Academic literature on the topic 'Funzioni parlamentari'

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Journal articles on the topic "Funzioni parlamentari"

1

Di Carpegna Brivio, Elena. "Il Parlamento dai controlli alla valutazione delle politiche pubbliche." ECONOMIA PUBBLICA, no. 2 (August 2020): 71–87. http://dx.doi.org/10.3280/ep2020-002003.

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Abstract:
L'articolo evidenzia come la storica marginalità delle funzioni parlamentari di controllo stia lasciando il posto a una crescente consapevolezza circa la necessi-tà di utilizzare l'istituzione della rappresentanza nazionale come il luogo in cui sviluppare la trasparenza del processo decisionale, la definizione dei livelli di re-sponsabilità e la verifica dei risultati concretamente prodotti. La valutazione del-le politiche pubbliche, come scienza che favorisce una costante circolarità tra analisi scientifica e decisione politica viene indicata come uno strumento di rin-novamento fondamentale.
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2

Lanza, Orazio, and Gianni Piazza. "I PARLAMENTARI DI FORZA ITALIA: UN GRUPPO A SOSTEGNO DI UNA LEADERSHIP?" Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no. 3 (December 2002): 425–57. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200030379.

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Abstract:
IntroduzioneTra le molteplici ragioni che sollecitano uno studio del fenomeno Forza Italia, sono precipuamente due quelle da cui muove il nostro articolo. La prima è l'esigenza di fornire un contributo alla conoscenza di un fenomeno così nuovo ed originale da rendere complicato anche il semplice etichettamento. Come altrove, anche in campo politologico il termine più utilizzato per qualificare questo tipo di partito è stato quello di «azienda», che riassume il suo essere frutto di un originale e riuscito esperimento di trasferimento in campo politico di una struttura imprenditoriale e del suo leader. Ma non ne sono mancati altri altrettanto significativi. Nondimeno sembra ormai difficile parlare di flash party dopo otto anni di vita, di partito azienda dopo l'allargamento del reticolo organizzativo, di semplice partito carismatico dopo il parziale processo di istituzionalizzazione che negli anni è intervenuto (Poli 2001). Più utile ci sembra, riprendendo la terminologia proposta anni fa da Panebianco (1982), parlare di «partito elettoralista» (Gunther e Diamond 2002), ovvero di partito organizzativamente snello, le cui funzioni primarie sono la strutturazione del voto e la selezione dei candidati alle elezioni e, dunque, la conduzione della campagna elettorale attraverso tecniche moderne incentrate soprattutto sui mezzi di comunicazione di massa e sull'attrattiva personale dei candidati presentati, in particolare del suo leader.
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3

Righettini, Stella. "LA POLITICIZZAZIONE DI UN POTERE NEUTRALE. MAGISTRATURA E CRISI ITALIANA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 25, no. 2 (August 1995): 227–65. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200023571.

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Abstract:
IntroduzioneLe vicende ditangentopolie le relative conseguenze politico-istituzionali hanno conferito all'intervento giudiziario un rilievo maggiore che in passato rispetto ai complessi rapporti tra poteri dello Stato e tra governanti e governati. La magistratura, soprattutto quella penale, mostra di aver acquisito una consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie funzioni nell'ambito del sistema politico come forse mai in precedenza nella storia della repubblica. Ci si interroga ancora oggi, a tre anni di distanza dall'inizio ditangentopoli, sul perché l'intervento dei magistrati abbia accelerato la crisi del regime democratico italiano e favorito l'inizio di una fase di transizione. Ci si chiede, inoltre, in che misura, con quali conseguenze e per quanto tempo ancora gli attori giudiziari saranno in grado di conservare un potenziale di influenza così ampio sul sistema politico e sulla funzionalità di istituzioni governative e parlamentari.
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Mastropaolo, Alfio. "PARLAMENTI E PARLAMENTARI NEGLI ANNI OTTANTA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 20, no. 1 (April 1990): 29–71. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008947.

