Academic literature on the topic 'GEOSTORIA E GEOECONOMIA DELLE REGIONI DI CONFINE'

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Dissertations / Theses on the topic "GEOSTORIA E GEOECONOMIA DELLE REGIONI DI CONFINE"

1

UMEK, DRAGAN. "ALLE RADICI DELLA QUESTIONE ETNICA: L'EVOLUZIONE DEL POPOLAMENTO IN BOSNIA-ERZEGOVINA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2000. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12767.

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2

MASTRONUNZIO, MARCO. "REMOTE SENSING E TECNICHE DI CLASSIFICAZIONE PER L'ANALISI DEL LAND COVER: L'AREA TRANSFRONTALIERA DI GORIZIA-NOVA GORICA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13320.

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Abstract:
2004/2005
Attraverso l'utilizzo integrato delle tecnologie di telerilevamento implementate in ambiente G1s, è stato possibile operare un'analisi dettagliata retrospettiva ed al tempo stesso evolutiva dei cambiamenti intervenuti nella copertura del suolo nella regione transfrontaliera di Gorizia- Nova Gorica; siffatta analisi è avvenuta in un'ottica diacronica (1992-2003). Il telerilevamento rimanda direttamente a quell'insieme di tecniche e metodologie per l'acquisizione di informazioni sulla superficie terrestre realizzate da una posizione - ed una postazione - remota: il contatto diretto con il territorio oggetto di analisi è assente. Un GIs ( Geographical Information System) è invece sinteticamente descritto come un sistema contenente dati georeferenziabili che possono essere analizzati e trasformati in informazioni per una determinata applicazione. Tra le analisi spaziali caratteristiche di un GIs - attraverso le quali è possibile produrre l'informazione geografica - un ruolo fondamentale è rappresentato dalla classificazione, procedimento attraverso il quale determinate entità geografiche vengono raggruppate in un insieme di classi omogenee al loro interno e, contestualmente, eterogenee verso l'esterno. Scopo fondamentale di ogni classificazione è la produzione di cartografia tematica delle superfici investigate. Per realizzare tale cartografia tematica è necessario ordinare il territorio in classi discrete corrispondenti a tipizzazioni omogenee del dato reale al suolo, ossia della copertura del suolo (land cover). Il periodo temporale considerato si inserisce utilmente in un intervallo intercensuario, quello tra il IV (1990) e il V (2000) Censimento Generale dell'Agricoltura della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. Il rapporto tra analisi della copertura del suolo tramite telerilevamento e i dati censuari è dunque biunivoco: il Censimento può essere utilizzato per una validazione finale delle analisi derivate dal telerilevamento effettuate nel presente studio, laddove queste possono essere utilizzate per un' aggiornamento del Censimento. Ad integrazione di tali analisi sono stati applicati ed utilizzati indicatori statistici abitualmente utilizzati nel campo dell'ecologia ed impiegati nell'analisi del paesaggio. Le diverse tipologie di copertura del suolo si inseriscono nelle peculiarità e nelle differenziazioni riscontrabili sul terreno, oggetto di studi della geografia regionale. Il territorio dell'area di studio è stato dunque - attraverso la redazione di cartografia tematica di copertura del suolo - oggetto di classificazione tassonomica. Per quanto concerne l'analisi geografica, la classificazione ha potuto connettersi all'impiego di procedure quantitative che, se compiute all'interno di principi classificatori, costituiscono la tassonometria. Un'espressione qualificata della geografia regionale diventa dunque quella di classificare le aree ovverosia identificare classi spaziali (V ALLEGA, 1976). Questo avviene seguendo due itinerari: quello disaggregativo e aggregativo. In altri termini la scomposizione del territorio in spazi o, rispettivamente, il raggruppamento di unità spaziali elementari in spazi più ampi. Il parallelismo della classificazione delle immagini satellitari con la tassonometria tipica della geografia quantitativa è dunque d'obbligo. Classificare il territorio tramite l'utilizzo del telerilevamento e metodologie GIs significa utilizzare procedure tassonometriche disaggregative ed aggregative al tempo stesso, inserendosi nel campo di studi della geografia regionale. L'area di studio è stata oggetto di analisi quantitative considerandola come una reg10ne unitaria, in cui la linea confinaria, demarcata sul terreno da cippi, e la correlata fascia frontaliera, estesa ad entrambi gli Stati contermini, costituivano il centro della regione stessa. Le tipologie di copertura del suolo sono state individuate, quantificate ed analizzate puntualmente nelle loro dinamiche evolutive a prescindere dalla loro appartenenza stato-nazionale, considerate dunque facenti parte di una regione - appunto - unitaria. Il confine interno a quest'area si caratterizza per essere di tipo successivo - imposto dal