Academic literature on the topic 'Flussi di carbonio'

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Journal articles on the topic "Flussi di carbonio"

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Ripullone, F., M. Borghetti, L. Cernusak, N. Matsuo, and G. Farquhar. "Carbon and oxygen isotopes: a useful tool for the analysis of carbon and water exchanges between plants and the atmosphere." Forest@ - Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale 3, no. 2 (June 13, 2006): 205–12. http://dx.doi.org/10.3832/efor0371-0030205.

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Dissertations / Theses on the topic "Flussi di carbonio"

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Panzacchi, Pietro <1972&gt. "Flussi di carbonio in due sistemi arborei della pianura padana." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/721/1/Tesi_Panzacchi_Pietro.pdf.

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Panzacchi, Pietro <1972&gt. "Flussi di carbonio in due sistemi arborei della pianura padana." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/721/.

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Cunsolo, Federico <1997&gt. "Valutazione preliminare dei flussi di carbonio all’interno delle praterie di Zostera in Laguna di Venezia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21760.

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Abstract:
Le fanerogame marine sono tra i maggiori produttori primari degli ambienti marino-costieri e immagazzinano ogni anno tra le 20 e 101 * 10^6 t di carbonio, contribuendo così a sequestrarne il 20% di quello globalmente presente nei sedimenti marini, pur occupandone solamente lo 0,1% della superficie. L’apparato fogliare delle fanerogame si interpone al flusso mareale trattenendo la sostanza organica e il particellato presente in sospensione, favorendone l’accumulo nel sedimento superficiale e incentivando i processi di carbon burial. Gli ingenti input di carbonio organico e gli elevati tassi di produzione primaria rendono quindi le praterie di fanerogame ecosistemi con un’elevata attività biologica, interessati da intensi flussi di carbonio organico e inorganico. Il presente lavoro si prefigge, in via preliminare, di valutare il loro contributo ai flussi di carbonio lagunare, cercando di quantificare i tassi di produzione/consumo dei principali pool (alcalinità, carbonio organico totale, particellato e disciolto). L’attività coinvolge le specie Zostera marina e Zostera noltei, due delle principali fanerogame presenti in Laguna di Venezia. I flussi di carbonio sono stati valutati come variazioni delle concentrazioni delle diverse specie chimiche a seguito di periodi di incubazione (4 ore) mediante l’utilizzo di camere bentiche. Al fine di valutare l’effettivo contributo delle specie si è deciso di confrontare i valori ottenuti all’interno delle praterie con quelli del sedimento non vegetato. La tesi si propone quindi di migliorare la conoscenza delle dinamiche dei flussi di carbonio e il loro ruolo come carbon sink in laguna di Venezia, un ambiente caratterizzato da un’elevata variabilità dei parametri abiotici, riempiendo un vuoto presente in letteratura.
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Cioffi, Michele. "Flussi di carbonio inorganico nei sedimenti della piattaforma continentale di Cadiz (Spagna Sud-Occidentale)." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amslaurea.unibo.it/1131/.

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5

Leardini, Giulia. "Variabilità stagionale dei flussi verticali di metalli nel particolato dell'Adriatico Meridionale." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Abstract:
Le particelle marine determinano la distribuzione e la concentrazione del carbonio e di alcuni elementi in traccia nell’oceano, fungendo da veicolo per il trasporto di materia sia verticalmente sia orizzontalmente. Lo scopo di questa tesi è valutare e quantificare i flussi di particellato nel Mare Adriatico Meridionale grazie all’installazione di due trappole di sedimento automatiche a due quote differenti (a 150 m dalla superficie e a 50 m dal fondo) su una stazione fissa di misura, posta nella Fossa Sud Adriatica. Le analisi (effettuate con assorbimento atomico e CHN) hanno permesso di calcolare il flusso totale di massa e le concentrazioni dei principali costituenti del flusso: Corg, carbonati e alcuni metalli (Fe, Mn, Cu, Pb, Ni, Cr). I risultati dei flussi ottenuti sono in accordo come ordini di grandezza ai risultati acquisiti da studi precedenti. I flussi di massa della trappola profonda si sono rivelati quasi sempre superiori a quelli misurati nella trappola di superficie, evidenziando l’incremento del flusso totale di massa con la profondità, indice di un contributo advettivo laterale di particelle. È stato inoltre riscontrato che l’export di materiale dalla zona fotica non sia direttamente proporzionale alla produttività primaria, in quanto i picchi massimi dei flussi di carbonio e l’andamento della clorofilla-a (dati da satellite) non corrispondono. Dall’indagine sul rapporto N/C in relazione al δ13Corg è stata indicata l’origine della sostanza organica, di tipo prevalentemente marino per quanto riguarda la trappola top e in misura minore per la trappola bottom. Per quanto riguarda i flussi verticali di metalli, è la prima volta che vengono analizzati in questa area. Dal calcolo dell’enrichment factor, i dati di arricchimento di Cu, Ni e Cr risultano trascurabili, tranne che per il Pb, che raggiunge un livello di moderato arricchimento. Si ipotizza che il contenuto dei metalli (Cu, Ni, Pb, Cr) sia in relazione in prevalenza alla frazione litologica.
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Della, Torre Chiara. "Valutazioni sulla sostenibilità di interventi di gestione ambientale: applicabilità del fitorimedio per l' attenuazione della contaminazione in siti inquinati e carbon footprint." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3513.

