Academic literature on the topic 'Giovani migranti'

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Journal articles on the topic "Giovani migranti"

1

Buchholz, Sandra, and Karin Kurz. "Crescenti difficoltŕ a diventare un insider in Germania: ingresso e stabilizzazione dei giovani nel mercato del lavoro fra il 1984 e il 2002." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 124 (December 2011): 36–57. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-124003.

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Abstract:
Questo articolo si interroga se l'instabilitŕ del lavoro sia in crescita tra i giovani in Germania e se, sempre fra i giovani, alcuni siano più a rischio di altri. L'analisi è basata sui dati elaborati dal German Socio-Economic Panel (Gsoep) e si riferiscono al periodo 1984-2002. Essi includono giovani della parte orientale e occidentale della Germania, nonché migranti appartenenti a tre differenti coorti nazionali. I risultati mostrano che i giovani tedeschi corrono maggiori difficoltŕ rispetto ad altri gruppi della popolazione nella fase di entrata nel mercato del lavoro e più precisamente sia nella fase di transizione dal sistema educativo a quello occupazionale, sia nella prima parte della loro carriera. Ciň provoca un incremento delle diseguaglianze tra i giovani in Germania.
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Colombo, Maddalena. "I giovani migranti nelle scuole italiane: percorsi formativi, disuguaglianze, risorse." REMHU : Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 22, no. 42 (June 2014): 159–70. http://dx.doi.org/10.1590/s1980-85852014000100010.

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Abstract:
Nel 2013 la presenza di minori stranieri in Italia ha raggiunto quote numeriche importanti, soprattutto per la presenza di seconde generazioni (44%). Famiglie e giovani stranieri puntano sull'istruzione anche a compensazione di diritti sociali che sentono negati (ius sanguinis); i livelli formativi degli immigrati stanno aumentando gradatamente, ma si segnalano alcune criticità: a) la persistenza di un gap negativo tra i risultati scolastici degli alunni di nazionalità italiana e straniera; b) in certi istituti la maggiore visibilità delle diverse provenienze etniche in alcune aree sembra provocare disagi nelle interazioni tra autoctoni e immigrati; c) in alcune sezioni scolastiche ad elevata incidenza di stranieri, la concentrazione di problematiche sociali mette in allarme la concezione anti-discriminatoria e liberale della scuola. Tuttavia anche in tali sezioni ci sono risorse educative che non vanno sottovalutate.
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Berlincioni, Vanna, Francesca Acerbi, and Cristina Catania. "Dalla passività dell'attesa alle trasformazioni identitarie. Un'esperienza di gruppo con giovani migranti." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 3 (December 2021): 47–68. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2021-003004.

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Abstract:
Il lavoro riguarda un'esperienza di psicoterapia di gruppo svoltasi in ambito istituzionale presso il dipartimento di Psichiatria dell'Università di Pavia. Il gruppo è stato condotto da una psicoanalista con la partecipazione di due mediatori cul-turali e due osservatori partecipanti, e ha coinvolto soggetti immigrati dall'Africa subsahariana. Oltre a descrivere lo svolgimento degli incontri di gruppo e i contenuti in esso discussi, l'articolo sottolinea l'importanza della mediazione culturale, analizza i vissuti connessi all'attesa della regolarizzazione, affronta il tema dei fraintendi-menti culturali, e valuta l'efficacia terapeutica di gruppi di migranti condotti utilizzando un metodo basato sull'approccio psicoanalitico. La realizzazione di un buon sistema di accoglienza ha permesso ai migranti coinvolti nel lavoro di gruppo di recuperare un senso di appartenenza e di ricostruire e trasformare, per quanto parzialmente, il proprio senso di sé.
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Gasparini, William. "Fare società attraverso lo sport. L'esempio delle società calcistiche comunitarie in Alsazia (Francia)." MONDI MIGRANTI, no. 3 (December 2021): 179–98. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-003009.

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Abstract:
Pratica popolare e transnazionale, il calcio è un "laboratorio" particolarmente interessante per studiare la costruzione di legami tra migranti e società d'accoglienza. In Francia, questo sport è presentato come un vettore di integrazione e di cittadi-nanza per i giovani provenienti da un contesto migratorio. A partire da una contes-tualizzazione che permette di cogliere l'ambivalenza e le forme d'integrazione degli immigrati attraverso lo sport in Francia, l'articolo propone di indagare la pra-tica sportiva dei calciatori originari del Maghreb e della Turchia in Alsazia, re-gione del Nord-Est della Francia. Analizzeremo in modo particolare la pratica del calcio dilettantistico dei migranti turchi (prima comunità di immigrati in Alsazia) per determinare se questa popolazione si raggrupa o meno in base all'origine. L'articolo si basa su una sintesi dei lavori dell'autore e sugli esiti di un'indagine incrociando approcci qualitativo e quantitativo.
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Antonelli, Fulvia. "Le due etŕ dell'emigrazione." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2011): 85–97. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003006.

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Abstract:
In questo articolo si analizzano il ruolo e gli effetti degli immaginari dei giovani che aspirano alla migrazione dal Marocco. Appartenenti a strati sociali popolari e residenti nelle periferie urbane di Casablanca, l'attenzione č posta sui ragazzi che vivono in condizioni economiche e sociali di marginalitŕ nei loro contesti di origine e tentano la migrazione clandestina o irregolare verso l'Europa. Le loro pratiche quotidiane e le loro visioni dell'Europa vengono messe a confronto con quelle delle generazioni di migranti a loro precedenti, dalle quali hanno assorbito esperienze e racconti, reinterpretandoli perň alla luce di un contesto politico e legislativo internazionale profondamente mutato negli ultimi decenni. Attraverso il metodo etnografico si indaga su come questa generazione di giovani costruisca, attraverso reti di apprendimento ed esperienza collettiva autonome, nuove rotte e strategie migratorie e proiezioni di sé e di altrove funzionali alla liberazione dagli stigmi sociali da cui si sentono segnati.
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Ravecca, Andrea. "Partecipazione religiosa, seconde generazioni e successo scolastico: quali connessioni?" MONDI MIGRANTI, no. 2 (January 2011): 61–86. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-002003.

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Abstract:
Č comunemente riconosciuto che il successo scolastico degli alunni d'origine straniera rappresenti un valido indicatore della buona riuscita dei processi d'inclusione. I fattori che influenzano le dinamiche sottostanti al successo scolastico sono in gran parte riconducibili agli aspetti socio economici famigliari, i quali perň da soli non sono sufficienti a spiegarne gli esiti, sia perché all'interno dei fenomeni migratori questi assumono forme inedite ed accentuate, sia perché entrano gioco altri fattori che, se pur comuni a tutti gli studenti, risultano anch'essi piů intensificati nel loro agire nelle popolazioni migranti. Questi aspetti sono molteplici e fanno in gran parte riferimento alla capacitŕ di produrre ed utilizzare il capitale sociale, sia nelle sue forme generali, sia specifiche (capitale sociale etnico), inteso come risorsa in grado di accompagnare i giovani nel loro cammino educativo. Religione, religiositŕ e partecipazione religiosa sono tra i piů potenti mezzi attraverso i quali i migranti possono generare capitale sociale: lo scopo del presente contributo č quello di presentare una rassegna ragionata della letteratura per identificare quando ed in quali circostanze gli aspetti religiosi si presentino come fonti di supporto per il successo (scolastico) dei migranti, o quando al contrario lo inibiscono.
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Spensieri, Simone, and Claudia Sbarboro. "L'Escuelita: presa in carico di gruppo di giovani immigrati al Ser.T." GRUPPI, no. 3 (December 2012): 119–31. http://dx.doi.org/10.3280/gru2011-003009.

