Journal articles on the topic 'Giovani migranti'

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Buchholz, Sandra, and Karin Kurz. "Crescenti difficoltŕ a diventare un insider in Germania: ingresso e stabilizzazione dei giovani nel mercato del lavoro fra il 1984 e il 2002." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 124 (December 2011): 36–57. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-124003.

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Abstract:
Questo articolo si interroga se l'instabilitŕ del lavoro sia in crescita tra i giovani in Germania e se, sempre fra i giovani, alcuni siano più a rischio di altri. L'analisi è basata sui dati elaborati dal German Socio-Economic Panel (Gsoep) e si riferiscono al periodo 1984-2002. Essi includono giovani della parte orientale e occidentale della Germania, nonché migranti appartenenti a tre differenti coorti nazionali. I risultati mostrano che i giovani tedeschi corrono maggiori difficoltŕ rispetto ad altri gruppi della popolazione nella fase di entrata nel mercato del lavoro e più precisamente sia nella fase di transizione dal sistema educativo a quello occupazionale, sia nella prima parte della loro carriera. Ciň provoca un incremento delle diseguaglianze tra i giovani in Germania.
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Colombo, Maddalena. "I giovani migranti nelle scuole italiane: percorsi formativi, disuguaglianze, risorse." REMHU : Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 22, no. 42 (June 2014): 159–70. http://dx.doi.org/10.1590/s1980-85852014000100010.

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Abstract:
Nel 2013 la presenza di minori stranieri in Italia ha raggiunto quote numeriche importanti, soprattutto per la presenza di seconde generazioni (44%). Famiglie e giovani stranieri puntano sull'istruzione anche a compensazione di diritti sociali che sentono negati (ius sanguinis); i livelli formativi degli immigrati stanno aumentando gradatamente, ma si segnalano alcune criticità: a) la persistenza di un gap negativo tra i risultati scolastici degli alunni di nazionalità italiana e straniera; b) in certi istituti la maggiore visibilità delle diverse provenienze etniche in alcune aree sembra provocare disagi nelle interazioni tra autoctoni e immigrati; c) in alcune sezioni scolastiche ad elevata incidenza di stranieri, la concentrazione di problematiche sociali mette in allarme la concezione anti-discriminatoria e liberale della scuola. Tuttavia anche in tali sezioni ci sono risorse educative che non vanno sottovalutate.
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Berlincioni, Vanna, Francesca Acerbi, and Cristina Catania. "Dalla passività dell'attesa alle trasformazioni identitarie. Un'esperienza di gruppo con giovani migranti." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 3 (December 2021): 47–68. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2021-003004.

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Abstract:
Il lavoro riguarda un'esperienza di psicoterapia di gruppo svoltasi in ambito istituzionale presso il dipartimento di Psichiatria dell'Università di Pavia. Il gruppo è stato condotto da una psicoanalista con la partecipazione di due mediatori cul-turali e due osservatori partecipanti, e ha coinvolto soggetti immigrati dall'Africa subsahariana. Oltre a descrivere lo svolgimento degli incontri di gruppo e i contenuti in esso discussi, l'articolo sottolinea l'importanza della mediazione culturale, analizza i vissuti connessi all'attesa della regolarizzazione, affronta il tema dei fraintendi-menti culturali, e valuta l'efficacia terapeutica di gruppi di migranti condotti utilizzando un metodo basato sull'approccio psicoanalitico. La realizzazione di un buon sistema di accoglienza ha permesso ai migranti coinvolti nel lavoro di gruppo di recuperare un senso di appartenenza e di ricostruire e trasformare, per quanto parzialmente, il proprio senso di sé.
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Gasparini, William. "Fare società attraverso lo sport. L'esempio delle società calcistiche comunitarie in Alsazia (Francia)." MONDI MIGRANTI, no. 3 (December 2021): 179–98. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-003009.

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Abstract:
Pratica popolare e transnazionale, il calcio è un "laboratorio" particolarmente interessante per studiare la costruzione di legami tra migranti e società d'accoglienza. In Francia, questo sport è presentato come un vettore di integrazione e di cittadi-nanza per i giovani provenienti da un contesto migratorio. A partire da una contes-tualizzazione che permette di cogliere l'ambivalenza e le forme d'integrazione degli immigrati attraverso lo sport in Francia, l'articolo propone di indagare la pra-tica sportiva dei calciatori originari del Maghreb e della Turchia in Alsazia, re-gione del Nord-Est della Francia. Analizzeremo in modo particolare la pratica del calcio dilettantistico dei migranti turchi (prima comunità di immigrati in Alsazia) per determinare se questa popolazione si raggrupa o meno in base all'origine. L'articolo si basa su una sintesi dei lavori dell'autore e sugli esiti di un'indagine incrociando approcci qualitativo e quantitativo.
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Antonelli, Fulvia. "Le due etŕ dell'emigrazione." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2011): 85–97. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003006.

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Abstract:
In questo articolo si analizzano il ruolo e gli effetti degli immaginari dei giovani che aspirano alla migrazione dal Marocco. Appartenenti a strati sociali popolari e residenti nelle periferie urbane di Casablanca, l'attenzione č posta sui ragazzi che vivono in condizioni economiche e sociali di marginalitŕ nei loro contesti di origine e tentano la migrazione clandestina o irregolare verso l'Europa. Le loro pratiche quotidiane e le loro visioni dell'Europa vengono messe a confronto con quelle delle generazioni di migranti a loro precedenti, dalle quali hanno assorbito esperienze e racconti, reinterpretandoli perň alla luce di un contesto politico e legislativo internazionale profondamente mutato negli ultimi decenni. Attraverso il metodo etnografico si indaga su come questa generazione di giovani costruisca, attraverso reti di apprendimento ed esperienza collettiva autonome, nuove rotte e strategie migratorie e proiezioni di sé e di altrove funzionali alla liberazione dagli stigmi sociali da cui si sentono segnati.
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Ravecca, Andrea. "Partecipazione religiosa, seconde generazioni e successo scolastico: quali connessioni?" MONDI MIGRANTI, no. 2 (January 2011): 61–86. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-002003.

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Abstract:
Č comunemente riconosciuto che il successo scolastico degli alunni d'origine straniera rappresenti un valido indicatore della buona riuscita dei processi d'inclusione. I fattori che influenzano le dinamiche sottostanti al successo scolastico sono in gran parte riconducibili agli aspetti socio economici famigliari, i quali perň da soli non sono sufficienti a spiegarne gli esiti, sia perché all'interno dei fenomeni migratori questi assumono forme inedite ed accentuate, sia perché entrano gioco altri fattori che, se pur comuni a tutti gli studenti, risultano anch'essi piů intensificati nel loro agire nelle popolazioni migranti. Questi aspetti sono molteplici e fanno in gran parte riferimento alla capacitŕ di produrre ed utilizzare il capitale sociale, sia nelle sue forme generali, sia specifiche (capitale sociale etnico), inteso come risorsa in grado di accompagnare i giovani nel loro cammino educativo. Religione, religiositŕ e partecipazione religiosa sono tra i piů potenti mezzi attraverso i quali i migranti possono generare capitale sociale: lo scopo del presente contributo č quello di presentare una rassegna ragionata della letteratura per identificare quando ed in quali circostanze gli aspetti religiosi si presentino come fonti di supporto per il successo (scolastico) dei migranti, o quando al contrario lo inibiscono.
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Spensieri, Simone, and Claudia Sbarboro. "L'Escuelita: presa in carico di gruppo di giovani immigrati al Ser.T." GRUPPI, no. 3 (December 2012): 119–31. http://dx.doi.org/10.3280/gru2011-003009.

