Journal articles on the topic 'Forma di governo parlamentare'

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Cavaggion, Giovanni. "Minoranze e opposizioni in un Parlamento marginalizzato." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 3 (November 2022): 95–124. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-003005.

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Abstract:
L'articolo studia il ruolo delle opposizioni e delle minoranze parlamentari alla luce delle trasformazioni in atto nella forma di governo italiana. A partire dalla stagione della "Se-conda Repubblica" il saldarsi dell'asse tra Governo e maggioranza parlamentare ha progressivamente ridotto i margini per la partecipazione dlle opposizioni e delle minoranze alla determinazione dell'indirizzo politico. La fine del bipolarismo e il ritorno a un sistema elettorale prevalentemente proporzionale sembrano avere aggravato anziché attenuare, le distorsioni in atto. L'articolo si interroga sui possibili rimedi, che potrebbero essere, alternativamente, la riaffermazione della centralità del Parlamento, ovvero l'introduzione di adeguati strumenti di tutela per le minoranze e le opposizioni parlamentari.
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Grimaldi, Angelo. "La forma di governo nella Costituzione Romana del 1849." Misión Jurídica, no. 20 (July 1, 2021): 174–96. http://dx.doi.org/10.25058/1794600x.1916.

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Abstract:
Dalla Costituzione romana del 1849 emerge una forma istituzionale “quasi dualistica” o “dualismo zoppo”. Si prevede una separazione dei poteri che però non rende possibile l’influenza ex post di un organo sulla funzione dell’altro, uno dei due organi costituzionali è claudicante: il Presidente collegiale della Repubblica, pur partecipando direttamente alla funzione legislativa, non può esercitare il veto sospensivo (accompagnato dalle osservazioni presidenziali), ma può soltanto, “senza ritardo”, promulgare la legge. L’Assemblea nomina il Presidente collegiale della Repubblica; i tre consoli non possono essere scelti fra i parlamentari, quindi si stabilisce la separazione dei due più importanti attori costituzionali. Il Presidente collegiale della Repubblica era a capo del Governo, ad esso spettava la nomina e la revoca dei ministri, quindi i ministri erano legati al Consolato da un rapporto “interno” di fiducia, ma tale rapporto di fiducia non poteva instaurarsi tra il Consolato-Governo e l’Assemblea. I due poteri, Legislativo e Capo dello Stato-Esecutivo, si costituiscono in due centri di autorità distinti, congegnati in un modo tale ed unico da potersi definire forma “quasi dualistica”. L’istituto della controfirma stabilisce il principio della “non responsabilità dei Consoli”, ma in che modo la Costituzione avrebbe garantito la irresponsabilità del Presidente (collegiale) della Repubblica se si afferma l’esatto contrario negli articoli 43, 44, 45 e 55? Risulta difficile immaginare un’evoluzione al parlamentarismo, cioè la responsabilità giuridica avrebbe aperto la strada alla responsabilità politica e, di conseguenza, al sistema parlamentare?
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Cavino, Massimo. "UNA CONCEZIONE SVALUTATIVA DELLA RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE: IL CONTRATTO DI GOVERNO." Il Politico 251, no. 2 (March 3, 2020): 221–38. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.246.

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Abstract:
Durante la XVIII legislatura, i leader della maggioranza parlamentare italiana hanno accettato di formare un governo di coalizione attraverso il "Contratto per il governo del cambiamento". L'approvazione di questo documento ha rappresentato una novità significativa nella politica italiana e, di conseguenza, merita un'attenta considerazione. Il saggio si concentra sulla forma giuridica del "Contratto" e prende in considerazione i suoi effetti sul funzionamento del Parlamento e del Gabinetto italiano.
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Lupo, Nicola, and Giovanni Piccirilli. "Le recenti evoluzioni della forma di governo italiana: una conferma della sua natura parlamentare." DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 1 (October 2012): 85–109. http://dx.doi.org/10.3280/ded2012-001006.

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Lijphart, Arend. "PRESIDENZIALISMO E DEMOCRAZIA MAGGIORITARIA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 367–84. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008637.

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Abstract:
IntroduzioneNel suo noto saggio su Democracy, Presidential or Parliamentary: Does it Make a Difference? — ampiamente diffuso e da considerarsi ormai una sorta di classico non pubblicato — Juan Linz (1987, 2) osserva correttamente che gli scienziati della politica hanno trascurato le importanti differenze istituzionali e comportamentali tra regimi parlamentari, presidenziali e semipresidenziali e che, in particolare, queste differenze «ricevono solo scarsa attenzione nei due più recenti lavori di comparazione delle democrazie contemporanee», cioè Comparative Democracies di G. Bingham Powell (1982) e il mio Democracies (Ljiphart 1984). Una ragione per cui il presidenzialismo risulta relativamente trascurato nel mio libro è che nell'universo di 21 democrazie ivi considerato — definito da quei paesi che hanno avuto una ininterrotta esperienza di governo democratico approssimativamente dalla fine della seconda guerra mondiale — compare un solo chiaro caso di governo presidenziale (gli Stati Uniti) e due casi più ambigui (la V Repubblica francese e la Finlandia). Retrospettivamente ritengo di aver applicato i miei criteri in modo troppo stretto e che avrei dovuto includere anche l'India e il Costa Rica tra le mie democrazie «prolungate». Quest'ultimo avrebbe costituito un quarto caso di presidenzialismo. Powell fa ricorso ad una definizione meno esigente di democrazia (un minimo di 5 anni di democrazia nel periodo dal 1958 al 1976), il che gli mette a disposizione altri 4 casi di presidenzialismo: Venezuela, Cile, Uruguay e Filippine.Vorrei essere ancor più esplicitamente critico sul mio libro del 1984: la debolezza principale non è tanto lo scarso spazio dedicato al contrasto tra presidenzialismo e parlamentarismo (circa 12 pagine su 222, cioè un po’ più del 5% del libro) ma piuttosto il fatto che la discussione non è sufficientemente integrata con la comparazione della democrazia maggioritaria e consensuale, che costituisce il tema principale del lavoro. In particolare, ho definito presidenzialismo e parlamentarismo in riferimento a due caratteristiche contrastanti, ignorando una terza cruciale distinzione, ed ho poi legato il contrasto presidenziale/parlamentare ad una sola delle differenze tra democrazia consensuale e maggioritaria, ignorando il suo impatto su numerose altre distinzioni. L'obiettivo di questo articolo è correggere queste lacune e stabilire la connessione generale tra il contrasto presidenziale/parlamentare e quello maggioritario/consensuale.Come Linz, il mio atteggiamento sarà critico verso il presidenzialismo, ma tale critica si baserà su argomenti in parte diversi. L'argomento principale di Linz (1987, 11) riguarda «la rigidità che il presidenzialismo introduce nel processo politico e la flessibilità di gran lunga maggiore di questo processo nei sistemi parlamentari». Concordo pienamente con Linz e, in aggiunta, sono d'accordo che rigidità e immobilismo costituiscono i più seri punti deboli del presidenzialismo. In questo articolo la mia critica si concentrerà su una ulteriore debolezza della forma presidenziale di governo: la sua potente inclinazione verso la democrazia maggioritaria e il fatto che, nel gran numero di paesi in cui un naturale consenso di fondo è assente, appare necessaria una forma di democrazia consensuale invece che maggioritaria. Questi paesi comprendono non solo quelli caratterizzati da profonde fratture etniche, razziali e religiose, ma anche quelli con intense divisioni politiche che originano da una storia recente di guerra civile o dittatura militare, enormi diseguaglianze socio-economiche e così via. Inoltre, nei paesi in via di democratizzazione o di ri-democratizzazione le forze non-democratiche devono essere rassicurate e riconciliate ed è necessario fargli accettare l'idea non solo di abbandonare il potere, ma anche di non insistere nel pretendere il mantenimento di «domini riservati» di potere non-democratico all'interno del nuovo, e per gli altri versi democratico, regime. La democrazia consensuale, che è caratterizzata dalla condivisione, dalla limitazione e dalla dispersione del potere, ha molte più probabilità di raggiungere questo obiettivo che non il diretto dominio maggioritario. Come Philippe C. Schmitter ha suggerito, democrazia consensuale significa democrazia «difensiva», che per le minoranze etno-culturali e politiche risulta meno minacciosa dell' «aggres-sivo» governo maggioritario.Tratterò questo tema in tre fasi. In primo luogo definirò il presidenzialismo in riferimento a tre essenziali caratteristiche. In secondo luogo mostrerò che, specialmente come risultato della sua terza caratteristica, il presidenzialismo ha una forte tendenza a rendere la democrazia più maggioritaria. Infine, esaminerò le varie caratteristiche non-essenziali del presidenzialismo — caratteristiche che, benché presenti di frequente, non sono elementi distintivi della forma di governo presidenziale — ed il loro impatto sul grado di consensualità o maggioritarietà della democrazia.
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Rusconi, Gian Enrico. "QUALE «DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE»? LA CORTE FEDERALE NELLA POLITICA TEDESCA E IL PROBLEMA DELLA COSTITUZIONE EUROPEA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 27, no. 2 (August 1997): 273–306. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024837.

