Dissertations / Theses on the topic 'Geochimica isotopica'

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1

Ammirati, Maddalena <1995&gt. "Applicazione dell’idrologia isotopica alla viticultura nell’ambito del progetto ACQUAVITIS." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19818.

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Abstract:
I cambiamenti climatici in atto stanno causando un aumento delle temperature, più accentuato nei mesi estivi e si sta inoltre evidenziando un mutamento nella distribuzione annuale delle piogge. Bisogna pertanto riuscire a valutarne quanto prima i possibili impatti sul settore agricolo e della viticoltura, per poter intervenire adeguatamente per preservare le caratteristiche dei prodotti, prevedendo inoltre un efficientamento dell’utilizzo della risorsa idrica. Il seguente progetto di tesi si inserisce nel progetto Interreg Italia-Slovenia ACQUAVITIS: soluzioni innovative per l’uso efficiente dell’acqua in viticultura transfrontaliera. In questa tesi è stata analizzata la composizione isotopica dell’ossigeno e dell’idrogeno di campioni di precipitazioni, acqua contenuta nel suolo e linfa xilematica relativi a 3 vigneti sperimentali, in contesti geografici e climatici differenti tra di loro, nella regione Friuli-Venezia Giulia: il Carso classico, l’area isontina e la bassa pianura del Tagliamento, raccolti nel corso della stagione produttiva delle viti del 2020. I dati isotopici sono utilizzati come traccianti al fine di identificare l’origine e le possibili variazioni dell’acqua di approvvigionamento delle viti.
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2

Posocco, Vittoria <1993&gt. "Variazioni stagionali e inter-annuali della composizione isotopica delle precipitazioni all’interno del Plateau Antartico." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19651.

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Abstract:
I record isotopici delle perforazioni profonde in Antartide sono tra i principali proxy a nostra disposizione per la ricostruzione delle paleotemperature. In special modo il plateau Antartico è considerato un’area strategica per i siti di carotaggio e ospiterà il progetto Beyond Epica-Oldest Ice che mira a ricostruire il clima degli ultimi 1.5 milioni di anni. Si rende necessario quindi migliorare la comprensione della relazione esistente fra la composizione isotopica delle precipitazioni e la temperatura. Per questa finalità vengono effettuate analisi isotopiche dei campioni giornalieri di precipitazioni raccolte su banchino e a terra presso la base italo-francese di Concordia, a cui verranno associati i rispettivi dati meteorologici, facendo un confronto delle variabilità stagionali ed inter-annuali delle precipitazioni all’interno del plateau antartico. In questo lavoro di tesi saranno analizzati più di 400 campioni risalenti all’anno 2017 a cui verranno aggiunti, per un confronto, i dati dei campioni precedenti dal 2008 al 2016. Inoltre, verrà fatta una comparazione preliminare dei dati osservati con i dati meteorologici simulati dal modello generale di circolazione atmosferica ERA-5 e i dati isotopici simulati dai modelli ECHAM5-wiso e ECHAM6-wiso, che implementano la diagnostica per gli isotopi stabili di ossigeno e idrogeno nel ciclo idrologico. Ciò che ci si aspetta è una miglior comprensione della relazione δ/T in Antartide e dei processi che la determinano, nonché una possibile validazione dei modelli GCM ai quali è stata applicata la diagnostica isotopica.
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3

Aviani, Umberto. "Applicazione della sistematica isotopica dello Sr alla tracciabilità e alla qualificazione di prodotti vitivinicoli: studio sul Prosecco veneto." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10127.

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Abstract:
2012/2013
Viene studiata l'applicabilità della sistematica isotopica dello Sr alla qualificazione e alla tracciabilità di origine geografica di prodotti vitivinicoli, in questo caso il Prosecco veneto DOC. Vengono caratterizzati campioni di uva provenienti da dieci diversi vigneti e delle vendemmie 2010, 2011 e 2012, oltre ai campioni di suolo corrispondenti. Vengono usati anche i dati di chimismo di suoli ed uve al fine di comprendere meglio i complessi equilibri nel sistema pianta-acqua-suolo. Si osserva che i campioni possono essere differenziati sia in funzione della localizzazione geografica che secondo l'anno di vendemmia. Le variazioni geografiche vengono attribuite alla diversa geologia dei siti, le variazioni annuali agli apporti atmosferici e/o antropici di Sr. Si osserva una correlazione positiva tra composizione isotopica dell'uva e quella della frazione labile del suolo corrispondente, permettendo una modellazione di massima, consistente nella previsione del valore dell'uva a partire da quello del suolo. Le diverse componenti dell'uva (bucce, succo, semi e raspo) risultano avere composizioni isotopiche sovrapponibili, confermando l'assenza di frazionamento isotopico. La sistematica isotopica dello Sr si conferma come buona tecnica da applicare a problemi di caratterizzazione e tracciabilità, possibilmente in un contesto multivariabile. Ciò nonostante, le dinamiche presenti tra suolo e biosfera sono molto complesse e variabili, e questo si traduce spesso in elevati margini di errore di cui bisogna tenere conto durante le modellazioni e le conclusioni.
XXVI Ciclo
1985
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4

Michelini, Marzia. "Studio geochimico-isotopico delle precipitazioni del Friuli-Venezia Giulia." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8666.

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Abstract:
2011/2012
L’approvvigionamento dell'acqua per usi potabili ed agricoli, rappresenta una delle maggiori emergenze che i governi, sia di paesi economicamente evoluti che in via di sviluppo, devono affrontare in tempi rapidi. La continua richiesta di questo bene prezioso, l’inquinamento diffuso e i recenti mutamenti climatici hanno portato alla diminuzione della già limitata quantità d’acqua dolce disponibile, rendendo assolutamente necessario affrontare con metodi rigorosamente scientifici le problematiche legate alla protezione di questa risorsa. Nelle indagini idrogeologiche un importante strumento per la comprensione della struttura di un acquifero è dato dalla composizione isotopica dell'ossigeno (δ18O) e dell’idrogeno (δD), definita come la deviazione in parti per mille del rapporto isotopico di un campione rispetto ad uno standard di riferimento, che nel caso delle acque è rappresentato dalla composizione isotopica media oceanica. Ogni indagine idrogeologica deve partire dalla conoscenza delle caratteristiche idrogeochimiche della fonte di alimentazione delle acque superficiali e di falda che, nella quasi totalità dei casi, è identificabile con le acque meteoriche. Questo dottorato si pone come obiettivo la caratterizzazione ad alta risoluzione spaziale della composizione di ossigeno e idrogeno nelle acque meteoriche del Friuli-Venezia Giulia, a questo scopo le acque provenienti dal 20 pluviometri dislocati in tutta la regione sono state raccolte mensilmente e analizzate tramite IRMS e CRDS per determinarne la composizioni isotopica di idrogeno e ossigeno. Il periodo di campionamento va dal 2004 al 2011, con alcuni pluviometri, L1 ed L3, attivi dalla prima metà degli anni 80. I risultati delle analisi mostrano un 18O variabile nella regione, con valori medi pluriannuali pesati per la quantità di precipitazione intorno al -6‰ per i pluviometri costieri e di pianura, tra il -7‰ ed il -8‰per i pluviometri situati in valli nell’entroterra intorno al -9‰ per i pluviometri situati in quota. La composizione isotopica dell’ossigeno è stata confrontata con temperatura e quantità di precipitazioni per determinare quale sia l’influenza di questi fattori sulla distribuzione del 18O nelle precipitazioni della regione. Dai confronti è emerso che i siti in montagna sono fortemente influenzati dalla temperatura, influenza che diminuisce mano a mano che ci si avvicina alla costa. L’ammontare della precipitazione non sembra avere effetti consistenti sulla composizione isotopica, sono state osservate delle correlazioni positive tra quantità di precipitazioni e aumento dei valori di 18O e D, dovute però ad un aumento della temperatura corrispondente all’evento di precipitazione. I pluviometri L1 ed L3, situati a Basovizza e Trieste mostrano dei valori meno negativi di quanto la temperatura non farebbe supporre, per chiarire le cause di queste anomalie la zona di Trieste è stata oggetto di un’ulteriore monitoraggio su base giornaliera. I valori di 18O e d dei singoli eventi di pioggia così ottenuti, confrontati con le retrotraiettorie delle masse d’aria che hanno dato origine alle precipitazioni, hanno evidenziato una forte influenza della provenienza delle precipitazioni sulla composizione isotopica delle precipitazioni nella zona di Trieste. Utilizzando i valori mensili di 18O e D è stata elaborata una linea locale per le acque meteoriche (LMWL) di equazione: D = 7,98* 18O + 10,62 La LMWL ottenuta per il Friuli Venezia Giulia ha valori molto simili alla linea relativa alle precipitazioni globali (Craig, 1961) ed a quella determinata per l’Italia del nord (Longinelli e Selmo, 2003). È stato poi calcolato il gradiente isotopico verticale, ovvero la variazione della composizione isotopica all’aumentare della quota, del 18O utilizzando i valori medi pesati pluriannuali. Il gradiente medio per la regione risulta essere -0.17‰ ogni 100 m di quota. Infine si è cercato di dare una caratterizzazione isotopica di alcune acque superficiali della valle del But: il torrente But, quattro sorgenti in destra But e due sorgenti in sinistra But. Dalle analisi sono emersi tre andamenti ben distinti per le sorgenti e la difficoltà di situare nell’area l’origine di una esse, il Fontanone, suggerendo la necessità di ulteriori indagini.
XXV Ciclo
1981
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5

Khan, Ishaq <1989&gt. "Climate-related variability of isotopic records in a coastal Antarctic ice core." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15637.

