Academic literature on the topic 'Geochimica Acque'

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Dissertations / Theses on the topic "Geochimica Acque"

1

Vergara, Sassarini Natalia Amanda. "Analisi geochimica delle acque iperacide del lago craterico del vulcano Kawah Ijen (Java, Indonesia)." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9050/.

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Abstract:
I laghi vulcanici sono corpi idrici che si posizionano all’interno di crateri originatisi da eruzioni idrotermali, idrovulcaniche o magmatiche. Dato il particolare ambiente di formazione di questi bacini, le condizioni fisico-chimiche delle loro acque riflettono l’influenza dei diversi “input” vulcanici quali gas e fluidi che risultano dall’interazione tra le acque sotterranee e i fluidi rilasciati da un corpo magmatico in profondità. Il presente lavoro consiste nella caratterizzazione geochimica delle acque del lago craterico del Kawah Ijen e nella definizione dei principali processi che la controllano, come i processi di diluizione, degassamento e precipitazione di fasi minerali. Tale definizione è la base conoscitiva necessaria per una più realistica interpretazione delle eventuali variazioni geochimiche spazio-temporali
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2

Zavagno, Enrico. "Interazione tra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7348.

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Abstract:
2010/2011
Riassunto: Nell’ambito del dottorato è stata esaminata l’interazione tra le acque marine e le acque di falda in un’area della Bassa Pianura Friulana che si colloca all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) della Laguna di Grado e Marano. Il SIN è stato oggetto di diversi studi da parte dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG). Per questo motivo è stata instaurata una collaborazione in particolare con il Settore Laboratorio Unico Regionale – Laboratorio di Udine, che negli anni si è occupato di definire e valutare l’influenza e gli effetti dell’interazione tra le acque lagunari e le falde sotterranee. Quanto elaborato conferma ed integra le teorie ed i risultati sviluppati da ARPA FVG e fornisce ulteriori dati e prove della presenza e degli effetti del cuneo salino. La ricerca ha permesso di approfondire le conoscenze relative all’interazione fra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana. Questo fenomeno si verifica laddove le acque saline del mare e della laguna risalgono i tratti terminali dei corsi d’acqua (ingressione marina) e, infiltrandosi all’interno dei depositi permeabili che ne costituiscono l’alveo, raggiungono le falde sottostanti determinandone la salinizzazione (intrusione salina). Tutti i corsi d‘acqua della Bassa Pianura Friulana sono soggetti ad ingressione marina, la cui intensità dipende dalle portate e dalla morfologia del loro alveo. Per questo si sono effettuati profili di conducibilità elettrica e temperatura all’interno di alcuni dei principali corsi d’acqua e dai dati ottenuti si è elaborata una mappa relativa alla massima ingressione marina. All’interno degli alvei dei Fiumi Aussa, Corno e Stella, inoltre, sono state installate delle stazioni di misura con sonde per il monitoraggio in continuo dei valori di conducibilità elettrica, temperatura ed oscillazione del livello piezometrico. La stazione di monitoraggio sul Fiume Corno (che ricade all’interno del SIN della Laguna di Grado e Marano), data la sua posizione strategica, è stata mantenuta attiva per un periodo di 7 mesi, permettendo di effettuare delle comparazioni dei parametri registrati in continuo con i dati di livello del mareografo di Marano Lagunare (Protezione Civile) e con quelli registrati all’interno di diversi piezometri. L’elaborazione informatica di nuovi dati stratigrafici raccolti per questa parte del SIN della Laguna di Grado e Marano si è concretizzata in un modello idrostratigrafico (dal piano campagna a 35 m di profondità), basato sul grado di permeabilità dei depositi che costituiscono l’area oggetto dello studio delle falde sotterranee. Dal modello sono state estratte diverse sezioni che hanno evidenziato la presenza di tre falde principali. La più superficiale, falda “0”, posta tra 0 e 5 m da p.c., è caratterizzata da una forte discontinuità laterale e da materiali a moderata permeabilità. La falda intermedia, falda “1”, è posta generalmente fra 8 e 20 m da p.c., è continua lateralmente ed è costituita prevalentemente da materiali permeabili. La falda più profonda, falda “2”, è posta fra 25 e 35 m da p.c., costituita da materiali permeabili, risulta discontinua alla scala considerata (questa falda non è stata oggetto di studio dal punto di vista geochimico). Diverse sezioni idrostratigrafiche trasversali al Fiume Corno hanno messo in evidenza che in alcuni tratti l’alveo del fiume poggia direttamente su materiali permeabili, che permettono la comunicazione tra le acque del fiume e le falde “0” e “1”, causandone la salinizzazione. Per determinare le caratteristiche geochimiche delle acque sotterranee nell’area di studio, sono stati monitorati, con diverse metodiche, 41 piezometri. Per ognuno di essi è stato effettuato almeno un profilo di