Academic literature on the topic 'Genetica di popolazione e conservazione'

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Journal articles on the topic "Genetica di popolazione e conservazione"

1

Spagnolo, A. G., and R. Minacori. "Farmacogenetica e Farmacogenomica: aspettative e questioni etiche." Medicina e Morale 51, no. 5 (October 31, 2002): 819–66. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.683.

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Abstract:
La farmacogenetica è stata inizialmente definita come lo studio della variabilità di risposta individuale al farmaco legata all’ereditarietà e alle caratteristiche genetiche personali e familiari. Durante l’ultima decade il termine farmacogenomica ha ulteriormente affinato tale definizione delineando con più precisione gli ambiti e le finalità di questo nuovo ambito scientifico. L’obiettivo è ancora più affascinante e importante: sviluppare e utilizzare nuove terapie farmacologiche personalizzate, più efficaci e meno dannose, utilizzando le scoperte sul genoma umano. Dallo sviluppo di questa nuova applicazione della genetica probabilmente dipenderà anche un mutamento nella prassi medica, con nuovi criteri diagnostici e soprattutto nella possibilità di somministrare delle terapie personalizzate. La genomica applicata alla ricerca farmacologica, oltre alle diverse problematiche tecnico-scientifiche che ancora sono in via di risoluzione, impone anche, per l’ambito di applicazione - il genoma umano, quindi anche la persona umana, e le finalità che si prefigge cioè pervenire a nuove e ottimali soluzioni terapeutiche attraverso la ricerca clinica - un’ampia riflessione etica rispetto ad una pluralità di elementi in gioco. D’altra parte occorre anche considerare che ai vantaggi di una quota di popolazione potrebbero correlarsi svantaggi terapeutici per altre fasce di popolazione minoritarie, perciò è fondamentale che un’ampia e articolata riflessione e adeguate soluzioni vengano intraprese prima che la commercializzazione dei tests farmacogenetici possa causare discriminazioni tra i pazienti. Nell’articolo, gli Autori evidenziano le questioni etiche relative alla ricerca farmacogenetica di base, all’identificazione, alla collezione e alla brevettabilità dei dati, alla ricerca farmacogenetica applicata, con lo sviluppo di dispositivi diagnostici e il loro uso nelle sperimentazioni cliniche, alle procedure per la conservazione e dei campioni biologici e dei dati e per la tutela della riservatezza, al ruolo dei Comitati di Etica nella valutazione dei protocolli sperimentali di farmacogenetica, al consenso informato per i soggetti di sperimentazione.
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2

Gustin, Marco, Mattia Brambilla, and Claudio Celada. "Stato di conservazione e valore di riferimento favorevole per le popolazioni di uccelli nidificanti in Italia." Rivista Italiana di Ornitologia 86, no. 2 (December 21, 2016): 3. http://dx.doi.org/10.4081/rio.2016.332.

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Abstract:
<p>Le linee guida comunitarie per monitorare lo stato di conservazione delle specie e degli habitat richiedono che gli Stati membri forniscano un’indicazione del “<em>Favourable</em> <em>Reference</em> <em>Value</em>” (FRV), o “Valore di Riferimento Favorevole”. Il FRV rappresenta un obiettivo di conservazione a lungo termine, tale da rappresentare una situazione indubbiamente favorevole per una data specie, in grado di garantirle ottime possibilità di persistenza nel lungo periodo. La disponibilità di FRV consente una valutazione più oggettiva e trasparente dello stato di conservazione di una specie. Il presente lavoro ha valutato lo stato di conservazione delle specie ornitiche nidificanti in Italia, sviluppando un metodo basato sui requisiti delle direttive comunitarie che integra al suo interno la definizione dei valori di riferimento. Attualmente, è stato proposto un metodo per la definizione dei FRV per popolazione, range e habitat per ciascuna specie, ma è stato possibile procedere ad una identificazione su base quantitativa del solo FRV relativo alla popolazione per le specie di uccelli regolarmente nidificanti in Italia e non attualmente in fase di espansione demografica in seguito a recente colonizzazione (ultimi 30 anni). L’approccio sviluppato per definire il FRV di popolazione ha previsto l’utilizzo di tecniche di <em>Population Viability Analysis</em> o, in alternativa, valutazioni basate sulla densità riproduttiva, secondo le caratteristiche di abbondanza e distribuzione delle specie nidificanti (popolazioni maggiori o minori di 2500 coppie, coloniali o non). Sono state prese in considerazione 250 specie nidificanti in Italia, di cui 88 (che comprendono due sottospecie) incluse nell’Allegato I della Direttiva Uccelli (147/2009CE). Complessivamente, per 46 popolazioni appartenenti a 20 specie inserite nell’Allegato I e per 10 popolazioni di 6 specie non incluse, è stato possibile calcolare un valore di FRV attraverso tecniche di PVA. Per 15 specie inserite nell’Allegato e per 92 specie non inserite è stato formulato un FRV in termini di densità riproduttiva a una o due scale spaziali; per le specie con popolazioni superiori a 2500 coppie esigenze spaziali elevate (territori o <em>home ranges</em> di decine di ettari o più) non è stato formulato il FRV a scala locale. Per valutare lo stato di conservazione è stato utilizzato un adattamento della classificazione a “semaforo” proposta dalla Commissione Europea per la Direttiva Habitat, attribuendo a ciascuna delle tre voci considerate (popolazione, range e habitat), un giudizio sintetico: <br />- favorevole: semaforo VERDE. Tutti favorevoli oppure due favorevoli ed uno sconosciuto;<br />- inadeguato: semaforo GIALLO. Uno o più inadeguato/i ma nessuno cattivo; <br />- cattivo: semaforo ROSSO. Uno o più cattivo/i; <br />- sconosciuto semaforo BIANCO. Tre sconosciuti oppure due sconosciuti ed un favorevole.</p><p>Prima di poter attribuire il giudizio a ciascuna voce, è necessario verificare se vi sono fattori che possono portare almeno uno dei tre valori di riferimento favorevole a non essere raggiunto, mantenuto o raggiungibile nel futuro prossimo (<em>warning</em> <em>lights</em>). Complessivamente, 42 specie incluse nell’Allegato I della Direttiva Uccelli hanno stato di conservazione cattivo, 39 inadeguato, 6 favorevole e 1 sconosciuto; tra le specie non inserite, 35 hanno stato di conservazione cattivo, 44 inadeguato, 67 favorevole e 16 sconosciuto Per alcune specie è stato possibile valutare lo stato di conservazione per singole bioregioni e sono state prodotte classificazioni “a semaforo” per ciascuna bioregione ospitante la specie in oggetto. Per essere in stato di conservazione favorevole, una specie non deve essere semplicemente al riparo dal rischio di estinzione, ma deve avere un ruolo “significativo” nel proprio habitat di riferimento, rinvenendosi con frequenze e densità soddisfacenti e ricoprendo le funzioni ecologiche che le sono proprie. Le forti pressioni cui molte specie e popolazioni sono sottoposte (cambiamenti climatici, continuo degrado ambientale, variazioni ad ampia scala nella dinamica di popolazione), rendono necessario valutare accuratamente le minacce e pressioni cui la specie/popolazione sono soggette o potranno esserlo nel prossimo futuro, anche in caso di popolazioni superiori al FRV. Risulta, infine, evidente come i FRV dovranno essere sottoposti a periodica rivalutazione e aggiornamento, sulla base soprattutto dei nuovi dati che ogni sei anni vengono forniti dal Reporting sull’applicazione della Direttiva Uccelli.</p>
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Barracca, Antonio. "La sanità tra conservazione e necessità di cambiamento. EBM e cambiamenti epidemiologici." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 4 (May 12, 2014): 377–80. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.943.

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Abstract:
In questi anni ci troviamo di fronte a cambiamenti a cui non eravamo preparati, anche se, altrove, questi cambiamenti erano già stati affrontati. I costi sanitari stanno diventando progressivamente più alti e, per certi versi, insostenibili perché i cambiamenti demografici stanno portando a un progressivo invecchiamento della popolazione a causa di bassi tassi di natalità e dell'aspettativa di vita più lunga. Sempre più, però, la vita più lunga è vissuta in solitudine. A più risorse investite, quindi, non corrispondono i risultati di salute desiderati. L'invecchiamento della popolazione, il benessere che ha cancellato molte malattie e uno stile di vita sedentario che ne ha portato di nuove hanno aumentato sia le malattie degenerative che quelle cardiovascolari insieme ai tumori, con il collante di obesità e diabete. Per cui, più organi si ammalano, contemporaneamente, per gli stessi motivi e per gli stessi fattori di rischio. Quindi, bisogna iniziare ad aggregare culture mediche frammentate e a mettere l'uomo al centro delle cure. Dobbiamo riconoscere, dunque, che i modelli organizzativi devono adattarsi ai cambiamenti epidemiologici e che questi cambiamenti coinvolgono le professioni, medici e infermieri, cambiandone il ruolo, i poteri e le responsabilità e il modo di lavorare. Essi non dovranno più occuparsi solamente della cura degli organi ammalati, come hanno sempre fatto, ma sempre più dovranno prendersi cura di pazienti ammalati a più organi. (Clinical_Management)
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Martellozzo, Nicola. "Le traiettorie del fervore: cavalli e geometrie non-umane nel Palio di Ronciglione." Altre Modernità, no. 26 (November 29, 2021): 165–80. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/16803.