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Abstract:
2008/2009
Il fitorimedio è una tecnologia di bonifica che sfrutta l’azione delle piante e dei microrganismi del suolo ad esse associati per attenuare la contaminazione nei suoli. Rispetto ad altre tecniche tradizionali, presenta dei vantaggi interessanti dal punto di vista della sostenibilità del processo: è un tipo di intervento meno invasivo, si realizza in situ con costi di gestione bassi, offre benefici dal punto di vista paesaggistico e in termini di sottrazione di CO2 dall’atmosfera, in quanto vengono impiegati organismi fotosintetizzanti e l’impatto dovuto ai trasporti e all’utilizzo di macchinari è minimo. La prima linea di ricerca sviluppata in questo lavoro ha avuto come obiettivo la verifica dell’efficacia di due specie erbacee perenni, Festuca arundinacea e Lolium perenne, nella rizodegradazione di una tipologia di inquinanti organici particolarmente significativa per la provincia di Trieste, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). In particolare si è considerata una contaminazione da IPA “invecchiata”. Oltre alla degradazione di IPA, sono stati monitorati parametri che forniscono informazioni sulla comunità microbica del suolo (biomassa microbica e attività enzimatica totali) e sul contenuto di carbonio organico. La concentrazione di IPA nel suolo è stata determinata mediante analisi in GC-MS, l’attività microbica con l’idrolisi della fluoresceina diacetato, la biomassa microbica attraverso il metodo della fumigazione-estrazione, il carbonio organico totale mediante analisi elementare al CHN. In aggiunta a queste analisi, è stato effettuato un test di fitotossicità su eluati di suolo con semi di Cucumis sativus, Lepidium sativum e Sorghum saccharatum. La sperimentazione di rizodegradazione si è svolta sia in pieno campo, in lotti sperimentali, sia in serra, in condizioni più controllate. Sono state effettuate quattro serie di campionamenti nell’arco di 15 mesi in campo, sei campionamenti di suolo e materiale vegetale in serra a cadenza mensile. Relativamente alla sperimentazione in pieno campo con Festuca arundinacea si sono determinati valori di attenuazione di oltre il 70% in una sola stagione vegetativa, anche per gli IPA ad alto peso molecolare. Lolium perenne, che la letteratura riporta efficace per la rizodegradazione di contaminazioni “invecchiate” di IPA, non ha dato in pieno campo buoni risultati; la presenza nei suoli di concentrazioni di nichel ben inferiori alle concentrazioni soglia di contaminazione protettive per la salute umana ma superiori a livelli di screening proposti dall’US-EPA per effetti sui vegetali, consente di interpretare la poca vigoria di Lolium perenne nei lotti sperimentali. Festuca arundincea è accumulatrice e tollerante ad elevate concentrazioni di metalli pesanti quali il nichel e non ha manifestato problemi. La sperimentazione in serra ha evidenziato una attenuazione inferiore a quella ottenuta in pieno campo per Festuca arundinacea. I confronti con l’attenuazione ottenuta nel suolo non seminato indicano che tale fenomeno non è associabile alla presenza della pianta. Si conclude che per valutare in vaso i fenomeni di rizodegradazione, che coinvolgono comunità microbiologiche, è necessario impostare sperimentazioni in microcosmi/recipienti di maggior capienza o comunque garantire minori stress idrici e termici, in particolare nella stagione estiva. Una seconda linea di ricerca ha riguardato studi sperimentali per valutare flussi di carbonio nei lotti in cui si applica il fitorimedio. È stata effettuata una prima stima del bilancio del carbonio nel sistema suolo-pianta nel lotto sperimentale di Festuca arundinacea in campo, valutando il contributo della fissazione di CO2 da parte di specie erbacee da prato e della respirazione del suolo all'emissione di CO2 in atmosfera. Lo strumento utilizzato è un analizzatore di gas all’infrarosso (IRGA, Infra Red Gas Analyzer). Sono state svolte tre serie di misure diurne. Questi dati possono essere usati per evidenziare come l’impiego di tecnologie in cui si favorisce l’utilizzo di piante possa apportare vantaggi ambientali rappresentando un sink per il carbonio, con beneficio nelle valutazioni di sostenibilità ambientale di tecnologie, basate ad esempio sul calcolo del carbon footprint. Questo indicatore di sostenibilità potrà essere applicato all’ambito delle bonifiche al fine di comparare fitotecnologie con metodi di tipo fisico o chimico, favorendo gli interventi che implichino emissioni ridotte di CO2 e un maggior sequestro da parte del sistema suolo-pianta. La metodologia di analisi impiegata per la misura degli scambi di CO2 in questo studio su piccola scala può trovare un’utile applicazione in studi sul bilancio del carbonio anche su scala più ampia, integrando le suddette misure di respirazione eterotrofa del suolo effettuate a terra con stime di rateo di fotosintesi netta ottenute mediante indici radiometrici, in misure di remote sensing. L’integrazione di questi due tipi di analisi potrà rappresentare un effettivo strumento per la valutazione del carbon footprint di territori estesi, come quello della provincia di Trieste.
XXII Ciclo
1979
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FRAGOULIS, GEORGIOS. "Influenza di ammendanti organici nella rizosfera e modelizzazione del flusso di carbonio." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/82.