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Abstract:
Il lavoro descrive l'esperienza della presa in carico di gruppo di ragazzi immigrati al Ser.T., per lo piů ecuadoriani, di etŕ compresa tra 20 e 35 anni, con problematiche di tossicodipendenza. Nel raccontare lo sviluppo di tale percorso terapeutico, cerchiamo di mettere in evidenza i significati che assumono il consumo e lo spaccio di stupefacenti per questi ragazzi, a partire dalle difficili condizioni di vita dei migranti nella nostra societŕ. Un'analisi che ci porta a valutare con un occhio politicamente attento le difficoltŕ psicopatologiche, cercando di articolarle anche alle dimensioni sociali e politico economiche che costruiscono gli spazi esistenziali in cui questi giovani tentano, annaspando, di costruire la propria vita.
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Vittadini, Nicoletta. "Adolescenti o migranti? Pratiche di comunicazione digitale." IKON, no. 58 (March 2011): 33–55. http://dx.doi.org/10.3280/ikr2009-058003.

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Abstract:
Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l'utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano.Gli obiettivi della ricerca consistevano in:1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera;2. evidenziare il ruolo di tali pratiche comunicative innovative nell'orientare le relazioni tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione;3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza;4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali. L'indagine di tipo qualitativo prevedeva l'analisi di casi singoli in profondità. Il campione è stato individuato all'interno di due istituti tecnici della città di Milano ed è costituito da un gruppo di 20 tra ragazzi e ragazze di origine straniera di età compresa tra i 15 e i 19 anni, che avessero iniziato un percorso di scolarizzazione in Italia non oltre la classe prima media. Esso è stato selezionato secondo un criterio di conoscenza avanzata delle tecnologie informatiche. I dati sono stati raccolti attraverso interviste individuali, focus group e un periodo di virtual shadowing. In questa occasione è stato possibile raccogliere materiali multimediali prodotti dai ragazzi stessi. I risultati dell'analisi dei dati, analizzati secondo una metodologia qualitativa, vengono presentati e discussi dal punto di vista della teoria del flow e dei processi di acculturazione e transnazionalismo. I risultati delineano l'emergere di pratiche comunicative specifiche di questa popolazione, in cui i processi di socializzazione messi in atto sembrano rinnovare la tradizionale dicotomia culturale italiano/straniero per aprire nuovi spazi simbolici di rappresentazione e costruzione di sé.
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Benedetti, Maura, Minou Mebane, and Diana Oancea. "Promozione del dialogo interculturale in un quartiere multietnico attraverso una ricerca intervento sui profili di comunitŕ." PSICOLOGIA DI COMUNITA', no. 1 (September 2010): 87–97. http://dx.doi.org/10.3280/psc2010-001008.

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Abstract:
La ricerca-intervento svolta nella prospettiva del modello ecologico delle migrazioni (Coleman 1994; Golini et al. 2001; Prilleltensky, 2008) ha voluto: a) individuare i punti forza e le aree problema percepiti da italiani e migranti, di varie etnie dominanti e minoritarie, abitanti un quartiere romano, b) esaminare il capitale sociale presente tra giovani e c) attivare proposte di cambiamento. Circa 130 adulti e 220 ragazzi hanno preso parte all'analisi, utilizzando tecniche innovative come le "sceneggiature di film" della loro comunitŕ. L'integrazione risulta difficoltosa non solo tra i gruppi etnici e gli italiani, ma soprattutto tra gruppo etnico dominante e gli altri gruppi etnici. I ragazzi che frequentano compagni di altre etnie hanno tuttavia un maggiore capitale sociale. Diverse proposte sono state formulate per risolvere specifiche problematiche emerse dall'analisi di comunitŕ.
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Elia, Anna, and Valentina Fedele. "Transnational child-ship: il minore non accompagnato nella famiglia transnazionale." MONDI MIGRANTI, no. 2 (July 2022): 119–39. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-002006.

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Abstract:
L'articolo si concentra sui minori accompagnati in quanto soggetti transnazionali, protagonisti del proprio progetto migratorio e agenti delle relazioni con le famiglie di origine. L'ipotesi del lavoro è che tale soggettività si eserciti da un lato attraverso il protagonismo dei minori stessi nell'esercizio di alcune forme principali di riproduzione dei legami familiari di tipo morale, emotivo e materiale; d'altro, attraverso forme di figlità (child-ship), mediate, integrate e declinate nell'esperienza migratoria con riferimento anche all'impatto con il sistema di protezione e agli incontri con gli e le professioniste del sociale. Tale ipotesi è sostenuta dai dati secondari di una ricerca più ampia sulla religiosità dei giovani migranti e il rischio di radicalizzazione, che, nel 2018, ha portato alla raccolta attraverso interviste qualitative delle testimonianze di undici minori e ventisette operatori di centri di accoglienza operanti in Calabria.
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Dissertations / Theses on the topic "Giovani migranti"

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MILESI, DANIELE. "I MEDIA COME RISORSE RELAZIONALI PER I GIOVANI FIGLI DI MIGRANTI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1098.

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Abstract:
Il lavoro qui presentato analizza le pratiche di comunicazione tra pari mediate dalle nuove tecnologie. In particolare, è stato approfondito l’utilizzo di tali modalità comunicative in un gruppo di adolescenti di origine straniera residenti a Milano. Gli obiettivi della ricerca consistevano in: 1. individuare pratiche di comunicazione e socializzazione tecnologicamente mediate, specifiche dei giovani adolescenti di origine straniera; 2. evidenziare il ruolo di tali pratiche communicative innovative nell’orientare le tra il gruppo migrante e quello degli autoctoni, in termini di processi di acculturazione; 3. definire se e in che modo tali comportamenti consentono spazi di azione creativa e mediazione culturale tra le molteplici culture di appartenenza; 4. identificare possibili strategie di costruzione identitaria in termini transnazionali.
This article analyses peer to peer communication practices mediated by digital technologies. Particularly, the forms of this kind of communication have been in depth analysed within adolescents of foreigner origins living in Milan. Aims of the research were: 1) outlining communication and socialisation practices technologically mediated (such as the use of cellular phone to exchange photos, videos etc. or the participation in social network), typical of the target group; 2) highlighting the role of these new communication practices in shaping peculiar relationship between migrants and indigenous culture, in terms of integration/differentiation processes; 3) defining if and how such behaviours enable a space of creativity, selfdetermination and cultural mediation between multiple belongings; 4) identifying any strategy of identity constructing in transnational terms.
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FINCO, RITA. "Disaffiliazioni e affiliazioni dei giovani migranti dell’Africa dell’Ovest in Italia Percorso di talibés." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/218076.