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Abstract:
Il Palio di Ronciglione vanta una tradizione secolare, ma ciò che lo rende davvero unico è l’assenza di qualunque fantino. Alla caduta del canape ogni cavallo sceglie se competere con gli altri, accodarsi o semplicemente non correre, a seconda del carattere di ciascuno. Nel contesto del Palio il cavallo costituisce un co-produttore di processi culturali, che inoltre trasmette la sua esperienza agli esemplari più giovani; quest’ultimo aspetto è particolarmente evidente nelle traiettorie scelte durante la Corsa, fondate su un’incontestabile soggettività non-umana. Va rilevata una prima modalità di iscrizione ‘interna’ alla specie: i cavalli da corsa sono il risultato di una domesticazione secolare abbinata ad una selezione genetica controllata (breeding), che ha progressivamente embricato l’Equus ferus caballus alla società umana. Un secondo aspetto ‘esterno’ riguarda il tracciato della Corsa, vero e proprio ambiente di coesistenza inter-specie: realizzato dalla comunità umana, viene percorso ed esperito dai cavalli, che incidono il tessuto urbano con le loro traiettorie. L’agency dell’animale emerge dunque attraverso l’adattamento creativo al tracciato, un’iscrizione di geometrie non-umane nello spazio. L’intenzionalità del cavallo è ciò che fonda la performance del Palio: per quanto sembri paradossale, la conservazione di questo patrimonio culturale è possibile fintanto che il cavallo può scegliere di non correre.
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Lasaponara, Fedele. "Tecnica chirurgica open a minima invasività per la nefrectomia del rene policistico (PKD)." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 2 (June 27, 2014): 209–15. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.894.

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Abstract:
La malattia policistica renale (PKD) è una malattia genetica, con frequente compromissione di organi e apparati extrarenali, la cui evoluzione può portare a insufficienza renale terminale con necessità di ricorrere a un trattamento sostitutivo dialitico (emodialisi o dialisi peritoneale) o al trapianto renale o combinato fegato-rene. L'asportazione di un rene policistico non deve essere considerata routinaria, ma può rendersi necessaria in caso di ripetute emorragie cistiche e di infezioni recidivanti, di fronte al sospetto di una degenerazione neoplastica o al fine di creare uno spazio addominale idoneo per il trapianto. In corso di PKD, la nefrectomia è un atto chirurgico non semplice, in considerazione delle dimensioni della massa da asportare e delle aderenze frequentemente presenti; la classica tecnica chirurgica per via lombotomica extraperitoneale spesso obbliga a un'incisione ampia e invasiva. La via intraperitoneale, a cielo aperto o per via laparoscopica, altera l'integrità peritoneale limitando poi l'opportunità della dialisi peritoneale. Un'incisione lombotomica breve (10–12 cm), con conservazione costale e risparmio dell'integrità peritoneale, per minimizzare l'invasività della classica tecnica open, consente l'isolamento della massa renale e puntura, aspirazione e svuotamento mirato in asepsi di cisti renali. Questa manovra porta al rimodellamento morfologico dell'organo e rende possibile la sua asportazione in tempi chirurgici peraltro contenuti e senza complicanze specifiche intra e peri-operatorie.
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Canzi, P., A. Pecci, M. Manfrin, E. Rebecchi, C. Zaninetti, V. Bozzi, and M. Benazzo. "ACTA OTORHINOLARYNGOLOGICA ITALICA." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 5 (October 2016): 415–20. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-702.

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Abstract:
La malattia MYH9-correlata è una rara sindrome genetica caratterizzata da piastrinopenia congenita associata al rischio di sviluppare, durante l’infanzia o l’età adulta, ipoacusia neurosensoriale, nefropatia e cataratta presenile ad andamento evolutivo. Furono inclusi in uno studio retrospettivo tutti i casi con sordità da severa a profonda arruolati consecutivamente nel Registro Italiano dei pazienti affetti da malattia MYH9-correlata. La popolazione esaminata coinvolse 147 pazienti Italiani con malattia MYH9-correlata: l’ipoacusia fu identificata nel 52% dei casi e solo 4 pazienti (6%) presentarono un quadro di sordità da severa a profonda all’età media di 33 anni. In tutti i 4 pazienti, la sordità fu associata ad un lieve sanguinamento spontaneo e in 3 pazienti fu accompagnata da un coinvolgimento renale. L’impianto cocleare fu eseguito in 3 casi, con beneficio, in assenza di complicanze maggiori. La diagnosi di malattia MYH9-correlata fu eseguita circa 28 anni dopo la prima manifestazione clinica della malattia che non fu mai sospettata da un otorinolaringoiatra. Saranno discussi gli aspetti clinici e diagnostici di 4 pazienti con sordità da severa a profonda affetti da malattia MYH)-correlata, focalizzando anche le implicazioni terapeutiche.
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Bompiani, Adriano. "Genomica funzionale e proteomica: recenti sviluppi della ricerca nelle malattie poligeniche e considerazioni etiche." Medicina e Morale 52, no. 5 (October 31, 2003): 797–840. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.661.

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Abstract:
L’autore compie una rassegna anzitutto delle metodiche che vengono ricomprese sotto le denominazioni di genomica funzionale e proteomica, ne illustra l’applicazione per la migliore conoscenza delle malattie poligenichemultifattoriali e pertanto complesse a larga diffusione (più dell’1% della popolazione adulta) e causa di elevata morbillità e mortalità. Le possibilità offerte dei DNA-microarrays nell’analisi dei polimorfismi dei nucleotidi, correlate alle potenzialità offerte dai supporti bioinformatici, caratterizzano la genetica che ha fatto seguito al sequenziamento del DNA, consentendo l’analisi dei “profili di espressione genica”.Lo sviluppo delle moderne tecniche di indagine sulle proteine permette, a sua volta, di riconoscere le proteine che sono correlate a stati morbosi attraverso loro livelli di espressione alterati se confrontati con quelli provenienti da soggetti sani. Queste linee di ricerca, appena al loro inizio, offrono certamente positivi giudizi se valutate sotto il profilo della conoscenza scientifica, ma non sono prive di rischi e riserve sotto il profilo etico. L’autore ne esamina i vari aspetti che riguardano sia la singola persona che la comunità: se - in casi ben circoscritti - possono stimolare comportamenti favorevoli alla prevenzione di malattie ad insorgenza tardiva, sono da paventarsi - sul piano culturale - forme di riduzionismo di natura sociobiologica, pericoli di discriminazione e soprattutto - in epoca prenatale - espressioni ancora più estese di quell’eugenismo che caratterizza negativamente la società contemporanea.
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Romeo, Emanuele. "Memoria dell’antico e nuove funzioni museali compatibili Alcune riflessioni sul patrimonio industriale legato alla produzione di elettricità." Labor e Engenho 11, no. 4 (December 26, 2017): 412. http://dx.doi.org/10.20396/labore.v11i4.8651199.

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Abstract:
Il patrimonio industriale legato all’energia elettrica è rappresentato da una serie di complessi architettonici fortemente stratificati, caratterizzati da diverse soluzioni tecniche, formali e distributive che si sono sovrapposte l'una all'altra, quando necessario, per ragioni legate all’innovazione tecnologia e ai cambiamenti nei processi produttivi. In realtà, sono proprio queste stratificazioni (aggiunte, cambiamenti d'uso, abbandoni momentanei e riusi, accompagnati da adeguamenti architettonici e tecnologici) che conferiscono ai complessi industriali particolare valore di memoria. Infatti, è proprio la continua trasformazione di funzioni e di elementi tecnologici a rappresentare “l'essenza” di questa particolare produzione edilizia. Dalla nascita delle prime fabbriche fino ad oggi, gli edifici industriali hanno cambiato rapidamente la loro forma architettonica e la loro consistenza sia materica sia formale assecondando le esigenze lavorative e produttive. Per questo motivo oggi abbiamo l'opportunità di leggere una "storia dell'architettura" rappresentata da una sequenza di tecnologie e materiali sostituiti di continuo o stratificatisi, in un abaco di elementi relativi alla sperimentazione del calcestruzzo armato, del ferro, della ghisa, dell’acciaio; oppure riguardanti l’utilizzo di grandi superfici di vetro o coperture a shed; o ancora relativi all'uso di fonti energetiche naturali e artificiali. Molte esperienze europee di restauro e riuso degli edifici industriali legati alla produzione di energia, hanno già considerato tale approccio come una delle migliori scelte volte a una conservazione che possa definirsi compatibile: la scelta delle nuove funzioni è dettata, infatti, non tanto dalle esigenze economiche e d’uso, ma dalla flessibilità dell'edificio ad accogliere sostanziali adeguamenti tecnici, energetici, funzionali. Ciò con l’obiettivo di raggiungere un giusto equilibrio tra il rispetto della memoria storica e la necessità di adattarsi alle normative riguardanti l’adeguamento energetico e le nuove funzioni richieste dalla popolazione, raggiungendo una sostenibilità sociale, culturale e ambientale.
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Ruggieri, M., A. D. Praticò, A. Serra, L. Maiolino, S. Cocuzza, P. Di Mauro, L. Licciardello, et al. "ACTA OTORHINOLARYNGOLOGICA ITALICA." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 5 (October 2016): 345–67. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1093.