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Abstract:
L'obiettivo di questa tesi di dottorato era lo studio della influenza di diversi amendanti organici sulla rizosfera e la costruzione di un modello matematico per descrivere il flusso di carbonio nella rizosfera. Per questo motivo, plantule di mais sono state seminate e cresciute all'interno di sistemi rhizobox. La frazione disponibile del carbonio in ogni strato è stata valutata con il biosensore luminescente P. Fluorescence 10586 PUCD607. Inoltre sono stati determinati il carbonio organico totale (TOC), la distribuzione degli acidi organici nella rizosfera e la carica microbica totale. Un modello matematico viene presentato che descrive il flusso del carbonio nella rizosfera. Il modello risolve un'equazione di diffusione-degradazione con lo schema di discretizzazione di Crank-Nikolson ed è accoppiato all'inverse modelling software pest. Infine viene proposto un modello concettuale per la descrizione della biodisponibilità delle sostanze nel suolo.
The main aim of this work was to study the effect of different organic amendments in the rhizosphere soil with innovative techniques, and the building of a modelling tool to describe the carbon flow in the rhizosphere soil. For this reason maize plants were grown in rhizobox systems amended with different organic materials. The available fraction of organic C in each layer was assessed with the lux-marked p. fluorescens 10586 pucd607. Total organic carbon (TOC), organic acid distribution in the rhizosphere and total number of culturable cells as colony forming units (CFU) were also determined. A modelling tool is presented that describes the carbon flow in the rhizosphere. The model solves with the Crank-Nicolson discretisation scheme a diffusion-degradation equation and is coupled to the inverse modelling software pest. Finally a five-compartment conceptual model is proposed for describing organic compounds bioavailabililty in soil.
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FRAGOULIS, GEORGIOS. "Influenza di ammendanti organici nella rizosfera e modelizzazione del flusso di carbonio." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/82.

