Dissertations / Theses on the topic 'H2OFVG'

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1

Erti, Susanna. "Studi per la caratterizzazione dei punti d'acqua nella carta geologico tecnica digitale del Friuli-Venezia Giulia:rapporti esistenti tra la falda freatica e le falde artesiane della Pianura Friulana." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2556.

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Abstract:
2006/2007
Il lavoro di tesi è stato sviluppato con l'obiettivo di individuare l'influenza delle acque della falda freatica sulle caratteristiche idrochimiche e idrodinamiche delle falde artesiane della Pianura friulana. Per raggiungere questo scopo ci si è proposti di avere una visione d'insieme del chimismo delle acque di falda e delle sue modificazioni nel tempo, di individuare i bacini di alimentazione e di evidenziare eventuali areali scarsamente monitorati, utilizzando gli strumenti di elaborazione e grafici di ArcGIS. Al fine di evidenziare i rapporti tra la falda freatica e le falde artesiane della Pianura friulana sono stati raccolti dati riguardanti i pozzi che pescano in queste falde e che quindi forniscono indicazioni sul chimismo delle acque, dati sulla stratigrafia dei pozzi e sui livelli piezometrici delle falde. Accanto ai dati sui pozzi sono stati raccolti dati riguardanti il chimismo di alcune sorgenti montane e dati inerenti il valori isotopici delle acque piovane. Si è usufruito prevalentemente del materiale raccolto dalla regione F.V.G., dai dipartimenti provinciali dell' A.R.P.A. F.V.G. e dal Dipartimento di Scienze Geologiche Ambientali e Marine (Di.S.G.A.M.) dell'Università di Trieste. Successivamente è stato creato un database in MS Access, in quanto di facile importazione in ArcGIS, che consentisse di organizzare in maniera opportuna i dati raccolti. In particolare il database è composto dalle schede relative ad ogni singolo pozzo, sorgente e pluviometro, nelle quali vengono inseriti i dati topografici e i dati chimici e geochimici raccolti nel tempo e per i quanto riguarda i pozzi anche i dati stratigrafici e le freatimetrie. In base alla tipologia dei dati raccolti, per ciascuno dei tre elementi la scheda è stata strutturata in maniera tale da essere composta da una tabella principale, dedicata ai dati topografici e di caratterizzazione, e da una o più tabelle secondarie per l’inserimento di tutti gli altri dati opportunamente suddivisi. Va sottolineato che indipendentemente dalla quantità di dati a disposizione, il database è stato strutturato anche in modo da rispondere a quelle che sono le indicazioni fornite dell’attuale normativa (Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152) per la tutela delle acque dall’inquinamento, offrendo quindi la possibilità di un utilizzo più ampio del database di quanto previsto per il presente lavoro, consentendo ad esempio la definizione delle classi che evidenziano lo stato chimico dei corpi idrici sotterranei o la caratterizzazione delle acque destinate al consumo umano. Dopo un analisi preventiva del materiale raccolto è stata selezionata una rete di pozzi sulla quale effettuare alcune elaborazioni dei principali parametri chimici e isotopici che consentissero la caratterizzazione delle falde. La rete scelta per effettuare le elaborazioni è quella utilizzata nell'ambito della convenzione di ricerca tra A.R.P.A. F.V.G. e Di.S.G.A.M. “Per il rilevamento dello stato dei corpi idrici sotterranei” (2004-2006), in quanto oltre alle analisi chimiche sono state effettuate anche analisi isotopiche che risultano di fondamentale importanza per la definizione di bacini di alimentazione. Il database creato è stato poi importato in G.I.S., (Geographic Information System) costituendo in tal modo un sistema informativo territoriale, al fine di effettuare le opportune elaborazioni per raggiungere gli obiettivi prefissati. I G.I.S. infatti sono attualmente tra gli strumenti maggiormente utilizzati per la gestione e la tutela del territorio, in quanto strumenti di analisi che hanno la capacità di mettere in relazione discipline diverse. Queste correlazioni tra tematiche diverse sono possibili in quanto i software G.I.S. hanno la capacità di georeferenziare i dati, di legarli attraverso mutue relazioni spaziali e di attribuire ai singoli dati inseriti elementi descrittivi di varia natura. Sfruttando queste potenzialità, attraverso il software ArcGIS della ESRI e tutte le sue applicazioni, sono state create alcune carte tematiche di isoconcentrazione dei principali parametri chimici delle acque di falda che in primo luogo hanno permesso di avere una visione panoramica del chimismo delle acque sotterranee a partire da un insieme di dati tabellari di difficile interpretazione. Questo ha permesso una prima individuazione delle relazioni tra la falda freatica e la falda artesiana dal punto di vista chimico ed ha consentito la suddivisione del territorio in province idrogeologiche. Inoltre, tenendo conto dei risultati derivanti dalle elaborazioni sui parametri chimici, il confronto tra i dati isotopici delle acque sotterranee di pianura con i dati isotopici delle acque piovane ha consentito una prima individuazione dei bacini di alimentazione. Altri tipi di analisi statistiche sulla distribuzione geografica dei pozzi hanno permesso di evidenziare gli areali scarsamente monitorati, all’interno dei quali ulteriori indagini produrrebbero risultati più attendibili. Le analisi effettuate avevano l’obiettivo di estrapolare informazioni su tutto il territorio di interesse sulla base di dati localizzati puntualmente, realizzando infine delle carte tematiche di isoconcentrazione. Questo procedimento di estrapolazione è stato effettuato mediante il modello Kriging esponenziale, che è stato selezionato attraverso un analisi geostatistica dei dati, al fine di quantificarne l’autocorrelazione spaziale. L’analisi ha infatti dimostrato che il modello esponenziale era tra tutti quello che offriva maggiori garanzie di attendibilità. Senza questa fase d’indagine preventiva che serve a capire quanto il valore di un certo parametro nella zona circostante una misurazione “dipenda” da quest’ultima, le carte tematiche che vengono sviluppate con il Kriging possono rappresentare un situazione molto diversa da quella reale. Le elaborazioni presentate hanno sicuramente consentito di raggiungere gli obiettivi prefissati. Tuttavia è opportuno puntualizzare che il progetto può essere oltre che facilmente aggiornato, anche utilizzato per altri scopi come ad esempio la valutazione della qualità delle acque sotterranee dal punto di vista dei parametri chimici fondamentali, la valutazione della qualità per il consumo umano, per uso irriguo, ecc., e questo perché il database è stato creato anche in linea con le indicazioni delle attuali normative sulle acque sotterranee. Sempre nell’ottica di rendere il progetto più completo possibile, il database è stato strutturato con l’idea di rendere possibile l’inserimento dei dati riguardanti le sorgenti. Nel presente lavoro questi dati non sono stati coinvolti nelle elaborazioni, ma nell’ambito di studi idrogeologici più dettagliati, potrebbero risultare molto importanti (ad esempio contribuire ad una definizione più accurata dei bacini di alimentazione). In conclusione possiamo dire che gli aspetti fondamentali e trattati con maggior attenzione che caratterizzano questo lavoro sono stati: 1. la creazione di un progetto G.I.S. basato su un database di facile utilizzo che fosse il più completo possibile e in linea con le vigenti normative in materia ambientale, in modo tale da prestarsi ad elaborazioni di vario tipo; 2) lo studio attraverso gli strumenti di arcGIS dell'autocorrelazione spaziale dei dati riguardanti i pozzi, che ha permesso la realizzazione di mappe tematiche che si possono considerare le più attendibili tra quelle ottenibili con questo software e che in ultima istanza hanno permesso di individuare delle diverse aree di alimentazione nella falda freatica e di dimostrare l'influenza dal punto di vista chimico della falda freatica sulle falde artesiane della Pianura friulana.
XX Ciclo
1971
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2

Bezzi, Annelore. "LE BARENE DELLA LAGUNA DI MARANO E GRADO: ANALISI DEGLI ASPETTI MORFO-EVOLUTIVI NELLA PROSPETTIVA GESTIONALE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10375.

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Abstract:
2012/2013
Lo studio delle barene della laguna di Grado e Marano è stato affrontato attraverso due differenti approcci: 1) una raccolta di dati morfologici e sedimentologici in 13 siti campione 2) un’indagine a macroscala attraverso il confronto di foto aeree (1954, 1990, 2006) e l’applicazione di differenti tecniche di analisi in GIS. L’integrazione dei due diversi approcci ha permesso in primo luogo di proporre una classificazione delle barene in base alle loro caratteristiche morfologiche e sedimentologiche: barene di margine lagunare, margine di canale, retro barriera, bacini paralagunari recenti, isolate. Inoltre si è giunti a una definizione e quantificazione dei processi evolutivi in atto e delle loro cause. Il declino significativo nelle superfici a barena corrispondente a 145ha (16% dell’estensione del 1954), una volta esclusa la forzante quantitativamente più rilevante (azione antropica diretta con 175ha), appare molto ridotto e limitato al secondo intervallo di tempo. Le variazioni areali riscontrate sono infatti il risultato di perdite e guadagni a scale differenti, spesso in grado di compensarsi, le quali sono state classificate in diverse tipologie morfoevolutive, associate ad altrettante forzanti. La metodologia proposta è originale e si mostra adatta all’analisi delle aree che presentano una certa scarsità di dati. Dall’analisi topologica sulle singole barene emerge che i fenomeni erosivi che si manifestano con rilevanza maggiore sono in ordine decrescente: l’annegamento (effetto combinato di eustatismo, subsidenza regionale e autocompattazione), erosione da ondazione indotta dal transito dei natanti, azione del moto ondoso da vento, i processi legati alla dinamica costiera. I processi di accrezione sono invece imputabili agli apporti fluviali, agli apporti legati alle correnti di marea, ai processi accrescitivi nei bacini paralagunari recenti e in ex valli da pesca. La mancanza di un comportamento unitario dell’intera laguna e la differenziazione temporale fanno intendere come siano predominanti le forzanti a breve termine rispetto alle forzanti che agiscono sul lungo termine, prima fra tutte l’eustatismo. Il confronto con i dati ipsometrici ottenuti dal confronto batimetrico 1966-2011 conferma però la tendenza trasgressiva in atto nell’intera laguna con approfondimenti diffusi soprattutto a carico dei fondali intertidali, ma anche la differenziazione esistente tra i bacini. I dati di bilancio sedimentario mostrano inoltre una relazione con la variazione areale delle barene per ogni singolo bacino. Parte integrante del lavoro è costituita da un geodatabase contenente tutti i dati e le informazioni relative alle barene; esso può rappresentare un valido strumento di supporto nei processi decisionali di gestione e di pianificazione territoriale. A tal fine sono state individuate una prima serie di filosofie gestionali e strategie d’intervento, associate alle differenti tipologie erosivo / accrescitive individuate.
XXVI Ciclo
1970
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3

Potleca, Michele. "Il laser scan a supporto delle analisi geologiche e geomorfologiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2558.

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Abstract:
2006/2007
Nel presente lavoro viene presentata una panoramica generale sulla tecnica laserscan, soffermandosi maggiormente sui sistemi utilizzati nell’ambito di questa ricerca, evidenziando le problematiche di carattere fisico, tecnico e applicativo per le analisi di tipo ambientale. In seguito è descritta la metodologia con cui sono stati affrontati i rilievi, le modalità e problematiche nell’elaborazione di dati LIDAR e le loro analisi dal punto di vista geologico applicativo descrivendo alcuni dei numerosi casi studio affrontati nel corso della ricerca. Sono state testate e provate diverse strumentazioni laser scan sia da terra che da elicottero. Si sono descritte le metodologia con cui si sono affrontate le acquisizioni, le procedure e le tecniche di processamento dati, nonché i metodi d’analisi e modellazione delle nuvole di punti. Per l’intera fase di processamento sono state confrontate le tecniche di rilievo terrestre tramite TLS e quelle aeree tramite ALS. Queste sono le principali fasi seguite: 1)Progetto delle prese per i rilievi TLS, o progettazione del volo per i rilievi aviotrasportati; 2)Calibrazione dei sensori; 3)Acquisizione dei dati; 4)Generazione delle nubi di punti; 5)Allineamento e target; 6)Georeferenziazione ; 7)Filtraggio; 8)Classificazione; 9)Ottimizzazione delle nuvole di punti; 10)Produzione dei file e modellazione La maggior attenzione si è posta sulle fasi di trattamento e modellazione dei dati laser in quanto sono passaggi di fondamentale importanza per le successive analisi a fini geologico – geomorfologico. Nei primi 2 anni della presente ricerca si sono affrontati ben 12 rilievi laser a fini geologici, geomorfologi e di modellistica idraulica 11 sul territorio del Friuli Venezia Giulia e 1 in Veneto. L’individuazione e scelta dei siti da è stata in funzione della loro rappresentatività in termini di pericolosità e rischio associato, nonché disponibilità di informazioni pregresse sui fenomeni in atto e sulla base della tipologia dei fenomeni Successivamente, è stato scelto di limitare lo studio solo sulle varie tipologie di frana scegliendo i 5 casi più rappresentativi, di questi è stato condotto uno studio di dettaglio e un adattamento e messa a punto degli strumenti e dei codici di calcolo più idonei agli scenari sotto indagine. Le applicazioni sperimentate sui diversi fenomeni franosi hanno fornito risultati incoraggianti, mostrando comunque che il futuro della tecnica laser è nell’integrazione con le metodologie fotogrammetriche, che forniscono informazioni complementari a quelle ottenute dalle riprese laser. Si è dimostrato come sia possibile la valutazione di spostamenti, modificazioni morfologiche e deformazioni in aree soggette a frane può avvenire attraverso in confronto fra 2 DTM o un DTM e una nuvola di punti anche laddove ci sia un’elevata coperture vegetale o in zone di difficile accesso. L’utilizzo dei rilievi TLS e ALS , ed in particolare l’analisi di serie di DTM multi-temporale, è risultato uno strumento essenziale per il controllo dell’evoluzione temporale di fenomeni franosi complessi. L’approccio digitale ha consentito di produrre in tempi brevi e con continuità modelli della superficie come riportato nei casi studio, eseguire confronti e valutazioni quantitative dei volumi interessati ai fenomeni franosi, seguire l’evoluzione morfologica del versante per fornire parametri di valutazione della stabilità dello stesso.
XIX Ciclo
1971
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4

Catanese, Giovanna. "Raccolta dei dati di utilizzo delle acque nella regione Friuli Venezia Giulia e loro organizzazione in un sistema informativo territoriale regionale,al fine di valutare la disponibilità idrica, i fabbisogni attuali ed i possibili "impatti" esercitati dai prelievi superficiali." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3636.

