Academic literature on the topic 'Gruppo nascosto'

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Journal articles on the topic "Gruppo nascosto"

1

Rosenman, Stephen. "Psychiatric bed usage under different systems of care. A comparison of South Verona (Italy) and Canberra (Australia)." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 3, no. 3 (December 1994): 163–70. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00003663.

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Abstract:
RiassuntoScopo - Confrontare l'uso dei servizi ospedalieri per le principali malattie psichiatriche in una struttura che offre un «servizio psichiatrico territoriale» (Verona-Sud, Italia) con l'uso di questi servizi in una struttura più «tradizionale», dove l'ospedale è il centro dell'attività (Canberra, Australia). Disegno - Sono stati esaminati i registri dei ricoveri per i malati da psicosi schizofreniche e distimiche negli anni 1986, 1987 e 1988. Sono state comparate le seguenti caratteristiche: la mappa socio-demografica ed i tassi dei ricoveri per i pazienti, la durata del ricovero iniziale ed i tassi di ri-ricovero per questi pazienti nei dodici mesi seguenti. Risultati - Il servizio psichiatrico territoriale (Verona-Sud) ha ricoverato meno pazienti con psicosi schizofreniche e distimiche ma questi risultavano più gravi, restavano degenti più a lungo ed avevano una probabilità maggiore di essere ricoverati nuovamente. Il servizio psichiatrico «tradizionale» (Canberra) ha usato l'ospedale per una gamma più ampia di malattie, incluse le malattie con buona prognosi. La degenza in Canberra è stata più breve ed il ri-ricovero meno frequente. Sembra che il servizio «tradizionale» sia più orientato ad usare l'ospedale per l'inizio o per la stabilizzazione della terapia. Il servizio psichiatrico territoriale non portava ad una degenza più breve o ad un numero minore di ricoveri successivi al primo. Le differenze nella morbilità psichiatrica incontrata nelle popolazioni ha nascosto l'effetto della struttura del servizio sull'uso. Questa differenza nella distribuzione della morbilitù psichiatrica concentrata nel gruppo di più giovane età, rimane senza spiegazione.
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2

Mannu, José, and Fiore Bello. "Virtualitŕ sana e potenzialitŕ nascoste nei percorsi del gruppo multifamiliare in Comunitŕ." INTERAZIONI, no. 1 (February 2009): 83–91. http://dx.doi.org/10.3280/int2008-001008.

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Abstract:
- In this paper, after a brief report of the record of their psychological work with families, authors explore the differences between the psycho educational multi family group (GMF) and the psychoanalytic oriented one and reflect upon the possibility of rephrasing the intervention according to the health psychology's principles. They propose a method which represents the results of a work that began in 1994 initially at the Mental Health Centre (Mental Health Department of ASL ROMA B) and later carried on within the Therapeutic Community, where it is still going on. Working in a Therapeutic Community is very peculiar, in fact the nearness and the share of the spaces between the staff and the guests are the main reasons why the authors bring into the multi family group their daily observations. They aim at rising, sharing and empowering the healthy dimensions of their patients, strengths that their parents ignore and are not able to see because they are blinded by distress, affliction, anger and by psychopathological symptoms. The try consists in reflecting on health, on skills, abilities and not only on negativity, conflicts, primitive and violent emotions, disability, impotence and illness. In this way, the multi family community group is not only a capable container of anguish but plays the role of connecting and expanding those strengths so hidden, underestimated and neglected for a long time that can become the main resources for pathways to recovery.
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3

Sartori, Riccardo. "Le ragioni per non dirlo. Studio su 17 pazienti maschi adulti omosessuali non dichiarati della provincia di Verona." RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 2 (January 2011): 19–34. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2010-002002.

