Academic literature on the topic 'GOVERNO DEI GRUPPI PARLAMENTARI'

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Journal articles on the topic "GOVERNO DEI GRUPPI PARLAMENTARI"

1

Verzichelli, Luca. "I GRUPPI PARLAMENTARI DOPO IL 1994. FLUIDITÀ E RIAGGREGAZIONI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 26, no. 2 (August 1996): 391–413. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024278.

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Abstract:
Lo studio dei gruppi parlamentari non ha mai rivestito grande importanza in Italia, anche per la generale convergenza tra gli studiosi, politologi e giuristi, intorno alla tesi della subordinazione dei gruppi stessi rispetto ai partiti, sin dall'epoca della ricostruzione democratica del dopoguerra.
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2

Strøm, Kaare. "GOVERNI DI MINORANZA E DEMOCRAZIE PARLAMENTARI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 15, no. 2 (August 1985): 167–204. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200003129.

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Abstract:
IntroduzioneI governi di minoranza sono soluzioni anomale nelle democrazie parlamentari. Tale tipo di governo può essere definito come un governo composto da rappresentanti di partiti che, in totale, controllano meno della metà dei seggi parlamentari. Le alternative ai governi di minoranza sono due: 1) governi di maggioranza, 2) amministrazioni non-partitiche.
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3

Pasquino, Gianfranco. "VARIANTI DEI MODELLI DI GOVERNO PARLAMENTARE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 33, no. 2 (August 2003): 295–315. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200027192.

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Abstract:
Introduzione«Chi conosce il diritto costituzionale classico e ignora la funzione dei partiti, ha un'idea sbagliata dei regimi politici contemporanei; chi conosce la funzione dei partiti e ignora il diritto costituzionale classico ha un'idea incompleta ma esatta dei regimi politici contemporanei» (Duverger 1961, p. 412) Alla luce di questa preziosa indicazione metodologica dell'autorevole politologo e costituzionalista francese, il dibattito italiano sul «premierato» appare immediatamente e sostanzialmente inadeguato perché incapace, tranne pochissime eccezioni, di tenere insieme il sistema dei partiti e il modello di governo. Certo, è innegabile che le regole e le attribuzioni di poteri costituzionali hanno anche una dinamica e una forza propria e specifica. Tuttavia, il modo e il grado di successo con il quale regole e poteri incidono sui rapporti governo/parlamento e governo/elettorato differiscono in maniera significativa a seconda del sistema di partiti sottostante sul quale si applicano e con il quale interagiscono. In questa sede, manterrò l'analisi focalizzata esclusivamente sui modelli parlamentari di governo, ma, naturalmente, anche qualsiasi tentativo di comprendere e di rendere conto del funzionamento dei modelli presidenziali di governo appare altrettanto inadeguato se, per l'appunto, non tiene conto dei diversi sistemi di partito sui quali viene innestato ciascun modello presidenziale (per le indispensabili differenziazioni fra presidenzialismi e parlamentarismi, si veda Sartori 2000; per un tentativo, peraltro piuttosto confuso poiché si perde in eccessive specificazioni che non conducono ad opportune generalizzazioni, Shugart e Carey 1992).
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4

Cattunar, Alessandro. "Confine, memorie, identitŕ Il Governo militare alleato nella Venezia Giulia tra politiche pubbliche e percorsi privati." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 258 (September 2010): 26–56. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-258002.

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Abstract:
Il saggio propone un'analisi dei legami tra confine, identitŕ e memorie nella Venezia Giulia, e in particolare nel Goriziano, durante l'amministrazione del Governo militare alleato (Gma). In qust'area questo periodo č cruciale per la definizione della linea di confine tra Italia e Jugoslavia. Per la popolazione, č un momento di passaggio da un sistema di identitŕ plurime, fluide e cangianti a una contrapposizione nazionale e politica alquanto netta. Anche in seguito ai traumi subiti negli anni precedenti, infatti, gli individui e i gruppi riformulano i parametri per definire se stessi e "gli altri" selezionando eventi e momenti della storia passata e ponendoli a fondamento della propria identitŕ. Tali dinamiche si riflettono sull'affermazione di memorie differenti e spesso antitetiche. L'autore studia sia la dimensione pubblica/istituzionale, sia quella privata delle emozioni, dei sentimenti, delle singole scelte quotidiane principalmente attraverso l'analisi delle interviste e dei racconti di vita dei testimoni: fonti orali che vengono confrontate e fatte interagire con i documenti ufficiali che descrivono l'attivitŕ del Gma e le relazioni tra questo e i diversi gruppi nazionali e culturali presenti sul territorio.
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5