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Abstract:
2008/2009
Nei tre anni di studio e ricerca è stato realizzato il Censimento delle Utilizzazioni idriche presenti sul territorio regionale, ovvero la raccolta dei dati di utilizzo delle acque superficiali e sotterranee, e creato un Sistema Informativo Territoriale regionale. Usando, quale base di partenza, cinque diversi database, precedentemente realizzati dal Servizio idraulica della Direzione Centrale Ambiente e Lavori Pubblici della Regione ed usati per l’archiviazione dei dati relativi alle grandi e piccole utilizzazioni presenti nelle varie province della regione, è stato creato un database “Utilizzazioni” relativo all’intero territorio regionale, quale presupposto necessario alla realizzazione del Censimento delle Utilizzazioni. I dati raccolti provengono da tutte le pratiche di concessione di derivazione da corpi idrici superficiali e sotterranei, custodite negli archivi regionali di Trieste, Udine, Pordenone e Gorizia. Il database realizzato presenta, attualmente, nove tabelle principali e due maschere che facilitano l’inserimento dei dati. Rispetto all’originaria struttura dei databases di partenza, esso presenta svariate modifiche ed integrazioni, infatti, sono state aggiunte tre nuove tabelle: Opere di presa sotterranee Pluriutenza, ovvero condivise da più utilizzatori; Scarichi, utilizzati per descrivere i punti di cessione dell’acqua, dopo l’utilizzo, alla rete fognante, o direttamente al terreno; Ambiti serviti, utilizzati per descrivere le aree in cui l’acqua derivata viene utilizzata per gli usi di concessione, in passato classificati come Impianti di utilizzo. Sono, inoltre, state create delle tabelle dedicate alle utilizzazioni ormai inattive, in disuso o completamente dimesse, in tutto identiche a quelle già presenti, tranne che per il nome, per queste ultime accompagnato dall’aggettivo “dismesso¬/a”. In seguito, però, i dati in esse archiviati sono stati riversati nelle tabelle relative alle utilizzazioni attive, così da avere sempre un quadro d’insieme completo. La struttura del database è stata consolidata e perfezionata, aggiungendo nuovi campi a tutte le tabelle presenti. Sono stati affrontati e superati alcuni problemi, quali la definizione dei nuovi campi del database, la validazione dei dati, l’ubicazione delle opere, la scelta del software G.I.S. da utilizzare. Relativamente a quest’ultimo, ArcGIS 9.2 si è dimostrato il programma più versatile nella gestione di un database in formato Access. Effettuata una stima dei prelievi, al fine di individuare i corpi idrici maggiormente interessati da utilizzazioni e di mettere in luce la presenza di eventuali situazioni di “criticità”, utilizzando i dati ottenuti dal Censimento delle Utilizzazioni è stato creato un secondo database denominato“Tratti sottesi da captazioni ad uso idroelettrico ed irriguo”, che ha permesso la realizzazione della Carta dei Tratti Sottesi, in cui sono state messe in evidenza quelle porzioni di corso d’acqua soggette a modifiche delle condizioni naturali locali. Per la costruzione di quest’ultima sono state prese in considerazione esclusivamente le utilizzazioni ad uso idroelettrico e quelle ad uso irriguo con portate prelevate > 100 l/s, ritenute le maggiori cause di impatto sui corpi idrici superficiali. La realizzazione del Censimento delle Utilizzazioni idriche presenti sul territorio regionale ha consentito, quindi, di individuare tutte le opere esistenti per l’approvvigionamento, la regolazione, l’adduzione e la distribuzione delle acque, nonché per la depurazione e lo scarico dei reflui; di valutare la disponibilità delle risorse idriche e la loro compatibilità con i fabbisogni per i diversi usi, di rilevare le diverse tipologie di “impatto” determinate dai prelievi e di evidenziare le locali situazioni di “criticità” dei corsi d’acqua. Tali dati potranno, adesso, essere utilizzati per disciplinare le concessioni di derivazione e di scarico delle acque, prevedere l’evoluzione futura dei fabbisogni attuali e sviluppare scenari di gestione delle risorse idriche superficiali e sotterranee compatibili con gli obiettivi di tutela quantitativa e qualitativa.
XXII Ciclo
1981
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5

Bertoli, Marco. "Analisi della comunità macrozoobentonica e del suo contenuto energetico in una zona umida dell’alto Adriatico (Isola della Cona, GO)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8552.

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Abstract:
2011/2012
Il presente lavoro è stato condotto nella Riserva Naturale della Foce dell’Isonzo, in un'area caratterizzata da un ampio invaso d’acqua dolce, soggetto a prosciugamento in periodo estivo. Lo scopo di questo studio è stato quello di analizzare struttura ed abbondanza della comunità macrozoobentonica e valutare il contenuto energetico dei taxa più rappresentativi, in relazione all’importante ruolo che questa comunità assume da un punto di vista trofico in questi ambienti. I macroinvertebrati bentonici ricoprono tutti i ruoli trofici dei consumatori e sono la componente più importante della dieta di Pesci ed Uccelli limicoli. Sono state scelte 5 stazioni di campionamento sulla base della diversa profondità dell’acqua, diversa copertura vegetale del substrato e diversa durata della fase bagnata. Mensilmente, a partire dal gennaio 2009 fino a ottobre 2012 è stata rilevata la profondità assieme ad alcuni parametri chimico-fisici, quali: ossigeno disciolto (mg l-1), temperatura (°C), pH e conduttività (mS cm-1). I dati evidenziano per la profondità una tendenza inversa rispetto alla temperatura, legata al ciclo stagionale di prosciugamento/riallagamento a cui è soggetta l’area di studio, e tra temperatura e ossigeno disciolto. La conduttività tende ad aumentare in corrispondenza dell’aumento di temperatura in estate, mente il pH si mantiene su valori neutri tendenti leggermente al basico, oscillando entro un range piuttosto ristretto. Durante l’ultimo anno di attività (novembre 2011-ottobre 2012) sono state monitorate le concentrazioni di alcuni nutrienti (mg l-1), quali NH4, NO3, NO2, PO4, all’interno del sedimento. Per tale scopo sono stati prelevati mensilmente campioni di sedimento mediante un carotiere manuale, e stagionalmente campioni a carico della colonna d’acqua. I risultati denunciano un’alta concentrazione di nutrienti, in particolare dei composti dell’azoto, rispetto a quanto atteso in ambienti dilciacquicoli, verosimilmente, in relazione al carico organico dovuto alla presenza dell’avifauna nell’area di studio. Allo scopo di effettuare analisi granulometriche e misurazioni del C organico, nell’inverno ed autunno 2009, sono stati analizzati campioni di sedimento, in collaborazione con il Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste. Le analisi granulometriche hanno evidenziato in febbraio la presenza di silt sabbioso in tutte le stazioni, ad eccezione della stazione 2, in cui è stato invece rinvenuto silt argilloso. In ottobre anche nelle stazioni 3 e 4 è stato osservato silt argilloso, mentre non vi sono variazioni nelle restanti stazioni. L’analisi del carbonio organico mostra sempre valori simili nei due campionamenti, con valori più alti nella stazione 1 (3,29% in febbraio, 3,93% in ottobre) e più bassi nelle stazioni 2 e 5 (rispettivamente 1,73% e 1,71% in febbraio e 1,18% e 1,14% in ottobre). Per quanto attiene le comunità macrozoobentoniche, sono stati effettuati campionamenti mediante utilizzo di due tecniche: 1) mediante box corer manuale, strumento dotato di un’area di presa definita (289 cm²), che garantisce un campionamento di tipo quantitativo e minimizza le perdite del campione; 2) tramite la tecnica dei pacchetti fogliari che simulano il naturale accumulo di detrito e che permettono di analizzare i processi decompositivi ed i taxa che riescono a colonizzare i pacchetti. I campionamenti che hanno visto l’utilizzo del box corer si sono svolti nell’aprile 2009 e a cavallo tra ottobre e novembre 2009, e hanno visto il prelievo di 6 subcampionamenti per stazione. La determinazione tassonomica si è spinta fino a livello di famiglia o di genere e, per alcuni taxa raccolti nella primavera, a livello di specie, grazie anche alla collaborazione della Dott.ssa Boggero (CNR, Pallanza) e del Prof. Rossaro (Università di Milano). Le campagne di campionamento mediante pacchi fogliari si sono svolte per tre anni consecutivi, dall’autunno 2009 all’estate 2012, durante le stagioni autunnale, primaverile ed estiva. I pacchi sono stati realizzati con foglie di Phragmites australis, raccolte all’interno della Riserva, seguendo il protocollo indicato da Basset et al., 2006. Sono state organizzate tre unità subcampionarie per ogni stazione, messe in posa con evento unico e raccolte a scaglioni (una per stazione) con cadenza quindicinale. Dopo la raccolta i macroinvertebrati sono stati separati immediatamente dalla componente fogliare, in attesa della determinazione che si è spinta allo stesso livello indicato per i campioni raccolti con box-corer. La struttura della comunità macrozoobentonica è risultata esser costituita principalmente da Crostacei (Classe Ostracoda, famiglie Asellidae e Gammaridae), Oligocheti (famiglie Lumbricidae, Tubificidae, Naididae) ed Insetti. Tra questi ultimi il taxon dominante è risultato essere quello dei Ditteri Chironomidi, i quali rappresentano sempre oltre il 90% degli Insetti rinvenuti. Tale strutura di comunità è stata riscontrata, pur variando i rapporti tra le frequenze percentuali dei vari taxa, nelle diverse stagioni, con entrambi i metodi di campionamento. Numerosità e diversità (espressa come numero dei taxa rinvenuti) sono risultate maggiori durante la primavera rispetto all’autunno, sia nei campioni raccolti con box corer che con le trappole trofiche. Sulla base dei pesi dei pacchetti fogliari post periodo di permanenza nelle stazioni sono stati calcolati i tassi di decomposizione della sostanza organica vegetale (gg-1), utilizzando il modello di Olson (1963). Il modello è stato trasformato da esponenziale a lineare e sono stati effettuati dei confronti a livello inter- e intrastagionale mediante analogo dell’ ANCOVA. La pianificazione del protocollo di campionamento è stata organizzata con la collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali dell’Università degli Studi del Salento. Il tasso di decomposizione della sostanza organica vegetale è risultato esser compreso tra 0,0066 e 0,0075 gg-1 in autunno e tra 0,0108 e 0,0158 gg-1 in primavera. I confronti hanno permesso di mettere in evidenza differenze significative tra i tassi di decomposizione autunnale e primaverile per ogni anno di attività (p>0,05). Non sono state osservate differenze significative tra i tassi autunnali, mentre tali differenze sono sempre emerse a livello della stagione primaverile (p<0,0001). Le campagne di campionamento estive non sono state completate con successo a causa del prosciugamento dell’area, per cui non è stato possibile effettuare paragoni. Confronti intra stagionali non hanno evidenziato (salvo due eccezioni) differenze tra le stazioni (p>0,05). Si può concludere quindi che il sistema degrada la sostanza organica vegetale alla stessa velocità in ogni sua parte nelle stagioni esaminate. Per i taxa per cui numerosità e peso secco lo hanno reso possibile, (Ditteri Chironimidi appartenenti alla tribù dei Chironomini e due famiglie di Crostacei: Gammaridae e Asellidae) sono state effettuate misure a carico della densità energetica ED (cal g-1, peso secco). I taxa sono stati trattati in stufa a 60 °C per 72 ore e in seguito polverizzati. Con il materiale ottenuto sono state prodotte delle pastiglie in seguito processate in un calorimetro adiabatico a bomba Parr 1425 (Parr Instrument Company, U.S.A.). I valori ottenuti sono stati confrontati (quando possibile) mediante statistica non parametrica (test di Kruskal e Wallis per i Chironomini e test U di Mann e Whitney per i Gammaridae), allo scopo di indagare differenze stagionali tra i valori di ogni taxon. Le misure sono state effettuate presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali dell’Università degli Studi del Salento. I valori di densità energetica per la tribù dei Chironomini sono risultati esser compresi tra 3398,7 cal g-1 (valore autunnale) e 3483,6 cal g-1 (valore primaverile), mentre per i Gammaridae i valori sono risultati pari a 3863,7 cal g-1 in primavera e 40008,6 cal g-1 in autunno. Il valore della densità energetica per il taxon degli Asellidi è risultato pari a 3856,1 cal g-1 . Non è stato possibile evidenziare differenze significative a livello stagionale né per i Chironomini né per i Gammaridae. Per la tribù dei Chironomini e la famiglia dei Gammaridae sono state costruite curve di regressione lunghezza/peso secco. Per tale scopo è stata rilevata la lunghezza L (mm) ed è stato misurato o stimato il peso secco DW (g) per almeno 50 esemplari per ciascun taxon. Dall’analisi delle comunità macrozoobentoniche osservate all’interno del Ripristino emerge come il sistema rappresentato da quest’area sia assimilabile a una sorta di “laboratorio naturale” che torna praticamente a una condizione di “zero” a seguito del prosciugamento che avviene durante i mesi estivi. Al termine della fase secca, segue una fase di riallagamento, che si completa durante la stagione autunnale, con conseguente ricolonizzazione dei microhabitat da parte dei macroinvertebrati. La ricolonizzazione porta però a strutture di popolazione che possono essere ben diverse da quelle osservate in precedenza. Si può quindi affermare che il Ripristino è un sistema in uno stato di “perenne ricolonizzazione”. Questa conclusione è ulteriormente supportata dall’analisi dei tassi di decomposizione, i quali sono risultati esser praticamente identici nella stagione autunnale (a seguito dell’azzeramento del sistema) e sempre diversi in primavera, variando di anno in anno. I risultati fin qui ottenuti, forniscono nuove conoscenze riguardo ad aspetti finora poco studiati nell’area di studio (tassi di decomposizione della sostanza organica vegetale e densità energetice dei macroinvertebrati bentonici), e supportano la teoria secondi cui il mondo ecologico è un mondo di “non-equilibrio”, in cui i fenomeni di disturbo sono comuni e possono esser sempre diversi di volta. Questi fenomeni, possono portare a direzioni non facilmente prevedibili, e ogni ecosistema è dunque unico, irriproducibile e intendibile come fenimeno pro tempore.
XXIV Ciclo
1976
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6

Acquavita, Alessandro. "Mobilità delle specie mercurifere in condizioni naturali e perturbate in ambiente lagunare." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7347.

