Academic literature on the topic 'Guerra, diritto internazionale, filosofia del diritto'

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Journal articles on the topic "Guerra, diritto internazionale, filosofia del diritto"

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Wołodkiewicz, Witold. "LEX RETRO NON AGIT. SFORMUŁOWANIE W POLSKIEJ DOKTRYNIE PRAWNICZEJ." Zeszyty Prawnicze 1 (January 27, 2017): 103. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.06.

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Abstract:
LEX RETRO NON AGIT. UN BROCARDO NELLA GIURISPRUDENZA POLACCAII problema della irretroattività della norma giuridica è stato trattato molto spesso nella dottrina giuridica generale e in quella romanistica. La regola lex retro non agit (che nella giurisprudenza e dottrina giuridica polacca esprime il principio délia irretroattività del diritto) è il brocardo latino il più spesso usato nella giurisprudenza polacca.Considerazioni a proposito del vigore délia norma giuridica nel tempo si incontrano nelle fond del diritto romano nelle varie epoche del suo sviluppo. Il problema délla retroattività délia legge fu affrontato già dai giuristi repubblicani. Fu toccato anche dai giuristi classici. La generalizzazione del principio secondo il quale la legge non deve retroagire, si trova peraltro in diverse costituzioni imperiali del Basso Impero. Il principio délia irretroattività del diritto compare più volte nella storia giuridica postgiustinianea.Nelle visioni dello Stato di diritto, sviluppate dai filosofi del Secolo dei Lumi il principio dell’irretroattività délia legge è stato trattato come un dogma fondamentale ed assoluto.II principio d’irretroattività è molto spesso enunciato nei codici contemporanei. E un elemento fondamentale della definizione classica del delitto penale, peró la dottrina e la pratica penale e costituzionale dopo la seconda guerra mondiale hanno cominciato, almeno in certa misura, ad allontanarsi dal principio d’irretroattività nel diritto penale. Questa tendenza fu stata già notata, a proposito del processo di Norimberga, dal Berger in un articolo del 1949. Le dichiarazioni e convenzioni internazionali sui crimini di guerra e contro l’umanità , hanno poi introdotto diverse eccezioni al principio dell’irretroattività della legge penale. Questi atti di diritto internazionale hanno tendenzialmente influenzato i sistemi nazionali di diritto costituzionale e penale (come esempio si puô citare l’art. 42 punto 1 della Costituzione polacca del 2 aprile 1997).II brocardo lex retro non agit non fu mai esplicitamente individuato eon queste parole, né ai tempi romani, né nella storia posteriore del diritto. Questa formulazione è infatti sconosciuta ai dizionari ed alle enciclopedie giuridiche in quasi tutta Europa al di fuori della Polonia.Nella romanistica polacca, l’autore che cita il brocardo lex retro non agit fu Stanisław Wróblewski (nel suo manuale di diritto romano, pubblicato nel 1916). E probabile che l’autorità del Wróblewski (a lungo professore di diritto romano a Cracovia, ed influente membro della Commissione di Codificazione polacca, chiamato spesso il „Papiniano polacco”) abbia influenzato la divulgazione del brocardo lex retro non agit nella dottrina e nella giurisprudenza polacca e radicato per conseguenza la persuasione della derivazione romanistica del concetto d’irretroattività del diritto, letteralmente cosi individuato, nell’odierna pratica giurisprudenziale polacca.
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d’Agostino, Francesco. "Rivista internazionale di filosofia del diritto." Revue interdisciplinaire d'études juridiques 21, no. 2 (1988): 57. http://dx.doi.org/10.3917/riej.021.0057.

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3

Germanò, Alberto. "Il cibo nel diritto internazionale del mercato dei prodotti agricoli: disciplina e controversie." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 1 (December 2010): 85–113. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001008.

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Abstract:
L'Autore, dopo aver illustrato il significato dei termini food security e food safety, analizza il mercato internazionale dei prodotti alimentari, con particolare attenzione alle regole tecniche e alle regole sanitarie e fitosanitarie e, quindi, all'Accordo Tbt e Sps, nonché al criterio di equivalenza, quale strumento per la tutela della diversità e nel contempo di conferma della sovranità degli Stati. L'Autore esamina, inoltre, alcune delle più significative controversie internazionali relative agli alimenti (la c.d. guerra delle banane e le controversie relative alla carne agli ormoni), l'Accordo Tbt e le regole tecniche a tutela dell'ambiente, nonché l'Accordo Trips e il rapporto tra indicazioni geografiche e marchi geografici di prodotti alimentari. Infine, viene affrontato il problema dei cambiamenti nell'allocazione della terra e nelle pratiche agricole utilizzate: per ottenere la riduzione delle emissioni climalteranti si sta alterando l'uso razionale della terra, agendo in modo scorretto sui "conflitti" tra le produzioni a fini mercantili e le produzioni a fini alimentari. In conclusione l'A. evidenzia la necessità , per i cultori del diritto dell'agricoltura, di uscire dagli angusti confini del diritto domestico e di affrontare, passando per il diritto comunitario, i problemi che il diritto internazionale prospetta, con conseguenti ricadute sulla comprensione ed interpretazione del diritto nazionale.
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Bobbio, Norberto. "“A Comunidade Internacional e o Direito”/"The International Community and the Right"." Brazilian Journal of International Relations 5, no. 1 (May 1, 2016): 246–62. http://dx.doi.org/10.36311/2237-7743.2016.v5n1.11.p246.

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Abstract:
Resumo: O texto consiste numa ampla resenha crítica escrita pelo filósofo italiano Norberto Bobbio sobre o livro La comunità internazionale e il diritto [A comunidade internacional e o direito] (1950) de Mario Giuliano, na qual são discutidas essencialmente questões clássicas da filosofia do direito internacional, como a contraposição entre jusnaturalismo e juspositivismo, a natureza do direito internacional, a contraposição entre internacionalismo e cosmopolitismo, a reforma do direito internacional, a reforma da comunidade internacional, os temas da paz e da guerra, a cientificidade do direito internacional, a contraposição entre direito internacional e direito estatual e o tema do pacifismo. Palavras-chave: Mario Giuliano, direito internacional, comunidade internacional, internacionalismo, pacifismo. Abstract: This paper is a comprehensive critical review written by the Italian philosopher Norberto Bobbio on the book La comunità internazionale e il diritto [The international community and the right] (1950) by Mario Giuliano, which are discussed essentially classical questions of philosophy of law international, as the opposition between natural law and positive law, the nature of international law, the opposition between internationalism and cosmopolitanism, the reform of international law, the reform of the international community, the issues of peace and war, the scientificity of international law, opposition between international law and estatual rights and the issue of pacifism.Keywords: Mario Giuliano, international law, international community, internationalism, pacifism
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Rubino, Francesco. "Marxismo, ecologia e costituzione." DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, no. 2 (February 21, 2020): 146–68. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n2.2019.p146-168.