conducibilità elettrica e temperatura per verificare le variazioni di questi due parametri con la profondità. Si sono quindi evidenziati i piezometri al cui interno sono presenti acque saline stratificate, significative della miscelazione delle acque di falda con quelle marine. Per mezzo di sonde multiparametriche sono stati monitorati in continuo 13 piezometri, di cui 2 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “0” e i restanti 11 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “1”. I valori dei livelli piezometrici hanno evidenziato oscillazioni con frequenze paragonabili a quelle delle maree e ampiezze attenuate in modo differente da piezometro a piezometro. Confrontando i dati ottenuti con quelli relativi alle misure in continuo effettuate all’interno del Fiume Corno, è stata verificata la presenza di una relazione, in 6 piezometri, tra il corso d’acqua superficiale e le due falde sottostanti, confermando quanto mostrato dalle sezioni idrostratigrafiche. Inoltre, i valori di conducibilità elettrica, ottenuti dalle misure in continuo, hanno confermato ancora una volta quanto già evidenziato dai profili verticali e cioè la presenza di acque di origine marina. A supporto delle misure in continuo e dei profili verticali di conducibilità elettrica e temperatura, sono stati effettuati numerosi campionamenti puntuali volti a caratterizzare dal punto di vista geochimico le acque sotterranee. Per quanto concerne la geochimica tradizionale sono stati prelevati campioni d’acqua per la determinazione di: pH, Eh, T, EC, O2, S2- e Fe tot. Questi parametri sono stati utili per definire alcune peculiarità delle falde monitorate. La determinazione delle concentrazioni di ferro totale disciolto, abbinato alle misure di EC effettuate in diverse condizioni di marea, si è dimostrata utile per definire un metodo di campionamento il più possibile idoneo, ripetibile e riproducibile in funzione delle specifiche problematiche presenti nell’area di studio. Il metodo infatti tiene in considerazione variabili di campo quali tempo, volumi e velocità di spurgo, posizione della pompa, diversi pretrattamenti del campione e variabili esterne come la marea, che possono modificare i valori dei principali parametri fisici e le concentrazioni degli ioni presenti nelle acque prelevate, così da ottenere un campione il più possibile rappresentativo della falda monitorata. Per 18 piezometri sono stati resi disponibili dal Laboratorio Unico Regionale - ARPA FVG i dati relativi ai principali componenti chimici, provenienti dalle campagne di monitoraggio degli anni compresi fra il 2006 e il 2011. Questi dati sono stati utili per determinare le facies chimiche a cui appartengono le acque presenti nella falda “0” e “1”. Attraverso l’elaborazione di diagrammi qualitativi si è potuta verificare la presenza di acque a facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca, a facies cloruro alcalina e acque a composizione intermedia. Si è dunque avuta la conferma, anche dal punto di vista chimico, della presenza di acque dolci (facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca) mescolate con diverse intensità ad acque di origine marine (facies cloruro alcalina). Risolutiva è infine stata la determinazione, per alcuni piezometri, dei valori di δ18O e δD. I valori dei rapporti isotopici di alcuni piezometri sono risultati maggiori rispetto ai valori isotopici medi delle piogge locali ad ulteriore conferma della presenza di miscelazione fra acque di falda e acque di origine marina. Inoltre, a seguito di campionamenti effettuati ad intervalli regolari durante lo spurgo di alcuni piezometri, si è osservato una decisa variazione dei rapporti isotopici nel tempo, evidentemente dovuta al richiamo di acque a composizione isotopica diversa da quella che caratterizza la falda all’inizio dell’emungimento. Si può quindi affermare con sicurezza che le acque saline del mare, attraverso la laguna, risalgono per ingressione marina il Fiume Corno per diversi chilometri e in corrispondenza dei depositi più permeabili che costituiscono l’alveo si infiltrano, mescolandosi con le acque dolci che caratterizzano la falda “0” e la falda “1” sottostanti. I risultati ottenuti confermano in modo inconfutabile alcune delle tesi già maturate ed affermate da ARPA FVG per il SIN di Grado e Marano (Lutman A. & Pezzetta E., 2007; Pezzetta E. & al., 2008; Pezzetta et al., 2011) La tesi in oggetto costituisce la chiave di volta per spiegare la presenza di squilibri nel chimismo delle acque sotterranee derivanti dalle naturali interazioni con la laguna ed il mare. Di conseguenza supporta e approfondisce le relazioni formulate dall’Agenzia sui valori di fondo nell’area del SIN e risulta di fondamentale importanza per lo sviluppo attuale e futuro dell’area industriale. Inoltre, in generale fornisce indicazioni utili e suggerimenti pratici in merito al corretto, efficace ed efficiente monitoraggio delle acque sotterranee in aree soggette al cuneo salino.
XXIV Ciclo
1981
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3

Bulian, Francesca. "Analisi geochimica ed ambientale di sedimenti ed acque del lago di Veovaca (Vares- Bosnia ed Erzegovina)." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9047/.