Full text
Abstract:
2010/2011
L’areale marino costiero del Friuli Venezia Giulia, posto nel settore più orientale del Nord Adriatico, è conosciuto come uno degli ecosistemi maggiormente contaminati dal mercurio (Hg), metallo pesante il cui notevole interesse è legato alla spiccata neuro-tossicità della sua forma organica, il metilmercurio (MeHg), e alle sue proprietà di bioaccumulo e biomagnificazione lungo l’intera catena trofica fino all’uomo (Fitzgerald & Clarkson, 1991; Clarkson, 1999). La fonte principale di Hg è dovuta agli apporti di materiale particellato veicolati nel Golfo di Trieste dal Fiume Isonzo. Quest’ultimo riceve nel suo percorso il risultato del dilavamento cui sono soggetti i terreni e le sponde fluviali dell’area di Idrjia (Slovenia occidentale) da parte di un suo affluente, il torrente Idrijca. In questo sito, per un periodo di circa 500 anni, è stata condotta una intensa attività estrattiva che si è protratta fino alla definitiva chiusura dell’impianto avvenuta nel 1996. E’ stato stimato che circa cinque milioni di tonnellate di roccia mineralizzata a Hg, essenzialmente cinabro (HgS), e, in misura minore, Hg nativo, siano state scavate e che solo una percentuale pari al 73% del Hg ad esse associato (105.000 t) sia stato recuperato (Gosar et al., 1997). Il rimanente è stato dissipato nell’ambiente a causa della scarsa efficienza dei processi di arrostimento del minerale: in conseguenza alle ricadute umide, i terreni circostanti, le sponde e i sedimenti del torrente Idrijca sono stati fortemente contaminati. L’influenza del Hg proveniente dal distretto minerario si è estesa all’intero Golfo di Trieste ma anche all’adiacente Laguna di Marano e Grado. A livello della Laguna, nel periodo compreso tra il 1949 e il 1984, si è sommato un ulteriore apporto dovuto allo scarico incontrollato di reflui contenenti Hg, utilizzato come catalizzatore, nell’impianto cloro-soda sito nella zona industriale di Torviscosa (Daris et al., 1993). Nella Laguna di Marano e Grado la contaminazione è stata accertata sia nei sedimenti sia lungo l’intera catena trofica (Mattassi et al., 1991; Brambati, 1997, 2001) ponendo così seri quesiti sul comportamento (ciclo biogeochimico, trasformazione, bioaccumulo e biomagnificazione) di questo metallo in un ecosistema dove coesistono importanti attività economiche per la popolazione ivi residente (pesca, acquacoltura, venericoltura e turismo). In particolare, come riportato in Sladonja et al. (2011), a partire dagli anni ’80, è stata introdotta in laguna la vongola filippina (Tapes philippinarum), che ha colonizzato quasi tutto l’areale risalendo il cuneo salino dei sistemi fluviali per circa 4-5 km. L’attività di raccolta e commercializzazione del bivalve rappresenta una notevole risorsa a supporto dell'economia delle popolazioni locali, tuttavia è fortemente subordinata alle condizioni ambientali e sanitarie dell’ambiente derivanti dalla condizioni chimico-fisiche dei suoi fondali. In questo contesto, a partire dal mese di Giugno 2008, è stato avviato un progetto di ricerca a carattere multidisciplinare denominato “MIRACLE” (Mercury Interdisciplinary Research for Appropriate Clam farming in Lagoon Environment), coordinato dal Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Trieste (responsabile scientifico dott. Stefano Covelli) e finanziato dal Commissario Delegato per l’emergenza Socio-Economico Ambientale determinatasi nella laguna di Marano Lagunare e Grado. Il progetto ha visto il coinvolgimento di numerose unità operative istituzionali e scientifiche a livello nazionale (ARPA FVG, OGS-BIO, ISPRA, Università di Venezia) e internazionale (Istituto “Jožef Stefan" di Lubiana, Stazione di Biologia Marina di Pirano, University of Massachusetts-Lowell). Lo scopo finale era l’individuazione di nuove aree idonee da destinarsi alla venericoltura tenendo conto della diffusa contaminazione da Hg a livello dell’intera area lagunare. In virtù del ruolo centrale svolto nei cicli biogeochimici dell’ambiente marino, una particolare attenzione è stata posta alla caratterizzazione e al comportamento dei sedimenti. I risultati della ricerca approfondita su questa matrice costituiscono l’oggetto della presente dissertazione. L’attività di ricerca ha previsto una intensa fase di campionamento condotta a livello dell’intera Laguna seguita da una parte sperimentale di laboratorio che ha fatto luce su diversi aspetti biogeochimici del Hg. La distribuzione spaziale del metallo nei sedimenti superficiali è stata aggiornata prendendo in esame anche la forma metilata della quale non erano a disposizione dati pregressi a livello di intero areale. Le due forme mercurifere sono state correlate con i principali descrittori geochimici (granulometria, contenuto e qualità della sostanza organica) ponendo una particolare attenzione alle implicazioni che derivano dalla speciazione chimica del metallo tra le forme biodisponibili e refrattarie ai fenomeni di rimobilizzazione. L’indagine è stata successivamente estesa anche ai sedimenti sub-superficiali allo scopo di determinare lo spessore interessato dalla contaminazione. Sulla base dei tassi di sedimentazione, calcolati per la prima volta in laguna, è stata valutata l’evoluzione storica dell’accumulo di Hg, estrapolato l’inventario a livello dell’intero bacino lagunare e considerata la possibile evoluzione della contaminazione. Nella seconda fase della ricerca, sulla base delle possibili destinazioni d’uso del sistema lagunare e i fenomeni fisici a esse associato, sono state prese in esame le dinamiche delle specie mercurifere in colonna d’acqua a seguito di fenomeni di risospensione. Questa seconda parte delle attività è stata svolta allestendo esperimenti in condizioni controllate di laboratorio (mesocosmo) su sedimenti prelevati in due siti scelti laddove le operazioni di dragaggio, necessarie per consentire l’operosità dei canali, vengono eseguite periodicamente.
XXIII Ciclo
1969
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7

Falconi, Claus Francois. "Complex water column nutrient dynamics in the Gulf of Trieste; freshwater nutrient discharge Vs biologicallly mediated cycling of dissolved organic matter." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3172.

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Abstract:
2007/2008
Il Golfo di Trieste, localizzato nella parte più settentrionale ed orientale del bacino Adriatico, rappresenta un’area peculiare per le sue caratteristiche geomorfologiche, oceanografiche e biologiche. In quest’area, in particolare, insistono diverse attività economiche che vanno dalla maricoltura al turismo e pertanto i problemi legati alla qualità ambientale sono oltremodo diversificati: da un lato è importante che la trofia del sistema supporti lo sviluppo e la crescita dei molluschi allevati e dall’altro la fruizione delle acque per la balneazione richiede requisiti di qualità precisi e stabiliti dalle normative europee. Alla base di qualsiasi approccio gestionale all’ambiente marino costiero è comunque necessario conoscere la dinamica dei composti che stanno alla base della rete alimentare e che rappresentano anche importanti segnali di apporti antropici al sistema. I nutrienti, siano essi nella forma inorganica o in quella organica, regolano le dinamiche trofiche dell’ecosistema costiero e sono oltremodo concentrati in prossimità di scarichi urbani o nelle acque a bassa salinità frutto del mescolamento tra fiume e mare. Nonostante i numerosi e approfonditi studi sull’ecosistema del Golfo di Trieste, la dinamica dei nutrienti è stata poco approfondita, soprattutto in relazione alla frazione organica. La ricerca svolta nell’ambito di questo dottorato ha avuto come obiettivi principali: La valutazione delle dinamiche spaziali e temporali della concentrazione dei macronutrienti, nella forma inorganica ed organica, nelle acque del Golfo di Trieste La verifica del ruolo degli apporti fluviali e antropici sulla loro disponibilità La comprensione dell'importanza delle attività microbiche di rimineralizzazione sulla disponibilità degli stessi. Il protocollo sperimentale ha previsto l'analisi di campioni d'acqua prelevati mensilmente in 9 stazioni del Golfo, nel periodo 2004-2008. Nella stazione storica C1 il campionamento è stato intensificato per meglio valutare le dinamiche temporali esplorando la variabilità giornaliera e quella a scala oraria. Poiché il Golfo è soggetto a notevoli apporti fluviali, è stato valutato il ruolo dell’Isonzo, il fiume più importante, e, a partire dal 2006, è stato considerato anche il Timavo. Per evidenziare il ruolo degli scarichi antropici sono stati considerati i dati provenienti dal Monitoraggio delle acque costiere predisposto dalla Regione FVG (2002-2005). L’imponente lavoro analitico ha permesso di confermare la scarsa disponibilità di fosforo nelle acque del Golfo anche in periodi di limitata utilizzazione biologica. L’apporto dei fiumi arricchisce le acque delle forme particellate ma non incide sulla frazione disciolta mentre gli scarichi urbani non influenzano significativamente la disponibilità. Importante risulta, invece, il ruolo della degradazione enzimatica della sostanza organica. Sia il fitoplancton che il batterioplancton producono, infatti, notevoli quantità di fosfatasi alcalina, enzima in grado di recuperare fosforo da molecole organiche. Attraverso la produzione di enzimi, i microrganismi riescono a sopperire alla scarsa disponibilità di molecole inorganiche, più facilmente utilizzabili ma estremamente meno abbondanti. Questi risultati sono oltremodo importanti per l’organizzazione dei futuri piani di monitoraggio degli ambienti marini costieri caratterizzati da forti input di acqua dolce sia di origine antropica che fluviale. La trofia del sistema, infatti, non è sostenuta soltanto dai Sali inorganici disciolti di azoto, fosforo e silicio ma è fortemente dipendente dal pool di organico sia disciolto che particellato. L’attività degradativi dei microrganismi su queste matrici consente loro di ottenere le sotanze essenziali per la crescita e la duplicazione.
XIX Ciclo
1966
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8

Visintin, Luca. "Realizzazione di un sit finalizzato allo studio delle aree carsiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4513.

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Abstract:
2009/2010
L’obiettivo primo del lavoro di ricerca è stato la creazione di un SIT finalizzato allo studio delle aree carsiche che rispondesse a precisi requisiti; tra tutti, vi era la necessità di progettare uno strumento rapido, intuitivo e di facile consultazione che ponesse l’attenzione non tanto all’aspetto scientifico dello studio del carsismo, bensì ai risvolti applicativi che il fenomeno carsico comporta nella pianificazione territoriale e nella progettazione di infrastrutture in genere. Inoltre, in un’ottica applicativa, si è voluto proporre le linee guida per la standardizzazione e l’informatizzazione dei dati desunti dal rilevamento dei fenomeni carsici in campagna. La costruzione del SIT si è fondata su alcune esperienze lavorative inerenti, per lo più, la progettazione di infrastrutture ferroviarie ed autostradali nell’area del Carso Classico triestino; inoltre, sono state studiate nel dettaglio le possibili applicazioni nel campo dell’idrogeologia carsica, della gestione del territorio e della valorizzazione delle risorse naturali riconoscendo i caratteri distintivi del carsismo ed i loro risvolti applicativi. Dapprima, sono state analizzate le morfologie carsiche in termini genetici ed evolutivi; successivamente, è stata valutata l’eventuale criticità di ciascuna morfologia carsica in rapporto ai diversi usi del territorio e ne sono stati definiti i parametri utili ad una sua descrizione che intrecci il significato scientifico con quello tecnico ed ingegneristico della forma. Definiti tali parametri, si è avviata la progettazione di un Personal GeoDatabase che permettesse l’archiviazione, l’elaborazione e la consultazione dei dati; a tal scopo si è optato per l’utilizzo combinato di ArcGis ed Access per la creazione del Geodatabase e l’utilizzo di AutoCad Map 3D per la digitalizzazione e l’editing dei dati. La raccolta dei dati è partita da una riesamina degli archivi informatici e bibliografici del Dipartimento di GeoScienze dell’Università di Trieste; contemporaneamente, sono stati acquisiti i dati relativi alle cavità ed alla geologia delle aree studio direttamente dalle banche dati della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Sono state definite quattro feature class fondamentali per gli scopi prefissati: Grotte, Doline, Karren e Punti Acqua. Il popolamento dei campi delle tabelle associate alle feature class del Geodatabase è stato integrato con i dati provenienti dai rilevamenti di dettaglio in campagna e da fotointerpretazione. Le relazioni tra feature class e tra le tabelle associate sono state prodotte contemporaneamente sia in ArcGis che in Access; in ArcGis vi è stata la possibilità di interrogare il Geodatabase dal punto di vista statistico creando, contemporaneamente opportune mappe tematiche, in Access, si sono create le maschere per una rapida ed agevole immissione dei dati. I casi studio proposti nella tesi hanno lo scopo di dimostrare l’utilità del SIT in un contesto applicativo importante come quello della progettazione di grandi linee viarie; l’interrogazione statistica dei dati ha premesso di localizzare i tratti dei progetti a diversa criticità per carsismo ed a proporre un criterio decisionale per la scelta dei tracciati ottimali. Uno studio in modalità back analysis relativamente a quanto emerso durante la costruzione di un tunnel autostradale ha restituito un feedback positivo relativamente alla distribuzione dei fenomeni carsici sul territorio indagato; è, infatti, emersa una correlazione tra quanto prevedibile e quanto scoperto durante gli scavi del traforo in termini di zone a maggior o minor grado di carsificazione sotterranea. Pur necessitando di ulteriori implementazioni e verifiche applicative, il SIT creato si propone come base per i futuri lavori di pianificazione territoriale nell’area del Carso Classico; non si esclude, inoltre, la possibilità di adottare la base informatica qui proposta per indagare anche altre aree carsiche con caratteristiche simili a quella su cui è stato indirizzato il lavoro di ricerca.
XXIII Ciclo
1980
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9

Emili, Andrea. "Processi biogeochimici del mercurio all'interfaccia acqua - sedimento in ambiente lagunare." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4656.