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Abstract:
In questo lavoro di tesi verrà affrontato, attraverso un’elaborazione storica, sociologica, culturale, psicologica e idiosincratica, il tema delle scuole coraniche e dei loro allievi. Le scuole a orientamento religioso sono, infatti, da analizzare a più livelli. Non sono da considerarsi spazi in cui i bambini imparano solamente nozioni religiose, ma dei luoghi in cui si concretizza il legame tra sacro e profano che determinerà la vita dell’individuo. Si pensa che è in quest’ultimo aspetto che la clinica possa proporre interrelazioni fruttuose per superare una visione statica di accompagnamento in cui la dimensione religiosa è spesso messa da parte a causa delle abitudini di secolarizzazione. Nella prima parte, è esposta la problematica a partire da questa dimensione religiosa nelle sue differenti accezioni, al fine di discutere del quadro di ricerca e clinico. Sono affrontate, inoltre, le difficoltà di tale studio, gli apporti dell’etnometodologia e gli aspetti che permettono di mettere in evidenza le dimensioni del tema in oggetto sia in Africa che nella migrazione. Dopo un approfondimento della letteratura scientifica a riguardo, nella seconda parte per contestualizzare la ricerca si trova l’evoluzione storica della questione religiosa in Africa subsahariana. Nella terza parte sono illustrati quattordici situazioni che permettono di raccogliere i dati clinici per esporre i risultati sui movimenti di disaffiliazione e affiliazione, di cui i giovani in migrazione provenienti dalle scuole coraniche sono portatori, e di illustrare come un quadro terapeutico possa tenere in considerazione tali elementi. Infine nell’ultima parte, si discute l’insieme del materiale raccolto per verificare le ipotesi iniziali e proporre uno sviluppo sulle prospettive cliniche e teoriche in un contesto migratorio. Questa tesi, che incrocia aspetti antropologici e clinici, mette l’accento sulla dimensione religiosa nella costruzione delle identità. Quest’ultime, infatti, giocano un ruolo essenziale nella possibilità d’integrazione o di esclusione e/o di autoesclusione dei nuovi cittadini migranti. Inoltre si affronta come un quadro di accompagnamento, costruito in un contesto plurale e transculturale, deve lasciar spazio all’espressione non esclusiva delle differenti rappresentazioni dei disordini dell’individuo e delle terapie tradizionali. Queste rappresentazioni non concordano obbligatoriamente con quelle del paese d’accoglienza e di accompagnamento dei professionisti. Per tale motivo il dialogo tra loro è una sfida terapeutica, in quanto il modo in cui ogni società promuove le terapie e costruisce i suoi dispositivi terapeutici è basata su una certa filosofia dell’esistenza e nozione sottointesa di persone.
Dans ce travail de thèse, nous aborderons la question des écoles coraniques et de ses élèves en présentant les éléments historiques, sociologiques, culturels, psychologiques et idiosyncrasiques, qui en font partie. La question des écoles religieuses s’examine à plusieurs niveaux. Il ne s’agit pas juste de ces espaces où les enfants sont placés pour acquérir un savoir, mais des endroits où se concrétise le lien très intense entre sacré et profane qui parcourt et détermine la vie des individus. Nous pensons que c’est à partir de là que le lieu clinique peut faire des propositions d’interrelations fructueuses pour dépasser une vision statique de prise en charge où la dimension religieuse est souvent mise à l'écart à cause de nos habitudes de sécularisation. Dans la première partie, nous exposerons la problématique, à partir de cette dimension religieuse dans ses différentes acceptions, afin de pouvoir discuter du cadre de recherche et de clinique ; puis nous évoquerons les difficultés d’une telle étude, les axes de compréhension comme la méthodologie, en insistant sur les apports de l’ethnométhodologie et de la construction du cadre permettant de faire apparaître ces dimensions du problème, en Afrique et dans la migration. Après une revue de la littérature spécialisée, nous aborderons dans la deuxième partie une vision de l’évolution historique de la question religieuse en Afrique subsaharienne. Cette section historique contextualise la recherche. Dans la troisième partie, nous exposerons quatorze situations qui nous permettrons de recueillir des données cliniques. Nous exposerons les résultats sur les mouvements de désaffiliations et d’affiliations dont sont porteurs les jeunes en migration issus des écoles coraniques, ainsi que la façon dont un cadre thérapeutique spécifique peut en tenir compte. Enfin, dans la dernière partie, nous discuterons l’ensemble de ces données pour vérifier nos hypothèses de départ et proposer, entre autres, un développement sur les perspectives cliniques et théoriques, dans le contexte migratoire. Cette thèse entrecroise ainsi des données anthropologiques et des données cliniques. L’accent est mis sur la dimension religieuse dans la construction des identités, car celle-ci joue, finalement, un rôle essentiel dans la possibilité d’intégration ou les phénomènes d’exclusion et/ou d’auto-exclusion des “nouveaux citoyens” que nous rencontrons dans la migration. Nous parlons également du cadre d’accompagnement, qui, dans un contexte pluriel et transculturel, doit laisser la place à l’expression non exclusive des différentes représentations des troubles de l’individu et des thérapies traditionnelles. Ces représentations ne concordent pas forcément avec celles du pays d’accueil et des accompagnants professionnels, compte tenu des éléments fondamentaux qui les constituent : le dialogue entre elles est un des enjeux de la thérapie. En fait, la manière dont chaque société promeut les thérapeutes et construit ses dispositifs thérapeutiques est solidaire d’une certaine philosophie de l’existence et de la notion de “personne” qui les sous-tendent.
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ROSSI, ALICE. "Da minori a Ir/regolari. Pratiche della temporaneità tra giovani migranti Maghrebini (Torino, Italia; Khouribga, Marocco)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2016. http://hdl.handle.net/10281/104078.

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Abstract:
This dissertation addresses the condition of ir/regular migrant and how this condition is generated within the field of contemporary Italian immigration policies. The research begins from the case of unaccompanied minors and an overview of EU level regulations to analyze the processes of constructing this specific temporary and reversible subjectivity, which is vulnerable to potentially sliding back into irregularity. The sites in which I conducted research are frontier urban spaces that distinguish between citizens and non-citizens while at the same time representing sought-after spheres; they are zones that enable migrants to define the new boundary they need to reassert or invent a new identity or social role or to position themselves within a given system. The ethnographic data were collected in Turin (2010-2015), an urban setting characterized by a longstanding population of Moroccan immigrants from the mining city of Khouribga, where I conducted a component of my multi-sited ethnography (2007 and 2011). This specific chain migration emerged following 1970s crisis in phosphate production. Since Italian immigration law introduced the legal figure of unaccompanied minor in1998, so-called harrâga (those who burn), solo minors and young men, began to emigrate from Khouribga to take the place of their fathers, who had come to Italy previously. Over time, repeated legislative oscillations between inclusion and exclusion have produced ambiguous legal effects on the status of young migrants. These factors give rise to unstable life conditions and shifts in models of masculinity from one generation to the next. By analyzing their life stories, the research finds that what is at stake in the migratory process goes beyond the possibility of settling down in one place; indeed, it is also about the opportunity to remain mobile at all costs. Mobility as an element of differentiation allows these young men to define themselves as “modern subjects.” My examination of their processes of learning to be adults, constructing kinship ties and re-appropriating urban spaces reveals the creativity inherent in these practices of challenging everyday uncertainty. By playing with the dominant social order, their practices of temporariness uncover the limits of both norms and associated systems of thought. In conclusion, this exploration of the intersection of migration processes and governmentality applied to the passage from unaccompanied minor to adult migrant sheds light on the specific liminal condition of ir/regularity: an uncertain status that these subjects, who are never completely constructed within the system, continually seek to manipulate. The lives of young ir/regular migrants illustrate the socially and politically constructed nature of age and kinship as well as inhabitation. At the same time, they also show how these very semantic borders give rise to autopoietic practices in response to changes in the policies governing contemporary migration.
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COLUCCI, SIMONA. "Dove vuoi andare? Il processo di costruzione del senso di casa dei giovani migranti non accompagnati a Milano tra politiche pubbliche e pratiche di regolazione informale." Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/11578/306908.

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Abstract:
Il lavoro di ricerca sui minori stranieri non accompagnati, in due diverse comunità a Milano, riguarda le forme in cui il sistema di accoglienza media la costruzione delle reti sociali dei migranti e quali effetti questo produce sul mondo in cui gli stessi costruiscono un progressivo rapporto con il contesto in cui si trovano a vivere. Come fanno, in altre parole, a sentirsi a casa. In questo processo, che coinvolge sia ambiti spaziali che relazionali, le comunità e le la rete dei servizi locali giocano un ruolo cruciale. Secondo Ambrosini (2011), infatti, forme di regolazione micro-sociale e informale tendono ad emergere laddove l’azione di altri attori - in particolare quelli pubblici - è carente. Tuttavia, se le pratiche informali consentono un accesso più veloce al mercato del lavoro e alla casa allo stesso tempo aumentano il rischio di risultare in forme di marginalità e ghettizzazione.
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AIANI, MARINA. "LE NUOVE CITTADINE ED IL CONSUMO DI NOTIZIE: UN'INDAGINE SU PARTECIPAZIONE, APPARTENENZE E TRASMISSIONE CULTURALE DELLE GIOVANI DI ORIGINE ARABA A MILANO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6098.