Amoretti, Ugo M. "DA ANDREOTTI A BERLUSCONI: LA RAPPRESENTATIVITÀ TERRITORIALE DEI GOVERNI ITALIANI, 1976–2001." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no. 2 (August 2002): 269–304. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020003015x.

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Abstract:
IntroduzioneIl governo è uno degli argomenti di cui si sono tradizionalmente occupati gli studi politici. Oltre che a tematiche di carattere generale, i cultori di questo tema si sono indirizzati prevalentemente verso questioni quali le forme di governo, la formazione (e dissolvimento) delle coalizioni governative nei sistemi parlamentari e multipartitici, il ruolo dei partiti politici, l'espansione della sfera pubblica, nonché lo studio dei governanti e delle loro carriere. A fianco di questi temi di ricerca, esiste tuttavia un'ulteriore area di indagine interessante e rilevante: la rappresentatività territoriale dei governi. Rimasta relativamente inesplorata perlopiù a causa delle originarie caratteristiche sistemiche di questi ultimi – nati come leve di comando dello stato e divenuti organi esecutivi delle leggi approvate in parlamento in seguito all'affermarsi del costituzionalismo liberale – tale problematica costituisce oggi, dato il ruolo di primo piano progressivamente acquisito dai governi nell'ambito del policy making (Pasquino 1997, 170–171), un tema di particolare importanza, soprattutto nei paesi eterogenei dal punto di vista geopolitico. Se gran parte della produzione legislativa ha origine nel governo, è tutt'altro che un esercizio scolastico esaminare come le unità territoriali in cui si suddivide amministrativamente o politicamente uno stato siano rappresentate al suo interno.
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Grimaldi, Angelo. "La forma di governo nella Costituzione Romana del 1849." Misión Jurídica, no. 20 (July 1, 2021): 174–96. http://dx.doi.org/10.25058/1794600x.1916.

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Abstract:
Dalla Costituzione romana del 1849 emerge una forma istituzionale “quasi dualistica” o “dualismo zoppo”. Si prevede una separazione dei poteri che però non rende possibile l’influenza ex post di un organo sulla funzione dell’altro, uno dei due organi costituzionali è claudicante: il Presidente collegiale della Repubblica, pur partecipando direttamente alla funzione legislativa, non può esercitare il veto sospensivo (accompagnato dalle osservazioni presidenziali), ma può soltanto, “senza ritardo”, promulgare la legge. L’Assemblea nomina il Presidente collegiale della Repubblica; i tre consoli non possono essere scelti fra i parlamentari, quindi si stabilisce la separazione dei due più importanti attori costituzionali. Il Presidente collegiale della Repubblica era a capo del Governo, ad esso spettava la nomina e la revoca dei ministri, quindi i ministri erano legati al Consolato da un rapporto “interno” di fiducia, ma tale rapporto di fiducia non poteva instaurarsi tra il Consolato-Governo e l’Assemblea. I due poteri, Legislativo e Capo dello Stato-Esecutivo, si costituiscono in due centri di autorità distinti, congegnati in un modo tale ed unico da potersi definire forma “quasi dualistica”. L’istituto della controfirma stabilisce il principio della “non responsabilità dei Consoli”, ma in che modo la Costituzione avrebbe garantito la irresponsabilità del Presidente (collegiale) della Repubblica se si afferma l’esatto contrario negli articoli 43, 44, 45 e 55? Risulta difficile immaginare un’evoluzione al parlamentarismo, cioè la responsabilità giuridica avrebbe aperto la strada alla responsabilità politica e, di conseguenza, al sistema parlamentare?
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7

Baba, Stephen A. "Democracies, Inefficiency and Campaign Contributions." Journal of Public Finance and Public Choice 13, no. 1 (April 1, 1995): 19–33. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540039.