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Abstract:
L'obiettivo di questa tesi di dottorato era lo studio della influenza di diversi amendanti organici sulla rizosfera e la costruzione di un modello matematico per descrivere il flusso di carbonio nella rizosfera. Per questo motivo, plantule di mais sono state seminate e cresciute all'interno di sistemi rhizobox. La frazione disponibile del carbonio in ogni strato è stata valutata con il biosensore luminescente P. Fluorescence 10586 PUCD607. Inoltre sono stati determinati il carbonio organico totale (TOC), la distribuzione degli acidi organici nella rizosfera e la carica microbica totale. Un modello matematico viene presentato che descrive il flusso del carbonio nella rizosfera. Il modello risolve un'equazione di diffusione-degradazione con lo schema di discretizzazione di Crank-Nikolson ed è accoppiato all'inverse modelling software pest. Infine viene proposto un modello concettuale per la descrizione della biodisponibilità delle sostanze nel suolo.
The main aim of this work was to study the effect of different organic amendments in the rhizosphere soil with innovative techniques, and the building of a modelling tool to describe the carbon flow in the rhizosphere soil. For this reason maize plants were grown in rhizobox systems amended with different organic materials. The available fraction of organic C in each layer was assessed with the lux-marked p. fluorescens 10586 pucd607. Total organic carbon (TOC), organic acid distribution in the rhizosphere and total number of culturable cells as colony forming units (CFU) were also determined. A modelling tool is presented that describes the carbon flow in the rhizosphere. The model solves with the Crank-Nicolson discretisation scheme a diffusion-degradation equation and is coupled to the inverse modelling software pest. Finally a five-compartment conceptual model is proposed for describing organic compounds bioavailabililty in soil.
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FERRONATO, GIULIA. "Valutazione dell'impatto ambientale a diversi livelli di scala del settore zootecnico." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/72497.