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Abstract:
IntroduzioneAll'interno di quello che si suole ormai definire il mercato politico, il successo degli interessi organizzati ha da qualche decennio a questa parte finito, com'é noto, per cancellare del tutto la tradizionale rappresentazione del parlamento quale baricentro del sistema politico. Superata la fase in cui l'insidia piò grave alle prerogative delle assemblee legislative veniva dai partiti politici, i grandi gruppi d'interesse funzionali hanno addirittura dato luogo ad un secondo circuito rappresentativo in pieno regola, postosi decisamente in concorrenza rispetto a quello della rappresentanza politica democratica, che ha nel parlamento il suo principale punto di transito.
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5

D’Andrea, Antonio. "Il Parlamento e il Governo: le ragioni del rispettivo disallineamento costituzionale (sempre reversibile)." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 3 (November 2022): 9–40. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-003002.

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Abstract:
Da circa trent'anni il sistema di governo parlamentare, in Italia, ha funzionato in modo poco rispettoso del ruolo centrale che la Costituzione riserva agli organi parlamentari, a cominciare dall'esercizio della funzione normativa. Nella prassi sono stati il Governo e il suo leader, insieme allo stesso Presidente della Repubblica, ad assumere, non solo la guida politica dello Stato, ma anche il pieno controllo della maggioranza parlamentare via via faticosamente costituita. Nell'articolo si ipotizzano alcune soluzioni istituzionali incentrate principalmente su nuovi meccanismi elettorali in grado di rivitalizzare il parlamenta-rismo italiano, ritenuto sempre preferibile ad altri sistemi di governo.
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6

Petrillo, Pier Luigi. "La perenne campagna elettorale dell'Opposizione parlamentare in Italia e in Gran Bretagna." Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 51, no. 1 (June 30, 2004): 81–118. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12736.

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Abstract:
Nei regolamenti di alcuni parlamenti europei, dove si vive una competizione tra due forze politiche prevalenti, una al governo e l’altra all’Opposizione, esistono diversi strumenti che, garantendo la funzione alternativa di quest’ultima, definisco un vero e proprio Statuto dell’Opposizione in quanto non si limitano a evitarne lo «schiacciamento» da parte del raccordo maggioranza-governo, ma ne assicurano la manifestazione in parlamento di un progetto politico alternativo. Tali garanzie, quindi, proprio per la loro natura, possono risolversi in strumenti di campagna elettorale in quanto permettono all’Opposizione di essere visibile all’esterno dell’aula. Di conseguenza il parlamento, rivitalizzato grazie alla presenza costante dell’Opposizione, diventa la sede di una perenne campagna elettorale intesa non già come un continuo conflitto politico a suon di ostruzionismi reciproci, ma come un costante dibattito, magari anche aspro ma legittimo, tra i due principali soggetti politici. Il dibattito, infatti, in questi sistemi, viene procedimentalizzato e si traduce in critica, confronto e proposta. È intorno a questa tesi che si ragiona nel lavoro che segue, puntando l’attenzione, ovviamente, alla realtà italiana e servendoci di quella britannica (ma non solo) come di un modello di sistema competitivo. Non si vuole, invece, analizzare l’informazione parlamentare tout court, cioè l’insieme di meccanismi che rendono pubblica l’attività comunque svolta in parlamento; né ci soffermeremo sul tema del giornalismo parlamentare e, quindi, di come l’informazione parlamentare è esternalizzata; né si cercherà di dimostrare quali siano i comportamenti politici che l’Opposizione deve tenere in parlamento per essere visibile al suo esterno. Più semplicemente, dopo aver definito che cosa intendere per Opposizione parlamentare e quale sia la sua funzione costituzionale, prendendo a modello la Gran Bretagna, si cercherà di comprendere in cosa si sostanzia la logica del parlamento in perenne campagna elettorale e come e perché questa stessa logica sia (stata?) assente in Italia. In secondo luogo analizzeremo alcune garanzie che la Costituzione italiana e i Regolamenti parlamentari pongono a favore dell’Opposizione, non già, però, per definirne lo status ma per capire come tali strumenti possano, da un lato, trasformarsi in meccanismi di campagna elettorale parlamentare e dall’altro definire il parlamento come il luogo privilegiato della comunicazione politica. È da qui che avvieremo le conclusioni del ragionamento.
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Grimaldi, Angelo. "La forma di governo nella Costituzione Romana del 1849." Misión Jurídica, no. 20 (July 1, 2021): 174–96. http://dx.doi.org/10.25058/1794600x.1916.

