Academic literature on the topic 'Grandi fabbriche'

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Journal articles on the topic "Grandi fabbriche"

1

Vinardi, Maria Grazia. "Note sul restauro delle residenze sabaude nelle celebrazioni del primo centenario dell'Unitŕ d'Italia (1961)." STORIA URBANA, no. 132 (February 2012): 251–70. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132009.

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Abstract:
Fra le attivitŕ promosse per le celebrazioni del Centenario dell'Unitŕ d'Italia, Torino e il Piemonte poterono usufruire di finanziamenti per il restauro dei Castelli di proprietŕ demaniale. L'opera si dimostrň particolarmente rilevante in quanto si poterono iniziare grandi cantieri, che avviarono un lungo processo di conservazione di queste fabbriche, in alcuni casi concluso solo oggi. Il merito dei protagonisti di questi interventi, i Soprintendenti, fu quello di togliere dall'oblio un patrimonio culturale di rilevanza europea, in gran parte sconosciuto agli stessi piemontesi.
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2

Romeo, Emanuele. "Memoria dell’antico e nuove funzioni museali compatibili Alcune riflessioni sul patrimonio industriale legato alla produzione di elettricità." Labor e Engenho 11, no. 4 (December 26, 2017): 412. http://dx.doi.org/10.20396/labore.v11i4.8651199.

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Abstract:
Il patrimonio industriale legato all’energia elettrica è rappresentato da una serie di complessi architettonici fortemente stratificati, caratterizzati da diverse soluzioni tecniche, formali e distributive che si sono sovrapposte l'una all'altra, quando necessario, per ragioni legate all’innovazione tecnologia e ai cambiamenti nei processi produttivi. In realtà, sono proprio queste stratificazioni (aggiunte, cambiamenti d'uso, abbandoni momentanei e riusi, accompagnati da adeguamenti architettonici e tecnologici) che conferiscono ai complessi industriali particolare valore di memoria. Infatti, è proprio la continua trasformazione di funzioni e di elementi tecnologici a rappresentare “l'essenza” di questa particolare produzione edilizia. Dalla nascita delle prime fabbriche fino ad oggi, gli edifici industriali hanno cambiato rapidamente la loro forma architettonica e la loro consistenza sia materica sia formale assecondando le esigenze lavorative e produttive. Per questo motivo oggi abbiamo l'opportunità di leggere una "storia dell'architettura" rappresentata da una sequenza di tecnologie e materiali sostituiti di continuo o stratificatisi, in un abaco di elementi relativi alla sperimentazione del calcestruzzo armato, del ferro, della ghisa, dell’acciaio; oppure riguardanti l’utilizzo di grandi superfici di vetro o coperture a shed; o ancora relativi all'uso di fonti energetiche naturali e artificiali. Molte esperienze europee di restauro e riuso degli edifici industriali legati alla produzione di energia, hanno già considerato tale approccio come una delle migliori scelte volte a una conservazione che possa definirsi compatibile: la scelta delle nuove funzioni è dettata, infatti, non tanto dalle esigenze economiche e d’uso, ma dalla flessibilità dell'edificio ad accogliere sostanziali adeguamenti tecnici, energetici, funzionali. Ciò con l’obiettivo di raggiungere un giusto equilibrio tra il rispetto della memoria storica e la necessità di adattarsi alle normative riguardanti l’adeguamento energetico e le nuove funzioni richieste dalla popolazione, raggiungendo una sostenibilità sociale, culturale e ambientale.
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3

Oldrini, Giorgio. "Deindustrializzazione e riconversione nella cittŕ." COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, no. 22 (December 2011): 27–31. http://dx.doi.org/10.3280/cost2011-022003.

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Abstract:
L'autore, attuale sindaco di una cittŕ che deve riconvertire un'area industriale dismessa che č la piů grande in Europa, propone l'idea che l'amministrazione di una cittŕ, quando si trova di fronte ad un compito cosě gravoso, debba rifarsi da un lato alla storia della cittŕ e dall'altro all'abitudine dei suoi abitanti e delle sue amministrazioni di affrontare con coraggio compiti gravosi che paiono impossibili. Cosě fu, ricorda l'autore, per coloro che affrontarono all'inizio del novecento la grande industrializzazione, cosě fu per coloro che difesero le fabbriche dalle pretese naziste e per quelli infine che la riedificarono dopo i danni della seconda guerra mondiale.
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4

Riccň, Gian Franco. "La solitudine dei lavoratori." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 3 (November 2010): 73–87. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2010-003007.