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Abstract:
2009/2010
Il ciclo biogeochimico del mercurio all’interfaccia acqua-sedimento in Laguna di Grado e Marano è stato studiato in situ mediante l’utilizzo di due camere bentiche. Lo studio si è posto come parte integrante del progetto di ricerca “Miracle” per la “Messa a punto di un metodo per l'individuazione delle aree da destinarsi alla venericoltura (Tapes philippinarum) a minor rischio di contaminazione da mercurio in Laguna di Marano e Grado". La sperimentazione è stata condotta stagionalmente in due siti adibiti alla semina a scopo sperimentale della vongola filippina (Tapes philippinarum). Il monitoraggio è stato operato isolando una porzione del sedimento per mezzo sia di una camera bentica “chiara” (trasparente alla luce) che di una camera bentica “scura”, allo scopo di valutare l’effetto della luce sui processi biogeochimici del mercurio. Gli esperimenti hanno permesso di stimare il flusso bentico, dal sedimento alla colonna d’acqua sovrastante, del mercurio totale disciolto, del metilmercurio e del mercurio gassoso disciolto. I flussi sono stati, inoltre, confrontati con una analoga sperimentazione condotta in precedenza in Laguna di Grado. I risultati hanno evidenziato un attivo riciclo delle specie mercurifere, soprattutto per quanto riguarda la riduzione del metallo. Il flusso di metilmercurio alla colonna d’acqua può essere fonte di preoccupazione per la nota capacità di bioaccumulo e biomagnificazione di questo metallo negli organismi acquatici, soprattutto nelle aree dove sono sviluppate le attività di pesca ed acquacoltura. L’attività di ricerca si è inoltre indirizzata allo studio di un altro ambiente lagunare, caratterizzato da una forte contaminazione da mercurio, la Laguna di Ravenna (Pialassa Baiona). La sperimentazione ha permesso di evidenziare come le specifiche caratteristiche ambientali di questo ambiente, più che i livelli di contaminazione, influenzino la mobilità del mercurio all’interfaccia acqua-sedimento, limitando apparentemente la produzione della forma metilata, più tossica e facilmente accumulabile. Benché specificatamente per i siti sperimentali di semina di Tapes philippinarum la mobilità del mercurio appaia non trascurabile e suggerisca maggiori approfondimenti sul ciclo del mercurio nell’area, il comportamento del bacino gradese, anche in confronto alla più contaminata Laguna di Ravenna, evidenzia delle condizioni generalmente più favorevoli alla rimobilizzazione del metallo e, in particolare, alla produzione del metilmercurio.
XXIII Ciclo
1976
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10

Treu, Francesco. "Studi per la messa a punto di un sit geologico stratigrafico e geologico applicato:il sit delle sorgenti." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3625.

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Abstract:
2008/2009
Il lavoro di tesi è consistito nella creazione di un Sistema Informativo Territoriale dedicato alle sorgenti d’acqua presenti nel territorio della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il SIT realizzato è stato in grado di rispondere positivamente alle aspettative e ai propositi che ci si era prefissati, ovvero quelli di ottenere un quadro delle conoscenze sulle emergenze d’acqua presenti in regione abbastanza completo e di produrre, al contempo, uno strumento informatico valido, sicuro e flessibile per l’archiviazione e l’elaborazione delle informazioni inerenti le stesse. Il lavoro svolto ha permesso anche di sviluppare alcuni semplici procedimenti, per lo più informatici, d’ausilio alle operazioni di revisione, validazione, omogeneizzazione, assemblaggio e accorpamento di dati e metadati e di individuazione di punti omologhi. Inoltre, il progetto ha permesso di fornire utili suggerimenti per il miglioramento, in previsione futura, della qualità dei procedimenti di rilevamento e di acquisizione dati riguardanti le sorgenti. Il materiale che è stato inserito nel SIT è, al momento, costituito da buona parte di quello reperito presso tre principali fonti di dati, rappresentate rispettivamente dal Dipartimento di Geoscienze dell’Università degli Studi di Trieste, dal Servizio Idraulica della Direzione Centrale all’Ambiente e Lavori Pubblici e dal Dipartimento Provinciale di Udine dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Solo da esse sono state raccolte informazioni relative complessivamente a ben 1342 sorgenti, diventate 934 in seguito alla individuazione dei punti omologhi e all’accorpamento dei dati. Per queste emergenze si dispone ora di una significativa quantità di dati associati (localizzazioni, portate, utilizzi, analisi idrogeochimiche delle acque...) e documentazioni allegate. Il SIT sviluppato, sebbene per certi versi sia da considerare ancora un prototipo e necessiti di alcune implementazioni, si è mostrato uno strumento utile per la gestione ed elaborazione di dati inerenti le sorgenti. Inoltre, malgrado i dati immessi racchiudano al proprio interno ancora alcuni elementi di incertezza e il numero delle sorgenti catastate sia al momento esiguo (se rapportato alla quantità di quelle effettivamente presenti sul territorio), il progetto può già rappresentare un buon quadro di riferimento a livello regionale. Si auspica che esso, con le dovute integrazioni e aggiornamenti, possa divenire nel tempo un efficace strumento per la programmazione delle strategie volte alla tutela e alla gestione delle acque sorgive. Andando in dettaglio, la creazione del SIT è stata una operazione molto complessa, che si è svolta in più fasi, eseguite in sequenza, in parallelo o secondo cicli iterativi. L'analisi dei requisiti è avvenuta in parallelo alla raccolta e disamina dei dati e metadati ed è servita ad ottenere le informazioni necessarie per la pianificazione dello sviluppo del SIT. L’analisi dei requisiti informatici, in particolare, è stata compiuta all’inizio del progetto, al fine di poter essere quanto prima operativi. Essa è stata condotta in parallelo, per garantire la piena compatibilità e interoperabilità, ed ha portato alla scelta di Windows quale Sistema Operativo (nelle versioni XP Pro e Vista) e di Microsoft Access e ESRI ArcGIS quali software RDBMS e GIS rispettivamente. L’accoppiata software si è rivelata vincente, grazie anche alla piena interoperabilità conseguente alla scelta dell’utilizzo del Personal Geodatabase quale modello di dati. L’utilizzo di quest’ultimo è stato ritenuto più che sufficiente per le finalità del progetto di lavoro, avvenuto in configurazione “stand alone” (qualora sorgesse la necessità di un passaggio in versione “multiutente in scrittura” o “web”, entrambi i software permettono una vasta gamma di possibilità di conversione del modello e formato di dati in configurazioni di tipo “client server” e “web gis”). La raccolta dei dati e metadati relativi alle sorgenti d’acqua della Regione Friuli Venezia Giulia è stata svolta in parallelo all’analisi dei requisiti del SIT ed è stata accompagnata da nuove operazioni di rilevamento e acquisizione dati, eseguite nell’ambito delle collaborazioni alle attività di ricerca del Dipartimento di Geoscienze. La ricerca bibliografica si è concentrata dapprima sul materiale già a disposizione del Dipartimento di Geoscienze (che ha ereditato i lavori e la mole di dati raccolti ed elaborati dall’ormai divenuto ex Dipartimento di Scienze Geologiche Ambientali e Marine, assorbito in esso all’inizio dell’anno 2010). Successivamente, l’attenzione si è rivolta a fonti esterne. Complessivamente è stata raccolta una notevole mole di documenti e dati, allo stato cartaceo o già digitali, questi ultimi però distribuiti “a macchia di leopardo” sul territorio e caratterizzati da dissimiglianze, disomogeneità e gradi di qualità non sempre comparabili, conseguenti alla provenienza da diverse tipologie di fonti informative. La fase successiva, relativa alla correzione dei dati reperiti e alla definizione di criteri di accettazione, è avvenuta avvalendosi di procedure informatiche e si è resa indispensabile per garantire standard di qualità e precisione al progetto. L’identificazione delle problematiche connesse ai dati, inoltre, ha messo in evidenza la necessità di dover disporre, già in fase di controllo e validazione, delle funzionalità di ArcGIS. Questa esigenza è nata soprattutto per facilitare la revisione delle coordinate e l’individuazione dei punti d’emergenza omologhi presenti nelle fonti considerate, operazioni difficili da eseguire in ambiente “non GIS” a causa dell’utilizzo da parte dei diversi studi di una propria codifica per la denominazione delle sorgenti. Uno degli obiettivi dello sviluppo di una base di dati, infatti, è anche l’eliminazione di dati ridondanti e duplicati al fine non solo di ottimizzare le prestazioni, ma soprattutto di accrescere la valenza degli stessi e di consentirne l’analisi integrata. A tal fine è stato creato, fin da subito, un abbozzo del Personal Geodatabase dotato di tematismi accessori integrati, appositamente prodotti a partire da altri già esistenti, atti all’uopo. Le procedure messe in atto, hanno permesso l’assemblaggio e l’accorpamento delle informazioni in un’unica fonte di riferimento priva di duplicati. Parallelamente a queste operazioni è avvenuta la progettazione del Personal Geodatabase vero e proprio, dapprima solo a livello concettuale, quindi logico e poi fisico. La progettazione delle numerose tabelle degli attributi relative alle sorgenti è avvenuta in ambiente Access, tenendo in considerazione non solo le tipologie di dati reperiti ma anche di quelli non ancora acquisiti e tuttavia non meno importanti. Tutto ciò è stato compiuto in prospettiva futura, al fine di creare dei procedimenti di rilevamento e di acquisizione dati il più possibile completi e standardizzati. In visualizzazione struttura, sono stati poi definiti il tipo di dati e le chiavi primarie, sono state compilate le descrizioni ed impostate le dimensioni dei campi, inserite le etichette, le regole di convalida, i domini di esistenza ed eventuali messaggi di errore. Fra le tabelle sono state create complessivamente 22 relazioni, del tipo sia uno a uno, sia uno a molti, dirette o concatenate. Inoltre, al fine di aggiungere funzionalità e consentire un livello maggiore di automazione, sono state sviluppate delle query, alcune solo di semplice utilità, talune di conteggio, altre ancora di calcolo (in particolare dei parametri idrogeochimici), ed inserite macro, richiamate da pulsanti di comando o da eventi associati alle maschere, e tre moduli di codice VBA. Le numerose maschere prodotte contengono codice VBA, destinato all'automazione degli elementi contenuti tramite utilizzo di routine, fanno richiamo alle macro e sono tutte dotate di pulsanti di comando. Esse dispongono, inoltre, di funzionalità di ricerca e di filtraggio avanzate e di autocompilazione delle chiavi su cui si basano le relazioni. Il principale metodo di visualizzazione adottato è consistito nell’utilizzo di più maschere, collegate e sincronizzate fra loro, che possono venire aperte o chiuse a scelta (tramite pulsanti di comando o in automatico, a seconda che contengano o no dati). Questa funzionalità peculiare è stata resa possibile per mezzo di moduli e di macro appositamente create. Con questa tecnica è stato possibile: 1) ridurre l’affollamento dello schermo; 2) consentire il confronto diretto delle informazioni che risiedono in maschere differenti; 3) facilitare l’utilizzo della maschera principale; 4) rendere più veloce il passaggio da record a record. Altra caratteristica degna di interesse è rappresentata dalla funzionalità di multi istanza, che permette di eseguire un qualsivoglia numero di istanze dalla stessa maschera. Questa opportunità si è mostrata molto utile per le operazioni di confronto dati fra maschere dello stesso tipo. Oltre a ciò, al fine di agevolare il più possibile l’inserimento manuale dei dati e ridurre gli errori di compilazione, nelle maschere si è cercato di massimizzare l’utilizzo di: 1) valori di controllo, regole di convalida e domini di esistenza; 2) caselle di controllo ActiveX; 3) funzioni di calcolo e di autocompilazione, tramite query richiamate da routine evento e macro; 4) caselle combinate (di tre tipologie). Successivamente, sempre operando in ambiente Access, sono stati inseriti dei report. Questi sono stati strutturati in maniera tale da ricalcare grossomodo le principali maschere realizzate e da fungere anche da schede di rilevamento. La progettazione del Personal Geodatabase, ovviamente, è stata svolta in seguito anche in ambiente ArcGIS, creando le Personal Geodatabase Feature Class, ridefinendo le relazioni ed effettuando l’operazione di “Join Data”. Terminato lo sviluppo del SIT e le operazioni di assemblaggio dei dati e di popolamento delle tabelle degli attributi, ci si è approntati alla fase di collaudo. I test eseguiti, consistiti nell’inserimento e visualizzazione, nell’editing (sia in ArcMap delle Feature Class, sia in Access delle tabelle degli attributi) e nell’elaborazione e analisi spaziale dei dati, hanno dato riscontri positivi ad indice della buona funzionalità del SIT prodotto.
XX Ciclo
1968
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11

Zavagno, Enrico. "Interazione tra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7348.