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Abstract:
Dalla Costituzione romana del 1849 emerge una forma istituzionale “quasi dualistica” o “dualismo zoppo”. Si prevede una separazione dei poteri che però non rende possibile l’influenza ex post di un organo sulla funzione dell’altro, uno dei due organi costituzionali è claudicante: il Presidente collegiale della Repubblica, pur partecipando direttamente alla funzione legislativa, non può esercitare il veto sospensivo (accompagnato dalle osservazioni presidenziali), ma può soltanto, “senza ritardo”, promulgare la legge. L’Assemblea nomina il Presidente collegiale della Repubblica; i tre consoli non possono essere scelti fra i parlamentari, quindi si stabilisce la separazione dei due più importanti attori costituzionali. Il Presidente collegiale della Repubblica era a capo del Governo, ad esso spettava la nomina e la revoca dei ministri, quindi i ministri erano legati al Consolato da un rapporto “interno” di fiducia, ma tale rapporto di fiducia non poteva instaurarsi tra il Consolato-Governo e l’Assemblea. I due poteri, Legislativo e Capo dello Stato-Esecutivo, si costituiscono in due centri di autorità distinti, congegnati in un modo tale ed unico da potersi definire forma “quasi dualistica”. L’istituto della controfirma stabilisce il principio della “non responsabilità dei Consoli”, ma in che modo la Costituzione avrebbe garantito la irresponsabilità del Presidente (collegiale) della Repubblica se si afferma l’esatto contrario negli articoli 43, 44, 45 e 55? Risulta difficile immaginare un’evoluzione al parlamentarismo, cioè la responsabilità giuridica avrebbe aperto la strada alla responsabilità politica e, di conseguenza, al sistema parlamentare?
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Brunelli, Giuditta, and Paolo Veronesi. "Ai limiti della funzione rappresentativa." Revista Brasileira de Direitos Fundamentais & Justiça 7, no. 22 (March 30, 2013): 21–51. http://dx.doi.org/10.30899/dfj.v7i22.278.

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Abstract:
Lo scritto mette in evidenza il particolare rapporto che s'instaura tra rappresentanti e rappresentati nei casi in cui siano in gioco deliberazioni sulle “questioni di coscienza”. Si sottolineano così quali spazi di manovra siano riconosciuti agli eletti in queste materie ma anche i limiti costituzionalmente rilevanti che la loro azione incontra. Particolare rilievo viene riservato al tema del fine-vita, benché non si manchi di analizzare anche altri casi “difficili” (ad esempio, aborto e procreazione assistita). Nell'ultima parte del lavoro si elencano gli strumenti che la Costituzione predispone proprio per reagire alle ipotesi in cui parlamentari non rispettino la libertà di coscienza degli elettori.
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Pasquino, Gianfranco. "VARIANTI DEI MODELLI DI GOVERNO PARLAMENTARE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 33, no. 2 (August 2003): 295–315. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200027192.

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Abstract:
Introduzione«Chi conosce il diritto costituzionale classico e ignora la funzione dei partiti, ha un'idea sbagliata dei regimi politici contemporanei; chi conosce la funzione dei partiti e ignora il diritto costituzionale classico ha un'idea incompleta ma esatta dei regimi politici contemporanei» (Duverger 1961, p. 412) Alla luce di questa preziosa indicazione metodologica dell'autorevole politologo e costituzionalista francese, il dibattito italiano sul «premierato» appare immediatamente e sostanzialmente inadeguato perché incapace, tranne pochissime eccezioni, di tenere insieme il sistema dei partiti e il modello di governo. Certo, è innegabile che le regole e le attribuzioni di poteri costituzionali hanno anche una dinamica e una forza propria e specifica. Tuttavia, il modo e il grado di successo con il quale regole e poteri incidono sui rapporti governo/parlamento e governo/elettorato differiscono in maniera significativa a seconda del sistema di partiti sottostante sul quale si applicano e con il quale interagiscono. In questa sede, manterrò l'analisi focalizzata esclusivamente sui modelli parlamentari di governo, ma, naturalmente, anche qualsiasi tentativo di comprendere e di rendere conto del funzionamento dei modelli presidenziali di governo appare altrettanto inadeguato se, per l'appunto, non tiene conto dei diversi sistemi di partito sui quali viene innestato ciascun modello presidenziale (per le indispensabili differenziazioni fra presidenzialismi e parlamentarismi, si veda Sartori 2000; per un tentativo, peraltro piuttosto confuso poiché si perde in eccessive specificazioni che non conducono ad opportune generalizzazioni, Shugart e Carey 1992).
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Fasone, Cristina. "L'Ufficio parlamentare di bilancio e il ruolo delle istituzioni fiscali indipendenti nell'Unione oggi." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 2 (July 2022): 149–67. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-002009.