riassetto sistemico post-bellico che a portato alla nascita del sistema bipolare - ed altamente permeabile. Ciascuno dei due confini politici stato-nazionali che si giustappongono rappresentano un abbozzo di un'unità regionale, definibile come regione frontaliera (BATTISTI, 2002). Questa presenta sempre delle caratteristiche diverse da quelle rintracciabili nel resto del territorio nazionale. Frequentemente - come è il caso dell'area allo studio - le due regioni contrapposte denunciano una comunanza di caratteri di poco inferiore a quella che le lega al resto dell'unità politica di cui fanno parte: nasce da qui il concetto di regione transfrontaliera (BATTISTI, 2002). Lo studio del territorio - considerato come area abitata organizzata consapevolmente dalle comunità ivi stanziate e imprescindibile dalla designazione e demarcazione di un confine che lo delimiti e identifichi - e della regione, costituiscono l'oggetto principale della ricerca geografica che fa perno sulle peculiarità e le differenziazioni riscontrabili sul terreno (BATTISTI, 2002, V ALLEGA, 1976 e 1982). Confine, regione e territorio dunque gli aspetti peculiari del presente studio: confine che delimita un territorio su cui si estende la sovranità dei moderni stati-nazione, italiano e sloveno nella fattispecie; sempre quel confine, tuttavia, che viene a trovarsi interno alla regione transfrontaliera oggetto di analisi. Da un'analisi delle cartografie tematiche presentate nello studio effettuato, seguono le conclusioni in merito alle interrelazioni tra confine e coperture del suolo principali. L'analisi del land cover di una regione transfrontaliera non può dunque prescindere dall'analisi delle dinamiche che il fenomeno confinario fa valere sulla regione stessa, essendo tale confine il centro dell'area transfrontaliera e contestualmente la periferia dei due stati contermini. In un analisi multitemporale - come il presente studio - una lettura degli influssi del confine sulle tipologie di copertura del suolo si rileva poi essenziale per un'analisi del controllo delle differenze ( change detection) intervenute nel corso del tempo.
XVIII Ciclo
1976
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
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3

SELLAR, CHRISTIAN. "IL DISTRETTO INDUSTRIALE COME MODELLO DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE. UN'INDAGINE TEORICO-EMPIRICA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13318.

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Abstract:
2003/2004
I distretti industriali, sia nel dibattito scientifico che nel mondo della prassi, talvolta diventano una formula applicata acriticamente, senza molta riflessione sui diversi contesti di mercato ed i percorsi storici che definiscono le peculiarità, il successo o l'insuccesso del distretto. Lo scopo di questa tesi è di "smontare" questa formula, dimostrare come i distretti non sono tanto una realtà tangibile, quanto un'interpretazione, altamente dibattuta ed in evoluzione, della realtà. Il primo obiettivo è quindi restituire la dimensione critica ai lavori sui distretti industriali, e lo si fa ripercorrendo la storia del pensiero sui distretti. In sostanza, questa tesi consiste per la maggior parte in un'analisi della letteratura sui distretti industriali, focalizzata sui dibattiti inter ed intradisciplinari che hanno portato all'evoluzione del pensiero sui distretti, per dimostrare che si tratta di una linea di pensiero dinamica ed aspramente dibattuta. Il secondo obiettivo è un'esortazione alla comunità dei geografi italiani. Si è appositamente strutturata questa storia del pensiero distrettuale attorno agli stimoli reciproci che studiosi italiani ed anglosassoni si sono dati nello sviluppare le rispettive idee, per dimostrare quanto possano essere fertili gli scambi internazionali. Questo perché si vuole invitare la comunità geografica a puntare sempre di più su questo tipo di scambi, da farsi nel modo più ovvio per il mondo accademico: pubblicare su riviste internazionali, e nel contempo invitare sistematicamente gli studiosi stranieri che si occupano dell'Italia (come John Agnew tra i geografi, o Robert Putnam tra i docenti di Scienze politiche) a pubblicare sul Bollettino della Società Geografica Italiana o sulla Rivista Geografica/italiana. Oltre alla fertilità intellettuale, questo ha il non trascurabile vantaggio che le collaborazioni internazionali per la ricerca hanno maggiore facilità ad ottenere fondi dalle organizzazioni internazionali, come l'Unione Europea. Il terzo obiettivo è dare un contributo allo studio dei distretti industriali nell'Est Europa, specialmente per quanto riguarda l'internazionalizzazione delle imprese italiane. Il legame tra questo terzo obiettivo ed i primi due è di carattere metodologico: sia le linee evolutive della letteratura, che la diffusione ad Est del modello dei distretti vengono analizzati dal punto di vista delle reti di relazioni tra attori a livello