Full text
Abstract:
Sebbene la presenza dei figli degli migranti stia assumendo sempre maggior rilievo anche in Italia la ricerca ha posto poca attenzione alle loro scelte di consumo mediale e all’appropriazione dei media come risorse sociali ed ambientali. La tesi si focalizza sul caso delle giovani donne di origine araba per indagare il ruolo giocato dal consumo di notizie nella cornice più complessa dei processi di negoziazione di identità. Un focus è riservato alle tre dimensioni di appartenenze, partecipazione e trasmissione culturale tra generazioni – in relazione alle madri e ai coetanei. Un’indagine, a livello più “macro”, indaga le possibili implicazioni per il dialogo interculturale. Attraverso la raccolta di quarantotto storie di vita un primo livello di analisi diacronico indaga presenza e intensità del consumo di news nelle fasi della vita per comprendere se possa rappresentare un rito di passaggio all’età adulta, mentre una seconda pista cerca di comprendere come esso si leghi alla questione del sentirsi “cittadini”, in termini di riconoscimento, appartenenza e per scoprire se il consumo di news possa diventare una risorsa per essere soggetti attivi nella sfera pubblica. Tutte le giovani donne di origine araba vivono a Milano, hanno tra i diciotto e i trentadue anni e differiscono per le variabili di 1) nascita o arrivo in Italia dopo i 6 anni; 2) attivismo e 3) religiosità (musulmane, copte ortodosse, atee).
Although the presence of migrants’ sons and daughters is gaining more and more importance also in Italy, the research have not given special attention to their choices concerning media consumption and to the appropriation of the media as social and environmental resources. This thesis is focused on the case of young women of Arab origin in order to investigate the intersections between news consumption and the negotiation of the social identity. A first focus is on three dimensions: participation, belonging and cultural transmission – in comparison with mothers and peers. A second “macro” level of the research investigates the implications as regard to intercultural dialogue. Through the collection of forty-eight life histories, a first level of diachronic analysis investigates the presence and the intensity of news consumption in different stages in order to understand if it could be a rite of passage to the adulthood, while a second track tries to understand how this is connected to the feeling of being “citizens”, in terms of identification, belonging and to investigate if news consumption may be a resource to be active citizens in the public sphere. All young women of Arab origin live in Milan, they are between eighteen and thirty-two years old, and differ in variables 1) they were born or arrived in Italy since they were 6 years old, 2) activism and 3) religion (Muslims, Coptic Orthodox or atheists).
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ANIMENTO, STEFANIA. "Bringing movement into class analysis: the case of young Italian migrants in Berlin." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241263.

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Abstract:
La sociologia si è occupata a lungo delle migrazioni come un problema sociale. Tuttavia, di recente, è stato dimostrato che queste si differenziano su basi sociali, economiche, culturali e di genere. Da tale differenziazione, questa ricerca decostruisce il concetto di migrazione, includendo l’analisi della classe sociale come componente fondamentale per la comprensione del fenomeno. Dalla crisi del 2008, il gap socio-economico tra Nord e Sud Europa si è allargato, producendo nuovi flussi migratori. In dieci anni, in capitali come Londra e Berlino il numero di giovani sud europei è quasi raddoppiato. Anche se l’immigrazione è divenuta centrale nelle politiche europee e nella ricerca sociologica, questi flussi hanno suscitato scarso interesse. In contesti di crescita demografica e aumento dei prezzi delle case, come Berlino, i migranti sud-europei sono considerati, da una parte, migranti economici, dall’altra come giovani in cerca di uno stile di vita urbano e cosmopolita nei quartieri in via di gentrificazione. La ricerca analizza le ragioni politiche ed analitiche alla base dei processi di categorizzazione della mobilità. Per farlo, si considera questa come risorsa che genera reddito, ma in un modo iniquo. Quali sono I modi in cui la classe sociale influenza la mobilità e come questa viene incorporata in un regime di governance della migrazione? Come va intesa la relazione tra mobilità e processi di formazione di classe? La ricerca oscilla tra queste domande, contribuendo ai campi dell’analisi della classe sociale e degli studi sulla migrazione in due modi distinti. In primo luogo, la parte teorica volge all’analisi dell’ascesa, del declino e della riscoperta del concetto di classe sociale, problematizzandone le teorie. Inoltre, si riconsidera il concetto Weberiano della “condotta di vita” per comprendere il ruolo dei rapporti di produzione e di riproduzione. In secondo luogo quindi, la parte empirica della ricerca, basata su una web survey, 40 interviste e 3 focus groups, studia i modi di accesso alle risorse sviluppati da giovani italiani emigrati a Berlino. Si illustra come questi abbiano una condotta di vita basata su un continuo imperativo a muoversi che esonda dal campo della mobilità spaziale a quello del lavoro, o anche alle relazioni. Si analizza come i giovani migranti siano coinvolti da processi di differenziazione sociale nel mercato del lavoro e in quello abitativo; in che modo interagiscano con i processi di “inclusione differenziale” influenzati sia dall'economia che dall'istituzione statale. La logica del “the best and the brightest” si manifesta già con le procedure per la registrazione anagrafica, cruciale per stabilizzarsi in città. Così viene riconosciuto lo status formale di migranti dell’Unione Europea e assegnato un posto all’interno della “gerarchia di cittadinanza”. Coloro che invece rimangono a lungo esclusi dall’ottenimento della registrazione, continuano ad essere considerati come turisti, vivendo esperienze di estremo sfruttamento e deprivazione. Esposti alle forze centrifughe della precarietà abitativa, occupazionale e relazionale; molti sviluppano una quotidianità marcata dal consumo di droghe e dal clubbing. La ricerca mostra come gli stessi migranti contribuiscano a definire i confini simbolici tra i meritevoli e i non, partendo dall'etica del lavoro o di un misurato edonismo. In conclusione la ricerca dimostra come la migrazione di giovani dal Sud verso il Nord dell’Europa, tutt’altro che “libera” e priva di attriti e condizionamenti, sia gestita localmente con un' “inclusione differenziale”. La governance della migrazione non punta infatti ad una riduzione del fenomeno, ma ad una sua intensificazione e all'attivazione di una mobilità permanente. Così, se la mobilità diventa una risorsa, economica innanzitutto, la questione centrale nella società contemporanea riguarda la proprietà di questa risorsa ed il suo controllo.
For long time research has studied migration as a social problem, focusing on the disadvantages connected with it. However, it has recently proved that migration has become increasingly differentiated along social, economic, gender and cultural lines. Against this diversifying background, the research intends to unravel the concept of migration by introducing social class as a crucial intervening variable. Since the economic crisis started in 2008, the social and economic gap between the North and the South of Europe has widened. A major effect has been the increase of migratory flows of young people. In metropolises like Berlin or London, young South Europeans have almost doubled within ten years. While migration has become a central node of European politics and research, however, these migratory flows have been largely neglected. In urban contexts characterized by growing population and exploding rent prices, such as Berlin, young South Europeans are framed at one time as economic migrants repopulating the guest workers routes and lifestyle migrants moving to the gentrifying neighborhoods of the city. The research questions the political and analytical grounds of such processes of categorization of human mobility. It suggests considering mobility as an income-generating resource unevenly distributed across the population. The exploration of differentials of mobility, i.e. the different access to power and control over fixity and mobility, is the analytical key to open the black-box of migration. How does the social class of migrants affect their mobility and the ways how it is incorporated into a migration regime? How is mobility related to processes of class formation in contemporary capitalism? The analysis oscillates between the two research questions, contributing to the fields of Class Analysis and Migration Research in two distinct ways. Firstly, the theoretical part tackles the rise, decline and renaissance of the class concept, showing the blind spots of class analysis. It pleads for the re-discovery of the Weberian concept of life conduct to hold together the role of production and reproduction in people´s practices of livelihood. Secondly, the empirical part, i.e. a web survey, 40 interviews and 3 focus groups, explains how Italian migrants access resources in Berlin developing a life conduct predicated on mobility. The imperative to move spills over from the domain of spatial mobility into the domain of work, with the refusal of doing the same job “forever”, and into that of reproduction, with the construction of flexible forms of emotional engagement. Newcomers enter processes of social differentiation on the housing and labor market, in interaction with “differential inclusion” operated by state and market. The logic of “the best and the brightest” applies to them via a mix of requirements for getting a registration, the key to fixing oneself to the city. Once registered, they formally become migrant subjects placed in a quite privileged position within the hierarchy of citizenship status. Those who are stuck in the fatiguing process of registering, however, are formally considered as tourists, while they are experiencing deprivation and hyper-exploitation. Exposed to strong centrifugal forces such as housing, occupational and relational precarity, they often engage in clubbing and drugs. The research highlights how migrants participate in the construction of symbolic boundaries between deserving and undeserving movers, based on the valorization of hard work and moderated hedonism. Finally, migration from the South to the North of Europe, far from being “free” and frictionless, is managed by processes of differential inclusion placed at the local level. Endless mobilization, rather than migration reduction, appears as the main policy goal for the governance of intra-EU migration. If mobility is a resource, then, the crucial issue is about its ownership and control in contemporary societies.
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7