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Abstract:
Il lavoro descrive l'esperienza della presa in carico di gruppo di ragazzi immigrati al Ser.T., per lo piů ecuadoriani, di etŕ compresa tra 20 e 35 anni, con problematiche di tossicodipendenza. Nel raccontare lo sviluppo di tale percorso terapeutico, cerchiamo di mettere in evidenza i significati che assumono il consumo e lo spaccio di stupefacenti per questi ragazzi, a partire dalle difficili condizioni di vita dei migranti nella nostra societŕ. Un'analisi che ci porta a valutare con un occhio politicamente attento le difficoltŕ psicopatologiche, cercando di articolarle anche alle dimensioni sociali e politico economiche che costruiscono gli spazi esistenziali in cui questi giovani tentano, annaspando, di costruire la propria vita.
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Vittadini, Nicoletta. "Adolescenti o migranti? Pratiche di comunicazione digitale." IKON, no. 58 (March 2011): 33–55. http://dx.doi.org/10.3280/ikr2009-058003.

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Abstract:
Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l'utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano.Gli obiettivi della ricerca consistevano in:1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera;2. evidenziare il ruolo di tali pratiche comunicative innovative nell'orientare le relazioni tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione;3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza;4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali. L'indagine di tipo qualitativo prevedeva l'analisi di casi singoli in profondità. Il campione è stato individuato all'interno di due istituti tecnici della città di Milano ed è costituito da un gruppo di 20 tra ragazzi e ragazze di origine straniera di età compresa tra i 15 e i 19 anni, che avessero iniziato un percorso di scolarizzazione in Italia non oltre la classe prima media. Esso è stato selezionato secondo un criterio di conoscenza avanzata delle tecnologie informatiche. I dati sono stati raccolti attraverso interviste individuali, focus group e un periodo di virtual shadowing. In questa occasione è stato possibile raccogliere materiali multimediali prodotti dai ragazzi stessi. I risultati dell'analisi dei dati, analizzati secondo una metodologia qualitativa, vengono presentati e discussi dal punto di vista della teoria del flow e dei processi di acculturazione e transnazionalismo. I risultati delineano l'emergere di pratiche comunicative specifiche di questa popolazione, in cui i processi di socializzazione messi in atto sembrano rinnovare la tradizionale dicotomia culturale italiano/straniero per aprire nuovi spazi simbolici di rappresentazione e costruzione di sé.
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Benedetti, Maura, Minou Mebane, and Diana Oancea. "Promozione del dialogo interculturale in un quartiere multietnico attraverso una ricerca intervento sui profili di comunitŕ." PSICOLOGIA DI COMUNITA', no. 1 (September 2010): 87–97. http://dx.doi.org/10.3280/psc2010-001008.

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Abstract:
La ricerca-intervento svolta nella prospettiva del modello ecologico delle migrazioni (Coleman 1994; Golini et al. 2001; Prilleltensky, 2008) ha voluto: a) individuare i punti forza e le aree problema percepiti da italiani e migranti, di varie etnie dominanti e minoritarie, abitanti un quartiere romano, b) esaminare il capitale sociale presente tra giovani e c) attivare proposte di cambiamento. Circa 130 adulti e 220 ragazzi hanno preso parte all'analisi, utilizzando tecniche innovative come le "sceneggiature di film" della loro comunitŕ. L'integrazione risulta difficoltosa non solo tra i gruppi etnici e gli italiani, ma soprattutto tra gruppo etnico dominante e gli altri gruppi etnici. I ragazzi che frequentano compagni di altre etnie hanno tuttavia un maggiore capitale sociale. Diverse proposte sono state formulate per risolvere specifiche problematiche emerse dall'analisi di comunitŕ.
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Elia, Anna, and Valentina Fedele. "Transnational child-ship: il minore non accompagnato nella famiglia transnazionale." MONDI MIGRANTI, no. 2 (July 2022): 119–39. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-002006.

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Abstract:
L'articolo si concentra sui minori accompagnati in quanto soggetti transnazionali, protagonisti del proprio progetto migratorio e agenti delle relazioni con le famiglie di origine. L'ipotesi del lavoro è che tale soggettività si eserciti da un lato attraverso il protagonismo dei minori stessi nell'esercizio di alcune forme principali di riproduzione dei legami familiari di tipo morale, emotivo e materiale; d'altro, attraverso forme di figlità (child-ship), mediate, integrate e declinate nell'esperienza migratoria con riferimento anche all'impatto con il sistema di protezione e agli incontri con gli e le professioniste del sociale. Tale ipotesi è sostenuta dai dati secondari di una ricerca più ampia sulla religiosità dei giovani migranti e il rischio di radicalizzazione, che, nel 2018, ha portato alla raccolta attraverso interviste qualitative delle testimonianze di undici minori e ventisette operatori di centri di accoglienza operanti in Calabria.
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Bianco, Alessia, and Vincenza Triolo. "Architectural Conservation and Cultural Inclusion - The Applicative Case of Motta San Giovanni (Reggio Calabria-Italy) and its Romanian Community." Advanced Engineering Forum 11 (June 2014): 447–51. http://dx.doi.org/10.4028/www.scientific.net/aef.11.447.

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Abstract:
The paper describes a proposal for restoration and reuse of the Praci neighborhood in Motta San Giovanni, an inland town of the Reggio Calabria Province, aimed to accommodate and facilitate the integration of its migrant Romanian community. The project proposes a plan of self-constructive restoration, to be used as the residence of Romanian migrants, that for the Municipality could be a tool to make the whole community responsible for management and conservation of now abandoned a vernacular building heritage and for the migrant community could constitute not only an opportunity for improving its living, as well as social, condition, but also for taking advantage of a educative experience, considering that a significant part of Romanian migrants in Motta San Giovanni is employed in construction.
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Ravecca, Andrea. ""Tra inclusione ed emarginazione?" Percorsi scolastici dei giovani d'origine immigrata nella scuola secondaria superiore italiana." MONDI MIGRANTI, no. 1 (June 2009): 163–87. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-001008.