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Abstract:
Polar ice cores, both in Greenland and Antarctica, provide an improved understanding of past climatic variations through ⸹18O and ⸹D records, which are considered a proxy of surface temperature. This study focusses on the isotopic records obtained from four ice cores drilled in a coastal site of East Antarctica (GV7), characterized by a relatively high snow accumulation rate (237 mm of water equivalent). At this site different cores have been retrieved, one of which reached a depth of 250 m, while others reached shallow (5-12 m) or intermediate (55 m) depths, covering different time periods; this allows to calculate a stacked record for this site, in order to reduce the stratigraphic noise. The co-isotopic analysis allows the definition of the deuterium excess (d=⸹D-8*⸹18O), which is a proxy of climatic conditions (relative humidity, sea surface temperature, and wind speed) in the moisture source regions of precipitation. Since the isotopic records are not only related to temperature but also to other factors (precipitation intermittency, snow redistribution by winds and post-depositional effects), we compare the mean annual GV7 values of ⸹18O,⸹D, d and snow accumulation rate, all of which determined after an annual layer dating approach, to re-analysis data over the 1979-2012 period. For validating the proxy records, we used the ERA-Interim reanalysis data of temperature and precipitation, as well as the ECHAM5-wiso model data, which includes also the stable isotopes. We found that ERA-Interim over-estimates the precipitation data at GV7, which is already known in literature in coastal areas of Antarctica, while the ECHAM5-wiso under-estimates them. The simulated temperature data from ECHAM5-wiso were found in strong agreement with stable isotopes from GV7 ice cores, when using a 3-year moving average, except for one of them. Furthermore, we also compared the d-excess records with sea ice extent, finding a contrasting behavior in the most recent period. We also investigated the snow accumulation records in relation to simulated temperature, finding an agreement between the two variables from 1979 to 1996, while they appear not correlated afterward. The main climatic indices for the Southern Hemisphere, El Niño 3.4 and the Antarctic Oscillation, were also compared to stable isotopes and simulated temperatures. The overall model-data comparison in this study and for this area, shows a relatively good agreement, both in terms of absolute values and variability.
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6

Salitore, Alessio <1996&gt. "Indicazioni paleoclimatiche da record isotopici e di levoglucosano nella carota di ghiaccio di SolarIce (Dome C, Antartide orientale)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19672.

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Abstract:
Questo studio si prefigge di valutare le variazioni climatiche e ambientali che si sono succedute nell’area di Dome C nel corso della seconda parte dell’attuale interglaciale, denominato Olocene, mediante l’utilizzo di proxy di temperatura ( 18 O e/o D) e di combustione di biomasse (levoglucosano), avvalendosi del confronto con il record isotopico della carota di Epica Dome C e di quello del levoglucosano della carota di TALDICE. Per interpretare le variazioni climatiche del passato sono stati utilizzati i dati isotopici ottenuti dall’analisi di campioni ad alta risoluzione (5 cm) della carota di SolarIce, prelevata a Dome C nell’ambito del progetto PNRA SolarIce, tra 50 m e 204 m di profondità e corrispondenti ad un’età compresa tra circa 2000 e 6100 anni BP. Le analisi isotopiche sono state condotte attraverso spettroscopia laser CRDS e spettrometria di massa IRMS; una parte dei campioni del dataset utilizzato è stata analizzata dal centro di ricerca francese dell’LSCE e dall’Università di Parma, partner del progetto SolarIce Per interpretare l’andamento delle combustioni di biomasse nel passato, sono state utilizzate le variazioni di concentrazione del levoglucosano, considerato un tracciante specifico di questo tipo di combustioni. I campioni analizzati sono compresi tra i 90 e i 110 m di profondità, range corrispondente a circa 2100-2800 anni BP. Il record ad alta risoluzione (5 cm), è stato messo a confronto, per il periodo di sovrapposizione, con quello ottenuto dalla carota di ghiaccio di TALDICE, prelevata a Talos Dome, sempre in Antartide orientale, ma a una distanza inferiore dall’oceano meridionale. Per determinare la concentrazione di levoglucosano, i campioni di ghiaccio sono stati sottoposti a decontaminazione e analizzati mediante la tecnica analitica ifenata HPLC-MS/MS; la quantificazione è stata effettuata attraverso l’utilizzo di levoglucosano marcato 13 C 6 come standard interno.
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Murgia, Alice. "Identificazione delle sorgenti di triclorometano nell’acquifero fessurato vulcanico dell’area di Portoscuso (Sud Sardegna)." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/15573/.

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Abstract:
Lo svolgimento di questa tesi si inserisce nell’ambito del Progetto realizzato dal Comune di Portoscuso e dal Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari (DSCG), finalizzato alla identificazione delle sorgenti di triclorometano nelle acque degli acquiferi dell’Unità Vulcanica oligo-miocenica nelle aree esterne all’area industriale nel territorio di Portoscuso, (Sardegna SO). Scopo del lavoro è stato individuare la zona interessata da concentrazioni di triclorometano e cercare di comprenderne l’origine. Lo studio ha previsto l’analisi combinata delle caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero, delle peculiarità idrogeochimiche delle acque sotterranee e indagini isotopiche sul 13C nel triclorometano. A tal fine, è stata realizzata una campagna piezometrica e un campionamento delle acque, le analisi geochimiche sui campioni prelevati e un’interpretazione dei risultati. Un campione di acque di sicura provenienza industriale è stato utilizzato per definire il marker geochimico e isotopico industriale. Attraverso questo lavoro è stato evidenziato che la zona interessata da contaminazione di triclorometano è la zona a nord di Portoscuso, a monte idrogeologico del polo industriale. Le indagini isotopiche hanno confermato la differenza di origine del triclorometano tra le acque del polo industriale e quelle a monte dello stesso.
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Giardino, Daniele. "Studio geochimico ed isotopico di bioindicatori marini in siti archeologici: un nuovo strumento per la ricostruzione della variabilità climatica naturale e dell'effetto antropico nel bacino del Mar Mediterraneo." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426870.

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Abstract:
The purpose of this research was to identify and calibrate new palaeoclimate and palaeoenvironmental proxies based on edible molluscs (Mytilus galloprovincialis, Spondylus sp., Venus verrucosa) collected in sites where detailed historical series of environmental parameters (temperature, salinity and pH) are available (Marine reserve of Miramare, Columbretes Islands). Several analyses (OM, SEM, XRD, LA-ICP-MS, Stable Isotopes) were performed on the bivalve samples for microstructural, mineralogical and geochemical characterization. Analytical results were interpreted and correlated with time series of environmental parameters for the calibration of the geochemical signals and compared with published data of the same species.
Lo scopo di questa ricerca è stato identificare e calibrare nuovi proxies paleoclimatici e paleoambientali basati su molluschi commestibili (Mytilus galloprovincialis, Spondylus sp., Venus verrucosa) campionati in siti dove sono presenti serie storiche di dettaglio di parametri ambientali (temperatura, salinità e pH) come le Riserve Marine di Miramare e delle Isole Columbretes. Sono state effettuate diverse serie di analisi (OM, SEM, XRD, LA-ICP-MS, Isotopi stabili) sui gusci di questi bivalvi per averene una caratterizzazione microstrutturale, mineralogica e geochimica. I risultati ottenuti sono stati interpretati e correati con le serie storiche dei parametri ambientali a nostra disposizione e comparati con quelli ottenuti sulle stesse specie presenti in letteratura
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Genoni, Laura. "Studio geochimico isotopico per la stima del bilancio di massa nel bacino di drenaggio di Dome C (Antartide orientale) come contributo alle variazioni del livello marino." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2712.