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Abstract:
Abstract Questo lavoro prende le mosse dalla letteratura teorica esistente sull’inefficienza del rent seeking per sviluppare un modello di competizione politica con elettori razionali in cui, anche nell’ipotesi di mancata possibilità di corruzione dei candidati da parte dei gruppi di interesse, sono possibili risultati inefficienti. Il modello dimostra inoltre che i contributi per il finanziamento delle campagne elettorali possono essere usati per informare i votanti razionali.L’analisi fornisce delle argomentazioni contrarie alle posizioni di Becker e Wittman, secondo cui l’inefficienza del governo è impossibile o poco probabile.
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Kimenyi, Mwangi S. "Bureaucratic Rents and Political Institutions." Journal of Public Finance and Public Choice 5, no. 3 (October 1, 1987): 189–99. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344398.

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Abstract:
Abstract Molti studi sul rent-seeking si concentrano sull’azione di gruppi organizzati che si trovano all’esterno della struttura governativa e sul comportamento dei politici per favorire tali interessi.Viene, in genere, trascurata l’attività di rent-seeking da parte dei membri del governo, su cui si sofferma invece il presente studio, estendendo anche l’analisi al comportamento burocratico nell’ambito dei sistemi istituzionali non democratici.II principale risultato è che il diverso successo delle attività di rent-seeking della burocrazia può essere spiegato dai vincoli istituzionali imposti dai diversi sistemi. Le relazioni tra politici (che autorizzano le spese dei burocrati) e burocrati sono piu strette in un sistema non democratico rispetto a quanto possano esserlo in un sistema democratico, nel quale quindi il processo di rent-seeking diventa comparativamente più difficile.
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Pattenden, Miles. "Governor and government in sixteenth-century Rome." Papers of the British School at Rome 77 (November 2009): 257–72. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620000009x.

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Abstract:
L'importanza del governo a Roma e il ruolo del papa e dei suoi ufficiali in esso crebbero rapidamente nel corso del XVI secolo. Il presente articolo prende la figura del governatore della città come un case-study e, usando dati legislativi, d'archivio e finanziari, ci si domanda come possiamo valutare quel processo e cosa rivela circa le aspirazioni dei Romani per il governo. Si conclude che questa espansione non fu il risultato di una centralizzazione deliberate o di una razionalizzazione dai papi del XVI secolo, ma che differenti gruppi all'interno della società romana sfruttarono l'idea di un'autorità papale per promuovere i loro propri interessi e incoraggiare la stabilità politica. Infine l'articolo prende in considerazione le conseguenze che questo ha avuto per lo sviluppo di Roma come una comunità politica, e si arguisce che nei secoli precedenti la rivoluzione francese, lungi dall'essere una causa di stagnazione e declino, il governo papale continuò ad evolversi per incontrare le aspettative maturate su di esso dalla società dell'ancien régime.
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10

Congleton, Roger D. "Constitutional Federalism and Decentralization: A Second Best Solution." Journal of Public Finance and Public Choice 12, no. 1 (April 1, 1994): 15–29. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539806.