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Abstract:
IntroduzioneLa Germania offre una interessante versione contemporanea dello «Stato costituzionale» o della «democrazia costituzionale» con le sue tipiche tensioni tra responsabilità politica parlamentare e giustizia costituzionale. Un esempio tanto più istruttivo in quanto si pone all'incrocio tra la tradizione tedesca dello «Stato di diritto» e la tendenza ad un «nuovo costituzionalismo» che suscita crescente attenzione nelle scienze politiche e giuridiche.Ma c'è di più. La centralità del ruolo della Germania in Europa fa sì che questa problematica si proietti sulla costruzione politico-costituzionale dell'Unione europea. L'istituzionalizzazione dell'Europa politica e la semplice ipotesi di una Costituzione europea rimettono in gioco i concetti classici di popolo, sovranità, statualità e legittimazione democratica e aggiornano i dilemmi del costituzionalismo e della Costituzione come statuto delle libertà, come contratto politico e come forma di governo. In questa ottica il progetto europeo acquista i tratti di una democrazia o Stato costituzionale tutto da esplorare, per il quale il modello tedesco diventa molto istruttivo.
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Gambino, Silvio. "Sui militi alla revisione della costituzione nell'ordinamento italiano." Revista de Direitos e Garantias Fundamentais, no. 8 (October 30, 2010): 55. http://dx.doi.org/10.18759/rdgf.v0i8.26.

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Abstract:
L’analisi dei limiti (soprattutto materiali) alla revisione della Costituzione nell’ordinamento italiano, da sempre oggetto di studio da parte della dottrina costituzionale, di recente è stata oggetto di approfondimento con riguardo al testo di revisione costituzionale approvato da una maggioranza parlamentare (di destra) ma poi respinto dal corpo elettorale nel referendum costituzionale. Il quesito che, più in particolare, ha originato l’approfondimento riguardava la disponibilità o meno in capo al Parlamento del potere di revisione costituzionale che avesse ad oggetto uno sbilanciamento dei poteri a favore del Governo e soprattutto del Premier. Rispetto a tale questione contingente, l’analisi ha approfondito il tema per come esso si presenta nel quadro di un costituzionalismo rigido e giurisdizionalmente garantito. La letteratura giuridica, tuttavia, ha offerto nel corso degli ultimi sessanta anni una risposta di tipo evolutivo. Nel mentre fino agli anni ’70 ha assunto che nulla impedirebbe la revisione della Costituzione qualora siano rispettate le procedure rafforzate previste nell’art. 138 Cost. (approvazione con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e sottoposizione a referendum popolare qualora il testo di revisione non sia stato approvato nella seconda votazione con una maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna delle Camere), nella dottrina successiva agli anni ’80, anche sulla base del limite costituzionale secondo cui la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (art. 139 Cost.), ha individuato l’esistenza, accanto al limite formale, di un limite materiale, costituito dal rispetto dei principi supremi e dei diritti fondamentali, benché l’individuazione puntuale di tali principi appare molto più complessa e talora anche problematica. La giurisprudenza costituzionale ha sempre confermato una simile lettura allorché ha individuato, con una giurisprudenza stabile nel tempo, i principi e i diritti fondamentali come limite al processo di integrazione europea e prima ancora con riguardo ai rapporti fra diritto costituzionale e diritto canonico.
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Pasquino, Gianfranco. "VARIANTI DEI MODELLI DI GOVERNO PARLAMENTARE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 33, no. 2 (August 2003): 295–315. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200027192.

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Abstract:
Introduzione«Chi conosce il diritto costituzionale classico e ignora la funzione dei partiti, ha un'idea sbagliata dei regimi politici contemporanei; chi conosce la funzione dei partiti e ignora il diritto costituzionale classico ha un'idea incompleta ma esatta dei regimi politici contemporanei» (Duverger 1961, p. 412) Alla luce di questa preziosa indicazione metodologica dell'autorevole politologo e costituzionalista francese, il dibattito italiano sul «premierato» appare immediatamente e sostanzialmente inadeguato perché incapace, tranne pochissime eccezioni, di tenere insieme il sistema dei partiti e il modello di governo. Certo, è innegabile che le regole e le attribuzioni di poteri costituzionali hanno anche una dinamica e una forza propria e specifica. Tuttavia, il modo e il grado di successo con il quale regole e poteri incidono sui rapporti governo/parlamento e governo/elettorato differiscono in maniera significativa a seconda del sistema di partiti sottostante sul quale si applicano e con il quale interagiscono. In questa sede, manterrò l'analisi focalizzata esclusivamente sui modelli parlamentari di governo, ma, naturalmente, anche qualsiasi tentativo di comprendere e di rendere conto del funzionamento dei modelli presidenziali di governo appare altrettanto inadeguato se, per l'appunto, non tiene conto dei diversi sistemi di partito sui quali viene innestato ciascun modello presidenziale (per le indispensabili differenziazioni fra presidenzialismi e parlamentarismi, si veda Sartori 2000; per un tentativo, peraltro piuttosto confuso poiché si perde in eccessive specificazioni che non conducono ad opportune generalizzazioni, Shugart e Carey 1992).
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D’Andrea, Antonio. "Il Parlamento e il Governo: le ragioni del rispettivo disallineamento costituzionale (sempre reversibile)." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 3 (November 2022): 9–40. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-003002.

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Abstract:
Da circa trent'anni il sistema di governo parlamentare, in Italia, ha funzionato in modo poco rispettoso del ruolo centrale che la Costituzione riserva agli organi parlamentari, a cominciare dall'esercizio della funzione normativa. Nella prassi sono stati il Governo e il suo leader, insieme allo stesso Presidente della Repubblica, ad assumere, non solo la guida politica dello Stato, ma anche il pieno controllo della maggioranza parlamentare via via faticosamente costituita. Nell'articolo si ipotizzano alcune soluzioni istituzionali incentrate principalmente su nuovi meccanismi elettorali in grado di rivitalizzare il parlamenta-rismo italiano, ritenuto sempre preferibile ad altri sistemi di governo.
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Sartori, Giovanni. "PREMIERATO FORTE E PREMIERATO ELETTIVO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 33, no. 2 (August 2003): 285–93. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200027180.

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Abstract:
IntroduzioneLa dizione «premierato» indica un sistema parlamentare nel quale il potere esecutivo sovrasta il potere legislativo e nel quale il primo ministro comanda i suoi ministri. L'idea è di un governo sopra l'assemblea che ribalta il governo della assemblea (l'assemblearismo). Va da sé, pertanto, che il premierato sta per «governo forte» nel senso di governo efficiente, di governo in grado di governare. Dire «premierato forte» è pleonastico: se è premierato, è per definizione forte (strutturalmente parlando).
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Petrillo, Pier Luigi. "La perenne campagna elettorale dell'Opposizione parlamentare in Italia e in Gran Bretagna." Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 51, no. 1 (June 30, 2004): 81–118. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12736.