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Abstract:
2006/2007
Il clima e le sue variazioni sono argomenti di rilevante interesse scientifico e di grande attualità. L’Antartide, coperta per la quasi totalità da ghiacci, esposta all’impatto dei cambiamenti climatici, ma priva di fonti d’inquinamento antropico, conserva pressoché inalterate le informazioni climatiche ed ambientali del passato, rivelandosi così un insostituibile laboratorio naturale al servizio degli studiosi. Dalla calotta antartica si ricavano quindi carote di ghiaccio in cui sono archiviate le informazioni climatiche degli ultimi 800.000 anni. Tuttavia, è necessaria una maggior conoscenza del continente (circolazione atmosferica e oceanica, interazione tra i venti e la topografia) per aumentare la rappresentatività dei dati ottenuti da una singola perforazione. A causa della complessità del sistema glaciale dell’Antartide, non è stato sino ad ora possibile stabilire se la massa d’acqua (neve e ghiaccio) accumulatasi in un anno venga restituita al mare completamente o solo in parte, oppure se giunga in mare una quantità d’acqua superiore a quella ricevuta. Ogni disequilibrio, anche se modesto, del bilancio di massa dell’Antartide potrà avere un impatto sostanziale sul livello del mare globale e rappresentare quindi una variabile dominante nelle previsioni future. Collocata nell’ambito del progetto scientifico "Bilancio di massa superficiale dell'area di drenaggio di Dome-C", finanziato dal PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) e dal Progetto ITASE (International Trans-Antarctic Scientific Expedition), la presente ricerca di dottorato si propone quindi di: • incrementare i dati sulla variazione spaziale e temporale dell’accumulo nevoso, che consentiranno di diminuire le incertezze sul ruolo dell’Antartide rispetto alle variazioni del livello marino globale; • ricostruire le variazioni climatico - ambientali degli ultimi 150 anni; • fornire nuovi dati isotopici per la validazione dei modelli climatici; • definire le influenze delle “Teleconnections” atmosferiche sul clima antartico per migliorare l’interpretazione dei dati di temperatura ed accumulo desunti dalle carote di ghiaccio. I profili degli isotopi stabili e dell’analisi dell’attività tritio, delle carote di nevato e ghiaccio dell’Antartide vengono usati per valutare in modo efficace sia le variazioni di temperatura del passato che i cambiamenti del tasso d’accumulo. Inoltre, i dati ottenuti da tali analisi sono fondamentali pure per convalidare i modelli applicati all’Antartide. In questa ricerca di dottorato, applicando le metodologie della geochimica isotopica alle carote di nevato prelevate nell’area del bacino di drenaggio di Dome C (Antartide orientale) durante le campagne antartiche 2001 - 02 e 2002 – 03, è stata stimata la variazione spaziale dell’accumulo nevoso mediante l’analisi dell’attività tritio. I risultati ottenuti sono in buon accordo con i dati pregressi della medesima area, evidenziando valori maggiori dell’accumulo nella fascia costiera, compresi tra 200 e 400 mm w.eq. a-1, valori intermedi tra 60 e 90 mm w.eq. a-1 nella fascia altitudinale dei 2000 - 2200 m, per arrivare ai bassi valori per la parte più interna del plateau di 25 - 30 mm w.eq. a-1. Inoltre, la fascia costiera dell’area prospiciente il Mare di Ross (Baia Terra Nova) è caratterizzata, a parità di quota, da valori minori dell’accumulo rispetto l’area della Terra Giorgio V. Quindi questi nuovi dati contribuiscono ad aumentare le conoscenze sulla variazione spaziale e temporale del tasso d’accumulo nel bacino di drenaggio di Dome C. Per di più, una maggior disponibilità di dati in situ è necessaria per calibrare in modo adeguato i modelli matematici che sempre più spesso vengono utilizzati negli studi antartici. La caratterizzazione delle precipitazioni dell’area presa in esame è stata possibile grazie allo studio isotopico (18O, D e d) di due carote provenienti da siti costieri ad accumulo elevato (GV7 e WL3). La comprensione delle diverse modalità della circolazione atmosferica (ENSO, SAM ecc…) ed il confronto di queste con i profili isotopici ottenuti, ha permesso di definire le influenze di queste “Teleconnections” atmosferiche sul clima del settore antartico oggetto di questo studio. Si è notata una maggiore influenza dell’indice SAM rispetto al El Niño sulla variabilità della composizione isotopica (18O e D), nonché un legame fra i valori dell’eccesso di deuterio e la maggiore o minore estensione del ghiaccio marino riconducibile, a sua volta, ai principali “modi” di circolazione atmosferica (SAM e SOI).
XX Ciclo
1973
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10

IACUMIN, MARCO. "STUDIO PETROLOGICO, GEOCHIMICO ED ISOTOPICO DEI DICCHI PROTEROZOICI DELLE SERRE DI AZUL E TANDIL (PROVINCIA DI BUENOS AIRES, ARGENTINA): ASPETTI PETROGENETICI ED IMPLICAZIONI GEODINAMICHE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1999. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12519.

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11

MARCHINA, Chiara. "Geochemical and isotopic investigation on the Po river waters from Monviso sources to its Delta: natural and anthropogenic components." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2015. http://hdl.handle.net/11392/2389012.

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12

Andria, Maria Chiara. "Studio dell'evoluzione del sistema magmatico dell'isola d'Ischia ,Italia meridionale,negli ultimi 10 anni." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2690.

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Abstract:
2006/2007
Il lavoro si propone di studiare l'evoluzione del sistema magmatico dell'isola d'Ischia in particolare analizzando gli ultimi 10ka di attività. Lo studio è stato effettuato attraverso indagini petrografiche, analisi geochimiche e isotopiche di Sr, Nd e O.
XX Ciclo
1977
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13

LIUZZO, Marco. "Interazioni crosta-mantello e connessioni con il sistema geodinamico nell’origine e circolazione dei fluidi dell’Arcipelago delle Comore - Oceano Indiano." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2022. http://hdl.handle.net/11392/2486768.

