Perandin, F., G. Pinsi, C. Signorini, M. Gelmi, G. Ravizzola, and N. Manca. "IMPIEGO DI UN METODO DI BIOLOGIA MOLECOLARE PER IDENTIFICAZIONE DIRETTA DI Mycobacterium spp." Microbiologia Medica 20, no. 3 (September 30, 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2005.3488.

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3

Concato, C., E. Fiscarelli, V. Lucidi, and D. Menichella. "IDENTIFICAZIONE MOLECOLARE DI BATTERI GRAM-NEGATIVI NON FERMENTANTI IN SOGGETTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA." Microbiologia Medica 20, no. 3 (September 30, 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2005.3459.

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Casolari, C., M. Pecorari, A. M. Cesinaro, G. Fabio, G. Tamassia, A. T. Sabbatini, G. Guaraldi, et al. "IDENTIFICAZIONE MOLECOLARE DI LEISHMANIA INFANTUM A CONFERMA DI UN RARO CASO AUTOCTONO DI LEISHMANIOSI LARINGEA." Microbiologia Medica 19, no. 2 (June 30, 2004). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2004.3956.

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5

Bernaschi, P., C. Manfredini, B. Lucignano, S. Ranno, L. Mancinelli, C. Russo, and D. Menichella. "IDENTIFICAZIONE MOLECOLARE RAPIDA DI BATTERI E DI GENI DI RESISTENZA DA FLACONI EMOCOLTURALI: ESPERIENZA PEDIATRICA." Microbiologia Medica 22, no. 3 (September 30, 2007). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2007.2884.

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6

Miotto, P., F. Piana, G. B. Migliori, V. Penati, C. Lacchini, and D. Cirillo. "IDENTIFICAZIONE MOLECOLARE DI MUTAZIONI CONFERENTI RIFAMPICINA E ISONIAZIDE RESISTENZA IN M. tuberculosis IN CAMPIONI CLINICI DIRETTI." Microbiologia Medica 21, no. 3 (September 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2006.3371.

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7

Cultrera, R., M. Giuliodori, D. Granchi, S. Seraceni, and C. Contini. "IDENTIFICAZIONE E QUANTIFICAZIONE MOLECOLARE DI UREAPLASMA SPP. SU SECREZIONI RESPIRATORIE DI NEONATI PREMATURI CON RDS. RISULTATI PRELIMINARI." Microbiologia Medica 20, no. 3 (September 30, 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2005.3510.

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8

Bruno, C., G. Maiorano, P. De Corato, A. V. S. Ferretti, C. Pecoraro, and R. Smeraglia. "IDENTIFICAZIONE MOLECOLARE DI PARVOVIRUS B19 IN UN RARO CASO DI “TINU SYNDROME” SIMULANTE UN LES IN UN PAZIENTE IN ETA’ PEDIATRICA." Microbiologia Medica 20, no. 3 (September 30, 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2005.3617.

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9

Miotto, Paolo, Federica Piana, Valeria Penati, Luigi Ruffo Codecasa, and Daniela Maria Cirillo. "Identificazione molecolare di mutazioni conferenti resistenza a rifampicina ed isoniazide in M. tuberculosis in campioni clinici diretti mediante Genotype MTBDR (Hain Lifescience)." Microbiologia Medica 22, no. 4 (December 31, 2007). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2007.2604.

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Dissertations / Theses on the topic "Identificazione molecolare"

1

Scuderi, Maria Cristina. "Identificazione molecolare di lattobacilli umani ed epidemiologia delle resistenze." Thesis, Universita' degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/306.

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Abstract:
Quarantacinque ceppi di lattobacilli umani sono stati identificati mediante tecniche molecolari (16S rDNA PCR-RFLP; multiplex PCR 16S-ITS-23S rDNA e regione fiancheggiante la 23S rDNA, multiplex PCR sul gene tuf). Le attivita' in vitro verso differenti classi antibiotiche (beta-lattamici, macrolidi, lincosammidi, fluorochinoloni, glicopeptidi e aminoglicosidi) sono state determinate mediante test di microdiluizione in terreno liquido e diffusione in terreno solido. E' stato effettuato lo studio genotipico della resistenza ai chinoloni mediante amplificazione e sequenziamento delle QRDR (Quinolone Resistance Determining Region) dei geni gyrA e parC, codificanti rispettivamente la DNA girasi e la topoisomerasi IV.
45 Lactobacillus strains isolated from human were identified by molecular tecniques (16S rDNA PCR-RFLP; multiplex PCR 16S-ITS-23S rDNA and its flancking region; multiplex PCR tuf gene ). In vitro activities were tested by broth microdiluition and agar diffusion against different antimicrobial classes (beta-lactams, macrolides, lincosamides, fluoroquinolones, glycopeptides and aminoglycosides).Genotypic study was performed to investigate quinolone resitance by PCR and sequencing QRDR (Quinolone Resistance Determining Region) of gyrA and parC genes.
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STEFFAN, DAVIDE. "IDENTIFICAZIONE DI UN NUOVO GENE DIPENDENTE DA TFEB ED ESERCIZIO FISICO." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3453864.