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Abstract:
Il lavoro svolto nella zona di Vareš, in particolare nella zona del lago di Veovača ha investigato diverse matrici ambientali (sedimenti, suoli, acque) per valutare le loro caratteristiche e la loro qualità. Nella zona è stata presente in passato attività estrattiva e di lavorazione dei minerali estratti, da qui la necessità di questo studio esplorativo. Il lavoro svolto si divide in tre fasi: campionamento, svolto in quattro giorni passati in campagna; analisi dei campioni raccolti e interpretazione dei risultati. Sono state campionate acque e sedimenti in punti interni al lago, altri in corrispondenza delle sue sponde e punti lungo la diga. Sul materiale solido sono state svolte analisi di spettrometria di fluorescenza a raggi X, mentre sulle acque sono state applicate tecniche di spettrometria di assorbimento atomico (AAS), spettrometria di emissione al plasma induttivamente accoppiato (ICP-AES) e cromatografia ionica oltre che a misure di parametri chimico-fisici in campo. Sono stati poi valutati i risultati, attraverso il confronto con banche dati di riferimento ed elaborazioni statistiche e grafiche. Si tratta di uno studio preliminare effettuato su un piccolo numero di campioni e perciò solo indicativo e non in grado di fornire risposte definitive sulla condizione ambientale dell'area. Tuttavia queste prime informazioni consentono di delineare un quadro nel quale future indagini potranno approfondire aspetti e problemi critici per la qualità ambientale.
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4

Gridelli, Mattia. "Caratterizzazione geochimica di acque, sedimenti e suoli, in un'area prossima ad un impianto di trattamento per rifiuti non pericolosi." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12054/.

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Abstract:
La produzione mondiale di rifiuti rappresenta un tema molto discusso e una sfida per la comunità globale. In questo frangente le direttive europee promuovono una politica di riduzione, riuso e riciclo del rifiuto; tuttavia gli impianti di discarica sono ancora una questione aperta. Di conseguenza, l’analisi ambientale pedologica e geochimica, in tali siti è di estrema importanza per verificare la capacità dell’ambiente, di supportare tale attività senza essere contaminato. Nel presente studio abbiamo considerato un impianto di trattamento per rifiuti non pericolosi, situato nel bacino idrografico del rio Rondinella, appartenente al bacino del fiume Santerno, in Emilia-Romagna, Italia. Lo scopo dello studio era di: a) definire lo stato di qualità ambientale generale dell’area rispetto alle normative di riferimento; b) verificare eventuali modificazioni nelle caratteristiche delle matrici ambientali, derivanti dall’attività di discarica. Grande attenzione è stata posta al piano di campionamento, che ha interessato l’intero bacino del rio Rondinella e una parte di due bacini attigui, quello del rio Sanguinario e quello del rio Naretta. La caratterizzazione dei suoli e dei sedimenti è stata effettuata con rilievi pedologici e tecniche di analisi geochimica come la fluorescenza a raggi X (XRF), la spettrometria in assorbimento atomico a fiamma (FAAS) e la spettrometria in assorbimento atomico a fornetto di grafite (GFAAS). Sono stati applicati metodi di analisi statistica, con lo scopo di effettuare un confronto tra i nostri risultati e quelli ottenuti in altri studi. Nei suoli non sono state misurate concentrazioni superiori ai limiti fissati dal D.lgs. 152/2006. Per i sedimenti, le variazioni osservate nei valori di concentrazione sono per lo più imputabili a differenze litologiche e granulometriche, fra i siti. In riguardo alle acque, il loro lo stato ecologico rispetta gli obiettivi riportati nel D.lgs. 152/2006.
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5

Orecchia, Cristina. "Recupero, elaborazione e interpretazione dei parametri idrochimici delle acque sotterranee della pianura Padana dai database delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23363/.