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Abstract:
La paura della perdita del posto di lavoro č un precipizio, la malattia, l'angoscia, l'insostenibile peso della famiglia da reggere. Capifamiglia maschi in crisi, casalinghe che prendono l'iniziativa per fare reddito. Sono casi particolari delle fabbriche, dell'edilizia, degli immigrati. Sono operai nelle manifatture in crisi, gente autosufficiente che si trova a combattere a mani nude l'economia globale. Marchionne disse ai lavoratori della Fiat di Pomigliano che l'azienda ed i lavoratori dovevano decidere se stare dentro o fuori la sfida del mercato globale. I lavoratori vivono oggi questo ricatto in grande solitudine.
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5

Manfrellotti, Stefania. "Longevità e capacità di resilienza delle imprese familiari nella provincia di Salerno fra XX e XXI secolo = Longevity and resilience of family firms in the province of Salerno between the 20th and 21st century." Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no. 18 (June 30, 2014): 19. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i18.1642.

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Abstract:
<p>La provincia di Salerno ha rappresentato, nella seconda metà del Novecento, una delle realtà più rilevanti del Mezzogiorno d’Italia sotto il profilo industriale. Nel secondo dopoguerra l’industria nell’area salernitana visse un’intensa crescita, soprattutto grazie agli aiuti per il Mezzogiorno. Rispetto alle altre aree del Sud Italia, non vi furono grandissimi stabilimenti siderurgici, metalmeccanici e petrolchimici ma vi fu un movimento vivace di piccole e medie industrie soprattutto nel settore manifatturiero. Tra gli anni Settanta e Ottanta le crisi nazionali e internazionali segnarono il passo dell’economia italiana e più in generale di tutte le economie occidentali. Nella provincia di Salerno le fabbriche statali, quelle appartenenti a multinazionali estere o alle grandi imprese del settentrione furono le più colpite dalla crisi. Al contrario molte aziende locali riuscirono, sebbene con momenti di incertezza, ad avere un ciclo di sviluppo ininterrotto. Si tratta principalmente di imprese familiari, create e gestite da imprenditori salernitani, espressione del territorio, della cultura, delle tradizioni, che hanno saputo trarre dal contesto locale le energie e spesso le risorse per puntare all’eccellenza. Ancora oggi, sebbene quarant’anni di legislazione speciale per il Mezzogiorno non siano bastati a mettere in moto uno sviluppo duraturo e soprattutto autonomo delle imprese meridionali, lo sviluppo industriale meridionale è legato alle piccole e medie attività imprenditoriali operanti soprattutto nel settore manifatturiero. Tra le diverse esperienze di capitalismo locale e familiare di quest’area del Mezzogiorno si è scelto di analizzare una delle realtà imprenditoriali più longeve della provincia salernitana: il sistema di imprese della famiglia Di Mauro di Cava de’Tirreni. Dalla fine dell’Ottocento, la famiglia ha saputo affermare, espandere e reinventare la propria attività nel campo della tipografia, dell’editoria, e della cartotecnica, passando indenne per le difficili congiunture del ’900, e giungendo a essere attualmente una realtà di punta nel tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno.</p><p>In the second half of the twentieth century, the Salerno province represented one of the most important industrial reality of the southern Italy. After Second World War, the Salerno province industry lived an intense growth, mainly thanks to the aids for the southern Italy. There were not many steelworks, petrochemical and engineering mills, compared to other areas of the southern Italy, but there was a lively movement of small and medium industries, especially in manufacturing. Among the seventies and eighties the national and international crisis damaged the Italian economy and also other Western economies. In the Salerno province, the state enterprises, those belonging to the foreign multinationals or the great enterprises of the northern Italy, were the worst hit by the crisis. On the other hand, although with uncertainty, many local enterprises managed to have a continuous development. They were mainly family businesses, created and managed by the Salerno province entrepreneurs, expression of the territory, the culture, the traditions that have been able to take energy from the local context and the resources to aim at the excellence.</p> <p>To this today, though forty years of special legislation for the southern Italy are not enough to launch a continuous development and in particular an independent development of the southern enterprises, the industrial development of southern Italy is linked to small and medium enterprises, especially in the manufacturing sector. Among the several experiences of local and family capitalism of the southern Italy, I have chosen to analyze one of the entrepreneurial reality more long-running of the Salerno province. It is the system of enterprises of the Di Mauro family from Cava de’Tirreni. Since the end of nineteenth century, the Di Mauro family was able to establish, expand and reinvent its business in the field of printing, publishing, and converting industry, passing unscathed to the difficult junctures of the twentieth century, and now coming to be very important in the business of the southern Italy.</p>
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6

Vaquero Piñeiro, Manuel. "Prima della grande fabbrica: manifatture e opifici a Terni (secoli XVI-XIX)." STORIA URBANA, no. 165 (October 2020): 47–62. http://dx.doi.org/10.3280/su2020-165004.