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Abstract:
Il contributo esamina la configurazione e il ruolo svolto dalle istituzioni fiscali indipen-denti nella governance economica multilivello, con particolare riferimento al caso dell'Ufficio parlamentare di bilancio italiano, e ai profili di criticità che si riscontrano circa l'indipendenza d'azione e l'effettività delle loro funzioni rispetto alle procedure democra-tiche che dovrebbero presidiare le decisioni di bilancio.
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Dissertations / Theses on the topic "Funzioni parlamentari"

1

Bargiacchi, Stefano. "Parlamenti e designazioni pubbliche nelle forme di governo parlamentari. Tra controllo e indirizzo politico." Doctoral thesis, Università di Siena, 2022. http://hdl.handle.net/11365/1196145.

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Abstract:
L’obiettivo del lavoro è quello di analizzare il ruolo delle assemblee parlamentari all’interno delle procedure di nomina ad incarichi pubblici, negli ordinamenti retti da forme di governo parlamentare.La prima parte della tesi sarà dedicata ad affrontare i problemi di ordine metodologico posti dal quesito di ricerca e nel ricostruire il quadro normativo di riferimento. Si motiverà la scelta di concentrare il lavoro di ricerca solo su alcune forme di governo di tipo parlamentare. Sarà evidenziato come il rapporto fiduciario che lega la permanenza in carica del Governo alla presenza di una maggioranza in suo favore nell’Assemblea rappresenti un fattore dirimente per valutare i poteri dei singoli Parlamenti in relazione alle procedure di nomina. In tale forma di governo, come noto, queste prerogative assumono una connotazione peculiare alla luce delle modalità con cui l’Assemblea contribuisce a determinare l’indirizzo politico e ad esercitare la funzione di controllo sull’esecutivo. La scelta degli ordinamenti da prendere in esame verrà effettuata seguendo il metodo, già suggerito da Hirschl, della “prototypical case logic”. Saranno prese in esame le prerogative parlamentari nei processi di nomina pubblica, di quegli ordinamenti retti, da forme di governo parlamentare, in cui tali poteri sono tradizionalmente considerati di particolare rilevanza e come “modelli” di studio. Per tali ragioni la ricerca si focalizzerà sui casi italiano, spagnolo, inglese e tedesco. La scelta di limitare la comparazione solo ad alcuni ordinamenti appare giustificabile, inoltre, alla luce del fatto che la rilevanza dei modelli presi in esame permetterà una generalizzazione dei risultati ottenuti. Ciononostante, l’elaborato non ignorerà completamente né il caso statunitense, né quello rappresentato dall’Unione Europea. Il primo per l’importanza storica e sistematica che all’interno di quella forma di governo presidenziale possiede il Senato all’interno di sostanzialmente tutte le procedure di nomina a livello federale. L’interesse per il secondo caso rileva soprattutto in relazione al ruolo che il Parlamento europeo, anche attraverso i suoi poteri relativi alle nomine pubbliche è venuto ad assumere nel condizionare le scelte della Commissione pur in assenza di un vero e proprio rapporto fiduciario con questa. Motivata la scelta degli ordinamenti da esaminare, si svolgerà, per le ragioni anzidette, un’approfondita ricostruzione circa il concetto di “funzione parlamentare” con particolare riferimento alla funzione di indirizzo politico e a quella di controllo. Solo a partire da questo momento sarà possibile rivolgere l’attenzione alle procedure che disciplinano le prerogative parlamentari in caso di nomine pubbliche. Si formulerà quindi, ai fini della ricerca, una definizione di “procedura di nomina” e di “incarico pubblico” che chiariscano e limitino, in modo soddisfacente i confini dell’indagine. Il criterio che verrà utilizzato sarà quello di limitare le riflessioni alle sole nomine per le quali è previsto un qualche grado di coinvolgimento diretto dell’organo parlamentare. Tale scelta, da un lato permetterà di concentrare gli sforzi della ricerca sul ruolo dei Parlamenti, favorendo, d’altra parte, l’emergere delle differenze tra l’estensione