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Abstract:
La neurofibromatosi tipo 2 [NF2] è una malattia genetica a trasmissione autosomica dominante [MIM # 101000]. Clinicamente è caratterizzata da: (1) schwannomi bilaterali del (VIII) nervo acustico/vestibolare; (2) cataratta giovanile o amartomi retinici; (3) schwannomi a carico dei nervi periferici e dei nervi cranici; (4) tumori multipli del sistema nervoso centrale (es., meningiomi, astrocitomi, ependimomi); (5) lesioni cutanee: (a) placche NF2 (schwannomi cutanei); (b) (poche) macchie caffellatte; (6) “malformazioni dello sviluppo corticale cerebrale”. La prevalenza della (forma sintomatica di) NF2 nella popolazione generale è di 1 su 100.000-200.000 individui con un’incidenza di 1 su 33.000 nati. La forma classica a esordio nel giovane adulto è conosciuta come forma di Gardner, (esordio intorno ai 20-30 anni d’età) con manifestazioni legate agli schwannomi bilaterali del nervo acustico/vestibolare (diminuzione/perdita progressiva dell’udito, tinnito, vertigini) e/o più raramente con manifestazioni da (altri) tumori del sistema nervoso centrale e/o periferico. In età pediatrica il fenotipo è diverso (forma di Wishart): per primi compaiono abitualmente i tumori del sistema nervoso centrale in assenza di schwannomi vestibolari; si possono avere macchie caffellatte e placche NF2 e solo dopo anni i tumori del nervo cranico VIII e di altri nervi cranici. Il quadro è più grave. Esiste anche una forma “congenita” ad esordio nei primi giorni/mesi di vita, con schwannomi vestibolari di piccole dimensioni (stabili nel tempo: anche per anni/decenni ma con improvvisa e rapida progressione) e numerose placche NF2; in questa forma le altre manifestazioni (es. meningiomi, altri tumori, altri schwannomi) sono spesso più gravi e progressive delle altre forme. Il gene responsabile della NF2 è localizzato sul cromosoma 22q12.1. Il prodotto genico della NF2 è conosciuto con il nome di schwannomina o merlina [dalla famiglia di proteine 4.1 del tipo moesina-ezrina-radixina/ERM alla quale appartiene il gene della NF2) e ha funzioni di regolazione della crescita e del rimodellamento cellulare (soppressione della crescita cellulare e della tumorigenesi)]. Alcune persone possono presentare tutte le (o parte delle) manifestazioni della NF2 in un emilato o in segmenti corporei circoscritti [NF2 a mosaico]. Altre persone presentano schwannomi (confermati istologicamente) dei nervi periferici (non intradermici) e/o delle radici gangliari in assenza di tumori del nervo vestibolare (o di altri nervi cranici: anche se in alcuni casi vi possono essere anche tumori unilaterali o bilaterali del nervo acustico/vestibolare e/o dei nervi cranici misti) o di altri segni diagnostici per la NF2 [Schwannomatosi, SWNTS]. L’esordio in questa forma è intorno ai 30 anni d’età (sono conosciuti casi in età pediatrica) con tumori in svariate sedi (abitualmente tronco e arti). Si conoscono due forme principali: (1) SWNTS1 [MIM # 162091] causata da alterazioni del gene SMARCB1 [regolatore della cromatina actina-dipendente associato alla matrice e correlato alle proteina SWI/SBF, sub-famiglia B, membro di tipo 1; MIM # 601607], sul cromosoma 22q11.23 (posizione centromerica rispetto al gene della NF2); (2) SWNTS2 [MIM # 615670] causata da alterazioni del gene LZTR1 [regolatore della trascrizione di tipo 1 legato alla Leucina; MIM # 600574], cromosoma 22q11.21 (posizione centromerica rispetto al gene SMARCB1) che codifica per una proteina, membro della super-famiglia BTB-kelch. Il meccanismo molecolare della Schwannomatosi comprende: (1) mutazione germinale del gene SMARCB1 o del gene LZTR1; (2) ampia delezione all’interno del cromosoma 22 (con perdita del gene NF2 e dell’allele intatto SMARCB1 o LZTR1); e (3) mutazione somatica dell’allele intatto del gene NF2 [meccanismo conosciuto come “four hits”: “Quadrupla alterazione” (su entrambi gli alleli dei due geni SWNTS/NF2), con tre passaggi consecutivi]. Negli ultimi anni, accanto alle tradizionali terapie chirurgiche e/o radioterapiche sono stati anche impiegati diversi farmaci “biologici” (es., Lapatinib e Bevacizumab) con effetti di riduzione/arresto della crescita dei tipici tumori NF2.
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Guerrini, Monica, Paolo Maria Politi, Luca Puglisi, and Filippo Barbanera. "Primo dato genetico per il fratino (<em>Charadrius alexandrinus</em>) in Italia e confronto su scala continentale." Rivista Italiana di Ornitologia, July 14, 2022. http://dx.doi.org/10.4081/rio.2022.577.

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Abstract:
Il fratino (Charadrius alexandrinus, Charadriformes) è una specie con distribuzione ampia che comprende i litorali di tutta la fascia temperata e subtropicale di Europa, Asia ed Africa. Negli ultimi decenni la disponibilità di habitat per la nidificazione della specie è risultata fortemente limitata dalla distruzione diretta o perdita funzionale delle aree dunali ad opera del crescente turismo costiero. Quando non è preclusa la possibilità di insediarsi sul litorale, il successo riproduttivo risulta comunque drasticamente ridotto dal disturbo antropico. In Italia, il fratino è in forte diminuzione ed è classificato “In Pericolo” nella Lista Rossa dei vertebrati italiani. Tre nuclei stabili sono noti in Toscana, di cui uno nel comune di Castagneto Carducci (Livorno). In quest’area, il recupero di un uovo fratturato a seguito di una forte mareggiata (2020) sull’arenile della Zona Speciale di Conservazione/Zona di Protezione Speciale Padule di Bolgheri, ha permesso l’amplificazione tramite PCR di un frammento di 523 pb della Regione di Controllo del DNA mitocondriale. La sequenza è stata allineata con altre 198 scaricate dalla GenBank al fine di ricostruire le relazioni genetiche tra fratini sulla base sia dell’origine geografica che dell’appartenenza a popolazioni continentali o insulari, identificare gruppi geneticamente omogenei, e testare un’ipotesi di espansione demografica attraverso l’intero areale di distribuzione della specie. La diversità genetica è risultata più elevata nelle isole rispetto alle aree continentali. Dei 47 aplotipi (H) totali, 35 sono privati mentre tra i rimanenti, tutti condivisi da più popolazioni, due si sono distinti per elevata frequenza: uno (H3) è stato quasi esclusivamente rinvenuto in Europa mentre l’altro (H14) nell’intera Eurasia (con prevalenza orientale). Il fratino di Bolgheri è stato assegnato all’aplotipo H3 insieme a soggetti originari soprattutto della Penisola Iberica e della Macaronesia. Nel complesso, tre gruppi genetici omogenei sono stati identificati nell’intero areale della specie; tuttavia, a conferma di un elevato flusso genico intraspecifico, nessuno di questi possiede una definita struttura spaziale. Infine, le analisi demografiche hanno evidenziato una significativa espansione demografica su scala continentale nella storia naturale del fratino. Questo studio rappresenta il primo contributo alla conoscenza delle affinità genetiche della popolazione italiana di fratino e sottolinea l’urgenza di investigare la specie su scala nazionale per definire strategie di conservazione più adeguatamente informate.
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Dissertations / Theses on the topic "Genetica di popolazione e conservazione"

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BIELLO, Roberto. "Testudo hermanni: aspetti di genetica e genomica di conservazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2019. http://hdl.handle.net/11392/2488174.