DELLO, RUSSO MARINA. "Giovani migranti alla prova. Biografie in costruzione." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11573/917311.

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Abstract:
Il lavoro di ricerca condotto è centrato sull’analisi dell’esperienza sociale (Dubet, 1994, 2002; Jedlowski, 2010, 2005) dei giovani immigrati di seconda generazione o di generazione 1.5. L’orientamento scelto è quello di interpretare nella contemporaneità, alla luce del declino delle istituzioni dello Stato-nazione e dell’affermarsi potente della logica di mercato, la differenza culturale e, in particolare, come questa sia sperimentata quotidianamente dai giovani migranti, dal momento che l’immigrazione rivela in modo netto le trasformazioni di un meccanismo di integrazione sociale e di una narrazione che è stata idealizzata (Dubet, 2009). Sono questi giovani, infatti, che a causa del ritrarsi dello Stato sociale e quindi del minore investimento nell’educazione formale e nei processi socializzativi, uniti all’incapacità di sviluppare un’integrazione fra competenze e mercato del lavoro, si presentano come identità a rischio. Identità cioè, che trovandosi dislocate sia rispetto al mondo globalizzato, sia rispetto allo Stato, possono trovarsi in bilico tra il ripiegamento comunitario e la perdita dell’esperienza di sé intesa come sradicamento e sottomissione al dominio del mercato. L’obiettivo della ricerca è quello di cogliere la tensione che ciascun attore sperimenta nel tenere insieme il bisogno di sentirsi parte di una collettività (e quindi di rispondere alle pressioni sociali) con le produzione di sé in quanto soggetto. La prospettiva adottata è quella dell’attore sociale e del Soggetto sui quali si concentra la riflessione teorica di Alain Touraine e del Cadis (Centre d’Analyse et d’Intervention Sociologiques), un orientamento teorico che si concentra su un tipo di azione consapevole e progettuale che entra in tensione, da un lato, con le aspettative e le norme che il contesto sociale di riferimento riproduce e, dall’altro, con le caratteristiche di un agire strumentale al fine di raggiungere un fine individuale. La concettualizzazione analitica alla base della ricerca empirica è il concetto di esperienza sociale così come formulato da François Dubet (1994). Dubet intende per esperienza la combinazione di diverse logiche di azione che l’attore “faticosamente” tenta di tenere insieme al fine di costituirsi come soggetto. Le logiche distinte da Dubet sono l’integrazione, la strategia e la soggettivazione. Se nella logica dell’integrazione, l’attore è definito in base alle proprie appartenenze volte a mantenere o rinforzare una società e si riconosce nel ruolo ricoperto all’interno della società stessa, nella logica della strategia l’attore agisce in termini di calcolo, cercando di realizzare i propri interessi e di vedersi riconosciuto per il proprio merito in una società in cui esiste una competizione per l’ottenimento di beni (denaro, potere, riconoscimento). E’, però, nella terza logica, quella della soggettivazione, che l’attore prevale rispetto al sistema. Il soggetto non si identifica né nel ruolo dell’integrazione, né negli interessi della strategia, ma si orienta verso una rappresentazione della propria creatività, della propria libertà e della propria autenticità. Il riferimento al concetto di esperienza si è rivelato molto utile sul piano metodologico poiché ha consentito di stare “dalla parte dei soggetti”, cercando di comprendere la loro personale visione del mondo e di cogliere le dimensioni centrali della loro esistenza. Ha permesso, inoltre, da un lato di cogliere le implicazioni soggettive del processo di ristrutturazione della relazione spazio-tempo nell’era della globalizzazione, e dall’altro, di chiamare in causa continuamente la responsabilità che il soggetto ha in un mondo dove è obbligato a fare continuamente delle scelte nella propria vita quotidiana. L’esperienza dei giovani migranti è stata esplorata attraverso la realizzazione e l’analisi di interviste in profondità sulle dimensioni della quotidianità (Colombo, 2010; Leonini, Rebughini, 2010; Colombo, Semi, 2007; Jedlowski, 2000; Jedlowski, Leccardi, 2003) che hanno consentito di cogliere la complessità di tale esperienza e in particolare la tensione mai risolta tra i diversi poli che la compongono. Il rapporto con gli intervistati è stato tutto volto a indagare l’esperienza quotidiana, così si è tentato di dirigere il racconto verso le loro pratiche quotidiane: come trascorrono il proprio tempo, che rapporto hanno con la famiglia, con la scuola, con la fede, che concezione hanno della cittadinanza, del lavoro e che progetti hanno, quali sono le loro relazioni amicali e sentimentali, che utilizzo fanno dei media e dei new media. La ricerca ha coinvolto 40 ragazzi (20 maschi e 20 femmine) in età compresa tra i 14 e i 22 anni; i dati raccolti hanno avuto come luogo privilegiato la scuola secondaria di secondo grado e il territorio scelto è stata la città di Napoli e il suo hinterland che hanno contribuito a rendere il lavoro più vicino all’impostazione teorico-concettuale. Il lavoro è stato realizzato in più realtà - quartieri periferici e zone centrali della città – al fine di restare concentrati sul soggetto e sulle spinte soggettive all’azione, ambiti di riflessione in cui entrano in gioco più variabili interpretative. Tuttavia, la metropoli ha avuto un ruolo fondamentale sia in una lettura sociale, nella separazione tra periferie e zone centrali, sia in una lettura culturale perché, come afferma Wieviorka (2002, 2007), nell’epoca della globalizzazione i fattori sociali e quelli culturali si intersecano sempre di più. Sul piano sociale, vivere in una metropoli, luogo per eccellenza della differenziazione sociale, acuisce per i giovani intervistati la valenza simbolica della relazione centro/periferia; e da un punto di vista prettamente culturale, i ragazzi intervistati sembrano incarnare la figura dell’uomo blasè (Simmel, 1903), di un individuo disincantato e annoiato nei confronti di tutto ciò che offre la metropoli. Ma se per Simmel l’individuo blasè è colui che “ha già visto tutto”, questo non vale per i giovani intervistati che hanno sperimentato (o sperimentano) la sensazione di essere ai margini e quindi vedono di fronte a loro un mondo di risorse a cui non possono accedere. Questa annoiata indifferenza altro non è che una forma di difesa di fronte all’eccesso di stimoli che caratterizza la vita delle grandi città e all’incapacità di dominarli e di possederli. Durante gli spostamenti metropolitani i ragazzi si rendono conto che l’esperienza è molto più ampia di quella che vivono e percepiscono, così, una complessità e una ricchezza a cui non riescono ad accedere. L’impianto metodologico della ricerca è di tipo qualitativo: le interviste in profondità (ciascuna della durata di 1 ora e ½ circa) sono state costruite e condotte tentando il più possibile di coltivare un’apertura ermeneutica. Al fine di cogliere l’unicità della dimensione quotidiana dell’esistenza e la percezione soggettiva della realtà sociale, accanto alle interviste sono stati raccolti anche materiali visuali prodotti dagli intervistati, considerati ed analizzati in base alla loro funzione ermeneutica. La presentazione dei risultati ha seguito l’iter della prospettiva narrativa attraverso racconti di episodi, descrizioni di casi, narrazioni. Leggere le biografie dei migranti con le lenti dell’esperienza sociale ha consentito, in primo luogo, di avvicinarsi maggiormente ai soggetti cogliendone la profonda inquietudine; questi, infatti, vivono - forse per primi - la dissoluzione della modernità societaria. In secondo luogo, questa lettura ha permesso di uscire da letture strutturaliste troppo incentrate sulla dicotomia integrazione/non integrazione che aiutano parzialmente nella comprensione della contemporanea società singolarizzata. Il lavoro di analisi delle interviste ha significato l’accettazione di una compresenza di almeno due logiche: una che li orienta verso l’integrazione prodotta dalle istituzioni centrali e una, invece, di resistenza al mantenimento dell’integrità di tali mondi, espressa con lo svuotamento di significati rispetto ai tradizionali mondi istituzionali. Se da un lato gli attori si trovano “tirati” dalla comunità, e quindi dal desiderio di sentirsi “parte”, dall’altro manifestano il desiderio di distanziarsene per affermare se stessi al di fuori di ruoli predefiniti che stanno perdendo via via di significato. Da questo punto di vista è interessante rivisitare il concetto di integrazione che alla luce delle interviste sembra attestarsi a un livello minimale. Famiglia, scuola, fede e città non costituiscono un ambito rilevante nel continuo processo di significazione; convergono nel polo dell’integrazione, perché sono i quadri istituzionali entro cui si muove l’individuo, quelli che lo obbligano a ridefinirsi in base al ruolo: figlio, studente, fedele, cittadino (o straniero), ma, ascoltando i racconti relativi a questi mondi istituzionali, è saltato subito all’occhio come l’integrazione prodotta dalle istituzioni centrali, sia un’integrazione “minima”, anzi nel caso della scuola è più pertinente parlare di inserimento (Spreafico, 2006; Cotesta,1999); queste istituzioni si presentano come contenitori di