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Abstract:
Questo saggio analizza le origini del consolidamento progressivo della sensibilità ecologica negli ultimi cento anni, le rapporti tra l’ecologia e la costituzione e l’ampiezza teorica dei concetti di diritti fondamentali, diritti umani, democrazia, socialismo per evitare la catastrofe, non dimenticando che il discorso ecologico è nato nelle tradizione socialisti sovietici. Analizza anche dalla guerra come fonte di diritto e la legittima difesa ambientale nel diritto internazionale al ‘ambiguo’ ma necessario corollario del principio internazionale di solidarietà come uscita possibile alla crisi. La costruzione di altre nozioni come “beni pubblici globali” sembra, da molti, un’altra conseguenza di questa opposizione tra la protezione ambientale e gli interventi umanitari, entrambi su scala globale e planetaria. Salvare l’ambiente e salvare l’economia è il secondo grande problema: che cos’è la produzione ambientale e come funziona al di là delle tante assunzioni di responsabilità e dei tanti committments che non hanno séguito? Esiste un “capitale naturale del mondo”? è l’ultima questione del saggio, come da una decina d’anni si è legittimato un modo di vedere che punta alla valorizzazione del “capitale naturale del mondo”. Dinanzi una somma di argomenti critici e historici a tutti questi concetti, l’articolo tende a concludere che l’atteggiamento politico è proprio invece quello di un “evasionismo” dal Pianeta, di un abbandono cioè nei confronti di un pianeta ormai in crisi irreversibile.
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Stocchetti, Matteo. "Le Metafore e La Teoria Delle Relazioni Internazionali." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no. 2 (August 2002): 305–41. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200030161.

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Abstract:
Fino a tempi relativamente recenti – più o meno fino alla fine della guerra fredda – la triade realismo, pluralismo, strutturalismo ha espresso un ruolo analogo a quello di una sorta di limes disciplinare e, come tale, ambiguo nei riguardi dello spazio cognitivo oggetto di indagine. Espressione della forza di programmi di ricerca ormai istituzionalizzati da una presenza accademica pluridecennale, la stessa triade ha delimitato anche la frontiera dell'identità disciplinare, i limiti all'interno del quale la riflessione sistematica sui problemi della politica internazionale poteva veder riconosciuto il proprio diritto di cittadinanza nell'ambito della teoria delle R.I.
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Souza, Lidyane Maria Ferreira de, and Luca Baccelli. "L'UTILITÀ DELL’ANALISI CULTURALE DEI DIRITTI SOGGETTIVI RELIGIOSI." Revista Eletrônica do Curso de Direito da UFSM 17, no. 1 (December 31, 2022): e79979. http://dx.doi.org/10.5902/1981369470979.

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Abstract:
Nei paesi democratici, l’ordine giuridico in genere riconosce diritti soggettivi religiosi, prima di tutti la libertà religiosa. Dalla Guerra dei Trent’anni, un’ esperienza storicamente e geograficamente abbastanza specIfica, la libertà religiosa è presentata come soluzione universale alla sfida della coesistenza di differenti credenze religiose nello stesso spazio politico. Di conseguenza, si osserva come questi diritti promuovano determinati tipi di soggettività e di organizzazione religiosa. Dato che tale critica è già stata rivolta alla categoria dei diritti soggettivi, così come a quella dei diritti umani, questo articolo investiga se le risposte fornite a queste critiche – nell’ambito dei studi sociogiuridici, dell’analisi culturale del diritto e della filosofia e sociologia dei diritti umani – possono contribuire a riflettere sull’utilità dei diritti soggettivi religiosi per le persone di fede non egemonica. Si conclude che l’analisi culturale permette identificare possibili reinvenzioni della strategia politica dei diritti soggettivI religiosi.
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Harhoff, Frederik. "Securing criminal evidence in armed conflicts abroad." Military Law and the Law of War Review 58, no. 1 (November 25, 2020): 2–30. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2020.01.01.