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Abstract:
L'area di studio si concentra su due isole dell'arcipelago delle Comore: Grande Comore e Mayotte, situate all'interno del Canale di Mozambico e in un complicato sistema geodinamico di grande interesse a causa dell'attività vulcanica e sismica attualmente esistente e di cui attualmente manca un quadro descrittivo completo. In particolare, per quanto riguarda la geochimica dei fluidi, esiste ancora una conoscenza molto limitata delle emissioni di gas e fluidi. Sull'isola Grande Comore ci si è concentrati sul vulcano Karthala, il più attivo dell'Oceano Indiano occidentale dopo il Piton de la Fournaise a La Reunion. Karthala è un vulcano a scudo basaltico che ha eruttato regolarmente nell'ultimo secolo, quattordici eruzioni sono elencate dal 1904 ad oggi, e l'ultima eruzione è del 2007. Lo studio del degassamento diffuso del vulcano Karthala, con particolare attenzione all'emissione di CO2 dai fianchi del vulcano, e del degassamento fumarolico sommitale è fondamentale per la valutazione dello stato di attività del vulcano. Mayotte è l'isola più vecchia dell'arcipelago e nessuna eruzione recente è stata registrata a dall'ultima intorno al 2050 a.C. ± 500; tuttavia, l'attività vulcanica a Mayotte è ancora presente sotto forma di una vasta area di degassamento subaereo e subacqueo nella piccola isola a nord-est di Mayotte: Petite Terre. Qui due zone ad alto degassamento sono presenti: la spiaggia sud-orientale (BAS); e il lago Dziani situato nella parte nord dell'isola di Petite Terre. L’isola è stata recentemente interessata da una crisi sismica che è durata diversi mesi, ed è stata accompagnata dalla formazione del più grande vulcano sottomarino degli ultimi secoli, a circa 50 km dalla sua costa. La tesi è divisa in due sezioni: la prima si concentra sulle emissioni di gas di Karthala e dell’area BAS a Petite Terre, con lo scopo di identificare le principali caratteristiche, similitudini e differenze; la seconda sezione della tesi si concentra sulla differenza tra le due aree di gorgogliamento di Petite Terre, dove sarà incluso lo studio delle emissioni di gas del lago Dziani che sono state indagate solo nelle indagini più recenti. I risultati di questa tesi convergono verso il riconoscimento di alcune notevoli peculiarità: 1. Le emissioni di CO2 nel suolo sono spazialmente distribuite lungo le principali caratteristiche strutturali sia della Grande Comore che di Petite Terre; tuttavia, la firma isotopica del carbonio delle emissioni di CO2 nel suolo evidenzia un basso contributo magmatico nelle aree distali del vulcano Karthala, e un contributo magmatico più alto nelle emissioni di CO2 a Petite Terre, relativamente al periodo di osservazione. 2. La firma isotopica dell'elio è tipicamente bassa e compresa nell'intervallo di valori ~6 ≤ Rc/Ra ≤ ~7.5 a Petite Terre e ~4.6 ≤ Rc/Ra ≤ ~5.8 a Karthala. 3. L'area di gorgogliamento sul mare (BAS) e al lago Dziani (Mayotte) hanno probabilmente una alimentazione comune; tuttavia, il lago Dziani è significativamente influenzato da processi secondari legati alle attività biotiche nel lago che ne determinano una maggiore variabilità della chimica del gas, nel 13C (CH4 e CO2) rispetto a BAS. 4. L'aumento del valore di Rc/Ra tra il 2008 e il 2018-19, e un non raggiunto equilibrio isotopico di 13CCH4 dal fluido idrotermale, può essere attribuito all'attività vulcanica che ha generato il nuovo vulcano sottomarino a 50 km al largo di Petite Terre. Quest’ultima considerazione è anche coerente con l'interpretazione finale di questo lavoro, dove l'ingresso di fluido riscaldato ricco di CO2 nel sistema idrotermale di Petite Terre è una conseguenza della perturbazione del sistema idraulico superficiale legata alla eruzione sottomarina, con conseguente aumento delle temperature di equilibrio nel 2018 e successivo raffreddamento durante e dopo l'attività sismo-vulcanica.
The study area focuses on two islands of the Comoros archipelago, Grande Comore and Mayotte, located within the Mozambique Channel and in a complicated geodynamic system of great interest due to the volcanic and seismic activity that currently exists and of which a complete descriptive picture is currently lacking. In particular, there is still very limited knowledge of gas and fluid geochemistry. On Grande Comore, the focus was on the Karthala volcano, the most active volcano in the western Indian Ocean after Piton de la Fournaise in La Reunion. Karthala is a basaltic shield volcano that has erupted regularly over the last century, fourteen eruptions are listed from 1904 to the present, with the last eruption in 2007. The knowledge of the diffuse degassing of the Karthala volcano, with particular attention to the emission of CO2 from the flanks and of the summit fumarolic area is fundamental for the assessment of the state of activity of the volcano. Mayotte is the oldest island in the archipelago and no recent eruptions have been recorded since the last one around 2050 BC ± 500; however, volcanic activity in Mayotte is still present in the form of a large area of subaerial and underwater outgassing on the small island to the north-east of Mayotte: Petite Terre. Two areas of high outgassing are present here: the south-eastern beach (BAS); and Lake Dziani located in the northern part of the island of Petite Terre. The island was recently affected by a seismic crisis that lasted several months, and was accompanied by the formation of the largest submarine volcano in recent centuries, about 50 km from its coast. The thesis is divided into two sections: the first focuses on gas emissions from Karthala and the BAS area at Petite Terre, with the aim of identifying the main characteristics, similarities and differences; the second section of the thesis focuses on the difference between the two bubbling areas at Petite Terre, where the study of gas emissions from Lake Dziani, which have only been investigated in more recent surveys, will be included. The results of this thesis converge towards the recognition of some remarkable peculiarities: 1. Soil CO2 emissions are spatially distributed along the main structural features of both Grande Comore and Petite Terre; however, the carbon isotopic signature of soil CO2 emissions shows a low magmatic contribution in the distal areas of Karthala volcano, and vice-versa a higher magmatic contribution in CO2 emissions at Petite Terre, relative to the period of observation. 2. The helium isotopic signature is typically low and in the range of ~6 ≤ Rc/Ra ≤ ~7.5 at Petite Terre and ~4.6 ≤ Rc/Ra ≤ ~5.8 at Karthala. 3. The bubbling area on the sea (BAS) and at Dziani lake (Mayotte) are likely fed by a common source; however, Dziani lake is significantly affected by secondary processes that are mainly related to biotic activities in the lake, which result in the higher variability of gas chemistry, 13C in methane and CO2 than BAS. 4. The increased value of Rc/Ra between 2008 and 2018-19, and a not-reached isotopic equilibrium of 13CCH4 from the hydrothermal fluid, may be ascribed to the volcanic activity that generated the new submarine volcano 50 km offshore from Petite Terre. The latter consideration is also consistent with the final interpretation of this work, where the input of heated CO2-rich fluid into the Petite Terre hydrothermal system is a consequence of the perturbation of the shallow plumbing system by the offshore submarine eruption, resulting in higher equilibrium temperatures in 2018 and subsequent cooling down during and after the seismo-volcanic activity.
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Braida, Martina. "Ricostruzione ad alta risoluzione delle variazioni climatiche dell'Antartide orientale durante l'Olocene." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10159.

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Abstract:
2011/2012
Le carote di ghiaccio sono uno degli strumenti più utili nella ricostruzione delle variazioni climatiche del passato. In questo studio i principi della Geochimica Isotopica sono stati applicati alla carota di ghiaccio di TALDICE (159°11'E 72°49'S, quota 2315 m s.l.m., temperatura media annua superficiale -41°C, tasso di accumulo 80 mm we yr-1, lunghezza della carota 1620 m) raccolta nell’ambito del progetto internazionale TALDICE (TALos Dome ICE core project). Il lavoro scientifico sviluppato in questa tesi è stato portato a termine nell’ambito del progetto HOLOCLIP (www.holoclip.org) volto all’integrazione dei proxy climatici ottenuti dalle carote di ghiaccio e di sedimento marino dell’Antartide con i dati della modellistica (modello climatico di complessità intermedia LOVECLIM) relativi al presente interglaciale, l’Olocene. Lo scopo di questa tesi è di ricostruire, con un’alta risoluzione temporale (decennale), la variabilità climatica nel sito di Talos Dome per l’intero Olocene (circa gli ultimi 12.000 anni), attraverso l’analisi degli isotopi stabili dell’ossigeno (δ18O) sui campioni di dettaglio (10 cm) dei primi 690 metri di questa carota. Sulla base della scala dell’età messa a punto da Severi et al. (2012), ottenuta sincronizzando il segnale dei solfati vulcanici di TALDICE con quello di EDC, questo passo di campionamento corrisponde ad una risoluzione temporale media relativa all’Olocene di 1.8 anni. Il trend a lungo termine ottenuto dal profilo del δ18O di TALDICE, mostra degli andamenti in comune con quelli già osservati in altre carote di ghiaccio provenienti dal plateau dell’Antartide orientale ossia un optimum, all’inizio dell’Olocene tra circa 11.6 e 9.2 ka BP, un minimo centrato intorno agli 8 ka e un optimum secondario intorno ai 2 ka. Applicando uno smoothing binomiale a 500 anni sul record isotopico e sottraendo il trend a lungo termine sono stati identificati 12 sub-eventi caldi significativi, intervallati da altrettanti sub-eventi freddi occorsi durante l’Olocene, corrispondenti ad una variazione di temperatura di circa 0.8°C. Le fasi corrispondenti a trends di raffreddamento corrispondono ad una diminuzione della frequenza, dell’ampiezza e della durata dei sub-eventi significativi. La wavelet analysis effettuata sul profilo delle anomalie isotopiche permette di individuare due periodi, prima e dopo i 6.5-6.8 ka BP, caratterizzati da diverse frequenze predominanti. Questa transizione delle periodicità avviene subito dopo il completamento dell’apertura del Mare di Ross (Baroni and Hall, 2004; Baroni et al., 2005) ed è visibile anche dai risultati della wavelet analysis effettuata sui record delle polveri e sul record isotopico della carota di ghiaccio di Taylor Dome. L’analisi della variabilità (deviazione standard mobile di 3000 anni) applicata su TALDICE, Taylor Dome, EDC e EDML mostra una somiglianza della distribuzione della variabilità climatica nei siti più costieri rispetto quelli più interni (EDC), probabilmente associabile a processi legati alla variazione del ghiaccio marino. Dall’osservazione dei principali trend di temperatura ricavati sia dalle carote di ghiaccio antartiche che da carote di sedimento marino dell’emisfero meridionale per i periodi 10-8, 4-6, 6-4, 4-1 ka BP si evidenzia un generale trend di raffreddamento alle alte latitudini dell’emisfero meridionale durante l’Olocene. Nelle carote di ghiaccio antartiche questo trend di raffreddamento non è presente in maniera omogenea in tutti i record isotopici: in alcuni casi si verifica una situazione di relativa stabilità (EDC), in altri un trend di leggero riscaldamento (TALDICE) e in altri ancora un trend di raffreddamento (Vostok). Dal record composito riferito agli ultimi 2000 anni, prodotto per l’Antartide Orientale nell’ambito di questo lavoro di tesi, risulta che nel periodo che va dal 400 al 900 CE (Common Era) c’è una prevalenza di anomalie positive (calde) mentre nel periodo successivo, che va dal 1300 CE al 1800 CE, c’è una prevalenza di anomalie negative (fredde), superiori in numero, durata ed intensità rispetto alle prime. Nel corso degli ultimi 2000 anni si osserva un debole trend di raffreddamento di -0.1‰/1ka ossia di -0.2°C/1ka in accordo con i risultati del recente lavoro pubblicato nell’ambito del programma PAGES 2k che evidenzia un trend di diminuzione della temperature a scala globale nel corso degli ultimi 2000 anni fino al periodo pre-industriale.
XXV Ciclo
1975
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SANDOVAL, VELASQUEZ Andres Libardo. "Noble gas and CO2 isotopic signatures of the lithospheric mantle underneath Mexico and the Canary Islands: clues from mantle xenoliths and arc lavas." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2022. http://hdl.handle.net/10447/533636.