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Abstract:
Negli ultimi tre decenni la domanda globale di cibo, in particolare di proteine animali (carne, latte, uova), è aumentata in base alla crescita della popolazione che dovrebbe arrivare a 9 miliardi di persone entro il 2050. Questi alimenti rappresentano infatti un'importante fonte di energia, proteine di alta qualità, micronutrienti e vitamine. Pertanto, questo miglioramento potrebbe contribuire all'aumento della durata della vita e della domanda di cibo. Ciò ha costretto il settore agricolo ad un'ulteriore intensificazione che ha interessato anche la coltivazione di colture per l'alimentazione animale. Le produzioni agricole e zootecniche hanno un impatto ambientale rilevante, e questo argomento è oggetto di critiche e di indagini scientifiche anche per definire più accuratamente il loro contributo e le relative potenziali strategie di mitigazione, considerando anche che la fase agricola è il principale contributore dell'impatto ambientale della catena di produzione alimentare. Si riconosce infatti che il settore agricolo contribuisce direttamente al 21% delle emissioni totali di gas serra di origine antropica a livello mondiale e consiste per lo più di metano seguito da protossido di azoto e anidride carbonica. Queste emissioni sono per lo più associate alla produzione zootecnica, in particolare all'allevamento di ruminanti che contribuisce con le emissioni dirette di metano dovute alla fermentazione dei ruminanti e alla fermentazione del letame; la restante parte è composta da emissioni indirette dovute alla deforestazione, all'uso di energia e alla produzione di mangimi. Lo scopo di questa tesi è stato la valutazione dell'impronta ambientale nel settore zootecnico a diversi livelli di scala tematica. La filiera italiana della carne, gli allevamenti lattiero-caseari, un caseificio per la produzione di Grana Padano DOP e i singoli animali sono stati studiati per quantificare l'impronta ambientale. Nel primo lavoro è stata valutata la filiera italiana della carne con un approccio di analisi dei flussi di massa e di valutazione del ciclo di vita. In primo luogo, la quantificazione della carne è stata effettuata dalla macellazione al consumo domestico, partendo dal peso della carcassa fino alla carne realmente consumata. A questo livello si è tenuto conto della carne di bovini, suini, ovini e caprini, equidi e conigli. Durante la catena sono state quantificate anche le perdite di carne e i rifiuti. In particolare, i sottoprodotti di origine animale (SOA) sono stati quantificati per singole specie e classificati in base al rischio a livello sanitario secondo il regolamento (CE) 1069/2009. Secondo la categoria (Cat 1, Cat 2 o Cat 3), supponendo che tutti i SOA fossero destinati al processo di rendering, l'uso e lo smaltimento dei prodotti dopo rendering è stato identificato. L'analisi dei flussi di massa ha confermato come l'Italia sia un importatore netto di carne bovina e suina, mentre è autosufficiente per quanto la carne avicola. L'analisi dei flussi di massa rivela che nel 2013 sono stati consumati in Italia 2,86 Mt di carne. Questo valore equivale a 131 g/giorno/pro-capite e a 47,91 kg/anno/pro-capite di carne consumata. In percentuale la quantità totale di carne consumata è rappresentata dal 46% da carne suina, dal 28% di carne avicola, dal 23% di carne bovina e dal 3% di altre carni (coniglio, equini, ovini e caprini). Questo approccio ha permesso di quantificare anche sottoprodotti di origine animale (SOA) prodotti durante la fase di macellazione e gli scarti alimentari a livello di vendita al dettaglio e fase di consumo. La fase di macellazione è risultata essere la principale fonte di rifiuti, producendo il 48% di rifiuti originati nella filiera della carne. I risultati hanno evidenziato come i SOA siano già quasi completamente riutilizzati, compatibilmente con il loro rischio a livello sanitario, dimostrando la circolarità del sistema e permettendo di quantificare anche i prodotti evitati grazie al loro riutilizzo e le relative emissioni di gas serra evitate. Per quanto riguarda gli altri rifiuti alimentari, i risultati della presente valutazione possono essere considerati solo una stima per la mancanza di specifici coefficienti nazionali. Dopo la fase di quantificazione, è stato applicato l'approccio del Life Cycle Assessment (LCA) per valutare l'impronta ambientale, considerando anche il prodotto evitato grazie al riutilizzo dei sottoprodotti del rendering. I risultati dell'LCA rivelano che il consumo giornaliero di carne pro-capite emette 4,0 kg di CO2eq, con un contributo della care bovina pari al 30%, della carne suina pari al 9.6% e della carne avicola pari all’8%. Le emissioni relative ai SOA sono risultate essere pari al 60% di quelle totali e il loro riutilizzo ha permesso una riduzione di queste del 10%. Il secondo ed il terzo lavoro sono stati invece relativi al potenziale di riscaldamento globale (GWP) di latte bovino e Grana Padano DOP. Complessivamente sono stati valutate ventisette aziende zootecniche con bovine da latte, con latte destinato al formaggio Grana Padano DOP, e un caseificio, situato nella provincia di Piacenza. I dati primari sono stati raccolti utilizzando un questionario appositamente redatto. Questo ha incluso per le aziende agricole la richiesta di dati relativi alla composizione della mandria, la gestione dell'alimentazione, la produzione di latte e performance riproduttive, piani colturali e l'utilizzo delle risorse energetiche e dei materiali di