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Abstract:
This article concerns an issue that has become increasingly relevant for international coalition forces participating in joint military operations abroad, viz. the duty to collect, document, record and secure evidence of serious violations of international humanitarian law (IHL) and international human rights committed in armed conflicts. The point, simple as it seems, is that respect for justice and international humanitarian law requires that perpetrators of war crimes etc. be brought to justice. Yet prosecution and trial of these crimes cannot succeed without material proof and information that meet the standards for admission into evidence in criminal trials. However, judicial experience from international criminal trials suggests that much of the evidence produced in Court fails to meet this standard – and is therefore dismissed. The article highlights the need to secure evidence of these crimes and proposes five simple basic recommendations for military personnel who come across evidence of serious violations of international humanitarian law in armed conflicts: (1) be familiar with the elements of genocide, crimes against humanity, war crimes and aggression; (2) know the rules of the game regarding collection of evidence, including the duty to respect local norms and authorities and to follow any international rules or agreements, and the duty to comply with obligations to seek authorization for investigation from domestic authorities; (3) be careful in your registration and handling of evidence material; (4) be careful not to hurt yourself or others when you search for evidence; and (5) stay critical and impartial to all material and information you receive from others. Cet article aborde un problème que les forces armées des coalitions internationales rencontrent de plus en plus souvent lorsqu’elles participent à des opérations militaires conjointes à l’étranger: l’obligation de rassembler, de documenter, d’enregistrer et de garantir des preuves de violations graves du droit international humanitaire et des droits de l’homme lors de conflits armés. Aussi simple qu’il paraisse, le principe est le suivant: le respect de la justice et du droit international humanitaire implique que les auteurs de crimes de guerre et autres soient traduits en justice. Toutefois, les poursuites judiciaires et le procès qui s’ensuit ne peuvent aboutir sans preuves matérielles et informations qui répondent aux normes d’admission de la preuve dans les procès au pénal. L’expérience judiciaire de ces procès internationaux suggère néanmoins que bon nombre des preuves présentées au tribunal ne répondent pas à ces normes et sont dès lors rejetées. L’auteur insiste sur le besoin de fournir des preuves de ces crimes et propose cinq recommandations de base pour le personnel militaire qui aurait des preuves de violations graves du droit international humanitaire dans les conflits armés: (1) informez-vous sur les différents éléments qui composent le génocide, les crimes contre l’humanité, les crimes de guerre et les agressions; (2) connaissez les règles relatives au rassemblement de preuves, y compris le devoir de respecter les normes et autorités locales, de suivre les règles et accords internationaux, et de se conformer à l’obligation d’obtenir une autoris­ation des autorités nationales pour mener une enquête; (3) soyez prudents lorsque vous enregistrez et utilisez des éléments de preuve; (4) veillez à ne pas causer de tort aux autres ni à vous-même lorsque vous cherchez des preuves; et (5) restez critique et impartial lorsque vous recevez des informations d’autres personnes. Dit artikel bespreekt een kwestie die van toenemend belang is voor internationale coalitietroepen die deelnemen aan gezamenlijke militaire operaties in het buitenland, nl. de plicht om bewijs van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht (IHR) en van de mensenrechten in gewapende conflicten te verzamelen, te staven, vast te leggen en veilig te stellen. Het punt, hoe eenvoudig ook, is dat het respect voor de rechtspleging en het internationaal humanitair recht vereist dat de daders van oorlogsmisdaden enz. voor het gerecht worden gebracht. Toch kunnen deze misdaden niet succesvol vervolgd en berecht worden zonder materieel bewijs en informatie die voldoen aan de normen om als bewijs in strafprocessen te worden toegelaten. De ervaring uit internationale strafprocessen leert echter dat veel van het bewijsmateriaal dat in de rechtbank wordt aangedragen, niet aan deze norm voldoet – en daarom wordt verworpen. Het artikel benadrukt de noodzaak om het bewijs van deze misdaden veilig te stellen en stelt vijf eenvoudige basisaanbevelingen voor aan militairen die in gewapende conflicten bewijzen van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht aantreffen: (1) wees op de hoogte van de elementen van genocide, misdaden tegen de menselijkheid, oorlogsmisdaden en agressie; (2) ken de regels van het spel met betrekking tot het verzamelen van bewijs, met inbegrip van de plicht om de lokale normen en autoriteiten te respecteren en om alle internationale regels of overeenkomsten te volgen, evenals de plicht om te voldoen aan de verplichting dat aan binnenlandse autoriteiten toestemming moet worden gevraagd om een onderzoek in te stellen; (3) let op bij het registreren en behandelen van bewijsmateriaal; (4) zorg ervoor dat je jezelf of anderen geen schade berokkent wanneer je naar bewijs zoekt; en (5) blijf kritisch en onpartijdig ten opzichte van al het materiaal en de informatie die je van anderen ontvangt. El artículo aborda un problema que con el tiempo ha adquirido una importancia relevante para las fuerzas en coalición que participan en operaciones conjuntas en el exterior, tal cual es el deber de recoger, documentar, registrar y asegurar las pruebas de crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario (DIH) y contra los derechos humanos cometidos en los conflictos armados. El asunto, tan simple como parece, es que el respeto por la justicia y el Derecho Internacional Humanitario exige que en definitiva los perpetradores de crímenes de guerra sean llevados ante la justicia. Sin embargo, la acusación y el enjuiciamiento de estos crímenes no pueden prosperar sin una prueba material e información que reúna los requisitos necesarios para ser admitida como prueba de cargo en juicios penales. Al hilo de esto, la experiencia judicial en procedimientos penales internacionales demuestra que muchas de estas pruebas presentadas ante un tribunal no cumplen con estos estándares y, por consiguiente, son rechazadas. El artículo resalta la necesidad de asegurar la prueba de estos crímenes y propone cinco recomendaciones básicas para el personal militar que deba requisar estas pruebas relativas a crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario en conflictos armados: (1) Familiarizarse con los elementos constitutivos del crimen de genocidio, crímenes contra la humanidad, crímenes de guerra y crimen de agresión; (2) Conocer las reglas del juego relativas a la recogida de pruebas, incluido el deber de respetar las normas y a las autoridades locales y cualquier otra regla o acuerdo internacional, y el deber de cumplir con la obligación de solicitar autorización a las autoridades locales para llevar a cabo investigaciones; (3) Ser diligente en el registro y manejo de las pruebas materiales; (4) Tener cuidado de no dañarse o dañar a otros en la búsqueda de las pruebas; y (5) tener una actitud crítica e imparcial ante las pruebas e información que se reciba de otros. Questo articolo tratta di una questione che è diventata sempre più rilevante per le forze di coalizione internazionali che partecipano ad operazioni militari congiunte all’estero, vale a dire il dovere di raccogliere, documentare, registrare e mettere al sicuro le prove di gravi violazioni al diritto internazionale umanitario (IHL) e dei diritti umani commesse nei conflitti armati. Il punto, semplice come appare, è che il rispetto della giustizia e del diritto internazionale umanitario richiedono che gli autori di crimini di guerra etc. siano assicurati alla giustizia. Però l’azione penale e il processo per tali crimini non possono avere successo senza prove materiali e informazioni che soddisfino gli standard per l’ammissione come prova nei processi penali. Tuttavia, l’esperienza giudiziaria dei tribunali penali internazionali suggerisce che molte delle prove prodotte nei tribunali non soddisfano questi standard e perciò vengono respinte. Questo articolo evidenzia la necessità di garantire prove di questi crimini e propone cinque semplice raccomandazioni di base per il personale militare che si imbatte in prove di serie violazioni al diritto internazionale umanitario nei conflitti armati: (1) Conoscere gli elementi del genocidio, dei crimini contro l’umanità, dei crimini di guerra e dell’aggressione; (2) Conoscere le regole del gioco riguardo la raccolta delle prove, compreso il dovere di rispettare le norme e autorità locali e di seguire qualsiasi regola o accordo internazionale, e il dovere di rispettare gli obblighi di chiedere l’autorizzazione alle indagini alle autorità nazionali; (3) Fare attenzione nella registrazione e gestione del materiale probatorio; (4) Fare attenzione a non fare del male a se stessi od altri nella ricerca delle prove; e (5) Rimanere critici ed imparziali nei confronti di tutto il materiale e delle informazioni ricevute da altri. Dieser Artikel behandelt eine Angelegenheit, die für die Streitkräfte internationaler Koalitionen, die sich an gemeinsamen Militäreinsätzen im Ausland beteiligen, an Relevanz gewinnt, nämlich die Pflicht, Beweismittel schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts und internationaler Menschenrechte in bewaffneten Konflikten zu sammeln, zu dokumentieren, aufzuzeichnen und sicherzustellen. Der Kernpunkt, so einfach dieser scheinen mag, besteht darin, dass Respekt vor der Justiz und dem internationalen humanitären Recht erfordert, dass Täter von Kriegsverbrechen, usw. vor Gericht gebracht werden sollen. Dennoch können die Verfolgung und Ahndung dieser Verbrechen ohne materiellen Beweis und Informationen, die den Standards zur Zulassung als Beweismittel in Strafprozessen gerecht werden, nicht gelingen. Die gerichtliche Erfahrung internationaler Strafprozesse weist allerdings darauf hin, dass manche der dem Gericht unter­breiteten Beweise diesen Standards nicht gerecht werden, und somit abgewiesen werden. Der Autor unterstreicht, dass es notwendig ist, Beweise für diese Verbrechen sicher­zustellen, und schlägt fünf einfache Grundempfehlungen für Militärangehörige vor, die auf Beweise schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts in bewaffneten Konflikten stoßen: (1) Sorgen Sie dafür, dass Sie die Elemente des Genozids, der Verbrechen gegen die Menschlichkeit, Kriegsverbrechen und Aggressionen kennen; (2) seien Sie mit den Spielregeln hinsichtlich der Sammlung von Beweisen vertraut, und dies einschließlich der Pflicht, örtliche Normen und Autoritäten zu respektieren, irgendwelche internationale Regeln oder Abkommen zu befolgen und die Verpflichtungen zu erfüllen, um die Genehmigung zur Durchführung von Ermittlungen von den Behörden des betreffenden Landes einzuholen; (3) seien Sie vorsichtig bei Ihrer Erfassung von bzw. Ihrem Umgang mit Beweismaterial; (4) sorgen Sie dafür, dass Sie sich selbst oder anderen keinen Schaden zufügen, wenn Sie nach Beweisen suchen; und (5) bleiben Sie kritisch und unvoreingenommen in Bezug auf all das Material und alle Informationen, die Sie von anderen erhalten.
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Piątkowski, Mateusz. "The markings of military aircraft under the law of aerial warfare." Military Law and the Law of War Review 58, no. 1 (November 25, 2020): 63–84. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2020.01.03.