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Abstract:
Studying the isotopic composition of fluids trapped in mantle xenoliths opens avenues to understand the origin and cycling of volatiles in the Earth’s upper mantle. In this PhD dissertation, new and in most cases the very first data regarding the isotopic (noble gases and CO2) characterization of the lithospheric mantle portions of three different geodynamic environments are presented: (i) Central and NW Mexico, a continental setting dominated by extension; (ii) the Transmexican Volcanic Belt (TMVB) a subduction setting, and (iii) the Canary Islands, particularly El Hierro and Lanzarote, two oceanic islands formed by mantle plume-derived intraplate volcanism. In total 32 peridotites (including spinel lherzolites, spinel harzburgites, 1 pyroxenite and 1 dunite) and four arc lavas (from the TMVB) were investigated. To characterize the isotopic signature of the Mexican lithospheric mantle, the present work was focused on the analysis of fluid inclusions entrapped in mantle xenoliths found in pyroclastic deposits of the Ventura Espiritu Santo Volcanic Field (VESVF), the Durango Volcanic Field (DVF), the San Quintin Volcanic Field (SQVF) (three Quaternary monogenetic volcanic fields formed in the Basin and Range extensional province). Fluid inclusions in olivine phenocrysts found in arc lavas from the Sierra Chichinautzin Volcanic Field (SCN) (a Quaternary monogenetic field located in the Transmexican Volcanic Belt (TMVB)) were also analyzed. According to the petrographic analysis, all xenoliths exhibit similar mineralogy (Ol> Opx> Cpx >> Sp). The VESVF xenoliths, in particular, bring textural evidence of interstitial glass veins bearing dendritic trails of secondary melt and fluid inclusions related to pervasive mantle metasomatism driven by carbonate-rich silicate melts. Inclusions are composed of silicate glass ± CO2 ± Mg-Ca carbonates ± pyrite as indicated by Raman microspectroscopy. Excluding samples possibly affected by secondary processes, the averages Rc/Ra ratios (3He/4He ratios corrected for atmospheric contamination) measured in Mexican localities are within the MORB-like range: VESVF = 7.39 ± 0.14 Ra (1SD, n = 30), DVF= 8.39 ± 0.24 Ra (1SD, n = 10), SQVF = 7.43 ± 0.19 Ra (1SD, n = 1) and SCN lavas = 7.24 ± 0.33 Ra (1SD, n = 4). This noble gas similarity between the VESVF and SCN samples supports the existence of a homogeneous mantle in central Mexico. The 3He/4He signatures observed in xenoliths suggest that (i) either the mantle He budget was scarcely modified by the Farallon plate subduction, and/or (ii) that any (large) crustal contribution was masked by a later metasomatism/refertilization episode, possibly driven by the upwelling mantle from the asthenosphere and the subsequent Basin and Range extension. The association between glass veins and fluid inclusions in VESVF xenoliths revealed that the metasomatism/ refertilization was driven by a silicate-rich melt which is consistent with a calculated helium residence time in the VESVF mantle (20 to 60 Ma) that overlaps the timing of the above geodynamic events. It is proposed that, after the refertilization event (e.g., over the last ~20 Ma), the lithospheric mantle has evolved in a steady-state, becoming slightly more radiogenic. The relative proximity between the DVF and the VESVF suggests a similar process should have happened beneath Durango, and that the difference in 3He/4He ratios with the VESVF is likely to be associated with different ages of mantle refertilization and He residence times (more recent for the DVF mantle; 4 to 10Ma). The Ar and Ne systematics reflect a mixing between MORB-like upper mantle and atmosphere-derived fluids. The mantle beneath the SQVF and the DVF seems to be more impacted by the interaction with atmospheric fluids, as proved by a systematic decrease in 40Ar/36Ar and 4He/20Ne ratios from central (VESVF) to western Mexico (DVF, SQVF) It is proposed that these atmospheric components were likely air-derived fluids recycled by the Farallon plate subduction. 3He fluxes (0.027 - 0.080 mol/g), 4He production rates (340 - 1000 mol/yr), and mantle CO2 fluxes (3.93 x 107 mol/yr to 1.18 x 108 mol/yr) were also estimated using the helium isotopic values measured in VESVF mantle xenoliths. Finally, DVF and VESVF nodules exhibit CO2/3He ratios comparable to those of the upper mantle (from 3.38 x 108 to 3.82 x 109) but more positive δ13C values (between -1.0 and -4.0‰), supporting the involvement of a recycled crustal carbonate component likely inherited by the Farallon plate subduction. Conversely, the SCN samples exhibit δ13C values within the MORB range (comparable to other values previously reported in fluid inclusions and fumaroles from Popocatépetl, Colima and Ceboruco volcanoes) and unlike the mantle beneath VESVF-DVF, indicate a negligible mantle contamination by subduction-related crustal carbon. The Canary Islands, in the central-eastern Atlantic, are among the most enigmatic Oceanic Island provinces on Earth, as the mantle source feeding their volcanism is spatially heterogeneous and with a multiplicity of involved components. Multi-isotope whole-rock studies have long revealed the presence of a recycled oceanic crust/lithosphere in the mantle. However, noble gas systematics have been more challenging to interpret, and carbon isotope data have remained sparse and incomplete. Our very first fluid inclusion data for El Hierro and Lanzarote nodules indicate carbon isotopic compositions of CO2 (δ13C) range from –2.38 to –1.23‰ in pyroxenes and from –0.19 to +0.96‰ in olivines. These unusually positive δ13C values, well above the typical upper mantle range (–8‰<–4‰), prove, for the first time, the presence of a regional recycled crustal carbon component in mantle beneath the Canary Islands. We interpret this 13C-rich component as inherited from a mantle metasomatism event(s) driven by fluids carrying carbon from subducted altered oceanic crust (AOC) and/or oceanic lithosphere (OL). Regarding noble gas isotopes, El Hierro xenoliths identify a depleted mantle source with MORB-like He signature. The average Rc/Ra ratio (3He/4He normalized to air ratio and corrected for atmospheric contamination) of 7.45±0.26 Ra (2SD, n = 14) overall indicates a marginal role played by past subduction events in modifying the local mantle He budget. Instead, Lanzarote xenoliths point to a more radiogenic mantle with an average of 5.97±0.44 Ra (2SD, n = 13) which we interpret as reflecting the involvement of an EM component. When put in the context of previous 3He/4He measurements in fluid inclusions and surface gases along the Canary archipelago, these results confirm an overall west-to-east decrease of Rc/Ra ratios (from El Hierro to Lanzarote), which may reflect a combination of i) increasing contributions of the African continental lithosphere, ii) the addition of radiogenic 4He during magma migration in the oceanic crust (whose thickness increases eastward) and/or iii) magma ageing. Finally, as proposed for Mexico, the involvement of depleted mantle-like fluids, variably admixed with air-derived components (possibly recycled via paleo-subduction event(s)), is corroborated by Ne-Ar isotopic compositions.
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Gallo, Filomena. "Glass in Northern Adriatic area from Roman to Medieval period: a geochemical approach for provenance and production technologies." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422513.