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Abstract:
Nell'ultimo secolo e mezzo, il tasso di estinzione delle specie è cresciuto costantemente e molte specie sono in pericolo imminente di estinzione. In questo contesto, la genetica fornisce un supporto essenziale alla biologia della conservazione perché aiuta a comprendere il background evolutivo delle specie minacciate e consente lo sviluppo di migliori strategie di gestione. La testuggine di Hermann (Testudo hermanni), uno dei rettili più a rischio in Europa, è distribuita in popolazioni disgiunte attraverso l'Europa mediterranea. La riduzione degli habitat, insieme alle pratiche agricole intensive e agli incendi boschivi, sono le principali cause di riduzione delle dimensioni delle popolazioni in molte aree del Mediterraneo. La raccolta intensiva per il commercio a scopo domestico, specialmente prima degli anni '80, e il rilascio di individui non nativi nelle popolazioni locali, rappresentano ulteriori minacce. T. hermanni è inclusa nella lista delle specie faunistiche rigorosamente protette dalla Convenzione di Berna e la sottospecie occidentale T. h. hermanni è classificata come "in pericolo" nella Lista Rossa IUCN. Qui abbiamo (i) migliorato la comprensione della struttura genetica delle popolazioni selvatiche, con nuovi dati provenienti da marcatori microsatelliti, da aree geografiche precedentemente non campionate; (ii) testato un pannello di loci microsatelliti (STR) per indagare su possibili traslocazioni illegali in un campione di individui provenienti da centri di recupero in Italia; (iii) analizzato le relazioni genetiche di campioni della sottospecie ipotetica T. h. hercigovinensis (o specie T. hercigovinensis) con le due sottospecie comunemente accettate T. h. hermanni e T. h. boettgeri, utilizzando diversi marcatori genetici (mtDNA e microsatellite); (iv) esaminato la struttura genetica in popolazioni selvatiche con nuovi marcatori (SNP) provenienti dal sequenziamento ddRAD; (v) identificato un piccolo numero di SNP diagnostici e informativi per ridurre i costi delle assegnazioni geografiche di individui di origine sconosciuta; (vi) revisionato gli aspetti delle traslocazioni a fini conservativi al fine di pianificare un progetto pilota di reintroduzione in Italia. Con un piccolo pannello di loci STR, siamo stati in grado di assegnare il 70% delle tartarughe (su un totale di 458 individui) tenuti in cattività alle loro potenziali aree di origine. Abbiamo trovato la presenza di individui della sottospecie orientale nelle popolazioni selvatiche della penisola italiana e della Sicilia probabilmente dovuto all'ampio commercio di animali domestici che ha colpito questa specie, con migliaia di tartarughe esportate nell'Europa occidentale dalla penisola balcanica. Abbiamo osservato che gli individui considerati morfologicamente T. hercegovinensis (o T. t. hercegovinesis), provenienti dalla costa adriatica della penisola balcanica, dovrebbero essere classificati come T. h. boettgeri perché non esiste alcuna divergenza genetica che possa giustificare l'appartenenza di questi esemplari a una sottospecie o a una specie distinta. Migliaia di nuovi marcatori provenienti da un sequenziamento ddRAD hanno rivelato ulteriori approfondimenti sulla sottostruttura delle popolazioni occidentali, specialmente in Calabria (Sud Italia), dove abbiamo rilevato tre gruppi genetici distinti. Inoltre, abbiamo sviluppato un piccolo pannello di SNP diagnostici al fine di ridurre i costi di genotipizzazione (stimati in circa 10-12 euro per individuo). Questo piccolo pannello potrà essere utilizzato per selezionare centinaia di testuggini tenute in cattività e potenzialmente adatte reintroduzioni in natura. Considerando le preoccupazioni sulla conservazione di T. hermanni crediamo che questo lavoro permetta una migliore comprensione della variazione genetica in questa specie e fornisca nuovi strumenti pratici utili per la conservazione e la gestione di individui selvatici e in cattività.
For the past half century, it has been broadly perceived that the rate of species extinction is increasing and many species are in imminent extinction danger. In this context, genetics provides essential support to conservation biology because it helps to understand the evolutionary background of endangered species and enables the development of better management strategies. The Hermann’s tortoise (Testudo hermanni), one of the most endangered reptiles in Europe, is distributed in disjoint populations across Mediterranean Europe. Habitat reduction, together with intensive agricultural practices and forest fires, are major causes of reduction in population size in many Mediterranean areas. Intensive harvesting for pet trade, especially before the 1980s when it was banned, and releases of non-native individuals into local populations, represent additional threats. T. hermanni is included in the list of strictly protected fauna species by the Bern Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitat, and the western subspecies T. h. hermanni is classified as “Endangered” by the IUCN Red List. Here we (i) increased the understanding of the population genetic structure in wild populations with new microsatellite data from previously unsampled geographic areas; (ii) tested a panel of microsatellite loci (STR) to investigate possible patterns of illegal translocations in a sample of individuals from recovery centers and seizures in Italy; (iii) investigated the genetic relationships of samples from the hypotetical subspecies T. h. hercigovinensis (or species T. hercigovinensis) with the two commonly accepted subspecies T. h. hermanni and T. h. boettgeri, using different genetic markers (mtDNA and microsatellite); (iv) studied the genetic structure in wild populations with new markers (SNPs) coming from ddRAD sequencing; (v) identified a small number of diagnostic and informative SNPs to reduce the costs of geographical assignments of individuals of unknown origin; (vi) reviewed the conservation translocation aspects in order to plan a pilot reintroduction project in Italy. With a small panel of STR loci, we were able to assign 70% of tortoises (out of a total of 458 individuals) kept in captivity to their potential areas of origin. We found the presence of eastern subspecies individuals in the Italian peninsula and Sicily wild populations probably due to the wide pet trade that affected this species, with thousands tortoises exported to Western Europe from the Balkan Peninsula. We argued that individuals considered morphologically T. hercegovinensis (or T. h. hercegovinesis), coming from the Adriatic coast of the Balkan Peninsula, should be classified as T. h. boettgeri because there is no genetic divergence that could justify the belonging of these specimens to a subspecies or distinct species. Thousands of new markers coming from a ddRAD sequencing revealed further insights into the substructure in Western populations, especially in Calabria (South Italy) where we detected three distinct genetic groups. Therefore, we developed a small panel of diagnostic SNPs in order to reduce genotyping costs (estimated to about 10-12 euros per individual). This small panel should be used for the cost-effective selection of hundreds of tortoises kept in captivity and suitable for reintroductions. Considering the concerns about the conservation of T. hermanni we believe that this thesis allows a better understanding of the genetic variation patterns in this species and provides a new practical tools useful for the conservation and management of wild and captive individuals.
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SALVIONI, ALESSANDRA. "Polimorfismi a singolo nucleotide e rigidità vascolare: valutazione in una popolazione di soggetti affetti da ipertensione arteriosa." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/20100.

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Abstract:
Background. Nelle Linee Guida ESH 2007/2009 si è posta l’attenzione sull’importanza dell’identificazione del danno d’organo subclinico nel paziente iperteso quali markers di aumentato rischio cardiovascolare. Numerosi studi hanno ribadito l’importanza della stiffness arteriosa, valutata come Pulse Wave Velocity, che ha un valore predittivo indipendente per la mortalità di origine cardiovascolare. La letteratura negli ultimi anni, si è concentrata sui polimorfismi a singolo nucleotide che rappresentano mutazioni relativamente diffuse nella popolazione e che nella maggior parte dei casi non sono responsabili di un fenotipo evidente ma attraverso una complessa interazione multifattoriale possono influenzare lo sviluppo di una malattia cardiovascolare. Non molti però, hanno valutato end point intermedi come PWV.Scopo:valutare l’associazione fra la PWV carotido-femorale e 384 SNPs in un gruppo di pazienti affetti da ipertensione arteriosa essenziale con rischio cardiovascolare lieve-intermedio.Metodi: La scelta dei polimorfismi è caduta su alcuni SNPs presenti in geni candidati fisiopatologicamente correlati con la patologia vascolare e gli SNPs mappanti il braccio corto del cromosoma 9 e, in particolare, la regione 9p21 (fra cui rs10757274, rs2383206 e SNPs presenti nei geni CDKN2A, CDKN2B, MTAP).Sono stati studiati 821 pazienti (464 uomini e 357 donne) con ipertensione arteriosa in buon controllo farmacologico valutati presso il nostro Centro di Ipertensione Arteriosa. Per ogni paziente sono stati valutati i fattori di rischio metabolico bioumorali e clinici. Risultati:Dall’analisi statistica dei polimorfismi analizzati, 2 sono risultati significativamente associati a PWV con un false discovery rate di 0,3: rs300622 e rs2381640 entrambi siti sul braccio corto del cromosoma 9. Per il polimorfismo rs300622 (NT_008413.18:g.32783466C>A)una quota minoritaria del campione (2%) appare non protetta dal punto di vista genetico: infatti, la presenza del genotipo CC si associa a valori di PWV significativamente più elevati. Al contrario la maggioranza del campione (75.6%), che presenta genotipo AA, appare protetta presentando valori di PWV nella norma. La presenza dell’allele C si associa in modo dose dipendente all’incremento di PWV.Per il polimorfismo rs2381640 ( NT_008413.18:g.7550779C>T)la maggioranza del campione (48.9%) appare geneticamente non protetta, infatti, la presenza del genotipo CC si associa a valori di PWV significativamente più elevati. Al contrario la minoranza del campione (10%), che presenta genotipo TT, risulta protetta presentando valori di PWV nella norma. La presenza dell’allele C si associa in modo dose dipendente all’incremento di PWV. Gli SNPs significativi descrivono due blocchi di linkage disequilibrium, rispettivamente, di 16 Kb nella regione 9p21 per rs300622 e 13 kb nella regione 9p24.1 per rs2381640. La localizzazione di questi blocchi ci conferma la rilevanza del braccio corto del cromosoma 9 in ambito cardiovascolare ed è importante sottolineare che solo pochi studi prima d’ora hanno riportato un’associazione fra la regione 9p21 e PWV.
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Marino, Ilaria Anna Maria. "Applicazioni di marcatori microsatellite per lo studio della filogeografia di organismi lagunari dell'Adriatico." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426137.