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Abstract:
- In the last few years, the Italian migra-tory setting has been characterised by an increasing presence of second generation young migrants, most of them in the school. Their educational integration has been studied mostly referring to the processes of cultural inclusion in the receiving society, with a minor attention on the achievement. We will try to describe the young migrants' educational paths in the high school, that - in case of failure - could represent the starting point of social and occupational marginalization, or, if they are succeeding, it could represent the first step of intergenerational mobility. Starting from the most relevant theories on the school achievement of the migrant children, we will examine the concept of human, cultural and social capital as a factor influencing the differences in the educational outcomes: we will also ana-lyse the concept of ethnic capital, and its particular characteristics in Ecuadorian migrants. A research run in Genoa in the school year 2006/07 with two samples of youth in high secondary school, one of second generation Ecuadorians, one of Ital-ians with the same characteristic, allows to better understand differences and com-munalities in the educational paths.Keywords Social capital, human capital, school achievement, socialization, second generations.
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Lagomarsino, Francesca, and Jacques Ramirez. "I coyotes del Pacifico. Quito-Los Angeles A/R." MONDI MIGRANTI, no. 2 (October 2009): 147–60. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-002010.

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Abstract:
In questo contributo presentiamo la storia di Luis (l'intervista qui riportata č stata raccolta a Quito nel 2008, dopo il suo rientro in Ecuador), giovane migrante ecuadoriano in transito verso gli Stati Uniti. Luis ha attraversato per alcune settimane paesi diversi, utilizzando mezzi di trasporto diversi, spesso nascondendosi, insieme ai suoi compagni, per non farsi prendere dalle polizie di frontiera dei numerosi paesi di transito. L'esperienza di Luis insieme a quella di migliaia di ecuadoriani e altri latinoamericani ripercorre quella che in letteratura viene definita "migrazione di transito". Partendo dall'esperienza di questo giovane migrante vogliamo qui riflettere sul significato che negli ultimi anni hanno assunto i cosiddetti "paesi di transito", paesi cioč che per la loro posizione geografica vengono attraversati da potenziali migranti diretti verso i paesi sviluppati del nord Europa o del nord America. Ci troviamo all'interno di un tema molto complesso, non a caso ad oggi non esiste una definizione universalmente accettata dei termini "migranti in transito" e i "paesi di transito" e soprattutto non esiste nel diritto internazionale una categoria specifica che li identifichi. Tuttavia il dibattito sul tema č oggi molto intenso non solo a livello accademico ma soprattutto a livello politico poiché la questione sul ruolo svolto dai paesi di transito nel controllo e nella gestione dell'immigrazione irregolare (come si puň osservare nel caso degli accordi tra Italia e Libia) appare sempre piů centrale e determinante. Come si puň facilmente intuire la preoccupazione politica attorno al ruolo dei paesi di transito č strettamente legata alle ansie sicuritarie e di controllo dei paesi ricchi loro confinanti; si parla di paesi di transito per lo piů da un punto di vista di politiche migratorie restrittive che cercano di bloccare flussi in entrata percepiti come pericolosi e sostanzialmente non desiderati. Č infine importante sottolineare che l'inasprimento dei controlli alle frontiere e le enormi difficoltŕ di accesso legale hanno agevolato lo sviluppo di un'industria della clandestinitŕ, in cui coyoteros, chulqueros, intermediari di vario tipo sono diventati soggetti indispensabili. In questo senso il caso del cammino verso gli Stati Uniti č paradigmatico: piů i controlli si sono inaspriti e piů si č sviluppato un sistema capillare e organizzato di gestione dell'immigrazione illegale. E cosě proprio quei paesi che retoricamente si dichiarano in lotta contro i trafficanti di esseri umani sono i primi a incrementare lo sviluppo di queste organizzazioni, attraverso politiche evidentemente fallimentari che non riescono a bloccare gli arrivi dei migranti ma rendono altamente rischioso il viaggio e violano i loro diritti innanzitutto come esseri umani.
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Cannella, Giuseppe. "La tortura nell'inferno libico. L'incontro terapeutico con Ebrima." QUADERNI DI GESTALT 35, no. 2 (December 2022): 33–51. http://dx.doi.org/10.3280/gest2022-002003.

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Abstract:
L'autore, psichiatra e psicoterapeuta all'interno di un ambulatorio di salute mentale di Ra-gusa promosso da MEDU-Medici per i Diritti umani, descrive il percorso terapeutico di un giovane migrante senegalese rinchiuso a lungo nelle carceri libiche e vittima di trattamenti inu-mani, degradanti e tortura. I sintomi del giovane paziente richiamano uno stile percettivo post-traumatico legato ad esperienze insopportabili che ne hanno messo a rischio la sopravvivenza. Gran parte del lavoro terapeutico, raccontato attraverso il modello della "danza della reciprocità", è stato finalizzato alla ricostruzione della percezione di un ground sicuro e solido che per-mettesse di superare la dissociazione e di contattare l'altro.
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Forgacs, David. "The words of the migrant: tales of contemporary Italy." Papers of the British School at Rome 76 (November 2008): 277–97. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200000507.

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Abstract:
L'articolo fornisce un quadro breve del progetto di ricerca ‘Linguaggio/lingua, spazio e potere in Italia sin dal 1800’ che sto conducendo alla British School at Rome dal 2006 al 2009, e fornisce esempi tratti da uno dei più completi case studies. Nell'insieme, con questi case studies si esaminano gli intrecci del linguaggio/lingua, dello spazio e del potere in un certo numero di istituzioni e agenzie, inclusi l'esercito, i tribunali e gli ospedali psichiatrici, e in ricerche etnografiche e antropologiche. Il caso qui illustrato è quello della recente immigrazione in Italia e in particolare la verbalizzazione delle relazioni di potere tra ospiti e immigrati, e le rappresentazioni verbali e visive degli immigrati. I due esempi costituiscono eventi che hanno avuto luogo nel campo di detenzione di Regina Pacis in Puglia e le rappresentazioni degli immigrati rumeni a Roma, incluse le giovani donne che lavorano come prostitute.
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Giliberti, Luca, and Palmas Luca Queirolo. "La condizione giovanile migrante fra riproduzione e resistenza." MONDI MIGRANTI, no. 2 (November 2014): 25–30. http://dx.doi.org/10.3280/mm2014-002002.

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Orczykowski, Andrzej. "Problemy migracji w Kodeksie Jana Pawła II." Prawo Kanoniczne 39, no. 1-2 (June 5, 1996): 157–72. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1996.39.1-2.06.

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Abstract:
II Codice di Giovanni Paolo II si distingue per il suo carattere pastorale. Il suo scopo principale consiste nella realizzazione, al modo suo, della missione salvifica della Chiesa. Nel Codice la persona ci viene presentata in modo seguente: dimorante (advena) - nel luogo in cui ha il quasi-domicilio; forestiero (peregrinus) - se si trova fuori del domicilio e del quasi-domicilio che ancora ritiene; girovago ( vagus) - se non ha in alcun luogo il domicilio o il quasi-domicilio (can. 100). Vengono usati anche gli altri concetti che vogliono rilevare la multiforme situazione umana di essere in cammino. Il Codice di Diritto Canonico del 1983 non presuppone di presentare dei precetti particolari e ben sistemati in campo della pastorale dei migranti. In questo Documento troviamo soltanto le regole universali e ordinari che esigono una esplicazione e specificazione dentro la legge speciale. II Codice quindi ci offre solo la base per i chiarificazioni ulteriori che competono alla legislatura più specifica. Cosi si impone come lo strumento che sollecità constantemente la nostra sensibilità ai problemi della migrazione e ai diritti dei singoli migranti. Il Codice espone simultaneamente i principi che sono stati recentemente riesaminati in vista della mobilita umana. Quest’ insieme dei fatti fa percepire il nuovo Codice di Diritto Canonico come il Documento Ecclesiale in cui la pastorale dei migranti ha ottenuto il suo posto ben preciso e rilevante. Cosi è stata formulata e garantita la base solida per i futuri soluzioni giuridici in questo campo.
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Cavagnini, Chiara. "Percorsi scolastici e scelte formative dei giovanni latinos in Lombardia." Alternativas. Cuadernos de Trabajo Social, no. 13 (December 15, 2005): 303. http://dx.doi.org/10.14198/altern2005.13.18.