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Abstract:
Nei regolamenti di alcuni parlamenti europei, dove si vive una competizione tra due forze politiche prevalenti, una al governo e l’altra all’Opposizione, esistono diversi strumenti che, garantendo la funzione alternativa di quest’ultima, definisco un vero e proprio Statuto dell’Opposizione in quanto non si limitano a evitarne lo «schiacciamento» da parte del raccordo maggioranza-governo, ma ne assicurano la manifestazione in parlamento di un progetto politico alternativo. Tali garanzie, quindi, proprio per la loro natura, possono risolversi in strumenti di campagna elettorale in quanto permettono all’Opposizione di essere visibile all’esterno dell’aula. Di conseguenza il parlamento, rivitalizzato grazie alla presenza costante dell’Opposizione, diventa la sede di una perenne campagna elettorale intesa non già come un continuo conflitto politico a suon di ostruzionismi reciproci, ma come un costante dibattito, magari anche aspro ma legittimo, tra i due principali soggetti politici. Il dibattito, infatti, in questi sistemi, viene procedimentalizzato e si traduce in critica, confronto e proposta. È intorno a questa tesi che si ragiona nel lavoro che segue, puntando l’attenzione, ovviamente, alla realtà italiana e servendoci di quella britannica (ma non solo) come di un modello di sistema competitivo. Non si vuole, invece, analizzare l’informazione parlamentare tout court, cioè l’insieme di meccanismi che rendono pubblica l’attività comunque svolta in parlamento; né ci soffermeremo sul tema del giornalismo parlamentare e, quindi, di come l’informazione parlamentare è esternalizzata; né si cercherà di dimostrare quali siano i comportamenti politici che l’Opposizione deve tenere in parlamento per essere visibile al suo esterno. Più semplicemente, dopo aver definito che cosa intendere per Opposizione parlamentare e quale sia la sua funzione costituzionale, prendendo a modello la Gran Bretagna, si cercherà di comprendere in cosa si sostanzia la logica del parlamento in perenne campagna elettorale e come e perché questa stessa logica sia (stata?) assente in Italia. In secondo luogo analizzeremo alcune garanzie che la Costituzione italiana e i Regolamenti parlamentari pongono a favore dell’Opposizione, non già, però, per definirne lo status ma per capire come tali strumenti possano, da un lato, trasformarsi in meccanismi di campagna elettorale parlamentare e dall’altro definire il parlamento come il luogo privilegiato della comunicazione politica. È da qui che avvieremo le conclusioni del ragionamento.
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Urbani, Giuliano. "IL GOVERNO: PROBLEMI CONCETTUALI E VERIFICHE EMPIRICHE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 17, no. 2 (August 1987): 233–39. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200016671.

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Abstract:
IntroduzioneInnanzitutto, una doverosa premessa. Credo che si debba riconoscere all'articolo di Mauro Calise il non trascurabile merito di aver messo in tutta evidenza la fertilità contenuta in alcuni fondamentali temi di ricerca, sui quali converrà proseguire con maggiore sistematicità lo scandaglio appena iniziato. Mi limito a ricordarne uno solo: l'importanza di riconsiderare l'intera problematica del processo di «istituzionalizzazione del governo» nel nostro paese alla luce dell'abbondantissima letteratura non strettamente politologica. Penso, ovviamente, al diritto costituzionale e parlamentare; ma anche alla stessa storia parlamentare, alla scienza dell'amministrazione, alle molte branche della sociologia politica fino alla moderna teoria economica delle strutture organizzative complesse (com'è nel caso, tanto per citare gli autori più potenzialmente rilevanti per il nostro problema, della produzione di un James G. March o di un Wilson o di un Williamson). La ragione è evidente. Non si tratta, infatti, di abdicare al nostro ruolo specialistico di politologi per vivere alle spalle di qualcun altro quanto di riconoscere apertamente che le altrui prospettive specialistiche possono consentirci di vedere in termini nuovi (e, a volte, notevolmente complicati) le nostre stesse questioni peculiari: come sono quelle attinenti alla specifica «logica politica» dei modi di essere dell'istituzione-governo. Limitiamoci anche qui a un solo esempio: il funzionamento del collegio «Consiglio dei ministri», considerato come la più tipica manifestazione delle coalizioni interpartitiche, ma anche — e allo stesso tempo — come un'organizzazione «economica» (finalizzata a massimizzare i possibili benefici, minimizzando i relativi costi), come un organo disciplinato da precise norme giuridiche, come una struttura sociale caratterizzata da una propria storia autonoma e così via. L'ipotesi è, infatti, che la comprensione dei «comportamenti coalizionali» all'interno del Consiglio dei ministri possa giovarsi grandemente di una simile considerazione interdisciplinare, sia pure impostata e finalizzata all'ottica esclusiva del lavoro politologico.
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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Abstract:
Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Violante, Luciano. "Magistrature e forma di governo." DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 3 (May 2012): 13–26. http://dx.doi.org/10.3280/ded2011-003002.

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Riberi, Mario. "Giovanni de Foresta, deputato alla camera subalpina e Ministro della giustizia (1850-1859)." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 199–255. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16889.

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Il giurista nizzardo Giovanni de Foresta è un personaggio poco noto e pochissimo studiato, nonostante il suo notevole apporto dato alla causa dell'unità d'Italia. Sostenitore di Cavour, sedette alla Camera subalpina per due legislature, la IV e la V, e rivestì due importanti incarichi di governo: fu ministro di Grazia e Giustizia sia nel primo governo D’Azeglio sia nel secondo governo Cavour, nel periodo di entrata in vigore delle leggi Siccardi. Oggetto di questo articolo sono i progetti elaborati da De Foresta durante questi due incarichi ministeriali. Innanzitutto il progetto che si tradusse nella legge del 26 febbraio 1852 sull’introduzione di misure restrittive della libertà di stampa: il dibattito parlamentare che ne seguì portò alla frattura della destra e alla stagione del "connubio" Cavour-Rattazzi. Successivamente viene illustrata l’opera svolta da De Foresta negli anni 1855-59 per il rinnovamento della codificazione del Regno di Sardegna attraverso l’apertura di un cantiere sia per l’elaborazione del codice di procedura civile sia per la revisione dei codici penali, che nel 1860 sostituirono quelli albertini. È infine presentato il contributo dato nel 1858 da De Foresta all'alleanza con la Francia, ritenuta indispensabile da Cavour per realizzare l'unità d'Italia, quando il Guardasigilli, per venire incontro alle richieste del governo francese, fece approvare dal Parlamento subalpino la legge sulle sanzioni da infliggere ai cospiratori contro i capi di stato stranieri.
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Piazzoni, Irene. "Il Pci e il "governo" delle televisioni negli anni del compromesso storico (1976-1979)." SOCIETÀ E STORIA, no. 173 (November 2021): 493–520. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173003.

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Abstract:
Negli anni della "solidarietà nazionale", per tutte le forze politiche italiane il "governo" del sistema televisivo, investito da un terremoto che ne disarticolava la geografia ridefinendo gli equilibri tra "mano" pubblica e soggetti privati, si pose come un ineludibile cimento. Tanto più ne fu investito il Pci, giunto nell'area della maggioranza e forte di una folta rappresentanza parlamentare. Qual fu il suo ruolo in quello snodo? Quali obiettivi il partito si proponeva? Quale la coesione interna con cui si mosse? Quali furono le strategie messe in campo? Quali i presupposti ideologici che le sostenevano? Quali gli alleati? Sono le questioni su cui l'articolo si interroga, ricostruendo la sintassi della concertazione tra i partiti cui il Pci si affidò e di cui fu protagonista. Ne emergono i nodi e le ragioni che portarono, anziché a una legge di regolamentazione, a un appeasement che si rivelò brodo di coltura di quelle storture che avrebbero generato l'anomalia del caso italiano.
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Fisichella, Domenico. "ALLE ORIGINI DELLA SCIENZA POLITICA ITALIANA: GAETANO MOSCA EPISTEMOLOGO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 3 (December 1991): 447–70. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020001786x.

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Abstract:
IntroduzioneLa riflessione epistemologica di Gaetano Mosca prende le mosse dall'osservazione che la scienza politica, come studio dei fenomeni politici con il metodo scientifico, è nel suo tempo ancora in fase di significativa arretratezza, per non dire nell'infanzia. Basta guardare allo sviluppo delle scienze naturali per rendersene conto. Già dalle pagine iniziali della Teorica dei governi e governo parlamentare, pubblicato in prima edizione nel 1884, il rilievo è esplicito e ricorrente: “i risultati ci dicono che, fino al giorno d'oggi, il metodo sperimentale ha fatto assai migliori prove nelle scienze fisiche che nelle sociali” (Mosca 1982, 197). D'altra parte, “che una scienza sociale non sia ancora nata”, talché ne deriva appunto “l'inferiorità di sviluppo scientifico che hanno le scienze sociali in rapporto alle naturali”, è tema ritornante anche negli Elementi di scienza politica, usciti in prima edizione nel 1896. “La scienza politica”, nota infatti il nostro autore, “non crediamo che neanche ora sia entrata interamente nel vero periodo scientifico” (ivi, 202, 199, 555).
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Sutter, Daniel. "Constitutions and Collective Action." Journal of Public Finance and Public Choice 13, no. 2 (October 1, 1995): 161–66. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540147.

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Abstract:
Abstract In questo lavoro l’autore argomenta che in base alia teoria del contrattualismo politico un sistema di governo è necessario per superare l’equilibrio subottimale del dilemma del prigioniero tipico di una forma di governo anarchica. Senza l’azione volontaria del singolo il dilemma del prigioniero, tuttavia, non viene risolto ed anche il dilemma del rent-seeking diventa fonte di problemi: è necessario dunque il controllo del cittadino suU’operato del governo. L’autore quindi sostiene l’importanza educativa e civile del ruolo dell a norma onde attuare attraverso la forma di governo il fenomeno del rent-seeking, specie in considerazione del fatto che in varie forme di governo il supporto normative crea vantaggi «non esclusivi», stimolando il livello degli investimenti.
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Sani, Giacomo, and Paolo Segatti. "PROGRAMMI, MEDIA E OPINIONE PUBBLICA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 26, no. 3 (December 1996): 459–82. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024485.