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Abstract:
Molecular markers, at the mitochondrial and nuclear level, were applied to the study of the population structure of shore crab Carcinus aestuarii (Decapoda: Portunidae, Nardo, 1847). A 482-base-pair fragment of the mitochondrial cytochrome c oxidase I (COI) gene was analysed to examine the phylogeography and demographic history of C. aestuarii. Moreover, 8 microsatellites markers specific for shore crab were isolated ex novo; additional three microsatellites loci, specific for the sibling species C. maenas, already reported to cross-amplify in C. aestuarii, were also amplified to study population genetic of shore crab. Due to its high dispersive planktonic larval stage and ease of sampling sample, C. aestaurii is a good model for studying lagoon ecosystems and understanding connectivity patterns of populations from different lagoons. COI was analysed from 255 crabs collected in 8 different lagoons of the Mediterranean Sea. 164 sequence variants were found among the 255 individuals studied. Fixation indices (Fst) and Analysis of Molecular Variance (AMOVA) showed a significant, though weak, genetic difference between samples, confirming the existence of a slight population structure and rejecting the panmixia hypothesis. AMOVA also showed that the 3.90% of the total genetic variability was explained by differences between groups of population that resemble the Tyrrenian and Adriatic-Ionian Sea. We also investigated the demographic history of C. aestuarii populations. We found that all the samples showed departures from neutrality that are consistent with massive population expansions. Neutrality tests, mismatch distribution and bayesian skyline plot confirmed the exponential growth in effective population size in all eight population samples. Estimated times for these expansions for Adriatic and Ionian population samples fall before the Last Glacial Maximum. Instead, population expansion for Tyrrenian sample falls well within the last pleistocenic glaciation. Microsatellites markers confirmed the results obtained with mitochondrial markers: a significant, though weak, genetic differentiation was found between samples. In particular, the application of microsatellite loci was very important for detecting a slight differentiation between population samples of Adriatic and Ionian Sea, that DNA mitochondrial marker did not find. Microsatellites also revealed the presence of isolation by distance and were useful in estimating migration rates between samples. The data are not simply explainable: the migration flows have most often a north to south direction with two considerable exceptions. Both for Venezia-Marano and for Aquatina-Marano the migration has a different direction: from south to north. The cause of this pattern is probably due to the circulations of the Adriatic Sea. In the last section of this study, two typical lagoon species (Zosterisessor ophiocephalus and Atherina boyeri) were used for a comparative analysis of the population genetic of Mediterranean lagoons organisms.
In questo lavoro di tesi sono stati applicati due tipi di marcatori molecolari, il DNA mitocondriale e i microsatelliti, per analizzare la struttura genetica di campioni di popolazione adriatici di Carcinus aestuarii (Decapoda: Portunidae, Nardo, 1847). Questo ha implicato l'amplificazione di un frammento di 482 paia di basi del gene mitocondriale codificante per la subunità  I della citocromo c ossidasi (COI) al fine di indagare alcuni aspetti di filogeografia e di demografia storica della specie. Inoltre, è stato effettuato l'isolamento ex novo di 8 marcatori microsatellite specie-specifici per C. aestuarii, a cui sono stati affiancati 3 loci specifici per la specie atlantica C. maenas, per ricavare informazioni sulla genetica di popolazione del granchio verde. C. aestuarii può essere considerato a tutti gli effetti un valido modello di studio delle lagune, essendo un tipico rappresentante della fauna di questi ambienti in tutto il Mediterraneo. Per l'elevato potere dispersivo larvale e per la facilità di campionamento, C. aestuarii può ricoprire un ruolo determinante nella comprensione delle possibili connessioni tra popolazioni di lagune differenti. A livello di analisi di DNA mitocondriale, sono stati sequenziati complessivamente 255 individui (suddivisi per 8 campioni di popolazione provenienti da altrettante lagune adriatiche, ioniche e tirreniche). Sono state trovate 164 diverse varianti di sequenza (aplotipi). Il calcolo degli indici Fst, come pure l'analisi molecolare della varianza (AMOVA) hanno permesso di evidenziare un basso ma significativo livello di differenziamento genico tra i campioni di popolazione analizzati, confermando la presenza di una lieve strutturazione genetica e permettendo di rigettare l'ipotesi di panmissia. In particolare, è stato visto che una quota significativa della variabilità  (3.90%) è dovuta alla suddivisione in gruppi, riconducibili rispettivamente al bacino tirrenico e a quelli adriatico-ionico. Inoltre, è stato possibile evidenziare come tutte le popolazioni di C. aestuarii analizzate abbiano subito, in passato, fenomeni di espansione. Questo è stato possibile attraverso l'utilizzo dei test di neutralità-equilibrio, delle mismatch distribution e dei bayesian skyline plot, che hanno permesso di trarre indicazioni riguardo ai fenomeni demografici avvenuti in passato. In particolare, pare che per i campioni adriatico-ionici tali espansioni si siano realizzate in un intervallo di tempo antecedente le ultime glaciazioni pleistoceniche; mentre, per il campione tirrenico una variazione nelle dimensioni di popolazione sembra collocarsi in un periodo che coincide con gli ultimi cambiamenti climatici avvenuti in Mediterraneo. Anche l'analisi attraverso i microsatelliti ha evidenziato, confermando i risultati mitocondriali, un debole ma significativo differenziamento tra i campioni di popolazione analizzati. L'uso dei marcatori microsatellite si è dimostrato di fondamentale importanza per rilevare, inoltre, piccole differenze presenti tra i campioni di popolazione dell'Adriatico e dello Ionio, dato non riscontrabile con il solo impiego del DNA mitocondriale. Attraverso i microsatelliti, infine, è stato possibile verificare la presenza di isolamento per distanza e stimare i tassi di migrazione tra i campioni analizzati. Ne è emersa una situazione di non facile interpretazione: i flussi migratori nella maggior parte dei casi presentano direzione nord-sud con, tuttavia, due rilevanti eccezioni. Sia nel caso dei campioni di Venezia e Marano (alto Adriatico), che in quello dei campioni di Aquatina (bacino Adriatico meridionale) e Marano, la migrazione si inverte, andando da sud a nord. Il motivo di un tale andamento potrebbe essere attribuito alle correnti oceanografiche presenti nel Mar Adriatico. Nella parte finale della tesi, vi è poi una sezione dedicata all'analisi di due specie lagunari (Zosterisessor ophiocephalus e Atherina boyeri) con lo scopo di condurre un'indagine comparata sulla genetica di popolazione di organismi che occupano abitualmente le lagune costiere del Mediterraneo.
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MARICA, MONICA. "Malattie rare in genetica clinica: variabilità e distribuzione nella popolazione sarda, applicazione di test genetici, studio delle nuove prospettive terapeutiche." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2006. http://hdl.handle.net/11584/265943.