internazionale. In questo, sebbene non appaia esplicitamente, la tematica del confine è sempre presente sullo sfondo. Comunità appartenenti ad una stessa entità statale - siano esse composte da studiosi, imprese, o funzionari - hanno la possibilità di condividere una lingua, sistemi normativi, strutture di prezzi e tradizioni comuni, che invece si differenziano a partire dal confine. Gli attori analizzati in questo lavoro hanno in comune l'aver saputo sfruttare a loro vantaggio queste differenze. Gli studiosi che si sono scambiati idee, gli imprenditori che hanno attinto a nuovi mercati e ad un costo del lavoro più basso, i consulenti ed i funzionari che hanno guidato l'utilizzo dei fondi dell'Unione Europea, hanno saputo mobilizzare risorse - siano esse intellettuali o economiche - valorizzando le differenze intersistemiche. La cooperazione internazionale così individuata contribuisce alla defunzionalizzazione del confine, se non addirittura al suo superamento. Si tratta di un processo in pieno sviluppo praticamente in tutto il mondo, che propone alla comunità scientifica una nuova direttrice di ricerca. Come si è detto, la maggior parte della tesi è dedicata alla storia del pensiero sui distretti. Il Capitolo 1 ripercorre brevemente la storia della geografia anglo-americana, con due obiettivi: primo, dare delle indicazioni sul metodo che sarà seguito nel lavoro, ovvero, il dare molta importanza alle contingenze in cui le idee si sviluppano, e vedere il pensiero scientifico come parte di un più ampio insieme di istanze sociali, storiche ed ideologiche; secondo, collocare gli studi sui distretti nell'ambito della disciplina. Il Capitolo 2 traccia le origini dell'idea di distretto, con una breve analisi della rilettura di Marshall da parte di Becattini e dei primi lavori di quest'ultimo. Il Capitolo 3 traccia le linee di sviluppo della scuola distrettuale italiana. La parte centrale del capitolo è costituita dall'esposizione di una serie di lavori pubblicati in lingua inglese in Gran Bretagna o negli Stati Uniti da autori italiani, mostrando come la cooperazione con autori anglosassoni abbia aperto agli studiosi italiani maggiori possibilità di pubblicare all'estero. Inoltre, il capitolo traccia le linee principali dei contributi dei geografi al pensiero sui distretti (basandosi principalmente sugli articoli pubblicati su questo tema dal Bollettino della Società Geografica italiana e dalla Rivista Geografica Italiana), mostrando come ci sono stati contributi originali che avrebbero meritato maggiore visibilità internazionale. Il capitolo 4 parla invece dello sviluppo delle scuole di pensiero in ambito anglo americano che hanno attinto in maniera maggiore o minore al "caso italiano," e si illustra come questo è stato usato. Il Capitolo 5 parla della crisi di queste scuole di pensiero, e se ne analizzano le principali critiche emerse tra la fine degli anni Novanta ed i primi Duemila. Un articolo in particolare (Lovering: 1999) attacca questi studi sulla base di quello che Marx chiamerebbe "economia volgare," ovvero la circostanza che gli studi sulle economie regionali vengono spesso condotti in maniera analiticamente povera, col risultato di un asservimento agli interessi dell'élite, che avviene tramite lo sviluppo di una "classe di servizio" costituita da consulenti che attingono a risorse statali e di organismi internazionali, e producono progetti per richieste di fondi e proposte di politica economica. La parte empirica di questa tesi (Capitolo 6) in parte risponde a questa obiezione, mostrando come questa classe di servizio sta creando una rete di connessioni internazionali importanti per la crescita e l'armonizzazione delle istituzioni dei paesi membri dell'Unione Europea. Infine, il capitolo, che si basa su una serie di interviste condotte in Slovacchia e Bulgaria, contribuisce alla ricerca sull'internazionalizzazione dei distretti industriali italiani, inserendosi in un recente dibattito tra Enzo Rullani (2002) e Charles Sabel (2004). I risultati delle interviste, sebbene limitati e parziali, permettono di affermare che nell'analizzare i processi di internazionalizzazione è necessario distinguere con maggior chiarezza il ruolo delle istituzioni statali e della "classe di servizio" dei consulenti e quello delle imprese, e si invita a condurre ricerche più approfondite- all'estero in modo da capire meglio quali tipologie di interfaccia vengono creati tra le imprese e le istituzioni italiane e le realtà locali. Per quanto riguarda la questione di partenza, ovvero la ricerca dell'anello mancante per capire le interazioni interscalari tra economia, stati nazionali e unione Europea, non lo si è ancora trovato, né poteva esserlo nei ristretti limiti di questa tesi. Sarà l'oggetto di ricerca dei miei lavori futuri, e la presente tesi contribuisce a questo più ampio programma individuando nei processi di networking a livello di studiosi, imprese ed istituzioni un punto di partenza su cui lavorare.