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Abstract:
Per la realizzazione di questo studio sono stati cercati i dati riguardanti le caratteristiche chimico-fisiche delle acque sotterranee raccolti dalle ARPA di Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna nel 2018. I dati ottenuti sono stati elaborati per costituire un unico database e, per ottenere questo risultato, è stato necessario omogeneizzare il più possibile i dati originali, che erano eterogenei in termini di parametri analizzati, completezza dei dati, coordinate geografiche dei punti di campionamento e limiti di rilevabilità individuati per ciascun elemento. Sono stati stabiliti sei gruppi di campioni, distinti in funzione della tipologia di acquifero in cui circolano le acque (freatico, semiconfinato, confinato) e della stagione di campionamento (primavera-estate, autunno- inverno). I campioni sono stati classificati in funzione della temperatura, del pH, della durezza e della conducibilità elettrica. Le acque sono state classificate in funzione degli ioni dominanti tramite diagrammi di Langelier-Ludwig e sono stati analizzati, tramite cartografie, i principali ioni disciolti, per valutare l’origine delle acque. Sono state valutate anche le concentrazioni di NO3-, NH4+, Fe2+, Mn2+, As3+, Crtotale, Cr VI, Ni2+, Zn2+. Le acque sono state classificate prevalentemente come Ca-HCO3 e Ca-Mg-HCO3 (90%). A livello locale sono state rilevate acque Na-HCO3, Mg-HCO3, Ca-SO4, Na-Cl e Ca-Cl. Negli acquiferi freatici sono state riscontrate contaminazioni da NO3- ed elevate concentrazioni di Na+, K+ e NH4+ attribuibili a fonti antropiche. Negli acquiferi confinati sono stati rilevati valori superiori ai limiti normativi di NH4+, Fe2+, Mn2+, As3+, riconducibili a processi naturali di degradazione della materia organica. Lo stesso è stato riscontrato per il cromo e il nichel, rilevati in concentrazioni elevate in corrispondenza di affioramenti ofiolitici. Non sono state trovate giustificazioni per gli elevati valori di Zn.
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6

Boschin, Walter. "Studi per la messa a punto di un sit geologico stratigrafico e geologico applicato-il sit delle aree carsiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3682.

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Abstract:
2008/2009
L’obiettivo principale del lavoro è stato la creazione di un Geodatabase per raccogliere, in un ottica di tipo interdisciplinare, dati relativi agli aspetti geologici, geomorfologici ed idrogeologici delle aree carsiche che ricadono nel territorio della Regione Friuli Venezia Giulia, costruendo così un valido punto di partenza per diverse applicazioni che spaziano dall’ambito puramente scientifico a quello di gestione e salvaguardia di queste peculiari zone. Per la realizzazione di questo progetto è stato necessario un primo lavoro di raccolta dati, facendo riferimento sia a banche dati esistenti sia effettuando talvolta rilevamenti mirati sul territorio. In seguito i dati raccolti sono stati elaborati e standardizzati per consentire la creazione del Sistema Informativo Geografico. A questo scopo ci si è avvalsi delle potenzialità del software GIS ArcGIS 9.1 che ha consentito appunto di creare il Geodatabase. Tramite i dati raccolti e strutturati in livelli tematici è stato possibile ricavare il quadro completo relativo alla distribuzione dei fenomeni carsici nella regione Friuli Venezia Giulia. Successivamente, anche al fine di predisporre gli elementi per la creazione di un catasto delle aree carsiche della Regione Friuli Venezia Giulia è stato ricercato un metodo di classificazione e suddivisione delle aree carsiche riconosciute. In particolare è stata elaborata una metodologia di suddivisione che prevede l’individuazione di quattro livelli territoriali di approfondimento l’ultimo dei quali è rappresentato dalle Aree carsiche intese come unità omogenee dal punto di vista geomorfologico ed i cui confini rappresentano i limiti di un idrostruttura. La definizione dei confini delle aree è infatti avvenuta tenendo conto principalmente di fattori di ordine idrogeologico e quindi di ordine geomorfologico. Ai fini dell’individuazione dei confini delle aree carsiche sono in stati utilizzati tutti i livelli disponibili del GDB creato. Per definire le caratteristiche di ogni area si è fatto riferimento ai diversi livelli tematici del GIS e per implementare ulteriormente le informazioni ad esse afferenti sono stati creati per ognuna dei DEM a partire dalla CTRN. Per consentire una maggiore fruibilità dei dati contenuti nel Sistema Informativo Geografico sono stati gettati i presupposti per la creazione di un Catasto Aree Carsiche del Friuli Venezia Giulia. In particolare le informazioni relative ad ognuna delle Aree carsiche sono state sintetizzate e convogliate all’interno di schede catastali progettate e realizzate scegliendo una serie di campi standard che possano essere adattati a tutte le Aree.
XX Ciclo
1979
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7

Treu, Francesco. "Studi per la messa a punto di un sit geologico stratigrafico e geologico applicato:il sit delle sorgenti." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3625.