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Abstract:
Le distrofie muscolari sono un gruppo di disordini degenerativi del muscolo geneticamente eterogeneo, caratterizzato da progressiva perdita della forza e dell’integrità muscolare. Distrofia muscolare è un termine generico che descrive un gruppo di disordini miogenici ereditari, caratterizzati da una progressiva disorganizzazione e atrofia del muscolo con variazione dello spessore delle fibre muscolari, aree di necrosi con incremento della quantità di grasso e di tessuto connettivo. La malattia muscolare riguarda l’anello terminale dell’unità motoria. La debolezza muscolare, o difetto di forza, colpisce la muscolatura prossimale dei cingoli scapolare e pelvico e, in certe forme in modo suggestivo, quella del collo e della faccia. Negli ultimi due decenni, il notevole sviluppo delle ricerche di genetica molecolare ha consentito di identificare molti dei geni coinvolti in tali malattie e ha fornito così la chiave per decifrarne la patogenesi molecolare; attualmente sono stati mappati 29 differenti loci che danno origine a 34 distinti disordini che variano per l’età di inizio, grado di severità, modo di ereditarietà, e gruppi muscolari che sono primariamente coinvolti. La membrana delle fibre muscolari (sarcolemma) è la vera responsabile di questo gruppo di malattie e la sua composizione proteica, ora molto più nota, risulta straordinariamente complessa.
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FALZOI, MATTEO. "Sviluppo di una piattaforma di indagine genetica applicata alla scelta della terapia psicofarmacologica e studio delle varianti alleliche del citocromo P450 nella popolazione sarda." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2011. http://hdl.handle.net/11584/266277.

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CORRIAS, LAURA. "L’isolamento degli isolati sardi: Carloforte e Benetutti." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2011. http://hdl.handle.net/11584/266301.

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COGONI, DONATELLA. "Populations studies on two endemic taxa of southwestern Sardinia: Dianthus morisianus Vals. (Caryophyllaceae) and Anchusa littorea Moris (Boraginaceae)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2012. http://hdl.handle.net/11584/266152.

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Abstract:
In the Mediterranean region as elsewhere, intense coastal development has resulted in widespread modification of coastal ecosystems. Here, coastal sand dunes represent an extremely vulnerable habitat to many forms of disturbance, including those connected with recreational tourism which in recent years has increasingly contributed to the destruction and fragmentation of natural coastal habitats. This study concerns two narrow endemic plants growing on coastal dune systems of southwest Sardinia. Anchusa littorea Moris is a short-lived species of open dunes and D. morisianus is a perennial species which grows on stabilized dunes. The only natural populations of these species are located in southwest Sardinia. Like many other rare species of this type of habitat we know little of the reasons for their extreme rarity, making it difficult to identify and recommend conservation actions. The thesis provides a detailed investigation of the population ecology of the existing populations of the two species with the aim of identifying the constraints on their viability. Specifically, the aims of the present study were to analyze the following features: To investigate the conservation status of this species; To individuate and quantify the main threats acting on this population; To analyse some critical stage of their life-cycle (i.e. modeling of emergence and germination); To evaluate the phenological pattern; To propose adequate conservation measures. Three years of study has been reveal some critical elements in the ecology of the species and their rarity and the investigation of each biology aspect about these psammophilous endangered plants yielded the information needed in order to identifythe critical aspects that affect the survival and toguide the proposal and implementation of conservation measures.
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Marrano, Annarita. "Genome-wide patterns of genetic variation among wild and cultivated grapevines (V. vinifera L.)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3421793.