XVII Ciclo
1975
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4

KLEVISSER, FLORINDA. "STRUTTURA URBANA E CONTESTO GEOPOLITICO: UNA COMPARAZIONE FRA LE CITTA' DI TRIESTE E FIUME NEL TEMPO." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13319.

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Abstract:
2004/2005
Nel presente studio viene analizzata la trasformazione subita dalle strutture urbane come conseguenza del contesto geopolitico, esaminata attraverso la comparazione fra le città di Fiume e Trieste. Le due città condividono molte delle loro caratteristiche che le rendono peculiari, quali la posizione geostrategica sulla costa settentrionale dell'Alto Adriatico e gli aspetti geomorfologici del territorio, trovandosi inserite nella regione carsica. Hanno, inoltre, condiviso buona parte della loro storia, dalla loro fondazione in epoca romana al secondo conflitto mondiale, trovandosi successivamente divise politicamente nell'ultimo cinquantennio dalla cortina di ferro che si è andata definitivamente eclissando lasciando lo spazio per i nuovi processi in atto. La ricerca parte dall'analisi del significato del confine e del suo cambiamento di percezione e funzione nel tempo. Il confine ha, infatti, un ruolo fondamentale nella comprensione e nella ricerca della determinante geopolitica nella modellazione del paesaggio urbano in quanto filtro alle influenze esterne. Le due città analizzate sono state spesso separate da un confine, sia esso politico che amministrativo, ma fino all'imposizione di un rigido controllo confinario e un isolamento di Fiume dal contesto dell'Europa occidentale, lo sviluppo urbano e socioeconomico si è mantenuto parallelo, conservando le proprie caratteristiche peculiari. Le dinamiche attuali, legate all'ampliamento ad Est dell'Unione Europea, determinano una situazione nuova per entrambe le città che si trovano ad adattare gradualmente le proprie strutture alle esigenze dell'economia locale e alle nuove funzioni date dalla prospettiva di una ritrovata centralità. Il secondo capitolo è di carattere prettamente tecnico e si concentra sugli aspetto metodologici delle applicazioni nei casi di studio. Vengono qui utilizzate le tecnologie GIS (sistemi informativi geografici) sulla base di dati eterogenei. Oltre alla cartografia storica, in formati diversi, vengono incluse le informazioni raccolte sul campo. I dati ottenuti dalle elaborazioni vengono rappresentati in carte tematiche e analizzati con metodi statistici allo scopo di fornire un'informazione più completa, integrata e comparabile. Nel corso della ricerca l'attenzione si concentra principalmente nell'individuazione dei processi di divergenza/convergenza avvenuti negli ultimi cinquant'anni e specialmente nell'attuale in una fase di estrema dinamicità. Il processo in atto parte dalla diversità che si è venuta a creare fra le città dell'Europa occidentale e di quella orientale sia per quel che riguarda lo sviluppo urbano che per la situazione socio-economica più generale. La sempre maggiore convergenza, che viene ad inserirsi nel più generale processo di globalizzazione, può essere notata in elementi quasi impercettibili o molto evidenti della città, alla portata di qualsiasi osservatore attento. Lo studio si focalizza su alcuni aspetti della vita urbana in particolare, considerando la città sia nella sua natura organica in quanto capace di svilupparsi e cambiare che in quella di contenitore di attività e funzioni. Si è cercato in questo modo di cogliere alcune delle sue sfumature utilizzando vari livelli di analisi e considerando elementi che vanno dal singolo edificio o caratteristica architettonica alla collocazione della città in un contesto più ampio quale quello internazionale. Si è voluta sottolineare la funzione del paesaggio urbano quale "libro aperto" dal quale attingere le informazioni necessarie all'analisi. I casi di studio che seguono, nei quali le due realtà urbane vengono messe a confronto diretto, sono quattro. Il primo tratta l'evoluzione urbana diacronica dei due centri. Vengono identificate in modo omogeneo le fasi evolutive principali. In conformità a queste, vengono analizzate le trasformazioni del centro storico, limitato alla prima area di insediamento entro il perimetro dal percorso, oramai quasi impercettibile, delle mura civiche abbattute nel corso del '700. Segue un'analisi dei sistemi commerciali delle due città evidenziando gli elementi di influenza reciproca fra i due centri per una maggiore comprensione