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Abstract:
La escuela es uno de los principales agentes de socialización. En el caso de los hijos de latinoamericanos migrantes residentes en la provincia de la Lombardia, se hace necesario un análisis de los datos disponibles y un acercamiento a la realidad educativa, a las características de los estudiantes y a los principales problemas. En este artículo se presenta un análisis descriptivo de la situación y se apuntan algunas líneas de trabajo futuro.
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De Maria, Francesco. "The role of educational conditions in defining migratory potential: the case of the young people of the Ivory Coast." Form@re - Open Journal per la formazione in rete 22, no. 1 (April 30, 2022): 279–96. http://dx.doi.org/10.36253/form-12860.

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Abstract:
The paper is part of the international debate on the theme of human mobility with a transversal and developing educational perspective in the field of Migration Studies. It presents a research work carried out in Ivory Coast on the potential educational dimension of migration related to the search for better living and working opportunities. We discuss the results related to the study of the educational conditions of a potential migrant subjects, considered as variables that affect the conformation of the migration aspiration and allow a better understanding of the situations in which the birth of the desire to leave can occur, regardless of the presence or absence of the ability to migrate. The research followed a qualitative-quantitative approach in line with the methodological framework of Mixed Methods Research, adopting an exploratory-sequential design, arriving at the construction of a transferable model of analysis of the migratory potential which is composed of four main categories: migration project, educational conditions, migratory aspiration and learning potential. The aim of this paper is to present the results to the second category. Il ruolo delle condizioni educative nella definizione del potenziale migratorio: il caso dei giovani della Costa d’Avorio. Il contributo si colloca all’interno del dibattito internazionale sul tema della mobilità umana con una prospettiva educativa trasversale e in divenire nell’ambito dei Migration Studies. Si presenta un lavoro di ricerca realizzato in Costa d’Avorio sulla dimensione formativa potenziale della migrazione legata alla ricerca di migliori opportunità di vita e di lavoro. Nello specifico vengono discussi i risultati relativi allo studio delle condizioni educative di un pubblico potenziale migrante, considerate come variabili che incidono nella conformazione dell’aspirazione migratoria e che permettono una maggiore comprensione delle situazioni in cui può verificarsi la nascita del desiderio di partire, a prescindere dalla presenza o meno della capacità di emigrare. La ricerca ha seguito un approccio quali-quantitativo in linea con l’impianto metodologico dei Mixed Methods Research, adottando un disegno di tipo esplorativo-sequenziale, arrivando alla costruzione di un modello di analisi del potenziale migratorio trasferibile e composto da quattro categorie principali: progetto di migrazione, condizioni educative, aspirazione migratoria e potenziale di conoscenza. Ai fini del presente lavoro, vengono qui presentati i risultati relativi alla seconda delle quattro categorie.
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Vannini, Phillip, Nanny Kim, Lisa Cooke, Giovanna Mascheroni, Jad Baaklini, Ekaterina Fen, Elisabeth Betz, et al. "Book Reviews." Transfers 3, no. 2 (June 1, 2013): 136–57. http://dx.doi.org/10.3167/trans.2013.030211.

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Abstract:
Tim Ingold, Being Alive: Essays on Movement, Knowledge and Description; Tim Ingold (ed.), Redrawing Anthropology: Materials, Movements, Lines; Tim Ingold and Jo Lee Vergunst (eds.), Ways of Walking: Ethnography and Practice on Foot Phillip VanniniTom Standage, A History of the World in 6 Glasses Nanny KimSimone Fullagar, Kevin W. Markwell, and Erica Wilson (eds.), Slow Tourism: Experiences and Mobilities Lisa CookeJennie Germann Molz, Travel Connections: Tourism, Technology and Togetherness in a Mobile World Giovanna MascheroniHazel Andrews and Les Roberts (eds.), Liminal Landscapes: Travel, Experience and Spaces In-between Jad BaakliniLes Roberts, Film, Mobility and Urban Space: A Cinematic Geography of Liverpool Ekaterina FenHelen Lee and Steve Tupai Francis (eds.), Migration and Transnationalism: Pacific Perspectives Elisabeth BetzDavid Pedersen, American Value: Migrants, Money and Meaning in El Salvador and the United States Federico HelfgottLeopoldina Fortunati, Raul Pertierra and Jane Vincent (eds.), Migration, Diaspora, and Information Technology in Global Societies Giuseppina PellegrinoDaniel Flückinger, Strassen für alle: Infrastrukturpolitik im Kanton Bern 1790-1850 Reiner RuppmannRichard Vahrenkamp, The Logistic Revolution: The Rise of Logistics in the Mass Consumption Society Alfred C. Mierzejewski
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Caselli, Marco, Federica de Cordova, Eleonora Riva, and Nicoletta Vittadini. "Nuove pratiche comunicative e adolescenti figli di immigrati: premesse e strumenti di ricerca." IKON, no. 58 (March 2011): 11–31. http://dx.doi.org/10.3280/ikr2009-058002.

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Abstract:
Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l'utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano.Gli obiettivi della ricerca consistevano in:1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera;2. evidenziare il ruolo di tali pratiche comunicative innovative nell'orientare le relazioni tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione;3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza;4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali. L'indagine di tipo qualitativo prevedeva l'analisi di casi singoli in profondità. Il campione è stato individuato all'interno di due istituti tecnici della città di Milano ed è costituito da un gruppo di 20 tra ragazzi e ragazze di origine straniera di età compresa tra i 15 e i 19 anni, che avessero iniziato un percorso di scolarizzazione in Italia non oltre la classe prima media. Esso è stato selezionato secondo un criterio di conoscenza avanzata delle tecnologie informatiche. I dati sono stati raccolti attraverso interviste individuali, focus group e un periodo di virtual shadowing. In questa occasione è stato possibile raccogliere materiali multimediali prodotti dai ragazzi stessi. I risultati dell'analisi dei dati, analizzati secondo una metodologia qualitativa, vengono presentati e discussi dal punto di vista della teoria del flow e dei processi di acculturazione e transnazionalismo. I risultati delineano l'emergere di pratiche comunicative specifiche di questa popolazione, in cui i processi di socializzazione messi in atto sembrano rinnovare la tradizionale dicotomia culturale italiano/straniero per aprire nuovi spazi simbolici di rappresentazione e costruzione di sé.
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Riva, Eleonora, and Federica de Cordova. "Nuove pratiche di comunicazione e processi psico-sociali di costruzione dell'identità negli adolescenti transculturali." IKON, no. 58 (March 2011): 77–101. http://dx.doi.org/10.3280/ikr2009-058005.