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Abstract:
Vivere come un mammifero sedentario, ma con una maggiore aspettativa di vita, rappresenta una delle sfide evolutive più impegnative per la nostra specie. Malattie croniche come l'obesità e il diabete di tipo 2 sono spesso conseguenza di tale condizione. Tuttavia, riadottare uno stile di vita “più attivo” può ripristinare una condizione di vita più sana. Sebbene i benefici dati da una regolare attività fisica siano noti da tempo, i meccanismi molecolari che li coordinano sono ancora oggetto di dibattito. Il fattore di trascrizione EB (TFEB) svolge un ruolo centrale nella regolazione del metabolismo del muscolo scheletrico coordinando l’assorbimento di nutrienti alla produzione di energia durante l’attività fisica. Tali risultati supportano l’attività di TFEB come un tassello fondamentale per la mediazione degli effetti benefici dell’esercizio fisico (Mansueto et al. 2017). Per queste ragioni, l’esistenza di geni dipendenti sia da TFEB che dall’esercizio fisico, è un’ipotesi più che plausibile, in particolare, tra questi, ci siamo focalizzati sull’eventuale presenza di geni non ancora caratterizzati dal punto di vista molecolare (RIKEN). Innanzitutto, abbiamo incrociato i dati provenienti da un microarray ottenuto da muscoli che over esprimono TFEB (GSE62975) con i profili di espressione genica muscolare di topi sottoposti ad un allenamento fisico (corsa) per 4 settimane (GSE54276). Da questo confronto abbiamo indentificato un'unica RIKEN up regolata in entrambe le condizioni e l’abbiamo denominata Exe-RIKEN. L’esplorazione di questo gene è cominciata sfruttando dei tool bioinformatici i quali mostrano che Exe-RIKEN mappa nel cromosoma 19 e codifica un trascritto di 1165 paia di basi; l'mRNA è trascritto da due esoni che putativamente contengono un piccolo ORF di 124 amminoacidi. La sequenza amminoacidica e nucleotidica di Exe-RIKEN ha un grado di omologia di circa il 70% tra uomo e topo. Il fatto che Exe-RIKEN possieda un gene omologo nei marsupiali, ma non nei monotremi, ne suggerisce una recente origine evolutiva. Sfruttando esperimenti di over espressione, abbiamo dimostrato per la prima volta che Exe-RIKEN è un gene codificante una proteina sia in vitro che in vivo. La presenza dell’mRNA di Exe-RIKEN nel muscolo scheletrico è stata confermata tramite RT-qPCR, suggerendo che l’espressione di Exe-RIKEN possa dipendere dal tipo di fibra. Esperimenti in vivo su modelli fisiologici e genetici di esercizio confermano che sia l’over espressione di TFEB, che la fase di recupero post esercizio, sono due condizioni in cui Exe-RIKEN è over espresso. Inoltre, la stimolazione muscolare ex vivo mostra che l’induzione della trascrizione di questo gene non dipende da fattori non muscolari. Esperimenti di RT-qPCR che sfruttano coppie di primer disegnate su diverse regioni dell'mRNA di Exe-RIKEN, indicano la presenza di almeno due varianti di trascrizione le cui differenze risiedono nella lunghezza del 3’UTR, suggerendo una possibile regolazione post-trascrizionale. Abbiamo inoltre mostrato una correlazione positiva tra area della sezione trasversale delle fibre glicolitiche e reattività dell'immunofluorescenza contro la proteina Exe-RIKEN endogena. Tuttavia, i muscoli ossidativi come il soleo presentano una localizzazione di Exe-RIKEN più nucleare. Inoltre, esperimenti di over espressione e di delezione del NES, rivelano che l'esercizio è uno stimolo in grado di indurre lo spostamento di Exe-RIKEN dal citosol al nucleo delle fibre muscolari. Esperimenti di RNAseq su cellule C2C12 che over esprimono Exe-RIKEN mostrano un’induzione di geni correlati ad immunità e infiammazione. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche dopo l’over espressione di TFEB in cellule (Irazoqui 2020). Tali risultati enfatizzano Exe-RIKEN come un nuovo fattore molecolare che può potenzialmente mediare la risposta infiammatoria adattativa in risposta all’esercizio fisico.
An increased lifespan as a sedentary mammal represents one of the strongest evolutionary challenges for humans, often resulting in whole-body metabolic maladaptation. Indeed, emerging chronic diseases, i.e., obesity, type 2 diabetes and cardiovascular complications are the major burdens of the new era that can however be prevented and cured re-establishing a “more active” lifestyle. The benefits of regular physical activity are long known even if the molecular networks that coordinate adaptive responses to exercise are still matter of debate. Recently, Transcription Factor EB (TFEB) has been shown to function as a master metabolic regulator in skeletal muscle, finely tuning fuel uptake to energy production during exercise; these findings strongly support TFEB activity as crucial for mediating the beneficial effects of exercise (Mansueto et al. 2017). Therefore, there is reason to think of the existence of TFEB and exercise dependent genes; in particular, we were interested in the identification of uncharacterized genes (RIKENs) (The RIKEN Genome Exploration Research Group Phase II Team and the FANTOM Consortium, 2001) regulated both by exercise and TFEB activity. To do this, we crossed microarray data from TFEB overexpressing muscles (GSE62975) with muscular gene expression profiles of 4 weeks-trained mice (GSE54276). From this comparison, we identified a unique commonly upregulated RIKEN, hereafter referred as “Exe-RIKEN”. Starting from this finding, my PhD project has been focused on the molecular characterization of this new understudied gene. From bioinformatic analysis, we found that Exe-RIKEN gene maps in chromosome 19 and encodes a 1165 bp transcript; the mature mRNA is transcribed from two exons displaying a small putative ORF of 124 amino acids. Exe-RIKEN is strongly conserved in placental mammals, sharing more than 70% identity between human and murine nucleotidic and amino acidic sequences; moreover, the homolog gene is found in marsupials, but not in monotremes, suggesting a recent evolutionary origin. Overexpression experiments showed for the first time that Exe-RIKEN is a real protein coding gene both in vitro and in vivo. The presence of Exe-RIKEN transcript in skeletal muscle was validated via RT-qPCR; curiously, different hind limb muscles in sedentary mice show different Exe-RIKEN transcript levels, suggesting a possible Exe-RIKEN expression fiber type specificity. In vivo experiments on physiological and genetic exercise models allowed to confirm skeletal muscle Exe-RIKEN transcription up regulation in response to TFEB overexpression and during exercise recovery phase. Interestingly, ex vivo muscle stimulation showed that its transcription induction does not depend on extra muscular factors. RT-qPCR experiments with primers mapping on different Exe-RIKEN transcript regions suggest the presence of at least two transcript variants that differ on the 3’UTR length in skeletal muscle, highlighting a possible post transcriptional mRNA regulation. Immunofluorescence staining against the endogenous Exe-RIKEN showed that it differentially localizes in muscle fiber types, with a positive correlation between cross sectional area and immunostaining reactivity in glycolytic fibers; conversely, oxidative muscles such as soleus did not present cytoplasmic but a more nuclear Exe-RIKEN localization. In addition, overexpression and NES deletion experiments reveal that exercise is an Exe-RIKEN cytosol-to-nucleus shuttling stimulus in skeletal muscle. RNAseq on overexpressing Exe-RIKEN C2C12 shows an induction of genes belonging to the Gene Ontology terms relative to immunity and inflammation; intriguingly, similar results are obtained also after TFEB overexpression in cells (Irazoqui 2020). Altogether, these findings support Exe-RIKEN as a novel and compelling molecular player potentially mediating the adaptive inflammatory response to physical training in skeletal muscle.
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VISCHIONI, CHIARA. "Identificazione dei Meccanismi Molecolari associati alla Longevità e alla Resistenza al Cancro nei Mammiferi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. https://hdl.handle.net/11577/3461382.