delle prerogative delle Assemblee degli ordinamenti presi in esame. Questa metodologia esclude espressamente l’esame di tutte quelle nomine pubbliche per le quali non è previsto un espresso coinvolgimento del Parlamento. Procedere secondo questa strada, non solo avrebbe richiesto una difficile - probabilmente quasi impossibile - attività di ricostruzione normativa finalizzata ad elaborare un quadro esaustivo di tutte le nomine pubbliche di competenza del potere centrale, ma avrebbe anche rischiato di spostare eccessivamente il baricentro dell’elaborato dai Parlamenti ai Governi. Anche attraverso la comparazione delle varie procedure di nomina degli ordinamenti presi in esame, sarà possibile formare una tipologia relativa al grado di coinvolgimento dell’organo parlamentare. Da un troveranno posto quelle procedure per le quali il coinvolgimento dell’organo parlamentare è minimo, come la semplice audizione del soggetto da nominare, o l’espressione di un parere non vincolante. Dall’altro lato troveremo quelle procedure in cui il coinvolgimento dell’organo parlamentare sia massimo, (si pensi all’espressione di un parere vincolante). Le riflessioni sin qui condotte ci porteranno necessariamente a riflettere anche su quelle procedure in cui è lo stesso Parlamento a decidere autonomamente, attraverso elezione, i soggetti che dovranno ricoprire una determinata carica. L’estensione delle riflessioni del presente elaborato alle c.d. “procedure elettive parlamentari” appare doverosa anche in relazione al fatto che una distinzione queste e il ruolo del parlamento all’interno delle procedure di nomina non trova sostanziali riscontri negli altri ordinamenti che si intende esaminare. Riguardo a questo ultimo punto appare necessaria l’esclusione dal nostro campo di indagine delle procedure elettive relative: agli organi aventi attribuzioni inerenti al funzionamento interno delle Camere; oppure rientranti, usando una definizione originariamente elaborata da Cheli, nel circuito della determinazione dell’indirizzo politico ovvero nel cosiddetto circuito delle garanzie. Sarà su queste basi che partendo dal caso italiano si svilupperà un’analisi comparata dei singoli istituti. Sarà quindi possibile svolgere alcune considerazioni relative al ruolo che le prerogative parlamentari in materia di nomine pubbliche possono avere nello studio della forma di governo parlamentare. Da un lato si riprenderanno, i già numerosi studi relativi al principio di trasparenza, pubblicità dei lavori e rappresentazione degli interessi particolari nel processo decisionale, per valutare se e quali conseguenze discendano da un maggior coinvolgimento dell’organo rappresentativo. D’altra parte, si cercherà di valutare se ad un maggiore coinvolgimento formale dei singoli Parlamenti discenda una maggiore capacità di tali organi di condizionare le scelte del soggetto nominante. Si rifletterà, inoltre, sulle ragioni che nel corso degli ultimi due decenni hanno portato i Parlamenti ad aumentare le proprie competenze in relazione alle nomine inserite in una posizione terza rispetto al potere esecutivo spesso con funzioni di controllo rispetto allo stesso (es. autorità amministrative indipendenti), riducendo però le competenze in relazione alle nomine riguardanti organi direttamente coinvolti nell’implementazione dei programmi del governo. Ci si aspetta di osservare che più il soggetto nominato svolge funzioni estranee all’attività di governo, maggiore sarà il grado controllo e coinvolgimento da parte del Parlamento. Nel complesso, la ricerca partendo da alcune considerazioni riguardanti temi classici del diritto costituzionale (forma di governo parlamentare, funzioni parlamentari, indirizzo politico e controllo del parlamento sul governo) intende sviluppare alcune riflessioni su un argomento la cui trattazione è raramente avvenuta, soprattutto per il caso italiano, in modo sistematico.
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PENNACCHIETTI, CLAUDIA. "I PARLAMENTI NAZIONALI NELL’UNIONE EUROPEA. GLI EFFETTI DELL’INTEGRAZIONE SULLA FUNZIONE DI CONTROLLO PARLAMENTARE." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11393/237791.