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Abstract:
Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l'utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano.Gli obiettivi della ricerca consistevano in:1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera;2. evidenziare il ruolo di tali pratiche comunicative innovative nell'orientare le relazioni tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione;3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza;4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali. L'indagine di tipo qualitativo prevedeva l'analisi di casi singoli in profondità. Il campione è stato individuato all'interno di due istituti tecnici della città di Milano ed è costituito da un gruppo di 20 tra ragazzi e ragazze di origine straniera di età compresa tra i 15 e i 19 anni, che avessero iniziato un percorso di scolarizzazione in Italia non oltre la classe prima media. Esso è stato selezionato secondo un criterio di conoscenza avanzata delle tecnologie informatiche. I dati sono stati raccolti attraverso interviste individuali, focus group e un periodo di virtual shadowing. In questa occasione è stato possibile raccogliere materiali multimediali prodotti dai ragazzi stessi. I risultati dell'analisi dei dati, analizzati secondo una metodologia qualitativa, vengono presentati e discussi dal punto di vista della teoria del flow e dei processi di acculturazione e transnazionalismo. I risultati delineano l'emergere di pratiche comunicative specifiche di questa popolazione, in cui i processi di socializzazione messi in atto sembrano rinnovare la tradizionale dicotomia culturale italiano/straniero per aprire nuovi spazi simbolici di rappresentazione e costruzione di sé.
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Caselli, Marco, Federica de Cordova, Eleonora Riva, and Nicoletta Vittadini. "Tecnologie digitali e pratiche identitarie tra gli adolescenti figli di genitori immigrati. Introduzione." IKON, no. 58 (March 2011): 5–9. http://dx.doi.org/10.3280/ikr2009-058001.

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Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l'utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano.Gli obiettivi della ricerca consistevano in:1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera;2. evidenziare il ruolo di tali pratiche comunicative innovative nell'orientare le relazioni tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione;3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza;4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali. L'indagine di tipo qualitativo prevedeva l'analisi di casi singoli in profondità. Il campione è stato individuato all'interno di due istituti tecnici della città di Milano ed è costituito da un gruppo di 20 tra ragazzi e ragazze di origine straniera di età compresa tra i 15 e i 19 anni, che avessero iniziato un percorso di scolarizzazione in Italia non oltre la classe prima media. Esso è stato selezionato secondo un criterio di conoscenza avanzata delle tecnologie informatiche. I dati sono stati raccolti attraverso interviste individuali, focus group e un periodo di virtual shadowing. In questa occasione è stato possibile raccogliere materiali multimediali prodotti dai ragazzi stessi. I risultati dell'analisi dei dati, analizzati secondo una metodologia qualitativa, vengono presentati e discussi dal punto di vista della teoria del flow e dei processi di acculturazione e transnazionalismo. I risultati delineano l'emergere di pratiche comunicative specifiche di questa popolazione, in cui i processi di socializzazione messi in atto sembrano rinnovare la tradizionale dicotomia culturale italiano/straniero per aprire nuovi spazi simbolici di rappresentazione e costruzione di sé.
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Caselli, Marco. "Tra due mondi e tra due culture: l'esperienza degli adolescenti figli di immigrati a Milano." IKON, no. 58 (March 2011): 57–75. http://dx.doi.org/10.3280/ikr2009-058004.

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Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l'utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano.Gli obiettivi della ricerca consistevano in:1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera;2. evidenziare il ruolo di tali pratiche comunicative innovative nell'orientare le relazioni tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione;3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza;4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali. L'indagine di tipo qualitativo prevedeva l'analisi di casi singoli in profondità. Il campione è stato individuato all'interno di due istituti tecnici della città di Milano ed è costituito da un gruppo di 20 tra ragazzi e ragazze di origine straniera di età compresa tra i 15 e i 19 anni, che avessero iniziato un percorso di scolarizzazione in Italia non oltre la classe prima media. Esso è stato selezionato secondo un criterio di conoscenza avanzata delle tecnologie informatiche. I dati sono stati raccolti attraverso interviste individuali, focus group e un periodo di virtual shadowing. In questa occasione è stato possibile raccogliere materiali multimediali prodotti dai ragazzi stessi. I risultati dell'analisi dei dati, analizzati secondo una metodologia qualitativa, vengono presentati e discussi dal punto di vista della teoria del flow e dei processi di acculturazione e transnazionalismo. I risultati delineano l'emergere di pratiche comunicative specifiche di questa popolazione, in cui i processi di socializzazione messi in atto sembrano rinnovare la tradizionale dicotomia culturale italiano/straniero per aprire nuovi spazi simbolici di rappresentazione e costruzione di sé.
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de Cordova, Federica, and Eleonora Riva. "Adolescenti digital natives: l'esperienza soggettiva tra pratiche e appartenenze." IKON, no. 58 (March 2011): 103–29. http://dx.doi.org/10.3280/ikr2009-058006.

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Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l'utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano.Gli obiettivi della ricerca consistevano in:1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera;2. evidenziare il ruolo di tali pratiche comunicative innovative nell'orientare le relazioni tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione;3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza;4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali. L'indagine di tipo qualitativo prevedeva l'analisi di casi singoli in profondità. Il campione è stato individuato all'interno di due istituti tecnici della città di Milano ed è costituito da un gruppo di 20 tra ragazzi e ragazze di origine straniera di età compresa tra i 15 e i 19 anni, che avessero iniziato un percorso di scolarizzazione in Italia non oltre la classe prima media. Esso è stato selezionato secondo un criterio di conoscenza avanzata delle tecnologie informatiche. I dati sono stati raccolti attraverso interviste individuali, focus group e un periodo di virtual shadowing. In questa occasione è stato possibile raccogliere materiali multimediali prodotti dai ragazzi stessi. I risultati dell'analisi dei dati, analizzati secondo una metodologia qualitativa, vengono presentati e discussi dal punto di vista della teoria del flow e dei processi di acculturazione e transnazionalismo. I risultati delineano l'emergere di pratiche comunicative specifiche di questa popolazione, in cui i processi di socializzazione messi in atto sembrano rinnovare la tradizionale dicotomia culturale italiano/straniero per aprire nuovi spazi simbolici di rappresentazione e costruzione di sé.
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Csöff, Rosina-Martha, Gloria Macassa, and Jutta Lindert. "Körperliche Beschwerden bei älteren Migranten in Deutschland 1Erstellt unter Mitwirkung der Arbeitsgruppe «Abuse of the Elderly in the European Region» (ABUEL): Joaquim F. J. Soares, Department of Public Health Sciences, Karolinska Institute, Stockholm, Sweden; Francisco Torres-González, Departmental Section of Psychiatry and Psychological Medicine, University of Granada, Spain; Elisabeth Ioannidi-Kapolou, National School of Public Health, Department of Sociology, Athens, Greece; Giovanni Lamura, Italian National Research Centre on Ageing Department of Gerontological Research, Unit of Health Economics, Ancona, Italy; Mindaugas Stankunas, Kaunas University of Medicine, Department of Health Management, A. Mickeviciaus, Kaunas, Lithuania; Henrique Barros, Department of Hygiene and Epidemiology, University of Porto Medical School, Porto, Portugal." Zeitschrift für Psychiatrie, Psychologie und Psychotherapie 58, no. 3 (January 2010): 199–206. http://dx.doi.org/10.1024/1661-4747.a000028.