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Abstract:
2010/2011
Riassunto: Nell’ambito del dottorato è stata esaminata l’interazione tra le acque marine e le acque di falda in un’area della Bassa Pianura Friulana che si colloca all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) della Laguna di Grado e Marano. Il SIN è stato oggetto di diversi studi da parte dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG). Per questo motivo è stata instaurata una collaborazione in particolare con il Settore Laboratorio Unico Regionale – Laboratorio di Udine, che negli anni si è occupato di definire e valutare l’influenza e gli effetti dell’interazione tra le acque lagunari e le falde sotterranee. Quanto elaborato conferma ed integra le teorie ed i risultati sviluppati da ARPA FVG e fornisce ulteriori dati e prove della presenza e degli effetti del cuneo salino. La ricerca ha permesso di approfondire le conoscenze relative all’interazione fra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana. Questo fenomeno si verifica laddove le acque saline del mare e della laguna risalgono i tratti terminali dei corsi d’acqua (ingressione marina) e, infiltrandosi all’interno dei depositi permeabili che ne costituiscono l’alveo, raggiungono le falde sottostanti determinandone la salinizzazione (intrusione salina). Tutti i corsi d‘acqua della Bassa Pianura Friulana sono soggetti ad ingressione marina, la cui intensità dipende dalle portate e dalla morfologia del loro alveo. Per questo si sono effettuati profili di conducibilità elettrica e temperatura all’interno di alcuni dei principali corsi d’acqua e dai dati ottenuti si è elaborata una mappa relativa alla massima ingressione marina. All’interno degli alvei dei Fiumi Aussa, Corno e Stella, inoltre, sono state installate delle stazioni di misura con sonde per il monitoraggio in continuo dei valori di conducibilità elettrica, temperatura ed oscillazione del livello piezometrico. La stazione di monitoraggio sul Fiume Corno (che ricade all’interno del SIN della Laguna di Grado e Marano), data la sua posizione strategica, è stata mantenuta attiva per un periodo di 7 mesi, permettendo di effettuare delle comparazioni dei parametri registrati in continuo con i dati di livello del mareografo di Marano Lagunare (Protezione Civile) e con quelli registrati all’interno di diversi piezometri. L’elaborazione informatica di nuovi dati stratigrafici raccolti per questa parte del SIN della Laguna di Grado e Marano si è concretizzata in un modello idrostratigrafico (dal piano campagna a 35 m di profondità), basato sul grado di permeabilità dei depositi che costituiscono l’area oggetto dello studio delle falde sotterranee. Dal modello sono state estratte diverse sezioni che hanno evidenziato la presenza di tre falde principali. La più superficiale, falda “0”, posta tra 0 e 5 m da p.c., è caratterizzata da una forte discontinuità laterale e da materiali a moderata permeabilità. La falda intermedia, falda “1”, è posta generalmente fra 8 e 20 m da p.c., è continua lateralmente ed è costituita prevalentemente da materiali permeabili. La falda più profonda, falda “2”, è posta fra 25 e 35 m da p.c., costituita da materiali permeabili, risulta discontinua alla scala considerata (questa falda non è stata oggetto di studio dal punto di vista geochimico). Diverse sezioni idrostratigrafiche trasversali al Fiume Corno hanno messo in evidenza che in alcuni tratti l’alveo del fiume poggia direttamente su materiali permeabili, che permettono la comunicazione tra le acque del fiume e le falde “0” e “1”, causandone la salinizzazione. Per determinare le caratteristiche geochimiche delle acque sotterranee nell’area di studio, sono stati monitorati, con diverse metodiche, 41 piezometri. Per ognuno di essi è stato effettuato almeno un profilo di conducibilità elettrica e temperatura per verificare le variazioni di questi due parametri con la profondità. Si sono quindi evidenziati i piezometri al cui interno sono presenti acque saline stratificate, significative della miscelazione delle acque di falda con quelle marine. Per mezzo di sonde multiparametriche sono stati monitorati in continuo 13 piezometri, di cui 2 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “0” e i restanti 11 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “1”. I valori dei livelli piezometrici hanno evidenziato oscillazioni con frequenze paragonabili a quelle delle maree e ampiezze attenuate in modo differente da piezometro a piezometro. Confrontando i dati ottenuti con quelli relativi alle misure in continuo effettuate all’interno del Fiume Corno, è stata verificata la presenza di una relazione, in 6 piezometri, tra il corso d’acqua superficiale e le due falde sottostanti, confermando quanto mostrato dalle sezioni idrostratigrafiche. Inoltre, i valori di conducibilità elettrica, ottenuti dalle misure in continuo, hanno confermato ancora una volta quanto già evidenziato dai profili verticali e cioè la presenza di acque di origine marina. A supporto delle misure in continuo e dei profili verticali di conducibilità elettrica e temperatura, sono stati effettuati numerosi campionamenti puntuali volti a caratterizzare dal punto di vista geochimico le acque sotterranee. Per quanto concerne la geochimica tradizionale sono stati prelevati campioni d’acqua per la determinazione di: pH, Eh, T, EC, O2, S2- e Fe tot. Questi parametri sono stati utili per definire alcune peculiarità delle falde monitorate. La determinazione delle concentrazioni di ferro totale disciolto, abbinato alle misure di EC effettuate in diverse condizioni di marea, si è dimostrata utile per definire un metodo di campionamento il più possibile idoneo, ripetibile e riproducibile in funzione delle specifiche problematiche presenti nell’area di studio. Il metodo infatti tiene in considerazione variabili di campo quali tempo, volumi e velocità di spurgo, posizione della pompa, diversi pretrattamenti del campione e variabili esterne come la marea, che possono modificare i valori dei principali parametri fisici e le concentrazioni degli ioni presenti nelle acque prelevate, così da ottenere un campione il più possibile rappresentativo della falda monitorata. Per 18 piezometri sono stati resi disponibili dal Laboratorio Unico Regionale - ARPA FVG i dati relativi ai principali componenti chimici, provenienti dalle campagne di monitoraggio degli anni compresi fra il 2006 e il 2011. Questi dati sono stati utili per determinare le facies chimiche a cui appartengono le acque presenti nella falda “0” e “1”. Attraverso l’elaborazione di diagrammi qualitativi si è potuta verificare la presenza di acque a facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca, a facies cloruro alcalina e acque a composizione intermedia. Si è dunque avuta la conferma, anche dal punto di vista chimico, della presenza di acque dolci (facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca) mescolate con diverse intensità ad acque di origine marine (facies cloruro alcalina). Risolutiva è infine stata la determinazione, per alcuni piezometri, dei valori di δ18O e δD. I valori dei rapporti isotopici di alcuni piezometri sono risultati maggiori rispetto ai valori isotopici medi delle piogge locali ad ulteriore conferma della presenza di miscelazione fra acque di falda e acque di origine marina. Inoltre, a seguito di campionamenti effettuati ad intervalli regolari durante lo spurgo di alcuni piezometri, si è osservato una decisa variazione dei rapporti isotopici nel tempo, evidentemente dovuta al richiamo di acque a composizione isotopica diversa da quella che caratterizza la falda all’inizio dell’emungimento. Si può quindi affermare con sicurezza che le acque saline del mare, attraverso la laguna, risalgono per ingressione marina il Fiume Corno per diversi chilometri e in corrispondenza dei depositi più permeabili che costituiscono l’alveo si infiltrano, mescolandosi con le acque dolci che caratterizzano la falda “0” e la falda “1” sottostanti. I risultati ottenuti confermano in modo inconfutabile alcune delle tesi già maturate ed affermate da ARPA FVG per il SIN di Grado e Marano (Lutman A. & Pezzetta E., 2007; Pezzetta E. & al., 2008; Pezzetta et al., 2011) La tesi in oggetto costituisce la chiave di volta per spiegare la presenza di squilibri nel chimismo delle acque sotterranee derivanti dalle naturali interazioni con la laguna ed il mare. Di conseguenza supporta e approfondisce le relazioni formulate dall’Agenzia sui valori di fondo nell’area del SIN e risulta di fondamentale importanza per lo sviluppo attuale e futuro dell’area industriale. Inoltre, in generale fornisce indicazioni utili e suggerimenti pratici in merito al corretto, efficace ed efficiente monitoraggio delle acque sotterranee in aree soggette al cuneo salino.
XXIV Ciclo
1981
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12

Barison, Erika. "Il contributo dei dati sismici per la valutazione delle risorse idriche e geotermiche della pianura friulana." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2764.

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Abstract:
2006/2007
L’attività di ricerca svolta in questi tre anni di dottorato ha coperto vari campi d’interesse nell’ambito della geologia e della geofisica con l’acquisizione, elaborazione ed interpretazione di dati sismici a riflessione ad alta risoluzione e l’applicazione alle ricostruzioni stratigrafiche per studi idrogeologici. I dati preesistenti da cui si è partiti sono state la “Mappa del Tetto dei Carbonati” e la “Mappa delle Isobate del Quaternario”, presentate all’interno del quaderno “Carta del Sottosuolo della Pianura Friulana” e realizzate dal DICA nel 2004 (Nicolich et al., 2004). Esso contiene anche cinque sezioni geologiche, derivate dall’interpretazione e conversione in profondità di linee sismiche, che attraversano la Pianura Friulana e Veneta orientale, e le stratigrafie dei pozzi per ricerche di idrocarburi presenti nel territorio. Queste mappe sono state riviste e corrette attraverso una serie di nuovo dati acquisiti nel corso di questi tre anni. Il primo passo è stato l’acquisizione di 8 km di linee sismiche a riflessione ad alta risoluzione, distribuite nei territori dei comuni di Aquileia (una linea lunga 4 km) e Grado (tre linee, per un totale di 4 km). Le linee sismiche hanno permesso di vedere in dettaglio la struttura del sottosuolo nell’area in studio. Le linee acquisite a Grado, inoltre, sono servite per posizionare il pozzo Grado-1. Con gli stessi criteri usati per l’interpretazione di queste linee sismiche è stata rivista la linea sismica ad alta risoluzione realizzata precedentemente dal DICA nel settore occidentale, nel territorio del comune di Precenicco. Successivamente sono state interpretate le linee sismiche a riflessione ad alta e altissima risoluzione, acquisite dall’OGS nel Golfo di Trieste e nelle Lagune di Marano e Grado. Tutti questi dati, una volta convertiti in profondità, hanno fornito le informazioni necessarie per l’estensione in mare delle due mappe prima citate. Lo scopo di questo lavoro è stato la definizione delle risorse geotermiche nel sottosuolo della Bassa Pianura Friulana. Per raggiungere questo obiettivo sono stati raccolti ed analizzati i dati da pozzo per ricerche idriche più affidabili presenti nella Bassa Pianura Friulana. In particolare sono state correlate le stratigrafie di 142 pozzi e, mediante l’utilizzo di un opportuno software commerciale (Rockworks), sono state identificati e definiti i sistemi di acquiferi di interesse geotermico esistenti nel sottosuolo, anche grazie all’ausilio di analisi geochimiche ed isotopiche effettuate dal gruppo di lavoro in pozzi scelti per un monitoraggio su lunghi tempi. La sequenza degli acquiferi è stata anche riportata sulle linee sismiche ad alta risoluzione acquisite a terra con il riconoscimento degli orizzonti riflettivi corrispondenti. Il risultato è stato illustrato con sezioni stratigrafiche 2D e successivi modelli interpretativi che mostrano estensione e spessori degli acquiferi, mappati in profondità con i corrispondenti valori di temperatura delle acque. Un lavoro analogo a quello svolto per i profili a terra e a mare nella Bassa Pianura e nel Golfo di Trieste, ovvero interpretazione e conversione in profondità dei dati, è stato eseguito per altre linee sismiche, acquisite preminentemente nell’Alta Pianura Friulana alla fine degli anni ’70 dall’Agip, concesse dalla stessa per tempi di riflessione fino a 1,5 s TWT, e ri-processate dall’OGS, su incarico della RAFVG, per recuperare dati più prossimi alla superficie con obiettivo applicazioni idrogeologiche. Le linee, interpretate sulla base delle conoscenze geologiche attuali e convertite in profondità, oltre a fornire le informazioni necessarie per il controllo e una migliore definizione delle Isobate del Tetto dei Carbonati e delle Isopache del Quaternario, mettono in evidenza le strutture geologiche del sottosuolo della pianura friulana, identificando la catena dinarica sepolta e le deformazioni sud-alpine. Le immagini chiariscono anche l’evoluzione delle strutturazioni tettoniche e delle sequenze deposizionali, con delimitazione dei riempimenti con i Flysch dinarici, con le sequenze mioceniche legate all’avanzamento delle unità sud-alpine, a partire dalla formazione indicata come Gruppo della Cavanella. Più in superficie è stata esaminata l’evoluzione delle sequenze plio-quaternarie con una migliore precisazione delle formazioni che costituiscono la base dei depositi dql Quaternario: substrato occupato dai carbonati mesozoici, dal Flysch eocenico, dalle molasse del Miocene e infine l’estensione del bacino di deposizione delle sequenze plioceniche.
XX Ciclo
1979
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13

Hubina, Tatsiana. "Development of a GIS to estimate the effect of abiotic factors on the abundance of waterbirds in the Grado-Marano Lagoon." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3168.