delle dinamiche in atto nel passato e del processo in corso. Fiume e Trieste si legano qui in modo inscindibile, - manifestando in modo diverso questo vincolo: nella seconda metà del XX secolo esso si caratterizza per la formazione di un settore per la vendita al dettaglio a Trieste mirato ai bisogni degli acquirenti transfrontalieri, mentre oggidì è leggibile dalla trasformazione che sta avvenendo nella veloce transizione di Fiume dal sistema socialista a quello occidentale. Nel caso di studio che segue vengono evidenziati alcuni aspetti del paesaggio urbano che rispecchiano il carattere ideologico del periodo storico dal quale derivano. L'ideologia, quale serie coerente di idee politiche, ha infatti una funzione importante nella selezione e interpretazione delle strutture urbane da mantenere o cancellare. L'analisi si focalizza sulla formazione dell'identità civica e analizza soprattutto le aree del centro storico e della prima espansione urbana, in quanto esse concentrano la maggior parte dei simbolismi e delle stratificazioni architettoniche risultate dalle varie epoche. Per finire viene descritta la struttura urbana complessiva di Fiume e Trieste, nei limiti comunali, tenendo conto del contesto geopolitico e della sua funzione nel plasmare il paesaggio urbano. Vengono a questo fine utilizzati del modelli concettuali dell'informazione geografica noti, proponendo due nuove ipotesi. Lo scopo di queste analisi specifiche è di fornire alcuni elementi per la lettura delle trasformazioni in atto nella speranza che offrano alcuni spunti per riflessioni future.
XVIII Ciclo
1975
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea. Nell'originale cartaceo manca la pag. 111
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5

BEGA, FEDERICO MARIA. "LA GEOPOLITICA DELLE POPOLAZIONI MUSULMANE BALCANICHE TRA MINACCIA DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO E PROSPETTIVA DI INTEGRAZIONE EUROPEA. IL CASO DELLA REGIONE DI FRONTIERA DEL SANDZAK." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2007. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12227.

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6

BONESSI, MICAELA. "APPLICAZIONI DI PIANIFICAZIONE AMBIENTALE PER LA GESTIONE SOSTENIBILE DEL PAESAGGIO AGRARIO IN UN' AREA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA." Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/10077/2522.

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Abstract:
2005/2006
Le politiche agrarie adottate a partire dalle bonifiche degli anni ’20 del secolo scorso e dalle grandi opere di irrigazione, passando dal fenomeno della “demontanizzazione”, fino alla grande estensione della monocoltura, hanno modificato il paesaggio del Friuli Venezia Giulia. Oggi l’agricoltura progredita è sorgente di numerosi impatti sull’ambiente e conduce ad una sua banalizzazione, semplificazione e all’impoverimento delle strutture ecologiche (Genghini, 2004). Essa, infatti, ha eliminato il tessuto connettivo-naturalistico di siepi, prati e boschetti che un tempo delimitavano i confini dei campi. I paesaggi agricoli tradizionali, erano, infatti, sicuramente meno produttivi dal punto di vista economico rispetto a quelli agrari industrializzati, ma possedevano le caratteristiche strutturali per evitare l’isolamento delle aree ad alta naturalità diffusa (Regione Emilia-Romagna, 2001). A tutto ciò, si unisce la progressiva perdita di suolo a favore di espansioni urbane di tipo residenziale e produttivo, che si sono sviluppate nel tempo in maniera irrazionale e repentina. È chiaro che il conflitto disciplinare non rende affatto le cose semplici: la ricerca di interessi economici immediati continua a sostenere uno sfruttamento intensivo della natura e del territorio. In pianura il diffondersi della monocoltura è sicuramente più proficuo, ma alla lunga porterà alla scomparsa di tutti i biotopi ed alla riduzione della biodiversità. Si avverte, pertanto, crescente la necessità di affrontare in maniera concreta e costruttiva uno dei più importanti problemi dell’epoca attuale, cioè il ripristino delle condizioni di vita dell’uomo e del suo rapporto con l’ambiente (Viola, 1988). La qualità del paesaggio agricolo-ambientale è da ritenersi la parte che meglio esprime lo “stato di salute” di un territorio e può divenire indicatore ambientale dei suoi cambiamenti. Spesso il paesaggio agrario è foriero di naturalità di per se stesso; in realtà si tratta di una parvenza di naturalità, andata persa con la