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Abstract:
Dall'inaugurazione del governo Berlusconi (maggio 1994) al giuramento della compagine guidata da Prodi intercorrono solo ventiquattro mesi. Ma sono due anni caratterizzati da una densa e convulsa vicenda politica nel corso della quale si verificano tutta una serie di episodi di rilievo. Tra i più salienti spiccano: la rottura dell'alleanza di centro-destra nata alla vigilia del 27 marzo 1994 (il cosiddetto «ribaltone»); il ricorso ad un governo «tecnico» che doveva costituire una soluzione provvisoria ma finisce col durare più del previsto; la nuova spaccatura che si produce nella maggior formazione di centro (il Ppi) nella primavera del 1995 e che porta alla nascita del Cdu e fa quindi salire a tre gli eredi della vecchia Dc; una ulteriore modifica delle regole del gioco con l'adozione di un nuovo sistema per le elezioni dei consigli regionali; e, infine, lo svolgimento di ben tre consultazioni elettorali a carattere nazionale (le elezioni per il Parlamento europeo 1994, le elezioni regionali ed amministrative dell'aprile 1995, la tornata referendaria del giugno dello stesso anno).Gli avvenimenti del biennio segnalano le evidenti difficoltà di un processo di transizione per il quale non si riesce a trovare una via di uscita. Dopo la fase di destrutturazione del periodo 1992-1993, con le elezioni del 1994 il sistema dei partiti pareva avviato ad assumere una configurazione di tipo (quasi) bipolare, accompagnata da una significativa riduzione del grado di frammentazione. Ma la dinamica della vita politica nei mesi successivi alla formazione del governo Berlusconi smentiva entrambe le ipotesi. Essa dimostrava, in primo luogo, che la doppia e anomala alleanza risultata vincente il 27 marzo era solo un precario cartello elettorale destinato a dissolversi nel breve periodo. In secondo luogo, risultava evidente che nonostante la prevalenza della quota maggioritaria e la clausola di sbarramento, il nuovo meccanismo elettorale non era riuscito ad incidere in maniera significativa sul numero delle formazioni politiche presenti nell'arena parlamentare e nel paese. Infine, che si trattasse di un bi-polarismo assai imperfetto risultava chiaro dal fatto che, caduto il governo di centro-destra per la defezione della Lega, risultava impraticabile la formazione di una maggioranza alternativa. In sostanza, le nuove regole e gli assetti usciti dalla consultazione e dai successivi rimescolamenti degli schieramenti e dell'offerta elettorale non avevano prodotto né un governo destinato a durare, né una opposizione pienamente in grado di sostituirlo.
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Sobrino, Giorgio. "La forma di governo in Italia dopo il 1993: mutamenti e nuovi orientamenti." Revista de Direitos e Garantias Fundamentais 21, no. 3 (December 8, 2020): 31–74. http://dx.doi.org/10.18759/rdgf.v21i3.1824.

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Abstract:
O presente artigo descreve as mudanças na forma de governo na Itália, e as novas tendências que ocorreram nesse sentido, no período posterior a 1993. Este ano - em que ocorreu o referendo popular que revogou a lei eleitoral proporcional que havia regulamentado as eleições na Itália desde os primeiros anos da República - representa um “divisor de águas” na reconstrução da doutrina sobre a forma de governo. Iniciou-se um longo período de transição da forma de governo italiana para uma estrutura diferente à anterior, com uma conotação majoritária. Este artigo também destaca que, a partir de 2013/2014, iniciou-se uma nova fase da forma de governo na Itália (hoje ainda não facilmente classificável), devido à mudança no sistema político determinada pela irrupção do “MoVimento 5 Stelle” e, por outro lado, aos acórdãos do Tribunal Constitucional n ° 1/2014 e n ° 35/2017, que declararam ilegítimas as duas últimas leis eleitorais majoritárias.
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Zucchini, Francesco. "VETO PLAYERS E INTERAZIONE FRA ESECUTIVO E LEGISLATIVO: IL CASO ITALIANO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 31, no. 1 (April 2001): 109–37. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200029567.

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Abstract:
Introduzione La maggior parte degli studi sul parlamento italiano durante la prima repubblica, rende conto delle caratteristiche permanenti della produzione legislativa (Di Palma 1978; 1987). Gli studiosi che hanno prestato attenzione al mutamento hanno finito per considerarlo come la manifestazione matura di quei fattori. Sia le spiegazioni delle caratteristiche generali del processo legislativo nel parlamento italiano, sia le spiegazioni della sua evoluzione nel tempo appaiono problematiche. Se per esempio la polarizzazione e la sfiducia reciproca fra le principali forze politiche servono a spiegare l'assenza (o la presunta assenza) di grandi riforme e sostanziali mutamenti di politica (Di Palma 1978; Sartori 1974), perché è proprio quando la polarizzazione, e verosimilmente anche il grado di sfiducia, si attenuano che il governo fatica maggiormente a ottenere per vie ordinarie l'approvazione dei propri disegni di legge, normalmente dal contenuto più ambizioso e indirizzati ad una platea più ampia di quelli di origine parlamentare? Se l'elevato grado di consenso nell'approvazione delle leggi è una conseguenza della peculiare attitudine culturale della nostra classe politica all'accordo, se non addirittura alla collusione (Pizzorno 1993), perché lo stesso fenomeno è presente in altri sistemi politici, come per esempio negli Stati Uniti, della cui somiglianza culturale al caso italiano è lecito dubitare?
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Calisee, Mauro, and Renato Mannheimer. "COME CAMBIANO I GOVERNANTI DI PARTITO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 16, no. 3 (December 1986): 461–83. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020001618x.

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Abstract:
IntroduzioneLa forma di governo in Italia sta cambiando. Da almeno un decennio si fanno sempre più frequenti i segnali che il governo repubblicano sta uscendo da quella sindrome di « parlamentarismo integrale » che aveva caratterizzato il primo trentennio di instaurazione di un regime democratico di massa in questo paese. Una maggiore autonomia e capacità decisionale dell'esecutivo si manifesta su più piani. Anche a voler tralasciare i mutamenti nello stile di leadership, alcune modifiche rilevanti hanno investito la struttura e la forma medesima dell'iter decisionale del governo: basta pensare al ruolo sempre più determinante della decretazione d'urgenza e ad alcune importanti modifiche organizzative come il Consiglio di Gabinetto e il tanto atteso varo della riforma della Presidenza prevista dall'articolo 95 della Costituzione. Senza peraltro dimenticare quel rafforzamento del potere di intervento della Presidenza del Consiglio che investe ambiti operativi forse meno visibili sotto il profilo istituzionale, ma che toccano gangli vitali del sistema politico, quali i media e i servizi di intelligence.
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Calise, Mauro. "L'ISTITUZIONALIZZAZIONE DEL GOVERNO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 17, no. 2 (August 1987): 209–31. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020001666x.

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Abstract:
IntroduzioneIl concetto di istituzionalizzazione continua ad avere un'accoglienza difficile negli studi politologici. Da Bentley a Easton, la scienza politica si è sviluppata contrapponendo la politica come processo alla politica come stato, e non v'è dubbio che le istituzioni rafforzino il versante strutturale di questa dicotomia. Parlare di istituzioni in scienza politica pone l'accento sul fatto che i comportamenti tendono a cristallizzarsi, le azioni si oggettivizzano. Fino a risollevare il vecchio dubbio che le istituzioni obbediscano a una propria logica autonoma, tant'è che gli analisti delle politiche pubbliche sono tornati a chiedersi «perché la forma dovrebbe seguire la funzione». In America, si è cominciato a parlare di «new institutionalism» per richiamare l'attenzione sulla perdurante importanza dei fattori organizzativi nella vita politica. In contrasto con gli assunti behavioristi, «la maggior parte degli attori principali nei moderni sistemi economici e politici sono organizzazioni formali, e le istituzioni della legge e della burocrazia occupano un ruolo dominante nella vita contemporanea». Il tentativo di Huntington, alla fine degli anni sessanta, di fondare sul concetto di istituzionalizzazione una teoria empirica dello sviluppo politico sembra dunque approdato alla riscoperta delle istituzioni come gabbia del mutamento.
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Treu, Tiziano. "Flessibilitŕ e tutele nella riforma del lavoro." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 137 (February 2013): 1–51. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2013-137001.