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Abstract:
2008/2009
Il lavoro di tesi è consistito nella creazione di un Sistema Informativo Territoriale dedicato alle sorgenti d’acqua presenti nel territorio della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il SIT realizzato è stato in grado di rispondere positivamente alle aspettative e ai propositi che ci si era prefissati, ovvero quelli di ottenere un quadro delle conoscenze sulle emergenze d’acqua presenti in regione abbastanza completo e di produrre, al contempo, uno strumento informatico valido, sicuro e flessibile per l’archiviazione e l’elaborazione delle informazioni inerenti le stesse. Il lavoro svolto ha permesso anche di sviluppare alcuni semplici procedimenti, per lo più informatici, d’ausilio alle operazioni di revisione, validazione, omogeneizzazione, assemblaggio e accorpamento di dati e metadati e di individuazione di punti omologhi. Inoltre, il progetto ha permesso di fornire utili suggerimenti per il miglioramento, in previsione futura, della qualità dei procedimenti di rilevamento e di acquisizione dati riguardanti le sorgenti. Il materiale che è stato inserito nel SIT è, al momento, costituito da buona parte di quello reperito presso tre principali fonti di dati, rappresentate rispettivamente dal Dipartimento di Geoscienze dell’Università degli Studi di Trieste, dal Servizio Idraulica della Direzione Centrale all’Ambiente e Lavori Pubblici e dal Dipartimento Provinciale di Udine dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Solo da esse sono state raccolte informazioni relative complessivamente a ben 1342 sorgenti, diventate 934 in seguito alla individuazione dei punti omologhi e all’accorpamento dei dati. Per queste emergenze si dispone ora di una significativa quantità di dati associati (localizzazioni, portate, utilizzi, analisi idrogeochimiche delle acque...) e documentazioni allegate. Il SIT sviluppato, sebbene per certi versi sia da considerare ancora un prototipo e necessiti di alcune implementazioni, si è mostrato uno strumento utile per la gestione ed elaborazione di dati inerenti le sorgenti. Inoltre, malgrado i dati immessi racchiudano al proprio interno ancora alcuni elementi di incertezza e il numero delle sorgenti catastate sia al momento esiguo (se rapportato alla quantità di quelle effettivamente presenti sul territorio), il progetto può già rappresentare un buon quadro di riferimento a livello regionale. Si auspica che esso, con le dovute integrazioni e aggiornamenti, possa divenire nel tempo un efficace strumento per la programmazione delle strategie volte alla tutela e alla gestione delle acque sorgive. Andando in dettaglio, la creazione del SIT è stata una operazione molto complessa, che si è svolta in più fasi, eseguite in sequenza, in parallelo o secondo cicli iterativi. L'analisi dei requisiti è avvenuta in parallelo alla raccolta e disamina dei dati e metadati ed è servita ad ottenere le informazioni necessarie per la pianificazione dello sviluppo del SIT. L’analisi dei requisiti informatici, in particolare, è stata compiuta all’inizio del progetto, al fine di poter essere quanto prima operativi. Essa è stata condotta in parallelo, per garantire la piena compatibilità e interoperabilità, ed ha portato alla scelta di Windows quale Sistema Operativo (nelle versioni XP Pro e Vista) e di Microsoft Access e ESRI ArcGIS quali software RDBMS e GIS rispettivamente. L’accoppiata software si è rivelata vincente, grazie anche alla piena interoperabilità conseguente alla scelta dell’utilizzo del Personal Geodatabase quale modello di dati. L’utilizzo di quest’ultimo è stato ritenuto più che sufficiente per le finalità del progetto di lavoro, avvenuto in configurazione “stand alone” (qualora sorgesse la necessità di un passaggio in versione “multiutente in scrittura” o “web”, entrambi i software permettono una vasta gamma di possibilità di conversione del modello e formato di dati in configurazioni di tipo “client server” e “web gis”). La raccolta dei dati e metadati relativi alle sorgenti d’acqua della Regione Friuli Venezia Giulia è stata svolta in parallelo all’analisi dei requisiti del SIT ed è stata accompagnata da nuove operazioni di rilevamento e acquisizione dati, eseguite nell’ambito delle collaborazioni alle attività di ricerca del Dipartimento di Geoscienze. La ricerca bibliografica si è concentrata dapprima sul materiale già a disposizione del Dipartimento di Geoscienze (che ha ereditato i lavori e la mole di dati raccolti ed elaborati dall’ormai divenuto ex Dipartimento di Scienze Geologiche Ambientali e Marine, assorbito in esso all’inizio dell’anno 2010). Successivamente, l’attenzione si è rivolta a fonti esterne. Complessivamente è stata raccolta una notevole mole di documenti e dati, allo stato cartaceo o già digitali, questi ultimi però distribuiti “a macchia di leopardo” sul territorio e caratterizzati da dissimiglianze, disomogeneità e gradi di qualità non sempre comparabili, conseguenti alla provenienza da diverse tipologie di fonti informative. La fase successiva, relativa alla correzione dei dati reperiti e alla definizione di criteri di accettazione, è avvenuta avvalendosi di procedure informatiche