semplificazione strutturale delle coltivazioni, sempre più monoculturali e sovrasfruttate. La preoccupazione concerne soprattutto i rischi di progressiva riduzione, frammentazione ed insularizzazione degli habitat naturali, assediati da un ambiente circostante reso sempre più ostile. Per fronteggiare tali rischi, si è sottolineata la necessità di politiche coordinate a livello europeo, volte alla costituzione di una vera e propria infrastruttura di stabilizzazione a grande scala (Gambino, 1997). I sistemi di tutela e vincolo messi in atto in questo ultimo decennio nel settore agro-ambientale, non sono serviti a bloccare lo sfruttamento delle aree libere, che continuano ad essere oggetto di interessi speculativi. Sebbene in questi ultimi anni si stia assistendo ad una ricostruzione ambientale con il concorso di contributi ed incentivi economici a livello europeo (Reg. CEE 2080/92, Piani di Sviluppo Rurale, fondi di vario tipo, ecc.), il timore è che questo fenomeno si riveli pressoché fittizio e sostituibile tramite altri incentivi economici più vantaggiosi, non appena se ne presenti l’occasione. Le forme di tutela ambientale attuate nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, come nel resto d’Italia, sono sempre meno gestibili se rapportate all’uso sregolato del territorio. Certamente anche la pianificazione territoriale di ogni livello non ha saputo prevedere scenari insostenibili annunciati. Anzi, spesso l’applicazione rigida di norme e la loro scarsa elasticità, ha indotto ed ancora induce chi usa il territorio a livello locale, a modificare o convertire le proprie attività frustrando potenziali sviluppi eco-sostenibili. Tuttavia esiste un metodo per ovviare tutto ciò. Gli agroecosistemi possono essere organizzati in modo da condurre ad una “infrastrutturazione” ecologica del territorio e ad una riduzione degli apporti inquinanti alla rete idrografica (Genghini, 2004). Tra le politiche di sistema per il miglioramento della qualità territoriale ed ambientale, infatti, è fondamentale la realizzazione di una Rete Ecologica Europea, così come prevista dall’Unione Europea secondo il progetto Natura 2000. L’organizzazione del territorio si espleta, quindi, non solo sulla base dei processi ecologici operanti a scala locale, ma in accordo con gli obiettivi di conservazione e di sviluppo a livello di grandi sistemi ambientali (Romano, 2000). Le politiche individuali, o “per isole di eccellenza”, adeguarsi a risolvere alla scala più opportuna e con le necessarie complementarietà e sinergie, i problemi più comuni (Cavallera, 2002). La soluzione più corretta è quella di fronteggiare i problemi attuali con politiche di sistema allargate all’intero territorio. Le aree protette sono i luoghi privilegiati, i nuclei di un sistema che, per assicurare risultati certi, devono prendere in considerazione il territorio circostante, le zone limitrofe e i corridoi di collegamento tra i centri: l’intero sistema può essere comunemente definito rete ecologica, e attraverso le interazioni tra le varie parti, assicurerà l’equilibrio complessivo e il funzionamento anche degli ecosistemi più complessi (Tutino, 2002). Si tratta di realizzare una simbiosi tra la rete insediativa ed infrastrutturale del territorio ed una Rete Ecologica efficiente, da ricostruire sulla base di finalità polivalenti. Da un’analisi di tutte le componenti territoriali in gioco e attraverso l’esame di aree di interesse ambientale e dei vincoli che esse impongono, delle peculiarità delle stesse e delle normative di attuazione vigenti, si può tentare una progettazione ambientale utilizzando sistemi di connessione ecologica, tesi a ricostruire un paesaggio agrario che va pian piano scomparendo. La finalità del lavoro che viene proposto sta nel dimostrare come attraverso un oculato uso del territorio, sia possibile proporre una progettazione territoriale naturalistica innovativa, che metta insieme le esigenze di tutti i settori interessati, incidendo positivamente nella redazione e approvazione degli strumenti urbanistici locali. Quindi una pianificazione urbanistica sostenibile nei fatti che, senza imporre regole, contribuisca a modificare il modo di pensare il territorio. Il punto di partenza per un’attenta analisi parte proprio da questa considerazione: come fare per mantenere un elevato indice di diversità biologica, senza sottrarre il territorio all’uso della comunità ivi “localizzata”, indicando così l’uso più corretto dei contenuti e dei caratteri che svolgono un ruolo