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Abstract:
Abstract In questo scritto si analizza in quale misura dovrebbe essere decentrata l’autorità di un governo costituzionale in modo da ridurre i problemi dell’informazione pubblica.In assenza di problemi di rappresentanza politica, un sistema di governo accentrato potrebbe operare meglio di governi decentrati e tra loro in concorrenza. Poiché, tuttavia, vi è ampia evidenza che i governi accentrati operano in modo imperfetto, sembra ragionevole assumere che il federalismo consenta di affrontare una serie di importanti problemi informativi e di incentivazione.L’analisi svolta dimostra che, in generale, nella misura in cui i governi locali competono attivamente per aumentare il numero dei residenti e la base fiscale, il federalismo incoraggia l’innovazione e la produzione efficiente di servizi pubblici locali.Inoltre, la maggior capacità degli enti locali di resistere alla «cattura» da parte di gruppi d’interesse rispetto al governo centrale, riduce la possibilità di sfruttare i cittadini.
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Dissertations / Theses on the topic "GOVERNO DEI GRUPPI PARLAMENTARI"

1

Milillo, Mauro. "Il processo evolutivo delle attività manageriali nei gruppi parlamentari alla Camera dei Deputati." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2016. http://hdl.handle.net/10556/2131.

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Abstract:
2012 - 2013
This paper is aimed at contextualizing, from both a theoretical and an empirical point of view, the process of politics managerialization, drawing from the prevailing scientific literature in the field of New Public Management (NPM). For this purpose, the findings of a narrative literature review about the impacts of NPM on politics are discussed, in order to devise a theoretical framework to conceptualize the object of the research. In the light of this conceptual framework, an in-depth case study about the introduction of managerial approaches to the governance of some Parliamentary Groups in charge during the XVII legislature of the Italian Republic has been realized. The empirical findings of this paper pave the way to intriguing insights about the outcomes of the process of politics managerialization. At the same time, they provide some food for thought to discuss the limitations which hinder the full realization of politics managerialization. [edited by author]
XII n.s.
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2

LA, PLACA ROSA MARIA. ""Gruppi di lavoro autonomi e autoregolati: il Governo delle loro performance"." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/29813.