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Abstract:
Glass is one of the oldest materials produced and extensively used by man, thanks to its unique mechanical and chemical-physical properties. For these reasons it has a great importance in both archaeological and artistic fields. So far, notwithstanding the essential lines of development of glass production are known, there are still some particular ‘critical moments’ in the history of glass production. In this context the present work investigated the evolution of glass technology in a particular geographical area, the northern Adriatic Italy, which, for its peculiar position, had a central role in trades and acted as a commercial hub between the Mediterranean and the Padan and Transalpine area. The sample set, including a total of 178 glasses, covers a large chronological period (6th century BC-15th century AD) and comes from some of the most important sites in the period and in the area considered, such as Aquileia, Adria and Rocca di Asolo. Few samples coming from Tuscan sites (San Genesio, Pieve di Pava and Pieve di Coneo), similar in age and types to Aquileia glasses, were also analyzed, in order to have a comparison among eastern and western Italy. The analytical approach involved textural, mineralogical, chemical and isotopic (Sr, Nd, O) analyses and the results proved the complementarity of these techniques, suggesting that the preferred approach in investigation of ancient glasses should be the combined use of these methods. A substantial continuity in the use of the type of raw materials (siliceous-calcareous sand in addition to natron) from Pre-Roman period until early Middle Ages was testified, whereas a complete change in the use of flux is evident in High/Late Medieval glasses. The extraordinary consistency of natron glass here analyzed and the principal compositional groups widespread in Mediterranean sites tends to support the model of the localized production, organized in a small number of primary workshops which supplied raw glass to a great number of secondary workshops, where the glass was re-melted and shaped into objects. For what concerns the provenance of raw materials, the combination of isotopic and chemical data, together with archaeological evidence and literature data on both raw materials and glass from primary furnaces, suggests that the vast majority of Roman and Late Roman/early Medieval glasses analyzed in this study were likely produced in workshops located on the Syro-Palestinian and Egyptian coasts, although the use of primary sources located in western Mediterranean cannot be definitely excluded
Grazie alle sue peculiari caratteristiche meccaniche e chimico-fisiche, il vetro è uno dei materiali più antichi utilizzati dall’uomo e, per questa ragione, riveste una grande importanza sia in campo artistico che archeologico. Ad oggi, nonostante le principali linee di sviluppo della produzione vetraria siano state tracciate, permangono dei particolari ‘momenti problematici’ nella storia del vetro, connessi all’introduzione di nuove materie prime e/o nuove tecnologie di produzione. In questo contesto si inserisce il presente lavoro di ricerca, che ha indagato l’evoluzione della produzione vetraria in una specifica area, quella dell’Italia nord-adriatica la quale, grazie alla sua peculiare posizione geografica, ha svolto in passato un ruolo cruciale nei commerci, fungendo da connettore tra il Mediterraneo orientale e l’area padana e transalpina. La campionatura, oggetto di studio, proviene pertanto da alcuni dei più interessanti siti nord-adriatici (Aquileia, Adria, Rocca di Asolo); inoltre anche un piccolo gruppo di campioni provenienti da siti toscani (San Genesio, Pieve di Pava e Pieve di Coneo), cronologicamente e tipologicamente confrontabili con i reperti aquileiesi, è stato analizzato, al fine di rilevare eventuali analogie/differenze tra il versante adriatico e quello tirrenico. La cronologia dei campioni è molto ampia (VI a.C. -XV secolo d.C.), ma una particolare attenzione è stata rivolta ai reperti di periodo Romano e Tardo Antico. L’approccio analitico ha previsto analisi di tipo tessiturale, mineralogico, chimico e isotopico (Sr, Nd, O). I risultati hanno dimostrato la complementarietà di queste tecniche, indicando che il loro uso combinato costituisce l’approccio ideale per lo studio del vetro antico. Per quanto concerne la tipologia di materie prime impiegate nella produzione vetraria, è emersa una sostanziale continuità dal periodo Pre-Romano fino all’Altomedievo, caratterizzata dall’uso di sabbie siliceo-calcaree in aggiunta a natron, mentre per i vetri Bassomedievali si assiste ad un radicale cambiamento di fondente (ceneri sodiche). La sorprendente omogeneità chimica tra il vetro al natron analizzato nel presente studio e i principali gruppi composizionali riportati in letteratura supporta l’ipotesi che, almeno in epoca Romana e Tardo Antica, il vetro venisse prodotto in poche officine primarie, successivamente commercializzato in forma di pani di vetro grezzo e lavorato in officine secondarie sparse in tutto il Mediterraneo. A tale proposito, l’uso combinato dei dati chimici ed isotopici, supportati da dati di letteratura e da evidenze archeologiche, suggerisce che l’origine della maggior parte di tale vetro sia da collocarsi nel Mediterraneo orientale, in particolare sulle coste Siro-Palestinesi ed Egiziane, sebbene non possa totalmente escludersi anche l’uso di sorgenti di materie prime collocate nel Mediterraneo occidentale
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Vespasiano, Giovanni, Pietro Pantano, Carmine Apollaro, Francesco Muto, and Rose Rossana De. "Caratterizzazione idrogeochimica, isotopica e geologica delle aree termali della Calabria Settentrionale." Thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10955/1220.

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COSTA, Emanuele. "APPROFONDIMENTI SULLA GEOCHIMICA ISOTOPICA DELL'AZOTO NEI MEZZI SATURI E NON SATURI." Doctoral thesis, 1998. http://hdl.handle.net/2318/148549.

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Abstract:
Il Dottorato e’ stato incentrato sull’acquisizione delle metodologie analitiche e sulla standardizzazione di laboratorio per le tecniche di indagine relative all’azoto-15, ed in parte al carbonio-13, relativamente ai composti solubili presenti nelle acque e nei suoli per il primo, ed alle sostanze organiche di varia natura, per il secondo. Si volevano inoltre studiare le variabilita’ di questi due isotopi negli ambienti naturali, allo scopo di aggiungere dati e conoscenze alla bibliografia esistente, e utilizzare tali variazioni come strumento di indagine. Nei tre anni del ciclo sono state’ quindi impostate le tecniche e le metodiche, che hanno occupato una parte rilevante del tempo a disposizione, e si e’ poi provveduto all’analisi di campioni, sovente di natura anche disparata, per testare le tecniche e osservare le modificazioni delle specie isotopiche nei diversi ambienti. Tutte le analisi presentate in questo Dottorato, fatte salve poche eccezioni, sono state effettuate presso il Laboratorio di Idrogeologia e Geochimica applicata all'Ambiente (LIGA) del Dipartimento di Scienze della Terra, e sono state direttamente eseguite o preparate dallo Scrivente. Lo stesso e’ avvenuto per la maggior parte delle analisi chimiche necessarie per l’inquadramento della situazione. I rari casi di analisi isotopiche effettuate fuori sede sono stati comunque controllati di persona o mediante la presenza nei Laboratori interessati, o per stretto rapporto di collaborazione. Durante il corso del Dottorato sono state effettuate piu’ di mille analisi isotopiche sui composti dell’azoto, divise tra analisi di campioni e analisi di taratura, e qualche centinaio di analisi isotopiche su composti organici del carbonio , soprattutto tarature metodologiche. I campioni analizzati nelle ricerche sono stati prelevati in proprio, qualora possibile, oppure provengono dalla collaborazione con altre Tesi e ricerche in corso. Nel tal caso e’ stata fatta, per quanto possibile, attenzione a non utilizzare tecniche di campionamento suscettibili di indurre, al momento o nella successiva conservazione, frazionamenti isotopici rilevanti. Le linee di preparazione sono state studiate, montate e collaudate, nonche’ modificate, in prima persona, mediante la collaborazione di personale esperto nelle tecniche di alto vuoto e di soffiatura di apparecchi scientifici in vetro.
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RICCI, MARIANNA. "I depositi carbonatici terrestri come archivio climatico-ambientale per il tardo Quaternario: palinologia e geochimica isotopica." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/2158/543291.

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NIGRO, ANGELA. "Applicazione di metodi geochimici in aree a intensa pressione antropica. Il caso di studio delle discariche RSU." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/943235.