importante per lo sviluppo socio-economico della popolazione. In sostituzione alla vecchia concezione di tutela, basata su una rigida conservazione a scopi prevalentemente scientifici, il problema della protezione delle aree di interesse ambientale assume una più organica visione come mezzo di elevazione socio-economica e culturale della popolazione interessata. Per attuare questa nuova concezione, vi è bisogno di una tutela che si estrinsechi, più che con una strumentazione a carattere vincolistico, con una sistematica azione di tipo propositivo (AA. VV., 1986). Le azioni di salvaguardia dovranno essere rivolte non solo alla tutela delle componenti naturali in senso stretto, ma anche a quelle antropiche. In questo senso la corretta tutela di un territorio deve significare non l’esclusione di quelle attività umane che hanno contribuito a creare o caratterizzare l’attuale situazione di equilibrio ecologico, ma anzi all’opposto la loro protezione, quando queste fossero riconosciute utili al mantenimento di determinate caratteristiche ambientali (AA. VV., 1986). S’intende evidenziare, quindi, accuratamente della situazione esistente e si cercherà un’alternativa che sia il meno possibile interferente con le attività produttive: la popolazione non deve sentire gli interventi come un impedimento, ma entrare in collaborazione con gli enti e le figure preposte alla gestione ambientale. Le analisi che si andranno a descrivere non sarebbero state possibili senza la preziosa collaborazione del Servizio Tutela Ambienti Naturali, Fauna e Corpo Forestale Regionale - Direzione Centrale Risorse Agricole, Naturali, Forestali e Montagna della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il suddetto servizio, nelle persone dell’arch. Massimo Rollo e del geom. Daniele Bini, ha fornito non solo le basi dati utilizzate per tutte le elaborazioni effettuate e per le cartografie prodotte, ma anche l’ausilio e le competenze richieste da tematiche molto specifiche ed i riferimenti puntuali per i sopralluoghi programmati nell’area d’indagine. La sollecitazione per effettuare alcune analisi si è concretizzata grazie a questa diretta collaborazione ed il lavoro è stato seguito con continuità e con interesse partecipativo. L’intenzione iniziale era quella di far partire la ricerca dalla pianificazione faunistico-venatoria, con il presupposto di ampliarla e collegarla a tematiche europee di protezione più lungimiranti e che potessero essere uno strumento per la corretta organizzazione territoriale e lo sviluppo sostenibile. Il lavoro si basa su un territorio campione che, dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, è condizionato pesantemente dalle attività agricole, che interessano la gran parte del terreno disponibile. I comuni selezionati si collocano in un’area geografica a cavallo della linea delle risorgive in un’area condizionata dalla presenza della laguna, del carso goriziano. L’area oggetto di studio è stata selezionata, inoltre, in base all’immediata vicinanza con il confine della Slovenia, che condiziona l’intero territorio preso in esame, nonché per la presenza del confine provinciale tra Udine e Gorizia, che attraversa l’intero distretto. In situazioni analoghe, come nel caso esemplare della Provincia Autonoma di Bolzano, le organizzazioni territoriali vanno ben al di là della fascia confinaria, comprendendo macroaree di influenza. In una tale situazione è ancora più difficile prevedere scenari di sostenibilità globale. Il territorio, inoltre, è sottoposto ad una continua evoluzione ed è quindi importante che l’azione di tutela non porti a “congelare” la situazione attuale, ma ad evidenziare e guidare le modificazioni che contribuiscono al raggiungimento di successive condizioni di equilibrio fra le varie componenti delle aree protette. La tendenza è quella di non restringere il campo della tutela ai soli beni ambientali, ma di identificare l’azione di difesa nell’opera più generale di pianificazione del territorio campione (AA. VV., 1986). L’intenzione di focalizzare il lavoro su tre livelli di scala differenti intende dunque perseguire questo obiettivo: penetrare nel territorio campione circoscrivendolo solo successivamente con un’analisi dettagliata dell’intorno. In questo modo la protezione dell’ambiente non conosce barriere, come del resto non dovrà averne in sede di pianificazione della Rete Ecologica, che sarà volutamente prolungata oltre i confini dell’area campione. La prima parte, di carattere generale, riporta