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Abstract:
Il cancro è una malattia che evolve seguendo le regole della selezione naturale, nata con lo sviluppo della multicellularità, e intrinsecamente causata da mutazioni che si verificano sia a livello somatico che ereditate attraverso la linea germinale. Eppure, aldilà di questa semplice definizione accademica, dietro lo sviluppo delle malattie oncologiche, si cela un mondo molto più ampio, per la maggior parte ancora sconosciuto. Alcuni autori sostengono che il cancro non sia solo una malattia, ma che rappresenti una forza evolutiva in grado di modellare selettivamente l’adattamento di una specie. Sorprendentemente, a livello filogenetico, la suscettibilità al cancro varia notevolmente. Infatti, è noto che all'interno della stessa specie le dimensioni del corpo e la durata della vita siano fortemente correlate alla probabilità di sviluppare un tumore, mentre, tra specie diverse, questa associazione scompare, lasciando il posto a quello che viene definito come il paradosso di Peto: teoricamente, poiché ogni cellula del corpo ha la stessa probabilità di diventare cancerosa, le specie dotate di una massa maggiore e quelle più longeve dovrebbero proporzionalmente avere un rischio maggiore di tumorigenesi. Tuttavia, Peto ci insegna che alcune di esse hanno evoluto strategie di soppressione in grado di coesistere con la loro grande dimensione e l’elevata longevità. In questo contesto, l'oncologia e la genomica comparativa sono gli unici strumenti in grado di rispondere a quelle domande sul perché, nonostante i loro vincoli fenotipici come dimensioni ed elevata longevità, alcune specie siano più resistenti al cancro rispetto ad altre. Nel corso del tempo, le cellule acquisiscono e accumulano mutazioni che, in alcuni casi, possono portare allo sviluppo di tumore. Capire in che modo la Natura abbia risolto il problema della soppressione del cancro durante l'evoluzione, potrebbe quindi essere tradotto in strategie di prevenzione nell’ambito della ricerca umana e veterinaria. Ad oggi, tra i meccanismi proposti per la risoluzione del paradosso di Peto si trovano la riduzione del numero di copie degli oncogeni o, al contrario, l'aumento del numero di geni soppressori. In particolare, le Copy Number Variations (CNVs), sono regioni di DNA delete e/o duplicate all'interno del genoma, e portano ad una variazione fenotipica, causando, in alcuni casi, malattia. Pertanto, indagare la composizione in copy number nel genoma di animali longevi e/o di taglia grande, ma che mostrano un basso tasso di incidenza di neoplasia, potrebbe far luce su nuovi target molecolari legati all'invecchiamento ad oggi ancora sconosciuti. In particolare, il Capitolo II descrive VarNuCopy, il database che ho sviluppato durante il corso del mio dottorato, e che raccoglie e confronta le CNVs del genoma di 233 organismi (mammiferi e non), correlando, per un sottoinsieme selezionato, il numero di copie con alcuni tratti fenotipici della specie. Il Capitolo III, sfruttando i dati di VarNuCopy, riporta per la prima volta la famiglia dei microRNA come un nuovo target molecolare in grado di discriminare per la predisposizione al cancro di una specie. Infine, il Capitolo IV spiega come e perché il lievito unicellulare S. cerevisiae possa essere considerato un modello chiave nello studio dei processi di invecchiamento e del cancro, riportando anche la mia esperienza di ricerca personale svolta durante i nove mesi trascorsi all'estero.
Cancer is a rooted evolutionarily disease, born with the development of the multicellularity, and inherently caused by mutations occurring at somatic level or inherited through the germline. Yet, there is a whole world behind this simple academic definition. Some authors argue that it is not just a disease, but it rather represents a force able to drive the biological systems, acting itself as evolutionary mechanism able to selectively shape the adaptation of a species. Surprisingly, at phylogenetic level, susceptibility to cancer greatly varies from one species to another. Indeed, it is known that within the same species body size and lifespan are strongly correlated with the probability of developing cancer, whereas, across different ones, this association disappears, being replaced by what it is recognized as Peto's Paradox biological dilemma: theoretically, over time, cells acquire and accumulate mutations that, in some cases, can lead to the development of a tumorigenic event. Since every cell in the body has the same potential to become cancerous, larger and longer-living species should proportionally have a higher risk of cancer. However, Peto teaches us that some of them have evolved cancer suppression strategies able to parallelly coexist alongside their grater size and longevity. In this framework, oncology and comparative genomics are the only tools able to answer those question wondering why some species are more resistant to cancer compared to others, despite their phenotypic constraints such as size and high longevity. Understanding how Nature has solved the problem of cancer suppression during evolution could, therefore, be translated into cancer prevention strategies for human and veterinary research. To date, mechanisms proposed for the resolution of Peto's paradox include the reduction in the number of oncogenes copies, or, conversely, the increase in the number of suppressor genes. In particular, Copy Number Variations (CNVs), are regions of DNA found deleted and/or duplicated within the genome, which may reflect a phenotypic variation, causing, in some cases, disease. Therefore, investigating the copy number composition of genes in the genome of long-living and/or big size animals showing a low cancer rate could shed light on new molecular targets related to ageing and cancer-resistance that are still unknown. Specifically, Chapter II describes VarNuCopy, the first online tool that I developed during the course of my Ph.D, that collects and compares CNVs from the genome of 233 organisms (mammalian and non- mammalian), correlating, for a selected subset, the copy number with some phenotypic traits of the species. Chapter III, exploiting VarNuCopy data, identifies for the first time the microRNAs family as a new biomarker able to discriminate the cancer predisposition of a species. Finally, Chapter IV explains how and why the single-cell organism S. cerevisiae can be considered as a key model in the study of ageing processes and cancer-related pathways, reporting also my personal research experience carried out during the nine months of my Ph.D spent abroad.
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VISCHIONI, CHIARA. "Identificazione dei Meccanismi Molecolari associati alla Longevità e alla Resistenza al Cancro nei Mammiferi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. https://hdl.handle.net/11577/3461383.