integrazione molto spesso privi di contenuto prodotto dagli attori stessi e lasciano vedere chiaramente la tensione tra le logiche. Il lavoro e la cittadinanza sono ambiti in cui si manifesta il bisogno di posizionarsi nella società attraverso criteri come il merito e l’uguaglianza e di vedersi riconosciuti come individui, ma rivelano, allo stesso tempo, una debole tensione verso l’agire strategico e progettuale. Debole poiché i ragazzi intervistati vivono il presente in modo esasperato (Leccardi, 2009) e i progetti di vita appaiono contraddittori, opachi e confusi. Il lavoro è un atout a disposizione per effettuare delle scelte, una rivendicazione sociale ma che non appare connessa alla ricerca di sé, ovvero alla capacità di essere attore delle proprie scelte e delle proprie esperienze. Esso, infatti, non appare legato a nessuna aspirazione e a nessun desiderio se non a quello di vivere in un altrove immaginario. Sicuramente questo risultato è attribuibile alla giovane età dei ragazzi coinvolti, che più che attori sono proto attori e ancora non si sono confrontati effettivamente con una dimensione lavorativa, però è anche vero che l'esperienza sociale dei giovani non caratterizza un attore cosciente ed organizzato ma individua una vera e propria questione sociale. Il modo in cui una generazione affronta le trasformazioni strutturali della società, la scolarizzazione prolungata, il differimento e la difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, fanno sì che la gioventù si costituisca come un vero attore sociale che unisce il problema sociale a quello generazionale (Dubet e Lapeyronnie, 1992; Dubet, 1996). La cittadinanza è percepita come necessaria ma è interpretata come un diritto sociale staccato dal sé, consente inserimento ma quasi mai integrazione. Lingua, amicizia, amore, corpo, media, consumi, progetti sono ambiti nei quali il soggetto ha più margini per esprimere se stesso, la propria unicità e autenticità e convergono, così, nel polo della soggettivazione nel quale la differenza è vissuta attribuendole un senso personale. E’ qui, infatti, che il riferimento all’identità attiene soprattutto all’ordine della scelta: si sceglie di “stare nella differenza” o anche di “non stare nella differenza”, ma “si prende questo tipo di decisione […] per manifestare una capacità d’azione e tracciare la propria esistenza” (Wierviorka, 2002, p.138). Ma anche se siamo partiti dall’ipotesi che il polo della soggettivazione (cioè il desiderio di costruirsi una vita personale) è quello che meglio definisce l’identità culturale dei ragazzi intervistati e che, quindi, lo stare dentro la differenza si traduce in una produzione di significati personali, questa tensione non si manifesta tanto come capacità di agire quanto, soprattutto, come resistenza e/o rifiuto in cui possibilità e disimpegno sono presenti allo stesso modo e nello stesso momento. Questo perché il sociale “ritorna”, anche e soprattutto, in termini di conseguenze negative, di forze distruttive e comporta un disallineamento tra “mondo delle possibilità” e realtà sociale. La parte soggettiva dell’identità si coglie, quindi, sia nell’impegno del soggetto a costruire la propria vita e a percepirsi come l’attore protagonista della propria esistenza, sia nel disimpegno, nel “non desidero”, nel “non progetto”, mostrando un atteggiamento di resa di fronte agli eventi della vita. Così gli attori sembrano impauriti dall’irrompere della realtà fatta soprattutto di vincoli oggi esperiti come insuccesso scolastico, risorse economiche e di tempo limitate, impossibilità di abitare uno spazio reale e relazionale veramente integrato. La percezione dell’universo delle possibilità sembra restringersi di fronte alla realtà. I ragazzi ascoltati sentono il peso di questi vincoli e sentono di non farcela; questo non si traduce in rabbia o in desiderio di rivalsa, ma nell’assenza di passioni, di grinta e di competizione, nella scomparsa della “voglia di vincere e di realizzarsi”. La soggettivazione non emerge come contrapposizione a un dominio, come denuncia delle imposizioni, ma si definisce soprattutto nei termini di una rinuncia. I ragazzi intervistati hanno davanti a sé un mondo precario, che li rende incapaci di accedere ai segni, alla realtà del consumo e del denaro, di affermarsi personalmente ovvero di esperire la costruzione e l’espressione di sé (Wievorka, 2002, 2007); in tal senso l’esortazione a impegnare il sé, a motivarsi, a progettare la propria vita e il proprio destino diventa una vera e propria barriera. Se è vero che il lavoro dei teorici, quali Touraine, Dubet, Wieviorka e Martuccelli ha sostenuto fortemente il mio lavoro poiché ne ha fornito il frame interpretativo e ha reso intellegibile una complessità empirica che altrimenti avrei letto solo in termini di integrazione (non considerando gli altri due poli che compongono l’esperienza sociale), la dimensione empirica, ovvero la vicinanza ai soggetti, oltre ad arricchirmi umanamente, mi ha consentito di focalizzarmi su alcune questioni che appaiono dirimenti. Sicuramente ho avuto l’opportunità - grazie alle riflessioni che le narrazioni hanno suscitato in me - di rielaborare il modello analitico e di individuare un’area non presa in considerazione dal modello, che si distanzia da tutte e tre le logiche ed è abitata da coloro che non manifestano progettualità, né strategia, né radicamento, né una spinta verso la soggettivazione. Gli attori che vivono in questo spazio non attribuiscono un significato profondo e personale alla comunità (e questo si traduce in uno scarso radicamento e in un allontanamento dal polo dell’integrazione), allo stesso tempo non mostrano un disegno progettuale che lasci intravedere una strategia, né pronunciano un “no” o una critica alla situazione che stanno vivendo che consente di spingerli verso il polo della soggettivazione. Così questo gruppo di attori sceglie di non tendere verso nessuno dei tre poli, mostrando un atteggiamento che alterna l’apatia all’attesa di un domani che però non è neanche immaginato. I progetti sono confusi se non assenti, l’immaginario è imbrigliato in un realismo paralizzante: i ragazzi hanno difficoltà anche a fantasticare o ad immaginarsi tra dieci anni. Se nel modello di Dubet gli attori combinano il bisogno di appartenenza, la spinta strategica e il desiderio di affermazione di sé con grande fatica, nella realtà indagata questi tre poli non sono così forti da chiedere al soggetto una combinazione faticosa, per cui alcuni attori non sembrano affaticati dal doverle mettere insieme, ma piuttosto da una anestetizzazione rispetto a queste tre spinte. E’ questo il paradosso della contemporaneità, quello che Dubet (2009) definisce dominio senza struttura: si tratta di una dominazione del sistema che è tanto più forte quanto più il potere è debole. In assenza di istituzioni forti, di interlocutori validi, di punti di riferimento chiari, il soggetto avverte l’obbligo di essere libero e la soggettivazione si rivolta contro se stessa quando il soggetto (soprattutto se in assenza di risorse), a causa dell’indebolimento del discorso istituzionale, deve farsi carico di tutti i suoi atti e di tutti i suoi fallimenti con un eccesso di responsabilizzazione. Questo fardello si traduce, così, nella sospensione e nel disimpegno. La difficoltà sperimentata dagli attori non è da ricondurre solo alla giovane età, ma soprattutto al capitalismo contemporaneo che obbliga ad essere flessibile e a fare delle scelte: obbliga ad essere libero. Un mondo sociale così destrutturato non offre pilastri a cui l’attore sociale può appigliarsi per affermare il proprio stare nel mondo con differenza e questo si traduce in un’apatia o in un desiderio di valicare i confini che, però, non deve essere letto come rivalsa o rivendicazione, quanto, piuttosto, come resa. Gli attori sociali che vivono la dissoluzione della modernità societaria e la disgregazione del sociale difficilmente manifestano preferenze, divengono incapaci di accedere ai segni, alla realtà del consumo e del denaro e di affermarsi personalmente. Nel momento in cui non c’è una struttura da combattere, non c’è fatica nel tenere insieme le tre logiche che compongono l’esperienza sociale, anche la soggettivazione emerge con difficoltà. E’ all’interno di questo quadro che può essere interpretata quella tensione al cosmopolitismo che è un tratto significativo emergente da tutte le interviste ma che più che una scelta consapevole sembra essere una retorica al servizio del capitalismo contemporaneo. Al contrario dei padri e delle madri, i ragazzi non cercano un radicamento ma una mobilità permanente; come i padri hanno sperimentato la solitudine ma, al contrario di questi, non sentono di appartenere a una comunità e la definizione di sé appare debolmente connessa sia al passato che al futuro. Gli intervistati, quindi, manifestano un desiderio di mobilità poco realistico e poco sostenuto da strategie sia brevi che a lungo termine e la critica alla società pur essendo sempre implicita si traduce in uno scarso radicamento e in una tensione al tempo stesso emancipatrice ma anche opportunistica.
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MONTICELLI, ANNALINDA. "Lontani da vicino: l'immagine dei giovani migranti in televisione." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11573/1077391.