lettime, mentre per il caseificio sono stati richiesti dati relativi all'utilizzo delle risorse energetiche e gli input richiesti dal processo di caseificazione. Nel secondo lavoro sono state valutate 10 aziende lattiere per valutare l'impronta di carbonio del latte (CF) e individuare le principali fonti di emissioni. Lo studio ha utilizzato un approccio dalla culla alla tomba considerando come unità funzionale un 1 kg di latte corretto per contenuto di grasso e proteine (FPCM). Il valore medio di CF di 1 kg di FPCM è risultato essere pari a 1,33 kg di CO2eq/kg FPCM con però un ampio range di variazione, da 1,02 a 1,62 kg di CO2eq/kg FPCM. Le emissioni dovute alle fermentazioni enteriche e alle fermentazioni da reflui rappresentano il 52% del totale, mentre le emissioni relative agli alimenti acquistati il 36%. L'autoproduzione e il consumo energetico rappresentano invece rispettivamente il 6% e il 6%. Nel terzo lavoro invece è stata presa in considerazione la produzione di Grana Padano DOP. In questo caso è stato utilizzato un approccio dalla culla al cancello del caseificio considerando come unità funzionali 1 kg di FPCM e 1 kg di Grana Padano DOP stagionato 9 mesi. Il latte destinato alla produzione del formaggio ha mostrato un valore medio di CF pari a 1,38 kg CO2eq/kg FPCM, con un valore minimo di 1,02 e uno massimo di 1,94 kg CO2eq/kg FPCM. Il valore medio di CF di 1 kg di formaggio Grana Padano DOP è stato invece pari a 9,99 kg di CO2eq, con un contributo della fase agricola pari al 94%. I risultati di questi lavori si sono mostrati in accordo con studi simili riportati in bibliografia e hanno inoltre permesso di evidenziare come gli allevamenti da latte mostrassero un maggior livello di sostenibilità ambientale ma con possibilità di miglioramento principalmente attraverso il miglioramento della gestione delle mandrie (prestazioni produttive e riproduttive). Il quarto lavoro ha riguardato invece lo sviluppo di proxy in grado di prevedere le emissioni di metano da singole bovine da latte. Questo focus è un punto caldo di ricerca, soprattutto perché di fondamentale importanza per individuare strategie di mitigazione efficaci per la riduzione delle emissioni di metano dovute a fermentazioni ruminali, gas ad effetto serra riconosciuto avere il maggior contributo sul totale delle emissioni. Le emissioni di metano dipendono principalmente dal quantitativo di concentrato assunto e dalla composizione generale della dieta, ma tuttavia nelle aziende agricole commerciali risulta difficile quantificare con precisione l’ingestione di alimenti. Lo studio ha quindi mirato a verificare la possibilità di utilizzare la tecnologia del vicino infrarosso (NIRS) utilizzando lo spettro di campioni di feci (NIRSf) e/o in combinazione con altri parametri fenotipici disponibili a livello aziendale per prevedere la produzione di metano (MP, g/giorno) dalle singole vacche da latte in lattazione. Il NIRSf da solo ha permesso una stima abbastanza buona della produzione di metano e le stime sono state migliorate in misura simile quando sono stati considerati il peso vivo o la produzione di latte tal quale o la produzione di latte corretta per il contenuto energetico, mentre la combinazione del NIRSf con più di un altro parametro ha migliorato le stime solo in misura molto limitata. Il metano può essere previsto utilizzando modelli che considerano l’ingestione di sostanza sezza, il peso vivo o la produzione di latte ma il limite principale è rappresentato dalla disponibilità dei dati a livello aziendale. La tecnica del vicino infrarosso applicata ai campioni fecali, in particolare se combinata con altri parametri fenotipici, può rappresentare una valida alternativa per misurazioni su larga scala in allevamenti da latte commerciali, quando l’ingestione di sostanza secca di solito non è disponibile, per la selezione genetica di vacche da latte a bassa emissione.
In the last three decades global demand of food, in particular animal proteins (meat, milk, and eggs), has increased according to the population growth, that is expected to go up to 9 billion by the 2050. These, in fact, represent an important source of energy, high-quality protein, micronutrients and vitamins. Therefore, this improvement could contribute to the lifespan increase and food demand. The latter forced the agricultural sector to a further intensification that affected also the cultivation of crops for animal feeding. Agricultural and livestock productions have a relevant environmental impact, and this topic is object of criticism and scientific investigation also to more accurately define its contribution and potential mitigation strategies, considering also that agricultural stage is the main contributor to the environmental impact of the food production chain. It is recognized, in fact, that agricultural sector directly contribute to the 21% of total global anthropogenic greenhouse gas emissions, mostly consisting of methane followed by nitrous oxide and carbon dioxide. These emissions are mainly associated with the livestock production, in particular with ruminants breeding that contributes directly to methane emissions due to ruminal and manure fermentation; the remaining part is composed by indirect emissions from deforestation, energy use and animal feed production. The scope of this thesis was the evaluation of environmental footprint in the livestock sector at different subject scale level. Italian meat supply chain, dairy farms, Grana Padano PDO cheese factory and single animals was investigated in order to