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Abstract:
Grapevine (V. vinifera L.) is one of the most important crops worldwide due to its global distribution and economic value. Two forms of grapevine still co-exist nowadays: the cultivated form V. vinifera subsp. sativa and the wild form V. vinifera subsp. sylvestris, which is considered the ancestor of present cultivars. Archeological and historical findings suggest that cultivated grapevines have been domesticated from wild populations of V. sylvestris circa 8,000 BP in the Near East. However, recent genetic analyses raised the outstanding question whether multiple domestication events occurred. During domestication the biology of grapes changed dramatically to guarantee greater yield, higher sugar content and more regular production. The changes in berry and bunch size as well as the transition from dioecious wild plants to hermaphrodite cultivated grapes were crucial. Additional studies on the genetic relationship between wild and cultivated grapevines are required in order to understand how this phenotypic evolution occurred and to clarify the process of adaptation to domestication in grapevine. This will be useful for the future genetic improvement of viticulture. In this regard, we investigated the genetic and phenotypic variation within a germplasm collection of wild and cultivated grapevine accessions. The whole population was first genotyped with the commercial GrapeReSeq Illumina 20K SNP array, yielding 16K good quality single nucleotide polymorphisms (SNPs). Afterwards, a novel Restriction Associated DNA-sequencing (RADseq) procedure was developed in order to further increase the density of molecular markers across the grapevine genome. By applying this novel RAD-seq protocol to the whole population, 37K SNPs were identified, which reflected a considerable level of genetic diversity between sativa and sylvestris accessions. The two merged SNP matrices were filtered for SNP loci with a missing rate > 0.2 and a minor allele frequency (MAF) < 0.05. The final panel of 27K SNPs evenly distributed along the grapevine genome was used to investigate the population structure by using both Principal Component Analysis (PCA) and the cluster algorithm implemented in fastSTRUCTURE software. In line with previous research, both analyses highlighted a low but clear differentiation between sativa and sylvestris individuals. Therefore, the extent of Linkage Disequilibrium (LD) was evaluated within the whole grapevine population and in the two subspecies separately. LD, as measured by the classical r2 correlation coefficient, decayed below 0.2 within 10 kb in the whole population. On the other hand, a slower LD decay was observed in the wild compartment, where r2 reached values below 0.2 within 20 kb. This result can be related with an elevated level of inbreeding among wild individuals, linked to a small effective population size and the missing gene-flow between wild populations. Population differentiation statistic (FST) was computed across the grapevine genomes looking for genomic regions with divergent allele frequencies between the two grapevine subspecies. An overall low level of genetic differentiation (FST = 0.12) was observed between cultivated and wild grapes, suggesting the occurrence of genetic exchange among the two subspecies. However, a non-random distribution of divergent sites was observed along the whole genome: over two thousands of SNP loci revealed a significant level of differentiation between sativa and sylvestris, validated empirically with a permutation test. 1,714 annotated genes were found in LD with these most significant SNPs, and showed an enrichment of predicted functions related to the metabolic processes of nitrogen and carbohydrate as well as to the perception and adaptation to environmental stimuli. A slightly reduction of nucleotide diversity in the sylvestris (πsylvestris/ πsativa ~0.95) was observed in almost all the identified genes involved in stress responses, suggesting that a selection is likely acting in wild populations for adaptation to several environmental changes. Therefore, these results point the attention towards sylvestris grapevines as valuable resources of resilience genes or alleles, which may have been lost in cultivated grapevine during the domestication process. Genome-wide association study (GWAS) approach has been applied as an alternative strategy to identify the genes and mutations that have been targets of selection during crop domestication. Therefore, the germplasm collection of cultivated and wild grapevines has been evaluated in two years for single berry and single bunch weight, number of bunches per plant, yield and berry composition (sugar, organic acid and K+ concentrations, titratable acidity and pH). A great phenotypic variation was observed within and between the two grapevine subspecies, notably for berry size, pH, acid contents and titratable acidity. The association test, carried out accounting for confounding factors, identified significant genotype-phenotype correlations for all traits, except for single berry weight. Genes encoding proteins related to Ca2+ sequestration and signalling, transcription factors and enzymes involved in the metabolism of polyamines were identified in linkage with the SNPs significantly associated to yield and bunch weight. At the same time, genes with a central role in the control of berry flesh pH and acidity were detected, such as the isocitrate lyase and V-type proton ATPase subunit a3 genes. Therefore, the present research has proven for the first time the feasibility of population genetics and association mapping approaches for dissecting the genomic basis of phenotypic variation in a complex genetic system as grapevine. Moreover, further evidence of the relevance of wild grapevine as a model for understanding the mechanisms of adaptation to natural conditions has been provided. These results pave the way for understanding how wild and cultivated grapevines react to environmental stimuli, which will benefit the development of new breeding strategies to face the ongoing climate changes and the growing demand of a sustainable viticulture.
La diffusione geografica e l’importanza economica della viticoltura fanno della vite euroasiatica (V. vinifera L.) una delle specie più importanti per l’agricoltura mondiale. La maggior parte dei vitigni coltivati appartengono alla sottospecie V. vinifera subsp. sativa, la quale si ritiene sia stata domesticata nel vicino Oriente dalla vite selvatica (V. vinifera subsp. sylvestris) intorno al IV millenio a.C. Tuttavia, studi recenti hanno sollevato l’ipotesi di eventi di domesticazione secondaria della vite coltivata in Europa occidentale. Si pensa che il passaggio da viti selvatiche dioiche a viti con fiori ermafroditi sia stato fondamentale per la domesticazione della vite, dal momento che la capacità di produrre frutti per autofecondazione garantiva una produttività superiore e costante di uva. Altrettanto importante è stata la selezione per caratteristiche dell’uva di immediata percezione, come per esempio la dimensione della bacca ed il suo contenuto zuccherino. Studi aggiuntivi sulle relazioni genetiche tra la vite coltivata e la sua forma spontanea sono necessari allo scopo di chiarire la serie di incertezze che ancora persistono sull’origine della vite domestica ed incentivare il miglioramento genetico della viticoltura attuale. Pertanto, il principale obiettivo del presente lavoro di tesi è stato la caratterizzazione della variabilità fenotipica e genetica di una collezione di viti coltivate e selvatiche. L’intera popolazione è stata genotipizzata con il nuovo GrapeReSeq 20K SNP chip, ottenendo una matrice finale di 16 mila marcatori SNP di alta qualità. Allo stesso tempo, un nuovo protocollo della tecnologia RAD-seq è stato messo a punto con lo scopo di incrementare la densità dei marcatori molecolari lungo il genoma di vite. In seguito all’applicazione di questa nuova procedura di RAD-seq all’intera collezione di viti, circa 37 mila marcatori SNP sono stati identificati, mettendo in evidenza una cospicua diversità genetica tra la vite coltivata ed il suo presunto progenitore. L’unione delle due matrici di marcatori SNP, seguita dalla rimozione dei loci con un tasso di dati mancanti superiore a 0.2 ed una frequenza dell’allele minore (MAF) inferiore a 0.05, ha portato alla formazione di un panel definitivo di circa 27 mila marcatori SNP, equamente distribuiti lungo il genoma di vite. Questo panel finale di marcatori SNP è stato utilizzato per analizzare la struttura della popolazione attraverso due approcci complementari, ossia l’analisi delle componenti principali (PCA) e l’approccio bayesiano implementato nel programma fastSTRUCTURE. In accordo con quanto riportato in letteratura, entrambe le strategie hanno messo in evidenza una chiara e moderata differenziazione tra le accessioni di V. sativa e V. sylvestris. Pertanto, l’estensione del Linkage Disequilibrium (LD), espresso sottoforma del classico coefficiente di correlazione r2, è stata valutata nell’intera collezione e nei due sottogruppi separatamente. Il valore di r2 è risultato inferiore ad una soglia di 0.2 dopo circa 10 kb nel germoplasma completo e dopo 20 kb nella sottopopolazione delle viti selvatiche. Questa discrepanza di valori di LD nelle viti spontanee può essere legata alla ridotta dimensione della popolazione effettiva ovvero alla mancanza di scambio di materiale genetico (gene-flow) tra popolazioni diverse di V. sylvestris. In seguito, la differenziazione genetica tra le viti coltivate e selvatiche lungo il genoma è stata misurata sottoforma di indice di fissazione (FST) per individuare regioni genomiche con frequenze alleliche divergenti tra le due sottospecie. Il valore medio di FST pari a 0.12 ha suggerito una moderata differenziazione genetica tra le accessioni di sativa e sylvestris, indicando come tra di esse si verifichino frequenti eventi di ibridazione. Tuttavia, circa 2 mila marcatori SNP hanno mostrato un elevato livello di differenziazione tra le viti coltivate e selvatiche (FST > 0.27), come confermato dal test di permutazione. 1,714 geni annotati sono stati identificati in linkage con i suddetti marcatori SNP, mostrando un significativo arricchimento in funzioni geniche predette legate al metabolismo dell’azoto e dei carboidrati, e ai meccanismi di risposta ed adattamento agli stimoli ambientali. Una lieve riduzione della diversità nucleotidica della vite selvatica (πsylvestris/ πsativa ~0.95) è stata osservata nella maggior parte delle suddette regioni geniche con un ruolo nella risposta a stress biotici ed abiotici. Pertanto, una pressione selettiva sta probabilmente operando nelle popolazioni di V. sylvestris per l’adattamento ai sempre più frequenti cambiamenti climatici. Questo risultato sottolinea l’importanza della vite selvatica come putativa fonte di geni e/o alleli di resilienza, i quali potrebbero essere stati persi dalla vite coltivata durante il processo di domesticazione. L’approccio di genome-wide association study (GWAS) è stato, in seguito, applicato come strategia alternativa per l’identificazione dei geni e delle mutazioni selezionati durante la domestizatione della vite. Pertanto, l’intera collezione di viti coltivate e selvatiche è stata fenotipizzata per il peso della bacca e del grappolo, il numero di grappoli per pianta, la produttività, e la composizione chimica della bacca (contenuto in zuccheri, acidi organici e potassio, acidità titolabile e pH). Un elevata variabilità fenotipica è stata osservata tra e all’interno dei due sottogruppi di vite, soprattutto per i caratteri peso della bacca, pH, contenuto in acidi organici e acidità titolabile. Il test di associazione, corretto per la struttura della popolazione e le relazioni di parentela, ha identificato correlazioni significative marcatore-carattere per tutti i fenotipi studiati, ad eccezione del peso della bacca. Geni codificanti per fattori di trascrizione e per proteine coinvolte nel metabolismo del calcio e delle poliammine sono stati identificati in linkage con i marcatori SNP significativamente associati ai caratteri produttività e peso del grappolo. Inoltre, il test di associazione ha consentito l’identificazione di geni coinvolti nel controllo del pH e dell’acidità totale della bacca, come per esempio i geni codificanti per la subunità A3 della pompa protonica vacuolare ovvero per l’isocitrato liasi. In conclusione, il presente lavoro di ricerca ha dimostrato per la prima volta come la genetica di popolazione e l’ association mapping siano due validi approcci per individuare le basi genetiche della variabilità fenotipica osservata in un sistema genetico complesso come la vite. Inoltre, sono state fornite evidenze dell’importanza della vite selvatica come modello per lo studio dei meccanismi di adattamento agli stress ambientali. Questi risultati rappresentano la base per comprendere come le viti selvatiche e coltivate reagiscano agli stimoli ambientali, nell’ottica di sviluppare nuovi programmi di miglioramento genetico della vite ed affrontare gli attuali cambiamenti climatici e la crescente richiesta di una viticoltura sostenibile.
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Agostini, Cecilia. "Transcriptomics and population differentiation in two notothenioid Antarctic fish." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423540.