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Abstract:
Il cancro è una malattia che evolve seguendo le regole della selezione naturale, nata con lo sviluppo della multicellularità, e intrinsecamente causata da mutazioni che si verificano sia a livello somatico che ereditate attraverso la linea germinale. Eppure, aldilà di questa semplice definizione accademica, dietro lo sviluppo delle malattie oncologiche, si cela un mondo molto più ampio, per la maggior parte ancora sconosciuto. Alcuni autori sostengono che il cancro non sia solo una malattia, ma che rappresenti una forza evolutiva in grado di modellare selettivamente l’adattamento di una specie. Sorprendentemente, a livello filogenetico, la suscettibilità al cancro varia notevolmente. Infatti, è noto che all'interno della stessa specie le dimensioni del corpo e la durata della vita siano fortemente correlate alla probabilità di sviluppare un tumore, mentre, tra specie diverse, questa associazione scompare, lasciando il posto a quello che viene definito come il paradosso di Peto: teoricamente, poiché ogni cellula del corpo ha la stessa probabilità di diventare cancerosa, le specie dotate di una massa maggiore e quelle più longeve dovrebbero proporzionalmente avere un rischio maggiore di tumorigenesi. Tuttavia, Peto ci insegna che alcune di esse hanno evoluto strategie di soppressione in grado di coesistere con la loro grande dimensione e l’elevata longevità. In questo contesto, l'oncologia e la genomica comparativa sono gli unici strumenti in grado di rispondere a quelle domande sul perché, nonostante i loro vincoli fenotipici come dimensioni ed elevata longevità, alcune specie siano più resistenti al cancro rispetto ad altre. Nel corso del tempo, le cellule acquisiscono e accumulano mutazioni che, in alcuni casi, possono portare allo sviluppo di tumore. Capire in che modo la Natura abbia risolto il problema della soppressione del cancro durante l'evoluzione, potrebbe quindi essere tradotto in strategie di prevenzione nell’ambito della ricerca umana e veterinaria. Ad oggi, tra i meccanismi proposti per la risoluzione del paradosso di Peto si trovano la riduzione del numero di copie degli oncogeni o, al contrario, l'aumento del numero di geni soppressori. In particolare, le Copy Number Variations (CNVs), sono regioni di DNA delete e/o duplicate all'interno del genoma, e portano ad una variazione fenotipica, causando, in alcuni casi, malattia. Pertanto, indagare la composizione in copy number nel genoma di animali longevi e/o di taglia grande, ma che mostrano un basso tasso di incidenza di neoplasia, potrebbe far luce su nuovi target molecolari legati all'invecchiamento ad oggi ancora sconosciuti. In particolare, il Capitolo II descrive VarNuCopy, il database che ho sviluppato durante il corso del mio dottorato, e che raccoglie e confronta le CNVs del genoma di 233 organismi (mammiferi e non), correlando, per un sottoinsieme selezionato, il numero di copie con alcuni tratti fenotipici della specie. Il Capitolo III, sfruttando i dati di VarNuCopy, riporta per la prima volta la famiglia dei microRNA come un nuovo target molecolare in grado di discriminare per la predisposizione al cancro di una specie. Infine, il Capitolo IV spiega come e perché il lievito unicellulare S. cerevisiae possa essere considerato un modello chiave nello studio dei processi di invecchiamento e del cancro, riportando anche la mia esperienza di ricerca personale svolta durante i nove mesi trascorsi all'estero.
Cancer is a rooted evolutionarily disease, born with the development of the multicellularity, and inherently caused by mutations occurring at somatic level or inherited through the germline. Yet, there is a whole world behind this simple academic definition. Some authors argue that it is not just a disease, but it rather represents a force able to drive the biological systems, acting itself as evolutionary mechanism able to selectively shape the adaptation of a species. Surprisingly, at phylogenetic level, susceptibility to cancer greatly varies from one species to another. Indeed, it is known that within the same species body size and lifespan are strongly correlated with the probability of developing cancer, whereas, across different ones, this association disappears, being replaced by what it is recognized as Peto's Paradox biological dilemma: theoretically, over time, cells acquire and accumulate mutations that, in some cases, can lead to the development of a tumorigenic event. Since every cell in the body has the same potential to become cancerous, larger and longer-living species should proportionally have a higher risk of cancer. However, Peto teaches us that some of them have evolved cancer suppression strategies able to parallelly coexist alongside their grater size and longevity. In this framework, oncology and comparative genomics are the only tools able to answer those question wondering why some species are more resistant to cancer compared to others, despite their phenotypic constraints such as size and high longevity. Understanding how Nature has solved the problem of cancer suppression during evolution could, therefore, be translated into cancer prevention strategies for human and veterinary research. To date, mechanisms proposed for the resolution of Peto's paradox include the reduction in the number of oncogenes copies, or, conversely, the increase in the number of suppressor genes. In particular, Copy Number Variations (CNVs), are regions of DNA found deleted and/or duplicated within the genome, which may reflect a phenotypic variation, causing, in some cases, disease. Therefore, investigating the copy number composition of genes in the genome of long-living and/or big size animals showing a low cancer rate could shed light on new molecular targets related to ageing and cancer-resistance that are still unknown. Specifically, Chapter II describes VarNuCopy, the first online tool that I developed during the course of my Ph.D, that collects and compares CNVs from the genome of 233 organisms (mammalian and non- mammalian), correlating, for a selected subset, the copy number with some phenotypic traits of the species. Chapter III, exploiting VarNuCopy data, identifies for the first time the microRNAs family as a new biomarker able to discriminate the cancer predisposition of a species. Finally, Chapter IV explains how and why the single-cell organism S. cerevisiae can be considered as a key model in the study of ageing processes and cancer-related pathways, reporting also my personal research experience carried out during the nine months of my Ph.D spent abroad.
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Morganti, Stefano. "Identificazione dell'enzima Nicotinamide N-Metiltrasferasi quale marker molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2014. http://hdl.handle.net/11566/242767.