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Abstract:
Körperliche Beschwerden sind bei Älteren weit verbreitet; diese sind bei Migranten bislang in Deutschland und international noch wenig untersucht. Unsere multizentrische Querschnittstudie erfasste körperliche Beschwerden bei Menschen im Alter zwischen 60 und 84 Jahren mit Wohnsitz in Stuttgart anhand der Kurzversion des Gießener Beschwerdebogens (GBB-24). In Deutschland wurden 648 Personen untersucht, davon 13.4 % (n = 87) nicht in Deutschland geborene. Die Geschlechterverteilung war bei Migranten und Nichtmigranten gleich; der sozioökonomische Status lag bei den Migranten etwas niedriger: 8.0 % (n = 7) der Migranten und 2.5 % (n = 14) der Nichtmigranten verfügten über höchstens vier Jahre Schulbildung; 12.6 % (n = 11) der Migranten und 8.2 % (n = 46) der Nichtmigranten hatten ein monatliches Haushaltsnettoeinkommen von unter 1000€; 26.4 % der Migranten und 38.1 % (n = 214) der Nichtmigranten verfügten über mehr als 2000€ monatlich. Somatische Beschwerden lagen bei den Migranten bei 65.5 % (n = 57) und bei den Nichtmigranten bei 55.8 % (n = 313). Frauen wiesen häufiger somatische Beschwerden auf (61.8 %) als Männer (51.8 %). Mit steigendem Alter nahmen somatische Beschwerden zu. Mit Ausnahme der Altersgruppe der 70–74-Jährigen konnte kein signifikanter Unterschied zwischen Migranten und Nichtmigranten hinsichtlich der Häufigkeit körperlicher Beschwerden gezeigt werden. Ausblick: Es werden dringend bevölkerungsrepräsentative Studien zu körperlichen Beschwerden bei Migranten benötigt.
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Caviglia, Alessia, and Matteo Viale. "L’APPROPRIATEZZA SOCIOLINGUISTICA NEI MATERIALI DI ITALIANO L2 PER MIGRANTI E RIFUGIATI: SPUNTI DA UNA RICERCA IN CORSO NELL’AMBITO DEL PROGETTO EUROPEO INCLUDEED." Italiano LinguaDue 14, no. 2 (January 18, 2023): 94–112. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19572.

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Abstract:
La lingua dei segni italiana (LIS) è oggetto di ricerca scientifica da oltre quaranta anni ed è insegnata a pieno titolo nell’Università italiana da più di venti anni. In particolare, all’Università Ca’ Foscari Venezia e all’Università di Catania, la LIS può essere scelta come lingua di specializzazione al pari delle altre lingue offerte. L’insegnamento della LIS si può ora giovare della recente pubblicazione del QCER - Volume Complementare (Consiglio d’Europa, 2020), un manuale innovativo e inclusivo perché, rispetto alla versione del 2001, include le competenze linguistiche nelle lingue dei segni. Tre sono le principali novità: i) l’inserimento di espressioni neutrali rispetto alla modalità comunicativa (es. “il parlante/segnante”), ii) l’equiparazione funzionale delle videoregistrazioni ai testi scritti, e iii) un intero capitolo dedicato ai descrittori specifici per le lingue dei segni (suddivisi in competenze linguistiche, sociolinguistiche e pragmatiche). Questo contributo propone alcune riflessioni sull’applicazione di questi descrittori al caso specifico dell’insegnamento della LIS tracciando precise linee di progettazione didattica ed esempi di interventi formativi. L’impatto del Volume Complementare sui corsi di LIS nelle Università italiane comporterà ricadute positive non soltanto sul fronte dell’insegnamento ma anche, più in generale, sulla formazione dei professionisti sordi e udenti che lavorano con la LIS e con le persone sorde. Sign languages in the Companion volume and the teaching of LIS in Italian universities Italian Sign Language (LIS) has been studied by researchers for over forty years and has been taught in its own right in Italian universities for more than twenty years. In particular, at Ca’ Foscari University of Venice and at the University of Catania, LIS can be chosen as a language of specialization on a par with the other languages ​​on offer. LIS teaching can now benefit from the recent publication of the CEFR - Companion Volume (Council of Europe, 2020), an innovative and inclusive handbook as, compared to the 2001 version, it includes the linguistic competence in sign languages. In this regard, there are three main innovations: i) the inclusion of neutral expressions in terms of communication modality (e.g. “the speaker/signer”), ii) the recognition of the functional equivalence between video recordings and written texts, and iii) an entire chapter dedicated to language-specific descriptors of sign languages (organized into linguistic, sociolinguistic, and pragmatic skills). This paper discusses the application of these descriptors to the specific case of LIS teaching by tracing paths in didactic planning and providing examples of training interventions. The impact of the Companion Volumeon LIS courses in Italian universities will have positive effects not only on the teaching itself but also, more generally, on the training of deaf and hearing professionals who work with LIS and deaf people.
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Romano, Francesco. "LINGUAGGIO GIURIDICO E GIOVANI: L’ESPERIENZA DEI LABORATORI DI PROGETTAZIONE DI CONTENUTI SEMPLIFICATI PER I TESTI ONLINE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE." Italiano LinguaDue 14, no. 2 (January 17, 2023). http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19717.

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Abstract:
Le informazioni di interesse pubblico, comprese quelle che spiegano l’uso di procedure e servizi pubblici digitalizzati, dovrebbero essere progettate e realizzate secondo un’ottica user centered e comunque tenendo conto delle esigenze e delle conoscenze dei destinatari. Quando poi i bisogni informativi siano quelli di immigrati presenti da poco tempo sul territorio, si deve tenere conto che questi utenti sono portatori della esigenza primaria di conoscere le norme, le procedure e i servizi pubblici disponibili nel paese ospitante.Proprio a queste attività di progettazione rivolte agli studenti è dedicato il presente contributo, nel quale sarà illustrato il laboratorio condotto in una scuola superiore di Prato nell’ambito del progetto TEAMS (Tuscany Empowerment Actions for Migrant System). Il progetto, tra le proprie azioni, comprende anche quelle che hanno il fine di realizzare degli interventi partecipativi per la semplificazione dei contenuti del Portale web della Regione Toscana “PAeSI – Pubblica Amministrazione e Stranieri Immigrati”. Legal language and young people: the experience of simplified content design workshops for PA online texts Public information, including information explaining the use of digitized public procedures and services, should be designed and implemented from a user-centered perspective and in any case taking into account the needs and knowledge of the recipients.When the information needs are those of recently-settled migrants, it should be taken into account that these users carry the primary need to know rules, procedures and public services available in the host country.It is precisely to these planning activities aimed at students that this paper is dedicated, in which the workshop conducted in a high school in Prato, as part of the TEAMS (Tuscany Empowerment Actions for Migrant System) project, will be illustrated. The project activities also include those aimed at implementing participatory actions to simplify the contents of the Tuscany Region website “PAeSI - Public Administration and Immigrant Foreigners”.
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Gallegos, Danielle, and Felicity Newman. "What about the Women?" M/C Journal 2, no. 7 (October 1, 1999). http://dx.doi.org/10.5204/mcj.1798.