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Abstract:
2007/2008
L’obiettivo di questa tesi è valutare l’influenza di vari fattori biotici e abiotici che possono influenzare l’abbondanza degli uccelli acquatici nella laguna di Grado e Marano. La laguna di Grado e Marano è situata nel NE del mare Adriatico e ha un’estensione approssimativa di 160 km2. Il passo introduttivo nell’implementazione della struttura del progetto è stato individuare un sistema innovativo per la raccolta, la standardizzazione e l’archiviazione dei dati ornitologici. Immagini satellitari ASTER sono state utilizzate per classificare differenti tipi di habitat, incluse le praterie di fanerogame. Nel Sistema Informativo Geografico sono state incluse quattro variabili abiotiche (azoto e fosforo totale, salinità e tessitura del sedimento) e tre fattori biotici (comunità bentonica, praterie di fanerogame e l’abbondanza degli uccelli acquatici presenti (Mean values: December 2006, January and February 2007), raggruppati in unita funzionali o guilds). Una griglia UTM con celle di grandezza 1km x 1km (Operational Geographic Units, OGU), è stata sovrapposta all’intera laguna. Per definire le unità ecologiche sono state applicate la classificazione gerarchica e l’analisi delle componenti principali. Da ultimo è stata usata l’analisi di corrispondenza per esaminare la relazione tra uccelli acquatici raggruppati in guilds e le unità ecologiche. L’integrazione dei metodi standard di censimento con i database relazionali per archiviare e analizzare i dati ornitologici, con le tecniche di telerilevamento e di GIS e con i metodi di analisi multivariata, rappresenta un set di strumenti efficienti e potenti per il monitoraggio integrato della laguna. Il soddisfacente risultato ottenuto si potrebbe applicare per ottenere un miglioramento della struttura gestionale di numerose zone umide dell’Adriatico. The purpose of this thesis is to estimate the influence of several biotic and abiotic factors on the abundance of waterbirds in the Grado-Marano Lagoon. The Grado-Marano Lagoon is situated in the Northeast of the Adriatic Sea with an extension of approximately 160 km2. Design of an innovative system for ornithological data gathering, standardisation and storage has been an initial step in the whole project structure. Waterbirds census was carried out by periodically monitoring the bird population over a two-year period (July 2006- July 2008). The present research is making use of the integrated waterbirds census database December 2006 - February 2007 (Daylight Time Counts completed by Aerial Surveys). Terrestrial and aerial survey methods allowed us to describe bird density and habitat use. An Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection Radiometer (ASTER) satellite images were utilized to classify different types of morphologies and habitat, including sea grass meadows. Four abiotic factors (total nitrogen, total phosphorous, salinity and sediment texture) and three biotic factors (benthic community, sea grass meadows and waterbird guild abundance) were integrated into a GIS. The flexibility of the procedure proposed in this PhD research depends on the concept of the Operational Geographic Unit (OGU) as a useful tool to integrate in a GIS georeferenced multisource data A regular UTM grid of square cells (OGU), 1km × 1km, was superimposed on the entire lagoon. Using the Hierarchical Cluster Analysis technique it was possible to delineate ecological units (clusters of OGUs) and Principal Component Analysis was used to reduce the dimensionality of the factors considered. Subsequently, Correspondence Analysis (CA) was used to examine the relationship between waterbird guild abundance and ecological units. The results obtained from this study show that sea grass meadows represent a fundamental trophic resource for aquatic birdlife in the lagoon. It is therefore indispensable to assess the distribution of phanerogam meadows and to identify the principal ecological parameters. In this context, GIS techniques allow us to integrate significant amounts of environmental data and multivariate analysis helps us to reduce the dimensionality of the data set. The integration of standard waterbirds census methods, relational databases for the ornithological data storing and analysis, remote sensing techniques, GIS technologies and multivariate statistical methods provides us with a set of powerful and efficient tool for lagoon integrated monitoring. It demonstrates the promising potentials in reforming the management frameworks of the numerous coastal wetlands in the Adriatic.
XXI Ciclo
1979
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14

Khodayari, Nahid. "Implementation of LiDAR data in hydrological model TOPMODEL for predicting flood: Monticano River case study." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7349.

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Abstract:
2010/2011
The semi-distributed rainfall-runoff model, TOPOMODEL is applied to predict the ‎response of Monticano River basin to rain events. TOPMODEL is a topographic based ‎model in which the topographic index has an essential role. Topographic index is a ‎function of the Digital Elevation Model (DEM) resolution. ‎ The high resolution LiDAR data with 1-2 points per meter square, is used as ‎topographic data to generate DEMs, calculate the topographic index as well as extracting ‎the hydrological features. Due to significant effect of the DEM resolution on the ‎topographic index and hydrological features accuracy, different DEMs with 25 m, 50 m, ‎‎100 m and 200 m grid size are generated using LiDAR data. Comparing the density ‎function of topographic index with different resolutions indicate that by decreasing the ‎resolution there is a shift toward the higher values as well as increasing the topographic ‎constant λ from 7.36 for 25 m resolution to 10.32 corresponding to 200 m grid size.‎ TOPMODEL is applied to simulate the six events namely; 20-21 December 1997, 6-7 ‎November 2000, 10-12 August 2002, 21-23 January 2003 , 31 October-1November 2004 ‎and 22-26 December 2009. The model successfully simulates flood levels, with respect to ‎both their extent and to peak time.‎ The sensitivity analysis for scale parameter m and lateral transmissivity T0 shows that ‎the coefficient m affects much more than T0 on the hydrograph shape and peak value.‎ The effect of DEM resolution on the model results is examined. The model results are ‎different, but the differences are very small except for events 2003 and 2009. The results ‎of simulations based on 25 m grid size are very close to those of 50 m grid size, while the ‎simulated discharges using 100 m and 200 m grid size are overestimated.‎ The efficiency of the simulations are calculated for all events using different ‎topographic index distributions. The efficiency of model is in a range of 0.86 for event ‎‎2009 to 0.99 for event 2002. The high values of efficiency can be due to effect of accurate ‎topographic index distribution and hydrological features extracted from high resolution ‎topographic data.‎ The simulation based on DEM with 25 m resolution shows slightly higher efficiency ‎values. This means that generating higher resolution DEM with respect to suggested 50 m ‎grid size for TOPMODEL, may give a more accurate output as it is evident from this ‎study.‎
XXIV Ciclo
1980
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15

Romeo, Roberto. "Studio geofisico integrato ad alta risoluzione dei depositi marini e della struttura del substrato della riviera di Miramare (Golfo di Trieste)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3205.

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Abstract:
2007/2008
L’obiettivo della presente tesi di Dottarato è lo studio della sequenza sedimentaria marina e continentale e del substrato di Flysch sottostante, presente nella Riviera di Miramare (Golfo di Trieste) al fine di comprendere l’evoluzione deposizionale e tettonica dell’area. A tale scopo è stato eseguito uno studio geofisico integrato con cinque metologie geofisiche marine ad alta risoluzione, due di tipo sismico e tre di tipo Sonar: 1. Sub-bottom profiler Boomer; 2. Sub-bottom profiler CHIRP; 3. Singlebeam Echosaunder (SBES); 4. Multibeam Echosounder (MBES); 5. Side Scan Sonar (SSS). I rilievi sub-bottom profiler Boomer e CHIRP hanno fornito le informazioni necessarie per l’interpretazione del basamento acustico costituito dal Flysch eocenico, con da morfologia caratterizzata da scarpate e piattaforme costiere di origine tettonica ed erosione marina, le strutture tettoniche principali, e dei sedimenti marini e continentali quaternari, con strutture progradanti HST oloceniche e pleistoceniche, depositi fluviali e canali sepolti ricollegabili ad una rete idrica superficiale. I rilievi Sonar Singlebeam, Multibeam e Side Scan Sonar, ad alta frequenza, hanno permesso di rilevare la batimetria e la morfologia dei fondali marini antistanti la riviera di Miramare e Barcola, all’interno della Riserva Naturale Marina di Miramare. E’ stata realizzato un modello tridimensionale digitale del fondo mare e una cartografia tematica ove sono riportate le batimetrie con isobate a 1 m, le morfologie rocciose sub-affioranti, la tessitura dei depositi sedimentari e le forme di fondo, inoltre alcune praterie di fanerogame, ormeggi, relitti e condotte sottomarine. Nel Capitolo 1 – Introduzione è esposto il tema della Ricerca di Dottorato in Scienze Ambientali, sono descritti i principali obiettivi del lavoro e una sintesi dello stato dell’arte sul tema proposto. Nel Capitolo 2 - Inquadramento geologico e studi precedenti sono presentate una descrizione generale del Golfo di Trieste, con le caratteristiche delle coste, la batimetria e la geomorfologia del fondale marino, il mare (correnti e clima), la geologia della Provincia di Trieste (la Formazione dei Calcari del Carso Triestino e la Formazione del Flysch di Trieste), i depositi recenti continentali e marini, datazioni di sedimenti recenti, gli studi geofisici marini precedenti, gli aspetti strutturali, una ricostruzione paleogeografica generale, la sismicità, i sondaggi geognostici presenti in bibliografia ed utilizzati nella taratura sismo-stratigrafica e nella conversione tempi in profondità dei profili sismici, un inquadramento topografico dell’area oggetto di studio e la descrizione del Parco WWF della Riserva Naturale Marina di Miramare. Nel Capitolo 3 - Acquisizione dati sismici e morfo-batimetrici sono descritte le imbarcazioni utilizzate nei rilievi geofisici, il sistema di riferimento adottato, le metodologie adottate, la strumentazione utilizzata, ed i rilievi relativi ad ogni metodologia ad alta risoluzione che è stata esaminata nel lavoro di dottorato. Nel Capitolo 4 - Elaborazione dati e conversione tempi-profondità vengono descritte le procedure per l’elaborazione dei dati geofisici digitali, suddivisi per paragrafi separati per ogni metodologia utilizzata, i sistemi di taratura e le operazioni per la conversione della scala verticale da tempi (TWT two way time) in profondità metrica con l’ausilio delle stratigrafie dei sondaggi geognostici. Il Capitolo 5 - Interpretazione geologica e geomorfologia: risultati e discussione comincia con una valutazione qualitativa fra la metodologia sub-bottom Boomer e quella Chirp. Si prosegue con l’interpretazione sismostratigrafica delle sezioni sismiche Boomer, valutate con miglior risoluzione e maggior penetrazione investigativa. E’ stato interpretato il basamento acustico in Flysch caratterizzato da una serie di scarpate e piattaforme di origine erosiva e tettonica, e in prossimità della costa da faglie inverse relative alla struttura dinarica. E’stata interpretata la successione di depositi sedimentari Quaternari, distinta in diverse facies acustiche separate da orizzonti significativi, in cui sono stati riconosciuti il piano di emersione riferibile al massimo glaciale würmiano e i soprastanti deposti marini olocenici con il cuneo progradante di stazionamento alto, e la correlazione di un cuneo progradante a profondità compresa fra 45 e 50 metri, relativo allo stazionamento alto probabilmente della base Pleistocene Superiore (125.000 anni fa), datate attraverso la correlazione con datazioni dei sedimenti nel Golfo di Trieste e mediante l’utilizzo delle curve eustatiche. Segue l’interpretazione batimetrica e geomorfologica dell’area di Miramare e Cedas, con la descrizione del DTM generato dai dati Multibeam e con la descrizione degli elementi riconosciuti nei rilievi Side Scan Sonar, con la mappatura del substrato roccioso sub-affiorante e di blocchi isolati, la tessitura dei sedimenti e delle forme di fondo, la mappatura di facies biologiche delle praterie di fanerogame, ormeggi, relitti e condotte sottomarine. Nel Capitolo 6 – Conclusioni vengono sintetizzate le metodologiche utilizzate, evidenziando i metodi di elaborazione del dato per migliorare la risoluzione, ed i risultati dell’interpretazione che ha permesso la ricostruzione dell’evoluzione del Pleistocene Superiore e dell’Olocene nell’area di studio. Viene infine descritta in un modello tridimensionale una sintesi dei risultati della Ricerca di Dottorato.
The aim of the present thesis is the study of the marine and continental sedimentary sequences and of the underlying Flysch bedrock occurring in the Riviera di Miramare (Gulf of Trieste), to enhance the comprehension of the sedimentary and tectonic evolution of the area. An integrated geophysical study with five different geophysical methodologies, has been done. The first two methodologies are seismic, while the last three belong to the sonar kind: 1. Sub-bottom profiler Boomer; 2. Sub-bottom profiler CHIRP; 3. Singlebeam Echosaunder (SBES); 4. Multibeam Echosounder (MBES); 5. Side Scan Sonar (SSS). The Sub-bottom profiler Boomer and CHIRP surveys provide information for the interpretation of the acoustic basement constituted by the Eocene Flysch, with the morphology characterized by escarpments and shore platforms of tectonic and marine erosion origin, the main tectonic structures, and the Quaternary marine sediments, with Holocenic and Pleistocenic prograding HST features, fluvial deposit and buried channels linked to the subaerial hydrographic network. The Singlebeam Sonar, the Multibeam Sonar and the Side Scan Sonar high-frequency surveys allowed to investigate the bathymetries and the morphologies of the sea bottom in front of the Miramare seacoast and Barcola, within the Natural Sea Reserve. It has been produced a three-dimensional digital model of the sea bottom as well as a thematic cartography with 1 m interval isobaths, the sub-outcropping rock, the weaving of the sedimentary deposits and the bottom shapes, some prairies of marine phanerogams, moorings, marine wrecks and submarine conducts. Chapter 1 - Introduction. I have explained the subject of my research for the Ph.D. in Environmental Sciences, where I have described the main purposes of the work and a summary of the state of the art of the above subject. Chapter 2 – Geological note and bibliography. I have provide a general description of the Gulf of Trieste with some notes on the seacoasts, the bathymetry and the geomorphology of the sea bottom, the sea (currents and climate), the geology of the Province of Trieste (formation of Trieste Karst’s limestones and Flysch), the recent continental and sea deposits, the previous marine geophysical studies, the structural framework, the seismicity, the geognostic surveys (four wells) used to seismostratigraphic calibration and for times to depth conversion, a general paleogeographic reconstruction, a topographic framework of the examined area and the description of the WWF Park inside the Natural Marine Reserve of Miramare. Chapter 3 – Acquisition seismic and morpho-bathimetric data. I have described the seismic and morphobathymetric data acquisition, the boats used for the geophysical surveys, the reference system, a short description of the methodologies, and then in detail the instruments and the surveys of every high-resolution methodology which has been examined during the Ph.D. Chapter 4 – Geophysical data processing and times-depth conversion. For each methodology I have described the procedures of calibration system and data processing, and the operations for times to depth conversion, using the stratigraphies of geognostic surveys. Chapter 5 - The geological and geomorphological interpretation: results and discussion, begins with a qualitative assessment between the Sub-bottom Boomer and the Chirp methodologies, continuing with the seismic-stratigraphic analysis of the Boomer seismic sections, evaluated with a better resolution and penetration. The seismic interpretation provide the identification of the Flysch bedrock, characterized by escarpments and shore platforms of marine erosion and tectonic origin and by inverse faults related to the coastal Dinaric thrust. Different acoustic facies have been identified in the Quaternary sediment: the sub-aerial surface dating back to the Würm glacial maximum overlying by marine deposit and close to the coast by the Holocenic prograding wedge of HST, the 45-50 m deep prograding wedge of HST probably related, according to the eustatic curves, to the base of the Late Pleistocene (125.000 year B.P.). Then, it is described the bathymetric and geo-morphological interpretation of the areas of Miramare and Cedas, together with the DTM created by the Multibeam data, the identified elements in the Side Scan Sonar surveys and the mapping of the rock sub-outcropping substrate and isolated blocks, ripples, bottom shapes, biological facies as the prairies of marine phanerogams, moorings, marine wrecks and submarine conducts. Chapter 6 - Conclusions. I have described the methodological conclusions, pointing out the processing methods in order to improve the resolution, as well as the experimental conclusions, to highlight and comment upon the results which I have obtained from the data processing and the interpretation. In the end I have presented through a three-dimensional model a summary of the results of the Ph.D. research.
XX Ciclo
1971
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16

Gervasio, Isabella. "Caratterizzazione di sito per la gestione delle risorse idriche sotterranee mediante metodi geofisici integrati." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7342.