Full text
Abstract:
Il carcinoma polmonare rappresenta la neoplasia più diffusa a livello mondiale e la principale causa di morte per cancro. L’aumento del tasso di sopravvivenza dei pazienti affetti da tale patologia è affidato ai progressi compiuti in campo chirurgico e terapeutico, nonché all’identificazione di nuovi marcatori per una diagnosi precoce. Oggetto del presente lavoro di ricerca è l’enzima nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT). I livelli di espressione dell’NNMT sono stati valutati nel tessuto polmonare tumorale e nel tessuto peritumorale prossimo e lontano, rispetto al margine della neoplasia, di 36 pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) mediante Real-Time PCR, Western blot, analisi immunoistochimica e saggio di attività catalitica. Allo scopo di esplorare il coinvolgimento dell’NNMT nel metabolismo della cellula tumorale, è stato effettuato il silenziamento dell’NNMT mediante l’impiego di plasmidi codificanti shRNA ed è stato valutato l’effetto di tale downregolazione sulla proliferazione cellulare e sul potenziale tumorigenico della linea cellulare di carcinoma polmonare A549. I risultati ottenuti evidenziano un aumento dell’espressione dell’NNMT (mRNA e proteina) nel tessuto tumorale rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dal margine della neoplasia. Inoltre, il tessuto tumorale mostra livelli di attività specifica significativamente più elevati rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dalla neoplasia. In particolare, il tessuto polmonare peritumorale, sia prossimo che lontano dal margine della neoplasia dei casi sfavorevoli (N+), mostra livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica più elevati rispetto a quelli rilevabili a carico degli stessi tessuti relativi ai casi favorevoli (N0), suggerendo che a livello molecolare il tessuto peritumorale dei casi sfavorevoli (N+) si trova in una fase, seppur estremamente precoce, della trasformazione neoplastica. Il silenziamento dell’NNMT ha determinato una diminuzione significativa della proliferazione cellulare e della capacità di formare colonie in assenza di adesione al substrato. I dati riportati nel presente lavoro indicano che l’NNMT rappresenta un marcatore molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule e supportano l’ipotesi secondo la quale esso possa svolgere un ruolo importante nella crescita del tumore e nell’invasione neoplastica. Successivi studi saranno rivolti a chiarire se l’NNMT possa rappresentare un potenziale bersaglio di una terapia antineoplastica.
Lung cancer is the most common neoplasm worldwide and the leading cause of tumor death. Improvements in surgery and therapy, as well as the discovery of new and effective markers for an early diagnosis, are necessary to increase the overall survival rate. This study is focused on the enzyme nicotinamide N-methyltransferase (NNMT). NNMT expression levels were evaluated in tumor, tumor-adjacent and surrounding tissue samples of 36 patients with non-small cell lung carcinoma (NSCLC) by Real-Time PCR, Western blot analysis, catalytic activity assay and immunohistochemical analysis. To explore the involvement of NNMT in tumor cell metabolism, we evaluated the effect of shRNA-mediated inhibition of NNMT on cell proliferation and tumorigenic potential of A549 lung cancer cell line. Results obtained showed NNMT upregulation (mRNA and protein) in tumor compared with both tumor-adjacent and surrounding tissue. Moreover, NSCLC displayed significantly higher activity levels than those determined in both tumor-adjacent and surrounding tissue. Interestingly, both tumor-adjacent and surrounding tissue samples of unfavorable cases (N+) seem to display higher activity levels than those of favorable NSCLCs (N0), suggesting that normal-looking tissue of unfavorable cases seems to change toward cancer. NNMT downregulation significantly inhibited cell proliferation and reduced colony formation ability on soft agar. Reported data indicate that NNMT represents a molecular marker for non-small cell lung carcinoma and support the hypothesis that it could play an important role in tumor growth and invasion. Further studies may establish whether NNMT could represent a target for an effective anti-cancer therapy.
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Marino, Flora <1977&gt. "Identificazione di un profilo molecolare di rischio nei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5369/1/marino_flora_tesi.pdf.pdf.