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Abstract:
1. Oggetto della ricerca Il progetto di ricerca ha come oggetto lo studio dei gruppi di lavoro autonomi e autoregolati intesi come unità organizzative, di piccole dimensioni, che gestiscono in maniera relativamente autonoma i propri processi operativi, dove le dinamiche sociali regolano il raggiungimento degli obiettivi, secondo procedure variabili, attività eterogenee e modalità scarsamente prescrittive. I gruppi di lavoro autonomi, si adoperano per il raggiungimento degli obiettivi comuni e condivisi autoregolandosi, ovvero sviluppando le seguenti capacità: 1. di sentirsi appartenenti ad una comunità tesa all’obiettivo; 2. di essere affidabili nel raggiungimento degli obiettivi e nell’ottemperanza delle responsabilità assunte; 3. di cooperare attraverso il coordinamento per muto adattamento; 4. di essere dotati di flessibilità operativa e procedurale. 2. Obiettivo del progetto Il progetto di ricerca, a partire da una analisi della letteratura, ha l’obiettivo di definire cosa si intende per gruppo di lavoro autonomo e autoregolato e di confezionare strumenti per il management per la misurazione dell’autonomia dei gruppi di lavoro e per la promozione delle loro performance. Gli interrogativi cui il progetto di ricerca intende rispondere sono: 1. Come si esplicita l’autonomia di un gruppo di lavoro? 2. Come è possibile controllare e sviluppare le performance di gruppi di lavoro autonomi? 3. Tesi da cui muove il progetto Il motivo per cui si ritiene rilevante discutere dei gruppi di lavoro autonomi e autoregolati e del governo delle loro performance risponde alla tesi secondo cui dato l’alto livello di incertezza dell’ambiente organizzativo, sono le organizzazioni che si avvalgano di gruppi di lavoro autonomi e autoregolati a presentare le strutture più idonee ad affrontare tale incertezza, poiché in grado di muoversi e riconfigurarsi in maniera agile e pertinente a seconda delle mutanti esigenze, garantendo velocità, innovazione e resilienza. Pensando allo sviluppo industriale del ‘900 si evince che è stata approvata e consolidata nel tempo l’idea organizzativa della completa e precisa definizione di prescrizioni per ottenere massime performance. Questa idea organizzativa, nonostante l’altissimo consenso che ha avuto negli anni dello sviluppo industriale del ‘900 (taylorismo, fordismo, principi della lean production, etc), non ha mai attecchito in alcuni ambiti organizzativi quali per esempio l’arte, la scienza, la creatività. Ora essi si estendono a contesti organizzativi di produzione di massa e di servizi investiti da un elevato livello di variabilità e incertezza. In ambiti organizzativi in cui la capacità di previsione è limitata la prescrizione agisce come briglia, gabbia, limitazione delle performance individuali e di gruppo. Da questa considerazione all’assunto del presente lavoro il passo è breve: è altamente probabile che tutte le volte che esista un significativo livello di incertezza, l’organizzazione basata su modalità organizzative prescrittive, risulta essere non idonea al raggiungimento dei propri fini. Alla luce delle condizioni che caratterizzano i nostri tempi, saranno sempre più le organizzazioni che alla prescrizione dovranno preferire modalità organizzative autonome e autoregolate, capaci di elaborare risposte pertinenti a stimoli sempre ambigui o incerti. I mutamenti economici, tecnologici e sociali in cui operano e si sviluppano le organizzazioni oggi impongono nuove sfide organizzative. Ambiente iperturbolento, sviluppo tecnologico accelerato, e una nuova socialità non sono le uniche spinte al ripensamento degli assenti organizzativi. Ad imporre alle organizzazione di ripensare a se stesse secondo paradigmi non prescrittivi sono anche altri quattro ordini di problemi: a) L’aumento del potenziale individuale delle risorse che lavorano nelle organizzazioni. b) La conoscenza a disposizione delle organizzazioni, di cui l’organizzazioni necessitano, che trasborda dai confini organizzativi e non è circoscrivibile. c) La disponibilità di tecnologie dell’informazione e della comunicazione che consentono in modo straordinario e senza precedenti di sviluppare nuovi sistemi di regolazione delle attività organizzative basati sulla cooperazione intrinseca, la comunicazione estesa, le conoscenze condivise e le comunità professionali, che si moltiplicano in maniera esponenziale e si connotano ed esprimono in forme diverse dal passato eludendo i confini delle organizzazioni e divenendo una forma di regolazione e coordinamento non solo tra le persone ma anche tra i diversi soggetti organizzativi che operano sui medesimi ambiti di azione. d) Le dimensioni spazio-temporali che assumono forme sempre più fluide. Le parole d’ordine per un paradigma non prescrittivo sono dunque: apertura, trasparenza, socialità e adattività, imperativi organizzativi che consentono di governare, in modo appropriato ed affidabile, il crescente grado di complessità e ricchezza professionale e iI crescente grado di diffusione del sapere – potere individuale dei lavoratori. Come si è detto, il presente lavoro muove dall’assunto che organizzazioni team based, costellate da gruppi autonomi, fluidi e autoregolati che interagiscono tra loro, appaiono come strutture organizzative in grado di rispondere in maniera pertinente a questi nuovi imperativi. 