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Abstract:
2010/2011
Il presente lavoro affronta lo studio di due problematiche idrogeologiche complesse e molto diverse tra loro, mediante un approccio geofisico integrato con le indispensabili indagini geologiche e idrogeologiche: (1) caratterizzazione delle risorse sotterranee solforose in ambiente montano al fine di localizzare una o più aree adatte alla perforazione e quindi all’estrazione di acque solforose; (2) caratterizzazione idrogeofisica di un area golenale soggetta a forti eterogeneità locali che possono influenzare il flusso, alterando consistentemente la conduttività idraulica. I risultati delle indagini geofisiche costituiscono nei casi descritti un indispensabile supporto funzionale per comprendere approfonditamente le aree studiate con particolare riguardo alla ricostruzione dei sistemi acquiferi, circuiti idrogeologici e disponibilità di risorse idriche e termali al fine di realizzare un'azione progettuale ingegneristica mirata e consistente.
XXIV Ciclo
1977
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17

Cimolino, Aurelie. "Caratterizzazione delle risorse geotermiche della bassa pianura friulana (regione FVG)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3620.

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Abstract:
2008/2009
Scopo della ricerca. La ricerca di dottorato è mirata allo studio delle risorse geotermiche profonde (acquiferi profondi e sub superficiali) presenti nel sottosuolo della Bassa Pianura Friulana, mediante l’integrazione di metodi geofisici applicati con metodi stratigrafici e idrogeologici, geochimici e numerici. Le tematiche del dottorato si sono focalizzate su: delimitazione spaziale e caratterizzazione dei sistemi acquiferi (anche come reservoirs a bassa entalpia); studio dei meccanismi di ricarica e circolazione delle acque; definizione della struttura geotermica e valutazione della risorsa nell’area di Grado (Gorizia), dove è stato perforato un pozzo esplorativo (1110 m di profondità). I risultati preliminari della ricerca costituiscono il primo studio integrato in Regione per la caratterizzazione e valutazione della risorsa geotermica effettuato con metodi geofisici da pozzo. Alla luce del modello geologico preesistente, il nuovo modello concettuale emerso dalle ricerche effettuate risulta per molti versi innovativo. Fasi di acquisizione dei dati. Il dottorato è risultato sinergico alle attività di ricerca sviluppate dal DICA dell’Università degli Studi di Trieste, nell’ambito di alcuni progetti innovativi finanziati negli ultimi anni dal Servizio Geologico regionale (Direzione Centrale Ambiente e Lavori Pubblici - RFVG) che hanno permesso la raccolta di numerosi dati inediti. I progetti sono: “Realizzazione della Carta Geologico-Tecnica della Risorsa Geotermica Nazionale e definizione delle Linee Guida per il suo Utilizzo”[Progetto 1]; “Perforazione del pozzo esplorativo Grado-1 per la quantificazione della Risorsa Geotermica - Progetto Geotermia Grado”[Progetto 2]; “Studio sugli acquiferi regionali finalizzato anche alla definizione di linee guida per il corretto e compatibile utilizzo delle loro acque”[Progetto 3]. Questi progetti sono stati completati con diverse collaborazioni con DISGAM e DST dell’Università di Trieste e l’OGS di Trieste. Attività di ricerca. La ricerca si è articolata in diverse fasi operative, anche in accordo ai progetti sopraccitati: 1)Definizione del quadro geologico e strutturale dell’avampaese friulano mediante analisi della letteratura esistente. 2)Studio degli acquiferi sotterranei profondi della Pianura friulana (fino alla profondità massima di 600 m circa) [Progetto 1]. In particolare, in questa fase: sono stati esaminati i dati in sito, analisi geochimiche ed isotopiche di campioni di acqua provenienti da alcuni acquiferi significativi; sono state elaborate mappe delle isobate del tetto dei sistemi acquiferi e mappe delle isoterme delle acque di strato. 3)Raccolta, analisi e contributo alla realizzazione di un database dei pozzi per acqua perforati nella Pianura Friulana che ha integrato oltre 1800 litostratigrafie e altri dati accessori [Progetto 3]. Lo studio ha compreso l’elaborazione numerica delle superfici delimitanti i principali sistemi di acquiferi e delle relative mappe, mediante l’applicazione di diverse metodologie statistiche e l’analisi dei variogrammi sperimentali. Questo ha aggiornato il modello idrogeologico ottenuto dal Progetto 1. 4)Studio del reservoir geotermico profondo mediante un pozzo esplorativo di circa 1100 m di profondità a Grado (Gorizia) e all’acquisizione e all’elaborazione dei dati del pozzo [Progetto 2]. Questa fase ha impegnato la dottoranda in assistenza continua alla D.L. in cantiere (tra gennaio ed aprile 2008) e nelle specifiche attività di: acquisizione e analisi di dati tecnici di perforazione, parametri chimico-fisici dei fluidi di circolazione, produzione del master log e well log di cantiere; monitoraggio termico e prove idrauliche di pompaggio nel reservoir geotermico; raccolta e analisi dei cuttings e delle carote, descrizione macroscopica delle litologie, ricostruzione della stratigrafia sulla base delle analisi preliminari di laboratorio sui cuttings e sulle carote; analisi delle caratteristiche geochimiche principali delle acque campionate; acquisizione e analisi dei logs geofisici di pozzo, che hanno fornito gli elementi-chiave per la ricostruzione delle strutture profonde. 5)Ricostruzione geologica della struttura di Grado e modello idrogeologico e termico per il termalismo profondo, mediante l’integrazione dei dati disponibili e dei nuovi dati acquisiti, con particolare attenzione a: stratigrafie e logs geofisici provenienti da pozzi perforati da Eni, Ina Naftaplin e altri; sezioni sismiche a terra, in Laguna di Grado e Marano e nel Golfo di Trieste; carte del tetto dei carbonati e delle isobate del Quaternario nella Pianura Friulana; mappe di anomalia gravimetrica e magnetica per il Golfo di Trieste ed il suo entroterra. Risultati del dottorato di ricerca. I dati acquisiti nell’area di Grado e Laguna circostante, integrati con le informazioni regionali hanno permesso di individuare e ricostruire una struttura dinarica esterna, non nota precedentemente, che costituisce la sede del sistema di circolazione termale che è caratterizzato da diversa permeabilità. La struttura è interessata da rilevanti faglie beanti sub-verticali e strutture tettoniche che probabilmente mettono in contatto i sistemi termali più profondi con il tetto del reservoir. L’area di Grado è caratterizzata da: una copertura di età plio-pleistocenica di sedimenti sciolti alternati, caratterizzati da granulometria variabile da ghiaioso-sabbiosa a limoso-argillosa; una potente successione clastica costituita da sedimenti neogenici marnoso-arenacei (semilitoidi) e dalle torbiditi del Flysch paleogenico; un basamento carbonatico composito, reservoir del sistema geotermico, rinvenuto a partire da 618 m di profondità nel pozzo Grado-1. Il basamento è risultato suddiviso in intervalli ben distinti. Sono stati individuati calcari di rampa paleogenici e la loro sequenza di sviluppo e annegamento con la comparsa del flysch. I calcari ad Alveolinidae e Nummulitidae sono stati differenziati dai sottostanti calcari micritici di piattaforma di età cretacica superiore anche grazie al riconoscimento di netti marker nel Gamma Ray Log. La correlazione tra i diversi logs geofisici acquisiti in pozzo ha permesso di differenziare ulteriormente il reservoir carbonatico in intervalli distinti per litologia (densità, porosità, resistività, radioattività naturale, …) e moduli elastici; le facies geofisiche sono risultate ben relazionabili a quelle riscontrate nell’offshore croato. I dati idraulici acquisiti durante le prove di strato (con portata naturale e stimolata) e le analisi geochimiche ed isotopiche delle acque hanno permesso di affinare il modello di circolazione idrotermale. Questo considera almeno due sistemi di circolazione all’interno dei carbonati, separati da un setto idraulico: il tratto 616–830 m circa è caratterizzato da circolazione di acque in poche fratture ma molto aperte (con portata spontanea di circa 15 l/s e temperatura di circa 41.4°C); nel tratto 830–1000 m circa si ha una debole circolazione di acque all’interno di un ammasso roccioso più massiccio, interessato da un reticolo fitto ma con modesta apertura; a partire da 1000 m circa si rinvengono acque più calde (45°C a fondo pozzo) in un reservoir a notevole permeabilità (per fratturazione e incarsimento) che potrebbe richiamare i fluidi del sistema idrotermale presente alla profondità di 600-800 m. A scala locale, le strutture tettoniche presenti e probabilmente riattivate recentemente costituiscono una importante via di migrazione, circolazione e cortocircuitazione dei fluidi profondi (acqua e gas) con i sistemi più superficiali. A scala più ampia, il quadro strutturale elaborato per l’area di Grado è caratterizzato da un sistema di strutture inverse ovest-vergenti che coinvolgono il basamento carbonatico e le soprastanti coperture e da un raddoppio tettonico individuato nei calcari; queste strutture sono state interpretate come il fronte dinarico più esterno e costituiscono la diretta prosecuzione di fronti compressivi affioranti in Istria. Il modello stratigrafico elaborato risulta inoltre coerente con il quadro stratigrafico generale desumibile dai pozzi perforati nell’offshore croato e con quanto ipotizzato a partire dalle mappe di anomalia gravimetrica e dalle sezioni sismiche disponibili. Nel più ampio contesto della Bassa Pianura friulana le attività di ricerca hanno consentito di:  caratterizzare preliminarmente dal punto di vista chimico-fisico ed isotopico le acque profonde circolanti a diverse profondità (in seno alle coperture post paleogeniche) nelle aree caratterizzate da anomalie geotermiche e le relative mappe delle isoterme  valutare la presenza di alcune strutture tettoniche (coinvolgenti le coperture prequaternarie e giungenti in prossimità della superficie) in grado di veicolare fluidi profondi con acque superficiali nelle aree a nordorientali della Laguna di Grado  rappresentare mappe regionali delle superfici delimitanti tetto e letto dei principali sistemi di acquiferi confinati evidenziati dalle litostratigrafie dei pozzi e ricostruire un modello numerico schematico del sottosuol. L’insieme dei risultati ottenuti ha permesso dunque di validare le ipotesi di lavoro formulate inizialmente e di proporre un più solido, rinnovato e, per molti versi, innovativo modello geologico-termico basato su inediti dati sperimentali. Il modello geologico elaborato risulta decisivo anche in relazione all’imminente realizzazione del pozzo esplorativo Grado-2, che permetterà al contempo di validare le ipotesi assunte e fornire ulteriori dati sperimentali.
XXII Ciclo
1979
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Braden-Behrens, Jelka Verfasser], Alexander [Akademischer Betreuer] Knohl, Alexander [Gutachter] Knohl, David [Gutachter] Bowling, and Dirk [Gutachter] [Hölscher. "The isotopic composition of CO2 and H2Ov fluxes in a managed beech forest - Instrument tests and ecological application of two laser-based absorption spectrometers / Jelka Braden-Behrens ; Gutachter: Alexander Knohl, David Bowling, Dirk Hölscher ; Betreuer: Alexander Knohl." Göttingen : Niedersächsische Staats- und Universitätsbibliothek Göttingen, 2018. http://d-nb.info/1168903122/34.

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Marin, Ospina Yohan Manuel. "Etude de l'influence de la dilution du combustible et de l'oxydant dans le processus de décrochage de flammes-jet non-prémélangées et l'émission de polluants." Thesis, Rouen, INSA, 2016. http://www.theses.fr/2016ISAM0025/document.