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Abstract:
Il saggio contiene un'analisi generale della recente riforma del lavoro (l. n. 92/2012). In premessa si ricostruisce l'iter formativo del provvedimento anzitutto nel dibattito fra le parti sociali e il governo, di cui si sottolinea l'andamento contrastato, e poi in sede parlamentare, dove si č verificata una larga convergenza politica sul testo e sulle sue modifiche, che peraltro non ha impedito forti tensioni e diffuse critiche. Il saggio discute l'impostazione generale della legge ispirata al modello europeo della flexicurity, mettendola a confronto con le esperienze di altri paesi e tenendo conto delle particolaritŕ italiane. Sottolinea inoltre l'importanza della delega sulla partecipazione dei lavoratori nell'impresa, che č indicata fra i principi ispiratori del provvedimento. Il commento rileva la non completa corrispondenza dei principali blocchi della legge rispetto agli obiettivi dichiarati dal governo e ai modelli europei: la persistente debolezza degli ammortizzatori sociali, accentuata dalla storica inadeguatezza degli strumenti di politica attiva del lavoro; l'importanza della promozione dell'apprendistato come canale privilegiato di ingresso dei giovani al lavoro; le scelte contrastanti in tema di flessibilitŕ in entrata, consistenti da una parte in una parziale liberalizzazione del contratto a termine, dall'altra in interventi limitativi dei contratti a progetto, partite IVA, associazione in partecipazione, con il ricorso alla tecnica delle presunzioni e, per altro verso, con l'aumento dei costi contributivi (interventi non omogenei che riflettono la mancanza di una rivisitazione complessiva del lavoro autonomo); infine, la modifica dell'art. 18 dello St.lav. che realizza il superamento dell'anomalia italiana della reintegrazione come unica sanzione del licenziamento ingiustificato e riconduce la reintegrazione a ipotesi tassativamente indicate dalla legge, sostanzialmente marginali rispetto alla indennitŕ risarcitoria. Il saggio sottolinea, infine, l'importanza delle vicende applicative della legge, opportunamente soggette a monitoraggio, e il ruolo decisivo non solo della giurisprudenza, ma della contrattazione collettiva che č chiamata a modificare la normativa con interventi ai vari livelli nazionali e decentrati.
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Fimiani, Enzo. "Muoversi da notabili nel Mezzogiorno italiano tra ottocento e novecento: il caso abruzzese." SOCIETÀ E STORIA, no. 171 (February 2021): 87–125. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-171004.

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Abstract:
Il saggio intende riprendere la questione storica del ruolo dei notabili nella modernizzazione politica tra i secoli XIX e XX in Italia e a livello europeo. Sulla scia degli studi più aggiornati, che guardano al fenomeno italiano quale forma di conduzione della politica ordinaria e non più deteriore, l'autore prova a seguire un metodo plurale, che tenga conto sia delle pratiche notabilari sia dei loro universi discorsivi e simbolici. Ritenendo che occorra ancora illuminare le caratteristiche del notabilato nel Mezzogiorno, il contributo tenta di approfondire un caso di studio nella sostanza inedito. Gli Abruzzi storici rappresentano un segmento importante delle antiche "province meridionali": dei suoi notabili, il saggio affronta modi e tempi di impatto rispetto ai tornanti storici principali;; il peso della politica, amministrativa e parlamentare;; i meccanismi delle reti di potere e le narrazioni che le sostengono. Sulla base di fonti in larga parte nuove o di dati disponibili ma del tutto rielaborati, viene fuori una cornice che vede il contesto abruzzese immerso pienamente nel Sud italiano ma con peculiarità non trascurabili.
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Canepa, Aristide. "Forma di governo e collettività locali nella Costituzione tunisina del 2014." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 1 (July 2015): 123–39. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2015-001005.

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Musella, Fortunato. "L'evoluzione della forma di governo in Italia. Populismo presidenziale al lavoro?" DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 3 (July 2011): 126–43. http://dx.doi.org/10.3280/ded2010-003008.

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Greggi, Filippo. "veridizione neoliberale." Nóema, no. 13 (November 20, 2022): 47–67. http://dx.doi.org/10.54103/2239-5474/18854.

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Abstract:
A partire dalla tesi che nel neoliberalismo è all’opera una pratica di governo degli altri che si effettuatramite la sollecitazione di un modo particolare di governo di sé, nel presente contributo si tenterà diconsiderare lo specifico regime di verità che si profila in relazione a questa forma di esercizio delpotere. Per comprendere questa particolare declinazione della veridizione come tecnica di sé atta adassicurare il governo degli altri l’articolo si svilupperà in tre parti. In un primo momento si tenterà didefinire la nozione di regime di verità affinché sia possibile comprenderne la portata in relazione allagovernamentalità neoliberale. Si avrà così modo, in un secondo momento, di analizzare il regime diverità neoliberale andando a definire il suo funzionamento e i suoi bersagli. Sarà possibile, infine,studiare gli effetti che tali pratiche veridizionali ingenerano nei processi di soggettivazione nella misurain cui producono un individuo imprenditore di sé, le cui scelte e comportamenti devono essere animatidalla logica del capitale umano.
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Di Virgilio, Aldo. "Elezioni in Italia – Prima e dopo le elezioni politiche: referendum su temi bioetici, elezioni regionali in Sicilia e Molise, referendum di revisione costituzionale." Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 58, no. 2 (December 30, 2007): 141–59. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-10215.

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Abstract:
Procreazione medicalmente assistita: referendum abrogativi senza quoziente di validità Le elezioni regionali in Sicilia del maggio 2006 Le elezioni regionali in Molise del novembre 2006 Il referendum confermativo in tema di forma di governo: la cancellazione della riforma del centrodestra
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Degli Esposti, Fabio. "Sulla pelle dei soldati. Razioni di guerra, approvvigionamenti alimentari e speculazioni industriali (1914-1922)." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 293 (August 2020): 9–46. http://dx.doi.org/10.3280/ic2020-293001.

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Abstract:
Nello scenario della guerra totale 1914-1918 la questione degli approvvigionamenti alimentari divenne un fattore essenziale. Il saggio prende in considerazione le politiche attuate dal governo italiano in un settore fondamentale, quello del consumo di carne. La strategia seguita fu in primo luogo quella di scoraggiare i consumi civili, che tuttavia, già piuttosto bassi, non poterono essere contratti in misura sufficiente. Le preoccupazioni sul progressivo depauperamento del patrimonio zootecnico nazionale per effetto delle massicce requisizioni militari indussero i vertici delle forze armate, dietro consiglio degli igienisti militari, a ridurre a fine 1916 anche la razione delle truppe mobilitate. Un provvedimento che, nei mesi successivi a Caporetto, suscitò accese polemiche nella classe medica, in quanto il peggioramento dell'alimentazione dei soldati fu individuata da alcuni come una delle concause del cedimento dell'autunno 1917. Una delle possibili soluzioni, l'incremento dell'importazione di carni congelate, era resa difficile da ostacoli di ordine tecnico come la pochezza della flotta frigorifera, la mancanza di grandi impianti frigoriferi e le deficienze nella rete di distribuzione che, dai porti tirrenici, doveva far arrivare il prodotto al fronte. Pur con gravi ritardi e sprechi, la guerra portò a una notevole espansione dell'industria del freddo italiana. Fra le novità del conflitto ci fu anche un fortissimo incremento nel consumo dei prodotti in conserva da parte dell'esercito. Il settore, gestito inizialmente da stabilimenti statali, vide nel corso della seconda parte del conflitto l'ingresso di un buon numero di industrie private. Queste tuttavia, secondo le indagini condotte nel dopoguerra dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra, si resero protagoniste di vere e proprie truffe nei confronti dell'amministrazione militare, rimaste in gran parte impunite.
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van Meerhaeghe, Marcel A. G. "Belgian Federalism. An Appraisal." Journal of Public Finance and Public Choice 13, no. 1 (April 1, 1995): 71–76. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540066.

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Abstract:
Abstract L’Autore si propone di illustrare le caratteristiche fondamentali del federalismo in Belgio. L’analisi si concentra in particolare su alcune delle difficoltà che hanno accompagnato il processo di realizzazione di questa forma di governo e che ancora persistono, quali l’applicazione del principio della territorialità, il sistema di finanziamento e il principio della solidarietà.
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Messina, Patrizia. "L'associazionismo intercomunale come forma di governo delle reti e strumento di sviluppo strategico del territorio." ARGOMENTI, no. 36 (January 2013): 85–104. http://dx.doi.org/10.3280/arg2012-036004.