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Abstract:
In order to identify new survey methods for environmental characterization of areas affected by anthropogenic pressure, several geochemical investigations were conducted in two municipal solid waste landfills of Central Italy: Cerratina landfill and Cerreto landfill. Cerratina landfill is located in an alluvial plain of the lower Sangro river. The area is characterized by a substrate of marine origin formed by clay and sand at the base and coarse sands upwards to sands and conglomerates at the top of the formation. In this area were conducted geochemical investigations on groundwater beneath the landfill. The results of chemical analyses indicate that the samples collected from boreholes located downgradient from the landfill are contaminated. The principal contaminants are Cl-, NH4+, Fe, As, Cr, B, Hg and Zn, which exceed the limit provided by Dlgs 152/2006 during different monitoring campaigns. The boron, tritium and strontium isotopic composition of the collected water samples was analysed to evaluate the principal water-rock interaction processes and source of contamination. The results indicate that contaminated groundwater show highest tritium data and lower δ11B and 87Sr/86Sr ratio. Boron isotopes show that there are two boron sources in the study area, which are geogenic and anthropogenic sources. Sr isotope results show that sample located upgradient from the site presents lower Sr concentration and highest Sr isotopic values, which reflects weathered bedrock, while boreholes located downgradient from the site show lowest Sr values and 87Sr/86Sr ratio, probably due to pollution by landfill leachate. Another important result was obtained by rare earths elements analyses. A positive Gadolinium anomaly was reported for one sample of studied area which reflects the anthropogenic input of the REEs in groundwater. Cerreto landfill is located in an alluvial plain of Lazio, central Italy. The area is characterized by a substrate of continental deposits formed by clay and sand, and alluvial deposits associated with different depositional events of the main rivers presents in the area. Were conducted geochemical investigation on groundwater and soils located in the landfill site. The results show that major and trace elements for soil are below the limit provided by Italian law. Rare earths elements pattern of soils were used to evaluate possible anomalies presence and to investigate soil parent material for identifying background values of study area. The geochemical investigations show that some elements, in topsoil, present higher concentration respect to background values. Geoaccumulation index and enrichment factor show possible contamination phenomena of Ni, Cu, Cd e Pb. The results obtained for groundwater show that Fe, Mn and As exceed the limit provided by Dlgs 152/2006, but according to results obtained for soil, these elements naturally occur in the area so their principal source is geological substrate.
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DONATO, ASSUNTA. "Investigazioni geochimiche ed isotopiche per la valutazione delle risorse geotermiche in Sicilia." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1078161.

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Abstract:
In this PhD work, a sector of the “collisional” complex of Sicily was investigated performing geochemical and isotopic measurements of waters and natural gases along a NE-SW transect running from Peloritani Mts. to Sciacca Plain in order to: i) increase the knowledge on the origin of these fluids (thermal waters, gas vents and mud volcanoes); ii) define the origin and evolution of the emerging fluids based on major, minor and trace elements, dissolved and free gas contents, δ13C–CO2 and 3He/4He isotopic signatures; iii) understand the relationship between fluids and geological-tectonic setting of the study area and iv) propose conceptual models targeting the circulation paths and the main water-gas-rock interaction processes.
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CARUCCI, VALENTINA. "Interazione tra acquifero superficiale e profondo nella Piana di Tivoli (Roma): Approccio multi-isotopico e modello numerico geochimico." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11573/918666.

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Abstract:
Interaction between shallow and deep groundwater flow systems has been investigated in the Tivoli Plain aquifer system (Rome, Central Italy). During the last decade an intense activity in the travertine quarries in the Acque Albule Basin has caused a significant drop in the water table of the shallow travertine aquifer. As a consequence, subsidence and high instability risk are affecting buildings in this area constructed on top of Holocene sediments composed of mainly silty clay with high level of organic content, which are underlying by travertine deposits. A multi-isotope approach was used to have a better understanding of interactions between shallow and deep aquifers and to improve the knowledge of the hydrogeological conceptual model, which has implication for groundwater management in the Tivoli plain. Environmental isotopes are largely used for investigation of water origin, residence time and flowpaths (Kendall et al., 1998; Coplen et al., 1999). They are also useful for a better understanding of chemical reactions during water-rock interaction. A combined hydrogeologic and isotopic investigation using chemical and isotopic tracers such as SO4/Cl, δ18O, δ 2H, 87Sr/86Sr, δ34S, and δ13C was carried out in order to determine the sources of water recharge to the aquifer, the origin of solutes, and the mixing processes, in the Tivoli Plain, a Quaternary basin filled by travertines (Faccenna et al., 2008). The study area is located 30 km East of Rome. The recharge areas for the shallow groundwater in the travertine aquifer are supposed to be the carbonate ridges of Lucretili and Tiburtini mountains (Capelli et al., 2005: Petitta et al., 2010). The travertine aquifer also receives a contribution of mineralized fluids from a deep aquifer contained in the buried meso-cenozoic carbonates, which are separated from the shallow aquifer by low-permeability volcanic and clayed deposits. Representative samples of the water cycle in Tivoli Plain, which included springs, lakes, deep groundwater and water from the quarries were sampled for chemical and isotope analysis. Base-flow springs are generally saturated or oversaturated with respect to calcite, which explains the travertine formation (Minissale et al., 2002). A large number of samples including groundwater and surface water were collected in the Acque Albule Basin, while other samples come from the recharge area (S4, S5, S6, P6) (Fig. 3.2). S2 is a spring located out of the Basin, which is directly fed by a deep contribution from buried carbonate bedrock. Major ion chemistry data showed a groundwater stratification in the travertine aquifer, associated with mixing of the shallow groundwater with discharge mineralized fluids from the deep aquifer, partially enhanced by increasing pumping in the quarries. Results indicate that the hydrochemistry of groundwater in Tivoli Plain and adjacent recharge areas is characterized by a mixing among three end-members: A. groundwater of recharge area, B. groundwater of the shallow travertine aquifer (Acque Albule Basin), C. groundwater of deep carbonate aquifer. The end-members are represented by three different geochemical facies: Facies A: Ca – HCO3 type groundwater: TDS (0-0,8 g L-1); SO4 (0-250 mg L-1); DIC (0-7 mmol kg-1); EC (0-2 mS cm-1). Facies B: Ca – HCO3–SO4 type groundwater: TDS (0,8-2,4 g L-1); SO4 (250-800 mg L-1); DIC (7-16 mmol kg-1); EC (2-3,5 mS cm-1). Facies C: Ca-Mg – HCO3-SO4 type groundwater: TDS (2,4-3,6 g L-1); SO4 (800-1200 mg L-1); DIC (16-18 mmol kg-1); EC (3,5-4,5 mS cm-1). A multi-isotope approach (18O, 2H in water, 34S and 18O in sulphate, 13C in DIC and 87Sr/86Sr ratios) has been adopted in the study to obtain a better understanding of interactions between shallow and deep groundwater. The stable isotope data, collected in rain stations at different altitude and in groundwater, suggest the existence of different flowpaths and mixing of shallow groundwater associated with recharge in the Tivoli Plain. Based on seasonal changes in 18O and 2H, the recharge contribution coming from the carbonate ridges to deep groundwater has also been documented. The 13C data in DIC show a wide range in 13C values that varies between -12.3‰ and +8.6‰. The more depleted 13C values are considered representatives of the recharge area, where a input of soil CO2 occurs during rainfall infiltration mixing with DIC from dissolution of carbonates. Samples from Acque Albule Basin show values between +0.4‰ and +8.6‰, where an input of 13C enriched CO2 is associated with a deep contribution of hydrothermal fluids from the buried carbonate aquifer. The correlations in chapter 4 show two separated sources for DIC in the water samples, with some samples (P5, S6, C4) placed in intermediate position, justified by the influence by mixing processes. The 34S and 18O data in sulphate also highlight the existence of two different sources for dissolved sulphates: the groundwater collected in Acque Albule Basin have sulphates which can be associated to the Triassic evaporites of the deep aquifer; otherwise, sulphates of secondary origin from the shallow aquifer characterize samples collected in the recharge area. The positive values of 34S (> 10‰) may exclude sulphate reduction as main process in sulphate contribution, especially because it could not explain the high sulphate concentration of the B-C facies. A possible relationship between dissolved sulphates and the occurrence of H2S uprising fluids in the shallow aquifer can be discarded. Finally, the 87Sr/86Sr data with values ranging between 0,7076 and 0,7082 confirm that the contribution of dissolved solutes is associated with two sources: marine carbonates from the deep aquifer (groundwater influenced by deep flowpaths); continental and volcanic deposits in case of the shallow aquifer (groundwater having not interaction with deep flowpaths). An Inverse Model carried out with Phreeqc 2.16 by Parkhurst & Appelo (1999) has developed a theoretical geochemical evolution with water-rock interaction processes. According to an inverse mixing model, it is possible to conclude that both dissolution/precipitation and ion exchange processes are the key of geochemical evolution along groundwater flowpath, confirmed also by the calculated mixing between deep and shallow aquifers. The chemical and isotope tracers provided information for distinguishing different sources of dissolved salts and different groundwater circulation in the Tivoli Plain. The results of this study have improved the hydrogeological conceptual model, which can be summarized as follows: • the Ca-HCO3 groundwater type represents a flow system fed directly by meteoric water in carbonate ridges of Lucretili and Tiburtini mountains, surrounding the Tivoli Plain. The flow system is subdivided in a shallower one, that fills directly the travertine aquifer of the Acque Albule Basin, and in a deeper one, circulating in the buried carbonate bedrock; • the Ca-Mg–HCO3-SO4 groundwater type represents a deeper circulation having a contribution of high salinity fluids, uprising from the deep carbonate aquifer, probably related to the Colli Albani volcanic district. Mixing processes, which characterize the travertine shallow aquifer have been recognized in several water samples, especially inside the quarries area. In this area the mixing between the two components is widely enhanced by the recent occurrence of intense pumping activity (Prestininzi, 2008). The chemistry of samples in this area corresponds to a Ca–HCO3–SO4 groundwater type. Deep saline fluids rise and mix with recharge water in the shallow aquifer, evolving across dissolution/precipitation and ion exchange processes. The 18O, 2H and 87Sr/86Sr isotope values confirmed the meteoric origin of the groundwater and the different flowpaths influencing the hydrochemistry composition of groundwater in Tivoli Plain. The existence of two different sources of groundwater is supported by the results of 34S data in sulphates and 13C data in DIC. Both these two tracers support the existence of mixing in the shallow aquifer, showing intermediate values in the samples which are characterized by relative lower salinity.
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SPURIO, ANGELICA. "Il ruolo della geologia e della geochimica nella tracciabilità geografica di prodotti alimentari DOP mediante l’uso del rapporto isotopico 87Sr/86Sr." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1235416.