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Abstract:
Obiettivi: nonostante i miglioramenti nel trattamento, circa il 30% dei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato recidiva o muore per progressione di malattia e i correnti metodi predittivi biologico-clinici non consentono di individuare tali pazienti. L’obiettivo dello studio è stato quello di definire un profilo molecolare di rischio che correli con l’outcome in questi pazienti. Materiali e metodi: studio retrospettico condotto su pazienti pediatrici affetti da LH omogeneamente trattati dal 2004 in poi. Su tali pazienti è stato intrapreso uno studio di validazione di marcatori molecolari già identificati in studi esplorativi precedenti. 27 geni sono stati analizzati in RT PCR su campioni di tessuto istologico prelevato alla diagnosi fissato in formalina e processato in paraffina relativi a una coorte di 37 pazienti, 12 ad outcome sfavorevole e 25 ad outcome favorevole. Risultati: dall’analisi univariata è emerso che solo l’espressione di CASP3 e CYCS, appartenenti al pathway apoptotico, è in grado di influenzare l’EFS in modo significativo nella nostra coorte di pazienti. Lo studio delle possibili combinazioni di questi geni ha mostrato l’esistenza di 3 gruppi di rischio che correlano con l’EFS: alto rischio (down regolazione di entrambi i geni), rischio intermedio (down regolazione di uno solo dei 2 geni), basso rischio (up regolazione di entrambi i geni). Dall’analisi multivariata è emerso che CASP3 è l’unica variabile che mantiene la sua indipendenza nell’influenzare la prognosi con un rischio di eventi di oltre il doppio di chi ha un’espressione bassa di questo gene. Conclusioni: i risultati ottenuti sulla nostra coorte di pazienti pediatrici affetti da LH confermano l’impatto sulla prognosi di due marcatori molecolari CASP3 e CYCS coinvolti nel patwhay apoptotico. La valutazione del profilo di espressione di tali geni, potrebbe pertanto essere utilizzata in corso di stadiazione, come criterio di predittività.
Purpose: despite improvement in the treatment of advanced Hodgkin lymphoma (HL), approximately 30% of pediatric patients relapse or die as result of the disease. Current methods to predict prognosis determined by clinical and biological parameters, fail to identify these patients accurately. The aim of this study was to define a molecular profile of risk correlates with outcome in these patients. Methods: retrospective study of pediatric patients with LH homogeneously treated from 2004 onwards. Of these patients was undertaken a validation study of molecular markers already identified in exploratory studies previously. 27 best predictor genes in HL was evaluated in RT PCR in formalin-fixed paraffin embedded diagnostic lymph-node samples obtained from 37 pediatric patients with HL, including 25 responders and 12 non responders to standard treatment and compared the expression profiles of patients with favorable and unfavourable clinical outcome. Results: univariate regression analysis revealed that only the expression of CASP3 and CYCS genes, involved in the apoptotic pathway, is able to significantly predict failure to treatment in our cohort of patients. The study of the possible combinations of these genes has shown the existence of 3 risk groups that correlate with EFS: high risk (down regulation of both genes), intermediate risk (down regulation of only one of the 2 genes), low risk (up regulation of both genes). Multivariate analysis showed that CASP3 is the only variable that maintains its independence in influencing the prognosis with a risk of events more than double in patients with low expression of this gene Conclusions: The results of our cohort of pediatric patients with HL confirm the impact on prognosis of two molecular markers CASP3 and CYCS involved in the apoptotic pathway. The evaluation of the expression profile of these genes, may therefore be used in the course of staging, as a criterion of predictivity.
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Marino, Flora <1977&gt. "Identificazione di un profilo molecolare di rischio nei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5369/.