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Abstract:
Il saggio presenta uno studio di caso sull'efficacia occupazionale dei tirocini di formazione e orientamento prendendo in esame i Search and matching models quale principale riferimento per lo studio della disoccupazione e delle dinamiche che favoriscono l'inserimento lavorativo. Secondo tale approccio l'impiego di strumenti e di misure di politica attiva del lavoro come i tirocini, che favoriscono l'incontro tra domanda e offerta di lavoro abbattendo i costi di ricerca di un impiego, avrebbe come effetto una crescita occupazionale. Partendo da una posizione critica nei confronti di tale approccio lo studio coglie alcune caratteristiche tipiche nell'utilizzo dei tirocini, ne esalta le potenzialità formative ma mette in dubbio le potenzialità occupazionali. Classificazione .
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Longo, Antonio. "Cernusco sul Naviglio. Piano di governo del territorio 2008-2010." TERRITORIO, no. 57 (June 2011): 91–92. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-057012.

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Abstract:
Il servizio presenta il progetto per il Piano di Governo del Territorio del Comune di Cernusco sul Naviglio, cittŕ di 30.000 abitanti a est di Milano, sviluppato tra maggio 2008 e ottobre 2010, in un periodo delicato di ingresso nella fase di crisi economica e del mercato immobiliare. Il piano č stato sviluppato come insieme di attivitŕ che hanno preso forma in stretta relazione con le condizioni di contesto, non tanto come successione ordinata e progettata, quanto piuttosto come stratigrafia di azioni simultanee di carattere sia ordinario che sperimentale. Gli articoli si concentrano rispettivamente sui cambiamenti di prospettiva e di metodo nello sviluppo del progetto portati dalle conseguenze della crisi economica e dalla conseguente necessitŕ di confrontarsi con risorse limitate, sulla costruzione tecnica del piano.
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Massari, Oreste. "DECLINO E INNOVAZIONE POLITICA NEL PARTITO LABURISTA INGLESE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 23, no. 1 (April 1993): 3–38. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200022036.

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Abstract:
IntroduzioneLa vicenda del Labour Party degli anni ottanta costituisce un caso altamente paradigmatico, al di là della peculiarità della sua forma organizzativa (partito confederato e indiretto) e del contesto politico-istituzionale in cui opera (Allum 1988), di molteplici problemi che la scienza politica ha sollevato negli ultimi decenni circa la prospettiva del partito di massa e di quello specificamente ad origine di classe. Le tesi del declino del partito di classe e dell'esaurirsi dell'opposizione politico-parlamentare (Massari 1990a) sembravano calzare perfettamente alla parabola sempre più declinante del Labour Party a partire dalla metà degli anni settanta fino a culminare nel quasi collasso dei primi anni ottanta. Nel 1981 il partito subisce una pesante scissione alla sua destra, con la formazione dell'SDP, che con i liberali formerà l'Alliance elettorale. Nelle elezioni del 1983 il partito rischiò seriamente di essere scavalcato dall'Alliance finendo al terzo posto e di perdere il ruolo di opposizione ufficiale. Il suo voto si restrinse, infatti, a solo 8 milioni e mezzo (27,6%, il più basso risultato della sua storia elettorale dal 1918) a fronte di 7 milioni e ottocentomila voti dati all'Alliance (25,4%) e a fronte di una sostanziale stabilità del voto conservatore (42,4%). Il 1983 sembrò, difatti, un punto di svolta sia riguardo al futuro del Labour sia riguardo alla natura del sistema partitico. Occorre guardare alla geografia elettorale per comprendere appieno la portata della trasformazione. Se a livello parlamentare il sistema bipartitico ancora reggeva - avendo ottenuto conservatori e laburisti assieme 606 dei 650 seggi, grazie agli effetti disproporzionali del sistema elettorale - ciò non era più vero al livello dei collegi. A questo livello, il sistema bipartitico sembrava definitivamente rotto. Occorre avere presente che nella competizione maggioritaria ad un turno l'interesse va rivolto non solo, ovviamente, al partito che è arrivato primo alla conquista del seggio, ma anche a chi è arrivato secondo, perché è questo che presumibilmente avrà le chances dell'alternanza al secondo round elettorale. L'Alliance, pur avendo ottenuto solo 23 seggi - e da questo punto di vista il Parlamento formatosi nel 1983 è risultato il meno «proporzionale» del mondo democratico (McLean 1988) - è arrivata seconda in 312 collegi, ossia in più della metà del totale. Il Labour arrivò primo in 209, secondo in 132, ma terzo (o anche peggio) in 292 collegi, corrispondenti a quasi metà dei seggi della Gran Bretagna.
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Rubino, Francesco. "Costituzionalismo e governamentalismo." DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, no. 1 (October 4, 2019): 184–205. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n1.2019.p184-205.

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Abstract:
Questo saggio analizza le origini della definizione di governance e tenta di stabilire le linee di sviluppo e applicazione del stesso concetto. La dialettica tra costituzionalismo (visione, interpretazione, prospettive delle regole del gioco politico-legale) e governamentalismo (tentativo di semplificare la complessità delle democrazie contemporanee) è alla base della teoria del governo come forma specifica e imperfetta di governance (sopra) dell'economia.
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Fusaro, Carlo. "Ruolo del presidente della Repubblica e forma di governo in Italia. L’ipotesi semi-presidenziale." Civitas Europa 30, no. 1 (2013): 7. http://dx.doi.org/10.3917/civit.030.0007.

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Dezio, Catherine. "Verso un'infrastruttura materiale e immateriale per la Bioregione." TERRITORIO, no. 93 (January 2021): 32–36. http://dx.doi.org/10.3280/tr2020-093005.

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Abstract:
L'idea bioregionale sottende un progetto di ricomposizione dei paesaggi di bordo che, ripristinando flussi, funzioni ecologiche, relazioni e identità, realizza un tessuto connettivo e attivatore. Tale tessuto agisce tramite interventi locali, caratterizzati da strumenti e linguaggi multidisciplinari e transcalari. Secondo quest'ottica, gli spazi rappresentano entità che si attivano attraverso una dimensione relazionale, di natura sociale, politica, economica, culturale, dai risvolti spaziali. Pratiche di modificazione, forme di regolamentazione, politiche di governo, gesti e usi, immaginari urbani e rurali concorrono, in forma plurale, alla generazione di spazi che sono il prodotto di questa molteplicità. È, quindi, attraverso questo quadro bioregionale che possiamo rileggere spazi, azioni progettuali e relazioni come elementi di una rete.
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Allegretti, Giovanni. "Riflessioni sul principio di trasparenza:." Conhecer: debate entre o público e o privado 10, no. 25 (August 3, 2020): 76–111. http://dx.doi.org/10.32335/2238-0426.2020.10.25.3823.

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Abstract:
L’articolo parte dalla decisione del governo Brasiliano di silenziare parte della produzione di dati sui danni causati dalla pandemia COVID-19, per proporre una riflessione sulla trasformazione del principio di trasparenza e della sua relazione con le politiche pubbliche. Nel ripercorrerne la complessa natura di mito e di spazio produttore di miti, attraverso la disamina di alcuni testi costituzionali e di pratiche partecipative formalizzate, il testo s’interroga su come strutturare piú solidamente le relazioni tra due ambiti importanti dell’azione pubblica: la promozione della trasparenza e quella della partecipazione civica all’azione di governo. I due campi appaiono avere molte convergenze strutturali, persino nello svuotamento graduale di significati proposto dalla retorica politica, e il loro crescente dialogo in molti paesi evidenzia la mutua capacitá di apprendimento e fertilizzazione, se pensati da subito nella loro interazione reciproca. L’analisi di come ha teso a strutturarsi negli ultimi anni il rapporto tra trasparenza e innovazioni democratiche mostra che queste ultime sono necessarie ma non sufficienti a garantire un’elevato livello di trasparenza, che richiede di affrontare problemi strutturali che riguardano l’organizzazione politico-amministrativa, le risorse, la mentalitá diffusa e la comunicazione pubblica in un determinato contesto. Per lo meno, non sono sufficienti, quando il contesto non si pone obiettivi sfidanti di ripensamento radicale della partecipazione, attraverso movimenti “a rete” che possano – incrociando sperimentazioni diverse – riflettere in forma collettiva su nuovi modi di mettere in dialogo azioni partecipative promosse “dall’alto” e “dal basso”.
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Girotto, Dimitri. "Parlamento e Unione europea." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 3 (November 2022): 41–61. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-003003.