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Abstract:
I vantaggi e gli svantaggi di fare coming out in famiglia e al lavoro, per gli omosessuali che vengono allo scoperto e per il gruppo di appartenenza (famiglia e organizzazione), sono ben documentati in letteratura. Mancano invece gli studi che analizzano vantaggi e svantaggi del non fare coming out, probabilmente per la difficoltŕ a reperire soggetti che, per loro natura, vivono nascosti. L'articolo presenta uno studio su 17 pazienti maschi adulti che vivono e lavorano a Verona e non sono dichiarati né in famiglia, né al lavoro, né tra gli amici eterosessuali. Le loro tre diagnosi principali (DSM-IV-TR) - Disturbo Dipendente di Personalitŕ (DDP), Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) e Disturbo Narcisistico di Personalitŕ (DNP) - vengono messe in relazione con i tre ordini di ragioni portate dai pazienti per non dichiararsi, esemplificati nei seguenti tre slogan: 1. Vorrei ma non posso (DDP); 2. Dovrei ma non voglio (DOC); 3. Sono fatti miei! (DNP).
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4

Ciniero, Antonio. "Modelli politici e processi di istituzionalizzazione come vettori di esclusione e marginalità sociale: il caso dei campi rom e dei ghetti agricoli." SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no. 125 (August 2021): 40–61. http://dx.doi.org/10.3280/sur2021-125003.

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Abstract:
Il saggio ha due obiettivi. Il primo è quello di descrivere le continuità e le differenze riscontrabili nelle dinamiche di esclusione che producono i campi rom, luoghi di segregazione abitativa gestiti, direttamente o indirettamente, dai comuni italiani, e i ghetti agricoli, luoghi di segregazione abitativa che nascono in modo informale per dare alloggio ai lavoratori stagionali stranieri. Il secondo obiettivo è quello di analizzare gli interventi pubblici fino ad oggi messi in campo dalle istituzioni italiane per affrontare la questione abitava di gruppi di popolazioni pensate erroneamente come omogenee e portatori di bisogni comuni. Tanto nel caso dei rom, quanto in quello dei braccianti stranieri, le istituzioni italiane hanno utilizzato prevalentemente un approccio emergenziale basato sull'eccezionalità che ha prodotto e continua a produrre rilevanti contraddizioni e forme di esclusione sociale.
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5

Tosini, Giorgio, Carlo Cristini, and Bruno Mario Cesana. "Sequenze di scene di violenza non giustificata e giustificata, condotte aggressive e affettivitŕ." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 1 (March 2010): 21–46. http://dx.doi.org/10.3280/rip2009-001002.

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Abstract:
Lo scopo principale di questa ricerca č la valutazione dell'effetto della visione di scene violente su un gruppo di studenti universitari (30 f, 30 m), presentate in due differenti sequenze: una scena di violenza "giustificata" seguita da una di violenza "non giustificata" o viceversa. Si sono utilizzati i seguenti questionari: 1) prima e dopo le sequenze, Questionario I-R sulle condotte aggressive, Scala d'Ansia ASQ-IPAT; 2) dopo ogni singola scena, Questionario self-report per valutare intensitŕ e tono edonico delle emozioni provate e il livello di giustificazione della violenza della scena. Sono stati esaminati anche processi di regolazione delle emozioni (suppression, reappraisal e autoefficacia). Ruminazione ed ansia (totale e nascosta) sono diminuite dopo la visione di entrambe le sequenze. Dopo la sequenza con la scena di violenza "non giustificata" seguita da quella "giustificata", la ruminazione č diminuita in modo significativo rispetto alla sequenza inversa. L'intensitŕ e la sgradevolezza delle emozioni negative provate durante la scena di violenza "giustificata" hanno registrato valori piů bassi rispetto a quelli della scena "non giustificata". La valutazione del livello di giustificazione della violenza della prima scena ha un effetto sulla valutazione di quella della seconda scena in entrambe le sequenze (effetto carry-over). Il livello di giustificazione della violenza "giustificata" č effettivamente piů alto rispetto a quella "non giustificata". Il processo di reappraisal, l'autoefficacia nel controllo delle emozioni negative, l'autoefficacia nell'epressione delle emozioni positive e l'autoefficacia empatica percepita non hanno avuto effetti.
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Goebl, Hans. "Una classificazione gerarchica di dati geolinguistici tratti dall'AIS. Saggio di dialettometria dendrografica : collaborazione informatica: Erasmus Langer (Università Politecnica di Vienna)." Linguistica 31, no. 1 (December 1, 1991): 341–52. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.31.1.341-352.