4. L’approccio teorico - disciplinare Il punto di osservazione da cui si è guardato all’oggetto del presente lavoro è quello delle scienze organizzative. Sono state messe in luce le caratteristiche rilevanti dei gruppi autonomi, proponendo anche scale e modelli per la misurazione del loro livello di autonomia. Sono stati approfonditi i fattori che rendono un gruppo, un gruppo autonomo e autoregolato, ragionando sulle variabili che, qualora presenti e tenute sotto controllo dal gruppo e dal management, portano i gruppi di lavoro autonomo alla realizzazione di alte performance. Interlocutori privilegiati del progetto di ricerca sono dunque i professionisti d’azienda che operano nel campo dell’organizzazione del lavoro e che presidiano strutture organizzative team based. Target dello strumento metodologico che il progetto di ricerca ha progettato è quello manageriale. 5. La struttura del progetto di ricerca La struttura del progetto di ricerca si suddivide nelle seguenti sezioni: • Introduzione • 1° parte: livello macro dell’analisi – analisi di scenario • 2° parte: livello micro dell’analisi – i gruppi di lavoro autonomo e autoregolati • 3° parte: sezione progettuale – definizione di strumenti e note di metodo per la misurazione e il monitoraggio dell’autonomia dei gruppi di lavoro e il governo delle loro performance • 4° parte: studi di caso - implementazione della strumentazione progettata • Conclusioni: implicazioni per la teoria e per la pratica. Dopo aver approfondito la riflessione a livello macro, lo studio prosegue nel validare la tesi sopra proposta. La seconda parte del lavoro è interamente dedicata all’approfondimento del concetto di autonomia e di autoregolazione. Il contributo offerto dalla letteratura è finalizzato allo scopo ultimo del presente lavoro: definire strumenti e note di metodo per la misurazione e il monitoraggio dell’autonomia dei gruppi di lavoro e il governo delle loro performance. Il capitolo 4, della terza sezione, assume una connotazione progettuale che propone: • uno strumento di analisi del contesto in cui i gruppi di lavoro agiscono • uno strumento per la misurazione e il monitoraggio del livello di autonomia dei gruppi di lavoro • uno strumento di autovalutazione per il monitoraggio delle performance dei gruppi di lavoro autonomi. Il capitolo 5, di taglio empirico, è dedicato alla ricerca sul campo e riporta tre studi di caso. Nelle conclusioni è esplicitato il contributo del progetto di ricerca, evidenziandone indicazioni, linee guida e tendenze per la pratica e per la teoria. 6. I case studies Si è ritenuto di seguire un approccio di analisi qualitativo e fondato sull’analisi di casi specifici. La volontà del presente progetto di ricerca, infatti, non è quello di descrivere un fenomeno o fare previsioni in relazione a grandi numeri, bensì, di indagare in modo molto approfondito la questione presentata. La realizzazione dei case studies e l’implementazione degli strumenti di analisi, hanno previsto: • l’individuazione di un gruppo di lavoro oggetto dell’analisi • un’intervista, secondo modalità semi strutturata, al management (di circa 1 ora e 30 minuti) volta a comprendere il livello di autonomia desiderato da lasciare al gruppo di lavoro oggetto di studio • un focus group avente come partecipanti i membri del gruppo di lavoro oggetto dell’analisi (della durata di circa 3 ore) e volto alla misurazione del livello di autonomia reale e al monitoraggio della capacità auto regolativa, e quindi performante, del gruppo. • la raccolta di materiale relativo all’organizzazione in cui il gruppo lavora. I casi scelti per l’analisi rappresentano tre finalità differenti di configurazione di gruppi di lavoro autonomi e autoregolati, ovvero: TIPO DI TEAM NOME DEL TEAM ORGANIZZAZIONE HANNO PARTECIPATO ALL’ANALISI Team di progetto Portale Fornitori Gruppo Benetton – Divisione Operations Intervista al Management: Direttore Operations Focus Group: 4 membri del team di progetto Team permanente Team People Gruppo Loccioni – Funzione HR Intervista al management: Responsabile funzione HR Focus Group: 4 membri del team permanente Team temporaneo Decreti Penali di Condanna Uffici Giudiziari Monza – Progetto di Change Management Strutturale (Progetto Innovagiustizia) Intervista al Management: Comitato Guida del Progetto che ha definito e progettato il team, mappandone l’autonomia e la capacità auto regolativa. Variabili quali il settore di mercato e la grandezza dell’organizzazione non sono state considerate rilevanti ai fini dell’analisi, anzi, i tre casi raccontano di settori di mercato e di organizzazioni molto differenti tra loro proprio perché si ritiene che queste differenze possano essere elementi di ricchezza empirica e informativa. 7. Evidenze emerse Dall’analisi dei casi è emerso che i gruppi di lavoro autonomi e autoregolati consentono di: • favorire lo sviluppo organizzativo nonostante l’organizzazione sia di dimensioni globali, e agisca su un mercato incerto e instabile • favorire la definizione di relazioni forti tra organizzazione e sistema cliente, relazioni che divengono cruciali e strategiche per posizionarsi sul mercato e sfuggire alla crisi manifatturiera e industriale • agire una cultura della responsabilità verso gli obiettivi dell’organizzazione e quindi di valorizzare conoscenze ed esperienze per il miglioramento dei processi di lavoro e la risoluzione di criticità pressanti per l’organizzazione • concretizzare un modo “nuovo” di fare le cose, andando in profondità su fattori critici, e implementando iniziative di miglioramento anche all’interno di imponenti e ambiziosi processi di change management • usufruire di tutto il potenziale dei rapporti