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Abstract:
Il saggio si propone di analizzare il ruolo del Parlamento italiano nel processo di forma-zione e attuazione del diritto europeo. Sotto il primo profilo, viene esaminato il funzio-namento del meccanismo del controllo di sussidiarietà, e vengono presi in considerazio-ne gli strumenti di indirizzo nei confronti del Governo. Con riguardo alla fase discen-dente, l'attenzione si concentra sugli strumenti normativi di attuazione del diritto euro-peo. Un focus particolare è dedicato alla manovra di bilancio e alla interlocuzione con le istituzioni europee. Il saggio si conclude con alcune considerazioni sulle disfunzioni del bicameralismo e su possibili miglioramenti del sistema dei rapporti tra Parlamento e UE.
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Morisi, Massimo. "LE AUTORITÀ INDIPENDENTI IN ITALIA COME TEMA DI RICERCA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 27, no. 2 (August 1997): 225–72. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024825.

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Abstract:
IntroduzioneLe funzioni di cui si occupano le autorità indipendenti nel nostro paese, formano un elenco abbastanza impressionante. A tali istituzioni viene infatti affidata una complessa gamma di funzioni decisionali in una molteplicità di settori di regolazione economica e sociale di cruciale importanza. Moneta e credito, concorrenza e assicurazioni, borsa, valori mobiliari e fondi pensione, comunicazioni di massa e informatica pubblica, appalti di lavori pubblici e tariffe di energia elettrica e gas, scioperi nei servizi pubblici e contrattazione sindacale nelle pubbliche amministrazioni, monitoraggio e innovazione neirambiente e nel funzionamento del sistema sanitario sono solo i più evidenti items di un profondo spostamento di poteri dall'apparato politico e amministrativo di governo verso una rete articolata, e in continua diramazione, di nuove e separate arene di rappresentazione, intermediazione o aggiudicazione, secondo i casi, di interessi. Chi domani volesse impegnarsi in ricerche empiriche sulle politiche pubbliche in questi settori decisivi per il sistema economico e sociale di questo paese, dovrebbe primariamente sottoporre ad analisi l'azione delle authorities e le reti di relazioni con gli interessi organizzati e diffusi in cui esse sono chiamate ad operare. Il campo visivo della rilevazione andrebbe profondamente riorientato. Solo ex post andrebbe ponderato il ruolo delle istituzioni classiche della forma di governo, come i partiti, gli organi dell'Esecutivo e il Parlamento. L'analisi empirica, a fronte di casi e circostanze determinate, potrebbe anche sancirne la (de) qualificazione alla sola stregua di attori e arene integrative.
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Vertecchi, Giulia. "Dal grano al biscotto. Elementi per una storia della politica annonaria di Venezia fra XVII e XVIII secolo." STORIA URBANA, no. 134 (June 2012): 57–74. http://dx.doi.org/10.3280/su2012-134004.

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Abstract:
Approvvigionamento - Alimentazione - Conservazione e distribuzione dei grani Venezia, secc. XVII-XVIIIL'obiettivo di questo articolo č di delineare, attraverso l'analisi delle fonti archivistiche, i cambiamenti nel sistema annonario di Venezia nei secoli XVII e XVIII. Questi cambiamenti ebbero inizio con lo scoppio della guerra di Candia e si svilupparono nel secolo seguente. Il contributo si concentra su tre temi principali: in primo luogo il ruolo del biscotto per compensare le fluttuazioni del prezzo del grano e per abbassare i costi di stoccaggio del surplus. Il biscotto era un alimento facile da trasportare e conservare per le esigenze militari ed era certamente utilizzato come alimento per l'esercito e la flotta; tuttavia č che un fabbisogno di 4.700 tonnellate all'anno richiedeva ingenti risorse e un'organizzazione considerevole per seguire la produzione. Un secondo nucleo dell'articolo esamina il ruolo delle scorte, non tanto durante gli anni di penuria, ma soprattutto quando i raccolti erano abbondanti. In questo modo č possibile analizzare le strategie impiegate dal governo in un momento particolarmente critico, poiché i prezzi scendono negli anni in cui i raccolti sono abbondanti, ma č in questi anni che aumentano i costi di stoccaggio. In terzo luogo si affronta il problema di una forma di speculazione finanziaria grazie alla quale anche le persone piů ricche riuscivano a usufruire di un'agevolazione fiscale nel pagamento della principale imposta diretta, la decima. Una lettura attenta dei documenti «non-quantitativi» fornisce una comprensione della complessitŕ del rapporto tra politica fiscale e le scelte economiche del governo, portando alla luce la complessa composizione della societŕ e i suoi contrasti interni
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Ciulla, Alice. "L'amministrazione Carter e la "questione comunista" in Italia: elaborazione e azione politica, 1976-1978." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 293 (August 2020): 254–79. http://dx.doi.org/10.3280/ic2020-293011.

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Abstract:
Il democratico Jimmy Carter venne eletto presidente degli Stati Uniti nel novembre del 1976.Pochi mesi prima, il Partito comunista italiano (Pci) aveva ottenuto uno straordinario risultatoelettorale che aveva garantito incarichi istituzionali ad alcuni suoi esponenti. Durante lacampagna elettorale, i membri dell'entourage di Carter rilasciarono dichiarazioni che sembravanopreludere all'abbandono del veto anticomunista posto dai governi precedenti e per circaun anno dall'insediamento l'amministrazione mantenne una posizione ambigua. Il 12 gennaio1978, tuttavia, gli Stati Uniti ribadirono ufficialmente la contrarietà a qualsiasi forma dipartecipazione dei comunisti nel governo italiano. Utilizzando fonti di natura diversa e includendonell'analisi una pluralità di attori non statali tra cui think tank e centri di ricerca universitari,questo saggio mira a ricostruire il dibattito interno all'amministrazione Carter sulla "questione comunista" in Italia e a collocarlo all'interno di una discussione più ampia che attraversòla cultura liberal statunitense.
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Ciulla, Alice. "L'amministrazione Carter e la "questione comunista" in Italia: elaborazione e azione politica, 1976-1978." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 293 (August 2020): 254–79. http://dx.doi.org/10.3280/ic293-oa2.

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Abstract:
Il democratico Jimmy Carter venne eletto presidente degli Stati Uniti nel novembre del 1976.Pochi mesi prima, il Partito comunista italiano (Pci) aveva ottenuto uno straordinario risultatoelettorale che aveva garantito incarichi istituzionali ad alcuni suoi esponenti. Durante lacampagna elettorale, i membri dell'entourage di Carter rilasciarono dichiarazioni che sembravanopreludere all'abbandono del veto anticomunista posto dai governi precedenti e per circaun anno dall'insediamento l'amministrazione mantenne una posizione ambigua. Il 12 gennaio1978, tuttavia, gli Stati Uniti ribadirono ufficialmente la contrarietà a qualsiasi forma dipartecipazione dei comunisti nel governo italiano. Utilizzando fonti di natura diversa e includendonell'analisi una pluralità di attori non statali tra cui think tank e centri di ricerca universitari,questo saggio mira a ricostruire il dibattito interno all'amministrazione Carter sulla "questione comunista" in Italia e a collocarlo all'interno di una discussione più ampia che attraversòla cultura liberal statunitense.
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Dalmar Chaka. "Utilizzo della nanotecnologia Nello sviluppo di fertilizzanti organici e pesticide." International Journal of Science and Society 4, no. 2 (July 12, 2022): 355–64. http://dx.doi.org/10.54783/ijsoc.v4i2.479.

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Abstract:
Non si può negare che lo sviluppo della tecnologia e il suo utilizzo sia strettamente correlato all'aumento della competitività dell'industria di un paese. È necessaria una maggiore conoscenza e padronanza delle nuove tecnologie per vincere la concorrenza nell'era del commercio globale sia da parte del governo che dell'industria. Un esempio di tecnologia che viene discussa caldamente è la nanotecnologia. L'uso della nanotecnologia è ben noto, anche nei settori della salute, della cosmesi e dell'agricoltura. Fondamentalmente, il principio della scoperta delle nanotecnologie è massimizzare la resa o la produzione delle colture riducendo al minimo l'uso di fertilizzanti, pesticidi e altri bisogni monitorando le condizioni del suolo come le radici e applicandole direttamente al bersaglio in modo che nulla venga sprecato. Per i pesticidi, se applicato, sarà in grado di ridurre al minimo l'uso di pesticidi sulle piante perché solo gli insetti bersaglio sono interessati. L'uso della nanotecnologia nei fertilizzanti consentirà il rilascio dei nutrienti contenuti nel fertilizzante può essere controllato. Quindi vengono rilasciati solo i nutrienti che verranno effettivamente assorbiti dalle piante, in modo che non ci sia perdita di nutrienti ci siano bersagli indesiderati come suolo, acqua e microrganismi. Nei nano fertilizzanti, i nutrienti possono essere sotto forma di incapsulamento di nanomateriali, ricoperti da un sottile strato protettivo o rilasciati sotto forma di emulsione da nanoparticelle.
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Leghissa, Giovanni. "Bellezza e tristezza, l'organizzazione nell'etŕ del neoliberalismo compiuto." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 16 (September 2011): 133–43. http://dx.doi.org/10.3280/eds2011-016010.