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Abstract:
L’obiettivo della ricerca che ho chiamato “Lontani da vicino”- evocando l’“Excursus sullo straniero” di Georg Simmel - è indagare la rappresentazione sociale della componente giovanile dell’immigrazione italiana, le cosiddette “seconde generazioni”, cercando di capire in quale punto dell’asse vicinanza-lontananza si collochi la rappresentazione televisiva di questa figura ambivalente, che più di ogni altra unisce in sé le categorie opposte di prossimità e distanza. Lontani? Estranei? Diverse le origini, la cultura, le idee sulla vita. O vicini? Compagni di scuola, custodi dei nostri anziani, riscopritori di umanità? Cosa significa nascere in Italia da genitori stranieri oggi? Fare di tutto per “inventare” un’appartenenza per non essere respinti o espulsi, ma nello stesso tempo continuare a restare ai margini dei luoghi fisici e simbolici familiari. La ricerca, condotta tra il 2012 e il 2015, ha l’obiettivo di indagare la rappresentazione della componente giovanile dell’immigrazione nella televisione italiana, prendendo in esame in primo luogo l’informazione giornalistica e partendo dai risultati ottenuti dalle precedenti ricerche condotte sul tema (Binotto, Martino 2005, Binotto, Bruno, Lai, 2012 ed altri). All’analisi dell’informazione italiana, effettuata utilizzando la matrice dati relativa al secondo rapporto Mister Media – Minorities Stereotypes on Media del Dipartimento Coris - Sapienza, si affianca un’indagine analoga realizzata nei primi sei mesi del 2012 presso il Dipartimento di Comunicazione dell’Università di Gent, Belgio, durante un soggiorno di studio della durata di cinque mesi tra il febbraio e il luglio del 2013, sull'immigrazione nei telegiornali fiamminghi. In secondo luogo, lo sguardo viene allargato all’immaginario sui giovani migranti messo in scena dalla fiction televisiva, considerando, in accordo con Buonanno (1991), utile e necessario riflettere sulla componente simbolica e immaginaria insita nelle rappresentazioni sociali. Pur assolvendo a funzioni sociali del tutto diverse, l’una quella di restituire un quadro il più oggettivo possibile della realtà – spesso solo nelle intenzioni, soprattutto nel caso italiano (Morcellini, 2011) – l’altra di evasione e intrattenimento, informazione e fiction contribuiscono entrambe a definire una realtà mediata, che richiama aspetti cognitivi ma si nutre anche di elementi irrazionali, quindi di tutto ciò che attiene all’inconscio, all’emotività, al sogno. L’esperienza delle forme dell’immaginario (simbolizzazione, identificazione, proiezione) con il contributo determinante dei media, e in particolare della televisione (Silverstone, 1994), é ormai una componente essenziale della vita quotidiana, eliminando la quale non si potrebbero pienamente comprendere le rappresentazioni sociali contemporanee e i processi di costruzione delle identità. Il primo capitolo della tesi si occupa dell’inquadramento del contesto storico e sociale all’interno del quale si situano i giovani di origine straniera in Italia, considerando aspetti cruciali quali le dinamiche identitarie, i fattori che facilitano l’integrazione delle seconde generazioni, il confronto con le differenze religiose e socio-culturali della società di accoglienza. Il secondo e il terzo capitolo presentano i risultati dell’indagine empirica sull’informazione televisiva, condotta attraverso un’analisi del contenuto delle news che hanno come tema principale l’immigrazione, andando a evidenziare i contenuti relativi ai giovani. Vengono presi in esame i telegiornali delle principali reti nazionali, nel caso belga solo quelli di lingua fiamminga, utilizzando i dati forniti da Steunpunt Media, centro che si occupa per conto del governo fiammingo del monitoraggio sulla copertura televisiva delle notizie, in collaborazione con le università di Anversa, Gent, Leuven e con la Libera Università di Bruxelles. L’obiettivo dell’analisi è evidenziare l’immagine televisiva dei migranti, indagare quali temi siano più fortemente mediatizzati e individuare se ci siano differenze nella rappresentazione dei giovani, in una prospettiva comparativa tra l’informazione italiana e quella belga. Il dibattito sui giovani di seconda generazione, più vivace in Italia in quella fase, porta ad emergere tra gli altri il tema dello ius soli, che è stato quindi scelto per un approfondimento e analizzato dal punto di vista del framing. Il quarto capitolo comprende la seconda parte della ricerca, relativa all’analisi della fiction, che, partendo dalla rappresentazione della diversità nello sceneggiato televisivo, va a focalizzarsi sulle differenze etniche, presentando infine due casi di studio: "Butta la luna" (2006), la prima serie italiana che vede come protagonista un’immigrata, una giovane donna nigeriana, e "Kebab for breakfast" (2008), serie tedesca popolare anche in Italia, scelta come termine di confronto. Nelle conclusioni si cerca di ricostruire un’immagine globale del giovane immigrato televisivo, tentativo reso complesso dallo scarto sostanziale tra il linguaggio della cronaca e quello della narrazione, che rimandano solo frammenti di un fenomeno che la società italiana dà l’idea di conoscere (ed elaborare) ancora molto poco. In Appendice sono inseriti i rapporti di ricerca sull’indagine relativa all’informazione sull’immigrazione giovanile svolta in Belgio, presentati e discussi nei mesi di giugno e luglio 2013 presso il Dipartimento di Comunicazione dell’Università di Gent, Belgio.
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Martino, Giuseppe. "Aspirazioni e aspettative degli adulti giovani italo-tedeschi e dei nuovi migranti italiani in Germania." Thesis, 2017. http://hdl.handle.net/10955/1215.