quantify environmental footprint. In the first work, the Italian meat supply chain has been evaluated whit a mass flow analysis (MFA) approach and life cycle assessment (LCA) approach. Firstly, the quantification of meat had been made from slaughter to household consumption, starting form carcass weight to real meat consumed. At these levels, meat form cattle, pig, sheep and goat, equidae, and rabbit was taken in account. During the chain also meat losses and waste were quantified. In particular animal by-products (ABPs) were quantified for single species and categorized into heath level risk according to the Regulation (EC) 1069/2009. According to the category (Cat 1, Cat 2 or Cat3), assuming that all ABPs were destinated to rendering process, use and disposal of rendered products was identified. The MFA confirmed how Italy is a net importer of cattle and pork meat while it is self-sustaining for poultry meat. Mass flow analysis revealed that in 2013, 2.86 Mt of meat were consumed in Italy. It is equivalent to 131 g/day/pro-capita and to 47.91 kg/year/pro-capita of meat consumed. In percentage the total amount of consumed meat is represented by 46% of pig, 28% of poultry and 23% of cattle and 3% of other meat (rabbit, equidae, and sheep and goat). This approach quantified the ABPs produced at slaughtering level and food wastes at retail and consumer levels. Slaughter phase was the main source of waste, producing 0.80 Mt of ABPs, 48% of the total amount of waste originated in the meat supply chain. Results highlighted how the ABPs are already almost completely reused, compatibly with their health level risk, demonstrating the circularity of the system through the quantification of the avoided products and relative GHGs emissions. Concerning other food wastes, the results of the present evaluation could be considered only an estimate due to the lack of specific national coefficients. After quantification LCA was applied in order to evaluate environmental footprint, considering also avoided product due to the re-use of rendered ABPs. LCA results reveal that daily meat consumption pro-capita emits 4.0 kg CO2eq represented by 30% of cattle meat, 9.6% of pig meat and 8% of poultry meat. Emissions allocated to ABPs are the 60% and their re-use decrease the emissions about 10%. Second and third works focused the milk and PDO Grana Padano global warming potential (GWP). Overall, twenty-seven dairy farms, producing milk destinated to Grana Padano PDO cheese and one cheese factory, situated in the Piacenza province were evaluated. Primary data were collected by using a specific survey. This included for the farms the request of data regarding herd composition, feeding management, milk production, herd management and performace, crops cultivation and resource use, whereas for the cheese factory, the survey included energy resource use and input requested by cheese making process. In the second work, 10 dairy farms were evaluated in order to assess the milk Carbon Footprint (CF) and the main source of emissions. The system boundary was a cradle-to-farm-gate and functional unit is 1 kg of FPCM (Fat and Protein corrected milk). The CF of 1 kg of FPCM resulted equal to 1.33 kg CO2eq/kg FPCM with a wide range of variation from 1.02 to 1.62 kg CO2eq/kg FPCM. Emissions due to enteric fermentation and manure fermentation represented the 52% of the total, while acquired feed the 36%. Self-production and energetic consumption represented 6% and 6% respectively. In the third, Grana Padano PDO production was considered. The milk destinated to cheese processing showed an average value of CF equal to 1.38 kg CO2eq/kg FPCM, with a minimum value of 1.02 and a maximum one of 1.94 kg CO2eq/kg FPCM. Instead, the CF average value of 1 kg of PDO Grana Padano cheese was equal to 9.99 kg CO2eq, showing an agricultural stage contribution of 94%. Results of these works were in accord with similar studies reported in literature and had pointed out how dairy farms showed a greater level of environmental sustainability but with possibilities for improvement, mainly through herd management enhancement (productive and reproductive performances). Fourth work was about the development of proxies able to predict the methane emissions from individual cows. This focus is a hot research point in order to improve the mitigation strategies to reduce methane emissions because of the main GHG contributor. Methane emission is mainly driven by feed intake and diet composition, but it is difficult to measure intake in commercial farms. The study aimed to verify the possibility of using NIRS of faeces (NIRSf) alone and in combination with other phenotypic parameters available at a farm level to predict methane production (MP, g/d) from individual lactating dairy cows. NIRSf alone allowed a fairly good estimation of methane yield and the estimations were improved to a similar degree when BW, MY or ECM were considered, whereas combining NIRSf with more than one other parameters improved the estimations with a very little extent only. Methane can be predicted using models that consider the DMI, BW or MY but the main limitation is represented by the data availability. Near Infrared technique applied to faecal samples, in particular when combined with other phenotypic parameters, can represent a valid alternative for large-scale measurements in commercial dairy farms for genetic selection of low emitters dairy cows, when DMI measurement is usually not available.
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10