e si è resa indispensabile per garantire standard di qualità e precisione al progetto. L’identificazione delle problematiche connesse ai dati, inoltre, ha messo in evidenza la necessità di dover disporre, già in fase di controllo e validazione, delle funzionalità di ArcGIS. Questa esigenza è nata soprattutto per facilitare la revisione delle coordinate e l’individuazione dei punti d’emergenza omologhi presenti nelle fonti considerate, operazioni difficili da eseguire in ambiente “non GIS” a causa dell’utilizzo da parte dei diversi studi di una propria codifica per la denominazione delle sorgenti. Uno degli obiettivi dello sviluppo di una base di dati, infatti, è anche l’eliminazione di dati ridondanti e duplicati al fine non solo di ottimizzare le prestazioni, ma soprattutto di accrescere la valenza degli stessi e di consentirne l’analisi integrata. A tal fine è stato creato, fin da subito, un abbozzo del Personal Geodatabase dotato di tematismi accessori integrati, appositamente prodotti a partire da altri già esistenti, atti all’uopo. Le procedure messe in atto, hanno permesso l’assemblaggio e l’accorpamento delle informazioni in un’unica fonte di riferimento priva di duplicati. Parallelamente a queste operazioni è avvenuta la progettazione del Personal Geodatabase vero e proprio, dapprima solo a livello concettuale, quindi logico e poi fisico. La progettazione delle numerose tabelle degli attributi relative alle sorgenti è avvenuta in ambiente Access, tenendo in considerazione non solo le tipologie di dati reperiti ma anche di quelli non ancora acquisiti e tuttavia non meno importanti. Tutto ciò è stato compiuto in prospettiva futura, al fine di creare dei procedimenti di rilevamento e di acquisizione dati il più possibile completi e standardizzati. In visualizzazione struttura, sono stati poi definiti il tipo di dati e le chiavi primarie, sono state compilate le descrizioni ed impostate le dimensioni dei campi, inserite le etichette, le regole di convalida, i domini di esistenza ed eventuali messaggi di errore. Fra le tabelle sono state create complessivamente 22 relazioni, del tipo sia uno a uno, sia uno a molti, dirette o concatenate. Inoltre, al fine di aggiungere funzionalità e consentire un livello maggiore di automazione, sono state sviluppate delle query, alcune solo di semplice utilità, talune di conteggio, altre ancora di calcolo (in particolare dei parametri idrogeochimici), ed inserite macro, richiamate da pulsanti di comando o da eventi associati alle maschere, e tre moduli di codice VBA. Le numerose maschere prodotte contengono codice VBA, destinato all'automazione degli elementi contenuti tramite utilizzo di routine, fanno richiamo alle macro e sono tutte dotate di pulsanti di comando. Esse dispongono, inoltre, di funzionalità di ricerca e di filtraggio avanzate e di autocompilazione delle chiavi su cui si basano le relazioni. Il principale metodo di visualizzazione adottato è consistito nell’utilizzo di più maschere, collegate e sincronizzate fra loro, che possono venire aperte o chiuse a scelta (tramite pulsanti di comando o in automatico, a seconda che contengano o no dati). Questa funzionalità peculiare è stata resa possibile per mezzo di moduli e di macro appositamente create. Con questa tecnica è stato possibile: 1) ridurre l’affollamento dello schermo; 2) consentire il confronto diretto delle informazioni che risiedono in maschere differenti; 3) facilitare l’utilizzo della maschera principale; 4) rendere più veloce il passaggio da record a record. Altra caratteristica degna di interesse è rappresentata dalla funzionalità di multi istanza, che permette di eseguire un qualsivoglia numero di istanze dalla stessa maschera. Questa opportunità si è mostrata molto utile per le operazioni di confronto dati fra maschere dello stesso tipo. Oltre a ciò, al fine di agevolare il più possibile l’inserimento manuale dei dati e ridurre gli errori di compilazione, nelle maschere si è cercato di massimizzare l’utilizzo di: 1) valori di controllo, regole di convalida e domini di esistenza; 2) caselle di controllo ActiveX; 3) funzioni di calcolo e di autocompilazione, tramite query richiamate da routine evento e macro; 4) caselle combinate (di tre tipologie). Successivamente, sempre operando in ambiente Access, sono stati inseriti dei report. Questi sono stati strutturati in maniera tale da ricalcare grossomodo le principali maschere realizzate e da fungere anche da schede di rilevamento. La progettazione del Personal Geodatabase, ovviamente, è stata svolta in seguito anche in ambiente ArcGIS, creando le Personal Geodatabase Feature Class, ridefinendo le relazioni ed effettuando l’operazione di “Join Data”. Terminato lo sviluppo del SIT e le operazioni di assemblaggio dei dati e di popolamento delle tabelle degli attributi, ci si è approntati alla fase di collaudo. I test eseguiti, consistiti nell’inserimento e visualizzazione, nell’editing (sia in ArcMap delle Feature Class, sia in Access delle tabelle degli attributi) e nell’elaborazione e analisi spaziale dei dati, hanno dato riscontri positivi ad indice della buona funzionalità del SIT prodotto.
XX Ciclo
1968
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8