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Abstract:
The breakthrough innovation of the Wright brothers in 1903 and subsequent developments of aerial technology created significant opportunities for the military, as a new dimension of warfare became an operational space of combat. Many legal questions arise, including the status of air machines deployed by the freshly formed independent air detachments before the outbreak of World War I. From the operational and legal viewpoint, both state practice and international law experts agreed that in order to receive a status similar to warships under the law of naval warfare, military aircraft should bear distinctive insignia, indicating their military character and nationality. This article’s aim is to present the origins and evolution of the military markings and their legal significance, as a core element of the military aircraft definition. It needs to be emphasized that only aircraft considered as military can perform acts of hostility and exercise the specific rights granted by the law of air warfare. The analysis will refer to practical challenges for maintaining the classical rule of air warfare, such as the exact location of the markings on the aircraft surfaces, low-visibility insignia (as a way to reconcile legal and operational demands) and the question of relevance of the duty to mark military aircraft in the context of unmanned air platforms. L’innovation qui a fait connaître les frères Wright en 1903 ainsi que les développements consécutifs dans la technologie aéronautique ont créé de réelles opportunités pour le secteur militaire, alors qu’une nouvelle dimension de la guerre est devenue un espace opérationnel de combat. Cette évolution fait naître de nombreuses questions juridiques, dont le statut des aéronefs déployés par les détachements aériens indépendants formés peu avant l’éclatement de la Première Guerre mondiale. D’un point de vue opérationnel et légal, la pratique étatique et les experts juridiques internationaux s’accordent sur le fait que les aéronefs militaires devraient avoir des insignes distinctifs indiquant leur caractère militaire et leur nationalité, afin qu’ils se voient attribuer un statut similaire à celui des navires de guerre en vertu du droit de la guerre navale. Cet article a pour but de présenter les origines et l’évolution du marquage militaire ainsi que sa signification juridique, en tant qu’élément essentiel de la définition d’un aéronef militaire. Soulignons le fait que seul un aéronef considéré comme militaire peut mener des actes hostiles et exercer les droits particuliers octroyés en vertu du droit de la guerre aérienne. L’analyse fait référence à des défis d’ordre pratique pour maintenir les règles classiques de la guerre aérienne, telles que l’emplacement exact des marquages sur la surface de l’aéronef, la faible visibilité des insignes (comme moyen de combiner exigences juridiques et opérationnelles) et la question de la pertinence de l’obligation de marquer un aéronef militaire dans le contexte de plateformes aériennes sans équipage. De baanbrekende innovatie van de gebroeders Wright in 1903 en de daaropvolgende ontwikkelingen van de luchtvaarttechnologie creëerden grote mogelijkheden voor de strijdkrachten, aangezien een nieuwe dimensie van oorlogvoering een operationele gevechtsruimte werd. Deze ontwikkeling leidt tot veel juridische vragen, waaronder de status van de luchtvaartuigen die door de net voor het uitbreken van de Eerste Wereldoorlog opgerichte onafhankelijke luchtdetachementen werden ingezet. Vanuit operationeel en juridisch oogpunt waren zowel de statenpraktijk als de internationale juridische experts het erover eens dat militaire luchtvaartuigen onderscheidende insignes moeten dragen die hun militaire karakter en nationaliteit aangeven, om een status te krijgen die gelijkaardig is aan die van oorlogsschepen krachtens het recht van de zeeoorlog. Dit artikel heeft tot doel de oorsprong en de ontwikkeling van de militaire markeringen en hun juridische betekenis voor te stellen als een kernelement van de definitie van militaire luchtvaartuigen. Er moet worden benadrukt dat alleen luchtvaartuigen die als militair worden beschouwd, vijandelijke handelingen kunnen verrichten en de specifieke rechten die door het recht van de luchtoorlog worden verleend, kunnen uitoefenen. De analyse verwijst naar de praktische uitdagingen voor het handhaven van de klassieke regels van de luchtoorlog, zoals de exacte locatie van de markeringen op de vliegtuigoppervlakken, insignes met lage zichtbaarheid (als een manier om juridische en operationele eisen met elkaar in overeenstemming te brengen) en de vraag of de verplichting om militaire luchtvaartuigen te markeren relevant is in de context van onbemande luchtvaartuigen. La revolucionaria innovación de los hermanos Wright en 1903 y subsiguiente evolución de la tecnología aérea dieron paso a oportunidades significativas para los ejércitos, creándose una nueva dimensión de la guerra que se convirtió en un espacio operativo de combate. Esto trajo consigo muchas cuestiones legales, incluido el estatus de los artefactos aéreos desplegados por los recién creados destacamentos aéreos independientes en los prolegómenos de la Primera Guerra Mundial. Desde el punto de vista operativo y legal, tanto los Estados a través de la práctica como los expertos en Derecho Internacional estuvieron de acuerdo en que para acogerse al mismo estatus que los buques de guerra bajo las leyes de la guerra naval, las aeronaves militares debían llevar insignias distintivas, mostrando su carácter militar y nacionalidad. El propósito del artículo es examinar el origen y evolución de estas señales militares y su importancia legal como uno de los elementos principales de la definición de aeronave militar. Debe enfatizarse que solo una aeronave considerada militar puede llevar a cabo actos de hostilidad y ejercer derechos específicos reconocidos por las leyes de la guerra aérea. El análisis aborda los retos prácticos para mantener la vigencia de la regla clásica de la guerra aérea, tal como es el lugar exacto de emplazamiento de las señales exteriores en la superficie de las aeronaves, las insignias de baja visibilidad (como una forma de conciliar las exigencias legales y operativas) y la cuestión de la relevancia del deber de señalar las aeronaves militares en el contexto de las plataformas aéreas no tripuladas. L’innovazione rivoluzionaria dei Fratelli Wright nel 1903 e i successivi sviluppi della tecnologia aerea crearono significative opportunità per i militari, poiché una nuova dimensione di guerra divenne uno spazio operativo di combattimento. Sorgono molte questioni legali, tra cui lo status delle macchine aeree dispiegate dai distaccamenti aerei indipendenti formatisi appena prima dello scoppio della Prima guerra mondiale. Dal punto di vista operativo e legale, sia la pratica degli Stati che gli esperti di diritto internazionale hanno convenuto che, per ricevere uno status simile a quello delle navi da guerra disciplinate della legge della guerra navale, gli aerei militari dovrebbero portare delle insegne distintive che indichino la loro natura militare e la loro nazionalità. L'obiettivo di questo articolo è quello di presentare le origini e l'evoluzione delle marcature militari e il loro significato legale, come elemento centrale della definizione di velivolo militare. Va sottolineato che solo gli aerei considerati militari possono compiere atti di ostilità ed esercitare i diritti specifici concessi dalla legge sulla guerra aerea. L’analisi farà riferimento alle sfide pratiche per il mantenimento delle regole classiche sulla guerra aerea, come l’esatta posizione delle marcature sulla superfice dell’aereo, le insegne a bassa visibilità (come modo per conciliare le esigenze legali ed operative) e la questione della rilevanza del dovere di marcatura dei velivoli militari nel contesto delle piattaforme aeree senza pilota. Die bahnbrechende Innovation der Gebrüder Wright im Jahr 1903 und die nachfolgenden Entwicklungen der Luftfahrttechnologie schufen bedeutende Möglichkeiten für den Militärbereich, da eine neue Dimension der Kriegsführung zu einem operativen Kampfraum wurde. Es stellen sich viele rechtliche Fragen, einschließlich jener des Status der Luft­maschinen, die von den neu gebildeten unabhängigen Luftkommandos vor dem Ausbruch des Ersten Weltkriegs eingesetzt wurden. Aus operativer und rechtlicher Sicht waren sich sowohl die staatliche Praxis als auch die internationalen Rechtsexperten einig, dass Militärflugzeuge Kennzeichen, die auf ihren militärischen Charakter und ihre Nationalität hinweisen, tragen sollten, um einen kriegsschiffähnlichen Status nach dem Recht der Seekriegsführung zu erhalten. Ziel dieses Artikels ist es, die Ursprünge und die Entwicklung der militärischen Kennzeichnungen und ihre rechtliche Bedeutung als Kernelement der Definition von Militärflugzeugen darzustellen. Es muss darauf hingewiesen werden, dass nur Flugzeuge, die als militärisch angesehen werden, feindliche Handlungen durchführen und die durch das Gesetz der Luftkriegsführung gewährten spezifischen Rechte ausüben können. Die Analyse wird sich auf praktische Herausforderungen für die Aufrechterhaltung des klassischen Gesetzes der Luftkriegsführung beziehen, wie die genaue Lage der Kennzeichen auf den Flugzeugoberflächen, Kennzeichen mit geringer Sichtbarkeit (als Mittel, rechtliche und operative Anforderungen miteinander in Einklang zu bringen) und die Frage der Relevanz der Pflicht zur Kennzeichnung militärischer Flugzeuge im Zusammenhang mit unbemannten Luftplattformen.
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Carroll, Gunnar. "Clearing the smoke: evaluating the United States policy toward white phosphorus munitions in urban contexts." Military Law and the Law of War Review 59, no. 1 (June 2, 2021): 3–22. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2021.01.01.