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SANTERO, ARIANNA. "“Portami con te lontano”. Istruzione e inserimento sociale dei giovani migranti al termine della scuola secondaria di II grado." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/2318/156555.

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Abstract:
La ricerca riguarda i percorsi in istruzione e le aspettative di inserimento occupazionale dei giovani migranti al termine delle scuole secondarie in Italia intesi come parte del progetto di mobilità geografica e sociale familiare. Lo scopo principale è stato indagare come le traiettorie migratorie, occupazionali e familiari, in un dato contesto istituzionale, abbiano plasmato l’individuazione della scuola superiore frequentata e le prospettive post-diploma degli studenti e delle studentesse.
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Books on the topic "Giovani migranti"

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Contesti urbani, processi migratori e giovani migranti. Rimini: Guaraldi, 2009.

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2

Luca, Queirolo Palmas, ed. Dentro le gang: Giovani, migranti e nuovi spazi pubblici. Verona: Ombre corte, 2009.

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3

Giovanna, Campani, Lapov Zoran, and Carchedi Francesco, eds. Le esperienze ignorate: Giovani migranti tra accoglienza, indifferenza, ostilità. Milano: F. Angeli, 2002.

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4

Migranti involontari: Giovani "stranieri" tra percorsi urbani e aule scolastiche. Perugia: Morlacchi, 2011.

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5

Legami di nuova generazione: Relazioni familiari e pratiche di consumo tra i giovani discendenti di migranti. Bologna: Il mulino, 2010.

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6

Il migrante dorato: Giovanni Paisiello : 1740-1816. Bologna: Edizioni Bongiovanni, 2016.

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Tassello, Graziano. Migranti, profeti di comunione: Saggi, conferenze e riflessioni di Giovanni Graziano Tassello. Todi (PG): Tau editrice, 2015.

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Boffo, Vanna, ed. A Glance at Work. Florence: Firenze University Press, 2012. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-187-4.

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Abstract:
The topics of work flexibility, precarious jobs, and the relationship between work, the market and production are subjects that are widely debated in the sociological, philosophical, economic and political spheres. Yet these topics are less touched on in the tradition of pedagogical research. The intention of this book is to build a seedbed for reflection on the central position assumed by work in the lives of every woman and man, inhabitants of a planet in which the transformation of work activities is imposing radical changes on lifestyles, community-building and societies. Work is not an abstract concept, but is incorporated into every human person who does it and into the relationships linking them to others. Man, his education and human formation provide the pivot around which to perform a pedagogical survey within the universe of "work", and inside the relationship between the human condition and working/professional life. What sense does work acquire today when going to observe children, young people, adults or migrants? Namely, what sense does it assume when its pivotal viewpoint is shifted off-centre in time and space? The essays intend to spark agile but critical, synchronic and diachronic reflection which, stemming from contextual questions on the meaning of work and on change in the workplace, will proceed to investigate the subjects in their specific lives and existential conditions. Essays by: Vanna Boffo, Pietro Causarano, Giovanna Del Gobbo, Emiliano Macinai, Maria Rita Mancaniello, Stefano Oliviero and Clara Silva.
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Luca, Queirolo Palmas, ed. Dentro le gang: Giovani, migranti e nuovi spazi pubblici. Verona: Ombre corte, 2009.

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Steger, Florian, ed. Diversität im Gesundheitswesen. Verlag Karl Alber, 2020. http://dx.doi.org/10.5771/9783495820933.

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Abstract:
Obwohl Diversität seit einigen Jahren als wichtiges Thema im Gesundheitswesen erkannt ist, gibt es immer noch Kontroversen über dieses Konzept und dessen Umsetzung. So gilt es, u. a. folgende Fragen im Hinblick auf ihre ethischen Implikationen zu diskutieren: 1. Wie kann ein gleichberechtigter Zugang zum Gesundheitswesen für alle garantiert werden, unabhängig von Herkunft, Kultur, Sprache, Religion, Geschlecht oder sexueller Orientierung? 2. Welche Veränderungen sind erforderlich, um Migranten und Frauen eine Teilhabe auf allen Ebenen der Gesundheitsberufe zu ermöglichen? 3. Wie wirken sich gesellschaftliche Einstellungen zu homosexuellen, trans- und intergeschlechtlichen Menschen sowie Menschen mit Behinderung auf die Gesundheitsversorgung dieser Gruppen aus? Mit Beiträgen von Michael Coors, Katharina Fürholzer, Susan Hall, Frank Kressing, Christian Lenk, Karl-Heinz Menzen, Eva Meschede, Josef N. Neumann, Marcin Orzechowski, Richard Peter, Martin Plöderl, Livia Prüll, Giovanni Rubeis, Sara Lena Schröder, Florian Steger, Doris Titze, Manuel Willer und Roman Winkler.
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Book chapters on the topic "Giovani migranti"

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Cerutti, Monica. "La responsabilità politica della narrazione con protagonisti giovani, donne, migranti." In Desideri decisi di democrazia in Europa, 76–77. Rosenberg & Sellier, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.res.4356.

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2

"Memories of Elvira and Giovanni Soloperto: In the Shadows of Memory and Dantes Divine Comedy." In Memories of Belonging: Descendants of Italian Migrants to the United States, 1884-Present, 251–65. BRILL, 2015. http://dx.doi.org/10.1163/9789004284579_008.

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