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7

Sudati, Laura Francesca. "Immigrazione, grande fabbrica, integrazione. Sesto San Giovanni nei primi cinqualt'anni del Novecento." SOCIETÀ E STORIA, no. 127 (July 2010): 117–25. http://dx.doi.org/10.3280/ss2010-127007.

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8

Settis, Bruno. "La grande fabbrica fordista. Culture politiche e scienze sociali alla prova del neocapitalismo." Cahiers d’études italiennes, no. 22 (April 20, 2016): 189–202. http://dx.doi.org/10.4000/cei.2965.

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9

Talŕ, Paola. "Acque trasportate: l'acquedotto di Colognole e l'entroterra di Livorno." STORIA URBANA, no. 125 (April 2010): 169–86. http://dx.doi.org/10.3280/su2009-125009.

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Abstract:
Costruito tra il 1793 e il 1872 su progetto di illustri architetti ed ingegneri delle Regie Fabbriche Granducali, l'Acquedotto di Colognole funziona per la cittŕ fino al 1957; da allora viene abbandonato e approvvigiona solo alcuni piccoli centri collinari. Oggi ci troviamo di fronte ad un manufatto monumentale che ha perso la funzione per cui era stato costruito, ma non il suo valore storico e architettonico e la relazione con il paesaggio. La costruzione di questo acquedotto ha segnato l'evoluzione delle consuetudini delle popolazioni collinari e dei territori che ha attraversato trasformandone gli scenari. La comprensione dei complessi cambiamenti nel tempo consente una lettura del paesaggio di grande attualitŕ in merito a rilevanti questioni di conservazione e tutela. Il contributo inquadra il tema a partire dalle accresciute necessitŕ dell'approvvigionamento idrico della cittŕ e del porto di Livorno, illustra la complessa articolazione del lungo cantiere per la costruzione del nuovo acquedotto; infine dedica un'ultima parte all'importanza della conoscenza geografica del paesaggio, cosě come emerge dalle descrizioni dalle principali guide storiche del XIX secolo e dalle vicende della realizzazione della Passeggiata degli Acquedotti.
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10

De Luca Tamajo, Raffaele. "Massimo D'Antona, esperto "strutturista": l'erosione dei pilastri storici del diritto del lavoro." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 121 (April 2009): 185–93. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2009-121011.

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Abstract:
Nel saggio del 1998 Massimo D'Antona mette a fuoco l'erosione di quattro pilastri su cui č stato edificato il diritto del lavoro della seconda metŕ del '900: la sovranitŕ dello stato-nazione, incalzato da istituzioni sovranazionali; l'organizzazione della grande fabbrica industriale, alterata da esternalizzazione e decentramenti; la stabilitŕ del progetto lavorativo e di vita "dalla scuola alla pensione"; il mito della rappresentanza generale delle organizzazioni sindacali storiche. Si chiede, pertanto, su quali basi possa essere rifondata l'identitŕ del diritto del lavoro. La "rilettura" si propone di saggiare la tenuta dell'analisi a dieci anni di distanza.
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Dissertations / Theses on the topic "Grandi fabbriche"

1

Piovesan, Stefano <1988&gt. "La SanRemo di Caerano San Marco: storia d'impresa e storia sindacale in una grande fabbrica di confezioni del Trevigiano." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2681.