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Abstract:
Lo strumento euristico classico della classificazione gerarchica è l'albero (chiamato anche in modo più specialistico: grafo arborescente). La struttura ramificata dell'albero con una molteplicità di foglie, ramoscelli erami rispetto alla radice unica - poli tra i quali si inserisce uno spazio di dipendenze gerarchiche ben articolate - costituisce una rappresentazione metaforicamente molto valida per la descrizione dei risultati di qualsiasi processo evolutivo. Ora si sa che ogni evoluzione procede mediante ramificazioni, biforcazioni o frammentazioni consecutive e che nascono cosi vari raggruppamenti in classi (gruppi, unità ecc.), tra i quali esistono sempre determinate dipendenze o relazioni. La lista delle scienze che si sono avvalse dell'albero in quanto mezzo euristico è lunga: oltre la zoologia, lapaleontologia, la genetica e tante altre discipline biologiche figurano anche discipline antropiche e sociali, tra cui anche la linguistica. Enoto che l'albero genealogico viene adoperato in sede linguistica sin dai tempi di August SCHLEICHER (1863). L'uso dell'albero per scopi linguistici è sempre rimasto tuttavia alquanto problematico. In effetti, lo strumento euristico "albero" offre particolari condizioni di applicazione, che fino ad oggi non sono state sufficentemente discusse. E' così rimasta, tra la stragrande maggioranza dei linguisti, una più o meno diffusa sfiducia rispetto all'albero. Cf. a questo proposito la buona documentazione storica di STEWART 1976.
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"UN CASO DI SPIONAGGIO DEL XVIII SECOLO: IL VIAGGIO-RICOGNIZIONE A POLA DI UN GRUPPO DI FUNZIONARI DELL’IMPERATORE ASBURGICO. APPUNTI DA UNA RELAZIONE ANONIMA AL CONTE E PROVVEDITORE DI POLA DEL 12 APRILE 1788." Studia Polensia 8, no. 1 (December 4, 2019): 161–68. http://dx.doi.org/10.32728/studpol/2019.08.01.09.

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Abstract:
Nel lavoro si presenta il viaggio compiuto da un gruppo di funzionari della corte imperiale di Giuseppe II, nel 1788, da Fiume, attraverso alcune località della costa orientale dell’Istria, fino a Pola. Facendo riferimento al documento originale, una relazione anonima trasmessa al Conte e Provveditore della città istriana, custodito nell’archivio della biblioteca Universitaria di Pola, si riporta il tragitto della comitiva austro-ungarica e, più dettagliatamente, l’incontro del gruppo con l’anonimo informatore dell’allora Reggitore della città istriana, Angelo Maria Orio, neanch’egli nominato nella relazione. Il documento, accanto all’interesse odeporico- culturale dello scritto, rileva pure interessanti notizie di carattere storico- politico, quali le nascoste motivazioni che hanno portato gli illustri personaggi a ricercare quante più informazioni sulla città, sul porto e sulle vie di comunicazione di Pola; il loro interessamento in merito alle politiche economiche e di difesa della Serenissima in queste terre, a meno di dieci anni dalla caduta della stessa. Illustra, inoltre, la situazione politica dell’Istria e delle realtà statali contermini del tempo.
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Dissertations / Theses on the topic "Gruppo nascosto"

1

LIMONGELLI, PAOLA ENRICA. "The hidden children. Una ricerca partecipativa relativa al fenomeno dei young caregivers italiani." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/277261.