Full text
Abstract:
As the world becomes more urbanized and wars are fought in more condensed areas it is important to continue to evaluate the propriety of certain methods of warfare in these new and varied contexts. This article offers that when debates arise over the propriety of using certain weapons systems, an outright or systematic ban of that weapon system should rarely be the outcome. Rather, it is far more appropriate to provide armies with as many tools as possible to bring an armed conflict to a quick and decisive end and to hold those commanders and warfighters accountable to using those tools in accordance with international law, treaties, and norms. To do otherwise would unnecessarily handcuff and endanger those that are doing the fighting. This article presents this argument through the lens of the United States’ policy toward using white phosphorus munitions in urban contexts. The United States, among other militaries, has continued to employ white phosphorus munitions in the face of increased international scrutiny. This article evaluates that policy and concludes that it is both legal and appropriate provided that targeting decisions are made in accordance with traditional law of armed conflict principles and with an eye toward humanitarian imperatives. This conclusion is supported by a survey of relevant international treaties, various states’ practice, and is illustrated by hypothetical anecdotes provided by the author. Dans un monde de plus en plus urbanisé, où des guerres se déroulent dans des régions plus densément peuplées, il est important de continuer à évaluer l’opportunité de certaines méthodes de guerre dans ces contextes nouveaux et variés. Cet article avance que, lorsque l’opportunité d’utiliser certains systèmes d’arme fait débat, cela ne devrait que rarement résulter dans une interdiction totale ou systématique du système d’arme en question. Au contraire, il est bien plus opportun de munir les armées d’autant d’instruments que possible pour mettre un terme aux conflits armés de manière rapide et décisive, et de tenir les commandants et les combattants responsables de l’utilisation de ces instruments, conformément au droit international, aux traités et aux normes. Agir autrement représenterait une entrave et une mise en danger inutiles des combattants sur le terrain. Cet article présente cette argumentation au travers de la politique des États-Unis en matière d’utilisation de munitions au phosphore blanc en milieu urbain. L’armée des États-Unis, parmi d’autres, a continué à utiliser des munitions au phosphore blanc malgré une surveillance internationale accrue. L’article évalue cette politique et conclut qu’elle est à la fois légale et appropriée, à condition que les décisions en matière de ciblage soient prises conformément aux principes consacrés du droit des conflits armés et en gardant à l’esprit les impératifs humanitaires. Cette conclusion est étayée par une étude des traités internationaux pertinents et des pratiques de différents États, et est illustrée par des anecdotes hypothétiques fournies par l’auteur. Aangezien de wereld steeds meer verstedelijkt en oorlogen in compactere gebieden worden uitgevochten, is het belangrijk om te blijven evalueren of bepaalde methoden van oorlogvoering gepast zijn in deze nieuwe en diverse contexten. Dit artikel stelt dat, wanneer er discussie is over de gepastheid van het gebruik van bepaalde wapensystemen, dit zelden zou moeten leiden tot een regelrecht of systematisch verbod van dat wapen­systeem. Integendeel, het is veel beter om legers van zoveel mogelijk middelen te voorzien om een gewapend conflict snel en beslissend te beëindigen en om commandanten en oorlogvoerende partijen verantwoordelijk te houden voor het gebruik van deze middelen overeenkomstig het internationaal recht en de internationale verdragen en normen. Anders zou dat degenen die de strijd voeren, onnodig beknotten en in gevaar brengen. Dit artikel bekijkt dit argument door de lens van het beleid van de Verenigde Staten betreffende het gebruik van witte fosformunitie in stedelijke omgevingen. De Verenigde Staten zijn, net zoals andere legers, doorgegaan met het gebruik van witte fosformunitie ondanks to­egenomen internationaal toezicht. In dit artikel wordt dat beleid geëvalueerd en wordt geconcludeerd dat het zowel wettig als gepast is op voorwaarde dat de beslissingen over de doelbestrijding worden genomen in overeenstemming met de traditionele beginselen van het recht van de gewapende conflicten en met het oog op humanitaire vereisten. Deze conclusie wordt ondersteund door een overzicht van de relevante internationale verdragen en de praktijk van diverse staten, en wordt geïllustreerd aan de hand van hypothetische anekdotes van de auteur. A medida que el mundo se vuelve más urbanizado y las guerras se libran en áreas más concentradas, es importante continuar evaluando la idoneidad de ciertos métodos de guerra en estos nuevos y variados contextos. Este artículo sugiere que cuando surgen debates sobre la conveniencia de usar ciertos sistemas de armas, el resultado raramente debería ser una prohibición total o sistemática de ese sistema de armas. Más bien, es mucho más apropiado proporcionar a los ejércitos tantas herramientas como sea posible para llevar un conflicto armado a un final rápido y decisivo y hacer que esos comandantes y combatientes sean responsables del uso de esas herramientas de conformidad con el derecho, los tratados y las normas internacionales. Hacer lo contrario limitaría innecesariamente y pondría en peligro a quienes están combatiendo. Este artículo presenta este argumento a través de la lente de la política de los Estados Unidos hacia el uso de municiones de fósforo blanco en contextos urbanos. Estados Unidos, entre otros ejércitos, ha seguido empleando municiones de fósforo blanco ante el creciente escrutinio internacional. Este artículo evalúa esa política y concluye que es legal y apropiada siempre que las decisiones de selección de objetivos se tomen de acuerdo con los principios del Derecho tradicional de los conflictos armados y teniendo en cuenta los imperativos humanitarios. Esta conclusión está respaldada por un estudio de los tratados internacionales relevantes, la práctica de varios Estados y está ilustrada por anécdotas hipotéticas proporcionadas por el autor. Man mano che il mondo diventa più urbanizzato e le guerre si combattono in aree più concentrate, è importante continuare a valutare la correttezza di alcuni metodi di guerra in questi nuovi e cambiati contesti. Questo articolo afferma che quando sorgono dibattiti sull’opportunità di usare determinati armamenti, raramente il risultato dovrebbe essere un divieto totale o sistematico di quel sistema d’arma. Piuttosto, è molto più appropriato fornire agli eserciti quanti più strumenti possibili per porre fine in modo rapido e decisivo a un conflitto armato e ritenere quei comandanti e combattenti responsabili dell'uso di quegli strumenti in conformità con il diritto internazionale, i trattati e le norme. Fare altrimenti significherebbe immobilizzare inutilmente e mettere in pericolo coloro che stanno combattendo. Questo articolo presenta l’argomento attraverso l’ottica della politica degli Stati Uniti nei confronti dell'uso delle munizioni al fosforo bianco in contesti urbani. Gli Stati Uniti, tra gli altri eserciti, hanno continuato a impiegare munizioni al fosforo bianco a fronte di un maggior controllo internazionale. Questo articolo valuta tale politica e conclude che è sia legale che appropriata, a condizione che le decisioni a tal fine siano prese in conformità con i principi tradizionali del diritto dei conflitti armati e con attenzione agli imperativi umanitari. Questa conclusione è sostenuta da una revisione dei trattati internazionali pertinenti, dalla pratica di vari Stati, ed è corredata da ipotetici aneddoti forniti dall'autore. Da die Welt immer stärker urbanisiert wird und Kriege in immer stärker verdichteten Zonen geführt werden, ist es wichtig, die Geeignetheit bestimmter Methoden der Kriegsführung in diesen neuen und unterschiedlichen Kontexten weiterhin zu bewerten. Dieser Artikel behauptet, dass sich, wenn sich eine Debatte über die Geeignetheit der Verwendung bestimmter Waffensysteme anspinnt, daraus selten ein absolutes oder systematisches Verbot des betreffenden Waffensystems ergeben soll. Vielmehr ist es angebracht, Armeen mit möglichst vielen Mitteln auszustatten, damit ein bewaffneter Konflikt zu einem raschen und entscheidenden Ausgang gebracht wird, sowie Befehlshaber und Kombattanten hinsichtlich der Verwendung dieser Mittel in Übereinstimmung mit dem Völkerrecht, Verträgen und Normen zur Rechenschaft zu ziehen. Eine andere Vorgehensweise würde denjenigen, die kämpfen, unnötig Zügel anlegen und sie gefährden. Dieser Artikel betrachtet dieses Argument durch die Linse der Politik der Vereinigten Staaten in Bezug auf die Verwendung weißer Phosphormunition in einer städtischen Umgebung. Die Streitkräfte der Vereinigten Staaten haben, wie auch andere Streitkräfte, angesichts zunehmender internationaler Kritik, weiterhin weiße Phosphormunition verwendet. Der Artikel be­wertet diese Politik und schlussfolgert, dass diese sowohl rechtmäßig als geeignet ist, vorausgesetzt, dass die Zielentscheidungen in Übereinstimmung mit den herkömmlichen Grundsätzen des Rechts der bewaffneten Konflikte und unter Berücksichtigung humanitärer Gebote getroffen werden. Diese Schlussfolgerung wird mit einem Überblick über relevante internationale Abkommen und die Praxis verschiedener Staaten untermauert und wird mit hypothetischen Anekdoten vom Autor illustriert.
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Dissertations / Theses on the topic "Guerra, diritto internazionale, filosofia del diritto"