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Abstract:
Obiettivi: nonostante i miglioramenti nel trattamento, circa il 30% dei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato recidiva o muore per progressione di malattia e i correnti metodi predittivi biologico-clinici non consentono di individuare tali pazienti. L’obiettivo dello studio è stato quello di definire un profilo molecolare di rischio che correli con l’outcome in questi pazienti. Materiali e metodi: studio retrospettico condotto su pazienti pediatrici affetti da LH omogeneamente trattati dal 2004 in poi. Su tali pazienti è stato intrapreso uno studio di validazione di marcatori molecolari già identificati in studi esplorativi precedenti. 27 geni sono stati analizzati in RT PCR su campioni di tessuto istologico prelevato alla diagnosi fissato in formalina e processato in paraffina relativi a una coorte di 37 pazienti, 12 ad outcome sfavorevole e 25 ad outcome favorevole. Risultati: dall’analisi univariata è emerso che solo l’espressione di CASP3 e CYCS, appartenenti al pathway apoptotico, è in grado di influenzare l’EFS in modo significativo nella nostra coorte di pazienti. Lo studio delle possibili combinazioni di questi geni ha mostrato l’esistenza di 3 gruppi di rischio che correlano con l’EFS: alto rischio (down regolazione di entrambi i geni), rischio intermedio (down regolazione di uno solo dei 2 geni), basso rischio (up regolazione di entrambi i geni). Dall’analisi multivariata è emerso che CASP3 è l’unica variabile che mantiene la sua indipendenza nell’influenzare la prognosi con un rischio di eventi di oltre il doppio di chi ha un’espressione bassa di questo gene. Conclusioni: i risultati ottenuti sulla nostra coorte di pazienti pediatrici affetti da LH confermano l’impatto sulla prognosi di due marcatori molecolari CASP3 e CYCS coinvolti nel patwhay apoptotico. La valutazione del profilo di espressione di tali geni, potrebbe pertanto essere utilizzata in corso di stadiazione, come criterio di predittività.
Purpose: despite improvement in the treatment of advanced Hodgkin lymphoma (HL), approximately 30% of pediatric patients relapse or die as result of the disease. Current methods to predict prognosis determined by clinical and biological parameters, fail to identify these patients accurately. The aim of this study was to define a molecular profile of risk correlates with outcome in these patients. Methods: retrospective study of pediatric patients with LH homogeneously treated from 2004 onwards. Of these patients was undertaken a validation study of molecular markers already identified in exploratory studies previously. 27 best predictor genes in HL was evaluated in RT PCR in formalin-fixed paraffin embedded diagnostic lymph-node samples obtained from 37 pediatric patients with HL, including 25 responders and 12 non responders to standard treatment and compared the expression profiles of patients with favorable and unfavourable clinical outcome. Results: univariate regression analysis revealed that only the expression of CASP3 and CYCS genes, involved in the apoptotic pathway, is able to significantly predict failure to treatment in our cohort of patients. The study of the possible combinations of these genes has shown the existence of 3 risk groups that correlate with EFS: high risk (down regulation of both genes), intermediate risk (down regulation of only one of the 2 genes), low risk (up regulation of both genes). Multivariate analysis showed that CASP3 is the only variable that maintains its independence in influencing the prognosis with a risk of events more than double in patients with low expression of this gene Conclusions: The results of our cohort of pediatric patients with HL confirm the impact on prognosis of two molecular markers CASP3 and CYCS involved in the apoptotic pathway. The evaluation of the expression profile of these genes, may therefore be used in the course of staging, as a criterion of predictivity.
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Lenzi, Monia <1977&gt. "Isotiocianati come potenziali farmaci antileucemici: identificazione in vitro ed ex vivo del profilo molecolare e cellulare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/825/1/Tesi_Lenzi_Monia.pdf.