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Abstract:
La tesi affronta la storia della SanRemo di Caerano di San Marco (Treviso), un’azienda di confezioni tessili che nel 1970 giunse ad occupare oltre cinquemila lavoratori, collocandosi al secondo posto in provincia per numero di dipendenti dopo la Zoppas di Conegliano. Nella prima parte viene ricostruita la storia della fabbrica dagli anni cinquanta ad oggi, con particolare attenzione alle condizioni di lavoro di una manodopera in prevalenza femminile e ai passaggi di proprietà (dalla famiglia Comunello, alla multinazionale americana Genesco; dal salvataggio per opera della finanziaria pubblica Gepi, alla cessione al Gruppo Inghirami). La seconda parte tratta la sindacalizzazione e l’attività contrattuale: le prime forme di rappresentanza, il ruolo delle Acli, il riconoscimento del consiglio di fabbrica, le principali vertenze, fino ad arrivare agli accordi siglati nel tentativo di tutelare l’occupazione di fronte a ristrutturazioni e delocalizzazioni. Le vicende sono ricostruite attraverso il ricorso a fonti d’archivio e interviste a ex dipendenti e delegati sindacali.
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2

LATTUCHELLA, ANTONIO. "La manutenzione dei paramenti lapidei delle grandi fabbriche: i materiali del rivestimento esterno e la loro sostituzione dal XIX secolo ad oggi nel Campanile di Giotto." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1097641.

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Abstract:
Il lavoro ha ad oggetto gli interventi di restauro delle ‘incrostazioni’ marmoree e le sostituzioni che, negli ultimi due secoli, hanno interessato i materiali di rivestimento del campanile di Giotto, parte integrante del complesso monumentale di Santa Maria del Fiore. Lo studio è stato condotto sulla base di lunghe e complesse ricerche d’archivio al fine di rintracciare il materiale fotografico e i documenti utili a identificare e ricostruire gli interventi di sostituzione marmorea eseguiti dal XIX secolo, fino agli anni sessanta del XX secolo e ad attestare lo stato di conservazione del campanile nel corso dei decenni. La ricerca ha anche tentato di identificare la provenienza e la natura dei materiali e il periodo delle sostituzioni al fine di pervenire ad un’accurata ricostruzione dei restauri eseguiti e alla mappatura del rivestimento. I dati raccolti sono stati restituiti graficamente mediante rappresentazioni 2D delle sostituzioni che, negli ultimi due secoli, hanno interessato la facciata orientale. La mappatura della facciata in questione ha fornito dati imprescindibili per l'elaborazione di un sistema di monitoraggio dello stato di conservazione di tutte le superfici marmoree, che preveda, tra le altre cose, la verifica periodica dell’idrorepellenza delle superfici, dello stato di conservazione dei materiali e delle staffe di ferro di ancoraggio delle incrostazioni marmoree alla struttura sottostante e della qualità dell’aria. Dai risultati del monitoraggio potranno conseguire azioni mirate di conservazione programmata. Attraverso gli spunti offerti dallo studio di talune esperienze nel campo della manutenzione degli edifici storici, la ricerca propone, inoltre, alcuni suggerimenti in ordine alle strategie più indicate per il complesso monumentale fiorentino. Si è in tal modo voluto contribuire alla predisposizione di un modello gestionale che consenta di eseguire in modo sistematico tutte le possibili pratiche di conservazione programmata, al fine di rinviare e/o evitare i restauri che, secondo la prassi più frequente, vengono realizzati quando il danno ormai si è già verificato, secondo una logica improntata a programmi di sostituzione ciclica.
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3

MARANO, Jonathan Francesco. "CHINA’S NEW NORMAL: DEVELOPMENTAL MODEL REFORM AND IMPLICATIONS FOR FOREIGN BUSINESSES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251083.

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Abstract:
L’elaborato affronta la tematica del New Normal in Cina, inteso come il programma di riforme che la Repubblica Popolare Cinese ha predisposto per accompagnare la nuova fase di transizione, che vede il sistema-Paese abbandonare il vecchio paradigma della “Fabbrica del Mondo”, alla ricerca di un nuovo modello di sviluppo. Tale modello passa attraverso la ricollocazione verso l’alto dell’economa nazionale nella catena del valore globale ed una maggiore attenzione nei confronti degli aspetti maggiormente qualitativi della crescita economica, nonché di una accresciuta integrazione nell’economia mondiale, grazie ad una promozione dello stato di diritto e di un ambiente economico maggiormente trasparente ed aperto nei confronti degli operatori internazionali. Nell’analisi delle politiche e delle riforme che accompagnano questo cambiamento, svolta attraverso l’analisi di settori considerati strategici e particolarmente significativi (ambiente, sanità e food safety), la premessa alla base del lavoro è che tale transizione non è semplicemente descrivibile come mera convergenza verso un modello ricalcante i sistemi politici ed economici delle economie avanzate occidentali. La riforma è bensì intesa come un processo incrementale, che all’adozione delle cosiddette best practices internazionali affianca un approccio pragmatico, che non recede la linea di continuità con il background storico, politico, istituzionale e culturale -spesso contraddittorio- di quella che è considerata essere la più antica civiltà ortogenetica del mondo. Il contributo chiave del presente lavoro è la problematizzazione, nei suoi vari aspetti, di questa congiuntura storica e del suo portato nei confronti delle strategie di medio e lungo termine degli operatori economici stranieri che decidono di operare in Cina, i quali da un lato possono godere di grandi opportunità di mercato liberate dalle riforme, dall’altro devono essere consapevoli delle sfide inevitabilmente poste dal cangiante contesto giuridico, economico ed istituzionale e delle sue traiettorie di sviluppo.
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Books on the topic "Grandi fabbriche"