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Abstract:
La presente ricerca indaga il fenomeno dei giovani “caregivers” nel contesto italiano. I young caregivers (yc) sono bambini/e e adolescenti che svolgono attività di cura. Questa condizione si verifica tipicamente quando un membro della famiglia soffre di malattie croniche o disabilità, e il giovane deve far fronte a queste difficoltà in prima persona. I motivi per cui i yc non hanno alternative a questa condizione possono essere molteplici, come le scarse risorse finanziarie e gli aiuti insufficienti da parte dei servizi sociali e sanitari. Anche se il fenomeno è stato studiato in diverse nazioni, non è stato ancora approfondito in Italia. Ci sono due possibili spiegazioni per questo “ritardo” nella ricerca: il sistema di welfare italiano e il concetto dell’infanzia nel nostro contesto. In Italia il welfare è di tipo familistico, ovvero lo Stato svolge un ruolo residuale nel fornire risorse e servizi a supporto dei cittadini. Inoltre, le famiglie sono abituate a provvedere ai propri bisogni autonomamente. Tuttavia viene spontaneo pensare che questo lavoro di cura è normalmente associato a persone adulte (specie donne), ma non a minorenni. Come suggerisce la nuova sociologia dell’infanzia infatti i minori sono considerati senza autonomia, dipendendo dagli adulti. A fronte di assente riconoscimento sociale e giuridico delle responsabilità di cura svolte da bambini e adolescenti, i young caregivers vengono definiti come un gruppo nascosto, pertanto sono anche difficili da individuare. Per superare questo ostacolo, è stata condotta una ricerca con approccio partecipativo. L’obiettivo infatti è stato quello di coinvolgere le persone tradizionalmente considerate come oggetto di ricerca, facendole diventare protagoniste della stessa, assumendo il ruolo di co-ricercatori. Questa inversione di prospettiva è possibile solo riconoscendo in loro un “sapere esperienziale” derivante dalla vicinanza all’oggetto di studio. I co-ricercatori collaborano con un ricercatore in un "Steering group", il quale svolge la progettazione della ricerca e analizza i dati. All'interno dello " Steering group ", i co-ricercatori sviluppano consapevolezza, rielaborano la loro identità e maturano il loro bisogno di cambiamento sociale. L’analisi della ricerca è stata condotta attraverso un mixed method, con tre livelli di analisi. In primo luogo, un'analisi secondaria sui dati dell'Istat (sondaggio multiuso su "Aspetti della vita" - 2015) è stata utile per comprendere le caratteristiche di bambini e adolescenti e confrontare le differenze tra famiglie straniere e italiane e tra nord e sud Italia. In secondo luogo, la surevy nelle scuole medie di Milano è stata utile per comprendere specifici al caregiving. Infine, è stato realizzato un focus group con potenziali yc, allo scopo di comprendere il loro livello di consapevolezza e i loro bisogni. I yc italiani hanno le stesse caratteristiche degli altri giovani caregiver in tutto il mondo. Il fenomeno è nascosto e non riconosciuto. Di conseguenza, i yc e le loro famiglie mancano di riconoscimento e supporto sociale. La ricerca mette in luce le attività svolte in famiglia, dal lavoro domestico al supporto emotivo. Le conseguenze sui yc riguardano la scuola, le relazioni con i pari e il benessere.
This paper introduces research on young carers in an Italian context. This topic describes the issue of caregiving performed by children. The activities of care begin when one family member has a chronic illness or disability and there are no alternatives for coping with these difficulties. There are many factors associated with the issue of absence of alternatives, such as: few financial resources, a weak informal support network (relatives, friends and neighbors) and insufficient aid from social and health services. Even if the phenomenon has been studied in different countries, it has not been widely investigated in Italy. There are two possible explanations for this lack of research: the Italian welfare system and the concept of childhood. In Italy welfare is familistic. It means that the State has only a residual role in providing resources or services to support citizens. Furthermore, families are mandated to provide care by themselves. One would argue that the work of care is usually associated with adult figures, in particular women, but not with minors. As the new sociology of childhood suggests, this happens because minors are considered without autonomy and their own agency and dependent on adults. . Since they are identified as a hidden group, it makes them hard to reach. In order to overcome this obstacle, a participatory approach has been used in a research on Italian young carers. Its aim was to engage people who are traditionally considered objects of research to enhance the knowledge about this topic. This way the objects of research become actors and acquire the role of co-researchers. This inversion of prospective is possible only by recognizing co-researchers being “experts by experience”, since their “experiential knowledge” comes from experiencing everyday life problems. The co-researchers work together with a researcher in a “Steering group”, which carry out the design of research and analyse the data. Inside a “Steering group”, the co-researchers develop awareness, rework their identity and mature their need for social change. The issue of this research project was analysed with a mixed-method research with three levels of analysis. Firstly, a secondary analysis on Istat data (multipurpose survey on “Aspects of life”- 2015) was useful to understand the characteristics of children and teenagers and to compare foreign verses Italian families and the differences between northern and southern Italy. Secondly, a survey in middle schools in Milan, was helpful to understand the outcomes connected to the child’s role. Lastly, focus groups were organised with young carers, in which the aim was to understand their needs, awareness and the perceptions of young caregivers. Italian young carers have the same characteristics as other young carers world-wide. The phenomenon is hidden and unrecognized. Consequently, young carers and their families lack recognition and welfare provision. The analysis shows the activities that young carers provide in their family: instrumental and care-related. The outcomes are connected to school, peer relations and personal wellness and sometimes to mental health problems.
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