Emili, Andrea. "Processi biogeochimici del mercurio all'interfaccia acqua - sedimento in ambiente lagunare." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4656.

Full text
Abstract:
2009/2010
Il ciclo biogeochimico del mercurio all’interfaccia acqua-sedimento in Laguna di Grado e Marano è stato studiato in situ mediante l’utilizzo di due camere bentiche. Lo studio si è posto come parte integrante del progetto di ricerca “Miracle” per la “Messa a punto di un metodo per l'individuazione delle aree da destinarsi alla venericoltura (Tapes philippinarum) a minor rischio di contaminazione da mercurio in Laguna di Marano e Grado". La sperimentazione è stata condotta stagionalmente in due siti adibiti alla semina a scopo sperimentale della vongola filippina (Tapes philippinarum). Il monitoraggio è stato operato isolando una porzione del sedimento per mezzo sia di una camera bentica “chiara” (trasparente alla luce) che di una camera bentica “scura”, allo scopo di valutare l’effetto della luce sui processi biogeochimici del mercurio. Gli esperimenti hanno permesso di stimare il flusso bentico, dal sedimento alla colonna d’acqua sovrastante, del mercurio totale disciolto, del metilmercurio e del mercurio gassoso disciolto. I flussi sono stati, inoltre, confrontati con una analoga sperimentazione condotta in precedenza in Laguna di Grado. I risultati hanno evidenziato un attivo riciclo delle specie mercurifere, soprattutto per quanto riguarda la riduzione del metallo. Il flusso di metilmercurio alla colonna d’acqua può essere fonte di preoccupazione per la nota capacità di bioaccumulo e biomagnificazione di questo metallo negli organismi acquatici, soprattutto nelle aree dove sono sviluppate le attività di pesca ed acquacoltura. L’attività di ricerca si è inoltre indirizzata allo studio di un altro ambiente lagunare, caratterizzato da una forte contaminazione da mercurio, la Laguna di Ravenna (Pialassa Baiona). La sperimentazione ha permesso di evidenziare come le specifiche caratteristiche ambientali di questo ambiente, più che i livelli di contaminazione, influenzino la mobilità del mercurio all’interfaccia acqua-sedimento, limitando apparentemente la produzione della forma metilata, più tossica e facilmente accumulabile. Benché specificatamente per i siti sperimentali di semina di Tapes philippinarum la mobilità del mercurio appaia non trascurabile e suggerisca maggiori approfondimenti sul ciclo del mercurio nell’area, il comportamento del bacino gradese, anche in confronto alla più contaminata Laguna di Ravenna, evidenzia delle condizioni generalmente più favorevoli alla rimobilizzazione del metallo e, in particolare, alla produzione del metilmercurio.
XXIII Ciclo
1976
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9

NIGRO, ANGELA. "Applicazione di metodi geochimici in aree a intensa pressione antropica. Il caso di studio delle discariche RSU." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/943235.