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Abstract:
In questo lavoro viene studiata l’applicabilità del marker isotopico dello Sr come tracciante di prodotti caseari, quali i formaggi Pecorino Romano DOP del Lazio e Castelmagno DOP, per verificare l’esistenza di una correlazione con l’areale di origine, in modo da legare il prodotto al sito geografico di provenienza. Il rapporto 87Sr / 86Sr è stato determinato in campioni di rocce, suolo, vegetazione, acqua, latte fresco e formaggio, per definire le composizioni isotopiche della filiera di produzione di questi due formaggi tipici italiani prodotti in due diverse aree geografiche contraddistinte da una geologia peculiare. I campionamenti sono avvenuti nell’arco di tre anni in differenti stagioni. In aggiunta sono state effettuate le analisi isotopiche di carbonio (C) e azoto (N) di selezionati campioni e determinate le concentrazioni di alcuni metalli (Ga, As, Se, Rb, Sr, Cd, Cs, Ba, Tl, Pb, Bi and U) e di terre rare (REE) nei diversi campioni. Per formaggio Pecorino Romano DOP del Lazio si è osservato che le composizioni isotopiche dello Sr delle rocce (0.710479 – 0.710765) e dei suoli (0.709216 – 0.710408) indicano una provenienza di questo formaggio da un’area caratterizzata da una sostanziale uniformità geologica, come il Nord del Lazio. I diversi campioni di erba (87Sr/86Sr = 0.709458- 0.710341), di latte ( 87Sr/86Sr = 0.709341 – 0.710264) e formaggio Pecorino Romano DOP del Lazio ( 87Sr/86Sr = 0.710013 - 0.710100) risultano avere composizioni isotopiche dello Sr sovrapponibili, confermando l’assenza di un frazionamento significativo dovuto a processi metabolici e/o di produzione. Inoltre le analisi ripetute nell’arco di tre anni hanno evidenziato un’assenza di frazionamento dovuto alla stagionalità. Questo fa presuppore come il marker isotopico dello Sr possa essere uno strumento utile per la caratterizzazione delle filiere produttive di prodotti caseari DOP. Infine il confronto dei valori isotopici dello Sr di campioni di Pecorino Romano DOP provenienti dal Lazio e dalla Sardegna (0.709171 – 0.709859) mostra le potenzialità del marker isotopico dello Sr nell’ambito della tracciabilità geografica. Tuttavia per caratterizzare l’origine geografica di alcuni campioni di Pecorino Romano DOP, campioni italiani e stranieri, che riportano in etichetta come area di produzione la regione Sardegna, il rapporto isotopico dello Sr è stato associato ad ulteriori parametri come le analisi isotopiche di elementi stabili leggeri (C e N), la determinazione delle concentrazione delle REE e di determinati metalli, dimostrando come un approccio multi-isotopico possa essere valido nel discriminare l’origine geografica di prodotti caseari DOP. L’applicabilità della sistematica isotopica dello Sr è stata utilizzata per caratterizzare la filiera produttiva del formaggio Castelmagno DOP. Le composizioni isotopiche dello Sr delle rocce (0.707765- 0.712842) e dei suoli ( 0.707756 – 0.709001 ) evidenziano come l’area sia caratterizzata da una certa eterogeneità geologica, che si ripercuote sul valore isotopico dello Sr dell’erba (0.708241 – 0.709646), del latte (0,709421 – 0,709644) e di conseguenza del formaggio Castelmagno DOP (0.709169 - 0.709777). Per comprendere meglio il rapporto tra geologia e tracciabilità alimentare in zone contraddistinte da complessità geologica, il rapporto isotopico dello Sr è stato associato alla determinazione delle concentrazioni di REE di alcuni campioni. In conclusione, la sistematica isotopica dello Sr risulta essere un promettente strumento per caratterizzare le filiere produttive di formaggi DOP e per discriminarne. Tuttavia, nel caso di aree produttive con una marcata complessità geologica si ritiene opportuno associare alla composizione isotopica dello Sr ulteriori dati analitici.
This work examines the applicability of the isotopic marker of strontium (Sr) as a tracer of dairy products to Protected Designation of Origin (PDO), such as Pecorino Romano PDO cheese from Latium and Castelmagno PDO cheese, to verify the existence of a correlation with the original area so to bind the product to the geographical site of origin. 87Sr/86Sr ratio was determined in samples of rocks, soil, vegetation, water, fresh milk and cheese; in order to define the isotopic compositions of production chain of these two typical Italian cheeses produced in two different geographical areas distinguished by a peculiar geology. Sampling took place over two years in different seasons. In addition, the isotopic composition of carbon (C) and nitrogen (N) analyzed of selected samples were carried out and determined the concentrations of some metals (Ga, As, Se, Rb, Sr, Cd, Cs, Ba, Tl, Pb, Bi and U) and Rare Earths Elements (REE) in the various samples. For what concerns the Pecorino Romano PDO cheese from Latium, it was observed that the isotopic composition of the Sr of rock (0.710479-0.710765) and of the soils (0.709216-0.710408) indicate a provenance from an area characterized by substantial geological uniformity, such as Norther of Latium. The different samples of grass (87Sr/86Sr = 0.709458-0.710341), of milk (87Sr/86Sr = 0.709341-0.710264) and Pecorino Romano DOP from Latium (0.710013-0.710100) result in Sr isotopic composition of overlapping, confirming the absence of significant fractionation due to metabolic processes and/or production. In addition, repeated analyses over a period of two years showed an absence of fractionation due to seasonality. This presupposes that the isotopic marker of the Sr can be a useful tool for the characterization of the production chains of dairy products. Finally, the comparison of the Sr isotopic values of samples Pecorino Romano PDO from Latium and Sardinia (0.709171-0.709859) shows the potentials of the isotopic marker of the Sr in the field of geographical traceability. However, to characterize the geographic origin of some samples of Pecorino Romano PDO, Italian and foreign samples, with the region of Sardinia on the label, the isotopic ratio of the Sr has been associated with further parameters such as the isotopic analysis of stable light elements (C and N), the determination of the concentration of REEs and certain metals, demonstrating how a multi-isotopic approach can be valid in determining the geographical origin of PDO dairy products. The applicability of Sr isotopic systematics has been used to characterize the production chain of Castelmagno PDO cheese. The isotopic compositions of the Sr of the rocks (0.707765- 0.712842) and of the soils (0.707756 - 0.709001) show how the area is characterized by a certain geological heterogeneity, which affects the isotopic value of the grass Sr (0.708241 - 0.709646), of milk (0.709421 - 0.709644) and consequently the Castelmagno PDO cheese (0.709169 - 0.709777). To better understand the relationship between geology and food traceability in areas characterized by geological complexity, the isotopic ratio of Sr has been associated with the determination of REE concentrations of some samples. In conclusion, Sr isotopic systematic is a promising tool to characterize the production chains of PDO cheeses and to discriminate them. However, in the case of production areas with a marked geological complexity, it is considered appropriate to associate additional analytical data to the Sr isotopic composition.
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