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Abstract:
Contemporary culinary discourse in Australia has been dominated by the notion that migration and the increased mobility of Australians is responsible for filling a culinary void, as though, because we have had no peasantry we have no affinity with either the land or its produce. This argument serves to alienate Australians of British descent and its validity is open to questioning. It's an argument in urgent need of debate because cuisine stands out as the signifier of a 'multicultural' nation. Despite all the political posturing, food has 'long been the acceptable face of multiculturalism' (Gunew 13). We argue that the rhetoric of multiculturalism serves to widen the chasm between Australians of British descent and other migrants by encouraging the 'us' and 'them' mentality. We have examined the common links in the food stories of three women from disparate backgrounds. The sample is small in quantitative terms but we felt that if the culinary histories of just three women ran counter to the dominant discourse, then they would provide a new point of departure. In doing this we hope to question the precept driving culinary discourse which gives more weight to what men have said and done, than what women have cooked and how; and propagates mythologies about the eating habits of 'ethnic' migrants. Multiculturalism The terminology surrounding policies that seek to manage difference and diversity is culturally loaded and tends to perpetuate binaries. "Multiculturalism, circulates in Australia as a series of discursive formations serving a variety of institutional interests" (Gunew 256). In Australia multicultural policy seeks to "manage our cultural diversity so that the social cohesion of our nation is preserved" (Advisory Council on Multicultural Affairs 4). The result is to allow diversity that is sanctioned and is to some extent homogenised, while difference is not understood and is contained (see Newman). Multicultural? Who does it include and exclude? Gunew points out that official formulations of multiculturalism exclude people of 'Anglo-Celtic' origin, as though they had no 'ethnicity'. Multiculturalism, while addressing some of the social problems of immigration, is propelled at government level by our need for national cultural policy (see Stratton and Ang). To have a national cultural policy you need, it would seem, a film industry, a music industry, and a cuisine. In his history of Australian cuisine, Symons has only briefly alluded to women's role in the development of Australia's 'industrial cuisine'. One Continuous Picnic presents an essentially masculinist history, a pessimistic derogatory view giving little value to domestic traditions passed from mother to daughter. Women are mentioned only as authors of cookbooks produced throughout the 19th century and as the housewives whose role in the 1950s changed due to the introduction of labour-saving devices. Scant reference is made to the pre-eminent icon of Australian rural culinary history, the Country Women's Association1 and their recipe books. These books have gone through numerous editions from the 1920s, but Symons refers to them dismissively as a 'plain text' arising from the 'store-shelf of processed ingredients' (Symons 201). What of the 'vegie' patch, the afternoon tea? These traditions are mentioned, but only in passing. The products of arduous and loving baking are belittled as 'pretty things'. Is this because they are too difficult to document or because they are women's business? Female writers Barbara Santich and Marion Halligan have both written on the importance of these traditions in the lives of Australian women. Symons's discourse concentrates on 'industrial cuisine', but who is to say that its imperatives were not transgressed. The available data derives from recipe books, sales figures and advertising, but we don't actually know how much food came from other sources. Did your grandmother keep chickens? Did your grandfather fish? Terra Australis Culinae Nullius2 Michael Symons's precept is: This is the only continent which has not supported an agrarian society ... . Our land missed that fertile period when agriculture and cooking were created. There has never been the creative interplay between society and the soil. Almost no food has ever been grown by the person who eats it, almost no food has been preserved in the home and indeed, very little preparation is now done by a family cook. This is the uncultivated continent. Our history is without peasants. (10, our emphasis) This notion of terra Australis culinae nullius is problematic on two levels. The use of the word indigenous implies both Aboriginal and British settler culinary tradition. This statement consequently denies both traditional Aboriginal knowledge and the British traditions. The importance of Aboriginal foodways, their modern exploitation and their impact on the future of Australian cuisine needs recognition, but the complexity of the issue places it beyond the bounds of this paper. Symons's view of peasantry is a romanticised one, and says less about food and more about nostalgia for a more permanent, less changing environment. Advertising of 'ethnic' food routinely exploits this nostalgia by appropriating the image of the cheerful peasant. These advertisements perpetuate the mythologies that link pastoral images with 'family values'. These myths, or what Barthes describes as 'cultural truths', hold that migrant families all have harmonious relationships, are benevolently patriarchal and they all sit down to eat together. 'Ethnic' families are at one with the land and use recipes made from fresher, more natural produce, that are handed down through the female line and have had the benefit of generations of culinary wisdom. (See Gallegos & Mansfield.) So are the culinary traditions of Australians of British descent so different from those of migrant families? Joan, born near her home in Cunderdin in the Western Australian wheatbelt, grew up on a farm in reasonably prosperous circumstances with her six siblings. After marrying, she remained in the Cunderdin area to continue farming. Giovanna was born in 1915 on a farm four kilometres outside Vasto, in the Italian region of Abruzzi. One of seven children, her father died when she was young and at the age of twenty, she came to Australia to marry a Vastese man 12 years her senior. Maria was born in Madeira in 1946, in a coastal village near the capital Funchal. Like Giovanna she is the fifth of seven children and arrived in Australia at the age of twenty to marry. We used the information elicited from these three women to scrutinise some of the mythology surrounding ethnic families. Myth 1: 'Ethnic' families all eat together. All three women said their families had eaten together in the past and it was Joan who commented that what was missing in Australia today was people sitting down together to share a meal. Joan's farming community all came in for an extended midday meal from necessity, as the horses needed to be rested. Both women described radio, television, increasing work hours and different shifts as responsible for the demise of the family meal. Commensality is one of the common boundary markers for all groups 'indicating a kind of equality, peership, and the promise of further kinship links stemming from the intimate acts of dining together' (Nash 11). It is not only migrant families who eat together, and the demise of the family meal is more widely felt. Myth 2: Recipes in 'ethnic' families are passed down from generation to generation. Handing recipes down from generation to generation is not limited to just 'ethnic' families. All three women describe learning to cook from their mothers. Giovanna and Maria had hands-on experiences at very young ages, cooking for the family out of necessity. Joan did not have to cook for her family but her mother still taught her basic cookery as well as the finer points. The fluidity of the mother-daughter identity is expressed and documented by the handing on of