relazionali. In tutti i casi analizzati, le modalità organizzative autonome e autoregolate sono state ritenute capaci di elaborare risposte pertinenti a stimoli sempre ambigui o incerti. La configurazione micro organizzativa pensata in ottica team based ha consentito alle organizzazioni cui si è guardato di: • aumentare il potenziale individuale delle proprie risorse • gestire e valorizzare la conoscenza a disposizione dell’organizzazione in modalità interdisciplinare, orientata agli obiettivi, mantenendo il focus sulla risoluzione d problemi e sullo sviluppo organizzativo e il miglioramento dei processi. Embrained knowledge, ossia le conoscenze professionali, le capacità cognitive e concettuali, il “sapere che”; embodied knowledge, ossia l’azione orientata, il “saper come", le conoscenze che si acquisiscono, anche implicitamente, nelle operazioni quotidiane; encultured knowledge, ossia il processo di condivisione della conoscenza, il sistema di ideologie, cultura e valori condivisi che si crea all’interno dì una organizzazione: tutte traggono valorizzazione, potenziamento e diffusione grazie all’azione dei gruppi di lavoro autonomi • usufruire in maniera diffusa e partecipata di tecnologie dell’informazione e della comunicazione che consentano in modo straordinario di favorire la cooperazione intrinseca, la comunicazione estesa, le conoscenze condivise e le comunità professionali, e che abilitano una forma di regolazione e coordinamento non solo tra le persone ma anche tra i diversi soggetti organizzativi che operano sui medesimi ambiti di azione • affrontare la fluidità delle dimensioni spazio‐temporali. 8. Le risposte agli interrogativi della ricerca 1. Come si esplicita l’autonomia di un gruppo di lavoro? L’Autonomia è stata intesa come un costrutto dinamico e multidimensionale, relativo alle dinamiche sociali che regolano il raggiungimento degli obiettivi, secondo procedure variabili, attività eterogenee e modalità scarsamente prescrittive. Sono state individuate tre dimensioni dell’autonomia: 1. La dimensione operativa dell’autonomia che riguarda la possibilità di prendere decisioni autonomamente rispetto al metodo di lavoro individuale, alla sequenza di lavoro nel caso in cui debbano essere svolte differenti attività, ai problemi che richiedono maggiore priorità, agli obiettivi giornalieri, al contattare individui esterni all’organizzazione, al tener sotto controllo eventuali variazioni nella produzione. 2. La dimensione tattica dell’autonomia che riguarda la possibilità di prendere decisioni autonomamente sulla valutazione della necessità di manutenzione della strumentazione, sull’individuazione di nuova strumentazione, sulla definizione settimanale o mensile degli obiettivi di produzione, sulla valutazione della qualità di ciò che si realizza, sull’individuazione delle necessità formative del gruppo o sulla promozione di momenti di apprendimento condiviso. 3. La dimensione strategica dell’autonomia che riguarda la possibilità del gruppo di prendere decisioni riguardanti i bisogni di strumentazione e di capitale di cui il gruppo necessita, i livelli di attività sia settimanalmente che mensilmente, le aree di possibile avanzamento, intervento e miglioramento delle performance, l’inserimento nel gruppo di persone ritenute necessarie al raggiungimento degli obiettivi, la valutazione delle proprie performance, la determinazione delle attività di training, l’intervento su tematiche cruciali e ritenute rischiose. L’autonomia di un gruppo di lavoro va dunque progettata alla luce della strategia organizzativa; va disegnata dal management; va di fatto agita dal gruppo. Affinché il gruppo sia performante, è importante che l’organizzazione realizzi questo processo con consapevolezza. Gli strumenti proposti consentono al management di compiere una riflessione a 360° sull’organizzazione e la sua strategia, sulla cultura dell’organizzazione, sui design factors dei gruppi di lavoro, sulle aree decisionali che si intende delegare all’autonomia del gruppo di lavoro. Allo stesso tempo, si ritiene importante tenere monitorate l’autonomia e la performance del gruppo attraverso la mappatura delle aree decisionali. 2. Come è possibile controllare e sviluppare le performance di gruppi di lavoro autonomi? Il presente lavoro ha considerato la capacità autoregolativa del gruppo come il costrutto dinamico e multidimensionale che, qualora presente, permette al gruppo di realizzare performance di qualità. I gruppi di lavoro autonomi si adoperano per il raggiungimento degli obiettivi comuni e condivisi autoregolandosi, ovvero sviluppando le seguenti capacità: 1. sentirsi appartenenti ad una comunità tesa all’obiettivo 2. essere affidabili nel raggiungimento degli obiettivi e nell’ottemperanza delle responsabilità assunte 3. cooperare attraverso il coordinamento per muto adattamento 4. essere dotati di flessibilità operativa e procedurale. Questi quattro fattori critici di successo si alimentano a vicenda in un circolo virtuoso che porta alla valorizzazione dei singoli membri del gruppo dando come risultato qualcosa di ben superiore alla somma del potenziale dei singoli. Rispetto alla capacità autoregolativa, il progetto di ricerca ha elaborato anche una check list il cui obiettivo è rendere consapevole il gruppo di lavoro dei suoi punti di forza e delle aree di miglioramento. La check list è stata molto apprezzata sul campo, soddisfacendo l’esigenza di riflessione e di mindfullness dei gruppi di lavoro.
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3