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Abstract:
Le implicazioni dell’integrazione europea sulle dinamiche istituzionali e politiche interne agli stati membri e sui rapporti fra gli esecutivi e i parlamenti nazionali sono state oggetto di crescente attenzione di pari passo con l’approfondirsi dello stesso processo di integrazione nel continente. Il tema, che ovviamente include le questioni relative alla partecipazione dei Parlamenti nazionali al processo decisionale europeo, è tornato ad essere di grande attualità in seguito all’approvazione del Trattato di Lisbona e ad alcune recenti evoluzioni negli equilibri istituzionali indotte dalla crisi economico e finanziaria del 2008. L’obiettivo di questa tesi è esaminare le modalità di partecipazione dei Parlamenti nazionali nelle decisioni volte a definire le politiche e il diritto dell’Unione Europea con particolare attenzione al caso italiano e agli effetti legati a tali importanti innovazioni. Più precisamente, il lavoro mira a verificare quale sia il ruolo svolto dai parlamenti nazionali nella formazione della pozione nazionale che i rispettivi governi sono chiamati a sostenere nel quadro di quei processi decisionali intesi ad elaborare specifici atti europei. Sebbene l’obiettivo principale della tesi sia quello di indagare i meccanismi interni di coordinamento tra parlamento e governo funzionali all’attività di indirizzo del primo sul secondo, non mancheranno cenni anche in relazione agli altri canali di intervento parlamentare (quelle modalità di coinvolgimento cd. ‘dirette’), laddove ciò sia funzionale a meglio comprendere il sistema di controllo e indirizzo interno. Per quanto riguarda i casi di studio, come anticipato, il lavoro si concentra prevalentemente sul caso italiano. Tuttavia, è stata svolta anche un’analisi comparata. Sulla base della consolidata suddivisione elaborata COSAC, la scelta è ricaduta in particolare su due sistemi rappresentativi del modello document-based (Regno Unito e Germania) – anche il caso italiano è stato tradizionalmente incluso in tale modello – e su di uno riconducibile al modello mandating-based (Danimarca) Il primo capitolo della tesi ricostruisce le tappe della storia europea verso la soluzione del problema del riconoscimento di un ruolo dei parlamenti nazionali nei processi decisionali e nell’architettura istituzionale delle Comunità prima e dell’Unione poi. Tale processo si è sviluppato su due livelli: uno proprio dei singoli ordinamenti nazionali, che hanno progressivamente affinato specifiche pratiche di controllo e creato strutture appositamente dedicate agli affari europei; e un altro proprio del diritto europeo, che ha riconosciuto poteri informativi e poi poteri di interlocuzione non mediata dai governi con le istituzioni europee. Il capitolo discute anche l’evoluzione delle teorie dottrinarie, a partire dalle prime ricostruzioni del legame esistente tra la partecipazione dei parlamenti nazionali e il problema del deficit democratico, e affronta alcuni elementi definitori e classificatori utili per meglio comprendere gli aspetti comuni alle varie esperienze nazionali del controllo parlamentare. Il secondo capitolo è dedicato all’analisi comparata. Per ciascuna delle esperienze nazionali scelte (Danimarca, Germania e Regno Unito) sono analizzate le fonti di disciplina dei poteri interni di controllo parlamentare – siano esse disposizioni normative, regolamentari, prassi sperimentali –, le strutture parlamentari e governative coinvolte nello scrutiny interno e i meccanismi predisposti per rafforzare il potere parlamentare e migliorare il raccordo con il governo. L’effettivo utilizzo del controllo dipende, infatti, oltre che dalla volontà del parlamento, dalla funzionalità delle strutture e degli strumenti operativi di cui dispone e dalla presenza di un efficace raccordo con le competenti strutture dell’esecutivo. Il capitolo approfondisce anche l’aspetto dinamico dell’attuazione delle disposizioni, ovvero il funzionamento concreto delle strutture e degli strumenti di indirizzo e di raccordo. Le prassi applicative costituiscono la fonte primaria della ricerca, poiché l’attività di controllo interno sugli affari europei è sottoposta a continue influenze esterne (prodotte dai progressi dell’integrazione) e a processi interni di adattamento che ne impongono costanti modifiche, spesso approntate tramite procedure sperimentali e operazioni interpretative non formalizzate in fonti normative. Questa analisi è funzionale a individuare eventuali buone prassi per lo svolgimento di un’efficace partecipazione al processo decisionale dell’Unione. Al contempo, si cercherà di valutare se gli strumenti normativi e le prassi applicative hanno avuto l’effetto di riequilibrare le dinamiche dei rapporti tra le assemblee parlamentari e i rispettivi esecutivi negli affari europei. Gli ultimi due capitoli saranno interamente dedicati ad approfondire il caso italiano. In particolare, nel capitolo 3 è ricostruita la disciplina italiana dell’indirizzo e del controllo dalle origini fino alla legge 234 del 2012. Lo studio è effettuato tenendo conto del peculiare sistema di fonti che caratterizza la disciplina italiana dei meccanismi di scrutiny interno e che si ricava dalla combinazione della legge ordinaria di procedura, dei regolamenti parlamentari e delle prassi sperimentali che nel tempo si sono sviluppate in adeguamento, per via interpretativa, delle procedure regolamentari alle fonti europee. Il capitolo 4 sarà quindi dedicato alle dinamiche attuative delle disposizioni normative e regolamentari precedenti e successive all’entrata in vigore della legge 234 del 2012. L’analisi empirica è svolta unicamente con riferimento al canale interno di indirizzo e controllo del parlamento sulle attività del governo nella elaborazione di specifici atti dell’Unione, dedicando solo alcuni cenni ai poteri parlamentari in relazione a specifici settori e alla fase pre-legislativa. Sono oggetto di analisi le fasi che vanno dalla trasmissione degli atti e dall’informazione qualificata del Governo, all’istruttoria parlamentare e all’elaborazione degli indirizzi, fino all’informativa sul seguito governativo agli indirizzi formulati. Da un punto di vista temporale, invece, si è deciso di dare conto di alcune prassi a partire dalla XIII legislatura. La scelta di limitare l’indagine a tale periodo deriva dalla consapevolezza che la partecipazione alla fase ascendente del diritto comunitario da parte di Camera e Senato è fenomeno relativamente recente, per cui il periodo antecedente si caratterizza per l’esiguità di prassi e di profili applicativi di rilievo soprattutto in riferimento all’esame di specifici atti dell’Unione. Per quanto riguarda invece l’evoluzione delle pratiche parlamentari successive all’entrata in vigore della legge 234 del 2012, il punto di partenza temporale dell’analisi corrisponde al momento di avvio della XVII legislatura (15 marzo 2013) e al periodo di stallo politico-istituzionale conclusosi con la nomina del Governo Letta il 28 aprile del 2013. Per quanto riguarda le fonti utilizzate nell’analisi empirica, centrale è stato il ruolo della documentazione degli uffici per gli affari europei di Camera e Senato e delle banche dati sulle attività non legislative degli organi parlamentari deputati. Inoltre, si è ritenuto utile ricorrere ad alcune interviste ad attori privilegiati (funzionari parlamentari di Camera e Senato): le informazioni emerse e la documentazione raccolta nel corso delle interviste si sono rivelate essenziali per integrare i dati quantitativi e qualitativi laddove carenti. Nelle conclusioni, infine, sono brevemente richiamati i principali risultati della tesi, sono discussi i problemi ancora aperti nel caso italiano e sono avanzate alcune proposte – anche sulla scorta dell’analisi comparata – per migliorare il processo di controllo parlamentare e il raccordo parlamento-governo negli affari europei.
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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Abstract:
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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Books on the topic "Funzioni parlamentari"