De, Filippo Christian Corrado. "Sintesi organiche in flusso continuo." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424258.

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Abstract:
This PhD Thesis reports the collaborative work with F.I.S. SpA (Fabbrica Italiana Sintetici) who sponsored a general project on organic syntheses under continuous flow conditions. The study began with the synthesis of a biphenyl compound; a key intermediate for the preparation of the antidepressant drug SB-245570 and a quinazoline intermediate for the synthesis of the anticancer active principle Lapatinib. For both preparations, the flow approach gave a general increase of productivity and a reduction of reaction times. Metal-free stereoselective additions of activated nucleophiles to β−nitrostyrenes were also investigated under continuous-flow conditions in microreactors, in the presence of a chiral bifunctional catalyst. Optimization of the experimental set up gave excellent enantioselectivities (up to 85% e.e.) and higher productivities if compared to the flask syntheses. The potential of this flow chemistry approach was demonstrated by the successful synthesis of an advanced intermediate for the preparation of the GABAB receptor agonist Baclofen. In the second part of the Thesis the synthesis, photophysical and electrochemical properties of the first imine derivatives of symmetric 1,2-squaraines, prepared from ethylbenzothiazole, has been reported. 1,2-Hemisquarimines carrying one phenylimine group were synthesized from the corresponding 1,2-diketones by microwave irradiation and in the presence of a Lewis acid. In CH3CN the reported hemisquarimines exhibit high molar absorption coefficients and fluorescence in the visible region. From the electrochemical measurements, the redox potential of the lowest excited state is substantially higher than the conduction band of TiO2; an important property for photovoltaic applications. The synthesis of 1,2-hemisquarimines has been complemented by the optimization, under continuous flow conditions, of the preparation of hemisquarates intermediates. The flow approach was also extended to the controlled functionalization of carbon nanotubes and graphene that gave soluble materials, mostly retaining the original electronic properties of the starting carbon nanostructure. The last section of this Thesis deals with the study for the synthesis of epoxides using dioxiranes. It has been demonstrated that oxydation of alkenes, such as cyclohexene, 1-octene or a styrene derivative, proceed with good to excellent yields and reduced reaction times under continuous flow conditions
Il presente lavoro di Tesi riporta le attività svolte nel periodo compreso tra l’A.A. 2011/2012 e l’A.A. 2014/2015 nei laboratori del Dipartimento di Scienze Chimiche(DiSC) dell’Università di Padova, nel gruppo di ricerca del prof. Michele Maggini. La tematica principale che lega gli argomenti affrontati nella Tesi, è la sintesi organica in condizioni di flusso continuo all’interno di reattori costituiti da una rete di canali di volume compreso tra pochi microlitri e alcuni millilitri. Grazie ai vantaggi associati all’elevato controllo dello scambio termico e del trasferimento di massa all’interno dei reattori fluidici è possibile controllare la cinetica e la selettività delle trasformazioni chimiche, incrementandone la sicurezza, l’efficienza e la produttività. Questa Tesi affronta lo sviluppo e l’ottimizzazione di alcuni processi chimici concordati con Fabbrica Italiana Sintetici SpA di Montecchio Maggiore (VI) che ha erogato la borsa di dottorato,nell’ambito di una collaborazione con il DiSC. La prima parte della Tesi è focalizzata sulla reazione di Suzuki applicata alla sintesi di sistemi bifenilici e derivati anilino chinazolinici che sono i precursori chiave dell’antitumorale Lapatinib®. Nella stessa parte viene riportato anche lo studio della reazione di Michael, catalizzata da tiouree, utilizzata per preparare l’antiepilettico Baclofene®. La seconda parte della Tesi è dedicata alla funzionalizzazione di cromofori a base squarainica. In particolare è stata affrontata la sintesi in flusso continuo di emisquarati N-sostituiti che ha permesso di ottimizzare la preparazione delle emisquarimmine; un nuovo gruppo di squaraine funzionalizzate che possiedono interessanti proprietà per la conversione dell’energia solare. Nella seconda parte della Tesi è stata inoltre affrontata la funzionalizzazione in flusso continuo di nanostrutture di carbonio (nanotubi e grafene) attraverso l’addizione di sali di diazonio generati in situ per reazione di un’anilina sostituita e isopentil nitrito. Nella terza parte della Tesi viene riportata la reazione di epossidazione di olefine con diossirani. E’ stato studiato un sistema che impiega acqua ossigenata, acetonitrile e trifluoroacetofenone per epossidare una serie di alcheni alifatici e aromatici in condizioni difficili da realizzare nelle condizioni batch
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