1

Trentin, Bruno. La città del lavoro. Edited by Iginio Ariemma. Florence: Firenze University Press, 2014. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-547-6.

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Abstract:
La città del lavoro è un libro programma. Oggi il fordismo, con le sue grandi fabbriche, è In Italia e in Occidente al tramonto. Ma non è in crisi il taylorismo, che nel Novecento è stato accettato anche dal socialismo di Stato e dalla cultura di sinistra e comunista. Il lavoro continua, in larga parte, ad essere eterodiretto, ridotto a merce e a cosa, appendice e schiavo della tecnica, mentre la sinistra è incapace di dare una risposta adeguata ai neoliberismo, ai processi tecnologici e di globalizzazione in corso. Ripensare la sinistra significa porre al centro della politica il lavoro come diritto di cittadinanza costituzionale; e soprattutto affermare la democrazia e la libertà nel lavoro affinché la persona umana possa realizzare il proprio progetto di sapere e di vita.
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2

Valeria, Docampo, ed. La grande fabbrica delle parole. Milano: Terre di mezzo, 2010.

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3

Stefano, Bellei, ed. Il Duomo di Montichiari: I restauri di una fabbrica grande. Brescia: Grafo, 2000.

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4

Lenna, Andrea Di. La fabbrica dei campioni: Dallo sport al management, lezioni dai grandi protagonisti. Milano: Il sole-24 ore, 2003.

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5

Busti, Giulio. La fabbrica grande: Ceramiche della Società maioliche Deruta dal 1920 al 1950. Perugia: Gramma, 1998.

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6

Mauro, Tullio De. La fabbrica delle parole: Il lessico e problemi di lessicologia. Torino: UTET libreria, 2005.

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7

Cipriani, Alberto, ed. Partecipazione creativa dei lavoratori nella 'fabbrica intelligente'. Florence: Firenze University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-716-0.

Full text
Abstract:
Come potrà configurarsi il lavoro in futuro? Quali nuove realtà e valori emergeranno in seguito alle trasformazioni della Quarta Rivoluzione industriale? Quanto la partecipazione dei lavoratori risulterà decisiva per il successo delle organizzazioni? Il libro propone esperienze concrete di partecipazione ‘creativa’ di lavoratori e manager all’interno di aziende impegnate a sviluppare un’organizzazione intelligente. Nella prima parte del libro parlano operai, impiegati o dirigenti che possono avere anche ruoli negoziali in ordine alla contrattazione sindacale, ma che sono soprattutto impegnati affinché tutto funzioni, offrendo opportunità in grado di rigenerare i processi e valorizzare i lavoratori. Nella seconda parte sono contenute riflessioni e proposte su come le esperienze di partecipazione possono sollecitare il mondo accademico, le relazioni sindacali, le politiche e il sistema legislativo ad approfondire e tener conto dei nuovi bisogni del lavoro, al fine di costruire un circolo virtuoso che supporti imprese e lavoratori, direzione e partecipazione nelle sfide complesse poste dall’innovazione e dal mondo competitivo della produzione.
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8

Bigazzi, Duccio. La grande fabbrica: Organizzazione industriale e modello americano alla Fiat dal Lingotto a Mirafiori. Milano: Feltrinelli, 2000.

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9

Una giogia ligata in piombo: La fabbrica della Scuola Grande di San Rocco in Venezia, 1517-1560. [Italy]: [publisher not identified], 2002.

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10

Prato, Comune di, and Museo del Tessuto, eds. Il Museo del tessuto di Prato nel'ex fabbrica Campolmi: Il recupero di un importante complesso d'archeologia industriale per il più grande museo tessile in Italia. Firenze: Pagliai Polistampa, 2003.

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