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VERDOLINI, VALERIA. "Tra guerra e diritto. La categoria della legittimità alla sfida dell'internazionalizzazione. Il caso dell'ICTY." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/10281/17978.

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Abstract:
La ricerca si sviluppa a partire dal conflitto nei Balcani degli anni '90. Alla ricostruzione storica è affiancata una ricognizione della Storia del diritto penale internazionale e del c.d. Ius in bello, fino alla recente istituzione del Tribunale ad Hoc per la Ex Jugoslavia. La seconda parte propone un'epistemologia della categoria della legittimità attraverso il confronto critico tra autori classici: Weber, Schmitt, Luhmann e Habermas. Questa ricognizione è necessaria per poter valutare la legittimità o meno del tribunale internazionale, e la possibilità di giudicare la guerra con le categorie del diritto penale.
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Franzini, Carlotta <1995&gt. "Una guerra per l'indipendenza. Analisi storico-giuridica del caso ceceno." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/16104.

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Abstract:
La presente tesi è incentrata sull’analisi giuridica del conflitto russo-ceceno e analizza il diritto dei ceceni all’autodeterminazione. Basandosi sui principali atti internazionali nei quali viene fatto riferimento al diritto di autodeterminazione dei popoli e prendendo in considerazione le differenti opinioni formulate dagli studiosi della dottrina, si giungerà alla conclusione che i ceceni non posseggano un diritto all’autodeterminazione esterna tale da fornire loro la possibilità di secedere dalla Russia. La tesi si suddivide in tre capitoli. Il primo capitolo comprende una breve ma esaustiva panoramica storica degli eventi relativi ai due conflitti e un’analisi circa la qualificazione giuridica degli stessi. Il secondo capitolo è incentrato sulla ricostruzione giuridica del diritto di autodeterminazione e sui principali atti internazionali che nel corso del XX secolo ne hanno fatto menzione, oltre a contemplare una sezione relativa alla protezione delle minoranze a livello internazionale. Infine, il terzo capitolo si focalizza sul diritto dei ceceni all’autodeterminazione e sulla loro possibilità di secedere dalla Federazione Russa, facendone inoltre una breve comparazione con il caso ucraino. Il fine del presente studio è quello di esaminare il significato giuridico del diritto di autodeterminazione e la sua applicazione al caso ceceno. Sulla base delle ricerche effettuate si dimostrerà perché non sia lecito per i ceceni invocare la secessione dal territorio russo.
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Vassura, Alice <1992&gt. "Una conferma alla prassi restitutoria per i beni trafugati illecitamente durante la Seconda guerra mondiale? I comportamenti dei Soggetti nazionali e transnazionali del mondo dell’Arte." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17906.

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Abstract:
La ricerca di sviluppa in tre capitoli, i primi due interamente dedicati alle norme giuridiche riguardanti il trattamento dei beni saccheggiati durante la guerra in varie fasi e sotto vari punti di vista. Il primo è dedicato alle fonti nelle varie declinazioni, ossia fonti universali vincolanti e non, fonti relative al conflitto mondiale, accordi bilaterali, fonti regionali e fonti nazionali. Il secondo è dedicato al regime vigente durante la seconda guerra mondiale e alle diverse fasi salienti della sua evoluzione fino ai giorni nostri. Il terzo capitolo analizza in diversi tempi come i vari Soggetti del mondo dell’arte hanno recepito questi strumenti, essendo spesso di soft-law pertanto non obbligatori per legge (hard-law). Sono stati analizzati sia istituzioni culturali "senza scopo di lucro" (come da definizione ICOM), ossia i musei, che organizzazioni fondate sul profitto quali case d’aste e fiere d’arte. L’analisi dimostra il diffondersi di un atteggiamento morale teso alla restituzione dei beni saccheggiati durante la Nazi-era e il crescente stimolo verso una prassi giuridica in tal senso con indicazioni non univoche.
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Niculescu, Ramona. "L’adozione nazionale e internazionale in Romania, Italia e Spagna." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91283.

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FULGENZI, Matteo. "La "guerra delle sanzioni": un'analisi multilivello delle sanzioni internazionali imposte alla Federazione Russa per la crisi in Ucraina alla luce del diritto internazionale e del diritto dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2022. https://hdl.handle.net/11695/114349.