BARDOTTI, LORENZO. "'Governo parlamentare': nascita di una categoria politica nella cultura costituzionale italiana tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1119920.

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Abstract:
Seguendo l’approccio metodologico della storia dei concetti (Begriffsgeschichte), l’elaborato mira a descrivere i cambiamenti dell’assetto politico-costituzionale italiano attraverso l’evoluzione semantica di sintagmi linguistici come ‘governo parlamentare’, ‘governo rappresentativo’, ‘governo costituzionale’, ‘parlamentarismo’. Tale analisi si concentra grossomodo in un periodo di tempo che va dalla seconda metà dell’Ottocento, fino alla prima metà del Novecento. Come fonti, accanto ai classici prodotti della dottrina politico-costituzionale, quali monografie accademiche, corsi universitari, prolusioni e discorsi parlamentari, si sono utilizzate voci di dizionari e enciclopedie, opuscoli, fonti giornalistiche, periodici e riviste di taglio più o meno specialistico e di orientamento politico diverso (liberale/moderato, cattolico, socialista, repubblicano, nazionalista, fascista). L’evoluzione concettuale di lemmi-cardine come ‘governo parlamentare’ e altri sintagmi ad esso finitimi permette di ricostruire i mutamenti della forma di governo italiana, evitando anche spiacevoli anacronismi a livello storiografico. Infatti la forma di governo non dovrebbero essere descritta attraverso quadri concettuali elaborati nella nostra contemporaneità e poi applicati retrospettivamente al passato, ma con sintagmi e concetti appartenenti alla realtà storica che si intende prendere in esame.
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Books on the topic "GOVERNO DEI GRUPPI PARLAMENTARI"

1

Cozzoli, Vito. I gruppi parlamentari nella transizione del sistema politico-istituzionale: Le riforme regolamentari della Camera dei deputati nella 13. legislatura. Milano: Giuffrè, 2002.

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2

Europa 1992: Le libertà e le regole : seminario dei Gruppi parlamentari nazionali ed europeo dc e del Bureau del Gruppo PPE al Parlamento europeo, Roma, 12 maggio 1988. Bologna: Il Mulino, 1988.

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