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Abstract:
Nella Germania nazista, giŕ nel 1934, fu creato il Büro für die Schönheit der Arbeit, che aveva come finalitŕ il miglioramento delle condizioni di vita sul posto di lavoro. Dall'analisi di questo episodio, a lungo dimenticato, della storia del taylorismo, si passa all'analisi delle nuove forme di organizzazione, tipiche dell'impresa strutturata "in rete". Pur abissalmente diversa da qualsiasi forma-impresa inserita in un contesto politico totalitario, anche l'organizzazione contemporanea spesso rischia di non sottrarsi alle critiche che Foucault muove nei confronti di quelle forme di governo che hanno di mira la vita degli individui al fine di instaurare sottili forme di controllo. Il saggio si conclude ipotizzando che sia ancora possibile, tuttavia, arginare le derive biopolitiche della vita organizzativa contemporanea riattivando il modello classico della Bildung: se l'impresa č comunque luogo di formazione, cioč luogo in cui si produce senso, si tratterŕ allora di educare gli individui ad affinare quello spirito critico che serve non solo a costruire la cosiddetta "cultura d'impresa", ma anche a formare cittadini autonomi e responsabili.
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Leonelli, Silvia. "Violenza istituzionale contro le donne al tempo del Covid-19. Riflessioni pedagogiche." EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, no. 1 (June 2020): 54–77. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2020oa9582.

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Abstract:
A partire dal febbraio 2020 il governo italiano ha iniziato a prendere iniziative per arginare la diffusione del virus Covid-19, che tuttavia non hanno tenuto conto del fenomeno della violenza domestica. L'invito a "restare a casa" è sembrato adatto a quasi tutta la cittadinanza, ma si è trasformato in una forma di maltrattamento aggiuntivo per tutte quelle donne che si sono trovate isolate e, in pratica, segregate, assieme al loro persecutore. Altre disposizioni contenute nei decreti, poi, non hanno agevolato la loro ricerca di aiuto. L'articolo si pone come primo obiettivo quello di analizzare un tipo particolare di violenza contro le donne, quella istituzionale, e di mostrare come essa sia scaturita dai vari decreti ministeriali che si sono succeduti durante l'epidemia, quali conseguenze abbia generato e come sia stato gestito questo problema in seguito, quando l'opinione pubblica si è mobilitata. Un secondo obiettivo è quello di inserire tale discorso all'interno degli studi pedagogici che si occupano del più ampio fenomeno degli abusi contro le donne.
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Garano, Stefano. "L’urbanistica riformista nella complessa situazione italiana." Ciudades, no. 18 (November 8, 2017): 143. http://dx.doi.org/10.24197/ciudades.18.2015.143-162.

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Abstract:
La riforma urbanistica ha iniziato a svilupparsi in Italia attraverso la redazione di Piani che avevano come obbiettivo quello di sostitutire il “modello urbano basato nella rendita immobiliare” con nuove proposte impegnate nella lotta contro la produzione di questa “rendita”, promozionando un nuovo “modello urbano” maggiormente equo. Questa riforma urbanistica doveva anche svilupparsi attraverso un percorso legislativo, emanando leggi che a tutti i livelli amminstrativi stabilissero le regole da seguire. In questo modo, torniamo a proporre la giá tradizionale relazione urbanistica-politica: l’urbanistica come disciplina che concerne la gestione del piano e la politica come modo di agire civile che rende imprescindibile un governo della cittá che promuove la riforma intrapresa. Entrambe le categorie, gestire un piano in stretta vincolazione con una forma di governare la cittá, constituisco due degli aspetti alla quale si rivolge la riforma urbanistica. Si espone il caso di Roma come esperienza maggiormente rilevante, anche come fallimento, che tuttavia non ci fa perdere la speranza nella riforma intrapresa.
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Grevstad-Nordbrock, Ted. "La protezione dei monumenti in Germania durante la seconda guerra mondiale: una prospettiva americana." STORIA URBANA, no. 129 (April 2011): 195–224. http://dx.doi.org/10.3280/su2010-129008.

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Abstract:
Il saggio documenta l'attivitŕ del governo alleato per la protezione del patrimonio storico-artistico europeo durante il secondo conflitto bellico, con particolare riferimento alla Germania. In particolare, dallo studio della documentazione conservata presso gli archivi americani, s'indaga l'impegno di alcune associazioni non militari, di cui facevano parte alcuni fra gli studiosi piů apprezzati dell'epoca, riunitesi con lo scopo di fornire alle autoritŕ militari sul campo, sotto forma d'inventari, una documentazione puntuale sul patrimonio storico-artistico d'Europa che contenesse anche una sorta di gerarchia dei valori. In Germania, nonostante l'impegno profuso per la loro elaborazione, questi strumenti si rivelarono del tutto inefficaci di fronte alla devastante strategia del bombardamento a tappeto. Leappositamente istruite per far fronte, nei territori di guerra, alla tutela del patrimonio artistico, architettonico e archivistico - gli ufficiali dei monumenti - poterono valersi degli strumenti per accertare la distruzione dei monumenti schedati, censire l'entitŕ dei danni provocati e, solo in alcuni casi, predisporre i provvedimenti d'urgenza.
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Russo, Gianluca. "Un robusto apparato di segni. Quattrocento fiorentino e costruzione della sovranità. Rappresentazioni e linguaggi." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 39–77. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19250.

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Abstract:
Ispirato alle ricerche di Riccardo Fubini e alla sua proposta interpretativa e di metodo, originale e spesso alternativa al dibattito storiografico recente sui percorsi italiani alla statualità fra tardo Medioevo e prima età moderna, il saggio elegge il Quattrocento fiorentino a caso di studio e ne ripercorre il suggestivo itinerario di costruzione della sovranità, non tanto nel senso di prassi e concreto governo del territorio, quanto di una forma alta di legittimità del potere, capace di rendere Firenze sempre meno debitrice verso il riconoscimento delle due entità universali (sovrane per il Medioevo) di Chiesa e Impero. Prediligendo dunque il piano delle rappresentazioni e dell’elaborazione politico-giuridica, la sovranità di Firenze città dominante viene ripercorsa proponendo una rassegna dei suoi segni: tangibili, come ad esempio le celebri Pandette pisane, o carsici, come certe strategie penali in via di egemonizzazione gravitanti intorno al nesso maiestas/crimen laesae maiestatis. A itinerario tracciato sarà, forse, possibile domandarsi se – al di là del caso specifico – il tempo quattrocentesco abbia ancora molto da dire, ora che una singolare vicenda giudiziaria italiana oggetto di un recente studio parrebbe riesumare le antiche vestigia maiestatiche, quasi a segnare l’epifania di un potere sovrano postmoderno dai tratti inconsueti.
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Salmoni, Fiammetta. "SOVRANITÀ DEI TECNOCRATI, MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ E L’EMERGENZA DA COVID-19." Novos Estudos Jurí­dicos 25, no. 3 (December 31, 2020): 546–70. http://dx.doi.org/10.14210/nej.v25n3.p546-570.

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Abstract:
Il 9 aprile 2020, a Bruxelles, l’Eurogruppo ha raggiunto l’accordo sintetizzato nel Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic, nel quale si dichiara che “è necessaria una strategia coordinata e globale per far fronte alle esigenze dell’emergenza sanitaria, sostenere le attività economiche e preparare il terreno per la ripresa”, una strategia che “dovrebbe combinare iniziative a breve, medio e lungo termine, tenendo conto delle ricadute e delle interconnessioni” tra le diverse economie degli Stati dell’Eurozona, considerando altresì la “necessità di preservare lafiducia e la stabilità”. Tra queste iniziative, si distingue, per la sua rilevanza, ma anche per la sua problematicità e la conflittualità che ha scatenato tra le forze politiche nazionali e finanche all’interno della stessa maggioranza di governo, il ricorso al Meccanismo europeodi stabilità (MES) sotto la forma di una speciale linea di credito, denominata Pandemic Crisis Support (PCS), che dovrebbe basarsi sull’esistente Enhanced Conditions Credit Line (ECCL) e “adjusted in light of this specific challenge, as a relevant safeguard foreuro area Member States affected by this external shock”.
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