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Renzo, Dickmann, and Staiano Sandro 1955-, eds. Funzioni parlamentari non legislative e forma di governo: L'esperienza dell'Italia. Milano: Giuffrè, 2008.

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deputati, Italy Parlamento Camera dei. Guida per i deputati della XVII Legislatura: Procedure parlamentari, status del deputato, servizi di supporto per lo svolgimento delle funzioni parlamentari. Roma: Camera dei deputati, 2013.

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Dickmann, Renzo. Le funzioni parlamentari non legislative: Studi di diritto comparato : raccolta di studi sul Parlamento nella ricorrenza del LX anniversario della Costituzione. Milano: Giuffrè, 2009.

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Scaffardi, Lucia. Parlamenti in dialogo: L'uso della comparazione nella funzione legislativa. Napoli: Jovene Editore, 2011.

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Emanuele, Rossi, and Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant'Anna di Pisa (Italy), eds. Il parlamento "consulente": Dati e tendenze relativi alla funzione consultiva parlamentare nella 13. legislatura. Napoli: Jovene, 2002.

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Bin, Roberto. Il Caso Previti: Funzione parlamentare e giurisdizione in conflitto davanti alla Corte : atti del Seminario, Ferrara, 28 gennaio 2000. Torino: G. Giappichelli, 2000.

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