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Abstract:
Antarctic notothenioids radiated over past millions of years in extremely cold waters, they display a wide range of adaptations to withstand the cold and now dominate the Antarctic fish fauna. These fish may be extremely vulnerable to climate change with possible cascading effects on the entire Antarctic marine ecosystem. Therefore, crucial tasks are the concomitant study of the genomic basis of cold adaptation, the analysis of differentiation processes resulting from past and present climate change and a close survey of the current level of genetic variation and population structure. We considered four species of the Notothenioidei suborder: the three recently derived species of the Chionodraco genus, namely Chionodraco hamatus, Chionodraco rastrospinosus and Chionodraco myersi, and Pleuragramma antarcticum. The Chionodraco genus belongs to the family Channichthyidae (icefish), unique among vertebrates for the lack of hemoglobin and myoglobin expression in skeletal muscle. Oxygen delivery to tissues is ensured by a marked remodeling of the cardio-vascular system and by exceptionally high mitochondrial densities in the muscle. P. antarcticum (Nototheniidae) is the only notothenioid with a complete pelagic life cycle; it is dependent on sea ice and plays a key role in the trophic web of the Antarctic marine ecosystem. Analyses performed in this PhD can be grouped in two major lines of research: 1) the deepening of the knowledge on the genetic and genomic basis of icefish adaptation to the cold; 2) the analysis of patterns of intra- and inter-specific genetic differentiation with particular emphasis on how past and present environmental conditions have shaped and are influencing the fish genetic structure. With regard to the first line of research, we reconstructed and annotated the first normalized transcriptome of C. hamatus skeletal muscle and we exploited deep sequencing information of this energy-dependent tissue to test the hypothesis of duplication of genes involved in mitochondrial function. Using a dedicated bioinformatic pipeline we identified 124 duplicated genes specific to the icefish lineage. Significantly more duplicates were found in C. hamatus when transcriptome data were compared with whole genome data of model fish. Duplicated genes were significantly enriched in proteins with mitochondrial localization, involved in mitochondrial function and biogenesis. The combination of high mitochondrial densities and the maintenance of duplicated genes involved in mitochondrial function might confer a selective advantage in cold conditions and in the absence of oxygen-carrying proteins, by improving oxygen diffusion and energy supply to aerobic tissues. With regard to the second line of research, in the Chionodraco genus we investigated the pattern of intra- and inter- specific genetic differentiation. We found intraspecific homogeneity, but three distinct gene pools corresponding to the nominal species. We searched for putative outlier loci detecting a high level of genetic differentiation between the three species and we identified three loci, possibly influenced by natural selection, showing sequence similarity to a calmodulin transcript, an antifreeze glycoprotein/trypsinogen-like protease gene and to the mRNA of a key component of the super elongation complex. Selective pressures acting on specific loci might reflect past evolutionary processes leading to species divergence and local adaptation. The extent and timing of interspecific gene exchange was also considered to clarify the role of glacial cycles in promoting the divergence and the introgression of the Chionodraco species. We found evidences of past and present introgression: several individuals in each species showed mixed ancestry; evolutionary scenarios excluding hybridization or including it only in ancient times had small or zero posterior probabilities; data supported a scenario of interspecific gene flow associated with the two most recent interglacial periods. These findings may indicate an increased opportunity for speciation in allopatric refugia during glacial periods, followed by secondary contacts and hybridization during warmer intervals. With regard to P. antarcticum, we investigated its population genetic structure along the Antarctic Peninsula (AP), a region highly impacted by regional warming. We found a single gene pool and absence of inter-annual variability in the south-western AP, while significant differences were detected on a geographic scale from samples collected off the tip of the AP, with a signal of increased fragmentation over time. The reduced level of gene flow along the shelf, the increase of differentiation through time, and the inability to capture P. antarcticum in the central-western AP for two consecutive years, all suggest that this sea ice dependent species has been affected by climate change with possible cascading effects on the Antarctic marine food web.
I nototenioidei antartici si sono evoluti per milioni di anni nelle acque gelide che caratterizzano l’Oceano Meridionale; essi presentano una vasta gamma di adattamenti per resistere al freddo e ora dominano la fauna ittica antartica sia per numero di specie che per biomassa. Per la loro estrema stenotermia, questi pesci potrebbero essere fortemente vulnerabili ai cambiamenti climatici con possibili effetti a cascata sull’intero ecosistema marino antartico. Pertanto, è di fondamentale importanza investigare le basi genetiche e genomiche dell’adattamento al freddo, analizzare i processi di differenziamento derivanti dai cambiamenti climatici del passato e attuali e, allo stesso tempo, indagare il livello di variabilità e di differenziamento genetico presente a livello di specie e di popolazione. In questo dottorato sono state prese in considerazione quattro specie di nototenioidei antartici: le tre specie di derivazione recente appartenenti al genere Chionodraco, Chionodraco hamatus, Chionodraco rastrospinosus e Chionodraco myersi, e Pleuragramma antarcticum. Il genere Chionodraco appartiene alla famiglia Channichthyidae (icefish), unica tra i vertebrati per l’assenza di emoglobina e l’incapacità di esprimere mioglobina nel muscolo scheletrico. Un adeguato rifornimento di ossigeno ai tessuti è permesso da un marcato rimodellamento del sistema cardio-vascolare e da un’elevata densità mitocondriale a livello muscolare. P. antarcticum (Nototheniidae) è l'unico nototenioideo caratterizzato da un ciclo vitale completamente pelagico, è dipendente dal ghiaccio marino e svolge un ruolo chiave nella catena trofica dell’ecosistema marino antartico. Le analisi svolte in questo dottorato possono essere raggruppate in due principali linee di ricerca: 1) l'approfondimento della conoscenza sulle basi genetiche e genomiche dell’adattamento al freddo degli icefish; 2) l'analisi del pattern di differenziamento genetico presente a livello intra- e inter-specifico, con particolare enfasi su come le condizioni ambientali del passato e del presente abbiano plasmato e stiano influenzando la struttura genetica delle specie. Per quanto riguarda la prima linea di ricerca, è stato ricostruito e annotato il primo trascrittoma normalizzato del muscolo scheletrico di C. hamatus e l’informazione di sequenza così ottenuta è stata utilizzata per verificare l'ipotesi di duplicazione di geni coinvolti nella funzione mitocondriale. Utilizzando una pipeline bioinformatica sviluppata ad hoc, sono stati identificati 124 geni duplicati specifici del lineage di C. hamatus. La proporzione di duplicazioni lineage-specifiche identificate in C. hamatus è risultata significativamente maggiore a quella presente in specie modello di pesci teleostei. Un’analisi di arricchimento funzionale ha mostrato come l’insieme dei geni duplicati in C. hamatus fosse significativamente arricchito in proteine con localizzazione mitocondriale, coinvolte nella funzione e nella biogenesi mitocondriale. La presenza di elevate densità mitocondriali e il mantenimento a livello genomico di geni duplicati con funzione mitocondriale potrebbero conferire un vantaggio selettivo agli icefish in un ambiente freddo e in assenza di proteine di trasporto per l’ossigeno, migliorando la diffusione dell’ossigeno e la produzione di energia nei tessuti aerobici. Per quanto riguarda la seconda linea di ricerca, è stato studiato il pattern di differenziamento genetico presente a livello intra- e inter-specifico nel genere Chionodraco. E’ stata rilevata omogeneità intraspecifica, ma la presenza di tre pool genici distinti corrispondenti alle tre specie. Sono stati ricercati putativi loci outlier, in grado di rilevare un elevato livello di differenziamento genetico tra specie. Sono stati identificati tre loci, probabilmente soggetti a selezione naturale, con similarità di sequenza per la calmodulina, per una proteasi antifreeze glycoprotein/trypsinogen-like e per un componente fondamentale del super elongation complex. Pressioni selettive, agenti su loci specifici, potrebbero riflettere processi evolutivi del passato che hanno portato alla divergenza tra specie e all’adattamento locale. È stata inoltre investigata la presenza e l’entità del flusso genico, passato e presente, tra le tre specie del genere Chionodraco, anche per chiarire il ruolo dei cicli glaciali nel processo di divergenza e d’introgressione tra specie. Sono state rilevate molteplici evidenze d’introgressione, associata ai due periodi interglaciali più recenti (Eemiano e Olocene), che potrebbe indicare una maggiore opportunità di speciazione allopatrica in rifugi durante i periodi glaciali, seguita da contatti secondari e ibridazione durante gli intervalli più caldi. Nella specie P. antarcticum, è stata studiata la struttura genetica di popolazione a livello della Penisola Antartica, una regione molto influenzata dal surriscaldamento climatico. Lungo la costa sud-occidentale della penisola è stato rilevato un pool genico unico e assenza di variabilità su scala temporale. Differenze significative sono state evidenziate, invece, su scala geografica tra campioni raccolti nella regione sud-occidentale e quelli ottenuti dalla punta settentrionale della penisola, con un segnale di incremento del differenziamento nel tempo. Molteplici evidenze, quali il ridotto livello di flusso genico lungo la piattaforma continentale della penisola, l'aumento del differenziamento su scala temporale e l'incapacità di catturare P. antarcticum lungo la costa centro-occidentale per due anni consecutivi, suggeriscono che questa specie, dipendente dal ghiaccio marino, sia stata colpita dai cambiamenti climatici con possibili effetti a cascata sull’intera catena alimentare dell’ecosistema marino antartico.
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BOVE, ANDREA. "Analisi della diversità genetica in 2 specie arboree mediterranee: palma da dattero (Phoenix dactylifera) e pino nero (Pinus nigra)." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/797489.

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Abstract:
Questo progetto di ricerca del dottorato si articola su due casi di studio simili nelle metodiche per generare i dati, basate su tecniche di genotipizzazione molecolare, ma con approcci differenti nell’analisi e soprattutto nell’interpretazione dei dati. In entrambi i casi di studio la diversità genetica è stata stimata mediante marcatori molecolari (microsatelliti-SSR-short sequence repeat- e SNP-single nucleotide polimorphism), ma mentre nel caso della palma da dattero è utilizzata per caratterizzare il germoplasma, nel caso del pino nero costituisce il prerequisito per la comprensione del ruolo relativo dei fenomeni selettivi e demografici nel definire la struttura genetica delle popolazioni, per studi di associazione molecolare, di filogeografia e più in generale di genetica della conservazione. The Ph.D. thesis refers to two case studies where similar methods to generate the molecular data but different approaches of data analyses and interpretation were adopted. In both cases the genetic diversity has been estimated by molecular markers (microsatellites-SSR-short sequence repeat- and SNP-single nucleotide polymorphism). In the date palm case the genetic variability is used for the characterization of germplasm, while in the Pinus nigra case a more detailed analysis for understanding the relative role of selection and demography on the genetic structure of populations, for molecular association and phylogeographic studies were performed.
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Book chapters on the topic "Genetica di popolazione e conservazione"

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Korf, Bruce R. "Genetica di popolazione." In Genetica e genomica umana, 155–69. Milano: Springer Milan, 2009. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1150-2_7.

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Conference papers on the topic "Genetica di popolazione e conservazione"

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Giannini, Raffaello. "Selvicoltura e variabilità genetica: funzionalità e conservazione degli ecosistemi forestali." In Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura. Accademia Italiana di Scienze Forestali, 2009. http://dx.doi.org/10.4129/cns2008.004.

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