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Abstract:
In order to identify new survey methods for environmental characterization of areas affected by anthropogenic pressure, several geochemical investigations were conducted in two municipal solid waste landfills of Central Italy: Cerratina landfill and Cerreto landfill. Cerratina landfill is located in an alluvial plain of the lower Sangro river. The area is characterized by a substrate of marine origin formed by clay and sand at the base and coarse sands upwards to sands and conglomerates at the top of the formation. In this area were conducted geochemical investigations on groundwater beneath the landfill. The results of chemical analyses indicate that the samples collected from boreholes located downgradient from the landfill are contaminated. The principal contaminants are Cl-, NH4+, Fe, As, Cr, B, Hg and Zn, which exceed the limit provided by Dlgs 152/2006 during different monitoring campaigns. The boron, tritium and strontium isotopic composition of the collected water samples was analysed to evaluate the principal water-rock interaction processes and source of contamination. The results indicate that contaminated groundwater show highest tritium data and lower δ11B and 87Sr/86Sr ratio. Boron isotopes show that there are two boron sources in the study area, which are geogenic and anthropogenic sources. Sr isotope results show that sample located upgradient from the site presents lower Sr concentration and highest Sr isotopic values, which reflects weathered bedrock, while boreholes located downgradient from the site show lowest Sr values and 87Sr/86Sr ratio, probably due to pollution by landfill leachate. Another important result was obtained by rare earths elements analyses. A positive Gadolinium anomaly was reported for one sample of studied area which reflects the anthropogenic input of the REEs in groundwater. Cerreto landfill is located in an alluvial plain of Lazio, central Italy. The area is characterized by a substrate of continental deposits formed by clay and sand, and alluvial deposits associated with different depositional events of the main rivers presents in the area. Were conducted geochemical investigation on groundwater and soils located in the landfill site. The results show that major and trace elements for soil are below the limit provided by Italian law. Rare earths elements pattern of soils were used to evaluate possible anomalies presence and to investigate soil parent material for identifying background values of study area. The geochemical investigations show that some elements, in topsoil, present higher concentration respect to background values. Geoaccumulation index and enrichment factor show possible contamination phenomena of Ni, Cu, Cd e Pb. The results obtained for groundwater show that Fe, Mn and As exceed the limit provided by Dlgs 152/2006, but according to results obtained for soil, these elements naturally occur in the area so their principal source is geological substrate.
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Critelli, Teresa, Pietro Pantano, Carmine Apollaro, and Luigi Marini. "Geochemical modeling of water-rock interaction in the ophiolitic aquifers of Northern Calabria." Thesis, 2013. http://hdl.handle.net/10955/929.

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Abstract:
Scuola di Dottorato "Archimede" in Scienze ,Comunicazione e Tecnologie, Ciclo XXVI Ciclo XXVI, a.a. 2007-2013
This study was developed in two distinct parts with the ultimate aim to investigate the weathering processes of the metabasalts and serpentinites of Northern Calabria, taking into account the dissolution kinetics of relevant mineral phases. In the first part, a laboratory experimental work has been carried out on two suitably characterized rock samples, a metabasalt and a serpentinite, to determine the whole-rock dissolution rates and, consequently, the kinetic parameters of each constituting mineral in these specific rocks, at 25 °C and different pH values. Mixed-flow reactors were used to perform this experimental work. Incidentally, it must be recalled that: (i) although there are many laboratory studies aimed at the determination of the dissolution rates of separate (single) minerals, less is known about the dissolution rates of individual minerals in multimineralic rocks and (ii) in geochemical modeling, the dissolution rates measured on separate mineral are customarily utilized to estimate the dissolution path of the overall rock, assuming that the dissolution rate of a separate mineral is equal to that of the same mineral in a given rock. However, the experimental results of in this study contradict this hypothesis. Indeed, it turned out that: (i) dissolution rates of individual minerals obtained from the dissolution experiments of whole rocks are significantly different from those of separate minerals and (ii) the dissolution rates of individual minerals exhibit minor differences to each other and appear to be close to the whole-rock rate. This behavior is probably constrained by the sufficiently abundant mineral(s) of lowest dissolution rate, preventing the dissolution of other faster-dissolving mineral grains as long as these do not come in contact with the aqueous phase. The second part of the study has been devoted to simulate the rock-to-water release of elements and their fate in the groundwaters interacting with metabasalts and serpentinites by means of two different reaction-path-modeling approaches. In the first approach, kinetic parameters of relevant minerals were taken from the geochemical literature and the progressive dissolution of metabasalts and serpentinites cropping out in Northern Calabria (Italy) was simulated by means of the EQ3/6 software package, version 8.0, adopting the Double Solid Reactant Method (DSRM). In the second approach, the whole-rock kinetic parameters, retrieved from the dissolution experiments on the metabasalt were used in the modeling exercise. The results of the two reaction-path-modeling approaches are in agreement with analytical data for natural waters but the second approach appears to be more accurate than the first one. The main lesson learned from this study is that the dissolution rates of individual minerals retrieved from the dissolution experiments of whole rocks are significantly different from those of separate minerals. This invalidate the assumption on the equality of these rates which is commonly adopted in geochemical modeling. These findings have important consequences on the understanding of the rock-to-water release of chemical elements and their fate in natural waters.
Università della Calabria
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Books on the topic "Geochimica Acque"

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Indagine geochimica ed isotopica del carico discolto nelle acque ...: Geochemical and isotopic investigation of the dissolved load ... Torino: GEDA, 2008.

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