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Abstract:
La tesi di dottorato «La “guerra delle sanzioni”: un’analisi multilivello delle sanzioni internazionali imposte alla Federazione Russa per la crisi in Ucraina alla luce del diritto internazionale e del diritto dell’Unione europea» affronta il tema della liceità delle sanzioni economiche “unilaterali” adottate da parte di Stati o OO.II. al di fuori del quadro decisionale del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (UNSC). Sullo sfondo delle controverse vicende che, nel 2014, hanno condotto all’annessione della penisola di Crimea da parte della Russia ai danni dell’Ucraina e all’insurrezione dei ribelli filo-russi nella regione ucraina del Donbass, il presente lavoro di ricerca ha inteso quindi proporre un’approfondita analisi giuridica delle misure oggetto della “guerra economica” tra l’Occidente e la Federazione Russa, soffermandosi sulla disamina degli elementi di criticità riscontrabili nell’impianto giuridico sotteso agli opposti regimi di sanzioni e contro-sanzioni. L’elaborato si articola in cinque capitoli, dedicati ai seguenti aspetti: (1) inquadramento generale del concetto di “sanzione” ai sensi del diritto internazionale e (2) del diritto dell’Unione europea (UE), con un inerente esame della dottrina e della giurisprudenza; (3) analisi degli specifici provvedimenti sanzionatori adottati dall’UE e dagli Stati Uniti nei confronti della Russia, nonché delle contro-sanzioni decise dal Cremlino in risposta alle misure dell’Occidente; (4) esame delle argomentazioni giuridiche concernenti la legittimità dell’imposizione di sanzioni internazionali in via unilaterale (ed extraterritoriale) nonché approfondimento del tema della tutela, in sede giurisdizionale, dei diritti e delle libertà fondamentali dei soggetti della Federazione Russa (e dell’Ucraina) colpiti dalle sanzioni “intelligenti” dell’UE; (5) studio, alla luce del diritto internazionale dell’economia e, in particolare, del diritto dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), delle implicazioni giuridiche delle reciproche sanzioni commerciali tra gli Stati occidentali e la Russia. L’autore conclude che, in base agli spunti offerti dal diritto internazionale e dal diritto internazionale dell’economia, le uniche misure “di terze parti” ritenute generalmente ammissibili siano da identificare negli atti di carattere diplomatico oltre che, naturalmente, nelle azioni e negli atteggiamenti cd. “ritorsivi” o “inamichevoli” comunque collocabili nel novero delle condotte considerate internazionalmente lecite. Contromisure “collettive” (o “punitive”) adottate in via unilaterale sul piano economico-commerciale e volte all’utilizzo strumentale del “sistema sponda” della regolamentazione multilaterale del commercio al solo fine di compensare il cd. “fallimento sistemico” di un distinto complesso ordinamentale (come, nel caso in esame, quello dell’ONU “bloccato” dal potere di veto di un Membro permanente dell’UNSC) risulterebbero infatti da escludere anche sulla base di rilevanti posizioni della dottrina e, soprattutto, in virtù delle recenti evoluzioni della giurisprudenza prodotta dagli organi giudicanti del sistema dell’OMC. Tutto ciò, sebbene le istanze rivolte a presidio di principi e valori fondamentali per la tenuta dell’ordinamento internazionale non possano comunque essere lasciate prive di considerazione e le sanzioni occidentali siano state concepite al fine di inviare un forte segnale di disapprovazione verso le azioni poste in essere dalla Russia nel contesto della crisi in Ucraina.
The PhD thesis «The “sanctions war”: a multilevel analysis of the international sanctions imposed on the Russian Federation for the crisis in Ukraine in the light of international law and the law of the European Union» deals with the issue of the lawfulness of “unilateral” economic sanctions adopted by States or international organizations outside the decision-making framework of the United Nations Security Council (UNSC). In the background of the controversial events that, in 2014, led to the annexation of the Crimean peninsula by Russia to the detriment of Ukraine and the insurrection of pro-Russian rebels in the Ukrainian region of Donbass, the present research proposes an in-depth legal analysis of the measures involved in the “economic war” between the West and the Russian Federation, focusing on the examination of the critical elements that can be found in the legal framework underlying the opposing sanctions and counter-sanctions regimes. The text is divided into five chapters, dedicated to the following aspects: (1) general framework of the concept of “sanction” under international law and (2) European Union (EU) law, with an inherent examination of the doctrine and jurisprudence; (3) analysis of the specific sanctions adopted by the EU and the United States against Russia, as well as the counter-sanctions decided by the Kremlin in response to Western measures; (4) examination of the legal arguments concerning the legitimacy of the unilateral (and extraterritorial) imposition of international sanctions as well as in-depth analysis of the issue of the judicial protection of the fundamental rights and freedoms of the subjects of the Russian Federation (and of Ukraine ) affected by the “smart” sanctions of the EU; (5) study, in the light of international economic law and, in particular, the law of the World Trade Organization (WTO), of the legal implications of the reciprocal trade sanctions between Western States and Russia. The author concludes that, on the basis of the insights offered by international law and international economic law, the only “third-party” measures generally considered admissible are to be identified in diplomatic acts as well as, of course, in the so-called “retaliatory” or “unfriendly” acts and attitudes which, however, can be traced back to the category of conducts considered internationally lawful. “Collective” (or “punitive”) countermeasures adopted unilaterally on an economic-commercial level and aimed at the instrumental use of the “side system” of multilateral trade regulation for the sole purpose of compensating for the so-called “systemic failure” of a distinct legal complex (such as, in the case in question, that of the UN “blocked” by the veto power of a permanent Member of the UNSC) would in fact be excluded also on the basis of relevant positions of the doctrine and, above all, by virtue of the recent developments in the jurisprudence produced by the judicial bodies of the WTO system. All this, although the instances aimed at safeguarding fundamental principles and values for the integrity of the international order cannot in any case be left without consideration and the Western sanctions have been conceived in order to send a strong signal of disapproval towards the actions put in place by Russia in the context of the crisis in Ukraine.
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GARRI, CHIARA. "LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE NELLE ZONE DI GUERRA. IL CASO ISRAELE-PALESTINA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/159138.

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Abstract:
This research delves into the Nongovernmental Organisations’ presence on the international scene, in an effort to grasp its significance for the traditional political order and for the democratic dynamics within it. The growing presence of multiple and concurrent autonomous centres of power, peculiar to the current political organisations, and furthered by the process of globalization, have represented a contributing factor of the overcome of social and political boundaries along with the State’s centrality itself. The nongovernmental sphere has had a fundamental role in the process of “remodeling” the international order, becoming at the same time an essential tool for its comprehension. Therefore, this research is focused on the analysis of NGOs’ intervention in war-torn societies, in order to examine the dynamics of interdependence binding them with the other social actors involved in the conflict. This thesis is articulated in four chapters. The first is dedicated to develop a theoretical framework of the genesis and the role of NGOs. The second is focused on two aspect of Nongovernmental Organisations’intervention in conflict zones: the relationship between them and the other actors of the conflict, United Nations, the State and local actors; and the principles that inform their intervention. The third chapter delves into the intricacies of the nongovernmental organisations, with particular reference to their inherent weaknesses and how they have affected NGOs’work. The last chapter examines the Israeli-Palestinian conflict, focusing on the most significant historical and political moments for the Nongovernmental sphere.
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Colzani, E. "'L'INTERPRETAZIONE GIUDIZIALE DEI TRATTATI INTERNAZIONALI'." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/230541.

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Abstract:
The thesis is devoted to treaty interpretation by international judges. The subject has already been studied in depth by international law’s scholars: this work is an attempt of analysis from the philosophy of law’s perspective. In particular, the thesis focuses on three main topics: the first chapter is devoted to the concept of “international treaty”, the second chapter is devoted to the question if interpretation is an art or a science and the third chapter concerns the possibility to interpret a treaty using domestic rules of interpretation. These topics allow the author to highlight three different issues: 1) the relationship between international law system and national law systems; 2) the problems related to interpretation of multilingual texts; 3) the problems related to multicultural comunication. One of the main topic discussed in this work, the more relevant for philosophy of law, concerns the role of article 33 of Vienna Convention on multilingual texts: differently from what international law scholars think, this article, according to the author, is the most important rule of treaty interpretation. The reason is that the interpreter is obliged to manage/face with languages wich are different from his own native language: in this sense, from the interpretation of a treaty a lot of problems due to linguistic and cultural differences could rise.
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AMATO, ALESSANDRA. "Dalla guerra giusta alla pace giusta. Etica e pratica del conflitto armato nel sistema internazionale contemporaneo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/161.