un’analisi di ampio respiro sui sistemi territoriali del Friuli Venezia Giulia. Dopo una sintesi della componente infrastrutturale (mobilità, insediamenti, produttivo), si passa alla descrizione delle tutele, con particolare riguardo alle aree protette ed all’attività venatoria. A conclusione viene descritto inoltre l’argomento di trattazione, vale a dire la Rete Ecologica ed i sistemi di connessione ambientale, con le loro definizioni ed il quadro normativo di riferimento. La seconda parte entra nel dettaglio del progetto a partire dall’inquadramento territoriale del distretto venatorio 15 – Pianura Isontina. Il territorio in questione viene definito con le sue peculiarità, le aree protette, le prescrizioni dei Piani Regolatori Generali Comunali (PRGC) e vengono presentati anche un uso del suolo a fini faunistici e lo strato dell’improduttivo derivato dalle analisi effettuate nella prima parte. Si comincia a delineare in maniera molto precisa la situazione territoriale interessata. Attraverso questa metodologia si tende ad avere una buona base di scelta per l’area di applicazione del progetto, che si colloca nella parte settentrionale del distretto 15, quasi totalmente a settentrione della linea delle risorgive. La vera e propria fase progettuale parte dallo studio della situazione vegetazionale degli elementi residuali nei seminativi della zona. Si sono assemblati i boschi definiti dai PRGC, i Pioppeti della carta dell’uso del suolo ed i boschi individuati tramite interpretazione visiva dell’ortofoto 2003. Già da questa prima elaborazione è possibile rendersi conto dei punti di forza ad alta naturalità e delle zone ad alto rischio di frammentazione. Sulla base di queste prime indicazioni si è proceduto con la realizzazione di una carta delle direttrici e delle interruzioni, che stabilisce passaggi e barriere per la fauna selvatica. La ricerca prevede come conclusione un intervento di ricostruzione ambientale nell’area campione: vengono, infatti, descritte le tipologie di miglioramenti ambientali adeguati al caso di studio, e si sono forniti alcuni esempi di come andrebbero applicate le indicazioni su casi particolari. Un problema rilevante che si pone nella gestione di tali risorse è quello della selezione degli interventi da proporre all'attenzione degli operatori agricoli. Considerate le limitate risorse a disposizione, infatti, non è pensabile intervenire con la stessa intensità ed efficacia sull’intero territorio. Risulta perciò necessario individuare le aree più valide o più adatte all'applicazione di queste misure, in modo da raggiungere livelli di sovvenzioni soddisfacenti per gli agricoltori e significativi dal punto di vista ambientale. L’obiettivo della ricerca è dunque da ricondurre a due aspetti distinti: individuazione, e poi conservazione e ripristino, di una continuità ambientale del territorio, e le modalità di gestione e di orientamento di tale struttura all’interno dell’agroecosistema. Il progetto sarà focalizzato essenzialmente sugli elementi di raccordo e di connessione, nel tentativo di conferire un tipo di protezione che agisca sul sistema di mantenimento globale. L’individuazione delle reti e delle linee di connessione, come tipicamente i corridoi ecologici o i sistemi d’interazione visiva, assicurano l’unitarietà e l’integrazione paesistica ed ecosistemica (Gambino, 1997). Inoltre il proposito è quello di creare un progetto che possa mettere in relazione in modo positivo il mondo agricolo e quello venatorio, da troppo tempo distanti l'uno dall'altro, gli uni inconsapevoli dei benefici apportati dagli altri.Per questo motivo è stata utilizzata la base del Piano Pluriennale di Gestione Faunistica che l’amministrazione regionale sta portando a compimento e che si può considerare certamente un riferimento metodologico utile per la realizzazione di una pianificazione faunistico-venatoria sostenibile. Detto piano attualmente utilizza un uso del suolo che tiene conto della densità faunistica per singole zone omogenee. La prospettiva futura è quella di utilizzare l’uso del suolo, con riferimento ai tipi di paesaggio agro-silvo-pastorali, per individuare una continuità ambientale all’interno del territorio di riferimento. Per un’adeguata rappresentazione grafica si è scelto di riportare nel testo solo particolari cartografici, oppure rappresentazioni relative ad aree di modeste dimensioni, inserendo le tavole grafiche complete alla fine del testo come allegati.
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