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Abstract:
La compréhension des mécanismes pilotes de la stabilisation des flammes-jet non-prémélangées constitue un point clé dans la caractérisation des modes opératoires des brûleurs industriels fonctionnant en régime de combustion diluée. Ce travail porte son attention sur l'étude expérimentale de l'influence de la dilution du combustible ou de l'air, sur le processus de décrochage et l'émission des polluants d'une flamme-jet non-prémélangée accrochée au brûleur. L'investigation est menée via un grand nombre d'expériences par combinaison des conditions suivantes : i) dioxyde de carbone (CO2), azote (N2), argon (Ar) et vapeur d'eau (H2Ov), sont utilisés comme diluants ; ii) deux configurations de dilution : dilution de l'air ou dilution du combustible ; iii) un couple de vitesses d'air et de combustible couvrant le domaine d'hystérésis de la flamme dans sa totalité, du régime de jet laminaire à celui de jet turbulent. Ceci permet de discriminer l'influence des effets intrinsèques à la nature du diluant de celle de l'aérodynamique des réactants (combustible et oxydant), dans la stabilité de la flamme accrochée. En particulier, les différences comportementales de la réponse de la flamme à la dilution de l'air ou à celle du combustible, sont analysées. Ces deux configurations de dilution diffèrent par deux effets de mélange, indépendants de la réaction, qui jouent un rôle important dans le cas de la dilution du combustible, mais sont négligeables dans le cas de celle de l'air : i) un effet dû à la modification de la fraction de mélange stœchiométrique. ii) un impact mécanique induit par l'apport de matière (diluants) responsable d'une augmentation de la vitesse des réactants. L'étude se divise en trois principales étapes. D'abord la réponse globale de la flamme à la dilution est étudiée via ses limites de décrochage quantifiées par les fractions molaires critiques des diluants dans l'oxydant ou dans le combustible, mesurées au décrochage. Le nombre de Peclet du combustible, Pef, est identifié comme le nombre adimensionnel qui ordonne ces limites de décrochage de manière homothétique pour tous les diluants. Grâce au comportement homothétique deux coefficients d'affinité, Kd,ox pour le cas de la dilution de l'air et Kd,f pour celle du combustible, sont introduits. Ils sont définis comme le rapport entre la limite de décrochage obtenue avec un diluant et celle obtenue avec le CO2 , à Pef = cste. Ceux-ci permettent l'établissement de deux polynômes génériques décrivant les limites de décrochage pour tous les diluants testés et dans toute la gamme des conditions aérodynamiques étudiées. En effet, Kd,ox et Kd,f englobent l'ensemble des effets physico-chimiques d'un diluant (dilution pure, thermique, propriétés de transport, chimie) et ceux des impacts mécaniques, affectant la stabilité de la flamme. Ils permettent de trouver les lois d'auto-similitude au décrochage pour un diluant chimiquement faible quelconque, à partir des résultats obtenus dans ce travail. Ensuite, une étude locale et détaillée du processus de décrochage induit par la dilution est réalisée. Celui-ci se base sur l'approche du bout propagatif décrivant la stabilité de la flamme accrochée comme résultant d'un équilibre à sa base entre la vitesse de l'écoulement et la vitesse de propagation. Afin de démontrer le lien entre cette approche et la stabilité de la flamme, une analyse approfondie des caractéristiques de sa base (localisation, intensité du radical CH* et champ de vitesses) est réalisée. Les résultats confirment la pertinence de l'approche du bout propagatif, comme mécanisme descriptif de la stabilisation de la flamme accrochée en présence de dilution. Enfin, une étude caractérisant aussi bien l'influence de la nature des diluants que celle de la configuration de dilution choisie (air ou combustible), sur l'émission des polluants (suies, NOx et CO), est présentée
Understanding the main mechanisms piloting non-premixed jet flame stability is an important point in characterizing the operation modes of industrials burners in which dilution is involved. This work puts special emphasis on the experimental study of the influence of air-side and methane-side dilution in the lifting process of attached non-premixed jet flames. The study is based on numerous experiments combining the following conditions : i) carbon dioxide (CO2), nitrogen (N2), argon (Ar) or water vapor (H20v,) used as diluents d ; ii) two diluted configurations : air-side or methane-side dilution ; iii) two air and fuel velocities covering the entire flame hysteresis domain, from the laminar to the turbulent regime. This allows the influence of the intrinsic diluent nature effects to be discriminated from those of the aerodynamics of the reactants (fuel and oxidant), in attached flame stability. In particular, the behavioral differences of the flame response to air-side or to fuel-side dilution are analyzed. These two configurations differ by two mixing effects which are independent of the combustion reaction, and which are significant when the fuel is diluted, but negligible when air is diluted : i) an effect due to the changes in the stoichiometric mixture fraction ; ii) a mechanical impact induced by the addition of matter (diluents) producing an increase in the bulk velocity of the reactants. The study is composed of three parts. First, the global flame response to dilution is analyzed on the basis of the lifting limits defined as the critical molar fractions of the diluents in the fuel or in the oxidant measured at liftoff. The fuel Peclet number, Pef, appears as the dimensionless number which puts these limits in a homothetic order. This homothetic behavior allows the introduction of two affinity parameters, Kd,ox for air-side dilution and Kd,f for fuel-side dilution. They are defined by the ratio of the flame lifting limits calculated with a diluent d and with CO2, at Pef=const. Kd,ox and Kd, allow two generic polynomial laws to be established describing the flame lifting limits for all the diluents and in the whole range of aerodynamic conditions of this study. Indeed, Kd,ox and Kd,f encompass all the diluent effects affecting flame stability (pure dilution, thermal, transport, chemical), to which mechanical impacts are added. These coefficients make it possible to obtain the self-similarity laws of the lifting limits for any chemically-weak diluent, by using the results obtained in this work. Then, a local and detailed study of the flame lifting process induced by dilution is presented. This is based on the flame-leading-edge approach describing flame stability as a result of the balance between the incoming gas velocity of the reactants and the flame propagation velocity at the flame base. In order to show the link between this approach and flame stability, an extensive analysis of the flame-base characteristics (location, CH* emission intensity and velocity field) is carried out. The results attest to the pertinence of the propagative flame-leading-edge, as the mechanism describing the attached flame stability under dilution. Finally, a study concerning the influence of both the diluent nature and the diluted configuration (air or fuel) on pollutant emissions (soot, NOx and CO) is presented
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20

Barnaba, Carla. "Site response estimation in alpine valleys - the case of Tagliamento river valley." Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/10077/2529.

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Abstract:
2005/2006
This thesis consists of a site effect study in an alpine valley, where seismic action is amplified by 2D basin effects. The study area was a stretch of the Tagliamento river valley, in an area between the Tolmezzo and Cavazzo Carnico municipalities, in the north-western part of the Friuli Venezia Giulia Region (NE Italy). The valley is densely inhabited and large industrial factories are situated on the quaternary alluvial deposits, where big amplifications are expected. All the available geophysical and geotechnical data on the area has been collected and new data has been acquired. An array of six stations for earthquake recording was deployed throughout the valley for 18 months . 250 noise measurements have been recorded in the plain, with more intensive detail in the two villages of Tolmezzo and Cavazzo Carnico. Conventional methods, such as spectral ratio techniques were applied to the new earthquake recordings to infer the amplification of the valley. The horizontal to vertical component ratio of noise data (H/V) indicates the crucial period of vibration of the valley. The bedrock morphology was inspected using the joint inversion of H/V ratios and the residual gravity anomaly carried out in a former study. The lack of geological information does not allow verification of the model, but the strong convergence of the two distinct methodologies makes the structural model realistic. The great success of joint techniques, although some corrections have to be made in the calculation of Quaternary sedimentary cover, gives encouraging prospects for economical, wide-ranging surveys.
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Lupieri, Guido. "An investigation of particle dispersion in a tidally driven turbulent flow." Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/10077/2537.

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Abstract:
2005/2006
The Gulf of Trieste, subset of our investigation, is a shallow water inlet with a mean depth of 17 m (maximum 25 m) and an area of about 20 km × 25 km. It is located in the north area of the Adriatic Sea. The dynamics of the Gulf is characterized by seasonal variability of temperature and density, and the mixing and dispersion processes are strongly dependent to this context. This variability is due to the combined effects of many factors such as the presence of a strong wind (Bora) whose action is directly related to the water column instability, the input of fresh water from the river Isonzo and the water exchange due to Adriatic sea currents. For all this phenomena an extended quantity of measured data have been collected from more than one hundred years: the interest in the knowledge of these processes is due to the deep impact in the local economy (from fishing to tourism). This allows a correct formulation of the forcing acting in the dispersion problem regarding the Gulf.
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BANDELJ, VINKO. "Analisi e modellazione di caratteristiche biogeochimiche ed ecologiche in acque costiere del Nord Adriatico." Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/10077/2527.

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Abstract:
2005/2006
Il presente lavoro di dottorato ha avuto come obiettivo l'identificazione e l'interpretazione di situazioni di riferimento e di relazioni tra caratteristiche abiotiche e caratteristiche biotiche in ambienti marini costieri, attraverso l'uso di metodi multivariati tradizionali e di metodi basati sulle reti neurali per la classificazione, l'analisi di gradiente e la modellazione di dati ambientali. Il crescente interesse per gli ambienti marini e in particolare per le aree costiere nasce dall'importanza che tali aree hanno per la vita dell'uomo, e dalla considerazione che esse sono soggette a molteplici impatti antropici che interagiscono con le grandi eterogeneità  e variabilità intrinseche degli agenti forzanti naturali degli ambienti costieri. In particolare le aree costiere sono interessate da elevata densità  abitativa, sono sede di attività  portuali ed industriali, di attività  di pesca ed acquacoltura e di attività  turistiche. Le esigenze contrastanti di tali attività  devono inoltre permettere una fruizione senza rischi delle aree marine costiere per attività  di diporto e di tempo libero, e spesso tutto ciò è in contrasto con le esigenze di conservazione del loro valore naturalistico, paesaggistico, storico ed artistico. Per una corretta implementazione di politiche di conservazione biologica, gestione e recupero ambientale è dunque necessaria l'identificazione di situazioni di riferimento, e la descrizione della loro evoluzione nel tempo e nello spazio, contro di cui confrontare la situazione attuale o gli obiettivi di ripristino posti dalla legislazione. L'importanza di tale obiettivo è riconosciuta nell'ambito scientifico internazionale e recepita da recenti disposizioni legislative. In particolare la direttiva europea 2000/60/CE prevede che siano effettuate analisi delle caratteristiche dei diversi corpi d'acqua e che siano definite delle condizioni di riferimento tipiche specifiche per ognuno di essi. Gli elementi da considerare per le acque costiere e le acque di transizione per raggiungere tali obiettivi includono la composizione e le abbondanze delle popolazioni planctoniche e bentoniche, i parametri chimico-fisici e le condizioni morfologiche. Nel presente lavoro di ricerca sono stati analizzati dataset riferiti ad ambienti costieri e di transizione dell'Adriatico settentrionale. Secondo la disponibilità  di dati, tali dataset contenevano variabili chimico-fisiche (p.es. temperatura, salinità, nutrienti), morfologiche (p.es. profondità), idrodinamiche (p.es. tempi di residenza) e biologiche (p.es. abbondanze planctoniche, ricoprimenti bentonici). L'obiettivo delle analisi sui dataset di parametri chimico-fisici è consistito nell'identificazione di masse d'acqua omogenee, che consiste nell'individuazione del numero delle masse d'acqua, nella descrizione delle loro caratteristiche in funzione delle variabili utilizzate, nella derivazione di una loro evoluzione spazio-temporale tipica, e nell'interpretazione della loro dinamica in funzione di fenomeni e forzanti noti. A tal fine sono stati utilizzati soprattutto metodi multivariati di ordinamento e clusterizzazione, quali k-means, Self-Organizing Map, fuzzy k-means. L'obiettivo dell'analisi su dati biologici era l'identificazione e la descrizione di biocenosi caratteristiche di una certa area e momento. I dati biologici erano riferiti ad organismi appartenenti ad un unico comparto trofico (p.es. autotrofi), oppure ad organismi di comparti trofici diversi. In generale, si è cercato di caratterizzare ogni biocenosi attraverso l'individuazione delle specie caratteristiche, cioè quelle che indicano il verificarsi di determinate condizioni ambientali, e delle specie dominanti, cioè quelle che maggiormente contribuiscono ai flussi di materia ed energia in ogni biocenosi. Un ulteriore obiettivo è stata la ricerca di relazioni tra biocenosi e variabili chimicofisiche e spazio-temporali, e l'interpretazione di tali relazioni secondo plausibili modelli causali. Per questi fini sono stati utilizzati metodi di analisi di gradiente indiretta (clusterizzazione e ricerca relazioni con variabili), metodi di analisi di gradiente diretta (Redundancy Analysis, Canonical Correspondence Analysis) e metodi di predizione (Backpropagation Neural Network). Il lavoro si è quindi articolato in diverse fasi nel corso delle quali sono stati considerati aree e metodologie diverse in funzione della disponibilità ed accessibilità  di dati storici o attuali. Per analizzare dataset molto diversi tra loro è stato necessario l'utilizzo e la messa a punto di strumenti avanzati di analisi e modellamento dei dati e di presentazione dei risultati. I problemi più frequentemente incontrati erano legati alla tipologia dei dataset disponibili, quasi mai costruiti con lo scopo di testare un'ipotesi precisa, ma risultanti piuttosto da fusioni a posteriori di insiemi di dati raccolti nel corso di progetti diversi, con finalità , metodologie e disegni sperimentali differenti. Molte volte i dati sono stati raccolti con una copertura insufficiente nella dimensione spaziale o temporale, che ha reso quindi difficoltosa l'applicazione di metodi statistici rigorosi e la generalizzazione dei risultati nel dominio del tempo e dello spazio. In fase di pretrattamento è stato sovente necessario ricorrere a procedure di trasformazione e di aggregazione dei dati, e di codifica di alcuni parametri in variabili qualitative. Le variabili biologiche hanno presentato ulteriori problemi data la stocasticità  dei fenomeni biologici, l'incertezza nella determinazione di alcune specie e la conseguente eterogeneità e complessità dei dataset. La scelta della metrica opportuna è stata quindi un passo necessario in tutte le analisi su dati biologici. In particolare gli studi effettuati nel lavoro di dottorato ed esposti nella presente tesi sono i seguenti: studio sulle masse d'acqua del golfo di Trieste e della laguna di Venezia in base ai parametri chimico-fisici; studio su 10 anni di popolazioni fitoplanctoniche lungo la fascia costiera del Veneto e su 30 anni di campionamenti di popolazioni fito e zooplanctoniche nella laguna di Venezia; studio sulle comunità  planctoniche multitrofiche nella laguna di Venezia; studio sulle comunità  fito e zoobentoniche nella laguna di Venezia.
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Braden-Behrens, Jelka. "The isotopic composition of CO2 and H2Ov fluxes in a managed beech forest - Instrument tests and ecological application of two laser-based absorption spectrometers." Thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11858/00-1735-0000-002E-E4C3-B.

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