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Abstract:
Il presente studio ha come obbiettivo lo sviluppo di composti di origine naturale come potenziali farmaci antitumorali, attraverso la definizione dei loro specifici target cellulari e molecolari su diversi modelli cellulari ad alta predittività. Gli isotiocianati, contenuti nei vegetali appartenenti alla famiglia delle Crucifereae, sono dotati di una comprovata capacità di inibire la formazione di tumori in modelli animali preventivamente trattati con cancerogeni. Questa attività è riconducibile principalmente alla modulazione degli enzimi coinvolti nell’attivazione/detossificazione di xenobiotici e ad effetti citostatici e citossici, osservati su numerose linee cellulari. Un isotiocianato particolarmente promettente è il sulforafane (SFN). La ricerca condotta durante il periodo di dottorato si è, quindi, focalizzata sull’isotiocianato SFN e in particolare sulla sua capacità di modulare specifici eventi cellulari e molecolari coinvolti nel processo di leucemogenesi. Inizialmente è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico del SFN su una linea cellulare T linfoblastoide (cellule Jurkat), con particolare attenzione agli effetti sulla proliferazione cellulare, all’induzione di apoptosi/necrosi e all’analisi di alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti negli effetti citostatici e citotossici dell’isotiocianato ( livelli proteici di p53, bax e bcl-2). Successivamente, poiché requisiti fondamentali di un antitumorale sono selettività d’azione e scarsa tossicità, è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico dell’isotiocianato SFN sulla controparte non trasformata delle cellule leucemiche T linfoblastoidi, analizzando gli stessi eventi studiati su cellule tumorali e alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti (livelli proteici di ciclina D2, ciclina D3, chinasi ciclina dipendente (CDK) 4 e CDK6 ). Il SFN si è dimostrato in grado di indurre apoptosi sulle cellule Jurkat e di inibirne la proliferazione, mediante un blocco in fase G2/M del ciclo cellulare e un incremento dei livelli di p53 e bax. Il SFN è in grado di indurre effetti citostatici e citotossici anche su linfociti T non trasformati. Tuttavia, le dosi necessarie per esibire tali effetti sono ben più elevate di quelle attive su cellule leucemiche. Una tappa importante nello sviluppo di un farmaco antitumorale è, la definizione, dove possibile, dei suoi effetti in un modello ex vivo, altamente predittivo di quella che sarà la risposta farmacologica in vivo. Sono stati quindi valutati gli effetti del SFN su colture primarie di blasti provenienti da pazienti affetti da diversi tipi di leucemia , sia mieloide che linfoblastica. Il SFN non sembra possedere alcuna attività su campioni da pazienti affetti da LLC, mentre un importante attività proapoptotica si registra nei campioni da pazienti affetti da LMA, dove l’effetto del SFN è sorprendentemente marcato anche su campioni da pazienti multiresistenti. L’attività dell’isotiocianato sui campioni da pazienti affetti da LLA è decisamente più marcata sul campione da paziente affetto da LLA a cellule B, mentre sul campione di Leucemia Acuta Bifenotipica l’effetto proapoptotico del SFN si registra dopo tempi di trattamento brevi piuttosto che dopo tempi di trattamento più lunghi. In conclusione, i risultati ottenuti evidenziano che il SFN possiede un’interessante attività antileucemica in vitro e, dato di particolare rilevanza, anche ex vivo.
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Lenzi, Monia <1977&gt. "Isotiocianati come potenziali farmaci antileucemici: identificazione in vitro ed ex vivo del profilo molecolare e cellulare." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/825/.

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Abstract:
Il presente studio ha come obbiettivo lo sviluppo di composti di origine naturale come potenziali farmaci antitumorali, attraverso la definizione dei loro specifici target cellulari e molecolari su diversi modelli cellulari ad alta predittività. Gli isotiocianati, contenuti nei vegetali appartenenti alla famiglia delle Crucifereae, sono dotati di una comprovata capacità di inibire la formazione di tumori in modelli animali preventivamente trattati con cancerogeni. Questa attività è riconducibile principalmente alla modulazione degli enzimi coinvolti nell’attivazione/detossificazione di xenobiotici e ad effetti citostatici e citossici, osservati su numerose linee cellulari. Un isotiocianato particolarmente promettente è il sulforafane (SFN). La ricerca condotta durante il periodo di dottorato si è, quindi, focalizzata sull’isotiocianato SFN e in particolare sulla sua capacità di modulare specifici eventi cellulari e molecolari coinvolti nel processo di leucemogenesi. Inizialmente è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico del SFN su una linea cellulare T linfoblastoide (cellule Jurkat), con particolare attenzione agli effetti sulla proliferazione cellulare, all’induzione di apoptosi/necrosi e all’analisi di alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti negli effetti citostatici e citotossici dell’isotiocianato ( livelli proteici di p53, bax e bcl-2). Successivamente, poiché requisiti fondamentali di un antitumorale sono selettività d’azione e scarsa tossicità, è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico dell’isotiocianato SFN sulla controparte non trasformata delle cellule leucemiche T linfoblastoidi, analizzando gli stessi eventi studiati su cellule tumorali e alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti (livelli proteici di ciclina D2, ciclina D3, chinasi ciclina dipendente (CDK) 4 e CDK6 ). Il SFN si è dimostrato in grado di indurre apoptosi sulle cellule Jurkat e di inibirne la proliferazione, mediante un blocco in fase G2/M del ciclo cellulare e un incremento dei livelli di p53 e bax. Il SFN è in grado di indurre effetti citostatici e citotossici anche su linfociti T non trasformati. Tuttavia, le dosi necessarie per esibire tali effetti sono ben più elevate di quelle attive su cellule leucemiche. Una tappa importante nello sviluppo di un farmaco antitumorale è, la definizione, dove possibile, dei suoi effetti in un modello ex vivo, altamente predittivo di quella che sarà la risposta farmacologica in vivo. Sono stati quindi valutati gli effetti del SFN su colture primarie di blasti provenienti da pazienti affetti da diversi tipi di leucemia , sia mieloide che linfoblastica. Il SFN non sembra possedere alcuna attività su campioni da pazienti affetti da LLC, mentre un importante attività proapoptotica si registra nei campioni da pazienti affetti da LMA, dove l’effetto del SFN è sorprendentemente marcato anche su campioni da pazienti multiresistenti. L’attività dell’isotiocianato sui campioni da pazienti affetti da LLA è decisamente più marcata sul campione da paziente affetto da LLA a cellule B, mentre sul campione di Leucemia Acuta Bifenotipica l’effetto proapoptotico del SFN si registra dopo tempi di trattamento brevi piuttosto che dopo tempi di trattamento più lunghi. In conclusione, i risultati ottenuti evidenziano che il SFN possiede un’interessante attività antileucemica in vitro e, dato di particolare rilevanza, anche ex vivo.
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SCOTTI, MADDALENA. "Identificazione molecolare e caratterizzazione funzionale del trasportatore SVCT2 mitocondriale in cellule leucemiche e nel muscolo scheletrico." Doctoral thesis, Urbino, 2016. http://hdl.handle.net/11576/2641524.

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