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Abstract:
I cambiamenti verificatisi nel sistema internazionale nel corso degli ultimi anni hanno avuto una profonda incidenza sul dibattito teorico circa l'uso della forza e i conflitti armati. In particolare, il cambiamento che si è avuto nel warfare ha portato a concentrare l'attenzione su due aspetti particolari della guerra, ovvero la sua giustificazione morale e la relazione tra uso della forza e diritto internazionale. Inoltre, rispetto al passato, la fase successiva ai conflitti assume una rilevanza sempre maggiore. Scopo di questo lavoro è, quindi, da un lato analizzare la teoria della guerra giusta in relazione al diritto internazionale e alle sfide poste dall'attuale sistema internazionale, evidenziandone gli elementi teorici più problematici e, dall'altro, delineare gli elementi normativi necessari per una teoria della pace giusta. Se, infatti, la tradizione teorica relativa a ius ad bellum e ius in bello è ben consolidata, i problemi teorici ed empirici che si pongono circa lo ius post bellum sono nuovi e ancora senza risposta. Il lavoro cerca quindi di formulare gli elementi normativi che dovrebbero regolare lo ius post bellum affinché vengano soddisfatti i requisiti di giustizia post-conflittuale Infine, alla luce degli elementi teorici emersi sono stati analizzati tre conflitti che ben si prestano a valutare empiricamente la teoria della guerra giusta, ovvero il primo conflitto in Iraq del 1991, l'intervento in Kosovo del 1999 e il secondo conflitto in Iraq del 2003.
The changes occurred in the international system during the last decade had a deep influence on the theoretical debate about use of force and armed conflicts. In particular, changes in warfare focused attention on two different aspects of war its moral justifiability and the relation between the use of force and international law. Furthermore, the post-conflict phase is becoming more and more important. The aim of this work is twofold: on one hand, to analyse the relationship between Just War Theory and international law and the challenges raising from the new international system, underlining the most problematic aspects from a theoretical point of view. On the other hand, the aim is to sketch some normative elements of Just Peace Theory. If jus ad bellum and jus in bello theories are well-established, there are many theoretical and empirical problems related to jus post bellum Consequently, this work tries to advance some normative elements required to regulate jus post bellum in order to satisfy requirements of post-conflict justice. Finally, in the light of the elements arisen in the theoretical part of the work, three conflicts particularly relevant for Just War Theory are taken into account: the 1991 war in Iraq, the 1999 intervention in Kosovo e and the 2003 conflict in Iraq.
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AMATO, ALESSANDRA. "Dalla guerra giusta alla pace giusta. Etica e pratica del conflitto armato nel sistema internazionale contemporaneo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/161.

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Abstract:
I cambiamenti verificatisi nel sistema internazionale nel corso degli ultimi anni hanno avuto una profonda incidenza sul dibattito teorico circa l'uso della forza e i conflitti armati. In particolare, il cambiamento che si è avuto nel warfare ha portato a concentrare l'attenzione su due aspetti particolari della guerra, ovvero la sua giustificazione morale e la relazione tra uso della forza e diritto internazionale. Inoltre, rispetto al passato, la fase successiva ai conflitti assume una rilevanza sempre maggiore. Scopo di questo lavoro è, quindi, da un lato analizzare la teoria della guerra giusta in relazione al diritto internazionale e alle sfide poste dall'attuale sistema internazionale, evidenziandone gli elementi teorici più problematici e, dall'altro, delineare gli elementi normativi necessari per una teoria della pace giusta. Se, infatti, la tradizione teorica relativa a ius ad bellum e ius in bello è ben consolidata, i problemi teorici ed empirici che si pongono circa lo ius post bellum sono nuovi e ancora senza risposta. Il lavoro cerca quindi di formulare gli elementi normativi che dovrebbero regolare lo ius post bellum affinché vengano soddisfatti i requisiti di giustizia post-conflittuale Infine, alla luce degli elementi teorici emersi sono stati analizzati tre conflitti che ben si prestano a valutare empiricamente la teoria della guerra giusta, ovvero il primo conflitto in Iraq del 1991, l'intervento in Kosovo del 1999 e il secondo conflitto in Iraq del 2003.
The changes occurred in the international system during the last decade had a deep influence on the theoretical debate about use of force and armed conflicts. In particular, changes in warfare focused attention on two different aspects of war its moral justifiability and the relation between the use of force and international law. Furthermore, the post-conflict phase is becoming more and more important. The aim of this work is twofold: on one hand, to analyse the relationship between Just War Theory and international law and the challenges raising from the new international system, underlining the most problematic aspects from a theoretical point of view. On the other hand, the aim is to sketch some normative elements of Just Peace Theory. If jus ad bellum and jus in bello theories are well-established, there are many theoretical and empirical problems related to jus post bellum Consequently, this work tries to advance some normative elements required to regulate jus post bellum in order to satisfy requirements of post-conflict justice. Finally, in the light of the elements arisen in the theoretical part of the work, three conflicts particularly relevant for Just War Theory are taken into account: the 1991 war in Iraq, the 1999 intervention in Kosovo e and the 2003 conflict in Iraq.
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10

Papaux, Alain. "Essai philosophique sur la qualification juridique : de la subsomption à lảbduction ; lẻxemple du droit international privé /." Bruxelles : Bruylant [u.a.], 2003. http://www.gbv.de/dms/spk/sbb/recht/toc/368649989.pdf.

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Books on the topic "Guerra, diritto internazionale, filosofia del diritto"

1

Diritti e civiltà: Storia e filosofia del diritto internazionale. Bologna: Il Mulino, 2010.

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2

A, Cattaneo Mario, Università di Milano. Istituto di filosofia e sociologia del diritto., and Colloquio internazionale su "Diritto e stato nella filosofia della Rivoluzione francese" (1990 : Istituto lombardo di scienze e lettere), eds. Diritto e stato nella filosofia della Rivoluzione francese: Atti del colloquio internazionale, Milano, 1-3 ottobre 1990. Milano: Giuffrè, 1992.

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L'Abate, Alberto, and Lorenzo Porta, eds. L'Europa e i conflitti armati. Florence: Firenze University Press, 2008. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-8453-786-7.

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Abstract:
Frutto di uno dei più importanti convegni tenutisi in Italia sul ruolo dei Corpi civili di pace europei nella prevenzione dei conflitti armati, il volume raccoglie i contributi di alcuni tra i migliori studiosi italiani e stranieri che si sono occupati di peacekeeping e di peace building, costituendo uno strumento importante per la diffusione di questi temi nelle scuole superiori e all'Università secondo quanto previsto da un progetto ministeriale approvato. Due scritti introduttivi dei curatori, Alberto L'Abate e Lorenzo Porta, lo aggiornano agli avvenimenti più recenti e nel contempo illustrano indirizzi e contraddizioni delle politiche dell'UE in materia di prevenzione dei conflitti e di disarmo. Una particolare sezione è poi dedicata al conflitto serbo-albanese in Kossovo e al rischio di una nuova esplosione delle ostilità, analizzati attraverso le voci dialoganti di esponenti delle parti opposte. Sullo stesso tema pone l'accento anche la premessa di Antonio Cassese, ex presidente della Corte dell'Aia per i crimini di guerra in ex Jugoslavia e docente di Diritto internazionale all'Università di Firenze, che presenta delle interessanti proposte incentrate sul ruolo di mediazione dell'UE. Completano infine il volume le appendici che offrono un compendio della storia della nonviolenza indiana e delle Shanti Sena. Seguono documenti sugli esiti del più recente dibattito europeo su resistenza nonviolenta, difesa e intervento civile in zona di conflitto. Rassegna stampa: GAIA, giugno 2009: Una strategia vincente: costruire la pace dal basso
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