recipes. Joan's community thought the recipes important enough to document in a written form, and so the West Australian version of the CWA cookbook became a reality. Joan, when asked about why the CWA developed a cookbook, replied that they wanted to record the recipes that were all well tried by women who spent the bulk of their days in the kitchen, cooking. Being taught to cook, teaching your children to cook and passing on recipes crosses borders, and does not serve to create or maintain boundaries. Myth 3: 'Ethnic' food is never prepared from processed products but always from homegrown produce. During their childhoods the range of food items purchased by the families was remarkably similar for all three women. All described buying tinned fish, rice and sugar, while the range of items produced from what was grown reflected common practices for the use and preservation of fresh produce. The major difference was the items that were in abundance, so while Joan describes pickling meat in addition to preserving fruits, Maria talks about preserving fish and Giovanna vegetables. The traditions developed around what was available. Joan and her family grew the food that they ate, preserved the food in their own home, and the family cook did all the preparation. To suggest they did not have a creative interplay with the soil is suggesting that they were unskilled in making a harsh landscape profitable. Joan's family could afford to buy more food items than the other families. Given the choice both Giovanna's and Maria's families would have only been too eager to make their lives easier. For example, on special occasions when the choice was available Giovanna's family chose store-bought pasta. The perception of the freshness and tastiness of peasant cuisine and affinity with the land obscures the issue, which for much of the world is still quantity, not quality. It would seem that these women's stories have points of reference. All three women describe the sense of community food engendered. They all remember sharing and swapping recipes. This sense of community was expressed by the sharing of food -- regardless of how little there was or what it was. The legacy lives on, while no longer feeling obliged to provide an elaborate afternoon tea as she did in her married life, visitors to Joan's home arrive to the smell of freshly baked biscuits shared over a cup of tea or coffee. Giovanna is only too eager to share her Vastese cakes with a cup of espresso coffee, and as new acquaintances we are obliged to taste each of the five different varieties of cakes and take some home. Maria, on the other hand, offered instant coffee and store-bought biscuits; having worked outside the home all her life and being thirty years younger than the other women, is this perhaps the face of modernity? The widespread anticipation of the divisions between these women has more to do with power relationships and the politics of east, west, north, south than with the realities of everyday life. The development of a style of eating will depend on your knowledge both as an individual and as a collective, the ingredients that are available at any one time, the conditions under which food has to be grown, and your own history. For the newly-arrived Southern Europeans meat was consumed in higher quantities because its availability was restricted in their countries of origin, to eat meat regularly was to increase your status in society. Interest in 'ethnic' food and its hybridisation is a global phenomenon and the creolisation of eating has been described both in America (see Garbaccia) and in Britain (James 81). The current obsession with the 'ethnic' has more to do with nostalgia than tolerance. The interviews which were conducted highlight the similarities between three women from different backgrounds despite differences in age and socioeconomic status. Our cuisine is in the process of hybridisation, but let us not forget who is manipulating this process and the agendas under which it is encouraged. To lay claim that one tradition is wonderful, while the other either does not exist or has nothing to offer, perpetuates divisive binaries. By focussing on what these women have in common rather than their differences we begin to critically interrogate the "culinary binary". It is our intention to stimulate debate that we hope will eventually lead to the encouragement of difference rather than the futile pursuit of authenticity. Footnotes 1. The Country Women's Association is an organisation that began in Australia in the 1920s. It is still operational and has as one of its primary aims the improvement of the welfare and conditions of women and children, especially those living in the country. 2. The term terra australis nullius is used to describe Australia at the point of colonisation. The continent was regarded as "empty" because the native people had neither improved nor settled on the land. We have extended this concept to incorporate cuisine. This notion of emptiness has influenced readings of Australian history which overlook the indigenous population and their relationship with the land. References Advisory Council on Multicultural Affairs. Towards A National Agenda for a Multicultural Australia. Canberra, 1988. Barthes, Roland. Mythologies. Trans. A. Lavers. London: Vintage, 1993. Belasco, Warren. "Ethnic Fast Foods: The Corporate Melting Pot". Food and Foodways 2.1 (1987): 1-30. Gallegos, Danielle, and Alan Mansfield. "Eclectic Gastronomes or Conservative Eaters: What Does Advertising Say?" Nutrition Unplugged, Proceedings of the 16th Dietitians Association of Australia National Conference. Hobart: Dietitians Association of Australia, 1997. Gallegos, Danielle, and Alan Mansfield. "Screen Cuisine: The Pastes, Powders and Potions of the Mediterranean Diet". Celebrate Food, Proceedings of the 17th Dietitians Association of Australia National Conference. Sydney: Dietitians Association of Australia, 1998. Garbaccia, D.R. We Are What We Eat: Ethnic Food and the Making of Americans. Boston: Harvard UP, 1998. Gunew, Sneja. "Denaturalising Cultural Nationalisms; Multicultural Readings of 'Australia'." Nation and Narration. Ed. Homi Bhabha. London: Routledge, 1990. 245-66. Gunew, Sneja. Introduction. Feminism and the Politics of Difference. Eds. S. Gunew and A. Yeatman. Sydney: Allen and Unwin, 1993. xiii-xxv. Halligan, Marion. Eat My Words. Melbourne: Angus & Robertson, 1990. Harvey, D. The Condition of Postmodernity. Oxford: Basil Blackwell, 1989. James, Alison. "How British Is British Food". Food, Health and Identity. Ed. P. Caplan. London: Routledge, 1997. 71-86. Mennell, Stephen. All Manners of Food: Eating and Taste in England and France from the Middle Ages to the Present. Oxford: Basil Blackwell, 1996. Nash, Manning. The Cauldron of Ethnicity in the Modern World. Chicago: U of Chicago P, 1989. Newman, Felicity. Didn't Your Mother Teach You Not to Talk with Your Mouth Full? Food, Families and Friction. Unpublished Masters Thesis, Murdoch University, Perth, Western Australia, 1997. Santich, Barbara. Looking for Flavour. Adelaide: Wakefield, 1996. Stratton, Jon, and Ien Ang. "Multicultural Imagined Communities: Cultural Difference and National Identity in Australia and the USA". Continuum 8.2 (1994): 124-58. Symons, Michael. One Continuous Picnic. Adelaide: Duck, 1992. Citation reference for this article MLA style: Danielle Gallegos, Felicity Newman. "What about the Women? Food, Migration and Mythology." M/C: A Journal of Media and Culture 2.7 (1999). [your date of access] <http://www.uq.edu.au/mc/9910/women.php>. Chicago style: Danielle Gallegos, Felicity Newman, "What about the Women? Food, Migration and Mythology," M/C: A Journal of Media and Culture 2, no. 7 (1999), <http://www.uq.edu.au/mc/9910/women.php> ([your date of access]). APA style: Danielle Gallegos, Felicity Newman. (1999) What about the women? Food, migration and mythology. M/C: A Journal of Media and Culture 2(7). <http://www.uq.edu.au/mc/9910/women.php> ([your date of access]).
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